Il servizio pubblico - ARF/FDS
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Il servizio pubblico Versione leggermente ridotta del discorso del giornalista Casper Selg, ex direttore della rubrica radiofonica “Echo der Zeit” (Eco del tempo), nonché corrispondente di Radio SRF per gli Stati Uniti e la Germania. Selg ha tenuto il suo discorso il 21 maggio in occasione dell’Assemblea generale dell’ARF/FDS. Sono molti e diversi, i temi attualmente in discussione sul “servizio pubblico”, temi su cui bisognerebbe disquisire separatamente, se non si vuole finire per parlare a vanvera. E in questo periodo si fa un gran blaterare. Parlerò innanzitutto del concetto di “servizio pubblico”: non si tratta solo della SSR e di ciò che dovrebbe o non dovrebbe fare. Si tratta di molto di più. Entrerò quindi nel merito dell’iniziativa a favore del servizio pubblico e della votazione, che già di per sé creano una certa confusione. Entro solo brevemente nel merito, non da ultimo perché alla pubblicazione di questo testo la decisione sarà già stata presa. In terzo luogo parlerò del ruolo della SSR, il servizio pubblico nel settore specifico dei mass-media, che è il settore di mia competenza. Sarà questo il mio tema principale. Inizierò con il servizio pubblico in generale: con questo s’intende – almeno così lo interpreto io – il servizio universale prestato all’intera società con delle offerte, ritenute importanti o necessarie in uno stato democratico, che non possono essere finanziate – o non completamente – tramite il libero mercato. Faccio un esempio. Le FFS offrono un servizio pubblico: solo così è possibile che in Svizzera un biglietto ferroviario da Ziegelbrücke a Linthal costi all’incirca uguale – se non addirittura di meno – rispetto al biglietto per un viaggio della stessa percorrenza nel territorio densamente popolato del Mittelland, e precisamente da Aarau a Baden. Il mercato non riesce a finanziare la linea di Glarona. È questo, il servizio pubblico: prestare servizi importanti e accessibili a tutti a condizioni comparabili, e non solo laddove conviene dal punto di vista economico. La Posta offre un servizio pubblico. Una lettera, inviata da Berna a Berna per posta A al prezzo di un franco, arriva l’indomani. Anche una lettera, inviata per posta A da Berna a Poschiavo arriva l’indomani, allo stesso prezzo di un franco, e non al prezzo di 30 o 40 franchi, come vorrebbe il prezzo di mercato per una prestazione simile. Si tratta dunque di offrire un servizio universale a condizioni ugualmente accessibili a tutti. La Swisscom offre un servizio pubblico. Le reti di telefonia mobile sono state potenziate e adeguate quasi dappertutto allo standard G4. Internet è e resterà accessibile a tutti, nonostante la quantità di dati da trasmettere raddoppi ogni sei mesi. La rete è accessibile alla banca ubicata nella Paradeplatz, così come alla piccola azienda o alla studentessa dell’Entlebuch. Allo stesso modo tutti gli abitanti di questo paese ricevono, per 450 franchi, le offerte radiofoniche, televisive e, in un ambito circoscritto, anche le offerte Internet, che – nonostante ogni possibile critica – offrono tanto e di più: informazione, intrattenimento, cultura, sport. E questo in tedesco, francese, italiano e romancio. Il fatto che determinate prestazioni vengano garantite a tutti e a tutto il paese, anche se non sempre ne varrebbe la pena dal punto di vista commerciale, è un pilastro fondamentale della nostra società. Il servizio pubblico è parte della cultura politica svizzera. © Casper Selg, 2016 1 von 6
È una mentalità che trae le sue origini dal pluralismo del nostro paese, dalla consapevolezza che, alla luce di tale pluralismo, tutto funziona solo se i singoli individui possono esercitare i propri diritti. Non solo gli svizzeri tedeschi, ma anche i ticinesi. Non solo gli abitanti benestanti della Costa d’oro del Lago di Zurigo, ma anche quelli delle valli alpine. E – molto importante quando si tratta della SSR e dei cineasti – non soltanto è necessario soddisfare i consumatori di trasmissioni di calcio o di film erotici, bensì anche chi desidera godersi un buon film o un bel concerto. È facile finanziare le trasmissioni di calcio, dato il numero di telespettatori, mentre la trasmissione, acusticamente perfetta e tecnicamente impegnativa, di un buon concerto non avrà sicuramente una grande audience. Una parte essenziale della produzione culturale non è per nulla redditizia, né dev’esserlo. Non è questo, il suo compito. Ma se è questo ciò che vogliamo, siamo noi, è la società che deve finanziarlo, meglio con il canone pagato dalla comunità che attraverso gli sponsor. Non dobbiamo guardare solo i film che piacciono a UBS, e che la banca sponsorizza, ma dobbiamo poter guardare anche quei film che a UBS non piacciono. Non vorrei ricevere solo le informazioni che Emil Frey SA ritiene necessarie, io vorrei ricevere anche quelle che Emil Frey SA non ritiene necessarie. Secondo tema: cosa significa tutto questo per l’iniziativa a favore del servizio pubblico? Non molto. Ci sono persone, che profondono grande impegno per una Svizzera solidale e per un servizio pubblico ben sviluppato, che non erano d’accordo con questa iniziativa. Perché quest’iniziativa, da un lato, si è spinta TROPPO oltre e molti la consideravano troppo radicale e, dall’altro, queste persone davano per scontato che l’intenzione degli iniziativisti e il tenore del testo costituzionale non concordassero. E terzo, perché gli iniziativisti non avevano cercato alcun accordo con le cerchie amiche, né con i partiti, che si stanno occupando di questo tema, né con le organizzazioni consumeriste. Dunque è stato tutto molto difficile sin dall’inizio. Si è verificata purtroppo una sorta di situazione non intenzionale, svantaggiosa per tutti. Ma questo non è il mio tema principale. Il mio tema principale, il terzo, è la SSR: il servizio pubblico nel settore dei media. Vorrei parlare brevemente del settore da cui provengo e che – insieme alla cultura – ritengo il fulcro della radiodiffusione pubblica: l’informazione. Vi anticipo subito il mio „credo“: 38 anni fa ho iniziato a fare il giornalista presso la radio pubblica, perché ero convinto – e lo sono tuttora – che la democrazia possa funzionare solo se il popolo sovrano può accedere a informazioni di buona qualità e utilizzarle. Secondo me la qualità delle decisioni democratiche è strettamente legata alla qualità delle informazioni che la gente consuma. L’informazione è fondamentale. L’informazione corretta, tuttavia, è molto costosa e il denaro che circola nel settore dell’informazione è sempre di meno. Con un mercato di dimensioni ridotte come quello svizzero è impensabile riuscire a finanziare ciò che la SRF offre nella Svizzera tedesca con la rubrica „Echo der Zeit“, con i programmi del mattino e del mezzogiorno, con il canale SRF 4 AllNews, il Telegiornale, la trasmissione Rundschau e con Arena. È assolutamente impossibile. Non funziona neppure negli Stati Uniti, dove in realtà l’informazione radiofonica è buona, ma non dal punto di vista commerciale. Ci sono delle informazioni, che commercialmente rendono giusto il necessario, ma di solito sono di pessima qualità: sono viscerali, polemiche, gridate e manipolatrici. © Casper Selg, 2016 2 von 6
Anche se in un mercato 50 volte più piccolo, come quello della Svizzera tedesca, le basi per una buona informazione, per buone offerte culturali alla radio e alla televisione sarebbero sufficienti, in Romandia, in Ticino e nella regione romancia non sarebbe così. Ma anche nelle altre regioni linguistiche c’è la necessità di fornire informazioni e offerte culturali solide. L’informazione che la SSR offre tramite i media elettronici non può essere finanziata dal mercato. A maggior ragione, quindi, essa diventa sempre più importante a fronte dell’evoluzione del settore mediatico: con la pubblicità, i soldi spariscono dai media tradizionali e i giornali si vedono costretti a ridurre gli staff redazionali. Molti, ad esempio, non dispongono più di una “redazione Esteri”. Il tradizionale quotidiano “Der Bund”, qui a Berna, riprende la corrispondenza estera del Tagesanzeiger. Non può più permettersi questo servizio fondamentale. I contenuti di tutti i giornali, inoltre, sono sempre più orientati verso le notizie già pubblicate sulle pagine on line, soprattutto quelle notizie molto “gettonate”, che sono state ampiamente cliccate. Oggigiorno è questa la “valuta” più importante sul mercato dell’informazione: il tasso dei click. Conta innanzitutto il consenso e non la rilevanza delle tematiche. La cosa fondamentale è che il tema si venda bene, non che sia importante conoscerlo e approfondirlo. Ciò che è molto cliccato si segue, ciò che non va per la maggiore, di meno. Un esempio tra i tanti: il fatto che Roger Köppel si sia comportato male in Parlamento (seduta del Consiglio nazionale del 26.04.2016) viene descritto con dovizie di particolari, con innumerevoli annessi e connessi. Cosa ne pensa il PPD? Cosa ne pensa il PS? Cosa ne dice, il politologo e geografo tal dei tali, sull’uscita dall’aula della signora Sommaruga? “Ora la signora Sommaruga viene chiamata dall’UDC Simonetta Erdogan”! E quant’altro… Decine di articoli, sia on line, che sulla stampa scritta. Un tema che va alla grande e perciò bisogna continuare a parlarne. Ma il nocciolo della questione, e cioè: “Come valutare l’estensione della libera circolazione alla Croazia?” è qualcosa che fa meno presa e dunque è meno importante. Il fulcro della vicenda, perciò, riguardava solo Köppel e Sommaruga. Di esempi come questo ce ne sono a bizzeffe. La radio pubblica si trova nella fortunata posizione di non doversi preoccupare ogni giorno dei tassi di click, degli indici d’ascolto. Le redazioni decidono ciò che ritengono opportuno secondo i propri criteri. Non devono preoccuparsi del finanziamento nell’affrontare un tema, di cui conoscono l’importanza, ma che non incontra il consenso della maggioranza. Il loro finanziamento è garantito dal canone e ciò assicura anche la libertà di scelta delle tematiche! Il finanziamento è assicurato, e con esso l’indipendenza. La SSR non è una “radiotelevisione di Stato”, come l’estrema destra è solita chiamarla in tono offensivo. Anche se il Parlamento determina l’entità del canone, finora l’influenza della politica è stata minima rispetto a quanto avviene all’estero. Di grosse lamentele ce ne sono sempre state, ma il tentativo di ottenere il controllo editoriale finora (!) non ha mai oltrepassato i limiti. L’iniziativa “No Billag” cambierà la situazione. Il canone garantisce anche la qualità dei contenuti lavorativi dei corrispondenti esteri. Un solo esempio tratto dal mio ex settore d’attività: © Casper Selg, 2016 3 von 6
da tempo radio SRF ha una corrispondenza continua sui fenomeni neonazisti, sui nazionalisti di destra di AfD e Pegida in Germania, poiché sin dalle mie prime settimane di corrispondente estero ho seguito l’attività dei neonazisti nel land di Mecklenburg, partecipando alle prime assemblee e ai primi congressi di Pegida e di AfD a Dresda, Aschaffenburg, Brema e Lipsia. Poiché avevo a disposizione i mezzi idonei, non ho dovuto stare a Berlino a trascrivere le impressioni degli altri, come invece devono fare alcuni dei mei colleghi, per mancanza di tempo e per il budget insufficiente. La nostra rete di corrispondenti SRF non potrebbe mai e poi mai essere finanziata dal mercato, che non potrebbe garantire la modalità operativa dei nostri corrispondenti. Abbiamo una rete più grande di quella delle principali reti televisive commerciali statunitensi. Parlerò ora dell’iniziativa “anti-SSR” del signor Kessler (che, astutamente, non viene chiamata “iniziativa anti-SSR” per l’abolizione del canone radiotelevisivo, ma porta il nome – menzognero ma efficace – di “No Billag”). Olivier Kessler ha detto nei miei confronti, a margine di una manifestazione tenutasi a Berna: “Sì, l’iniziativa riuscirebbe certamente. Basterebbe avere la possibilità di provare, ma voi ce lo impedite. Solo quando non ci sarete più, vedremo che è possibile fornire informazioni altrettanto buone, se non migliori, senza la radio statale”. È un’assurdità: dopo 36 anni di professione so perfettamente quanto costano le prestazioni in questo settore. Il signor Kessler non lo sa, e lo ammette pure. Una buona informazione radiofonica, basata sull’importanza degli eventi e con una visione non solo sulla Svizzera tedesca, bensì sul mondo intero non è finanziabile tramite un mercato piccolo come quello svizzero, proprio come non sarebbe possibile finanziare una trasmissione politica in Romandia, in Ticino o nei Grigioni. Ritengo che le informazioni basate sull’importanza degli eventi e possibilmente indipendenti siano una condizione basilare per il funzionamento di una democrazia, soprattutto di una democrazia diretta com’è la nostra. Anche solo per questo sarebbe da irresponsabili smantellare la SSR, completamente o parzialmente, solo per vedere cosa si potrebbe fare dopo. E questo in un momento in cui l’offerta complessiva d’informazioni si sta riducendo sempre più. Faccio una piccola digressione: sempre più spesso si sente dire che, grazie a Internet, la gente può informarsi meglio di quanto non abbia mai fatto prima. Questo naturalmente è vero, i mezzi per farlo ci sono. Per la maggior parte della gente, però, è difficile utilizzare questi mezzi in modo corretto. Nella maggior parte dei casi, infatti, succede proprio il contrario: oggi la gente ha accesso a così tanti dati, che nell’enorme guazzabuglio d’informazioni cerca ciò che le è più congeniale. Cerca fonti che confermino le proprie convinzioni. I fondamentalisti cristiani cercano le tesi fondamentaliste cristiane. I musicisti folk discutono sulle pagine di musica folk. Chi è convinto che siano gli americani ad aver organizzato gli attentati dell’11 settembre, va sulle pagine dei dietrologi dell’11 settembre. Ognuno cerca le pagine dove si sente meglio a livello ideologico. I russi sono per la televisione russa. L’ho già vissuto negli anni Novanta negli Stati Uniti: i serbi di Chicago e di Detroit consideravano Radovan Karadzic come un eroe, nonostante centinaia di fonti plausibili riferissero che si trattava dell’uomo che aveva fatto fucilare 6’000 musulmani. Per la televisione serba – la maggior parte di loro guardava solo quella – Karadzic era un eroe. Proprio come oggi, per molti russi all’estero, Putin è il grande eroe di tutti i democratici. © Casper Selg, 2016 4 von 6
Il concetto chiave è: la frammentazione del discorso. Anche a causa di questa frammentazione, ritengo importante il mantenimento di una piattaforma d’informazione nazionale. Arena, Rundschau, Echo der Zeit sono importanti per il discorso svizzero, anche se qualche singola edizione di tali rubriche potrebbe non piacere. Ciò che vale per l’informazione, vale a maggior ragione per la cultura. Provate a finanziare, in Svizzera romanda, un film che va in onda la sera, alle 23.00, solo con la pubblicità e dunque solo con l’audience dei telespettatori. Provate a trasmettere un concerto da una chiesa in Ticino solo con l’audience. Gli indici di ascolto di Rete Due non sono sempre misurabili. Vogliamo togliere per questo ai ticinesi tutte le offerte culturali? Voi sapete molto meglio di me, che a Soletta ce ne sarebbero ben pochi di film da vedere, se si mettesse fuori gioco, del tutto o in parte, la SSR. Posso capire che ci siano degli operatori culturali che non sono soddisfatti di certi programmi SRF. Capita anche a me. Quello che però non riesco a capire è che molti – anche del settore cinematografico – chiedano per questo motivo di smantellare, completamente o in parte, la SSR. Mi fa pensare a un paziente, che non è stato del tutto soddisfatto delle cure ricevute e pretende per questo che si butti giù l’ospedale. Non sarebbe opportuno. Sulla scena culturale svizzera c’è chi afferma: „Okay, lasciamo pure che la SSR continui ad esistere, anche se certi programmi culturali danno adito a critiche. Alla fine la SSR fa tutto il possibile per noi. Dovrebbe però astenersi da Internet e non sperperare i suoi soldi anche in questo settore, lasciando a noi i benefici che si potrebbe trarne”. Ci tengo a ribadire che questa è la strada sbagliata. Se si tratta di continuare a produrre e a diffondere determinati contenuti – informazione, cultura – nell’interesse del paese e del dibattito sociale, non possiamo rinunciare a priori proprio al canale di diffusione che in futuro assumerà il ruolo più importante. E al momento Internet (o reti simili) è il canale di diffusione più importante del futuro. Sarebbe come se la Posta e la Swisscom nel 1995 avessero dovuto rinunciare agli SMS e alle e-mail, restando fermi alle lettere e ai telegrammi. Non sarebbe opportuno. Proprio un paese come la Svizzera, con le sue minoranze, i suoi piccoli mercati, con la sua democrazia diretta ha bisogno del servizio pubblico nel settore mediatico. I due settori in cui questo è più palese sono quelli che nel nostro paese non daranno mai alcun reddito: l’informazione elettronica, proveniente dall’interno e dall’estero, e la cultura. La creazione culturale contemporanea, innovativa e di buona qualità non potrà mai essere finanziata solo con il mercato. Non lo è mai stata, né mai lo sarà. Perciò vi dico: se molti del settore artistico per un motivo qualsiasi sono stati titubanti nei confronti dell’ultima iniziativa anti-SSR (la votazione sulla Legge federale sulla radiotelevisione del giugno 2015), ci pensino molto bene quando arriverà “No Billag”. A mio parere si tratta di molto di più che del vostro film o della mia trasmissione. Si tratta di una parte importante della nostra cultura politica e di una parte importante della nostra politica culturale. È questo il punto centrale. © Casper Selg, 2016 5 von 6
In secondo luogo si tratta della necessaria indipendenza e sostenibilità nella produzione informativa e culturale. E solo in terzo luogo si tratta – lo concedo – del vostro film e della mia trasmissione. Ma solo e soltanto se la base è corretta. Impegnatevi in modo attivo al fine di evitare che il vostro ospedale venga smantellato! Solo perché qualche paziente tremendamente miope pretende di saperne più, di medicina, dei medici stessi. © Casper Selg, 2016 6 von 6
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