REGIONALI: LA TOSCANA REALE E QUELLA DI SANDRO VERONESI di

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REGIONALI: LA TOSCANA REALE E QUELLA DI SANDRO VERONESI di
REGIONALI: LA TOSCANA REALE E
QUELLA DI SANDRO VERONESI di
Leonardo Mazzei

Non c’è solo il referendum, dove andremo alle urne – come ha
scritto Liberiamo l’Italia – per dire “No all’ennesima porcata
neoliberista”. Ci sono pure le elezioni regionali. Si voterà
in sette regioni, ma l’attesa più grande è per il risultato
della Toscana.

Si dice che una sconfitta del Pd in questa regione potrebbe
segnare la fine del governo Conte. Non lo penso, ma
soprattutto non credo alla vittoria della leghista Ceccardi.

E’ curioso come il clima pre-elettorale faccia a pugni con una
certa narrazione corrente. Secondo molti commentatori saremmo
all’assedio della “cittadella rossa”, espugnata la quale orde
di barbari tracimerebbero da ogni dove per devastare ogni
cosa. Di fronte ad una così grande minaccia ci si dovrebbe
aspettare un minimo di resistenza, quantomeno una campagna
elettorale vivace e spumeggiante. Cioè l’esatto contrario di
quel che sta accadendo. Ci sarà pure un perché.

Ma questo “perché” non sfiora nemmeno un po’ le illuminate
menti di certi intellettuali. Sulle pagine dell’Huffington
Post, lo scrittore Sandro Veronesi spara la sua: «Anche in
Toscana permane ancora lo spiritello italiano che cent’anni fa
ha dato corpo al fascismo».

Fascismo, fascismo, fascismo… Queste le uniche parole che
sgorgano da chi semplicemente rifiuta di guardare in faccia la
realtà. Che è lievemente più complessa.

Se davvero il confronto fosse tra fascismo ed antifascismo lo
scontro avrebbe assunto ben altre tinte, mentre invece –
bandite le idee, tanto a “destra” quanto a “sinistra” – i
partiti cercano di rastrellare voti tramite il gioco
largamente clientelare delle preferenze. Nel quadro di una
campagna elettorale sonnacchiosa, in questi giorni la Toscana
non è popolata da militanti motivati e combattivi, bensì da
procacciatori di voti di preferenza e da un’infinità di
comitati elettorali, con le loro sedi spuntate come funghi.

Sandro Veronesi è nato a Firenze, ma abita a Roma. Chi scrive
vive invece in un piccolo comune toscano di seimila abitanti.
Bene, nel centro di questo paese, nello spazio di 100 metri
scarsi, si possono visitare le sedi di ben tre comitati
elettorali, di cui due dello stesso partito. Ovviamente
nessuno entra in questi uffici, affrettati e un po’ disadorni,
ma pare che questa vetrina – dove giganteggiano all’americana
le foto dei candidati – sia pressoché un obbligo. Ho scritto
“candidati” al plurale non per caso, poiché il sistema delle
preferenze di genere – a un voto ad una donna può seguire solo
quello ad un uomo e viceversa – conduce ad una sorta di “gioco
delle coppie”, mini-cordate a due sganciate da ogni contenuto
politico che non sia il mero accumulo delle preferenze.
Vi pare che possa essere questo il clima di un’epica sfida tra
fascismo ed antifascismo? Forse Veronesi non lo sa, ma questa
spettacolare degenerazione della politica è frutto anche della
legge elettorale toscana, dove spicca un’ingegnosa trovata
piddina, un autentico unicum a livello mondiale. Sulla stampa
nazionale si parla spesso del fatto che la Toscana sia l’unica
regione dove, nel caso nessun candidato presidente raggiunga
il 40% dei voti, è previsto il ballottaggio. Un’applicazione
su scala regionale di quell’Italicum renziano bocciato dagli
elettori nel referendum del 2016.

Non si parla mai, invece, dell’altra truffaldina genialata
messa a segno dal Pd. La legge elettorale del 2014 prevede
infatti che ogni lista possa avere un numero di candidati
doppio rispetto ai seggi da assegnare nei vari collegi. Da
sempre, ovunque nel mondo, se si deve eleggere un consiglio di
40 membri avrò al massimo 40 candidati. Da nessuna parte il
numero dei candidati può eccedere quello degli eleggibili. Da
nessuna parte, tranne la Toscana, dove invece i candidati sono
il doppio! Un trucco che serve a drenare ulteriormente voti
tramite le preferenze. Un sistema evidentemente favorevole a
chi detiene il potere.

La verità è che nessun epico scontro è in atto, che spesso la
battaglia più cruenta è quella tra i candidati dello stesso
partito, che sui programmi identica è l’impronta neoliberista.
Tant’è che sulla sanità, ad un Pd che pagherà i tagli della
controriforma delle mega-Asl (ridotte a tre in tutta la
regione), si contrappone una destra che propone il modello
lombardo…

Ma soprattutto non c’è alcuna “cittadella rossa” da difendere.
Non solo perché già ora molte città capoluogo della regione
(per la precisione 6 su 10) sono governate dalla destra, ma
perché non si vede proprio dove sia il “rosso”. E, ad esser
precisi, neppure il rosa pallido.

Torniamo adesso a Veronesi ed al suo “argomentone” del
fascismo. Poco più di un anno fa, nel maggio 2019, si tennero
in contemporanea le elezioni europee e quelle comunali.
Dunque, stessa data e stessi elettori, eppure risultati
diversi, spesso addirittura opposti in tanti comuni della
Toscana. Un trionfo della Lega alle europee, un sostanziale
successo del Pd alle amministrative. In molti centri con una
larga maggioranza di destra alle europee, alle comunali
vinceva infatti – spesso piuttosto largamente – il Pd.
Elettori “fascisti” con la mano destra ed “antifascisti” con
la sinistra? Suvvia, siamo seri.

Su chi ancora cerca di capire i comportamenti elettorali
parlando di fascismo ed antifascismo non abbiamo davvero più
parole. Il fatto è che, in una regione come la Toscana, gli
elettori – quelli delle classi popolari in particolare – oltre
alle politiche nazionali pagano pure le scelte ultraliberiste
del Pd fatte a livello locale. Da qui la spinta a destra,
anche se da lì non arriva certo un’alternativa credibile.

Né un’alternativa viene dalle liste minori. Ovviamente non
viene da M5S, dato dai sondaggi all’8%, ma che secondo chi
scrive potrebbe anche sprofondare sotto la soglia di accesso
del 5%. Ma, vista la sua visione globalista, non viene neppure
da “Toscana a sinistra”, aggregato che comprende sia il Prc
che Pap, una lista che ebbe più del 6% nel 2015, ma che
stavolta si fermerà realisticamente attorno al 3%. Sulla
scheda gli elettori toscani troveranno poi altri 3 simboli –
Movimento 3v, Pci, Pc senza “i” – utili per un legittimo voto
di protesta (che è sempre meglio ci sia), ma troppo chiusi in
una logica identitaria per poter rappresentare davvero
un’alternativa.

Bene, di fronte a questo quadro, qual è l’unica idea avanzata
da Veronesi? Udite, udite: l’immigrazionismo. Per lo
scrittore, l’immigrazione andrebbe favorita in tutti modi,
perché: «È evidente che essa sola può aiutarci a contrastare
il declino demografico che, come sempre nella storia, precede
quello economico e sociale».
Anziché occuparsi delle ragioni economiche che portano tante
coppie a non fare figli, anziché preoccuparsi della crescente
emigrazione giovanile, spinta sia dalla mancanza di lavoro che
dal crollo delle retribuzioni nel nostro Paese (la famosa
“svalutazione interna” indotta dal sistema dell’euro),
Veronesi vorrebbe far quadrare i conti con un bel rilancio di
quella moderna tratta degli schiavi asetticamente chiamata
“immigrazione”. Chiaro il perché lo faccia: più comodo
presentarsi con una (per quanto finta) immagine umanitaria,
che confrontarsi sul serio con le ragioni strutturali del
grande declino italiano, in particolare con quelle targate
Europa.

Questa comunque la sua proposta:

«C’è una quota considerevole di immigrati che noi in Italia
potremmo assorbire con grande profitto, ridando vita ai borghi
semi-abbandonati per via dell’emigrazione interna, ai paesi-
fantasma sugli Appennini o sulle Prealpi, o nel meridione».

Oh bella! Far riempire agli immigrati        i borghi semi-
abbandonati dagli italiani. Un’ideona,       ma non proprio
originale. Veronesi non può saperlo (almeno credo), ma una
simile proposta venne lanciata già alcuni anni fa da un
sindaco di un comune montano, adesso candidato alle regionali
per Fratelli d’Italia (antifascismo, antifascismo,
antifascismo…). Secondo questo sindaco, gli immigrati
avrebbero dovuto ripopolare i paesi ormai svuotati
dell’Appennino Tosco-emiliano e delle Alpi Apuane.
Nell’esporre sulla stampa questa sua idea, egli aveva perfino
precisato una certa preferenza circa le nazionalità da
indirizzare verso quei luoghi: trattandosi di zone di montagna
bisognava privilegiare in primo luogo gli immigrati curdi ed
afghani…

Non credo che la salviniana Ceccardi sarebbe d’accordo con
questa idea del suo candidato, ma ancora più divertente è la
coincidenza con la visione esposta da Veronesi.
Giunti a questo punto, so che sarete curiosi di sapere come
andranno le cose domenica in Toscana. In realtà lo sapremo
solo lunedì sera. Di sicuro abbiamo già stabilito che a
decidere non sarà il “tasso di antifascismo”. Del resto, se
adottassimo questo improbabile criterio, la regione più
antifascista risulterebbe la Campania, vista l’annunciata
larga vittoria dello sceriffo De Luca. Peccato che De Luca,
oltre che come re delle clientele, vincerà proprio in quanto
sceriffo… Un “dettaglio” sul quale gli “antifascisti” nulla
hanno da obiettare.

Detto questo alcune previsioni le azzardiamo.

La prima è che non vi sarà ballottaggio, dato che la somma
delle liste minori sarà ben lontana dal 20% dei voti. Sapremo
perciò chi ha vinto già lunedì sera.

La seconda è la batosta, l’ennesima, che rimedieranno i Cinque
Stelle. Nelle regionali del 2015 si fermarono poco sopra il
15%. Stavolta, ben che gli vada, dimezzeranno i voti. Ma non è
da escludere che i pentastellati manchino addirittura la
soglia del 5%, restando così fuori dal consiglio regionale.
Cose che possono capitare quando a Roma si governa col Pd…

La terza riguarda “Toscana a sinistra”, per la quale – come
precedentemente accennato – la mia previsione è, anche in
questo caso, quella di un dimezzamento secco rispetto a cinque
anni fa. Questa lista è un concentrato di quella sinistra
sinistrata che nulla sa dire sulla decisiva questione
dell’Europa, che è critica sì verso il Pd ma reputandolo pur
sempre un male minore rispetto ai barbari leghisti. Una
subalternità di fatto che sempre si paga nelle urne.

La quarta previsione – la più impegnativa – riguarda l’esito
dello scontro Giani-Ceccardi. Ho detto in premessa di non
credere alla vittoria di Ceccardi. E credo che l’articolo
abbia spiegato il perché. Se la destra verrà sconfitta non
sarà certo perché sarà scattato l’allarme antifascista, del
quale tra la gente comune non c’è proprio traccia alcuna. Sarà
invece perché – in un quadro di generale disinteresse e di
indistinguibilità dei programmi – avrà vinto il partito-
sistema, quello allenato da decenni all’esercizio del potere
locale. Ricco quanto mai di clientele, messe ancora più a
frutto da una legge elettorale disegnata allo scopo.

Ne riparleremo comunque tra qualche giorno. Ma intanto spero
che si sia capito che la Toscana reale non è quella descritta
da Sandro Veronesi.
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