RASSEGNA STAMPA CGIL FVG - mercoledì 19 febbraio 2020

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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – mercoledì 19 febbraio 2020

(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)

ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA (pag. 2)
No allo sdoppiamento della centrale 118: «Trieste non può penalizzare Pordenone» (Mv e Piccolo)
Vertice Confindustria, i tre candidati davanti al Nordest (Piccolo)
Evraz sceglie Danieli: impianto da 300 milioni (M. Veneto)
Bolzonello boccia SviluppoImpresa: «Solo manutenzione dell'esistente» (M. Veneto)
CRONACHE LOCALI (pag. 6)
Slitta la chiusura dello stabilimento: c'è l'intesa tra Safilo e i sindacati (M. Veneto Udine)
Dm Elektron in stallo. Oggi tocca alla Regione (M. Veneto Udine)
Bagni sporchi alla Pmp, sì allo stato di agitazione (M. Veneto Udine)
Infortunio alla Brt, operaio in ospedale (M. Veneto Udine)
Savio, calo produttivo. Cassa integrazione per altre due settimane (M. Veneto Pordenone)
Lo stato passivo di Trischitta ammonta a 5,5 milioni di euro (M. Veneto Pordenone)
Ammanchi in 2 scuole, sospeso funzionario (M. Veneto Pordenone, 2 articoli)
Compagnia portuale, lavoratori in allarme: «Il futuro occupazionale è poco chiaro» (Piccolo Go-Mo)
Il lavoro c'è anche nell'Isontino ma mancano le professionalità (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Il Fondo per l'autonomia sfonda il tetto dei 2 milioni (Piccolo Gorizia-Monfalcone)

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ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA (pag. 2)

No allo sdoppiamento della centrale 118: «Trieste non può penalizzare Pordenone» (M. Veneto)
Elena Del Giudice - Se il progetto dello sdoppiamento della centrale unica dell'emergenza sanitaria
regionale andasse avanti, con l'istituzione di una centrale a servizio dell'area triestino-giuliana e una per
udinese e pordenonese insieme, «acuirebbe la sperequazione, che ancora esiste, nell'assegnazione delle
risorse per la sanità alle diverse aree del Friuli Venezia Giulia». Ne è convinto Nicola Conficoni, consigliere
regionale del Pd, che invita la giunta «a dare risposte alle istanze del territorio pordenonese, partendo dalle
richieste dell'assemblea dei sindaci che ha ribadito la necessità di una redistribuzione più equa delle
risorse». Nel merito del Sores, la Sala operativa regionale dell'emergenza sanitaria che gestisce il 118, per
Conficoni «la logica non può essere quella del campanile, ma il ricercare la soluzione migliore per garantire
uguali opportunità di risposta a tutti i cittadini della regione». Quale sia questo modello, per Walter Zalukar,
consigliere regionale del Gruppo Misto, è il ritorno al passato, alle 4 centrali operative provinciali, o
eventualmente tre «una per area vasta, in coincidenza con le tre Aziende sanitarie, con - nel caso specifico
di Trieste - una sotto-centrale a Gorizia».Zalukar, già responsabile del dipartimento di emergenza
dell'Azienda sanitaria triestina, rimarca di essersi opposto «al progetto Serracchiani della centrale unica
regionale. Quando si modifica qualcosa lo si fa perché quel che esiste non va bene e perché si può
risparmiare. Se il risparmio si traduce in una dozzina di infermieri in meno, su un bilancio da oltre 2 miliardi
l'anno, non mi pare esiziale. Mentre la qualità del servizio è peggiorata». Fondamentale per il consigliere
regionale «la conoscenza del territorio da parte del personale, che è imprescindibile in tutti i servizi di
emergenza, e lo dimostra il fatto che polizia, carabinieri, vigili del fuoco, hanno tutti centrali o sub centrali
territoriali. La riforma Serracchiani è andata avanti lo stesso, e a questa si è sommata la iattura del 112 che
abbiamo visto cosa ha prodotto: ritardi nei tempi del soccorso». È vero che il 112 è stato previsto
dall'Unione europea, «ma questa non ha chiesto la cancellazione delle altre numerazioni di emergenza
nazionali».Dal fronte sindacale, Nicola Cannarsa, Fp Cisl, non entra nel merito del numero delle centrali,
«ma la regia deve essere unica. Dove collocarla non lo so, ma deve essere una che poi gestisce una o più
strutture delocalizzate sul territorio, se questo può servire a garantire un servizio migliore». Un modello
ideale? «Non so se esista, personalmente non ce n'è uno che mi appassioni in modo particolare, ma quel
che mi interessa è che sia funzionale, efficace ed efficiente in grado di rispondere alle esigenze di un
territorio, come quello del Fvg, che non è certamente molto esteso ma sicuramente è complicato». Il
sindacalista richiama poi l'assenza «del dipartimento unico dell'emergenza regionale, che andava istituto e
che invece ancora non c'è». Infine: «mi auguro che la giunta chiarisca rapidamente che cosa intende fare su
questo tema», tenendo conto delle risorse e della necessità di non dissiparle, e anticipa altri temi su cui
avviare un confronto, a partire dal personale e dalla formazione.Da Pordenone Pierluigi Benvenuto, Fp Cgil,
non ha particolari rilievi sull'efficienza del Sores. «L'analisi complessiva della centrale operativa unica non
mi sembra fallimentare». Un ritorno tout cour al passato, ovvero alle 4 centrali provinciali, «mi sembra
difficile, l'assessore Riccardi ricordo ha difeso il Sores. Mi chiedo in che modo, e con quale personale si
possano riaprire le 4 centrali. Ammesso che ciò sia utile. Ma mi pare più una battaglia di campanile che non
mi appassiona. A Pordenone serve altro: maggiori finanziamenti e più personale».

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Ciriani contro la centrale bis. E la maggioranza si divide (Piccolo)
Marco Ballico - Pordenone conferma la sua contrarietà. Trieste attende di capire, mentre Gorizia dà il suo
convinto via libera. Udine, infine, auspica che non si tratti di scelte di campanile. La risposta dei sindaci dei
comuni capoluogo alle ipotesi di sdoppiamento della centrale unica dell'emergenza sanitaria 118 è tutto
fuorché compatta. I primi cittadini la vedono in maniera diversa, anche se un po' tutti, non solo Roberto
Dipiazza, spiegano di non essere ancora a conoscenza dei motivi dell'eventuale svolta a due centrali. Il
sindaco di Trieste taglia corto: «So che ci sono stati problemi, ma non conosco le difficoltà oggettive che ha
incontrato la centrale unica. Non mi è nemmeno chiaro tecnicamente che cosa intende fare la giunta, potrò
esprimere un giudizio sono davanti a un progetto definito». Nella bozza del piano per l'emergenza urgenza
che Riccardo Riccardi aveva annunciano per l'inizio del 2020 (siamo in dirittura d'arrivo) c'è comunque, se
non un progetto, almeno l'idea di creare una centrale del 118 nella Venezia Giulia e una seconda a coprire
le province di Udine e Pordenone. Le motivazioni, a quanto pare, sono tecniche: si punta a garantire un
servizio migliore alla popolazione. Ma non mancano i condizionamenti politici, se Fratelli d'Italia ha già
ottenuto il visto su un emendamento e due ordini del giorno che impegnavano la giunta a verificare
l'opportunità dell'abbandono della centrale unica. Il centrodestra, peraltro, non la vede allo stesso modo.
Perché proprio dal sindaco di Pordenone Alessandro Ciriani (candidato indipendente nel 2016 ma di area
Fdi-An) arriva l'altolà alle due centrali. «Questa è un'epoca di accentramenti funzionali - osserva - che a
volte funzionano, a volte no. Ma ritengo non sia il caso di mettere in discussione il 118 unificato in una
regione così piccola. Ci sono battaglie più importanti in cui i territori possono far sentire la loro voce».
Ciriani aggiunge di non avere tra l'altro visto particolari criticità nella gestione attuale: «Mi risulta
incomprensibile la logica del raddoppio». A Gorizia, invece, Rodolfo Ziberna applaude: «Può essere stata
questione di formazione o di protocolli, ma qualche criticità c'è stata. E dunque, se le due centrali
consentiranno di arrivare prima all'utenza che telefona, si deve cambiare. Per il bene del servizio». Resta
Udine che, con Pietro Fontanini, mantiene una posizione neutra: «Quello che conta è che ci siano risposte
immediate alle esigenze dei cittadini. Se le due centrali risultano più funzionali, giusto percorrere quella
strada. Se però siamo al campanile e all'aggravio di spesa senza altri vantaggi, meglio fermarsi». Ma cosa ne
pensa l'ex assessore alla Salute Maria Sandra Telesca? Fu lei, assieme a Debora Serracchiani, nell'aprile
2017, a inaugurare la centrale unica del 118, concretizzando quanto previsto già nel 2015 nel piano
emergenza urgenza. In quell'occasione Telesca definì l'avvio della sala operativa come «un traguardo di
miglioramento importantissimo nel sistema dell'emergenza sanitaria». E Serracchiani sottolineava: «Aver
superato i confini provinciali significa poter muovere un'autoambulanza più velocemente e sulla base dei
bisogni effettivi delle persone, e questo è un progresso fondamentale». Telesca, lette le ipotesi sul tavolo,
oggi commenta: «Non ho gli elementi tecnici su cui sarebbe stato impostato il cambio di rotta, ma mi pare
strano che si torni indietro su un progetto che non nacque con la nostra giunta, ma era di lunga data,
conseguente a indicatori che spingevano tutti verso la centrale unica in una regione di 1,2 milioni di
abitanti. Mi sarei piuttosto aspettata che si ragionasse sul miglioramento del collegamento tra la centrale
del 112 e quella del 118. Forse è lì che si dovrebbe lavorare».-
Azienda sanitaria, ecco i 2 super manager
Andrea Pierini - Eugenio Possamai e Maria Chiara Corti sono il nuovo direttore amministrativo e il nuovo
direttore sociosanitario dell'Asugi, l'Azienda sanitaria universitaria giuliano-isontina. Le nomine sono state
firmate ieri dal direttore generale Antonio Poggiana mentre al momento Adele Maggiore è stata
confermata facente funzioni di direttore sanitario. «È stata una valutazione molto articolata - spiega lo
stesso Poggiana - che ha richiesto dei tempi di riflessione e di valutazione dei curricula. Sono soddisfatto di
potermi avvalere di due collaboratori con tale esperienza»...

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Vertice Confindustria, i tre candidati davanti al Nordest (Piccolo)
«Si tratta certamente di tre profili di alto livello, molto differenti tra loro, con caratteristiche ed esperienze
diverse». Lo ha detto il presidente di Confindustria Veneto, Enrico Carraro, ieri a Padova dopo l'incontro tra
i Consigli di presidenza delle Territoriali e Regionali di Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia con
i candidati alla presidenza di Confindustria nazionale, Licia Mattioli, Carlo Bonomi e Giuseppe Pasini. Un
incontro che ha visto dunque riunita tutta la Confindustria del Nordest per il faccia a faccia con i candidati
che hanno parlato a turno davanti alla platea.Dalla nostra regione sono arrivati Giuseppe Bono, ceo di
Fincantieri e presidente di Confindustria Friuli Venezia Giulia, Michelangelo Agrusti di Uniondustria
Pordenone, Anna Mareschi Danieli al vertice della territoriale di Udine, Pierluigi Zamò, vicepresidente
vicario di Confindustria Venezia Giulia.«L'obiettivo di questo appuntamento - ha detto Carraro - era
permettere ai Consigli di presidenza di conoscere e confrontarsi direttamente con i tre candidati», in modo
da poter poi esprimersi «liberamente ma con cognizione di causa». «Sono stati tre incontri "consistenti" che
hanno visto un dibattito serrato e costruttivo. Ciascuno dei presenti» potrà ora «valutare quale ritiene più
idoneo per la guida di Confindustria». «Confindustria rappresenta la casa di tutte le imprese e deve incidere
sulla visione strategica del Paese che vogliamo. Stiamo vivendo veloci trasformazioni economiche, politiche,
istituzionali e culturali, che non possiamo subire. Il Veneto e il Nord Est, per il peso industriale che
rappresentano - ha concluso - vuole essere parte attiva di questa partita». Il gradimento dei tre risulta
essere stato diffuso, nessuno davanti ai cronisti presenti si è sbottonato in commenti.La parola ora passa
dunque ai territori. Se Carraro ieri ha detto di avere «fiducia che il Veneto andrà unito e se così non sarà
saremo comunque in compagnia» di altre regioni, in Friuli Venezia Giulia si attendono le prese di posizione.
Finora Agrusti ha fatto filtrare il proprio orientamento per Bonomi («emerso come largamente
maggioritario» ieri, secondo lo stesso Agrusti), mentre c'è attesa per le decisioni di Udine e della Venezia
Giulia. Venerdì è prevista una riunione della nuova Confindustria Alto Adriatico, nata dalla fusione fra
Venezia Giulia e Pordenone ma non ancora operativa, tanto che per il vertice di viale dell'Astronomia le due
associazioni voteranno in modo distinto. Ed è certo che dopodomani si discuterà anche delle candidature.

Evraz sceglie Danieli: impianto da 300 milioni (M. Veneto)
I russi di Evraz hanno commissionato a Danieli officine meccaniche spa la realizzazione di un innovativo
impianto (QSP-DUE, Danieli Universal Endless) per la produzione di prodotti ad alto valore aggiunto per il
nuovo stabilimento di Novokuznetsk, nella regione di Kemerovo della Federazione Russa. Questo sarà il
secondo impianto Danieli QSP-DUE al mondo. L'ordine segue l'avvio del primo impianto mai installato
presso Shougang Jingtang United, in Cina, nel 2019. Valore della commessa: 300 milioni di euro.La
tecnologia innovativa di Danieli consente in un'unica linea di produzione colata e laminazione delle lastre
sottili, operazioni che in precedenza richiedevano laminatoi separati, e che ora invece consentono ad un
unico impianto di coprire tutte le esigenze produttive del mercato applicando il processo più adatto ad ogni
diverso prodotto in acciaio.L'impianto di Evraz sarà progettato per garantire una capacità totale di 2,5
milioni di tonnellate di bobine laminate a caldo per nastri da 0,80 a 16,0 mm di spessore e da 950 a 1.700
mm di larghezza. Particolari caratteristiche saranno garantite dal macchinario per la colata continua in
grado di lavorare lastre di spessori diversi. Danieli svilupperà un progetto completo che comprende le
attrezzature tecnologiche, soluzioni ingegneristiche, la costruzione dell'impianto e delle infrastrutture
secondarie.

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Bolzonello boccia SviluppoImpresa: «Solo manutenzione dell'esistente» (M. Veneto)
Mattia Pertoldi - Una bocciatura «responsabile», perché il Pd si prepara a presentare tre proposte
«migliorative di una legge che ha i crismi della manutenzione e nulla più», ma comunque tale. Sergio
Bolzonello, precedessore di Sergio Bini alle Attività Produttive, cerca, in altre parole di guardare oltre al
modello di SviluppoImpresa già approvato dalla Commissione competente e che, come detto, non convince
molto il capogruppo dem a piazza Oberdan.Bolzonello, perché la legge-Bini non la soddisfa?«Il testo
rappresenta una buona manutenzione dell'esistente, possiede una sua dignità e c'è l'interesse di tutti ad
aiutare il sistema perché sull'economia non può esserci opposizione a prescindere, ma serve responsabilità.
Il dato, però, è che, dopo quasi due anni, ci aspettavamo un provvedimento con risposte strutturali a un
momento economico particolare».Quale momento?«Il contesto storico-economico è complesso. Quello
mondiale, in primis, deve far fronte a due elementi di criticità: il rapporto Stati Uniti-Cina e la parte della
logistica. Senza dimenticare le prospettive degli effetti economici del coronavirus».Non sarà colpa di Bini se
è esploso il virus...«No, ovviamente, ma i primi casi sono relativi a gennaio. Siamo a metà febbraio e mi
sarei atteso che almeno alcuni ragionamenti fossero inseriti in legge. Non sottovalutiamo, infatti, come già
oggi molte nostre fabbriche manifatturiere rischino di andare in crisi a livello di magazzino, e quindi di
produzione. Potenzialmente, perciò, fra un mese potremmo trovarci a far fronte a una richiesta di
strumenti di cassa integrazione elevatissima».Andiamo oltre?«Il contesto europeo è quello della Brexit e di
una grande difficoltà dell'automotive, che per il Friuli Venezia Giulia pesa parecchio. In salsa locale, poi, i
dati sono chiari e vedono nell'ultimo anno un calo della produzione del 4,3% con un indice tendenziale di
mantenimento del trend negativo. Ma anche su questi due scenari, all'interno di SviluppoImpresa, non c'è
nulla».Secondo lei cosa manca alla legge?«Nessuno si sarebbe aspettato una norma che rendesse
improvvisamente la regione una sorta di El Dorado, ma almeno alcune scelte, determinanti, sì. Certo,
capisco che queste decisioni, in ogni caso, non potevano assolutamente essere prese».Perché?«La prima
criticità di questa legge è che non poggia su alcuna scelta strategica della maggioranza rispetto al futuro
dell'economia del Friuli Venezia Giulia considerato come oggi, dopo quasi due anni di legislatura, non sia
stata ancora deliberata nessuna delle linee S3 e della programmazione comunitaria. SviluppoImpresa,
perciò, si basa soltanto su misure di manutenzione di Rilancimpresa, da una parte, e su provvedimenti,
dall'altra, che possono anche avere delle suggestioni, ma che non sappiamo come verranno sviluppati».Ad
esempio?«Parlare di ricerca è positivo, ma di quale tipo? Quelle realtà sono necessarie, ma devono essere a
supporto dell'impresa e non viceversa. La programmazione europea ha bisogno di muoversi in base alle
esigenze delle aziende, non esclusivamente della ricerca applicata».Bini punta molto sulla riforma delle
strategie di accesso al credito...«Mi pare una buona "riformina", utile per mettere a regime alcuni sistemi
senza, tuttavia, sfiorare il tema centrale del comparto. Quello dell'accesso al credito non è, infatti, il
problema fondamentale, per quanto in norma abbia una sua consistenza, considerato i bassi tassi di questi
anni. La vera chiave di volta è la digitalizzazione».E non c'è nella legge?«Sì, ma è molto debole e, di fatto,
così mandiamo le aziende in guerra oggi con un moschetto del '15-'18. Se poi parliamo di nuovi strumenti
finanziari, mi chiedo come si faccia a immaginare la loro operatività se Mediocredito non è più nostra, si
sposta tutto sul Frie, Friulia ha una capacità che non può essere quella di gestione del microcredito e non si
citano i Confidi. Siamo fermi ai titoli, come sempre».Tavoli di confronto pre-crisi, sostegno ai centri storici e
presenza dei lavoratori nelle decisioni dell'azienda sono idee positive?«Fanno parte di quelle che io,
appunto, definisco come suggestioni e mini-innovazioni, né di più né di meno. Non dico che non siano
interessanti, sia chiaro, al pari, ad esempio, dei Distretti commerciali, ma sostengo che non si capisca come
la giunta abbia intenzione di sviluppare i singoli temi. Il vulnus principale, comunque, è un
altro».Quale?«Bini presenta SviluppoImpresa senza aver, prima, predisposto un piano di sviluppo
industriale del Friuli Venezia Giulia. La vera differenza con Rilancimpresa è questa. È vero che anche noi
abbiamo impiegato 22 mesi per varare la legge, ma in precedenza, a luglio 2014, erano state approvate in
giunta le scelte su S3 e programmazione europea».È anche una questione di fondi a disposizione?«È palese,
perché noi, all'epoca, avevamo stabilito come impiegare il denaro, prima della stesura della norma. Bini,
invece, si ritrova con una legge senza soldi».L'assessore ha come obiettivo 100 milioni...

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CRONACHE LOCALI

Slitta la chiusura dello stabilimento: c'è l'intesa tra Safilo e i sindacati (M. Veneto Udine)
Maura Delle Case - La chiusura dello stabilimento Safilo di Martignacco slitta fino al 1 luglio 2020. È a partire
da quella data infatti che sarà attivata la cassa integrazione a zero ore per i 226 dipendenti rimasti a libro
paga dell'azienda in Friuli. Lo prevede l'ipotesi di accordo raggiunta tra i vertici di Safilo e le organizzazioni
sindacali, un'intesa di massima che oggi sarà posta al vaglio dei lavoratori riuniti in assemblea. Saranno loro
a dare il via libera decisivo al testo che insieme a quelli di Padova e Longarone, dove la trattativa è ancora in
corso, andrà a costituire l'accordo quadro da sottoporre infine al ministero dello Sviluppo economico per il
vaglio decisivo. Dopo settimane di confronto, fatto di qualche timido passo avanti e di inattese botte
d'arresto, le parti hanno trovato dunque un punto di contatto. Sulla cassa integrazione ma non solo su
quella. I pilastri sui quali si regge l'intesa sono infatti più d'uno. Su tutti l'attivazione per 12 mesi
dell'ammortizzatore sociale che interesserà 226 lavoratori (10 in meno dall'avvio della vertenza, causa
qualche pensionamento e qualche uscita), quindi lo spostamento in avanti di sei mesi della chiusura del sito
produttivo: inizialmente fissata a gennaio, ora slitta al primo luglio, facendo guadagnare ai lavoratori un
semestre di stipendio pieno e alle parti - sindacato, azienda, advisor e istituzioni - tempo prezioso per
cercare un imprenditore disposto a rilevare lo stabilimento. Una partita, questa, che rientra in pieno
nell'accordo che sarà oggi illustrato alle maestranze e che in questo caso prevede l'affidamento di un
incarico specifico a un advisor che lavorerà appunto alla ricerca di un investitore. Non ultimo, l'intesa
prevede la possibilità dell'esodo incentivato. Quanti decideranno insomma di dimettersi durante il periodo
di ammortizzazione si vedranno riconosciuto un "bonus". I dettagli saranno oggi illustrati ai lavoratori dai
segretari di categoria, Andrea Modotto (Filctem Cgil), Pasquale Lombardo (Femca Cisl) e Nello Cum (Uiltec),
per il via libera decisivo. Un voto che metterà il punto a questa fase di vertenza per aprirne nuova in cui
tutti gli sforzi saranno concentrati sul dare un futuro, diverso da Safilo ma magari non dal settore
dell'occhialeria, allo stabilimento e ai suoi lavoratori. Non dimentichiamo infatti che a dispetto della
situazione di crisi del gruppo padovano, dettata dalla perdita di importanti marchi come Gucci e Dior, il
comparto dell'occhiale è in crescita e competitor di Safilo potrebbero essere interessati a rilevare il sito
friulano dotato com'è di impianti già pronti all'uso ma soprattutto del know how dei suoi dipendenti.

Dm Elektron in stallo. Oggi tocca alla Regione (M. Veneto Udine)
Occhi puntati sulla Regione alla vigilia dell'incontro che domani vedrà la vertenza Dm Elektron tornare
all'attenzione degli assessori alle Attività produttive, Sergio Emidio Bini, e al Lavoro, Alessia Rosolen, che a
Trieste incontreranno sia l'azienda che le parti sociali e i delegati Rsu. La speranza è che l'intervento
istituzionale possa essere dirimente rispetto a una situazione di stallo che vede i lavoratori ancora in attesa
di vedersi accreditati parte degli emolumenti di dicembre, la tredicesima e la busta di gennaio, nonché di
conoscere il piano industriale messo a punto dall'azienda. Massima attenzione anche da parte del sindaco
di Buja, Stefano Bergagna: «Il Comune farà tutto quello che è nelle sue possibilità per aiutare i lavoratori e
le loro famiglie» ha detto Bergagna che ha poi tenuto a precisare alcuni passaggi del suo intervento di
venerdì, quando ha aperto le porte della sala consiliare ai dipendenti di Dm Elektron: «Alla fine dell'incontro
ho affermato che avrei chiesto un incontro al Procuratore della Repubblica per esternare le preoccupazioni
emerse dall'assemblea durante lo sciopero e anche le preoccupazioni di ordine pubblico, che si evidenziano
in un contesto sociale e cittadino che ha visto numerosi scioperi, sempre presidiati da ingenti forze di
polizia. Lo ribadisco ancora», conclude il sindaco, perché una parte delle sue dichiarazioni rese in un
contesto di grande tensione e riferite alla Procura è stata equivocata. M.D.C.

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Bagni sporchi alla Pmp, sì allo stato di agitazione (M. Veneto Udine)
È stato proclamato ieri dalle segreterie di Fim Cisl e Fiom Cgil lo stato di agitazione alla Pmp Promec di
Coseano, azienda metalmeccanica che, compresi i lavoratori interinali, occupa poco meno di 400 persone.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso - sostengono le organizzazioni sindacali - è stata la risposta data
dalla proprietà alla segnalazione avanzata ancora lo scorso autunno dagli Rls (rappresentanti dei lavoratori
per la sicurezza) circa le scarse condizioni igieniche dei bagni in azienda.«Ebbene, anziché rispondere nel
merito a questa segnalazione e ad alcune altre, compresa la scarsa dotazione di dispositivi di protezione
individuale dei lavoratori, l'azienda ha pensato bene di spedire al sindacato Fiom una risposta in cui dichiara
che è tutto a posto e ci addebita una fattura di 1.500 euro relativa alle consulenze sostenute a seguito della
segnalazione.E' davvero troppo» tuona il segretario provinciale di Fiom Cgil, David Bassi, che insieme al
collega di Fim, Giuseppe Sedola, con l'avvallo dei lavoratori riuniti in assemblea, ieri ha dunque proclamato
lo stato di agitazione. Il clima resta dunque teso: «Se solo ci si azzarda a contestare qualcosa in Pmp, questo
è il trattamento che si riceve in cambio dall'azienda, un comportamento - rilancia Bassi - evidentemente
antisindacale, alla luce del quale daremo corso a tutte le azioni possibili affinché l'azienda rientri nei termini
contrattuali e di legge. Abbiamo posto un problema che riguarda la salute, la sicurezza e l'igiene dei
lavoratori all'interno del sito produttivo - conclude il sindacalista -, ora esigiamo risposte concrete». M.D.C.

Infortunio alla Brt, operaio in ospedale (M. Veneto Udine)
Nella serata di lunedì 17 febbraio, si è verificato un infortunio sul lavoro alla Brt spa, in via Marinoni 1, nella
zona industriale della città stellata, in località San Marco. Si sono vissuti momenti di preoccupazione quindi,
nella filiale palmarina dell'azienda attiva nel settore del trasporto di merci e nel servizio di corriere
espresso. Un operaio si è infatti infortunato all'interno di un magazzino, mentre stava caricando un
imballaggio di grosse dimensioni all'interno del cassone di un camion per le consegne. Erano da poco
passate le 20.40 e, per cause ancora in corso di accertamento, l'uomo nel movimentare il carico si è
infortunato. Parrebbe infatti che l'imballaggio sia scivolato dal transpallet elettrico sul quale era posato,
andando a colpire l'operaio trentaduenne. In ogni caso è stato l'uomo stesso, di origine ghanese e residente
a Udine, a chiedere aiuto ai colleghi che hanno chiamato il 112 per chiedere l'intervento dei sanitari e
prestargli i soccorsi necessari. L'uomo accusava forti dolori alla schiena e al tronco ed è stato portato in
pronto soccorso a Palmanova, per gli accertamenti del caso. L'operaio è sotto osservazione nel nosocomio
della città stellata, ma non è in gravi condizioni. Oltre ai sanitari allertati dal Numero unico per le
emergenze, sul posto sono intervenuti per accertare la dinamica dell'infortunio anche i carabinieri del
Radiomobile di Palmanova. M.D.M.

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Savio, calo produttivo. Cassa integrazione per altre due settimane (M. Veneto Pordenone)
Giulia Sacchi - Altre due settimane di cassa integrazione alla Savio macchine tessili di Pordenone (379 unità):
nell'incontro di ieri con le organizzazioni sindacali di Fim, Fiom e Uilm è stato siglato l'accordo per l'utilizzo
dell'ammortizzatore dal 24 febbraio al 7 marzo.L'attività riprende, dunque, il 9 marzo. Sono ancora
settimane difficili anche per l'azienda pordenonese, che come i competitor sta facendo i conti con la frenata
sui mercati internazionali. Una situazione aggravata dal problema del Coronavirus, considerato che la Cina è
il mercato di riferimento per Savio e che questo Paese è messo a dura prova da tale malattia (in questo
periodo dell'anno, comunque, si è sempre registrato un calo produttivo legato anche alle chiusure per il
capodanno cinese). Per capire quali saranno le evoluzioni del mese di marzo, azienda e forze sociali si
confronteranno nuovamente nelle prossime settimane, quando si discuterà pure della partita relativa
all'anticipo delle quote del premio di risultato.Allo stato attuale, al rientro, il 9 marzo, dovrebbe esserci un
picco di lavoro per una quindicina di giorni. Poi si vedrà. Col nuovo ricorso all'ammortizzatore sociale, a
conti fatti, a febbraio i dipendenti hanno lavorato solamente due settimane.Intanto nei giorni scorsi è stata
siglata un'intesa per l'uscita dallo stabilimento di altri 28 lavoratori: in poche parole, si prosegue con il
programma di ristrutturazione che ha preso avvio lo scorso anno, quando Savio aveva annunciato 75
esuberi perlopiù nel reparto impiegatizio.Come aveva spiegato l'azienda, la revisione ha diversi obiettivi, tra
cui l'aumento dell'efficienza produttiva e il taglio delle spese fisse, anche per liberare disponibilità
economiche da destinare a ricerca e investimenti, così da rendere la storica impresa competitiva sul
mercato interno e su quello internazionale.I progetti che riguardano organizzazione del lavoro, snellimento
delle procedure interne, affinamento della nuova piattaforma informatica e i piani che guardano
all'industria 4.0 determinano le 75 eccedenze in diversi settori, tra i quali il Sales & marketing.Sebbene il
primo accordo coi sindacati sulle uscite dallo stabilimento fosse valido sino allo scorso 30 settembre, i
contenuti sono stati applicati anche in una fase successiva: da subito si è chiarito che nuove procedure di
mobilità o altri strumenti per gestire le eccedenze possono essere adottati entro il 31 dicembre del 2021.

Lo stato passivo di Trischitta ammonta a 5,5 milioni di euro (M. Veneto Pordenone)
Lo stato passivo di Trischitta srl, storica catena dell'ortofrutta dichiarata fallita il 12 luglio dell'anno scorso, si
attesta al momento sui 5 milioni e mezzo di euro. Finora sono state ammesse le insinuazioni di 172
creditori. Altre 25 istanze tardive sono attese all'ultima adunanza, in calendario il 7 aprile.
Complessivamente dunque le istanze dovrebbero sfiorare quota duecento.Ieri il giudice delegato Roberta
Bolzoni ha accolto in toto le proposte del curatore fallimentare Paolo Pilisi Cimenti. All'adunanza erano
presenti anche le sigle sindacali a sostegno dei lavoratori. Una decina di dipendenti si sono affidati invece
agli studi legali. Nessuno ha contestato quanto deciso.I 76 dipendenti di Trischitta srl - sia quelli assorbiti
dalla newco Anna Fruit nei dieci negozi rimasti in vita, sia quelli che hanno perso il posto di lavoro - vantano
crediti per circa un milione di euro, fra tfr e salari arretrati. Una cifra pari dunque a un quinto dello stato
passivo. Al secondo posto, per entità dei crediti vantati, ci sono alcuni fornitori di frutta e verdura. Importi
consistenti sono stati ammessi anche per i proprietari dei negozi, che chiedono il pagamento degli affitti
arretrati. C'è un altro importante appuntamento all'orizzonte. Alla fine del mese dovrà essere perfezionata
la vendita del ramo d'azienda, che è stata effettuata con riserva di proprietà. Il 28 febbraio la newco Anna
Fruit dovrà pagare gli importi residui.È stata acquisita l'attività in dieci negozi per 80 mila euro da Anna
Fruit, la newco della figlia di Maurizio Trischitta. Continuano a funzionare i punti vendita di Pordenone,
Porcia, Cordenons (solo via Giotto) Villotta di Chions, Maniago, Portogruaro, Udine (solo viale Tricesimo),
Codroipo, San Daniele e Lignano. Dei dipendenti impiegati nei negozi, 43 hanno conservato il posto di
lavoro.Hanno invece chiuso le serrande l'estate scorsa altri dieci punti vendita targati Trischitta srl: in via
Sclavons a Cordenons, Sacile, Casarsa della Delizia, Spilimbergo, San Donà di Piave, via Verona a Udine,
Fagagna, Gemona, Prata, Trieste.

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Ammanchi in 2 scuole, sospeso funzionario (M. Veneto Pordenone)
Due procedimenti disciplinari, al lavoro la Procura. Erano spariti circa 50 mila euro. Lui: «Ho già cominciato
a restituirli» (testo non disponibile)
Zonta (Flc): «Il problema ha radici nell'instabilità di gestione delle segreterie»
Chiara Benotti - Il buco nel bilancio 2019 mette nei guai due scuole statali di Aviano e Sacile e dimostra la
vulnerabilità di tanti altri istituti che hanno le segreterie amministrative sott'organico. Le reggenze 2019-
2020 dei direttori amministrativi interessano circa la metà di 40 scuole pordenonesi e il concorso per
assumerli è previsto sino al 2020-2021. Poi la maggioranza degli applicati agli sportelli è costituita da precari
stagionali: è questo un altro problema da risolvere. Per tamponare i vuoti di organico, le nomine dei
direttori reggenti si sono allargate anche alle altre regioni italiane, nel settembre scorso, e la carenza degli
applicati allo sportello è stata tamponata con un centinaio di bidelli in ruolo diplomati e con la voglia di
mettersi alla prova in un altro profilo professionale. Nomine per nove mesi e la precarietà amministrativa va
avanti da anni.«Ispettori ministeriali al lavoro per controllare i conti in varie scuole, oltre che nell'istituto
comprensivo di Aviano - sottolinea Adriano Zonta, sindacalista di Flc Cgil regionale -. I revisori dei conti nel
caso avianese si sono attivati di fronte a irregolarità evidenti. Massimo riserbo sugli sviluppi e sulle
responsabilità amministrative che dovranno essere tutte accertate, ma il problema ha radici anche
nell'instabilità della gestione delle segreterie».Le casse delle scuole statali non sono ricche, ma i soldi spariti
(circa 50 mila euro nei due istituti di Aviano e Sacile) danno la misura della facilità dei prelievi dai fondi di
bilancio. «Ammanchi tutti da verificare e di cui si sarebbero accorti i funzionari, impegnati in normali
verifiche di segreteria - dice Zonta -. Chiediamo più trasparenza nei bilanci delle scuole: non ci sono mai
rendicontazioni sul tavolo sindacale. Le nostre richieste di specificazione sui fondi di istituto Fis, sugli
incentivi al personale e sulla contabilità cadono nel vuoto».

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Compagnia portuale, lavoratori in allarme: «Il futuro occupazionale è poco chiaro» (Piccolo Go-Mo)
Tiziana Carpinelli - Dopo il passaggio a inizio gennaio di competenze dalla Regione all'Autorità di sistema
portuale, che sta ridisegnando ambiti, sviluppo, investimenti su Portorosega, la palla passa ora al fronte
sindacale. Con un volantino congiunto, diffuso anche agli organi di stampa, Filt Cgil e Fit Cisl hanno indetto
oggi, alla sala auditorium dell'Azienda speciale, un'assemblea dei lavoratori della Compagnia portuale e
dell'impresa Alto Adriatico, un centinaio in tutto. Di fatto la prima del nuovo corso. Al centro le «tensioni»,
come le hanno definite nel foglio i rappresentanti delle due sigle Sasa Culev e Giulio Germani, sorte in seno
ai lavoratori, il cui animo è agitato da prospettive interpretate come «poco chiare» sul futuro
occupazionale. Il volantino cita, in particolare, «le innumerevoli "voci"» sulle «proposte d'acquisto da parte
della MarterNeri spa alla Compagnia portuale». L'assemblea è aperta a «iscritti e simpatizzanti». «Si avverte
un momento di profonda incertezza. Ci risulta che MarterNeri abbia formulato la sua proposta di acquisto
qualche mese fa, ma che la Compagnia non abbia ancora risposto», riferisce Culev (Cgil). In ballo, insomma,
il controllo di Cpm, che collabora da tempo con l'azienda logistica, ma gestisce anche traffici in autonomia.
«Di queste operazioni non sappiamo ancora nulla», aggiunge. «È una situazione di transizione - argomenta
a sua volta Germani (Cisl) - e c'è un po'di confusione sulla gestione dello scalo». L'intento è appunto di
squarciare il velo dell'indeterminatezza, soprattutto «sul futuro dei posti di lavoro», ma anche
«approfondire gli aspetti della legge 84/94, comprendere al meglio le odierne competenze in porto» e
affrontare «molte altre questioni rimaste in sospeso». Il volantino, però, affronta anche «l'imminente arrivo
allo scalo marittimo monfalconese di una gru da Livorno», di proprietà del gruppo oggi controllato da
Palladio Finanziaria, che in Toscana ha un molo in concessione ed è operatore doganale autorizzato e
specializzato nella movimentazione di merci forestali, metalli e altre rinfuse. Sulla trattativa di un'eventuale
acquisizione, avviata già da un anno ma mai emersa, pur se a settembre era stata data come «interesse
concreto» da una rivista di settore (Ship 2 shore, magazine on line di economia del mare e dei trasporti), sia
Cpm che MarterNeri avanzano un fermo (e non inatteso) «no comment». In merito invece alle altre due
questioni, che hanno allarmato i portuali, l'ingegner Carlo Merli, amministratore delegato di MarterNeri,
intervenuto «solo in merito al contenuto del volantino e non dell'iniziativa sindacale», peraltro non diretta
ai propri dipendenti, definisce in particolare la seconda come «destituita di ogni fondamento». «È vero
invece che una gru è stata acquistata da un rivenditore specializzato, ma non proviene da Livorno: arriverà
via nave dal porto di Augusta e servirà a perfezionare la nostra operatività di terminalista a Monfalcone»,
chiarisce. Ai sensi di leggi e regolamenti portuali il grosso sollevatore (437 tonellate) sbarcherà quindi a
Portorosega in settimana e l'operazione sarà seguita da un collaboratore MarterNeri. «Io stesso presiederò
per garantire all'armatore il rispetto del contratto», puntualizza Merli. «Infondata, invece, la voce che i
lavoratori di Livorno giungeranno qui - prosegue -. Abbiamo sempre detto, dall'avvio di questa nuova fase
che ci vedrà impegnati dalle operazioni di banchina al trasporto, passando per magazzini, deposito e
spedizioni, la volontà di collaborare con il porto di Monfalcone, assumendo persone del territorio e
all'occorrenza ricorrendo all'articolo 17». Cioè all'Alto Adriatico. Insomma, investimenti e «nuove risorse»,
ma solo locali. «Lo abbiamo sempre detto in trasparenza, alla luce del sole - aggiunge l'ad -. E lo abbiamo
comunicato anche all'Autorità di sistema nel momento in cui abbiamo promosso l'istanza autorizzatoria per
operare, nell'intero ciclo, a Portorosega, ai sensi dell'articolo 16 della legge 84/94». Quella vigente dopo il
tramonto della regionale 12. Dunque una «scelta strategica», in coerenza al piano industriale, di divenire a
tutti gli effetti terminalisti contando sull'apporto di «nuove assunzioni» attinte dal territorio» e «nuovi
macchinari», vedi appunto la nuova, imponente gru.
L'Authority auspica l'intesa: «Lo scalo ne beneficerebbe»
Ad acuire le «preoccupazioni» dei sindacati la notizia che l'Autorità di sistema ha «sospeso i provvedimenti
autorizzatori di MarTer Neri e Cpm, perché hanno presentato in sostanza lo stesso piano organizzativo di
lavoro per caolino e cellulosa». Lo rivela il sindacalista Sasa Culev della Filt. In realtà le cose non stanno
precisamente in questi termini. Lo spiega a fondo Franco Giannelli, dirigente dell'ufficio decentrato
dell'amministrazione portuale di Monfalcone per l'Authority. Entrambi gli operatori beneficiano di una
«prorogatio della Regione», cioè hanno facoltà di lavorare e portare avanti i propri affari all'interno dello
scalo...

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Il lavoro c'è anche nell'Isontino ma mancano le professionalità (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Alex Pessotto - In Friuli Venezia Giulia ci sono circa 40 mila disoccupati in cerca di lavoro. Per illustrare come
la Regione sostiene le imprese e concede contributi per promuovere l'occupazione, è stato organizzato
nella Sala del consiglio del palazzo dell'ex Provincia il quarto dei cinque incontri sul tema. Con estrema
sintesi, si può affermare che, da quanto è emerso, spesso non è il lavoro a mancare. Mancano, invece, i
lavoratori: non soltanto programmatori, ingegneri informatici e gestionali, per esempio, ma anche saldatori,
carpentieri, tubisti, falegnami, elettricisti. E l'elenco potrebbe continuare. Rispetto a questa situazione,
Gorizia non fa differenza. La Regione punta allora a dar vita a percorsi di inserimento mirati come già
abbondantemente sperimentato e, sul punto, si possono ricordare quelli effettuati con Cimolai, Mangiarotti
e con altre aziende dell'indotto di Fincantieri. I risultati sono incoraggianti, con il 70-75% delle assunzioni
per coloro che ai corsi hanno partecipato, ma, in certi casi, le percentuali possono anche salire di molto e
arrivare al 90%. Inoltre, sono anche stati attuati percorsi di inserimento per uno-due profili soltanto,
riunendo, all'interno dello stesso corso, più aziende. All'incontro organizzato ieri dall'assessorato regionale
al Lavoro e alla Formazione, queste tematiche sono state affrontate da Anna D'Angelo (Direttore del
servizio Interventi per i lavoratori e le imprese), Alessandra Miani (responsabile della struttura Interventi di
politica attiva del lavoro), Flavia Maraston (responsabile del Collocamento mirato) e Gianni Fratte
(responsabile dei Servizi alle imprese). Complici gli inviti agli ordini dei Consulenti del lavoro e dei Dottori
commercialisti, il pubblico è stato assai numeroso.

Il Fondo per l'autonomia sfonda il tetto dei 2 milioni (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Emanuela Masseria - Poco più di 2 milioni di euro. Questa la corposa somma impegnata dal Servizio sociale
dei Comuni dell'ambito territoriale "Collio - Alto Isonzo" per garantire, quest'anno, la continuità progettuale
ai beneficiari del Fap, il Fondo per l'autonomia possibile e per l'assistenza a lungo termine. Si tratta di uno
strumento non solo utile, ma addirittura fondamentale e imprescindibile per quei cittadini che si trovano a
fare i conti con una doppia difficoltà: da un lato quella fisica, motivata da problemi insorti all'improvviso o a
causa dell'età, e dall'altro quella economica, che impedisce loro di affrontare autonomamente e con
serenità la loro situazione. Come stabilisce una convenzione tra tutti i Comuni isontini, la gestione della
pratica spetta al Comune di Gorizia e i benefici non sono cumulabili tra loro. Troviamo nel comparto
finanziato dal Bilancio 2020 il Contributo per l'aiuto familiare (Caf), un aiuto economico per sostenere le
situazioni in cui ci si avvale della collaborazione di addetti all'assistenza familiare per l'accudimento di
persone in condizione di non autosufficienza, tenendo conto delle ore di lavoro settimanali svolte
dall'addetto, dalla gravità della condizione e dalla fascia di Isee, fatta salva la quantificazione riservata
specificatamente alle demenze. C'è poi l'Assegno per l'autonomia (Apa), un intervento economico con
l'obiettivo di rendere possibile e sostenibile l'accudimento a domicilio delle persone in condizione di grave
non autosufficienza. L'entità dell'assegno è graduata in base al livello di gravità della patologia e all'Isee
familiare, (anche qui demenze a parte).Esiste poi il Safe, il Sostegno ad altre forme di emancipazione e di
inserimento sociale, intervento che concorre a finanziare forme di sostegno a favore di persone in
condizione di grave disabilità che, pur non autodeterminandosi, possono essere inserite in progetti
finalizzati alla partecipazione sociale e all'emancipazione, anche parziale, dalla famiglia.Un'altra forma di
contributo è il sostegno alla vita indipendente (Svi), per persone con grave disabilità in grado di
autodeterminarsi. Nel dettaglio il Fap per il 2020 ammonta esattamente a 2.009.630,58 euro e impiega 146
mila euro per i progetti legati alla salute mentale. I progetti personalizzati che afferiscono a una delle
quattro misure del Fondo vengono approvati una volta all'anno dall'Unità di Valutazione Multiprofessionale
(Uvm). La prestazione viene concessa dal primo giorno del mese successivo alla disponibilità economica e
secondo l'ordine delle liste d'attesa. Dato atto che il Fap viene concesso in continuità, fatte salve le
specifiche disposizioni riguardanti i progetti sperimentali o la perdita dei requisiti, il Servizio sociale dei
Comuni dell'Ambito ha così ripartito la somma: contributi per l'assistenza familiare 1.261.500,13 euro;
assegno per l'autonomia possibile 234.615 euro; sostegno ad altre forme di emancipazione e di inserimento
87.948 euro; contributi per il sostegno alla vita indipendente 279.540,55 euro; contributi per i progetti
sperimentali in favore di persone con problemi di salute mentale 146.026, 90 euro.

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