Il contratto psicologico - Alessandra Antonelli Martina Borto Elena Epiri Vania Felicetti Michela Paciaroni Comportamento manageriale A.A 2018-2019

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Il contratto psicologico - Alessandra Antonelli Martina Borto Elena Epiri Vania Felicetti Michela Paciaroni Comportamento manageriale A.A 2018-2019
Il contratto psicologico
                                        Alessandra Antonelli
                                        Martina Borto
                                        Elena Epiri
                                        Vania Felicetti
                                        Michela Paciaroni

    Comportamento manageriale A.A 2018-2019
Le origini del contratto psicologico
   Il tema del contratto psicologico compare in tempi relativamente recenti, intorno agli anni ’60,
    nell’ambito della psicologia applicata. Il termine fu utilizzato per la prima volta da Argilys,
    interessato allo studio del rapporto tra impiegati e datori di lavoro. Il concetto fu poi sviluppato da
    Levinson, il quale lo definisce come l’insieme delle convinzioni riguardo cosa ciascuna parte ha
    diritto di ricevere e cosa è obbligata a dare, in cambio dei contributi che l’altra parte offre. In
    seguito, Schein sottolineò l’importanza che il contratto psicologico assume nel determinare il
    comportamento organizzativo e ne evidenziò la bilateralità insita nella sua nozione. Esso fu
    definito da Argilys, Levinson e Schein come un insieme di aspettative circa gli obblighi,
    reciproci, che una relazione di scambio deve comportare.
   Tra le concettualizzazioni, di contratto psicologico, più accreditate troviamo quella della
    Rousseau e di Guest.

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   Denise Rousseau ha definito il contratto psicologico come l’insieme delle credenze
    dell’individuo circa gli obblighi reciproci esistenti tra l’individuo stesso e la sua organizzazione
    e ha origine quando la persona fa promesse che generano tali credenze.
   La Rousseau ha posto l’accento sulla soggettività del contatto psicologico, definendolo una
    percezione individuale: ciò che l’individuo percepisce può essere diverso da ciò che è scritto e
    da ciò che pensano altre persone (colleghi superiori, consulenti esterni).
   La Rousseau parla di un individuo che è il lavoratore; sono le sue credenze, sugli obblighi
    reciproci che lo legano all’azienda, l’oggetto del contratto psicologico, e in questo quadro, le
    percezioni delle organizzazioni, vengono ignorate.
   Un aspetto chiave, secondo la Rousseau, per valutare bene il contratto psicologico è la
    distinzione tra il concetto degli obblighi reciproci, oggetto e contenuto del contratto, dal più
    ampio concetto di aspettativa, che il soggetto ha circa quello che troverà nel proprio lavoro e
    nell’organizzazione.
   In altre parole, il contratto psicologico si basa su concetti di obblighi e di promesse, dove per
    promessa s’intende una qualsiasi comunicazione di futuri intenti, tramessa tramite documento
    scritto, discussione orale e altre politiche organizzative
   Il contratto psicologico coinvolge aspetti legati alla sfera emotiva del lavoratore come la fiducia
    nella propria organizzazione e il senso di appartenenza.

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   David Guest sostiene che il contratto psicologico riguarda l’interazione tra una parte specifica e un’altra
    parte incerta; il contratto risiede nell’interazione più che nei singoli attori della relazione, il lavoratore o
    l’organizzazione. Guest solleva dei dubbi su alcuni aspetti:
        per Guest non è chiaro se il contratto psicologico, si basa su aspettative promesse o obblighi;
        l’autore sostiene che quando si parla di contratto psicologico l’attenzione dovrebbe essere posta tanto
         sul termine contratto, quanto sul termine psicologico. È sbagliato per Guest concentrarsi
         esclusivamente sull’aspetto psicologico e non tener conto di ciò che il termine contratto comporta.
         Questa osservazione sembra essere una critica a ciò che afferma la Rousseau, che come già detto pone
         l’attenzione sull’aspetto psicologico ovvero sulle percezioni del lavoratore. Secondo Guest la
         soggettività mina il concetto centrale del contratto psicologico, l’accordo tra le parti;
        un altro dubbio per Guest riguarda il problema degli agenti. Il contratto di impiego è sottoscritto dal
         lavoratore e da un agente dell’organizzazione. Ma quando si parla di organizzazione, ci si trova ad
         affrontare le difficoltà insite nel definire chi è l’organizzazione e che cosa essa intende per contratto
         psicologico. Infatti, l’azienda si avvale di molteplici agenti che potrebbero offrire diversi e, a volte,
         contrastanti contratti psicologici. Guest comunque ritiene che la soluzione a tale problema non sia
         quella di ignorare la prospettiva aziendale e di definire il contratto psicologico solo in termini di
         percezione del lavoratore;
   Sintetizzando si può dire che ci sono due concettualizzazioni rilevanti in tema di contratto psicologico ma
    bisogna tener conto del fatto che sono presenti ancora dubbi. Da una parte la Rousseau, forse per superare
    le difficoltà che si hanno nel definire l’organizzazione e le comprensioni che essa ha del contratto
    psicologico, decide di porre l’attenzione su una sola parte del contratto: il lavoratore e le sue percezioni.
    Dall’altra si ha Guest, il quale afferma che la mutualità e la reciprocità tra le parti rappresentano elementi
    importanti del contratto psicologico, che non devono essere lasciati in secondo piano .

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Definizione di contratto psicologico e aspetti generali
                          del contratto
   Si può dire che si tratta di un insieme di credenze, obblighi, aspettative che nascono nella mente dei soggetti e che precedono,
    accompagnano e seguono un contratto formale, costruendo un aggregato di attese e di impegni che trovano il loro fondamento
    non solo nel contratto stesso, ma bensì nella relazione con l’altro. Che poi quest’altro sia un individuo come noi, un
    professionista, un’organizzazione, non importa: comunque, a prescindere dal contratto formale, ci costruiamo un insieme di
    obblighi e di aspettative al quale, poi teniamo fede. E che in effetti deriva da un altro contatto implicito e non palese che si
    struttura tra le parti, denominato contratto psicologico.
   Sintetizzando si può definire il contratto psicologico come un insieme di regole non scritte tra lavoratore e azienda, ovvero il
    complesso delle aspettative che il lavoratore ha nei confronti della propria azienda ed allo stesso tempo, l’insieme delle
    aspettative che l’azienda ha nei confronti del proprio lavoratore. Sono quindi aspettative cosiddette bidirezionali.

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Aspetti generali del contratto psicologico
   Il contratto psicologico quindi rappresenta:
        una componente necessaria della relazione di impiego;
        una serie di reciproche aspettative e bisogni derivanti da una relazione tra organizzazione e individuo;
        l’insieme di promesse, accolte da un dipendente riguardante i termini dell’accordo di scambio tra il lavoratore e la sua
         organizzazione;
        una convinzione basata sull’esistenza di una relazione di scambio tra due parti;
        una componente dinamica del rapporto tra persone e organizzazione, i cui cambiamenti si verificheranno con il passare del
         tempo;
        un fattore di fondamentale importanza nella determinazione del comportamento organizzativo.
   Il contratto psicologico è presente a livello individuale e riguarda obbligazioni reciproche; questo significa che lo stesso si basa
    sulla percezione che le rispettive controparti hanno sull’esistenza di uno scambio reciproco.
    Dal punto di vista del dipendente, questo contratto psicologico viene a crearsi dalla percezione di poter influenzare
    l’organizzazione, in modo da essere sicuro che questa non approfitti della sua posizione, ma anche di avere un ruolo attivo
    nell’organizzazione di cui fa parte.
   Questo aspetto va ad evidenziare che l’accettazione da parte del dipendente del sistema organizzativo si regge sul rispetto del
    contratto psicologico esistente tra l’organizzazione e ciascuno dei suoi membri. Se l’organizzazione non soddisfa le attese del
    dipendente, e se allo stesso tempo non può obbligarlo a restare, è probabile che il lavoratore cerchi una nuova occupazione.

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Tipi di contratto: contratto giuridico e
             contratto psicologico
 Al momento del suo ingresso in azienda, il lavoratore firma un accordo scritto, il
  cosiddetto “contratto giuridico”, che segue le disposizioni del contratto nazionale del
  lavoro.
 Il contratto giuridico definisce i diritti e i doveri delle Parti e stabilisce una serie di norme
  a cui il datore di lavoro da una parte ed il lavoratore dall’altra dovranno attenersi.
 Il riferimento normativo è l’art. 2094 del codice civile secondo cui è:
   “È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare
 nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la
                                 direzione dell'imprenditore”
 Contemporaneamente, il lavoratore ed il datore di lavoro firmano un accordo “mentale”
  non scritto, il cosiddetto contratto psicologico, ovvero il complesso delle aspettative che
  il lavoratore nutre nei confronti dell’azienda e, allo stesso tempo, il complesso delle
  aspettative che il datore di lavoro ha nei confronti di un proprio collaboratore. Il contratto
  psicologico, a differenza di quello giuridico, ha una natura molto più fluida e si evolve nel
  tempo in relazione ai cambiamenti sociali e culturali

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Tipologie di contratto psicologico
   Dalla Rousseau vengono individuati due tipi ideali di contratto psicologico: il contratto transazionale e quello relazionale. Un
    contratto psicologico transazionale è fondato sullo scambio economico ovvero su obblighi monetizzabili che interessano un
    limitato arco di tempo e non prevedono un intenso coinvolgimento da parte degli attori sociali. Questa tipologia di contratto
    prevede livelli d’impegno bassi da parte dell’organizzazione e una bassa integrazione. Un contratto psicologico relazionale
    riguarda invece impegni e accordi a lunga durata, non traducibili completamente in compiti specifici e ben quantificabili in
    termini monetari; tali impegni presuppongo l’esistenza di una relazione più profonda tra gli attori sociali.
   Più dettagliatamente, si individuano ulteriori quattro tipi di contratti distinguibili tra loro in base al livello contrattuale
    (individuale o di gruppo), e da chi è percepito il contratto (parte contrattuale o parte non contrattuale):
        contratto implicito: si riferisce all’interpretazione di un soggetto in relazione ad un accordo di scambio che coinvolge altri
         individui;
        contratti normativi: sono legati sia al tipo di accordo collettivo, che al contratto personale. I membri di un’unità sociale,
         come un dipartimento o di una squadra, condividono un insieme di contratti psicologici con un’altra parte (un supervisore o
         più in generale l’azienda);
        contratti sociali: ovvero accordi non formali a cui, ad esempio, tutti i dipendenti aderiscono. Sono basati sulla condivisione
         di credenze collettive riguardo a comportamenti appropriati da tenere all’intero di una società;
        contratto psicologico: insieme delle aspettative che il lavoratore assume nei confronti dell’azienda e le aspettative che
         l’azienda assume nei confronti del lavoratore.

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Le controparti del contratto e le aspettative reciproche
   I soggetti coinvolti nel contratto psicologico sono:
        il dipendente, ovvero il soggetto che attraverso la stipulazione di un contratto di impiego, svolge un’attività
         lavorativa alle dipendenze di un altro soggetto cioè il datore di lavoro;
        il datore di lavoro, ovvero l’organizzazione.
   È opportuno parlare di reciprocità solo nel momento in cui si personifica l’organizzazione: i dipendenti, vedono
    le azioni compiute dalle figure intermediarie che si trovano nella condizione di poter comunicare ai dipendenti
    promesse riguardanti impegni futuri come intraprese dall’organizzazione stessa. Bisogna però sottolineare che
    l’organizzazione è in realtà identificata con il datore di lavoro, ovvero il soggetto che sta al vertice della
    struttura; per questo dato che l’azienda non può essere considerata una singola identità, la figura intermediaria è
    in grado di rappresentare solo una parte dell’organizzazione e non la figura del datore di lavoro nel suo insieme.
   Il contratto psicologico prende vita all’interno di un ambiente dinamico: le organizzazioni sono composte da una
    moltitudine di individui, con propri ruoli e prospettive. Il contratto psicologico viene definito come accordo
    volontario stipulato liberamente. Generalmente il contratto ideale è quello che prende in considerazione le
    aspettative del dipendente e del datore di lavoro. Spesso i contratti sono incompleti a causa dell’obbligo di far
    ricorso alla razionalità e dall’altra per il continuo cambiamento dell’ambiente organizzativo che rende
    impossibile specificare tutte le condizioni su un unico fronte.
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   I lavoratori stipulano il contratto psicologico per ragioni differenti: il contratto contribuisce a ridurre
    l’incertezza, riduce la necessità di supervisione organizzativa e attraverso il contratto psicologico, i
    dipendenti hanno l’impressione di riuscire ad influenzare il proprio destino all’interno
    dell’organizzazione.
   A questo punto appare opportuno chiedersi quali sono esattamente i contenuti del contratto
    psicologico. Dalla definizione data precedentemente dalla Rousseau, ricordiamo che il contratto
    psicologico è l’insieme delle credenze e delle aspettative dell’individuo riguardo gli obblighi
    reciproci esistenti tra l’individuo stesso e la sua organizzazione .
   Quali sono però precisamente gli obblighi reciproci che sono l’elemento centrale del contratto
    psicologico? Cosa l’organizzazione deve al dipendente e cosa quest’ultimo deve all’organizzazione
    in cui lavora? (Figura 2)
    Quali sono gli elementi che creano soddisfazione del dipendente e di conseguenza equilibrio nel
    contratto psicologico? (Figura 3)

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Queste sono alcune delle aspettative che
il lavoratore si assume nei confronti della
propria organizzazione, e viceversa, ma
potrebbero esisterne altre. Va considerato
inoltre che queste sono soggette a
cambiamento, perché la reazione di
scambio tra dipendente e organizzazione
potrebbe subire delle variazioni nel
tempo a causa di fattori esteri, come per
esempio cambiamenti organizzativi o
crisi economiche.

                                                  FIGURA 2- ASPETTATIVE DEL DIPENDENTE E ASPETTATIVE
                                                                     DELL’AZIENDA

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Va sottolineato che esiste una relazione
direttamente     proporzionale      tra  la
soddisfazione del dipendente e la sua
performance. La performance aziendale
non      dipende      dalla     performance
dell’amministratore, ma dipende dalla
performance di ciascun dipendente
(performance individuale).
Più il lavoratore è soddisfatto più aumenta
la sua prestazione, e di conseguenza
aumenta la prestazione aziendale.

                                                   FIGURA 3- EQUILIBRIO NEL CONTRATTO PSICOLOGICO.

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Come misurare il contratto psicologico
   Dopo aver definito che cosa è il contratto psicologico risulta importante come si riesce a misurarlo. Rousseau ha
    individuato tre tipi principali di misurazione.
   Il primo tipo di misurazione è orientato ai contenuti ed analizza appunto il contenuto del contratto psicologico, includendo i
    termini e le relazioni tra essi. Questi contenuti sono stati differenziati in tre modi: aspetti specifici, aspetti compositi e
    classificazioni nominali. Viene così valutata la forma del contratto psicologico, se transazionale o relazionale

        aspetti specifici, focalizzandosi sugli elementi individuali del contratto, ovvero sugli obblighi che i lavoratori
         percepiscono di avere verso l’azienda, e gli obblighi che gli stessi datori di lavoro hanno nei loro confronti;

        aspetti compositi, cioè l’insieme di obblighi discreti che, combinati, formano scale di misurazione utili ad analizzare
         contenuti più ampi del contratto psicologico;

        classificazioni nominali, cioè tipologie significative dove chi risponde deve indicare quale categoria meglio riflette le
         loro comprensioni della relazione di impiego.
   Il secondo tipo di misurazione è orientato alle caratteristiche del contratto psicologico associando il contratto ad alcuni
    attributi o dimensioni. Questi ultimi sono attributi indipendenti dai contenuti del contratto, ma hanno forte impatto su esso,
    come per esempio il grado secondo cui il contratto è implicito o esplicito, o secondo cui è stabile o instabile lungo il tempo.
    La natura della relazione tra le parti potrebbe essere legata quindi a specifiche caratteristiche del contratto.

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   Il terzo tipo di misurazione è orientato alla valutazione del contratto psicologico. Le valutazioni
    riguardano il mantenimento delle promesse fatte, la violazione da parte dell’organizzazione del
    contratto psicologico e il cambiamento dei contenuti del contratto psicologico. Le valutazioni
    riguardano il mantenimento delle promesse fatte, la violazione da parte dell’organizzazione del
    contratto psicologico e il cambiamento dei contenuti del contratto psicologico.
   Ci si aspetta che l’adempimento delle promesse fatte e la violazione risultano negativamente
    correlate, ma la violazione appare riflettere un singolo evento o un particolare episodio all’interno
    della relazione lavorativa, che non risulta incompatibile con la positiva valutazione dell’adempimento
    degli obblighi.
   Adempimento del contratto e violazione possono coesistere.

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Clima organizzativo

   La qualità del clima organizzativo ha conseguenze molto concrete sui risultati che un’azienda è in
    grado di conseguire, per questo è importante saperlo rilevare per comprenderlo ed eventualmente
    cambiarlo.
   Per clima organizzativo si intende una costruzione psicologica che si riferisce a percezioni sviluppate
    dalle persone nei riguardi dei proprio ambienti di lavoro. Dal punto di vista dinamico il clima è,
    contemporaneamente il risultato e il determinante del comportamento degli individui e dei gruppi
    all’interno della struttura aziendale.
   Con questo concetto si intende far riferimento ad un insieme di percezioni, credenze e sentimenti che i
    lavoratori elaborano rispetto alla loro organizzazione, è chiaro come, data la varietà dei punti di vista
    personali, ricostruire l’effettivo clima di un’ambiente sia un lavoro assai delicato.
   La percezione del clima deriva da una serie di elementi: la percezione collettiva che le persone hanno
    dello spirito della loro organizzazione, ciò che risulta dall’interazione tra individui, ciò che riflette la
    cultura in atto dell’azienda, i suoi valori e i suoi atteggiamenti, ciò che influenza il comportamento
    delle persone.

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   Ci sono diversi aspetti che compongono il clima organizzativo:
     1.   importanza e speranza, con cui si chiede ai soggetti quali sono i problemi e le soluzioni più
          importanti nella loro organizzazione
     2.   credibilità, con cui si chiede ai soggetti di definire il livello di fiducia dei protagonisti della loro
          organizzazione;
     3.   stili di comando, con cui si chiede ai soggetti di definire lo stile di comando vigente nella loro
          organizzazione;
     4.   sentimento del potere, con cui si chiede ai soggetti di esprimere la percezione del potere;
     5.   sentimento di stress, con cui si chiede ai soggetti di esprimere sulla capacità di soddisfare le
          richieste dell’organizzazione;
     6.   livello di socializzazione, con cui si chiede ai soggetti di mostrare i loro comportamenti prevalenti;
     7.   sentimenti di giustizia, con cui si chiede ai soggetti di esprimere la loro percezione di essere trattati
          con giustizia o meno nel loro ambiente di lavoro;
     8.   spazio prossemico, con cui si chiede ai soggetti di definire il grado di libertà e di movimento che
          percepisce nel proprio ambiente di lavoro, cioè se il suo lavoro gli va “stretto o largo”.
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Per leggere la realtà aziendale bisogna rifarsi al quotidiano, alla vita di ogni
       giorno: i pensieri che passano per le teste, le parole che si dicono, i
 comportamenti che si vedono agire. Questo perché sono gli uomini che fanno
  l’azienda, non viceversa. Finché saremo prigionieri della convinzione che
     l’azienda è solo un luogo di produzione non potremo cambiarla; è poi
   conseguenza di ogni cambiamento positivo un’aumentata motivazione degli
operatori, più produttività e più qualità dei servizi erogati. E va favorito un altro
    aspetto meno conosciuto, quello della protettività, ovvero della capacità
   dell’azienda di proteggere i suoi dipendenti da ansie e conflitti interni. Lo
     strumento di indagine per sondare queste tematiche è l’analisi di clima
                                   organizzativo.

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Gli approcci allo studio del clima

   L’approccio strutturale
   L’approccio percettivo
   L’approccio interattivo
   L’approccio culturale

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L’approccio strutturale                            L’approccio percettivo
   Questo tipo di approccio definisce il clima        L’approccio percettivo, invece è più legato alla psicologia (è
    una caratteristica dell’organizzazione, un          detto anche infatti” approccio percettivo/psicologico”).
    suo attributo. È una caratteristica                 Mentre l’approccio strutturale faceva nascere il clima dalla
    appartenente      all’azienda,    ed   esiste       costituzione e dalle proprietà dell’organizzazione, questo si
    indipendentemente         dalle    percezioni       pone in posizione opposta, sostenendo che origina
    individuali dei membri. Secondo questo              dall’individuo e dagli aspetti che per lui sono significativi: le
    punto di vista le condizioni esistenti nella        persone reagiscono alle situazioni non solo sulla base degli
    struttura sono la chiave degli atteggiamenti,       eventi oggettivi, ma anche e soprattutto su quegli aspetti che
    dei valori e delle percezioni che i suoi            sono psicologicamente significativi per loro. Secondo questa
    membri ne hanno. Se accettiamo questa               teoria, la persona percepisce il contesto organizzativo e se ne
    spiegazione significa che le persone                crea una rappresentazione psicologica tramite processi, fra i
    incontrano ed acquisiscono il clima della           quali comunicazioni, la leadership, il modo in cui vengono
    struttura dove operano.                             prese le decisioni nell’azienda. In questo caso si potrebbe, più
                                                        giustamente, parlare di clima psicologico, definito come una
                                                        descrizione del contesto fondata su basi percettive ed
                                                        elaborazioni psicologiche, o anche una percezione basata
                                                        sull’esperienza e condivisa dai membri di un’azienda.
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L’approccio interattivo
   L’approccio interattivo è molto interessante perché riguardo al clima si fonda sulle interazioni degli
    individui. Non crede che l’origine del clima si debba trovare solo nelle caratteristiche dell’organizzazione
    e nemmeno che sia stabilito soltanto dagli umori delle persone che la frequentano: sono i rapporti, le
    relazioni, le interazioni in risposta al contesto ad esserne la fonte.
   La situazione dell’azienda viene rappresentata nel modo in cui viene vista da coloro che hanno rapporti
    con essa.
   Questo modo di vedere riconosce che i processi relazionali generano significato e si fondano
    sull’interazione tra il contesto oggettivo (approccio strutturale) e la consapevolezza soggettiva (approccio
    percettivo). Questa la differenza più interessante in confronto agli assunti precedenti: si conciliano i
    concetti di realtà oggettiva e soggettiva, proponendo un modello attraverso il quale il significato origina
    dai rapporti.
   Le ricerche effettuate dimostrano che la comunicazione è la componente centrale che contribuisce alla
    formazione del clima, che diventa la raffigurazione dell’iterazione esistente tra i membri di un gruppo.
    Con questa teoria ci si avvicina ad una visione più complessa e più completa dell’argomento: quel che
    mancava, e che l’approccio interattivo ha introdotto, è la definizione del tipo di comunicazione in atto.

                                  Comportamento manageriale A.A 2018-2019
L’approccio culturale

   L’ultimo approccio è quello culturale, il quale insegna che le persone interpretano e
    definiscono la realtà tramite la reazione di una cultura organizzativa.
   La cultura viene definita come l’insieme degli assunti di base scoperti e sviluppati da un
    gruppo imparando a risolvere problemi.
   Tali assunti si sono rivelati validi a tal punto di essere considerati valori e quindi da essere
    insegnati ai nuovi membri, come il modo corretto di percepire, pensare e sentire in relazione a
    quei problemi.
Cultura e clima
  Le organizzazioni oltre ad essere fatte da norme e da strutture, sono composte da stati d’animo, da emozioni e da climi.
  Rappresentano quindi anche un fattore psicologico, soggettivo, composto da una quantità di emozioni, percezioni,
  motivazioni ed aspettative. Analizzare ed intervenire su un’organizzazione significa perciò trattare anche queste dimensioni
  soggettive e quindi tenere conto del clima organizzativo. Il gruppo è la sede privilegiata del clima.

                                        Il clima: soddisfazione e benessere

Anni fa il mondo del lavoro era ancora dominato dall’idea di dipendenza ed il rapporto con gli uomini era quello di chi doveva
vivere nel bisogno del collettivo, ovvero dell’organizzazione/azienda. Il soggetto quindi era disposto all’ insoddisfazione e al
quasi sicuro mancato soddisfacimento dei propri bisogni al fine di privilegiare quelli dell’organizzazione. Oggigiorno si sta
procedendo verso un cambiamento: dalla società dei bisogni del collettivo alla società del desiderio di comunità. Anche nel
mondo organizzativo, si sta avvertendo una trasformazione del “sentimento dell’organizzazione”. La grande svolta che si sta
verificando risulta essere che i cambiamenti derivino dal benessere degli uomini: un soggetto che “sta bene” risulta essere più
potente di un soggetto che “sta male”. L’interesse per il proprio lavoro, la voglia di contare nelle decisioni dell’organizzazione,
quindi la soggettività, sono le basi su cui porre la ricerca del proprio benessere. Con questi presupposti, il lavoro futuro, non
potrà più essere concepito come sgradevole, ma bensì potrà essere considerato come gradevole, progettato e realizzato con
questo obiettivo. Il clima all’interno dell’organizzazione e le relazioni interpersonali sono state considerate come fonte di
soddisfazione.

                                        Comportamento manageriale A.A 2018-2019
Clima e cultura: differenza e connessioni

Com’è influenzata la realtà aziendale dal clima e dalla cultura?
Il clima come la cultura è una presenza costante nelle organizzazioni, non è visibile ma ha effetti sul loro funzionamento
perché influenza i comportamenti delle persone. La cultura è alla base delle relazioni sociali, nel tempo ha assimilato
tanti significati, credenze che compongono le relazioni umane. Il clima agisce più che altro a livello di atteggiamento e
di valori, la cultura opera anche ad altri livelli come quello ideologico e filosofico.
Il clima psicologico ha una cornice di riferimento personale, mentre la cultura ha una cornice di riferimento
organizzativo. Questo perché quando si misura il clima psicologico si analizzano valori, preferenze e norme
comportamentali relativi agli individui, mentre quando si misura la cultura organizzativa, si esaminano valori e norme
relativi all’organizzazioni. Si può dire che clima e cultura dell’azienda sono strettamente interconnessi, benché
diversi. Infatti, questi, condividono tre orientamenti fondamentali: entrambi affrontano il problema dei contesti sociali
intesi come prodotto di interazione individuale e come influenza sull’interazione stessa; entrambe sottolineano la
natura stratificata sia della cultura che del clima; entrambe presentano l’oggetto del loro studio come un fenomeno
globale, una caratteristica di ciascuna organizzazione nel suo insieme. La loro azione si presenta in momenti alterni: il
clima vero e proprio si esprime nei gesti, nelle espressioni quotidiane, negli atteggiamenti del lavoratore, mentre la
cultura è un insieme di concetti non detti ma presenti, impliciti nell’organizzazione. La cultura di un’azienda è l’archivio
dei suoi significati, dei valori collettivi che si possono individuare solo entrando strettamente in contatto con essa,
oppure quando possibile assistendo a mostre o filmati o dichiarazione di intenti .

                                    Comportamento manageriale A.A 2018-2019
Misurazione del clima organizzativo e miglioramento
                           della vita lavorativa
   Dobbiamo considerare che benessere e realizzazione sono fortemente correlati ed interconnessi, potremmo dire infatti che la
    realizzazione personale passa anche attraverso la realizzazione in ambito professionale. È per questo che nelle statistiche rilevate
    sulla percezione individuale del benessere lavorativo, con un’alta percentuale si rilevano risposte come: “fare ciò che mi piace”,
    “svolgere ruoli e mansioni che senti miei” ecc.… Parlare di benessere lavorativo vuol dire, innanzitutto, occuparsi personalmente
    e attivamente della propria carriera, costruirsi un proprio progetto lavorativo, un percorso da seguire.
   L’analisi del clima organizzativo è condotta secondo il metodo della ricerca-intervento: si raccolgono e analizzano i dati allo
    scopo di intervenire sul sistema osservato.
   L’atto di effettuare un’analisi del clima porta effetti positivi sul clima stesso, poiché indica preoccupazione da parte dell’azienda
    verso il benessere dei dipendenti.
   Attraverso una diagnosi di clima organizzativo è possibile individuare i punti di forza e le aree di criticità di un’organizzazione e,
    al contempo, rendere i dipendenti consapevoli e partecipi dei problemi del loro ambiente lavorativo al fine di individuare delle
    soluzioni operative per il miglioramento della vita lavorativa.
   Sul mercato si possono trovare strumenti e metodi di differente impostazione e allo stesso modo possono variare gli strumenti
    proposti.
   Esistono approcci tailor made e approcci ready made. I primi si riferiscono ad una ricerca-intervento costruita su misura per la
    realtà organizzativa studiata, i secondi, invece, prevedono l’utilizzo di metodologie e strumenti standardizzati, e quindi
    applicabili su diverse realtà aziendali.

                                            Comportamento manageriale A.A 2018-2019
Quando si parla di buon clima organizzativo?

   Sicuramente alla base deve esservi un’ambiente sereno dove gli impiegati possono svolgere le loro
  mansioni con impegno e soddisfazioni, ma non basta. Oltre ad un generico ambiente positivo, si deve
     creare una sensazione precisa: quella per cui la persona senta che la sua unicità è accettata ed
     apprezzata. Lo scopo del datore di lavoro dovrebbe essere di fare tutto il possibile per creare al
 dipendente un’ambiente dove possa esprimere le proprie abilità, capacità ed attitudini. Se si vuole che
un dipendente si senta parte viva dell’organizzazione dobbiamo dargli lo spazio necessario per essere sé
  stesso, per usare creativamente sul lavoro i tratti specifici del suo carattere. Una situazione, dunque,
nella quale una buona combinazione di sostegno, autonomia, giusta ricompensa degli sforzi, capacità di
innovare e un orientamento di valore che tenga conto della personalità, porti la persona a percepire che
                          la migliore strategia di adattamento è essere sé stessi.

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Vantaggi derivanti da una corretta gestione del
                         contratto psicologico
   Nell’economia della conoscenza, dell’attenzione e dell’esperienza, è necessario che le risorse umane siano motivate,
    coinvolte, impegnate e identificate nel proprio lavoro. Molte aziende oggi puntano sulla gestione della relazione con
    le risorse umane per conseguire un vantaggio competitivo non inimitabile e duraturo.
   I responsabili delle risorse umane hanno un ruolo primario nella gestione di questa relazione che va oltre l’aspetto
    amministrativo e coinvolge soprattutto l’aspetto emotivo, psicologico e comportamentale; questo implica
    necessariamente la gestione di quello che abbiamo definito contratto psicologico.
   Non ci sono mezzi coercitivi per far rispettare il contratto psicologico; quando si crea il coinvolgimento ovvero un
    legame interno tra il dipendente e l’azienda, aumenta l’impegno e l’identificazione del lavoratore
    nell’organizzazione e, solo allora, si va ad assolvere il contratto psicologico.
   Se il responsabile delle risorse umane effettua una gestione corretta e orientata delle risorse umane, queste saranno
    coinvolte al punto di generare un vero e proprio vantaggio competitivo per l’impresa, poiché il coinvolgimento
    agiste come effetto leva sulla motivazione, commitment, sull’incremento delle competenze e delle skills,
    migliorando le performance individuali che influiscono positivamente sulle performance aziendali.
   Affinché le risorse umane creino valore per l’impresa, la direzione delle risorse umane deve adottare una politica di
    gestione coerente con la struttura organizzativa e con la strategia aziendale, che a sua volta deve essere coerente con
    la cultura aziendale implementata nell’azienda; in caso contrario si andrebbero a creare delle incongruenze che
    potrebbero incidere negativamente sulle performance economico-finanziarie aziendali.

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   Un’impresa che considera le risorse umane, il fulcro centrale dell’organizzazione, deve adottare una
    strategia e una struttura organizzativa che riconoscano il valore generato dalle persone e che ne
    valorizzino il potenziale
   Un altro aspetto che influisce fortemente sulle performance delle risorse umane è la cultura aziendale
    che deve essere orientata a coinvolgere le persone, adottando valori e principi che permettano alle
    persone di identificarsi nell’organizzazione stessa. Le persone quando sono coinvolte tendono ad
    identificarsi con l’organizzazione di cui fanno parte, incidendo positivamente sulla stimolazione delle
    motivazioni e dell’impegno. Il mancato coinvolgimento, invece, determina disimpegno
    manifestandosi sotto forma di assenteismo ed elevati tassi di turnover comportando costi aggiuntivi,
    rispetto a quelli già sostenuti per l’azienda; ma soprattutto il mancato coinvolgimento riduce la qualità
    della performance individuale incidendo negativamente sulla soddisfazione dei clienti.
   Quando le risorse umane sono soddisfatte e appagate dal proprio lavoro riescono a fornire
    performance più elevate che influiscono sul livello di soddisfazione dei clienti traducendosi in un
    miglioramento delle performance aziendali; questo processo va ad alimentare un circolo virtuoso per
    l’azienda che, conseguendo il miglioramento della performance economico-aziendale e comunicando
    ai responsabili delle risorse umane (che a loro volta lo faranno a cascata sui dipendenti) l’importanza
    del loro contributo nella realizzazione del risultato, ne incrementano il coinvolgimento.

                            Comportamento manageriale A.A 2018-2019
Una strategia vincente per la corretta gestione
                            del contratto psicologico

   Nel mondo del lavoro di oggi, le regole sono completamente cambiate. Nel nuovo patto aziendale non ci sono più
    impegni di lungo termine e non ci sono più responsabilità condivise. Oggi i dipendenti sono fedeli all’azienda solo
    nella misura in cui ne ricavano benefici personali. Alla sicurezza del posto di lavoro si sostituisce la sicurezza della
    carriera. Per attrarre i collaboratori più validi e più brillanti, un management accorto deve fornire le opportunità di
    carriera che ne accrescano le competenze, deve aiutarli a gestirsi la carriera e offrire loro una serie di benefici.
   Per tali motivi si arriva così a parlare del nuovo contratto psicologico tra lavoratore e datore di lavoro.
   Comprendendo il ruolo fondamentale che i professionisti delle risorse umane giocano su questo terreno, le aziende
    hanno cominciato a costruire delle opportunità autogestite di formazione e sviluppo per i lavoratori, oltre a dare loro la
    possibilità di scegliersi i benefici. Inoltre, i lavoratori sono diventati più attenti alla crescita professionale. Di
    conseguenza oggi il rapporto di lavoro assomiglia di più a una “partnership strategica” in cui entrambi le parti si
    promettono un impegno reciproco e quando l’impegno viene meno il rapporto si conclude.
   Questo panorama però continua a cambiare con estrema rapidità. Anche le aziende più evolute si ritrovano a
    modificare e ridisegnare le loro politiche e le loro pratiche di gestione delle risorse umane con straordinaria frequenza.

                                       Comportamento manageriale A.A 2018-2019
   L’evoluzione di una cultura basata sul comando e sul controllo a un nuovo modello
    organizzativo basato sui team e sulla condivisione delle conoscenze non è frutto del caso.
    L’informatica-posta elettronica, scambio di informazioni sui i network interni e il web- ha
    modificato le possibilità e le capacità. Ha reso indispensabile la collaborazione e ha consentito
    alle aziende di riorganizzare il lavoro e i processi per ridurre le strutture amministrative. La
    tecnologia sta producendo un cambiamento enorme. Nel mondo di oggi i manager devono
    facilitare la diffusione delle conoscenze e fungere da coach per stimolare e sviluppare le capacità
    dei team.
   Per mettere in atto il contratto psicologico, bisogna che la funzione risorse umane si renda
    conto che le parole fedeltà e impegno assumono oggi un significato diverso rispetto a
    quello che avevano le generazioni precedenti.
   Oggi giorno l’importanza degli edifici, delle materie prime e dei trasporti impallidisce
    rispetto all’intelligenza e alla proprietà intellettuale. Al centro c’è il capitale umano: le
    conoscenze, le competenze, l’esperienza e la capacità e i rapporti personali tra
    collaboratori. Questo patrimonio immateriale aiuta l’organizzazione a soddisfare i bisogni
    dei clienti e crea una maggior ricchezza per tutti.

                             Comportamento manageriale A.A 2018-2019
FIGURA 4- RECIPROCITÀ BILANCIATA

   Una realtà con cui molte aziende non hanno ancora fatto i conti è che i diversi lavoratori
    richiedono patti diversi. I lavoratori in base a quale sia il livello di competenza o il loro lavoro per
    l’organizzazione, vogliono un patto più flessibile con il datore di lavoro. Per essere efficaci al
    massimo, una strategia di gestione delle risorse umane deve tener conto del lavoro da fare e dei
    bisogni delle diverse competenze lavorative, per poi identificare il contributo dato da ciascuna di
    esse.

                             Comportamento manageriale A.A 2018-2019
La violazione del contratto psicologico

E’ un tema che si è trovato recentemente al centro dell’attenzione, a causa dei forti cambiamenti che
hanno subito le organizzazioni negli ultimi decenni.
Le nuove tecnologie e le nuove sfide di produttività imposte dal mercato hanno comportato profondi
mutamenti nell’organizzazione del lavoro, come l’occupazione a tempo determinato o part-time, che
richiedono al lavoratore la capacità di sviluppare competenze sempre più versatili per adeguarsi alle
pressanti condizioni lavorative. Tutto questo non pesa soltanto nelle mansioni del lavoratore ma
anche sui rapporti lavorativi tra dipendente e datore di lavoro.
La violazione del contratto psicologico si verifica quando una parte percepisce che l'altra ha mancato
di adempiere ai propri obblighi o promesse.

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Differenza tra rottura e violazione

   La ROTTURA rappresenta l’aspetto cognitivo, legato alla presa di coscienza da parte del
    lavoratore del fatto che l’organizzazione non ha soddisfatto degli obblighi.

   La VIOLAZIONE rappresenta l’aspetto emotivo ed affettivo, una combinazione di emozioni
    di delusione e rabbia derivanti dal mancato percepimento di ricevere i risultati attesi e
    desiderati, che deriva da un processo interpretativo di natura cognitiva.

                       Comportamento manageriale A.A 2018-2019
La percezione di rottura è una valutazione soggettiva e può derivare:

       Rinnegamento avviene quando un responsabile dell’organizzazione rompe
        consapevolmente una promessa fatta ad un collaboratore.

       Incongruenza avviene quando un dipendente o un responsabile hanno differenti
        concezioni riguardo una promessa.

Entrambe le situazioni possono portare a percepire qualcosa di incompiuto, creando una
discrepanza tra ciò che è stato promesso e cosa è stato realmente ricevuto.

                        Comportamento manageriale A.A 2018-2019
Tutto ciò si basa sul principio di equità: più grande è la percezione di squilibrio o di discrepanza
tra i contributi delle due parti, maggiore sarà la percezione di rottura o violazione.

Anche la teoria dello scambio sociale dimostra che un dipendente rimane in un'organizzazione più a
lungo quando percepisce un equilibrio tra ciò che l'organizzazione fornisce (salario, sicurezza, status
sociale) e ciò che il dipendente dà all’organizzazione (sforzo, esperienza, abilità).

                            Comportamento manageriale A.A 2018-2019
Un terzo elemento che contribuisce alla rottura è la vigilanza.

Vigilanza       il grado col quale un dipendente monitora attivamente l'organizzazione, è legata a tre
fattori:

       l'insicurezza;
       la quantità di fiducia tra dipendente e organizzazione;
       i costi percepiti di scoprire che la promessa non è stata mantenuta.

I dipendenti vigilanti avranno grandi probabilità di individuare casi di vera violazione del contratto,
ma essendo alla ricerca di una violazione, possono essere più propensi a percepire che
l'organizzazione non ha rispettato un obbligo anche quando mancano le prove oggettive

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Conseguenze della violazione
La violazione del contratto psicologico ha diversi esiti negativi percepiti sia a livello organizzativo sia a
livello individuale.
A livello individuale può suscitare sentimenti negativi:
       tradimento,
       rabbia,
       angoscia
       risentimento
       sfiducia, che porta a sentimenti di tradimento e desiderio di vendetta
       disturbi fisici come tensione, ansia, insonnia, stanchezza, depressione, burn out e rigidità dei
        muscoli e delle articolazioni

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A livello organizzativo:

       Insoddisfazione lavorativa
       calo dell’impegno
       assenteismo
       turnover
       licenziamento

Sono tutti comportamenti dannosi per l'efficacia organizzativa e che possono comportare una
perdita per l’organizzazione dal punto di vista finanziario.

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I dipendenti diventano scettici, cinici o ostili verso le iniziative dell'organizzazione, in quanto non
riescono più ad identificarsi in essa e a mantenere il loro impegno

Diventano meno propensi ad adottare i Comportamenti di cittadinanza organizzativa.

                             Comportamento manageriale A.A 2018-2019
Il modello evln
suddivide le possibili reazioni che un dipendente può adottare in caso di insoddisfazione
lavorativa:
• EXIT      l’uscita definitiva dall’organizzazione;
• VOICE       il tentativo di risolvere il problema attraverso il dialogo;
• LOYALTY         la fedeltà incondizionata verso l’organizzazione;
• NEGLECT          il dipendente lascia passivamente che la relazione si deteriori attraverso
situazioni di assenteismo, ritardi, aumento degli errori sul lavoro ecc.
Nel 2007, viene introdotta una quinta reazione:
 CINISMO         è un atteggiamento caratterizzato da frustrazione, sfiducia, disillusione e
sentimenti negativi verso individui, gruppi, ideologie o istituzioni

                            Comportamento manageriale A.A 2018-2019
Sono tre i fattori che possono fare la differenza:

   soddisfazione lavorativa: incoraggia le risposte costruttive. Se il dipendente insoddisfatto
    era soddisfatto in precedenza, è probabile che agisca passivamente (loyalty) o attivamente
    (voice) per ripristinare l'equilibrio;
    costi di uscita: hanno un aspetto economico (di solito costringe il dipendente a restare) e
    un aspetto psicologico (il dipendente può reagire con lealtà verso l’azienda o con il
    licenziamento)
   alternative lavorative: aumenta l'autonomia del dipendente e lo rende più propenso al
    licenziamento, mentre in caso di assenza di alternative, il dipendente può restare nella
    speranza che la situazione migliori (loyalty) o peggiori (neglect)

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Grima e Glymann (2012) hanno teorizzato due nuove opzioni:

        l’uscita immaginata (imagined exit)          meditare di andarsene ma
        senza farlo realmente, vista come una strategia di adattamento per sfuggire
        alla realtà;

        la negligenza brutale (brutal neglect)          lasciare che la situazione si
        deteriori attraverso una condotta inaccettabile (es. aggressioni).

                          Comportamento manageriale A.A 2018-2019
e il datore di lavoro?
Sono stati segnalati tre diversi tipi di violazione:
       furto         è una considerevole minaccia. I datori di lavoro in questo caso sono
        stati costretti ad adottare un approccio più formale, monitorando i dipendenti e
        creando forti tensioni sui rapporti di lavoro;
       licenziamento improvviso            crea forte pressione sui dipendenti rimasti che
        sono costretti a ricoprire l’incarico dell’ex collega, fino all’arrivo di un nuovo
        sostituto;
       rifiuto a svolgere le proprie mansioni

                              Comportamento manageriale A.A 2018-2019
La principale preoccupazione di un datore di lavoro è cercare di limitare i danni, sia per il buon
funzionamento della sua impresa, sia per non perdere credibilità agli occhi dei suoi dipendenti. Ciò
non toglie però che essi non possano provare anche reazioni personali attraverso emozioni come
shock, rabbia, tradimento e turbamento.

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Il mobbing

Forma di terrore psicologico sul posto di lavoro, esercitata attraverso
comportamenti aggressivi e molesti da parte di colleghi o superiori.

Le principali determinanti del mobbing sono:
       carenze dell’organizzazione del lavoro
       comportamento inefficace della leadership
       cattivo clima aziendale.

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Le fasi del mobbing
   Prima fase: il conflitto è generalizzato e occasionale e non ha l’obiettivo di colpire una persona
    precisa;
   Seconda fase: il conflitto da generalizzato diventa mirato e personalizzato. La vittima (il
    mobbizzato) cade in una vera persecuzione, in cui viene letteralmente accerchiato e aggredito
    intenzionalmente da aggressori (i mobber) attraverso strategie comportamentali volte alla sua
    distruzione psicologica, sociale e professionale;
   La terza fase: la vittima denuncia la situazione, rendendola formale ed ufficiale. Gli aggressori
    colgono l’occasione per identificare il mobbizzato come soggetto problematico, ridefinendo la
    situazione a loro vantaggio;
   Ultima fase: la depressione porta la vittima a cercare l'uscita con le dimissioni o licenziamento,
    oppure con esiti ben più gravi come il suicidio, la vendetta sul mobber, l’omicidio o lo sviluppo di
    manie ossessive.

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Il processo risolutivo della rottura del
              contratto psicologico
Il principale fattore motivazionale che influenza il comportamento del lavoratore vittima della
violazione è costituito dalla probabilità che la rottura del contratto possa essere risolta.
L'autoregolamentazione è alla base dei processi psicologici associati al contratto psicologico di un
individuo. Essa è una guida interna al sistema attraverso la quale gli individui raggiungono o
mantengono i loro obiettivi reagendo alle esperienze che devono affrontare durante il proprio lavoro.
Il lavoratore seguirà il processo di autoregolamentazione fino a quando la discrepanza percepita
diminuisce al punto in cui le esperienze attuali con il datore di lavoro si allineano con le proprie
aspettative del contratto psicologico e gli effetti negativi derivanti dalla rottura del contratto
psicologico non esistono più. A quel punto, ritorna il normale funzionamento nell’organizzazione.
Il sistema di autoregolamentazione persegue due obiettivi interconnessi nella ricerca della
risoluzione.

                           Comportamento manageriale A.A 2018-2019
Il primo obiettivo è la riduzione della discrepanza tra il contratto psicologico originale e le
esperienze reali con il datore di lavoro (ad es. rimedi o offerte del datore di lavoro).
Il secondo obiettivo è la riduzione o l'eliminazione degli effetti negativi scaturiti dalla violazione.
Questi obiettivi sono perseguiti attraverso due sistemi di feedback.
Il primo sistema di autoregolamentazione è il ciclo di feedback di discrepanza, che monitora
l’esperienza dell'individuo (ad esempio, le condizioni di lavoro attuali) tramite alcuni standard (ad
esempio, il contratto psicologico), per motivare il suo sforzo a ridurre la discrepanza negativa.
Il secondo sistema di feedback è il ciclo di meta-monitoraggio. Esso si concentra sulla riduzione
della discrepanza e sul recupero emotivo. In questo sistema il dipendente confronta la velocità
percepita per la risoluzione della violazione del contratto con la velocità che ritiene più opportuna.

                           Comportamento manageriale A.A 2018-2019
Comportamento manageriale A.A 2018-2019
Velocità di risoluzione

La velocità di risoluzione caratterizza la maggiore o minore possibilità di risoluzione della violazione
ed è un indicatore della sua efficacia.
È probabile che i dipendenti credano che la violazione possa essere risolta se il risarcimento da parte
dell’organizzazione si verifica più velocemente o uguale alle loro aspettative.
La velocità di risoluzione segnala al dipendente che l’organizzazione è consapevole della violazione e
dell'angoscia del lavoratore, e quindi aumenta la convinzione che la risoluzione è probabile.

                          Comportamento manageriale A.A 2018-2019
Responsabilità organizzativa percepita
La percezione del dipendente, riguardo la volontà dell’organizzazione di risolvere la violazione,
influenza le sue convinzioni circa la probabilità di risoluzione. La reattività dell'organizzazione ha due
componenti importanti, il riconoscimento organizzativo percepito, in cui il lavoratore ritiene che il datore
di lavoro riconosce la violazione, percepisce gli sforzi di riparazione organizzativa e crede che il datore
di lavoro stia attivamente tentando di correggere la discrepanza; e l’impegno organizzativo percepito,
ossia quanto il lavoratore ritenga che l’organizzazione si impegni attivamente per riparare la violazione.
Se l'organizzazione esprime il riconoscimento della violazione e la volontà di risolverla, il dipendente è
più propenso a credere che la risoluzione sia possibile. Anche se gli sforzi del datore di lavoro per
riparare la violazione sembrano limitati, la risoluzione può sembrare ancora possibile. Un datore di
lavoro può non essere in grado di porre rimedio a una promessa economica o offrire una promozione.
Però, riconoscendo la violazione, il datore può esprimere la volontà di perseguire la risoluzione in futuro.
Quando i dipendenti percepiscono tali sforzi di riparazione organizzativa, aumenta in loro le probabilità
di risoluzione e sono più inclini a considerare il datore di lavoro come affidabile.
Quando l'organizzazione non riconosce la violazione o segnala la volontà di non ripararla, il dipendente
tende a credere che la risoluzione sia meno probabile.

                            Comportamento manageriale A.A 2018-2019
Strategie di risoluzione
La valutazione della probabilità da parte del dipendente di risoluzione delle violazioni influisce
sulla scelta delle strategie da adottare e sugli sforzi da mettere in atto. Col passare del tempo, gli
effetti del coping possono alterare questa valutazione.
Con il termine coping ci si riferisce ai modi in cui gli individui affrontano i problemi in circostanze
stressanti. Esso comprende gli sforzi cognitivi, emotivi e comportamentali per superare le richieste
ambientali e psicologiche.
Le strategie di coping rappresentano i tentativi del dipendente di risolvere la violazione e di evitare
i fattori derivanti dallo stress.
Tali strategie possono distinguersi in:
      1. Strategie orientate ad un approccio attivo;
      2. Strategie di elusione.
Le prime si distinguono a loro volta in strategie focalizzate sul problema e strategie focalizzate
sull’evitare.
Le strategie di elusione si distinguono a loro volta in disimpegno mentale e disimpegno
comportamentale.

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Strategie orientate ad un approccio attivo

Le strategie incentrate sul problema costituiscono dei comportamenti che tentano di rimuovere un fattore di stress o di
diminuirne l'impatto. Si manifestano in comportamenti come parlare o agire per risolvere il problema e cercare consigli o altri
strumenti.
Le strategie focalizzate sull'evitare cercano di ridurre gli effetti negativi. Possono comportare una reinterpretazione positiva
della situazione e il perseguimento di un sostegno emotivo (ma non strumentale). In tali casi, i dipendenti possono esprimere
la propria delusione al proprio capo o ai colleghi senza necessariamente tentare di risolvere il problema o sollecitare soluzioni.

Strategie di elusione

Il disimpegno mentale può concretizzarsi in una riduzione delle aspettative che il lavoratore ha nei confronti della propria
organizzazione attraverso l’adozione di un atteggiamento cinico. Il disimpegno mentale rappresenta lo sforzo cognitivo che il
lavoratore compie per ridurre l’importanza della distanza percepita nel contratto psicologico, e generalmente il suo effetto si
riduce nel lungo periodo.
Il disimpegno comportamentale può concretizzarsi nella riduzione dell’impegno che il lavoratore offre alla propria
organizzazione, o anche nell’abbandonare l’organizzazione stessa. A differenza del disimpegno mentale, quello
comportamentale costituisce un concreto ed attivo cambiamento dei comportamenti che il lavoratore teneva in passato sul
posto di lavoro, al fine sia di ricostituire uno stato di equità percepita in riposta ad un trattamento percepito come non equo,
sia    di mostrare il rifiuto              rispetto a qualcosa         che il lavoratore considera non                accettabile.

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