PROGETTO APOSTOLICO 2018-2022 - AUSILIARIE DIOCESANE
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AUSILIARIE DIOCESANE PROGETTO APOSTOLICO 2018-2022 INTRODUZIONE Il Signore dona i carismi ai suoi figli per il bene del mondo, perché operino nella Chiesa, che annuncia l’avvento del Regno oggi. Non si tratta perciò di un “deposito” immobile, ma di una realtà dello Spirito, viva, in continua crescita, per poter rispondere all’oggi del mondo, della Chiesa e di coloro cui il dono è affidato. Questa consapevolezza ci ha sollecitato a rileggere la nostra chiamata di Ausiliarie Diocesane, nella concretezza della nostra vita di oggi, nel confronto con la realtà sociale ed ecclesiale in cui siamo poste, per cogliere le sollecitazioni che essa ci propone e individuare gli orientamenti e i passi cui siamo chiamate per essere fedeli a noi stesse. Per questo ci siamo mosse a partire dalla domanda: come noi Ausiliarie Diocesane portiamo oggi il Vangelo della Resurrezione e contribuiamo all’edificazione della Chiesa ad immagine di Gesù Buon Pastore? Il presente documento – dopo una breve premessa che riassume “chi siamo”, “da dove veniamo” e “dove oggi operiamo” - vuole dire il nostro slancio apostolico verso il prossimo futuro, comunicare le linee sulle quali intendiamo muoverci. 1
PREMESSA 1. Ausiliarie Diocesane: tra carisma e ministero Le Ausiliarie Diocesane sono donne dedicate a Dio nel servizio alla Chiesa locale, che è in Milano. La nostra vita è inscindibilmente segnata dalla professione dei consigli evangelici, dalla vita fraterna, dalla dedicazione a tempo pieno all’annuncio del Vangelo, che continuamente edifica e rigenera la Chiesa, e all’edificazione della Chiesa stessa, nella condivisione del ministero e della carità pastorale del Vescovo (cf. Sinodo 47°, 458 §3.a). In forza del Battesimo, di uno specifico carisma e di un mandato da parte del Vescovo, noi Ausiliarie Diocesane partecipiamo corresponsabilmente alla missione del Popolo di Dio, che è in Milano. Il nostro carisma, riconosciuto dalla Chiesa locale, trova la sua espressione sintetica in due icone neotestamentarie: le donne della risurrezione1 e Gesù buon Pastore2. L’urgenza di evangelizzare, che nasce dall’incontro col Risorto, e la carità del pastore, vissute nell’appartenenza e nel servizio alla Chiesa locale sono, dunque, le dimensioni caratterizzanti la dedicazione e la missione delle Ausiliarie Diocesane. La vita fraterna che abbiamo scelto si realizza in piccole comunità apostoliche missionarie che fanno proprie le preoccupazioni pastorali della diocesi: la comunione, vissuta in una vita ordinaria simile a quella 1 «Come le donne della resurrezione, le Ausiliarie accolgono il lieto annuncio della Pasqua come un’urgenza che impegna definitivamente la loro vita ad annunciare Gesù Signore in una testimonianza appassionata del suo Vangelo. Come le donne della resurrezione vivono la gioia messianica e la speranza pasquale proclamando Gesù vivo e presente nella storia umana ed operando perché questa storia sia, per tutti, luogo di salvezza e di santità» (Statuto 11). 2 «Chiamata a prolungare nel mondo la missione di Gesù buon Pastore, l’ausiliaria ne segue le orme con la carità pastorale e ripresenta l’amore del Padre che ama l’uomo fin quasi a perdersi per lui; seguendo la via di Gesù buon Pastore, l’ausiliaria contempla l’amore del Padre e si lascia assimilare al suo gratuito e radicale donarsi» (Statuto 15). 2
della gente, spinge alla missione e si fa essa stessa segno di relazioni evangeliche. Il servizio che ciascuna sorella svolge, anche quando è assunto personalmente, non è mai individualistico ma, ricevuto in obbedienza ad un mandato, esso è espressione della ministerialità e missionarietà dell’intero Istituto, che possiamo definire un corpo in missione. La nostra vita spirituale condivide il cammino della Chiesa ambrosiana e trova la sua fonte nel dono di noi stesse alla Chiesa, come culto spirituale. 2. La nostra “biografia” e l’oggi del nostro servizio. 2.1. La fondazione L’Istituto delle Ausiliarie Diocesane nasce negli anni in cui la Chiesa vive l’intensa stagione del Concilio Vaticano II: dalle istanze che lo sollecitano ai frutti della sua ricezione. Alla vigilia del Concilio, l’ascolto dello Spirito e il discernimento pastorale fecero profeticamente intuire all’allora Arcivescovo di Milano, il card. Giovanni Battista Montini3, il carisma delle Ausiliarie Diocesane: donne consacrate che si offrono per il servizio pastorale4. La Diocesi stessa, in quegli anni, avvertiva la necessità di un rinnovamento/novità della vita consacrata, più vicina alle parrocchie. Il card. Giovanni Colombo5 si adoperò poi per concretizzare l’intuizione del suo predecessore, diventato papa Paolo VI. Nel 1965, grazie ad alcune donne che si resero totalmente disponibili per i bisogni pastorali della Diocesi, in obbedienza al Vescovo, si costituì la prima comunità delle Ausiliarie Diocesane e si scrissero le prime regole, 3 Arcivescovo di Milano dal 1954 al 1963. 4 Penso che la nostra diocesi ha bisogno di donne consacrate, che si offrano per il servizio pastorale nelle Parrocchie, dove, pur troppo, le Suore non bastano più e vengono meno […]. Si pensa anche a creare le “Oblate diocesane”. G.B. MONTINI, Lettera a don Giuseppe Zanoni, Milano, 1961, Archivio delle Ausiliarie Diocesane, Seveso (MB). 5 Arcivescovo di Milano dal 1963-1980. 3
cercando di delinearne il profilo, non senza difficoltà, a motivo della novità dell’idea orientatrice6. Furono anni di ricerca e di scelte. Molte giovani si unirono alla piccola Comunità e questo portò ad una certa stabilità, all’apertura di comunità apostoliche e alla stesura del primo Statuto. Perciò il Cardinale ritenne giunto il momento di dare una veste giuridica alla geniale realtà7: nel 1979, ad un anno dalla morte di Paolo VI, approvò lo Statuto ed eresse l’Istituto delle Ausiliarie Diocesane. Durante l’episcopato del card. Carlo Maria Martini8, le Ausiliarie crebbero notevolmente di numero e fu portato a termine il tempo della fondazione. L’Arcivescovo promosse la stesura di un nuovo Statuto, che approvò nella Pasqua del 1998, affermando che l’Istituto è componente originale del piano pastorale della Diocesi9. A partire dalla rilettura del vissuto esperienziale, quella fu occasione per noi di maggiore comprensione della ministerialità della donna nella Chiesa e della nostra vocazione specifica all’interno della Diocesi; tempo di riflessione sull’esperienza spirituale e sul carisma e di consolidamento dell’intuizione originaria. Secondo il Codice di Diritto Canonico del 1983, l’Istituto è una Associazione Pubblica di Fedeli di diritto diocesano. 2.2. Istantanea dell’oggi Attualmente siamo 69 donne, con un’età media di circa cinquantacinque anni. Siamo presenti in Diocesi con 20 comunità, formate da 2/5 sorelle10, a servizio di circa 45 tra parrocchie, comunità pastorali e altri ambiti pastorali. 6 G. COLOMBO, Decreto di erezione a Pia Unione dell’Istituto delle Ausiliarie Diocesane, Milano, 6.08.1979, Archivio delle Ausiliarie Diocesane, Seveso (MB). 7 G. COLOMBO, Decreto di erezione a Pia Unione dell’Istituto delle Ausiliarie Diocesane, Milano, 6.08.1979, Archivio delle Ausiliarie Diocesane, Seveso (MB). 8 Arcivescovo di Milano dal 1980-2002. 9 Cfr Sinodo 47°, cost. 458, 3a e C.M. MARTINI, Decreto di approvazione dello Statuto delle Ausiliarie Diocesane, Milano, 12.04.1998, Archivio delle Ausiliarie Diocesane, Seveso (MB). 10 Tre sorelle, abitando da sole, hanno come riferimento una comunità vicina. 4
La nostra distribuzione è in sei zone pastorali e vede una maggior concentrazione nella quinta, sesta e settima. I contesti dove viviamo ed operiamo sono in larga parte di città o di quartiere periferico di Milano o paesi dell’hinterland, caratterizzati prevalentemente da povertà materiale e sociale. 2.2.1. Luoghi e modalità del nostro ministero Nella pastorale parrocchiale, condividiamo con i presbiteri e i laici il servizio pastorale; laddove è presente la comunità pastorale, siamo parte della diaconia e assumiamo responsabilità in uno o più ambiti specifici; inoltre, sono in atto esperienze in cui la nostra comunità di Ausiliarie è assunta come “riferimento istituzionale” per la parrocchia, in assenza di presbiteri residenti. Molte di noi sono impegnate nell’insegnamento della religione nelle scuole statali e paritarie di ogni grado e una nell’insegnamento accademico della teologia. Siamo presenti in uffici e attività diocesane, sia a tempo pieno che con collaborazioni mirate: nella Caritas diocesana, nella Pastorale Giovanile e FOM; nel servizio per la catechesi (Catecumenato degli adulti, itinerari di Iniziazione Cristiana, Apostolato biblico, ecc.), nella cura e nell’accompagnamento delle vocazioni (Centro Diocesano Vocazioni, Gruppo Samuele, “Salti di Qualità”, Cenacolo, ecc.); nella pastorale per le famiglie e le coppie in difficoltà (Consultori, Tribunale ecclesiastico, Acor, ecc.), ecc. Accogliendo nel tempo le sfide che il cambiamento della Chiesa e del mondo ci chiede di assumere, abbiamo aperto servizi in periferie esistenziali (Cappellanie ospedaliere e Istituti di cura e accoglienza; Centro di Accompagnamento Vocazionale; carcere, migranti e rifugiati, con attenzione particolare ai fratelli e sorelle arabi e musulmani). 5
Rimaniamo aperte alla possibilità della missio ad gentes, sperimentata, per ora, solo per un breve periodo. Tale diversificazione dell’unica missione dell’Istituto, cioè l’edificazione della Chiesa locale, costituisce sempre più una ricchezza, sia per noi che per la realtà ecclesiale tutta. Abbiamo avviato alcune nostre iniziative: la promozione e la diffusione della nostra vocazione negli ambiti diocesani; l’apertura della nostra casa di Seveso per momenti di preghiera, formazione e convivialità, il Sito web dell’Istituto, con l’offerta di materiale per la formazione culturale e spirituale; il percorso spirituale per giovani donne «Donna chi cerchi?». 6
PROGETTO APOSTOLICO PASSI DENTRO UN “CAMBIAMENTO D’EPOCA” 1. IL CONTESTO STORICO ED ECCLESIALE 1.1. La Chiesa universale La decisa appartenenza e dedicazione alla Chiesa ci chiede di essere sempre attente ai cambiamenti in atto, per poter cogliere i nuovi bisogni, le potenzialità del presente e discernere, di conseguenza, i passi da compiere per una missione adeguata all’oggi. Un primo dato ecclesiale macroscopico è la nuova fase di recezione conciliare aperta con il pontificato di Francesco. Più che un’ermeneutica dei testi, il Papa sta cercando di avviare processi di cambiamento nella linea delle indicazioni conciliari. Nel magistero di papa Francesco cogliamo alcune indicazioni che toccano profondamente la nostra identità e parlano alla nostra esperienza. Ci sollecitano in modo particolare: l’uso frequente della categoria- chiave di “Chiesa, popolo di Dio” e l’appello all’ascolto del suo sensus fidei11; la valorizzazione degli episcopati locali; il richiamo ad intendere il ministero ordinato come “servizio” al popolo e, in particolare, agli ultimi. E ancora: l’indicazione di un modo di esercitare il servizio dell’autorità nella direzione di una maggiore partecipazione; la sottolineatura sulla responsabilità dei laici, soprattutto in ordine a una pastorale più missionaria; il riconoscimento del servizio che le donne svolgono oggi nella Chiesa, e il conseguente invito ad introdurre e 11 Stentiamo a dare spazio alla coscienza dei fedeli, che tante volte rispondono quanto meglio possibile al Vangelo in mezzo ai loro limiti e possono portare avanti il loro personale discernimento davanti a situazioni in cui si rompono tutti gli schemi. Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle. Papa Francesco, A.L. 37. 7
valorizzare la loro presenza nei processi decisionali e nei luoghi di responsabilità12. Più in generale: la spinta missionaria e l’impegno per la giustizia sociale e il rispetto del creato. 1.2. La Chiesa ambrosiana La Diocesi di Milano è vasta e popolosa e presenta contesti ambientali differenti, che richiedono specifiche attenzioni pastorali. Tuttavia, la percezione è quella di una diocesi ancora sostanzialmente consapevole della sua unità. Il Vescovo è tuttora sentito come espressione di unità: non solo come guida pastorale ma anche come riferimento spirituale e morale, capace di porre in dialogo la Chiesa con la cultura, la società e le sue istituzioni. Le parrocchie presenti sul suo territorio rappresentano la “struttura pastorale” più prossima alla vita della gente. Parrocchie e comunità pastorali sono espressione di un volto molto popolare che nella chiesa ambrosiana è ancora forte13. Il cattolicesimo lombardo è certo frutto di numerosi investimenti, fatti nel tempo, in risorse strutturali e umane, finalizzate in particolare alla formazione e all’animazione/aggregazione dei ragazzi e dei giovani e all’elaborazione dei cammini di iniziazione cristiana. Il contesto sociale di Milano e della provincia, sempre più complesso, ha poi sviluppato con generosità, in anni più recenti, una pastorale “diocesana” in tanti altri settori: l’attività articolata e intelligente della Caritas, che si è diffusa nelle parrocchie con una presenza capillare; la pastorale familiare; la pastorale della salute; le energie impiegate 12 In questo orizzonte, va collocata anche la decisione di costituire una Commissione di studio sul diaconato permanente femminile. Cf. E.G. 103. 13 AAVV., In questa città io ho un popolo molto numeroso, dice il Signore. Sussidio pastorale in preparazione alla visita del Santo Padre a Milano e alle terre ambrosiane, Milano 2017, 22 [on-line: http://www.chiesadimilano.it/polopoly_fs/1.140578.1485951467!/menu/standard/file/sussidio%20visita%20Pap a%20Francesco%20a%20Milano.pdf]. 8
nell’insegnamento della religione cattolica a scuola; la scuola teologica del Seminario Diocesano e della Facoltà Teologica; il dialogo con la cultura, con i non credenti e con la politica; la pastorale dei migranti e il dialogo con i fedeli musulmani; le missioni fidei donum. Una tale ricchezza di tradizione, di persone e di attività della nostra realtà locale è, però, oggi anch’essa toccata da sfide mondiali: la Diocesi è quindi sollecitata al discernimento per intraprendere nuove scelte pastorali. 1.3. Prendere il largo L’immagine della “Chiesa in uscita” esprime oggi un forte richiamo agli aspetti essenziali dell’esperienza cristiana: l’arcivescovo Delpini invita ad abitare il cambiamento in atto, recuperando una “pastorale del quotidiano” fatta di gesti semplici, ordinari, vivificati dai doni della Parola di Dio, dell’Eucaristia e della preghiera. Non indifferente alla realtà, la Chiesa si riconosce in debito di un annuncio di liberazione, di fiducia e di speranza. Con benevolenza intende porsi a fianco della vita della sua gente secondo lo stile del Buon Pastore: “la Chiesa ha una sola via da percorrere, quella di Gesù, ha un solo stile che gli sia consentito, quello della mitezza, ha una sola strategia, quella di pregare anche per coloro che “mentendo diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia” (Mt 5,11)”14. Le parole dialogo, ascolto, confronto - che da sempre hanno delineato il rapporto della Chiesa ambrosiana con il mondo esterno - paiono assumere oggi una rilevanza tutta peculiare all’interno della stessa compagine ecclesiale, in cui ciascun battezzato è chiamato a riconoscere, accogliere ed esprimere la parola che il Signore desidera dire al mondo, attraverso di lui15. 14 Mons. Mario Delpini: Omelia del giovedì santo 2018 15 “Voglia il Cielo che tu possa riconoscere qual è quella parola, quel messaggio di Gesù che Dio desidera dire al mondo con la tua vita. Lasciati trasformare, lasciati rinnovare dallo Spirito, affinché ciò sia possibile, e così la 9
La scelta operata da mons. Delpini di riprendere l’antica tradizione ambrosiana dei “Sinodi minori”, assemblee ecclesiali più agili del Sinodo diocesano, ma comunque coinvolgenti, indica l’attenzione a non smarrire il valore della “differenza” che è proprio di ogni identità. La missione dei prossimi anni sarà nella forma di un cammino condiviso - soprattutto con i laici - e corresponsabile, per l’edificazione di una Chiesa unita al Suo Signore e sempre più plurale, fraterna anche nella sua dimensione strutturale. Il recente “sinodo minore” costituisce, infatti, un esempio e un paradigma per il futuro della cattolicità ambrosiana, chiamata ad essere Chiesa “dalle genti”. Di fronte al calo di vocazioni, di battesimi, di partecipazione alla vita ecclesiale, la nostra Chiesa e tutti noi siamo chiamati a “prendere il largo”, senza chiederci quanti pesci riusciremo a fare entrare nella rete16, ma offrendo, innanzitutto ed essenzialmente, la testimonianza dell’essere discepoli insieme. 1.4. Verso un “noi ecclesiale” inedito A livello pastorale/organizzativo, negli ultimi anni, la Diocesi ha proseguito quanto avviato dall’episcopato del cardinale Tettamanzi: un progressivo accorpamento delle parrocchie in Comunità Pastorali, guidate dalla comune responsabilità di una Diaconia e di un Consiglio Pastorale Unitario. È innegabile che la scelta delle Comunità Pastorali potrebbe portare con sé alcuni rischi, ma tra i guadagni possibili - che auspichiamo e per i quali vogliamo impegnarci - si possono invece elencare: la consapevolezza che tali Comunità, guidate appunto da una Diaconia e tua preziosa missione non andrà perduta. Il Signore la porterà a compimento anche in mezzo ai tuoi errori e ai tuoi momenti negativi, purché tu non abbandoni la via dell’amore e rimanga sempre aperto alla sua azione soprannaturale che purifica e illumina” (G.E. n. 24) 16 «L’evangelizzazione non è sempre sinonimo di prendere pesci. Bisogna prendere il largo, dare testimonianza e poi è il Signore che prende i pesci: quando, dove e come non ha importanza», papa Francesco Milano 25 marzo 2017, discorso in Duomo. 10
da un unico Consiglio pastorale, sono invitate a vivere e a promuovere una più ampia compartecipazione ai processi decisionali; il superamento di stretti campanilismi che non rispondono più al contesto sociale di maggiore mobilità delle persone; la responsabilizzazione dei laici nella gestione delle attività pastorali. Ci sembra che la crisi numerica di ministri ordinati ed operatori pastorali, come delle stesse persone praticanti, potrebbe allora diventare opportunità per ripensare globalmente la pastorale, nelle diverse articolazioni assunte dalla nostra Chiesa locale, nella direzione missionaria che il Papa più volte richiama. In questa linea, ci sembra che rimangano ancora da sviluppare alcuni aspetti significativi nella pastorale: l’investimento nella formazione di laici; il riconoscimento istituzionale di ministerialità specifiche (con conseguente “autorità di azione e di parola” e una giusta retribuzione economica); prassi sinodali di discernimento e decisione; proposte più rispondenti ai tempi delle famiglie, lo sbilanciamento verso una pastorale parrocchiale più missionaria, attraverso uno snellimento di strutture ed iniziative autoreferenziali. L’episcopato attuale è chiamato a condurre la Chiesa ambrosiana verso un “noi ecclesiale” inedito: l’invito rivolto a tutti da parte di mons. Delpini a curare la dimensione spirituale non farà che agevolare l’azione dello Spirito di Gesù risorto, “maestro della diversità”17. 17 Papa Francesco, Milano 25 marzo 2017 11
2. COMUNITA’ IN CAMMINO Di fronte a un tale contesto ecclesiale, riconosciamo che la nostra vocazione e missione apostolica portano con sé punti di forza da coltivare e rilanciare con obiettivi, orientamenti e scelte concrete. La nostra stessa forma di vita, connotata dalla professione dei consigli evangelici e dalla vita fraterna, ci sollecita ad adottare uno stile pastorale capace di dare parola e di coinvolgere tutti, di privilegiare le relazioni, di vigilare sulla sobrietà delle proposte, di obbedire ad un mandato e ad un progetto condiviso. Sentiamo sinceramente che il “cambiamento d’epoca” che stiamo vivendo chiede davvero una “conversione pastorale” e una revisione autentica della forma (ri-forma) di Chiesa. Siamo chiamate ad accogliere quella “conversione pastorale” a cui il Papa invita tutta la Chiesa: Persone, comunità, strutture: tutto è chiamato nella Chiesa ad una conversione pastorale e missionaria18. Cercando di vivere una santità “seminata in mezzo alla gente”, condividendo e accompagnando, nella quotidianità, le diverse situazioni di vita, vogliamo quindi assumere la storia delle persone, delle comunità e delle realtà in cui operiamo accompagnandone il cammino perché, anche nelle realtà più frammentate, possa maturare il gusto di essere “popolo di Dio”. 2.1. Insieme e corresponsabili: il sacerdozio battesimale Come ci indicano sia il papa che il nostro vescovo, crediamo profondamente che la strada da percorrere sia quella di una pastorale più sinodale che sappia riconoscere la risorsa rappresentata dai laici e, 18 AAVV., In questa città io ho un popolo molto numeroso, dice il Signore. Sussidio pastorale in preparazione alla visita del Santo Padre a Milano e alle terre ambrosiane, Milano 2017, 22 [on-line: http://www.chiesadimilano.it/polopoly_fs/1.140578.1485951467!/menu/standard/file/sussidio%20visita%20Pap a%20Francesco%20a%20Milano.pdf]. 12
in particolare, dalle famiglie, dalla vita consacrata e dalle donne. A partire dal luogo del nostro mandato, vogliamo impegnarci a vivere il nostro ministero all’insegna della comunione, cercando di dare voce al contributo di ciascuno e di favorire la corresponsabilità di tutti19. Desideriamo impegnarci per l’edificazione di una Chiesa sempre più comunionale, dove tutti possano sentirsi “soggetti di pastorale”, responsabili e protagonisti – ciascuno secondo il proprio carisma e forma di vita – dell’annuncio del Vangelo20. Ovunque siamo presenti ci impegniamo a prenderci cura dell’insieme, con uno sguardo attento all’intera comunità o realtà nella quale prestiamo servizio, nella quale e per la quale ci sentiamo fortemente corresponsabili e con l’attenzione a riconoscere e valorizzare i carismi di ciascuno. Vogliamo prenderci cura dell’insieme assumendo questi atteggiamenti come stile e come nostra prassi pastorale: a. Ascoltare e annunciare Sentiamo che l’evangelizzazione e il rinnovamento della pastorale passano dal non perdere il gusto della relazione personale e l’attenzione ai singoli, dal saper intercettare i reali “bisogni” delle persone e delle famiglie21, dal saper accogliere e “accompagnare” con discrezione e generosità. 19 La sinodalità è una disciplina dell’agire pastorale. Ci si deve domandare: quale metodo, quali procedure, quali forme istituzionali rendono praticabile l’esercizio di un discernimento e di un agire sinodale a comunità tentate di delegare, di sottrarsi a responsabilità, di preferire il lamento all’impegno, di essere impazienti e insofferenti, di dividersi in fazioni e di isolarsi in aggregazioni autoreferenziali. M. mons. DELPINI, Vieni, ti mostrerò la sposa dell’agnello. Lettera pastorale 2017-2018. 20 La comunità dei discepoli del Signore è il contesto in cui ciascuno riconosce che la sua vita è una grazia, una vocazione, una missione. Ogni proposta pastorale deve avere come obiettivo l’aiuto perché ciascuno trovi la sua vocazione e la iva nelle forme che lo Spirito suggerisce…, ibidem. 21 Si apprezza che la Chiesa offra spazi di accompagnamento e di assistenza su questioni connesse alla crescita dell’amore, al superamento dei conflitti e all’educazione dei figli. Papa Francesco, A.L. 38. 13
Desideriamo anche imparare a fare rete, avvalendoci di tutte le risorse che il “territorio” dove serviamo offre per costruire insieme - credenti e non - una società migliore. Vogliamo essere “donne di comunione”, diventare davvero “esperte” nell’ascolto e nel dialogo, accedendo a percorsi di formazione che ci rafforzino in questa capacità. Attraverso una vicinanza reale ai vissuti della gente e una formazione continuamente aggiornata, avvertiamo l’esigenza di conoscere sempre più i “linguaggi” delle persone che incontriamo (giovani, famiglie…) per imparare ad annunciare in modo nuovo, essenziale e comprensibile il Vangelo di Gesù. Siamo convinte che occorra che tutti i soggetti ecclesiali siano riconosciuti come corresponsabili nell’annuncio del Vangelo e nell’edificazione della Chiesa, ciascuno portatore - per vocazione e carisma - di una parola “autorevole” da annunciare. b. Condividere Ovunque, là dove viviamo, desideriamo che le nostre case e le nostre comunità siano “aperte” ed accoglienti, per l’ospitalità e la condivisione, anche - se possibile - di momenti di preghiera. La nostra vocazione a vivere una “santità seminata tra la gente” e il nostro desiderio di vicinanza e condivisione della vita delle famiglie 22, uniti ad uno spirito di accoglienza che intende sempre più tradursi nei fatti, ci fa prendere in considerazione anche un progetto di condivisione di vita con famiglie aperte all’accoglienza di persone “fragili”, in una 22 Con il ritmo della vita attuale, la maggior parte degli sposi non saranno disposti a riunioni frequenti, e non possiamo ridurci a una pastorale di piccole élites. Oggi la pastorale familiare dev’essere essenzialmente missionaria, in uscita, in prossimità, piuttosto che ridursi ad essere una fabbrica di corsi ai quali pochi assistono, ibidem 230. 14
circolarità di vocazioni e carismi che diventa ricchezza per la Chiesa e testimonianza nella società23. Il persistere nella società di discrepanze di genere, la condizione di “vittime” di molestie e abusi di vario tipo nella quale spesso si trovano a vivere le donne, ci sollecita, inoltre, in modo particolare, a prenderci cura e a camminare come sorelle con tutte le donne che incontriamo e a curare con particolare sensibilità l’educazione delle giovani generazioni. Ci dispone inoltre con gioia a tenere aperta la possibilità di assumere servizi specificamente rivolti alle donne o a favorire, in diversi modi, un confronto tra donne. Proprio nell’ottica della vicinanza24 e dell’accompagnamento di donne particolarmente “ferite” dalla vita, del nostro desiderio di “inclusione” per tutti e del nostro impegno educativo in tale direzione, ci accingiamo a studiare specifici percorsi di accoglienza e di “cura”, di cui farci carico come comunità. Il nostro desiderio e il nostro impegno sono pertanto volti ad imparare a integrare la capacità “organizzativa/gestionale” - che è indispensabile per la progettazione, la programmazione e il coordinamento di gruppi e percorsi - con una preziosa attenzione alle persone e, in particolare, a quelle più fragili. 2.2 Vivere la Chiesa La partecipazione al ministero pastorale del Vescovo (cf Sinodo Diocesano) e la disponibilità alla missione ci chiedono capacità di dialogo e confronto con lui e con chi lo rappresenta, responsabilità nel 23 Oggi… sentiamo la sfida di scoprire e trasmettere la mistica di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio, ibidem 87. 24 L’ottica è quella di testimoniare con forza la bellezza di una “fraternità” possibile, che dà speranza e slancio alla costruzione di un nuovo modello di “società”. L’arte del buon vicinato comincia con uno sguardo. Ecco: mi accorgo che esisti anche tu, mi rendo conto che abiti vicino. Mi accorgo che hai delle qualità e delle intenzioni buone: anche tu vorresti essere felice e rendere felici quelli che ami. Mi accorgo che hai bisogno, che sei ferito: anche tu soffri di quello che mi fa soffrire, M. mons. DELPINI, Per un’arte del buon vicinato. Discorso alla città, 2017. 15
discernere i bisogni della Diocesi con lo sguardo che ci è proprio, coraggio per percorrere strade nuove. L’impegno, da parte nostra, di conoscere il magistero del Vescovo e di obbedire alle linee pastorali da lui indicate vuole sfociare in processi partecipativi di riflessione. La nostra relazione “costitutiva” con l’istituzione diocesana si esprime nel nostro operare per mandato del Vescovo e nel non avere opere e strutture nostre, in quanto assumiamo totalmente ed esclusivamente la missione della Chiesa diocesana. Sempre più tale relazione desidera praticamente esprimersi anche nella partecipazione a commissioni diocesane dove si elaborano riflessioni e progetti per la cura pastorale di questo popolo di Dio. Intendiamo offrire il nostro sguardo comunitario sulla Diocesi, attraverso il Consiglio Pastorale Diocesano e consegnando al Vescovo le nostre riflessioni che scaturiscono in occasione della preparazione al confronto assembleare. Partecipiamo agli appuntamenti diocesani come espressione del nostro senso di appartenenza a questa diocesi. 2.2.1 La carità pastorale La cura pastorale vissuta con la nostra sensibilità e identità di donne consacrate implica stile e modalità nuovi e diversi, sui quali vorremmo continuare a riflettere, per offrire il nostro peculiare sguardo e partecipare con criticità e competenza ad un discernimento ecclesiale, dentro una dinamica di matura reciprocità. Le due icone delle donne della resurrezione e di Gesù Buon Pastore, alle quali per carisma facciamo riferimento, richiamano noi e la Chiesa tutta a riconoscere che le donne hanno una “parola autorevole” da offrire in ordine all’annuncio del Vangelo e all’edificazione della Chiesa. 16
La nostra presenza di donne dedicate totalmente alla pastorale diocesana raccoglie questa intuizione e costituisce una novità rispetto alla responsabilità pastorale di una comunità affidata all’unica figura ministeriale maschile. Tale novità è in sintonia con i cambiamenti sociali ed ecclesiali riguardo i compiti e i ruoli rivestiti dalle donne. Vorremmo e ci impegniamo perché la nostra esperienza, se pur limitata, solleciti tutti i soggetti ecclesiali ad una riflessione circa alcuni “nodi-chiave” come: la ministerialità dei laici e delle laiche in rapporto e a fianco di quella dei membri ordinati; la reciprocità maschile/femminile alla luce della Parola di Dio e nel comune servizio alla Chiesa25. Desideriamo proseguire il cammino di conoscenza reciproca e di condivisione di un “comune ministero femminile” con le Cooperatrici Pastorali Diocesane di Treviso, le Cooperatrici Ecclesiali di Vicenza e le Collaboratrici Apostoliche Diocesane di Padova. Intendiamo mantenere il contatto con il Coordinamento delle Teologhe Italiane (CTI), per tenerci aggiornate sullo stato attuale della riflessione riguardante la presenza della donna nella Chiesa e per trovare un aiuto competente ai fini di poter narrare la nostra vocazione oggi. Con altre realtà di consacrazione continuiamo a cercare un confronto sulla vita consacrata, sulla ministerialità della donna e sulla ricerca 25 «Vedo con piacere come molte donne condividono responsabilità pastorali insieme con i sacerdoti, danno il loro contributo per l’accompagnamento di persone, di famiglie o di gruppi ed offrono nuovi apporti alla riflessione teologica. Ma c’è ancora bisogno di allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella Chiesa» (103 EG); «55. Emerge anche tra i giovani la richiesta che vi sia un maggiore riconoscimento e valorizzazione delle donne nella società e nella Chiesa. Molte donne svolgono un ruolo insostituibile nelle comunità cristiane, ma in molti luoghi si fatica a dare loro spazio nei processi decisionali, anche quando essi non richiedono specifiche responsabilità ministeriali. L’assenza della voce e dello sguardo femminile impoverisce il dibattito e il cammino della Chiesa, sottraendo al discernimento un contributo prezioso. Il Sinodo raccomanda di rendere tutti più consapevoli dell’urgenza di un ineludibile cambiamento, anche a partire da una riflessione antropologica e teologica sulla reciprocità tra uomini e donne. […] 148. Un ambito di particolare importanza a questo riguardo è quello della presenza femminile negli organi ecclesiali a tutti i livelli, anche in funzioni di responsabilità, e della partecipazione femminile ai processi decisionali ecclesiali nel rispetto del ruolo del ministero ordinato. Si tratta di un dovere di giustizia, che trova ispirazione tanto nel modo in cui Gesù si è relazionato con uomini e donne del suo tempo, quanto nell’importanza del ruolo di alcune figure femminili nella Bibbia, nella storia della salvezza e nella vita della Chiesa.» (Documento finale del Sinodo sui giovani, 27 ottobre 2018) 17
vocazionale delle giovani di oggi, partecipando ad alcune iniziative dell’USMI, del Vicariato per la Vita consacrata e del Centro Diocesano Vocazioni. 2.2.2 In relazione con tutti i soggetti ecclesiali Riconosciamo l’importanza di entrare in relazione con altri soggetti ecclesiali, con i quali approfondire la nostra vocazione e il “volto di Chiesa” da costruire insieme. Noi per prime non ci sottraiamo pertanto al compito di portare con semplicità e parresia il nostro punto di vista e la nostra parola in tutte le sedi di confronto, progettazione e verifica istituzionali (consigli pastorali, diaconie, consiglio pastorale diocesano, ecc.). Vogliamo pertanto creare occasioni e attivare “tavoli di confronto” con preti attenti alla nostra vocazione e con altri soggetti che vivono la spiritualità diocesana (Azione Cattolica, Diaconi permanenti, Ordo Virginum…), per costruire un dialogo e avviare una ricerca innovativa sullo stile pastorale. Come ha ben messo in luce il nostro vescovo con il Sinodo minore “Chiesa dalle genti”, altra dimensione da affrontare è l’integrazione dei cristiani provenienti da altri paesi, appartenenti a culture diverse, come pure il dialogo interreligioso26. La comunità cristiana è chiamata a portare avanti una sfida, formativa e pastorale, che eviti l’identificazione ipso facto tra Vangelo e cultura oriunda. Accogliamo la sollecitazione del “sinodo minore” impegnandoci a vivere con autenticità la nostra testimonianza e responsabilità educativa nelle comunità e realtà cui siamo inviate27. Seveso, 11 novembre 2018 26 Cf indizione del sinodo minore: “Chiesa dalle genti”: Mario Delpini, Arcivescovo di Milano, Basilica di S. Ambrogio, domenica 14 gennaio 2018 27 Ci sentiamo interpellate in special modo dalle domande: come la vita consacrata può aiutare la realtà complessa dei migranti, sul territorio della diocesi? Quali relazioni si riescono a intrecciare? Quali iniziative si possono segnalare e progettare? Cf Sinodo minore - traccia per la condivisione VITA CONSACRATA. 18
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