PROGETTO APOSTOLICO 2018-2022 - AUSILIARIE DIOCESANE

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AUSILIARIE DIOCESANE

       PROGETTO APOSTOLICO 2018-2022

                          INTRODUZIONE

   Il Signore dona i carismi ai suoi figli per il bene del mondo, perché
operino nella Chiesa, che annuncia l’avvento del Regno oggi. Non si
tratta perciò di un “deposito” immobile, ma di una realtà dello Spirito,
viva, in continua crescita, per poter rispondere all’oggi del mondo, della
Chiesa e di coloro cui il dono è affidato.
   Questa consapevolezza ci ha sollecitato a rileggere la nostra chiamata
di Ausiliarie Diocesane, nella concretezza della nostra vita di oggi, nel
confronto con la realtà sociale ed ecclesiale in cui siamo poste, per
cogliere le sollecitazioni che essa ci propone e individuare gli
orientamenti e i passi cui siamo chiamate per essere fedeli a noi stesse.
   Per questo ci siamo mosse a partire dalla domanda:
      come noi Ausiliarie Diocesane portiamo oggi il Vangelo della
     Resurrezione e contribuiamo all’edificazione della Chiesa ad
                    immagine di Gesù Buon Pastore?
   Il presente documento – dopo una breve premessa che riassume “chi
siamo”, “da dove veniamo” e “dove oggi operiamo” - vuole dire il
nostro slancio apostolico verso il prossimo futuro, comunicare le linee
sulle quali intendiamo muoverci.

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PREMESSA

1. Ausiliarie Diocesane: tra carisma e ministero

   Le Ausiliarie Diocesane sono donne dedicate a Dio nel servizio alla
Chiesa locale, che è in Milano.
   La nostra vita è inscindibilmente segnata dalla professione dei
consigli evangelici, dalla vita fraterna, dalla dedicazione a tempo pieno
all’annuncio del Vangelo, che continuamente edifica e rigenera la
Chiesa, e all’edificazione della Chiesa stessa, nella condivisione del
ministero e della carità pastorale del Vescovo (cf. Sinodo 47°, 458
§3.a).
   In forza del Battesimo, di uno specifico carisma e di un mandato da
parte del Vescovo, noi Ausiliarie Diocesane partecipiamo
corresponsabilmente alla missione del Popolo di Dio, che è in Milano.
   Il nostro carisma, riconosciuto dalla Chiesa locale, trova la sua
espressione sintetica in due icone neotestamentarie: le donne della
risurrezione1 e Gesù buon Pastore2.
   L’urgenza di evangelizzare, che nasce dall’incontro col Risorto, e la
carità del pastore, vissute nell’appartenenza e nel servizio alla Chiesa
locale sono, dunque, le dimensioni caratterizzanti la dedicazione e la
missione delle Ausiliarie Diocesane.
   La vita fraterna che abbiamo scelto si realizza in piccole comunità
apostoliche missionarie che fanno proprie le preoccupazioni pastorali
della diocesi: la comunione, vissuta in una vita ordinaria simile a quella

   1
      «Come le donne della resurrezione, le Ausiliarie accolgono il lieto annuncio della Pasqua come un’urgenza
che impegna definitivamente la loro vita ad annunciare Gesù Signore in una testimonianza appassionata del suo
Vangelo. Come le donne della resurrezione vivono la gioia messianica e la speranza pasquale proclamando Gesù
vivo e presente nella storia umana ed operando perché questa storia sia, per tutti, luogo di salvezza e di santità»
(Statuto 11).
    2
      «Chiamata a prolungare nel mondo la missione di Gesù buon Pastore, l’ausiliaria ne segue le orme con la
carità pastorale e ripresenta l’amore del Padre che ama l’uomo fin quasi a perdersi per lui; seguendo la via di Gesù
buon Pastore, l’ausiliaria contempla l’amore del Padre e si lascia assimilare al suo gratuito e radicale donarsi»
(Statuto 15).

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della gente, spinge alla missione e si fa essa stessa segno di relazioni
evangeliche.
  Il servizio che ciascuna sorella svolge, anche quando è assunto
personalmente, non è mai individualistico ma, ricevuto in obbedienza
ad un mandato, esso è espressione della ministerialità e missionarietà
dell’intero Istituto, che possiamo definire un corpo in missione.
  La nostra vita spirituale condivide il cammino della Chiesa
ambrosiana e trova la sua fonte nel dono di noi stesse alla Chiesa, come
culto spirituale.

2. La nostra “biografia” e l’oggi del nostro servizio.

2.1. La fondazione
   L’Istituto delle Ausiliarie Diocesane nasce negli anni in cui la Chiesa
vive l’intensa stagione del Concilio Vaticano II: dalle istanze che lo
sollecitano ai frutti della sua ricezione.
   Alla vigilia del Concilio, l’ascolto dello Spirito e il discernimento
pastorale fecero profeticamente intuire all’allora Arcivescovo di
Milano, il card. Giovanni Battista Montini3, il carisma delle Ausiliarie
Diocesane: donne consacrate che si offrono per il servizio pastorale4.
   La Diocesi stessa, in quegli anni, avvertiva la necessità di un
rinnovamento/novità della vita consacrata, più vicina alle parrocchie.
   Il card. Giovanni Colombo5 si adoperò poi per concretizzare
l’intuizione del suo predecessore, diventato papa Paolo VI. Nel 1965,
grazie ad alcune donne che si resero totalmente disponibili per i bisogni
pastorali della Diocesi, in obbedienza al Vescovo, si costituì la prima
comunità delle Ausiliarie Diocesane e si scrissero le prime regole,

   3
     Arcivescovo di Milano dal 1954 al 1963.
   4
     Penso che la nostra diocesi ha bisogno di donne consacrate, che si offrano per il servizio pastorale nelle
Parrocchie, dove, pur troppo, le Suore non bastano più e vengono meno […]. Si pensa anche a creare le “Oblate
diocesane”. G.B. MONTINI, Lettera a don Giuseppe Zanoni, Milano, 1961, Archivio delle Ausiliarie Diocesane,
Seveso (MB).
   5
     Arcivescovo di Milano dal 1963-1980.

                                                        3
cercando di delinearne il profilo, non senza difficoltà, a motivo della
novità dell’idea orientatrice6. Furono anni di ricerca e di scelte. Molte
giovani si unirono alla piccola Comunità e questo portò ad una certa
stabilità, all’apertura di comunità apostoliche e alla stesura del primo
Statuto. Perciò il Cardinale ritenne giunto il momento di dare una veste
giuridica alla geniale realtà7: nel 1979, ad un anno dalla morte di Paolo
VI, approvò lo Statuto ed eresse l’Istituto delle Ausiliarie Diocesane.
  Durante l’episcopato del card. Carlo Maria Martini8, le Ausiliarie
crebbero notevolmente di numero e fu portato a termine il tempo della
fondazione. L’Arcivescovo promosse la stesura di un nuovo Statuto,
che approvò nella Pasqua del 1998, affermando che l’Istituto è
componente originale del piano pastorale della Diocesi9.
  A partire dalla rilettura del vissuto esperienziale, quella fu occasione
per noi di maggiore comprensione della ministerialità della donna nella
Chiesa e della nostra vocazione specifica all’interno della Diocesi;
tempo di riflessione sull’esperienza spirituale e sul carisma e di
consolidamento dell’intuizione originaria.
  Secondo il Codice di Diritto Canonico del 1983, l’Istituto è una
Associazione Pubblica di Fedeli di diritto diocesano.

2.2. Istantanea dell’oggi

  Attualmente siamo 69 donne, con un’età media di circa
cinquantacinque anni. Siamo presenti in Diocesi con 20 comunità,
formate da 2/5 sorelle10, a servizio di circa 45 tra parrocchie, comunità
pastorali e altri ambiti pastorali.

   6
     G. COLOMBO, Decreto di erezione a Pia Unione dell’Istituto delle Ausiliarie Diocesane, Milano, 6.08.1979,
Archivio delle Ausiliarie Diocesane, Seveso (MB).
   7
     G. COLOMBO, Decreto di erezione a Pia Unione dell’Istituto delle Ausiliarie Diocesane, Milano, 6.08.1979,
Archivio delle Ausiliarie Diocesane, Seveso (MB).
   8
     Arcivescovo di Milano dal 1980-2002.
   9
     Cfr Sinodo 47°, cost. 458, 3a e C.M. MARTINI, Decreto di approvazione dello Statuto delle Ausiliarie
Diocesane, Milano, 12.04.1998, Archivio delle Ausiliarie Diocesane, Seveso (MB).
   10
      Tre sorelle, abitando da sole, hanno come riferimento una comunità vicina.

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La nostra distribuzione è in sei zone pastorali e vede una maggior
concentrazione nella quinta, sesta e settima.
  I contesti dove viviamo ed operiamo sono in larga parte di città o di
quartiere periferico di Milano o paesi dell’hinterland, caratterizzati
prevalentemente da povertà materiale e sociale.

2.2.1. Luoghi e modalità del nostro ministero

   Nella pastorale parrocchiale, condividiamo con i presbiteri e i laici
il servizio pastorale; laddove è presente la comunità pastorale, siamo
parte della diaconia e assumiamo responsabilità in uno o più ambiti
specifici; inoltre, sono in atto esperienze in cui la nostra comunità di
Ausiliarie è assunta come “riferimento istituzionale” per la parrocchia,
in assenza di presbiteri residenti.
   Molte di noi sono impegnate nell’insegnamento della religione nelle
scuole statali e paritarie di ogni grado e una nell’insegnamento
accademico della teologia.
   Siamo presenti in uffici e attività diocesane, sia a tempo pieno che
con collaborazioni mirate: nella Caritas diocesana, nella Pastorale
Giovanile e FOM; nel servizio per la catechesi (Catecumenato degli
adulti, itinerari di Iniziazione Cristiana, Apostolato biblico, ecc.), nella
cura e nell’accompagnamento delle vocazioni (Centro Diocesano
Vocazioni, Gruppo Samuele, “Salti di Qualità”, Cenacolo, ecc.); nella
pastorale per le famiglie e le coppie in difficoltà (Consultori, Tribunale
ecclesiastico, Acor, ecc.), ecc.
   Accogliendo nel tempo le sfide che il cambiamento della Chiesa e del
mondo ci chiede di assumere, abbiamo aperto servizi in periferie
esistenziali (Cappellanie ospedaliere e Istituti di cura e accoglienza;
Centro di Accompagnamento Vocazionale; carcere, migranti e rifugiati,
con attenzione particolare ai fratelli e sorelle arabi e musulmani).

                                      5
Rimaniamo aperte alla possibilità della missio ad gentes,
sperimentata, per ora, solo per un breve periodo.
   Tale diversificazione dell’unica missione dell’Istituto, cioè
l’edificazione della Chiesa locale, costituisce sempre più una ricchezza,
sia per noi che per la realtà ecclesiale tutta.
   Abbiamo avviato alcune nostre iniziative: la promozione e la
diffusione della nostra vocazione negli ambiti diocesani; l’apertura
della nostra casa di Seveso per momenti di preghiera, formazione e
convivialità, il Sito web dell’Istituto, con l’offerta di materiale per la
formazione culturale e spirituale; il percorso spirituale per giovani
donne «Donna chi cerchi?».

                                     6
PROGETTO APOSTOLICO
      PASSI DENTRO UN “CAMBIAMENTO D’EPOCA”

   1. IL CONTESTO STORICO ED ECCLESIALE

   1.1.          La Chiesa universale

   La decisa appartenenza e dedicazione alla Chiesa ci chiede di essere
sempre attente ai cambiamenti in atto, per poter cogliere i nuovi bisogni,
le potenzialità del presente e discernere, di conseguenza, i passi da
compiere per una missione adeguata all’oggi.
   Un primo dato ecclesiale macroscopico è la nuova fase di recezione
conciliare aperta con il pontificato di Francesco. Più che
un’ermeneutica dei testi, il Papa sta cercando di avviare processi di
cambiamento nella linea delle indicazioni conciliari.
   Nel magistero di papa Francesco cogliamo alcune indicazioni che
toccano profondamente la nostra identità e parlano alla nostra
esperienza.
   Ci sollecitano in modo particolare: l’uso frequente della categoria-
chiave di “Chiesa, popolo di Dio” e l’appello all’ascolto del suo sensus
fidei11; la valorizzazione degli episcopati locali; il richiamo ad intendere
il ministero ordinato come “servizio” al popolo e, in particolare, agli
ultimi. E ancora: l’indicazione di un modo di esercitare il servizio
dell’autorità nella direzione di una maggiore partecipazione; la
sottolineatura sulla responsabilità dei laici, soprattutto in ordine a una
pastorale più missionaria; il riconoscimento del servizio che le donne
svolgono oggi nella Chiesa, e il conseguente invito ad introdurre e

    11
       Stentiamo a dare spazio alla coscienza dei fedeli, che tante volte rispondono quanto meglio possibile al
Vangelo in mezzo ai loro limiti e possono portare avanti il loro personale discernimento davanti a situazioni in
cui si rompono tutti gli schemi. Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle. Papa
Francesco, A.L. 37.

                                                        7
valorizzare la loro presenza nei processi decisionali e nei luoghi di
responsabilità12.
  Più in generale: la spinta missionaria e l’impegno per la giustizia
sociale e il rispetto del creato.

   1.2. La Chiesa ambrosiana

   La Diocesi di Milano è vasta e popolosa e presenta contesti
ambientali differenti, che richiedono specifiche attenzioni pastorali.
Tuttavia, la percezione è quella di una diocesi ancora sostanzialmente
consapevole della sua unità. Il Vescovo è tuttora sentito come
espressione di unità: non solo come guida pastorale ma anche come
riferimento spirituale e morale, capace di porre in dialogo la Chiesa con
la cultura, la società e le sue istituzioni.
   Le parrocchie presenti sul suo territorio rappresentano la “struttura
pastorale” più prossima alla vita della gente. Parrocchie e comunità
pastorali sono espressione di un volto molto popolare che nella chiesa
ambrosiana è ancora forte13.
   Il cattolicesimo lombardo è certo frutto di numerosi investimenti,
fatti nel tempo, in risorse strutturali e umane, finalizzate in particolare
alla formazione e all’animazione/aggregazione dei ragazzi e dei giovani
e all’elaborazione dei cammini di iniziazione cristiana.
   Il contesto sociale di Milano e della provincia, sempre più complesso,
ha poi sviluppato con generosità, in anni più recenti, una pastorale
“diocesana” in tanti altri settori: l’attività articolata e intelligente della
Caritas, che si è diffusa nelle parrocchie con una presenza capillare; la
pastorale familiare; la pastorale della salute; le energie impiegate

   12
       In questo orizzonte, va collocata anche la decisione di costituire una Commissione di studio sul diaconato
permanente femminile. Cf. E.G. 103.
    13
       AAVV., In questa città io ho un popolo molto numeroso, dice il Signore. Sussidio pastorale in preparazione
alla visita del Santo Padre a Milano e alle terre ambrosiane, Milano 2017, 22 [on-line:
http://www.chiesadimilano.it/polopoly_fs/1.140578.1485951467!/menu/standard/file/sussidio%20visita%20Pap
a%20Francesco%20a%20Milano.pdf].

                                                         8
nell’insegnamento della religione cattolica a scuola; la scuola teologica
del Seminario Diocesano e della Facoltà Teologica; il dialogo con la
cultura, con i non credenti e con la politica; la pastorale dei migranti e
il dialogo con i fedeli musulmani; le missioni fidei donum.
   Una tale ricchezza di tradizione, di persone e di attività della nostra
realtà locale è, però, oggi anch’essa toccata da sfide mondiali: la Diocesi
è quindi sollecitata al discernimento per intraprendere nuove scelte
pastorali.

   1.3.           Prendere il largo

   L’immagine della “Chiesa in uscita” esprime oggi un forte richiamo
agli aspetti essenziali dell’esperienza cristiana: l’arcivescovo Delpini
invita ad abitare il cambiamento in atto, recuperando una “pastorale del
quotidiano” fatta di gesti semplici, ordinari, vivificati dai doni della
Parola di Dio, dell’Eucaristia e della preghiera. Non indifferente alla
realtà, la Chiesa si riconosce in debito di un annuncio di liberazione, di
fiducia e di speranza. Con benevolenza intende porsi a fianco della vita
della sua gente secondo lo stile del Buon Pastore: “la Chiesa ha una
sola via da percorrere, quella di Gesù, ha un solo stile che gli sia
consentito, quello della mitezza, ha una sola strategia, quella di
pregare anche per coloro che “mentendo diranno ogni sorta di male
contro di voi per causa mia” (Mt 5,11)”14.
   Le parole dialogo, ascolto, confronto - che da sempre hanno delineato
il rapporto della Chiesa ambrosiana con il mondo esterno - paiono
assumere oggi una rilevanza tutta peculiare all’interno della stessa
compagine ecclesiale, in cui ciascun battezzato è chiamato a
riconoscere, accogliere ed esprimere la parola che il Signore desidera
dire al mondo, attraverso di lui15.

   14
     Mons. Mario Delpini: Omelia del giovedì santo 2018
   15
     “Voglia il Cielo che tu possa riconoscere qual è quella parola, quel messaggio di Gesù che Dio desidera dire
al mondo con la tua vita. Lasciati trasformare, lasciati rinnovare dallo Spirito, affinché ciò sia possibile, e così la

                                                            9
La scelta operata da mons. Delpini di riprendere l’antica tradizione
ambrosiana dei “Sinodi minori”, assemblee ecclesiali più agili del
Sinodo diocesano, ma comunque coinvolgenti, indica l’attenzione a non
smarrire il valore della “differenza” che è proprio di ogni identità. La
missione dei prossimi anni sarà nella forma di un cammino condiviso -
soprattutto con i laici - e corresponsabile, per l’edificazione di una
Chiesa unita al Suo Signore e sempre più plurale, fraterna anche nella
sua dimensione strutturale. Il recente “sinodo minore” costituisce,
infatti, un esempio e un paradigma per il futuro della cattolicità
ambrosiana, chiamata ad essere Chiesa “dalle genti”.
  Di fronte al calo di vocazioni, di battesimi, di partecipazione alla vita
ecclesiale, la nostra Chiesa e tutti noi siamo chiamati a “prendere il
largo”, senza chiederci quanti pesci riusciremo a fare entrare nella
rete16, ma offrendo, innanzitutto ed essenzialmente, la testimonianza
dell’essere discepoli insieme.

   1.4.           Verso un “noi ecclesiale” inedito

  A livello pastorale/organizzativo, negli ultimi anni, la Diocesi ha
proseguito quanto avviato dall’episcopato del cardinale Tettamanzi: un
progressivo accorpamento delle parrocchie in Comunità Pastorali,
guidate dalla comune responsabilità di una Diaconia e di un Consiglio
Pastorale Unitario.
  È innegabile che la scelta delle Comunità Pastorali potrebbe portare
con sé alcuni rischi, ma tra i guadagni possibili - che auspichiamo e per
i quali vogliamo impegnarci - si possono invece elencare: la
consapevolezza che tali Comunità, guidate appunto da una Diaconia e

tua preziosa missione non andrà perduta. Il Signore la porterà a compimento anche in mezzo ai tuoi errori e ai tuoi
momenti negativi, purché tu non abbandoni la via dell’amore e rimanga sempre aperto alla sua azione
soprannaturale che purifica e illumina” (G.E. n. 24)
    16
       «L’evangelizzazione non è sempre sinonimo di prendere pesci. Bisogna prendere il largo, dare testimonianza
e poi è il Signore che prende i pesci: quando, dove e come non ha importanza», papa Francesco Milano 25 marzo
2017, discorso in Duomo.

                                                         10
da un unico Consiglio pastorale, sono invitate a vivere e a promuovere
una più ampia compartecipazione ai processi decisionali; il
superamento di stretti campanilismi che non rispondono più al contesto
sociale di maggiore mobilità delle persone; la responsabilizzazione dei
laici nella gestione delle attività pastorali.
   Ci sembra che la crisi numerica di ministri ordinati ed operatori
pastorali, come delle stesse persone praticanti, potrebbe allora diventare
opportunità per ripensare globalmente la pastorale, nelle diverse
articolazioni assunte dalla nostra Chiesa locale, nella direzione
missionaria che il Papa più volte richiama. In questa linea, ci sembra
che rimangano ancora da sviluppare alcuni aspetti significativi nella
pastorale: l’investimento nella formazione di laici; il riconoscimento
istituzionale di ministerialità specifiche (con conseguente “autorità di
azione e di parola” e una giusta retribuzione economica); prassi sinodali
di discernimento e decisione; proposte più rispondenti ai tempi delle
famiglie, lo sbilanciamento verso una pastorale parrocchiale più
missionaria, attraverso uno snellimento di strutture ed iniziative
autoreferenziali.
   L’episcopato attuale è chiamato a condurre la Chiesa ambrosiana
verso un “noi ecclesiale” inedito: l’invito rivolto a tutti da parte di mons.
Delpini a curare la dimensione spirituale non farà che agevolare
l’azione dello Spirito di Gesù risorto, “maestro della diversità”17.

  17
       Papa Francesco, Milano 25 marzo 2017

                                              11
2. COMUNITA’ IN CAMMINO

   Di fronte a un tale contesto ecclesiale, riconosciamo che la nostra
vocazione e missione apostolica portano con sé punti di forza da
coltivare e rilanciare con obiettivi, orientamenti e scelte concrete. La
nostra stessa forma di vita, connotata dalla professione dei consigli
evangelici e dalla vita fraterna, ci sollecita ad adottare uno stile
pastorale capace di dare parola e di coinvolgere tutti, di privilegiare le
relazioni, di vigilare sulla sobrietà delle proposte, di obbedire ad un
mandato e ad un progetto condiviso.
   Sentiamo sinceramente che il “cambiamento d’epoca” che stiamo
vivendo chiede davvero una “conversione pastorale” e una revisione
autentica della forma (ri-forma) di Chiesa.
   Siamo chiamate ad accogliere quella “conversione pastorale” a cui il
Papa invita tutta la Chiesa: Persone, comunità, strutture: tutto è
chiamato nella Chiesa ad una conversione pastorale e missionaria18.
   Cercando di vivere una santità “seminata in mezzo alla gente”,
condividendo e accompagnando, nella quotidianità, le diverse
situazioni di vita, vogliamo quindi assumere la storia delle persone,
delle comunità e delle realtà in cui operiamo accompagnandone il
cammino perché, anche nelle realtà più frammentate, possa maturare il
gusto di essere “popolo di Dio”.

   2.1.          Insieme e corresponsabili: il sacerdozio battesimale

  Come ci indicano sia il papa che il nostro vescovo, crediamo
profondamente che la strada da percorrere sia quella di una pastorale
più sinodale che sappia riconoscere la risorsa rappresentata dai laici e,

    18
       AAVV., In questa città io ho un popolo molto numeroso, dice il Signore. Sussidio pastorale in preparazione
alla visita del Santo Padre a Milano e alle terre ambrosiane, Milano 2017, 22 [on-line:
http://www.chiesadimilano.it/polopoly_fs/1.140578.1485951467!/menu/standard/file/sussidio%20visita%20Pap
a%20Francesco%20a%20Milano.pdf].

                                                        12
in particolare, dalle famiglie, dalla vita consacrata e dalle donne. A
partire dal luogo del nostro mandato, vogliamo impegnarci a vivere il
nostro ministero all’insegna della comunione, cercando di dare voce al
contributo di ciascuno e di favorire la corresponsabilità di tutti19.
   Desideriamo impegnarci per l’edificazione di una Chiesa sempre più
comunionale, dove tutti possano sentirsi “soggetti di pastorale”,
responsabili e protagonisti – ciascuno secondo il proprio carisma e
forma di vita – dell’annuncio del Vangelo20.
   Ovunque siamo presenti ci impegniamo a prenderci cura
dell’insieme, con uno sguardo attento all’intera comunità o realtà nella
quale prestiamo servizio, nella quale e per la quale ci sentiamo
fortemente corresponsabili e con l’attenzione a riconoscere e
valorizzare i carismi di ciascuno.
   Vogliamo prenderci cura dell’insieme assumendo questi
atteggiamenti come stile e come nostra prassi pastorale:

                 a.       Ascoltare e annunciare

   Sentiamo che l’evangelizzazione e il rinnovamento della pastorale
passano dal non perdere il gusto della relazione personale e l’attenzione
ai singoli, dal saper intercettare i reali “bisogni” delle persone e delle
famiglie21, dal saper accogliere e “accompagnare” con discrezione e
generosità.

   19
       La sinodalità è una disciplina dell’agire pastorale. Ci si deve domandare: quale metodo, quali procedure,
quali forme istituzionali rendono praticabile l’esercizio di un discernimento e di un agire sinodale a comunità
tentate di delegare, di sottrarsi a responsabilità, di preferire il lamento all’impegno, di essere impazienti e
insofferenti, di dividersi in fazioni e di isolarsi in aggregazioni autoreferenziali. M. mons. DELPINI, Vieni, ti
mostrerò la sposa dell’agnello. Lettera pastorale 2017-2018.
    20
       La comunità dei discepoli del Signore è il contesto in cui ciascuno riconosce che la sua vita è una grazia,
una vocazione, una missione. Ogni proposta pastorale deve avere come obiettivo l’aiuto perché ciascuno trovi la
sua vocazione e la iva nelle forme che lo Spirito suggerisce…, ibidem.
    21
       Si apprezza che la Chiesa offra spazi di accompagnamento e di assistenza su questioni connesse alla crescita
dell’amore, al superamento dei conflitti e all’educazione dei figli. Papa Francesco, A.L. 38.

                                                         13
Desideriamo anche imparare a fare rete, avvalendoci di tutte le risorse
che il “territorio” dove serviamo offre per costruire insieme - credenti e
non - una società migliore.
   Vogliamo essere “donne di comunione”, diventare davvero “esperte”
nell’ascolto e nel dialogo, accedendo a percorsi di formazione che ci
rafforzino in questa capacità.
   Attraverso una vicinanza reale ai vissuti della gente e una formazione
continuamente aggiornata, avvertiamo l’esigenza di conoscere sempre
più i “linguaggi” delle persone che incontriamo (giovani, famiglie…)
per imparare ad annunciare in modo nuovo, essenziale e comprensibile
il Vangelo di Gesù.
   Siamo convinte che occorra che tutti i soggetti ecclesiali siano
riconosciuti come corresponsabili nell’annuncio del Vangelo e
nell’edificazione della Chiesa, ciascuno portatore - per vocazione e
carisma - di una parola “autorevole” da annunciare.

                  b.       Condividere

  Ovunque, là dove viviamo, desideriamo che le nostre case e le nostre
comunità siano “aperte” ed accoglienti, per l’ospitalità e la
condivisione, anche - se possibile - di momenti di preghiera.
  La nostra vocazione a vivere una “santità seminata tra la gente” e il
nostro desiderio di vicinanza e condivisione della vita delle famiglie 22,
uniti ad uno spirito di accoglienza che intende sempre più tradursi nei
fatti, ci fa prendere in considerazione anche un progetto di condivisione
di vita con famiglie aperte all’accoglienza di persone “fragili”, in una

    22
       Con il ritmo della vita attuale, la maggior parte degli sposi non saranno disposti a riunioni frequenti, e non
possiamo ridurci a una pastorale di piccole élites. Oggi la pastorale familiare dev’essere essenzialmente
missionaria, in uscita, in prossimità, piuttosto che ridursi ad essere una fabbrica di corsi ai quali pochi assistono,
ibidem 230.

                                                           14
circolarità di vocazioni e carismi che diventa ricchezza per la Chiesa e
testimonianza nella società23.
   Il persistere nella società di discrepanze di genere, la condizione di
“vittime” di molestie e abusi di vario tipo nella quale spesso si trovano
a vivere le donne, ci sollecita, inoltre, in modo particolare, a prenderci
cura e a camminare come sorelle con tutte le donne che incontriamo e
a curare con particolare sensibilità l’educazione delle giovani
generazioni. Ci dispone inoltre con gioia a tenere aperta la possibilità
di assumere servizi specificamente rivolti alle donne o a favorire, in
diversi modi, un confronto tra donne.
   Proprio nell’ottica della vicinanza24 e dell’accompagnamento di
donne particolarmente “ferite” dalla vita, del nostro desiderio di
“inclusione” per tutti e del nostro impegno educativo in tale direzione,
ci accingiamo a studiare specifici percorsi di accoglienza e di “cura”, di
cui farci carico come comunità.
   Il nostro desiderio e il nostro impegno sono pertanto volti ad imparare
a integrare la capacità “organizzativa/gestionale” - che è indispensabile
per la progettazione, la programmazione e il coordinamento di gruppi e
percorsi - con una preziosa attenzione alle persone e, in particolare, a
quelle più fragili.

   2.2 Vivere la Chiesa

  La partecipazione al ministero pastorale del Vescovo (cf Sinodo
Diocesano) e la disponibilità alla missione ci chiedono capacità di
dialogo e confronto con lui e con chi lo rappresenta, responsabilità nel
   23
       Oggi… sentiamo la sfida di scoprire e trasmettere la mistica di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci,
di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una
vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio, ibidem 87.
    24
       L’ottica è quella di testimoniare con forza la bellezza di una “fraternità” possibile, che dà speranza e slancio
alla costruzione di un nuovo modello di “società”. L’arte del buon vicinato comincia con uno sguardo. Ecco: mi
accorgo che esisti anche tu, mi rendo conto che abiti vicino. Mi accorgo che hai delle qualità e delle intenzioni
buone: anche tu vorresti essere felice e rendere felici quelli che ami. Mi accorgo che hai bisogno, che sei ferito:
anche tu soffri di quello che mi fa soffrire, M. mons. DELPINI, Per un’arte del buon vicinato. Discorso alla città,
2017.

                                                           15
discernere i bisogni della Diocesi con lo sguardo che ci è proprio,
coraggio per percorrere strade nuove.
   L’impegno, da parte nostra, di conoscere il magistero del Vescovo e
di obbedire alle linee pastorali da lui indicate vuole sfociare in processi
partecipativi di riflessione.
   La nostra relazione “costitutiva” con l’istituzione diocesana si
esprime nel nostro operare per mandato del Vescovo e nel non avere
opere e strutture nostre, in quanto assumiamo totalmente ed
esclusivamente la missione della Chiesa diocesana. Sempre più tale
relazione desidera praticamente esprimersi anche nella partecipazione
a commissioni diocesane dove si elaborano riflessioni e progetti per la
cura pastorale di questo popolo di Dio.
   Intendiamo offrire il nostro sguardo comunitario sulla Diocesi,
attraverso il Consiglio Pastorale Diocesano e consegnando al Vescovo
le nostre riflessioni che scaturiscono in occasione della preparazione al
confronto assembleare.
   Partecipiamo agli appuntamenti diocesani come espressione del
nostro senso di appartenenza a questa diocesi.

  2.2.1    La carità pastorale

   La cura pastorale vissuta con la nostra sensibilità e identità di donne
consacrate implica stile e modalità nuovi e diversi, sui quali vorremmo
continuare a riflettere, per offrire il nostro peculiare sguardo e
partecipare con criticità e competenza ad un discernimento ecclesiale,
dentro una dinamica di matura reciprocità.
   Le due icone delle donne della resurrezione e di Gesù Buon Pastore,
alle quali per carisma facciamo riferimento, richiamano noi e la Chiesa
tutta a riconoscere che le donne hanno una “parola autorevole” da
offrire in ordine all’annuncio del Vangelo e all’edificazione della
Chiesa.

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La nostra presenza di donne dedicate totalmente alla pastorale
diocesana raccoglie questa intuizione e costituisce una novità rispetto
alla responsabilità pastorale di una comunità affidata all’unica figura
ministeriale maschile. Tale novità è in sintonia con i cambiamenti
sociali ed ecclesiali riguardo i compiti e i ruoli rivestiti dalle donne.
   Vorremmo e ci impegniamo perché la nostra esperienza, se pur
limitata, solleciti tutti i soggetti ecclesiali ad una riflessione circa alcuni
“nodi-chiave” come: la ministerialità dei laici e delle laiche in rapporto
e a fianco di quella dei membri ordinati; la reciprocità
maschile/femminile alla luce della Parola di Dio e nel comune servizio
alla Chiesa25.
   Desideriamo proseguire il cammino di conoscenza reciproca e di
condivisione di un “comune ministero femminile” con le Cooperatrici
Pastorali Diocesane di Treviso, le Cooperatrici Ecclesiali di Vicenza e
le Collaboratrici Apostoliche Diocesane di Padova.
   Intendiamo mantenere il contatto con il Coordinamento delle
Teologhe Italiane (CTI), per tenerci aggiornate sullo stato attuale della
riflessione riguardante la presenza della donna nella Chiesa e per
trovare un aiuto competente ai fini di poter narrare la nostra vocazione
oggi.
   Con altre realtà di consacrazione continuiamo a cercare un confronto
sulla vita consacrata, sulla ministerialità della donna e sulla ricerca

   25
     «Vedo con piacere come molte donne condividono responsabilità pastorali insieme con i sacerdoti, danno il
loro contributo per l’accompagnamento di persone, di famiglie o di gruppi ed offrono nuovi apporti alla riflessione
teologica. Ma c’è ancora bisogno di allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella Chiesa»
(103 EG); «55. Emerge anche tra i giovani la richiesta che vi sia un maggiore riconoscimento e valorizzazione
delle donne nella società e nella Chiesa. Molte donne svolgono un ruolo insostituibile nelle comunità cristiane,
ma in molti luoghi si fatica a dare loro spazio nei processi decisionali, anche quando essi non richiedono
specifiche responsabilità ministeriali. L’assenza della voce e dello sguardo femminile impoverisce il dibattito e il
cammino della Chiesa, sottraendo al discernimento un contributo prezioso. Il Sinodo raccomanda di rendere tutti
più consapevoli dell’urgenza di un ineludibile cambiamento, anche a partire da una riflessione antropologica e
teologica sulla reciprocità tra uomini e donne. […] 148. Un ambito di particolare importanza a questo riguardo
è quello della presenza femminile negli organi ecclesiali a tutti i livelli, anche in funzioni di responsabilità, e della
partecipazione femminile ai processi decisionali ecclesiali nel rispetto del ruolo del ministero ordinato. Si tratta
di un dovere di giustizia, che trova ispirazione tanto nel modo in cui Gesù si è relazionato con uomini e donne del
suo tempo, quanto nell’importanza del ruolo di alcune figure femminili nella Bibbia, nella storia della salvezza e
nella vita della Chiesa.» (Documento finale del Sinodo sui giovani, 27 ottobre 2018)

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vocazionale delle giovani di oggi, partecipando ad alcune iniziative
dell’USMI, del Vicariato per la Vita consacrata e del Centro Diocesano
Vocazioni.

   2.2.2 In relazione con tutti i soggetti ecclesiali

   Riconosciamo l’importanza di entrare in relazione con altri soggetti
ecclesiali, con i quali approfondire la nostra vocazione e il “volto di
Chiesa” da costruire insieme. Noi per prime non ci sottraiamo pertanto
al compito di portare con semplicità e parresia il nostro punto di vista
e la nostra parola in tutte le sedi di confronto, progettazione e verifica
istituzionali (consigli pastorali, diaconie, consiglio pastorale diocesano,
ecc.).
   Vogliamo pertanto creare occasioni e attivare “tavoli di confronto”
con preti attenti alla nostra vocazione e con altri soggetti che vivono la
spiritualità diocesana (Azione Cattolica, Diaconi permanenti, Ordo
Virginum…), per costruire un dialogo e avviare una ricerca innovativa
sullo stile pastorale.
   Come ha ben messo in luce il nostro vescovo con il Sinodo minore
“Chiesa dalle genti”, altra dimensione da affrontare è l’integrazione dei
cristiani provenienti da altri paesi, appartenenti a culture diverse, come
pure il dialogo interreligioso26. La comunità cristiana è chiamata a
portare avanti una sfida, formativa e pastorale, che eviti
l’identificazione ipso facto tra Vangelo e cultura oriunda.
Accogliamo la sollecitazione del “sinodo minore” impegnandoci a
vivere con autenticità la nostra testimonianza e responsabilità educativa
nelle comunità e realtà cui siamo inviate27.

                                                                       Seveso, 11 novembre 2018
   26
      Cf indizione del sinodo minore: “Chiesa dalle genti”: Mario Delpini, Arcivescovo di Milano, Basilica di S.
Ambrogio, domenica 14 gennaio 2018
   27
       Ci sentiamo interpellate in special modo dalle domande: come la vita consacrata può aiutare la realtà
complessa dei migranti, sul territorio della diocesi? Quali relazioni si riescono a intrecciare? Quali iniziative si
possono segnalare e progettare? Cf Sinodo minore - traccia per la condivisione VITA CONSACRATA.

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