OSTEOPOROSI: DOMANDE E - UNITÀ OPERATIVA COMPLESSA DI REUMATOLOGIA OSPEDALE S. CHIARA, TRENTO - ATMAR

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OSTEOPOROSI: DOMANDE E - UNITÀ OPERATIVA COMPLESSA DI REUMATOLOGIA OSPEDALE S. CHIARA, TRENTO - ATMAR
Unità Operativa Complessa
                      di Reumatologia Ospedale
                      S. Chiara, Trento
Quaderni ATMAR

    3            Osteoporosi:
                   domande e
                      risposte
OSTEOPOROSI: DOMANDE E - UNITÀ OPERATIVA COMPLESSA DI REUMATOLOGIA OSPEDALE S. CHIARA, TRENTO - ATMAR
OSTEOPOROSI: DOMANDE E - UNITÀ OPERATIVA COMPLESSA DI REUMATOLOGIA OSPEDALE S. CHIARA, TRENTO - ATMAR
In collaborazione con
                     l’Unità Operativa Complessa
                     di Reumatologia Ospedale
                     S. Chiara, Trento

                 Osteoporosi:
Quaderni ATMAR

                 domande e
                 risposte

    3              Associazione Trentina
                   Malati Reumatici
                   Onlus
OSTEOPOROSI: DOMANDE E - UNITÀ OPERATIVA COMPLESSA DI REUMATOLOGIA OSPEDALE S. CHIARA, TRENTO - ATMAR
Quaderni ATMAR sulle malattie reumatiche
a cura dell’Associazione Trentina
Malati Reumatici – ATMAR

Coordinamento progetto editoriale:
dott.ssa Annamaria Marchionne, Presidente
Associazione Trentina Malati Reumatici
Testi a cura di:
dott. Roberto Bortolotti, Responsabile Struttura
Semplice Day Hospital dell’Unità Operativa Complessa
di Reuma­tologia dell’Ospedale S. Chiara di Trento;
dott.ssa Albina Boreatti, in collaborazione con Ada
Giaimo, fisioterapista, Unità Operativa Medicina Fisica
e Riabilitazione P.O. Villa Igea di Trento;
dott.ssa Serena Pancheri, Medicina D Policlinico L.A.
Scuro di Verona
Con la collaborazione di:
dott. Giuseppe Paolazzi, Direttore dell’Unità Operativa
Complessa di Reumatologia dell’Ospedale S. Chiara di
Trento
Cura redazionale:
dott.ssa Alessandra Faustini, Associazione Trentina
Malati Reumatici
Progettazione e cura grafica:
Studio G. Weber, Trento

Si ringrazia per la collaborazione:
l’Unità Operativa Complessa di Reumatologia
dell’Ospedale S. Chiara di Trento

Con il patrocinio della Presidenza del Consiglio
Regionale del Trentino-Alto Adige

© 2011 Associazione Trentina Malati Reumatici – ATMAR

Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione
può essere riprodotta, trasmessa in qualsiasi forma o mezzo
elettronico senza l’autorizzazione (www.reumaticitrentino.it).
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Sommario

5 Presentazione
7 Osteoporosi: domande e risposte
7	Introduzione
8 Che cosa è l’osteoporosi?
8 Quanto è diffusa la malattia?
9 È una malattia inevitabile,
  conseguenza dell’invecchiamento?
11 Perché ci si ammala?
13 Quali sono i sintomi?
14 Quali sono le conseguenze
   dell’osteoporosi?
15 Quali sono i fattori di rischio?
16 Quali esami vengono effettuati per
   scoprire la malattia?
16 Che cos’è la MOC?
18 Quando è consigliato effettuare la
   MOC e quando è opportuno ripeterla?
20 Quale relazione c’è tra il risultato della
   MOC e il rischio di frattura?
21 Qual è il ruolo degli esami di
   laboratorio?
21 Come posso sapere se sono a rischio
   di malattia?
22 Quali misure possiamo adottare per
   prevenire l’osteoporosi?
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22 Qual è il ruolo dell’attività fisica
   nell’osteoporosi?
24 Quale attività posso fare per prevenire
   la fragilità eccessiva dell’osso?
28 Come occorre comportarsi se è già
   avvenuta una frattura?
32 Con quali farmaci si cura
   l’osteoporosi?
35	Esiste un trattamento chirurgico
   dell’osteoporosi?
36 Quando è indicato il trattamento
   farmacologico?
37 Quanto dura il trattamento?
37 Possiamo evitare le fratture ossee?
39 Quali sono gli effetti collaterali più
   comuni del trattamento?
41 È sempre necessario assumere del
   calcio?
43 Quando serve la vitamina D?
44	E per finire: non mollare l’osso!

46	Unità Operativa di Reumatologia
47	Associazione Trentina Malati
   Reumatici: una mano alla speranza
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Presentazione

Il progetto informativo, avviato da ATMAR
nel 2008 con la collana dei Quaderni sulle
malattie reumatiche,si arricchisce di un nuovo
numero dedicato all’Osteoporosi.

Il Quaderno 3 approfondisce i diversi aspetti
che riguardano l’Osteoporosi, patologia cro-
nica ad alto impatto socio-sanitario, in cui la
prevenzione è legata anche alla conoscenza
della malattia stessa, degli stili di vita utili a
prevenirne l’insorgenza e delle terapie per
curarla.

I dati sulla sua diffusione nel nostro Paese atte-
stano come si tratti della malattia metabolica
dell’osso più diffusa: il 23% delle donne e il
14% dei maschi tra i 40 e i 79 anni ne sono
colpiti; la sua prevalenza aumenta con l’età e,
complessivamente, si può stimare la presenza
in Italia di quasi sei milioni di persone affette
da Osteoporosi.

Grande importanza assume in questo quadro
l’educazione del paziente alla gestione della
malattia e all’adesione alla terapia, aspetto
fondamentale questo per ogni patologia reu-
matica.

L’impostazione chiara e rigorosa del Quader-
no consentirà al paziente di trovare risposta
ai principali quesiti che attengono all’Osteo-
porosi: grazie al taglio divulgativo la pubbli-
cazione costituirà lo strumento essenziale per
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la campagna sull’Osteoporosi che ATMAR si
propone di realizzare attraverso conferenze
e incontri con la popolazione nelle principali
località del Trentino.

La pubblicazione sarà diffusa anche attraverso
i canali dell’Azienda Provinciale per i Servizi
sanitari, che si ringrazia per la collaborazio-
ne: farmacie, distretti sanitari, ospedali, ambu-
latori specialistici del Trentino.

Il Quaderno 3 è stato realizzato, come i pre-
cedenti, in collaborazione con l’Unità Operati-
va Complessa di Reumatologia dell’Ospedale
S. Chiara di Trento, cui va il ringraziamento
più vivo per il costante supporto scientifico
offerto all’Associazione nell’ambito delle
diverse attività informative, educative e di so-
stegno messe in campo per i malati reumatici
del Trentino.

Un particolare ringraziamento va infine alla
Presidenza del Consiglio Regionale del Tren-
tino - Alto Adige che, con grande sensibilità,
ha dato il proprio sostegno anche in questa
occasione ad un’iniziativa di ATMAR.

       dott.ssa Annamaria Marchionne
              Presidente ATMAR
OSTEOPOROSI: DOMANDE E - UNITÀ OPERATIVA COMPLESSA DI REUMATOLOGIA OSPEDALE S. CHIARA, TRENTO - ATMAR
Osteoporosi:
domande e
risposte

Introduzione

L’innalzamento dell’età media della popolazione
ha numerose conseguenze dal punto di vista sani-
tario ed assistenziale. Le patologie croniche sono
in costante aumento e tra esse l’osteoporosi ha un
peso particolarmente significativo sia per le pos-
sibile gravi conseguenze, sia per la sua massima
prevalenza nelle fasce di età più avanzate. Una
adeguata strategia di intervento deve prevedere
l’identificazione del soggetto a rischio di malattia,
del soggetto affetto da osteoporosi maggiormente
a rischio di complicanze, proponendo un inter-
vento in grado di ridurre l’incidenza di fratture,
l’ospedalizzazione, la perdita dell’autosufficienza
e quindi il carico assistenziale. È necessario un
percorso assistenziale integrato che riconosca il
ruolo di varie figure socio sanitarie. Di sostanzia-
le importanza appaiono il riconoscimento della
malattia, dei suoi fattori di rischio e degli aspetti
principali di prevenzione, delle possibilità di
cura, coinvolgendo in prima persona il paziente
e i suoi familiari. Conoscere gli aspetti preventivi
agendo in particolare sugli stili di vita, conoscere
il tipo di approccio farmacologico considerando-
ne efficacia, rischio beneficio e favorendo in tal
modo la aderenza alla terapia, essenziale per il

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OSTEOPOROSI: DOMANDE E - UNITÀ OPERATIVA COMPLESSA DI REUMATOLOGIA OSPEDALE S. CHIARA, TRENTO - ATMAR
beneficio della cura stessa, sono aspetti educativi
importanti.
Lo scopo di questa pubblicazione è quindi quello
di dare delle prime risposte alle domande più
frequenti che in particolare molte donne si pongo-
no, chiarendo anche degli aspetti di conoscenza
necessari per le persone già affette da questa
patologia dell’osso.

Cosa è l’osteoporosi?

L’osteoporosi è la più comune malattia dello
scheletro. Si tratta di una malattia che inizia in
maniera silente nell’età adulta e che si manifesta
in genere dopo i 50 anni, prevalentemente nelle
donne e nell’età senile. Essa causa una riduzio-
ne della massa ossea (per gran parte costituita
da sali di calcio) associata ad una alterazione
della sua struttura rendendo in tal modo l’osso
più fragile e maggiormente suscettibile al rischio
di frattura. Questa complicanza può interessare
tutte le ossa. Polso, vertebre e femore risultano le
sedi più colpite.

Quanto è diffusa la malattia?

Si tratta della malattia metabolica dell’osso più
diffusa. Essendo una patologia correlata all’invec-
chiamento la sua diffusione si sta espandendo in
relazione all’attuale invecchiamento della popo-
lazione. Secondo dati italiani provenienti da uno
studio epidemiologico del 2003 (studio ESOPO:
Epidemiological Study On the Prevalence of Oste-
oporosis) si stima che circa il 23% delle donne e
il 14% dei maschi tra i 40 e 79 anni ne risultino
affetti. La prevalenza aumenta con l’età tanto che

8
quasi la metà delle donne nella settima decade
di vita ed il 67% delle ottantenni ottemperano i
criteri diagnostici per l’osteoporosi. Complessiva-
mente si può stimare in Italia la presenza di oltre
5.800.000 soggetti affetti da osteoporosi di cui
l’80% donne.

È una malattia inevitabile, conseguenza
dell’invecchiamento?

L’osso è un tessuto in continuo rinnovamento. È
formato da cellule, alcune delle quali (osteocla-
sti) hanno la funzione di riassorbire osso per far
posto a nuovo tessuto sintetizzato da altre cellule
(osteoblasti) sul quale successivamente si deposi-
tano i sali di calcio. Il ciclo di riassorbimento e ne-
oproduzione permette di mantenere “vivo” l’osso.
Questa sequenza consente lo sviluppo scheletrico
(modellamento) nella fase giovanile e successiva-
mente permette la riparazione delle fratture (sia
macroscopiche che quelle microscopiche) e l’otti-
mizzazione delle proprietà meccaniche dell’osso
in rapporto agli stimoli meccanici (rimodellamen-
to). Si calcola che in un anno venga rinnovato
mediamente l’8% dell’intero scheletro. Nell’indi-
viduo adulto esistono due tipi di struttura ossea:
l’osso corticale o compatto e l’osso trabecolare
o spugnoso. Il primo costituisce i tre quarti dello
scheletro totale e va a formare la parte principale
delle ossa lunghe degli arti e delle falangi mentre
l’osso spugnoso va a costituire gran parte dei
corpi vertebrali e l’estremità delle ossa lunghe.
Questi due aspetti macroscopici corrispondono a
differenti proprietà biomeccaniche. L’osso, oltre
che elemento indispensabile per la locomozione
e protezione di organi interni, costituisce la più
importante riserva di calcio dell’organismo, (un

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elemento fondamentale per varie funzioni vitali,
basti pensare alla contrazione muscolare), è de-
posito di altri minerali e proteine e sede di impor-
tanti attività immunitarie e della produzione delle
cellule del sangue. Durante l’accrescimento esiste
un cosiddetto bilancio calcico positivo, cioè viene
formato più osso di quanto venga riassorbito.
Questo accade fino al termine della maturità sche-
letrica ossia fino al raggiungimento del cosiddetto
“picco di massa ossea” intorno alla terza decade
di vita. Con l’aumentare dell’età, ed in partico-
lare dopo i 50 anni, il bilancio calcico inizia a
diventare negativo: un certa quota di osso, tra lo
0.25 e l’1% anno, viene persa progressivamente
e questo conduce alla “osteopenia”. Si tratta di
una condizione non patologica ma di moderato
calo della quantità di sali minerali dall’osso e del-
le sue proprietà meccaniche. Questo fenomeno
è generalizzato in tutto lo scheletro ma interessa
prevalentemente l’osso trabecolare. A carico
dell’osso corticale, come nella parte centrale delle
ossa lunghe, viene riassorbita la parte più interna
mentre prosegue l’apposizione di tessuto sullo
strato esterno ed aumenta la sua porosità.
Il picco di massa ossea costituisce il patrimonio
scheletrico di minerale a disposizione dell’orga-
nismo. Più alto è il picco e minore è il rischio di
andare incontro ad un eccessivo impoverimento
del tessuto osseo durante la vita. Questo conte-
nuto varia in relazione a fattori principalmente
ereditari e in parte ambientali. Il contenuto mine-
rale osseo risulta maggiore negli uomini rispetto
alle donne, negli individui di razza nera rispetto
ai caucasici ed ancor più rispetto agli asiatici. Una
variazione geneticamente controllata del picco di
massa ossea può spiegare la diversa tendenza
allo sviluppo di osteoporosi che si osserva in
alcune famiglie.

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Perché ci si ammala?

L’osteoporosi è una malattia a patogenesi multi-
fattoriale nella quale la riduzione della resistenza
scheletrica conduce alla principale manifestazio-
ne clinica rappresentata dalla frattura ossea. La
fragilità scheletrica può derivare principalmente
da tre meccanismi. In primo luogo dal mancato
raggiungimento di un adeguato picco di massa
ossea durante il periodo della crescita, quindi da
un eccessivo riassorbimento osseo e/o da una
insufficiente neoformazione. Esistono in sintesi
due tipi di osteoporosi: quella primaria e quella
secondaria. La prima è legata principalmente
all’età e si presenta soprattutto nelle donne dopo
la menopausa e negli uomini nell’età senile. Le
donne subiscono un rapida perdita di tessuto
osseo nei 4-8 anni successivi all’inizio della meno-
pausa e proseguono poi con un livello più lento
di perdita del tessuto osseo come avviene negli
uomini. Questo a dimostrazione dell’importanza
degli ormoni sessuali, in particolare gli estrogeni,
nello sviluppo e nel mantenimento della buone
condizioni del tessuto scheletrico. La forma di
osteoporosi secondaria è quella conseguente ad
altre malattie o a farmaci utilizzati per curare al-
tre condizioni morbose. Le malattie che possono
favorire l’osteoporosi sono quelle che interferisco-
no con l’assorbimento di calcio e vitamina D come
le malattie infiammatorie croniche intestinali, le
patologie endocrinologiche con alterazione della
produzione di ormoni che intervengono sul meta-
bolismo osseo (ipertiroidismo, iperpartiroidismo,
diabete etc.), le malattie infiammatorie croniche
articolari (artrite reumatoide, artrite psoriasica,
spondilite anchilosante), tutte le condizioni che
causano ipomobilità o allettamento e le malattie
renali (insufficiente attivazione della vitamina

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D, eccessiva perdita di calcio con le urine etc.).
Esistono poi diversi tipi di farmaci che possono
aumentare il rischio di osteopenia e osteoporosi.
Queste sostanze esplicano l’azione negativa
favorendo la distruzione di tessuto osseo oppure
interferendo con la formazione di nuovo tessuto.
I glucocorticoidi (cortisone, prednisone, predni-
solone etc.) sono il principale gruppo di farmaci
associati alla osteoporosi secondaria. Essi causa-
no osteoporosi più di ogni altro tipo di farmaco.
Sono farmaci importanti per la cura delle forme
reumatiche infiammatorie, dell’ asma bronchiale
e di altre patologie polmonari croniche, delle
malattie infiammatorie intestinali, alcune malattie
neurologiche ed altre patologie infiammatorie.
L’osteoporosi indotta da glucocorticoidi può
verificarsi fin dai primi mesi di terapia. Chi è in
terapia da più di 6 mesi ha il 50% di probabilità
di essere colpito da osteoporosi. Chi è in terapia
per periodi più lunghi ha anche il 50% di proba-
bilità di subire fratture dovute alla osteoporosi. Si
ritiene che dosaggi maggiori di 5 mg al giorno
di prednisone influenzino in modo significativo la
normale struttura e metabolismo del tessuto osseo.
Tra le altre sostanze coinvolte nella patogenesi
della osteoporosi secondaria ricordiamo i farmaci
antiepilettici che interferiscono con l’utilizzo della
vitamina D, il litio (utilizzato nel trattamento delle
malattie psichiatriche) e i farmaci antitumorali.
Spesso nel trattamento del carcinoma mamma-
rio ci si avvale di farmaci antiestrogeni (inibitori
dell’aromatasi) che prolungano o accentuano
la perdita minerale ossea che avviene alla me-
nopausa. Vi sono poi i cosiddetti “agonisti del
Gn-RH” (gonadotropin releasing hormon agonist
come l’acetato di leuprolide), usati per ridurre i
livelli di estrogeni nelle donne in pre-menopausa
con endometriosi e fibromi ed anche usati per

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ridurre il testosterone negli uomini con carcinoma
prostatico, anch’essi in grado di favorire (specie
se trattamento protratto) la perdita dell’osso.

Quali sono i sintomi?

Fino a che l’osso non si frattura l’osteoporosi non
dà segni di sé. Per questo l’osteoporosi è sopran-
nominata “la ladra silenziosa” in quanto causa
un asintomatico e progressivo indebolimento del
tessuto scheletrico sino alla comparsa dell’evento
fratturativo che può avvenire per traumi anche di
modesta o lieve entità. Data la diffusione della
malattia si può prevedere che una donna su due
e un uomo su otto oltre i 50 andranno incontro
ad una frattura da fragilità nella restante vita. Il
dolore è il sintomo principale e la localizzazione
è correlata alla sede della frattura. Nell’interes-
samento della colonna vertebrale il dolore può
essere acuto o subacuto. L’incidenza delle fratture
vertebrali aumenta con l’aumentare dell’età e si
calcola che oltre gli 80 anni almeno due donne
su 10 presentino delle fratture vertebrali. È impor-
tante sottolineare, inoltre, che i dati riguardanti le
fratture vertebrali sono ampiamente sottostimati.
Questo accade perché da una parte la maggio-
ranza delle deformità vertebrali non comportano
una sicura emergenza sul piano dei sintomi e
dall’altra è possibile che il dolore di molte fratture
vertebrali venga attribuito ad altre affezioni come
la spondiloartrosi o dolori di origine muscolare
(lombalgia). Solo un terzo delle fratture vertebrali
è riconosciuto tempestivamente.
Una tipica sede di frattura da osteoporosi è quella
di polso (frattura di Colles) che si instaura per
caduta a terra nel tentativo di proteggersi con le
braccia protese in avanti.

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La più importante e temuta è la frattura del collo
del femore per le sue gravi conseguenze che
comportano ospedalizzazione e, nella maggior
parte dei casi, l’intervento chirurgico. Nel 95%
dei casi la frattura è conseguenza di una caduta.
Sono presenti forte dolore in regione dell’anca
o inguinale, incapacità a sostenere il peso del
corpo, talvolta gonfiore localizzato nella sede
contusa. In alcuni casi la posizione della gam-
ba (ruotata verso l’esterno o apparentemente
accorciata) dopo la caduta o il trauma può
rappresentare un indizio per riconoscere la frat-
tura. I tassi di incidenza della frattura di femore
aumentano esponenzialmente dai 65 anni in poi,
raddoppiandosi all’incirca ogni 5 anni di età fino
ad interessare 2-4 donne all’anno ogni 100 oltre
gli 85 anni. Per gli uomini l’incidenza è più bassa
del 50%. Complessivamente in Italia si contano
circa 90.000 fratture di femore all’anno correlate
all’osteoporosi. Non dimentichiamo inoltre che
per l’interessamento sistemico della malattia si
possono verificare fratture da fragilità in molti altri
distretti tra cui bacino, omero, costole, metatarso
etc. portando complessivamente il conto delle
fratture/anno in Italia a superare le 250.000.

Quali sono le conseguenze
dell’osteoporosi?

La fratture vertebrali conducono a dolore e ac-
centuazione della curvatura del rachide (cifosi)
Le vertebre più frequentemente interessate sono
quelle del tratto dorsale medio inferiore (da D5
a D12) e tratto lombare (L1-L4). Le modifiche
dell’aspetto fisico ed il dolore cronico contribui-
scono a declinare il tono dell’umore ed a perdere
autostima. La depressione può essere conseguen-

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za diretta dell’osteoporosi, delle fratture, della
paura di cadere e del conseguente isolamento
sociale. Il peggioramento della qualità di vita di-
pende maggiormente dal fatto che nella maggio-
ranza dei casi la frattura vertebrale non rimane
un evento isolato. Il ripetersi di eventi fratturativi
nella storia naturale dell’osteoporosi è un evento
ben documentato ed è di grande rilevanza il
fatto che il principale fattore di rischio per una
nuova frattura vertebrale, ed in generale per una
frattura da osteoporosi, è il fatto di avere già
presentato una frattura in precedenza.
Le conseguenze delle fratture femorali possono
essere ancora più drammatiche. È calcolata una
mortalità di circa 5% in fase acuta e del 15-25%
entro un anno. La disabilità deambulatoria è
permanente nel 20% dei casi e solo il 30-40%
dei soggetti riacquista le capacità motorie pree-
sistenti.

Quali sono i fattori di rischio?

L’osteoporosi ha una genesi multifattoriale. Pro-
prio per la sua insorgenza subdola è importante
riconoscere gli aspetti che possono favorirne la
comparsa. Le condizioni di rischio di malattia
possono essere distinte secondo la loro influenza
principale sulla riduzione della massa ossea o sul
rischio di caduta e quindi di frattura. Tra i primi
sono da annoverare l’appartenenza al sesso
femminile, l’inadeguato apporto di calcio con la
dieta, la scarsa attività fisica e la menopausa pre-
coce. Nel secondo gruppo tutte le condizioni che
riducono l’equilibrio e l’efficienza fisica: disabilità,
abuso di farmaci sedativi, di bevande alcoliche,
fattori ambientali (scalini, ambienti poco illumina-
ti, terreno scivoloso etc.). Alcuni fattori, inoltre,

                                                     15
agiscono sia sulla massa ossea che sul rischio di
caduta: età, fumo, basso peso corporeo, caren-
za di vitamina D. Una buona parte del rischio di
malattia non è modificabile: ai fattori genetici è
attribuito circa il 30% della causa di comparsa
della affezione. Sotto questo aspetto è importante
riconoscere se esistono dei familiari già ammalati
o comunque che hanno già subito una frattura
ossea per un trauma minore.

Quali esami vengono effettuati per
scoprire la malattia?

La diagnosi della malattia si effettua attraverso
una visita medica, che comprende la raccolta
della storia clinica e dell’esame obiettivo com-
pletata da esami strumentali ed ematici mirati. In
caso di presenza di sintomi è importante distin-
guere la sintomatologia dolorosa ossea da quella
articolare o di altra origine e quindi orientare
correttamente la diagnosi. L’individuazione della
forma precoce, ossia pre-clinica, si basa sul rico-
noscimento della bassa massa ossea attraverso la
densitometria (MOC).

Che cos’è la MOC?

MOC significa “mineralometria ossea compute-
rizzata” o densitometria ossea. Si tratta di un
esame semplice di tipo radiologico effettuato
mediante una speciale apparecchiatura che stima
la quantità minerale (sali di calcio) in uno o più
siti scheletrici utilizzando una bassa quantità di
radiazioni. La densitometria a raggi X (DXA)
rappresenta la tecnica più diffusa. I siti scheletrici
maggiormente valutati sono il rachide lombare, il

16
tratto prossimale del femore, e il polso. La densità
ossea (BMD) viene generalmente espressa in
rapporto a una condizione di riferimento ideale
rappresentata dal valore dell’osso nel giovane
adulto (“T score”) ed anche in riferimento ad un
valore medio in rapporto al sesso e alla fascia
di età corrispondente (“Z score”). La differenza
tra questi valori di riferimento è espressa in
“deviazioni standard” (DS). Ogni deviazione
standard corrisponde ad una variazione del
valore di densità, in genere in difetto, di circa
13-14%. L’Organizzazione Mondiale della Sanità
(O.M.S) ha definito come soglia diagnostica per
l’osteoporosi il riscontro di un valore di T-score più
basso di 2.5 DS.
Secondo una convenzione internazionale si defi-
niscono le seguenti categorie di soggetti in base
all’esame densitometrico:
– normale se T score -1 o superiore
– osteopenia se T score compreso tra -1 e -2.5
– osteoporosi se T score minore di -2.5
– osteoporosi stabilizzata se T score minore di
    -2.5 + almeno già un frattura da fragilità.

Non occorre valutare l’intero scheletro (total
body) per diagnosticare la malattia. È sufficiente
effettuare la misura nelle sedi più a rischio di frat-
tura. Si è osservato inoltre che anche la misurazio-
ne di una sede periferica come il polso, falangi,
calcagno è comunque predittiva del rischio di
frattura in generale.
La misurazione densitometrica della colonna
lombare è preferita nel primo periodo della età
post menopausale perché è un sito precocemente
interessato dalla malattia. L’accuratezza della
misurazione si riduce in presenza di artrosi e
di calcificazioni extrascheletriche. Per questo la
densitometria femorale in età senile può essere

                                                   17
più accurata e clinicamente più utile perché la più
predittiva del rischio di frattura più temuto.
La dose di radiazione assorbita è minima: un
migliaio di volte inferiore rispetto ad una comune
radiografia della colonna lombare.
È possibile inoltre avere una misura della massa
ossea con strumenti ad ultrasuoni. Le caratteristi-
che essenziali della ultrasonografia ossea sono
l’assenza di radiazioni, la facilità di esecuzione
dell’esame, la trasportabilità ed il basso costo.
La velocità di trasmissione del fascio ultrasono-
grafico è direttamente proporzionale alla densità
dell’osso mentre l’attenuazione esprime la perdita
di energia dell’onda che avviene in modo diverso
secondo i vari tessuti attraversati. Molto interesse
per questo tipo di tecnica è derivato dalla pos-
sibilità di ottenere informazioni anche su altre
caratteristiche correlate alla resistenza ossea oltre
alla densità. I siti più misurati sono il calcagno e
la falange.
L’utilizzo principale della densitometria ad ul-
trasuoni è quello di screening per selezionare i
soggetti maggiormente a rischio che potranno poi
essere sottoposti ad ulteriori accertamenti. È una
metodica in grado di predire il rischio di frattura
e quindi si integra con la stima complessiva della
malattia.

Quando è consigliato effettuare la
MOC e quando è opportuno ripeterla?

L’esame è indicato quando occorre definire in ma-
niera più precisa la stima del rischio di frattura e
quindi decidere quali provvedimenti prendere per
ridurre tale rischio. In genere l’indicazione all’esa-
me si ha per soggetti di sesso femminile in età post
menopausale con altri fattori associati alla bassa

18
massa ossea come la familiarità per osteoporosi,
la menopausa precoce, la magrezza. L’esame è
indicato anche in caso di pregressa frattura per
traumi lievi e in soggetti che hanno malattie che
influenzano l’integrità scheletrica (artrite, alcune
malattie endocrine etc.) o assumono terapie osteo-
penizzanti (come il cortisone per tempo protratto)
(tabella 1).

 Indicazioni ad eseguire MOC

 – ipogonadismo o menopausa precoce ( 3 mesi) trattamenti
   corticosteroidei (> 5 mg/die di prednisone equi-
   valenti)
 – in soggetti con anamnesi familiare positiva per
   fratture da fragilità (femore, vertebrali o del polso
   < 75 anni)
 – basso peso corporeo (< 57 Kg o indice di massa
   corporea < 19 Kg/m2)
 – in caso di riscontro radiologico di osteoporosi
 – in malattie associate ad osteoporosi (malattie
   endocrine come iperparatiroidismo, ipertiroidismo
   etc., malattie reumatiche come artrite reumatoide
   etc…)
 – precedenti fratture da fragilità
 – nelle donne e uomini oltre i 65 anni di età con altri
   fattori di rischio per bassa massa ossea.

Tabella 1: indicazione all’esame densitometrico osseo

L’esame densitometrico trova indicazione anche
nel follow up della malattia per documentare una
variazione della massa minerale e anche l’effetto
del trattamento. In questo caso occorre ricordare
che le modifiche evidenziabili, tenuto conto del
metabolismo dell’osso e dell’errore di precisione
dello strumento, devono superare almeno il 3-4%
del precedente valore di riferimento. Questo

                                                      19
significa che non è possibile avere la certezza
del cambiamento reale del risultato dell’esame
densitometrico se non dopo un congruo periodi
di tempo che in genere è superiore ai 18 mesi.

Quale relazione c’è tra il risultato della
MOC e il rischio di frattura?

La densitometria ossea ha una discreta specificità,
per cui il rischio di frattura aumenta tanto più la
massa ossea diminuisce. Tuttavia questo rischio ri-
sente anche di altri fattori e prima di tutto dell’età.
A parità di massa ossea il rischio di frattura è più
alto man mano che si invecchia. Ad esempio,
mentre per un T-score compreso tra -2,5 e -3,0
l’incidenza annua di frattura è trascurabile in una
donna di 55 anni, esso diventa 5 volte maggiore
in una donna di 75 anni. Molti poi vanno incon-
tro a frattura anche senza avere valori di massa
ossea particolarmente bassi e questo definisce la
scarsa sensibilità della metodica. Quindi con que-
sto esame non è possibile distinguere i soggetti
fratturati da quelli non fratturati, tuttavia il valore
predittivo della misura della densità minerale os-
sea è comunque non trascurabile e sicuramente
superiore a tutti gli altri elementi che possiamo
considerare (altri fattori di rischio legati alle abitu-
dini di vita, alla famigliarità, indagini radiografie
etc.). Sicuramente l’elemento più importante che
fa aumentare il rischio di frattura è quello di aver
già subito questo evento per un trauma minore
(come quello conseguente ad una caduta dalla
stazione eretta).

20
Qual è il ruolo degli esami di laboratorio?

Gli esami di laboratorio sono utili soprattutto
nell’inquadramento iniziale della malattia per
ricercare eventualmente altre cause sottostanti
che determinano l’osteoporosi (le cosiddette
osteoporosi secondarie). Come primo livello sono
sufficienti pochi esami del sangue e urine (VES,
emocromo, protidemia, calcemia, fosforemia, fo-
sfatasi alcalina, creatininemia, calciuria delle 24
ore). Nella grande maggioranza dei casi (oste-
oporosi post menopausa e senile) questi esami
risultano normali.

Come posso sapere se sono a rischio di
malattia?

Prova a rispondere al seguente questionario.
Ogni risposta affermativa indica la presenza di
un fattore di rischio per l’osteoporosi e potrebbe
essere indicato un approfondimento clinico da
parte del medico curante o del medico specialista.

 1 Uno dei vostri genitori ha riportato una         6 Fumate più di 20 sigarette al giorno?
   frattura del collo del femore in seguito a          SI        NO
   un banale urto all’anca o una lieve caduta?
    SI         NO                                 7 Soffrite spesso di diarrea (in seguito a
                                                      malattie come la celiachia/intolleranza al
 2 Avete mai riportato una frattura in seguito a      glutine o il morbo di Crohn?
   un banale urto o una lieve caduta?                  SI          NO
    SI         NO
                                                    Per le donne:
 3 Avete assunto farmaci corticosteroidi (corti-    8 La menopausa è iniziata prima dei 45 anni?
   sone, prednisone, etc) per più di tre mesi?           SI       NO
    SI        NO
                                                    9 Non avete più mestruazioni da almeno 12
 4 La vostra altezza si è ridotta di più di 3 cm?     mesi per cause diverse dalla gravidanza?
    SI          NO                                   SI        NO
 5 Bevete frequentemente considerevoli quan-        Per gli uomini:
   tità di alcolici (in misura eccessiva rispetto   10 Avete mai sofferto di impotenza, diminuzio-
   al consumo massimo consigliato)?                     ne della libido o altri sintomi correlati ad un
    SI          NO                                    basso livello di testosterone?
                                                         SI          NO

                                                                                                    21
Quali misure possiamo adottare per
prevenire l’osteoporosi?
Prevenire l’osteoporosi significa contenere l’ec-
cessiva perdita di minerale dall’osso e ridurre
il rischio di frattura. La prevenzione primaria si
attua seguendo i principi generali di corretto stile
di vita: evitare il fumo, l’eccesso di bevande alco-
liche, seguire una dieta equilibrata con corretto
apporto di calcio (vedi in seguito) e proteico
calorico. Un deficit proteico è svantaggioso per
la acquisizione di massa ossea nell’età evolutiva
oltre che per la conservazione della stessa ed il
trofismo muscolare nei soggetti in età avanzata.
D’altra parte diete iperproteiche possono favorire
la perdita di calcio con le urine. Una regolare at-
tività fisica è fondamentale per la salute dell’osso
e del muscolo perché interviene favorevolmente
sulla densità ossea ed anche sulla riduzione del
rischio di caduta (vedi in seguito). Occorre porre
attenzione alla “salute” dell’osso, in particolare
quando si assumono farmaci che possono interfe-
rire sul suo metabolismo (cortisonici per esempio)
o in caso di ridotta azione o produzione di ormo-
ni sessuali come nella donna se incorre precoce-
mente in menopausa.

Qual è il ruolo dell’attività fisica
nell’osteoporosi?
Una corretta attività fisica, stimolando l’intero me-
tabolismo e quindi anche quello del tessuto osseo,
può ritardare l’inizio e l’evoluzione dell’osteo-
porosi proprio come una scarsa attività la può
favorire. È noto infatti che periodi anche brevi di
immobilizzazione sono particolarmente deleteri
per la massa ossea.

22
Gli studi disponibili giungono alla conclusione che
in donne in post menopausa l’attività fisica aiuta a
ridurre la perdita minerale ossea in particolare a
livello della colonna vertebrale e del femore, note
sedi di fratture. Il movimento non è importante
solo per migliorare la densità ossea, ma anche
per prevenire le cadute, responsabili in larga
parte delle fratture da osteoporosi.
La semplice abitudine di camminare con regolarità
risulta essere un esercizio efficace ed economico
nei pazienti con osteoporosi specialmente se
associata ad attività fisiche e ad esercizi che
mantengano e incrementino la forza dei muscoli
degli arti, specie inferiori, e della schiena. Infatti
il rinforzo selettivo di tali muscoli determina un
miglioramento della elasticità, della postura,
della coordinazione e dell’equilibrio. Proprio
questi fattori neuromuscolari sono riconosciuti
di fondamentale importanza nella prevenzione
delle cadute e delle fratture ad esse associate nei
casi in cui la resistenza ossea sia ridotta come
nell’osteoporosi. Numerosi sono gli studi infatti
che dimostrano come l’attività fisica è associata a
un minor rischio di frattura.
Il tipo di attività fisica e gli esercizi consigliati
saranno diversi a seconda dell’età, dell’abituale
livello di attività motoria, dalla presenza di pato-
logie cardiovascolari, osteo-articolari, neurologi-
che etc, dal grado di osteoporosi nonché dalla
presenza di possibili rischi individuali di caduta.
Affinché l’attività fisica e gli esercizi muscolari
siano efficaci è importante che siano effettuati con
progressione, regolarità e costanza. Tuttavia men-
tre per un soggetto sano è possibile eseguire una
attività fisica e degli esercizi muscolari relativa-
mente intensi con beneficio e senza conseguenze,
una persona con osteoporosi deve evitare esercizi
troppo impegnativi perché le attività fisiche pe-

                                                   23
santi possono peggiorare la situazione ed essere
causa di traumi e/o fratture.
Molto importante per tutti è seguire uno stile di
vita sano, trascorrere adeguati periodi all’aria
aperta, mantenere una corretta postura, evitare le
flessioni eccessive della colonna vertebrale come
nel sollevare oggetti e pesi da terra, non eseguire
movimenti improvvisi e di torsione del tronco.

Quale attività posso fare per prevenire
la fragilità eccessiva dell’osso?

Per le persone che presentano un quadro di oste-
oporosi iniziale e che non soffrono di patologie
cardiovascolari, esiti di fratture vertebrali o da
fragilità e problemi di equilibrio, è importante
effettuare regolarmente una attività aerobica in
carico. L’attività motoria più semplice che può
essere svolta dalla maggior parte delle persone
senza difficoltà è la semplice passeggiata a passo
svelto per 30 minuti al giorno o almeno tre volte
                            alla settimana. Se si
                            ha a disposizione un
                            tapis roulant è possibi-
                            le eseguire l’esercizio
                            controllando la velo-
                            cità e l’intensità dello
                            sforzo anche quando
                            non è possibile uscire.
                            In persone allenate e
                            senza disturbi articolari
                            e cardiovascolari pos-
                            sono essere consigliati
                            anche esercizi di tipo
                            aerobico a basso im-
                            patto come camminate
                            in salita, il walking e il

24
ballo solo però se eseguiti in modo graduale. È
necessario anche in chi è allenato usare cautela e
progressione e alternare attività a medio impatto
con attività a basso impatto. È preferibile effettua-
re le attività motorie all’aria aperta, utilizzando
adeguate calzature, senza eccessi o stancarsi
troppo. Vanno favorite quelle attività quotidiane
ma anche sportive volte a migliorare la forza
muscolare degli arti inferiori, molto importante
sia per l’equilibrio che per prevenire eventuali
cadute. Per esempio la buona abitudine di salire
e scendere le scale risulta già essere un ottimo
esercizio quotidiano per rinforzare i muscoli delle
gambe.
Risulta utile inoltre introdurre esercizi di rinforzo
muscolare specifici per i muscoli del dorso. Infatti
molti studi hanno evidenziato che nelle donne in
post-menopausa vi è frequentemente un aumento
della cifosi dorsale anche in assenza di fratture:
tale alterazione posturale oltre a essere causa
di dolore cronico determina una alterazione del
carico sulle vertebre, già di per sé più fragili in
caso di osteoporosi, e
influisce negativamente
sulla forza della mu-
scolatura del dorso e
sull’equilibrio. Diversi
studi hanno eviden-
ziato come esercizi in
estensione del rachide
eseguiti regolarmen-
te almeno tre volte in
settimana contrastano
l’aumento della cifosi,
migliorano la forza, la
postura e l’equilibrio.
Di seguito ne proponia-
mo alcuni.

                                                  25
Seduti su una sedia con lo
schienale basso portare
le braccia davanti al pet-
to con i gomiti flessi e le
dita che si toccano.
Espirando allontanare le
dita por tando indietro
i gomiti, inspirando av-
vicinare le dita Ripetere
lentamente per 8 volte.

                               Utilizzare un elastico a
                               resistenza medio bassa.
                               Arrotolare l’elastico at-
                               torno alle mani; gomiti
                               in lieve flessione aprire
                               lentamente le braccia ten-
                               dendo l’elastico.

Si consigliano inoltre esercizi volti a migliorare la coor-
dinazione e l’equilibrio. Il nuoto e gli esercizi in acqua,
anche se non incrementano la massa ossea sono utili per
migliorare la forza, la resistenza e la coordinazione. An-
che il Tai Chi è stato dimostrato efficace nel migliorare
l’equilibrio e ridurre il rischio di caduta.

26
In posizione quadrupedica sollevare alternativamente
gli arti inferiori avendo cura di non superare il livello
del tronco con il ginocchio. L’esercizio va eseguito con
dolcezza e gradualità.

Molto importante per tutti
e in qualsiasi attività della
vita quotidiana è evitare
movimenti bruschi e fles-
sioni eccessive della co-
lonna cercando di flettere
le ginocchia e le anche a
busto relativamente eretto
nei movimenti come pie-
garsi in avanti per racco-
gliere o sollevare oggetti
da terra .

                                                      27
Come occorre comportarsi se è già
avvenuta una frattura?

In caso di osteoporosi avanzata o nel caso in cui
si siano già verificate delle fratture da osteopo-
rosi e/o vi sia un aumentato rischio di cadere, è
necessario porre ancora maggiore attenzione al
modo in cui si fanno le cose di tutti i giorni come
piegarsi in avanti, eseguire movimenti in flessione
e rotazione della schiena, ma anche alzarsi dal
letto e dalla sedia. In questi casi potrebbe essere
utile usare ausili per raccogliere gli oggetti da
terra o per rendere più sicuro il cammino.

Per alzarsi dal letto è consigliabile piegare gli arti
inferiori e ruotare sul fianco: mentre le gambe si ab-
bassano fuori del letto ci si alza con l’aiuto delle braccia
senza far compiere flessioni e rotazioni alla colonna.

Per allacciarsi le scar-
pe, per esempio, per
non piegare troppo
la schiena, è bene ap-
poggiare il piede su
uno sgabello.
Per mettere le scarpe                                NO
utilizzare un calza-
scarpe lungo.
Per mettere le calze è
bene sempre sedersi
e portare il ginocchio
verso il petto.

                                                     SI

28
Sarà opportuno modificare l’ambiente domestico
per renderlo più sicuro per prevenire le cadute.
È importante che i locali siano ben illuminati; non
alzarsi la notte senza aver prima acceso la luce,
spostare o eliminare mobili, tappeti e arredi in
genere che possano essere di ostacolo. Negli
ambienti particolarmente a rischio come il bagno
è bene predisporre maniglie o ausili che ne ren-
dano sicuro l’utilizzo.
È importante mantenere della attività fisica come
il cammino all’aria aperta facendo passeggiate
quotidiane su terreni piani evitando di cammi-
nare su strade sconnesse o percorsi accidentati,
utilizzare scarpe comode e soprattutto chiuse con
suola antiscivolo; è bene utilizzare borsette che
lascino libere le mani per proteggersi se si scivola.
In caso di necessità utilizzare gli ausili necessari
come il bastone o il deambulatore che permettono
di muoversi in sicurezza e nello stesso tempo di
poter camminare per tratti più lunghi con maggior
beneficio.
In caso di dolore cronico dopo cedimenti verte-
brali o manifeste difficoltà nel controllo posturale,
l’utilizzo di un corsetto (preferibilmente semirigido
o dinamico) può migliorare il dolore riducendo il
carico vertebrale ai livelli di frattura e aiutare la
colonna a stare meglio allineata permettendo di
camminare per tratti più lunghi.
È molto importante, anche in questo caso, ese-
guire regolarmente degli esercizi per rinforzare
i muscoli che, tuttavia, è bene siano inizialmente
insegnati e controllati da un fisioterapista e solo
in seguito continuati in autonomia. Di seguito
vengono spiegati alcuni esercizi molto semplici.
Innanzitutto è molto importante abituarsi ad assu-
mere il più possibile una corretta postura evitando
di mantenere una posizione in eccessiva flessione
anteriore del tronco.

                                                  29
Seduti, braccia lungo i fianchi, inspirando estendere la
colonna mantenendo la posizione assunta e poi espi-
rando tornare lentamente alla posizione di partenza.

In posizione supina a gambe semiflesse, portare in
appoggio il braccio sopra la testa premendo contro
il piano. Tornati alla posizione di partenza si esegue
l’esercizio con il braccio controlaterale.
Ripetere 8 volte per lato.

30
Posizione supina, gambe semiflesse; braccia leggermen-
te distanziate dal corpo, gomiti flessi a d angolo retto;
spingere i gomiti contro il piano di appoggio mante-
nendo la pressione per 4-5 secondi.
Ripetere per 8 volte

                              Seduti su uno sgabello
                              gomiti flessi braccia lun-
                              go i fianchi leggermente
discostate dal tronco portare i gomiti indietro cercando
di avvicinare le scapole. Ripetere per 8 volte.

Per mantenere e rinforzare i muscoli degli arti
inferiori oltre il camminare può essere utile anche
fare della cyclette ponendo attenzione nel salire
e nello scendere e utilizzando cyclette con un
accesso facilitato. Per tutti è molto importante
mantenere una buona espansione toracica anche
mediante esercizi di respirazione.

                                                      31
Posizione supina, arti superiori appoggiati lungo i
fianchi con i palmi delle mani rivolte verso l’alto, arti
inferiori flessi inspirare con il naso ed espirare con la
bocca cercando di mandare l’aria verso l’addome.

I vari esercizi proposti dovranno essere eseguiti
lentamente, senza mai provocare dolore o tensio-
ni muscolari, rispettando un adeguato periodo di
pausa fra una ripetizione e l’atra e fra un eserci-
zio ed il successivo.

Con quali farmaci si cura l’osteoporosi?

I farmaci per la terapia dell’osteoporosi si basano
su due grandi strategie: bloccare il riassorbimento
e quindi la perdita di massa ossea oppure stimola-
re la formazione di nuovo tessuto osseo.
I bisfosfonati sono i più potenti inibitori del rias-
sorbimento osseo e agiscono inibendo l’attività

32
delle cellule che portano via l’osso dallo scheletro
(osteoclasti) determinando quindi un incremento
della massa ossea, un miglioramento dei valori
densitometrici e soprattutto riducendo il rischio di
fratture. I bisfosfonati possono essere somministra-
ti per os (per bocca), per via intramuscolare o per
via endovenosa. Quelli per os sono l’alendronato,
il risedronato e l’ibandronato. Questi farmaci si
sono ampiamente dimostrati efficaci per la preven-
zione delle fratture vertebrali e non vertebrali che
si riducono di circa il 40-50% in 3 anni di terapia.
Presentano uno scarso assorbimento quando som-
ministrati per os e quindi devono essere assunti a
stomaco vuoto evitando la contemporanea assun-
zione di alimenti per circa 30-40 minuti. Questo
accorgimento risulta essenziale per garantire
l’assunzione e quindi l’efficacia del farmaco. Ne-
gli ultimi anni sono state introdotte in commercio
formulazioni che permettono la somministrazione
di questi farmaci a cadenza settimanale o mensile
rendendo quindi più semplice la loro assunzione
e meno problematico osservare le corrette norme
di assunzione che abbiamo più sopra menziona-
to. Il più recente regime terapeutico attualmente
disponibile per l’uso clinico è la somministrazione
endovenosa annuale di acido zoledronico al do-
saggio di 5mg. Questo farmaco risulta essere il
bisfosfonato più potente attualmente in commercio
ed è in grado di determinare una riduzione alta-
mente significativa del rischio di frattura in tutte le
sedi. Il clodronato è il bisfosfonato più “vecchio”
presente in commercio e si somministra per via
intramuscolare. Non ci sono attualmente dati che
dimostrino l’efficacia di tale farmaco nel ridurre il
rischio di frattura.
La calcitonina sintetica o estrattiva è stata utilizza-
ta molto negli anni scorsi come agente inibente il
riassorbimento osseo ma ora è sostituita dai più

                                                    33
potenti ed efficaci bisfosfonati. Anche gli estrogeni
sono stati usati fino a pochi anni fa come farmaci
anti osteoporotici. In effetti si sono mostrati effi-
caci nel ridurre la perdita minerale ossea e l’inci-
denza di frattura tuttavia con un profilo di rischio
non favorevole in quanto possono incrementare il
rischio cardiovascolare, le trombosi venose e l’in-
sorgenza di neoplasia mammaria. Il loro utilizzo
quindi nella cura dell’osteoporosi è limitato a casi
selezionati associati ad altre manifestazioni di ca-
renza ormonale. Esiste una classe di farmaci che
agisce in maniera modulata su recettori estrogeni-
ci (SERM: modulatore selettivo dei recettori estro-
genici). Questi farmaci (raloxifene, basedoxifene)
sono stati approvati per la cura dell’osteoporosi.
Hanno effetti simili agli estrogeni sul tessuto osseo
mentre non agiscono su altri organi bersaglio de-
gli ormoni sessuali (mammella, utero).
I farmaci che stimolano la formazione di nuovo
osso sono il paratormone e la teriparatide. Que-
ste molecole derivano dall’ormone paratiroideo,
l’ormone deputato a regolare i livelli di calcio e
fosforo nel nostro organismo. Si somministrano
per via sottocutanea tutti i giorni per un periodo
di circa 18-24 mesi. L’ormone paratiroideo e la
teriparatide si sono dimostrati efficaci nel ridur-
re il rischio fratturativo e nel migliorare i valori
densitometrici. L’elevato costo e la necessità di
somministrazione sottocutanea giornaliera ne
limitano a tutt’oggi l’impiego a quei soggetti che
non presentano una risposta terapeutica adegua-
ta agli altri trattamenti o che mostrano un quadro
di osteoporosi severa.
Il ranelato di stronzio è un sale organico dello
stronzio, un elemento chimicamente correlato
con il calcio che sembra possedere sia attività
antiriassorbitive che di stimolazione della forma-
zione di nuovo osso. Questo farmaco si assume

34
quotidianamente per os e si è dimostrato efficace
nel ridurre il rischio di nuove fratture vertebrali.
Accanto a questi farmaci già presenti in commer-
cio ce ne sono altri in fase di sviluppo. In partico-
lare il denosumab è un nuovo farmaco che è ora
in commercio anche in Italia. Si tratta di una pro-
teina (anticorpo contro una molecola che attiva
gli osteoclasti e causa il riassorbimento dell’osso)
che viene somministrato per via sottocutanea
ogni 6 mesi. Questo farmaco blocca la perdita di
massa ossea e si è dimostrato molto efficace nel
ridurre il rischio di tutti i tipi di frattura.

Esiste un trattamento chirurgico
dell’osteoporosi?

In caso di frattura ossea la valutazione ortopedi-
ca è rivolta a ridurre o stabilizzare il focolaio di
frattura. Il provvedimento varia a seconda della
sede ossea interessata. Oggi giorno sono stati fat-
ti grandi progressi nella chirurgia del femore e, in
particolare con l’intervento di protesi, è possibile
intervenire nella maggioranza dei casi e rapida-
mente dare avvio al programma riabilitativo di
ripresa del carico e, se possibile, delle capacità
motorie preesistenti.
Negli ultimi anni si sono diffuse nuove tecniche
chirurgiche per il trattamento della frattura ver-
tebrale. In casi selezionati è possibile intervenire
per via percutanea (ossia introducendo un ago
sotto guida radiologica in anestesia locale diret-
tamente nel rachide) e introdurre nel corpo ver-
tebrale del materiale che solidifica rapidamente
(tipo “cemento”) che mira a rafforzare il tessuto
osseo e ridurre il dolore (vertebroplastica). Tale
manovra talvolta è preceduta dal recupero di un
certo volume osseo attraverso la dilatazione di un

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piccolo palloncino introdotto nella stessa vertebra
(cifoplastica).

Quando è indicato il trattamento
farmacologico?

La necessità di iniziare un trattamento farmacolo-
gico va valutata sulla base dei rischi e dei benefici
di ogni singolo paziente. Possiamo comunque as-
sumere che un trattamento sia necessario almeno
in tutti i casi in cui il Sistema Sanitario Nazionale
ne prevede la rimborsabilità. Quest’ultima è rego-
lamentata per i farmaci per la terapia dell’osteo-
porosi dalla Nota 79. Essa prevede che i farmaci
siano rimborsabili per i soggetti che abbiano già
subito una frattura osteoporotica vertebrale o
femorale o che abbiano un’età superiore ai 50
anni e valori densitometrici ossei particolarmente
bassi (
oltre i 50 anni che fanno uso di cortisone (dose
superiore a 5 mg al giorno di prednisone assunto
cronicamente) senza definizione di soglia di den-
sità ossea. I farmaci impiegati nella prevenzione
e cura dell’osteoporosi cortisonica sono i bisfosfo-
nati e, in casi selezionati, la teriparatide.

Quanto dura il trattamento?

Non vi è ad oggi un consenso definito sulla durata
del trattamento per l’osteoporosi. I principali studi
scientifici in merito hanno dimostrato l’efficacia e
la sicurezza della terapia per una durata di circa
10 anni. Dopo un periodo di 5-10 anni è fonda-
mentale valutare i rischi e i benefici della terapia
in ogni singolo paziente in maniera da fornire
un trattamento il più possibile individualizzato
ed aderente alle necessità del paziente. Alcune
volte il trattamento è correlato alla esposizione al
fattore di rischio per esempio alla concomitante
terapia steroidea.

Possiamo evitare le fratture ossee?

I farmaci approvati per la terapia dell’osteoporosi
riducono il rischio di frattura di circa il 50%. La
riduzione del rischio in genere è maggiore per
le fratture vertebrali (può arrivare al 70%) e più
bassa per quelle non vertebrali (circa il 30% per
alcuni farmaci) e varia a secondo della condizio-
ne clinica e del farmaco utilizzato. In genere più
alto è il rischio di frattura e maggiore è il guada-
gno relativo in termini di efficacia anche se nessun
farmaco attualmente disponibile però è in grado
di azzerare completamente il rischio di frattura.
È importante, quindi, oltre alla adeguata terapia,

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mettere in atto anche tutte le altre accortezze,
quali ad esempio una modifica dei fattori inerenti
al rischio di caduta che influenzano anch’essi il
rischio di frattura (tabella 2).

FATTORE DI RISCHIO	INTERVENTO CORRETTIVO
Ipotensione ortostatica     contrarre più volte i muscoli
                            delle gambe prima di alzarsi
                            dal letto e gradualmente
                            passare dalla posizione
                            sdraiata a quella in piedi,
                            evitare disidratazione, eccesso
                            nella terapia antipertensiva
Sedativi e politerapia      Limitare l’uso di tranquillanti
                            ed induttori del sonno in
                            particolare se ci si alza la
                            notte per andare in bagno
Difficoltà in bagno	Approntare maniglie di
                     sicurezza, alzare il sedile della
                     toilette
Rischio ambientale in casa 	Utilizzare il corrimano,
(scale, pavimenti)          calzature adeguate, ambienti
                            ben illuminati, sottotappeti
                            antisdrucciolo, correggere le
                            altezze dei gradini e delle
                            soglie se irregolari
Difetto della andatura	Allenamento muscolare ed
                        all’equilibrio, utilizzo di ausili
Disturbi sensoriali         Correggere i difetti visivi
                            (occhiali, intervento di
                            cataratta)

Tabella 2: maggiori fattori di rischio di caduta.

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Quali sono gli effetti collaterali più
comuni del trattamento?

Gli effetti collaterali più comuni dei bisfosfonati
sono sostanzialmente tre: la scarsa tollerabilità
gastrointestinale, il rischio di osteonecrosi mandi-
bolare e la reazione simil influenzale.
Tollerabilità gastro-intestinale: quando assunti
per os questi farmaci possono causare irritazione
esofagea. Questo disturbo si è però ridotto dra-
sticamente con la creazione di bisfosfonati che
possono essere assunti a cadenza settimanale o
mensile. È inoltre importante seguire attentamente
le norme di assunzione di tali farmaci per ridurre
il rischio di sviluppare questi disturbi. Queste pre-
vedono l’assunzione della compressa a digiuno al
mattino con un bicchiere colmo d’acqua e quindi
non coricarsi nei successivi 20, 30 minuti (man-
tenere posizione assisa) per ridurre al minimo il
contatto del farmaco con la mucosa esofagea.
Osteonecrosi della mandibola: si tratta di un
processo infettivo a carico delle ossa della man-
dibola e della mascella con scarsa tendenza alla
guarigione. È evento avverso raro ma severo
correlato però all’assunzione di bisfosfonati ad
alte dosi. In particolare è un fenomeno che si è
verificato quasi esclusivamente in pazienti che
assumevano bisfosfonati per via endovenosa ad
alte dosi per la terapia delle metastasi ossee. Il
rischio di sviluppare questa patologia nei pazienti
che assumono invece questi farmaci per l’osteo-
porosi è risultato invece molto basso pari circa ad
un evento ogni 10.000-100.000 soggetti trattati
in un anno. Esistono dei fattori inducenti come gli
interventi chirurgici stomatologici ed estrazioni
dentarie. Una cattiva igiene orale, fumo, eccesso
di alcool, il diabete, uso di farmaci steroidei o

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