Napoli, Osteria La Chitarra. Vent'anni tra musica e fornelli - Luciano Pignataro

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Napoli, Osteria La Chitarra. Vent'anni tra musica e fornelli - Luciano Pignataro
Napoli, Osteria La Chitarra. Vent’anni tra musica e
fornelli

Giuseppe Maiorano con la moglie Annamaria, per gli amici e clienti abituali: Peppino e Nanà
di Giulia Cannada Bartoli

Osteria La Chitarra
Rampe San Giovanni Maggiore 1/bis
Tel. 081 552 91 03
Aperto da ottobre a giugno dal lunedì al sabato a pranzo e cena 12,00 – 15, 30/ 19,00
23,30.
Da luglio a settembre aperto solo a cena
Chiuso la domenica. Da luglio anche il sabato a pranzo
Carte di credito e bancomat: si
Ferie: due settimane in agosto

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Napoli, Osteria La Chitarra. Vent'anni tra musica e fornelli - Luciano Pignataro
Napoli, via Mezzocannone, “cittadella” universitaria, ma, anche strada di collegamento
con tante delle attrattive del centro storico della città. Napoli è una metropoli, ma
anche, un paese, che con le sue storie, leggende, luoghi unici e la cucina popolare,
continua a essere un mito e, nonostante tutto, una speranza: quella di ritrovare
l’autenticità, lontano da qualsiasi retorica e comprendere le ragioni profonde delle
proprie tradizioni culturali e gastronomiche per trasmetterle alle nuove generazioni,
abituate a ingurgitare cibi finti e merendine.

In questa zona, esclusi forse luglio, agosto e alcune ore della tarda serata, la maggior
parte delle persone è abituata a convivere con il caos più completo. Una confusione
stratificata per classi sociali, età e nazionalità. Durante la pausa estiva l’ambiente è
meno affollato, ma, altrettanto variopinto e interessante. Si va dalle frotte di turisti,
intruppati in carovane, a quelli più curiosi che girano per proprio conto, agli abitanti
della zona, per finire con le fiumane di ragazzi dal palato “anestetizzato”, in fila davanti
a rosticcerie, paninerie, kebab e simili. Non mancano poi, spesso una di fianco all’altra,
le trattorie per turisti “ sprovveduti”, quelli che si lasciano attirare dai menù a prezzo
fisso, o dai richiami “accattivanti”dei camerieri. Tutto questo accade nei luoghi simbolo
del centro storico, quelli più conosciuti, come Piazza del Gesù Nuovo, Via Santa Chiara,
Piazza San Domenico Maggiore, la zona dei Decumani, con Piazzetta Nilo, San Gregorio
Armeno, la via dei Pastori, con le loro magnifiche opere in terracotta, (tra le quali è
recentemente entrata anche quella del nuovo Sindaco di Napoli) Piazza Dante, Via
Tribunali, Piazza Bellini, Via Costantinopoli e tanti altri luoghi che abbiamo visitato
durante gli ultimi dodici mesi. C’è poi una parte del centro antico, meno conosciuta, più
dimessa, ma altrettanto affascinante. E’ la zona definita dall’infinità di vicoli e rampe,
che in un modo, o nell’altro, mettono in collegamento tantissimi luoghi di Napoli, anche
distanti tra loro. In queste vie ancora si conduce la vita domestica del vicolo, fatta di
condivisione, litigi, solidarietà e pettegolezzi.

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Napoli, Osteria La Chitarra. Vent'anni tra musica e fornelli - Luciano Pignataro
la vita domestica nei vicoli
Tra queste, le Rampe di San Giovanni Maggiore, che dalla parte bassa di via
Mezzocannone, conducono alla Basilica di San Giovanni Maggiore. Le Rampe, circa una
trentina di gradini, si raggiungono da Via S.Aspreno, passando per via Sedile di Porto.
Vale la pena di raccontare una storia tutta napoletana che riguarda questa via,
intitolata al Vescovo Aspreno, primo vescovo e patrono di Napoli, che viene invocato
per la cura dell’emicrania e delle malattie osteo-articolari , dal quale, si racconta, sia
derivato il nome commerciale dell’ASA (Aspirina).

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busto in argento di S.Aspreno custodito nel
Duomo di Napoli
Moltissimi napoletani, presi dalla grande devozione per il patrono principale della città
San Gennaro e dal suo periodico spettacolare miracolo della liquefazione del sangue,
hanno dimenticato o, addirittura ignorano che il primo vescovo della nascente comunità
cristiana di Napoli fu S. Aspreno, mentre S.Gennaro fu vescovo di Benevento, morto
martire a Pozzuoli( nei Campi Flegrei.) Sant’Aspreno fu il primo patrono di Napoli ma,
dal 1673, passò in seconda posizione dietro S. Gennaro. Della sua vita non si sa niente
di certo, ma, un’antichissima leggenda narra che s. Pietro, fondata la Chiesa
d’Antiochia, dirigendosi poi verso Roma con alcuni discepoli, passò per Napoli, dove
incontrò una vecchietta ammalata (identificata poi con S. Candida la Vecchia) che
promise di aderire alla nuova fede se fosse stata guarita. Pietro la salvò dalla malattia.
Candida, una volta guarita, gli raccomandò un suo amico di nome Aspreno , da tempo
ammalato il quale, se guarito, certamente si sarebbe convertito. Pietro guarì anche lui e

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dopo averlo catechizzato, lo battezzò. Il cristianesimo ebbe subito una diffusione a
Napoli e quando Pietro decise di riprendere il viaggio per Roma, consacrò lo stesso
Aspreno come vescovo. Egli fece costruire l’oratorio di S. Maria del Principio su cui fu
eretta la basilica di S. Restituta e fondò la chiesa di S. Pietro ad Aram, dove ancora oggi
è conservato l’altare sul quale l’Apostolo celebrò il Sacrificio.

la Basilica di S.Pietro ad Aram
Sant’Aspreno è perciò particolarmente invocato per la cura dell’emicrania; a lui viene
ricondotta anche la cappella che si trova in piazza Bovio (nel Palazzo della Borsa), dove,
ancora oggi, si può vedere la pietra bucata nella quale infilava la testa chi voleva
guarire dall’emicrania. Fino a qualche decina di anni fa, secondo una testimonianza
diretta raccolta in famiglia, era una pratica ancora in uso tra i napoletani. Lasciata Via
Sant’Aspreno, attraversiamo via Sedile di Porto, la cui storia è già nota ai lettori di
questa rubrica, dopo circa cento metri sulla mano sinistra, ci troviamo davanti alle
Rampe di S. Giovanni Maggiore con l’omonima Chiesa Basilicale.

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Napoli, Osteria La Chitarra. Vent'anni tra musica e fornelli - Luciano Pignataro
Rampe e Basilica San Giovanni Maggiore, io ci sono
stata di sera:)
La chiesa di San Giovanni Maggiore è tra le più importanti di Napoli, situata
nell’omonimo largo, nei pressi di San Bonaventura nel centro antico della città. La
struttura è misteriosamente chiusa da decenni per lavori di restauro e indagini
archeologiche. Proprio sulla prima scaletta a destra delle rampe, dal 1990 si trova
l’Osteria La Chitarra. Il nome non è per nulla un caso: questo locale è stato aperto e
condotto per sei anni dal noto chitarrista e cantante napoletano Egisto Sarnelli.

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Napoli, Osteria La Chitarra. Vent'anni tra musica e fornelli - Luciano Pignataro
Penultimo dei nove figli di Vincenzo Sarnelli, un rappresentante di coralli, Egisto
Sarnelli, dopo l’abbandono degli studi di ragioneria e una breve parentesi nel mondo del
pugilato e in quello dell’artigianato (aveva impiantato una piccola fabbrica di souvenir
di Napoli), decide di dedicarsi allo studio e alla diffusione del repertorio musicale
napoletano. Il 5 ottobre del 1991, inaugura “La Chitarra”, club gastronomico e artistico-
culturale, dove ogni sera il pubblico poteva godere di ricette genuine della tradizione
napoletana e recital canoro. Egisto creò così la figura del “cantatoste”. La sua ultima
fatica discografica, un cd intitolato “Luna nova – omaggio a Salvatore Di Giacomo”
risale al 1995, Sarnelli scomparirà un anno dopo. Attualmente la tradizione artistica
viene portata avanti, in maniera completamente diversa, dal figlio, noto al grande
pubblico con il nome d’arte di Tony Tammaro, nella vita, Antonio Sarnelli. Dal padre,
Tony ha ereditato la grande ironia, tutta partenopea, forgiando il personaggio del
“tamarro napoletano”, per criticarne allegramente le caratteristiche. Il “tamarro”
rappresenta in modo esemplare il desiderio di distinzione di quei segmenti sociali non
assimilati alla borghesia dominante; si tratta, per lo più, di soggetti, tutt’altro che
poveri, che fanno uso con pessimo gusto, di automobili, abbigliamento, gioielli e altri
status symbol. Talvolta il cantautore si è allontanato dal tamarro, per rivolgere la
propria attenzione al cittadino basso-borghese in genere, con le sue manie, fobie e

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sogni di riscatto. Nelle creazioni di Tony Tammaro i personaggi hanno sempre qualcosa
di incongruente, sono “pezzottati”; questo non significa che siano falsi, anzi, sono
teatrali e barocchi:si appalesano e si dissimulano, come Pulcinella, mentono
spudoratamente su se stessi, ammettendo, al tempo stesso, i propri limiti.

Dopo la scomparsa di Egisto, il locale è stato rilevato dai fratelli Maiorano, Giuseppe e
Luigi insieme con le rispettive mogli Annamaria e Rosaria. Anche qui assistiamo a un
cambiamento di vita travolgente. I Maiorano, inseparabili fratelli,appartengono ad una
delle più note famiglie di pellicciai napoletani, dal 1950 in via Monte di Dio quartiere
Chiaia San Ferdinando. Luigi e Giuseppe, nati proprio in via Monte di Dio, in quegli anni,
stavano già pensando, per molte ragioni, alla chiusura dell’attività. I due fratelli, oltre al
mestiere di pellicciaio sapevano solo guidare e cucinare con grande passione.
Naturalmente la vita del tassista non garbava a nessuno dei due e, così, per caso,
prevalse l’amore per la cucina napoletana, quella di casa. Nel luglio del ’96 la pellicceria
chiuse i battenti e, negli stessi giorni, Peppino venne a sapere che nel centro storico, il
chitarrista Egisto Sarnelli cedeva un localino niente male. Riunione di famiglia, la
decisione fu presa in un momento, come solo i napoletani sanno fare. L’accordo con il
Maestro Sarnelli fu veloce, un paio di giorni e fu cosa fatta. A distanza di due mesi, con
lo stesso nome per rispetto verso l’ideatore del locale, riapriva l’Osteria La Chitarra dei
fratelli Maiorano e famiglia. Dopo pochi mesi Egisto Sarnelli, “il CantaOste”, morì: aveva
probabilmente intuito ciò che stava per accadere e sapeva di non sbagliare cedendo
alle due giovani e appassionate coppie Maiorano. Il locale, infatti, è rimasto
sostanzialmente intatto, con uno, al massimo tre, piccoli tavoli all’esterno sul terrazzino
in cima alle scale.

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Napoli, Osteria La Chitarra. Vent'anni tra musica e fornelli - Luciano Pignataro
una cliente abituale siede al fresco del piccolo balconcino esterno
La sala è calda, accogliente, una vera osteria con pochi fronzoli, solo originali ricordi, di
Sarnelli prima, come la chitarra al muro e il “triccabballacche” e dei Maiorano poi.
L’abitudine di accompagnare la cena con la chitarra e qualche canzone classica
napoletana è andata avanti per un po’. Poi Giuseppe e Luigi hanno preferito dare
maggior risalto al cibo, ai prodotti e al vino e così oggi la chitarra, sporadicamente e
sempre per puro caso, è staccata dalla parete, quando qualche cliente appassionato, o
artista a cena, se ne impossessa, improvvisando fantastiche, quanto evocative
performance della vera e classica canzone napoletana.

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Napoli, Osteria La Chitarra. Vent'anni tra musica e fornelli - Luciano Pignataro
una coppia di turisti francesi in sala, l’osteria, come molte altre a Napoli, è segnalata da tante guide
straniere
Il pavimento è in cotto, la mise en place semplice e attenta, bicchieri a mezza via tra
ristorante e osteria, servizio cordiale e professionale. Bisogna premettere che,
trovandoci in zona universitaria, la differenza di pubblico, di tempi di lavoro, tra pranzo
e cena è piuttosto evidente. I ritmi frenetici dello “spacco” di pranzo lasciano il tempo
per due o, tre primi veloci e altrettanti secondi e verdure di contorno. I bicchieri per
praticità sono mono uso , ovviamente anche il costo è differente, in linea con la miriade
di localini di ogni genere presenti in zona. Di sera tutto cambia. Tranquilli siamo sempre
nella nostra “sogliola” low costJ. A tavola compare il menù, che, esclusi alcuni piatti
fissi, cambia quasi ogni giorno secondo la spesa e la stagione.

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il menù, grafica classica, per nulla folkloristica
C’è anche la versione in perfetto inglese, con precisa descrizione e ingredienti di ogni
piatto e, cosa lodevole, i prezzi sono gli stessi di quelli del menù in italiano… La scelta
non comprende moltissimi piatti, all’incirca cinque, o, sei primi e altrettanti secondi con
verdure tutte partenopee, frutta di stagione e dessert di tradizione fatti in casa da
Annamaria e Rosaria. Ogni giorno, naturalmente c’è qualche piatto fuori carta, nato
dall’estro del momento dei cuochi Giuseppe e Luigi che si alternano a pranzo e a cena.
Gran parte del menù è “espresso”, pochissime le pietanze preparate in anticipo,
soltanto quelle che richiedono lunga preparazione e operazioni preliminari, come le
paste con i legumi che vanno rigorosamente spugnati la sera prima, come i fagioli.

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i fagioli alla "maruzzara" in versione estiva
Naturalmente, le ricette per i legumi, così un po’ come per tutto il menù, hanno una
versione estiva più leggera e poi ,quella autenticamente invernale. La Chitarra si
caratterizza, in gran parte, per la cucina di terra, con qualche incursione di mare, come
baccalà e coroniello preparati in molte versioni.

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Coroniello alla napoletana, con pomodorini, basilico crostini e un pizzico di peperoncino
Partiamo dall’antipasto, uno dei fiori all’occhiello della casa. Luigi e Peppino hanno la
fissa dei buoni prodotti e delle ricette antiche. Per questa ragione, l’antipasto è
composto sempre da prodotti particolari, soprattutto da quando Luigi si è trasferito ad
abitare a Castelfranci nel cuore dell’areale delle tre docg campane e a poca distanza da
comuni dell’Irpinia noti per prodotti d’ eccellenza, come Montella, famosa per la ricotta,
la mozzarella e le castagne, base di gustosissime ricette in tutta la Campania. Queste
ultime, infatti, sono in inverno, l’ingrediente primo della zuppa di castagne e fagioli.
Torniamo a Castelfranci, Luigi abita in campagna e sta realizzando il suo sogno: aprire
una norcineria. Già da qualche tempo il rifornimento di molti prodotti arriva da qui e dai
paesi circostanti, in particolare vino, latticini e formaggi. Mi piace indugiare sul vino,
perché, per la prima volta, in un’osteria “low cost” ho bevuto un vero aglianico, anche
se sfuso.

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Castelfranci una delle zone più vocate dell'aglianico irpino
Servito alla temperatura giusta in caraffa di coccio, al gusto è perfettamente
riconoscibile, annata 2010, molto frutto, tannini in evoluzione e ben lavorati, sono
curiosissima, chiedo a Giuseppe la provenienza precisa… “ è una piccola azienda che
lavora molto bene, Colli di Castelfranci”. Ma va? Una vecchia conoscenza scoperta da
questo sito al Vinitaly nel 2004.

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l'aglianico irpino di Castelfranci
Tornando alla norcineria, il salame nel piatto dell’antipasto è ottimo, selezionato da
Luigi, il prossimo anno avremo la sua produzione.

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l'antipasto La Chitarra
Nel piatto, oltre al salame, troviamo la ricotta di Montella, un buon pecorino fresco, la
napoletanissima frittata di cipolle, fresella al pomodoro, in inverno sostituita dal
“tortano” napoletano, ovviamente fatto in casa, le melanzane sott’olio, particolarmente
buone, diverse da quelle dei soliti antipasti. Giuseppe le prepara ogni giorno, quando è
stagione, giusto un chilo e mezzo, private dell’acqua e dell’amaro, appena un bollo,
tagliate a striscioline e poi marinate perfettamente, senza quel senso fastidioso del
troppo aceto, dolci e giustamente piccanti. Per ultima, una ricetta povera, quanto
antica: le polpette di pane fritte. In pratica, si usa il pane raffermo che a Napoli
difficilmente si butta, e se si fa, prima ci si segna con la croce e si bacia il pezzo di pane
che rappresenta una cosa sacra, a ricordare l’ostia e in ogni caso la centralità di
quest’alimento. Non a caso, ancora oggi, molte pagnotte di pane napoletano hanno una
croce disegnata al centro. Solo pochi decenni fa, e oggi, nei piccoli paesi, le donne,
facendo il pane, lo segnavano, incidendolo con una croce. L’origine di quest’usanza si fa

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risalire sia, a una leggenda, il Miracolo di Santa Chiara, narrato nei Fioretti da San
Francesco d’Assisi:

                      “Come santa Chiara, per comandamento del Papa,
                           benedisse il pane il quale era in tavola;
                 di che in ogni pane apparve il segno della santa croce”.

Sia, a una ragione puramente fisica, in altre parole, l’incisione al centro, favorirebbe la
lievitazione.

Santa Chiara
Tornando alla ricetta, si ammorbidisce il pane in acqua, si strizza e si condisce con
uova, prezzemolo, parmigiano e pecorino grattugiati, si formano le polpette e si
friggono fino alla doratura. La versione povera, per dirla con Federico Valicenti, in realtà
non esiste.La cd. cucina povera è un falso ideologico , perché i poveri non hanno niente,
eccetto la fame. Ritorniamo agli altri ingredienti utilizzati in cucina: la pasta è delle
migliori, quella che più si avvicina a una qualità artigianale, i pelati sono di un noto
stabilimento dell’agro nocerino – sarnese, o altrimenti, si usa il pomodoro fresco. L’olio
arriva da un noto produttore del vesuviano, il pane è fatto da un vecchio panificio con
forno a legna, nella zona alta di Monte di Dio.

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Il pane
La ricotta e il fiordilatte arrivano da Montella, la mozzarella di bufala da un ottimo
caseificio di Mondragone, la provola è naturalmente di Agerola, sui Monti Lattari. La
frutta e la verdura sono fornite da uno storico fruttivendolo di via Monte di Dio, anche
se, da quando Luigi si è trasferito a Castelfranci, ha messo su anche l’orto e produce
verdure freschissime. Carne e pesce si acquistano da storici fornitori di fiducia di
Annamaria che mi dice, “compro solo quello che darei da mangiare anche ai miei figli”,
il che
la dice lunga sulla mentalità e sulla filosofia dei Maiorano in cucina: hanno imparato a
gestire l’osteria al miglior rapporto qualità – prezzo, con un occhio di riguardo verso la
prima. I primi piatti estivi non sono molti, con il caldo è difficile realizzare ricette
digeribili e rinfrescanti. Ecco quindi gli spaghetti alla “puttanesca”, il risotto alla
“sorrentina”, più leggero dei classici gnocchi di patate fatti in casa d’inverno.

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Risotto alla Sorrentina
Ancora, le deliziose “linguine alla cetarese”, preparate con aglio, olio, peperoncino,
pomodori quasi verdi a pezzetti, colatura di alici di Cetara e prezzemolo. Un piatto, solo
per modo di dire, “espresso”, poiché richiedendo particolare attenzione alle diverse
cotture degli ingredienti, al momento e alla quantità dell’aggiunta della colatura, si
prepara per minimo due persone.

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Linguine alla Cetarese
Con i primi piatti, da fine settembre si ritorna alla pura tradizione partenopea: ragù di
eduardiana memoria, con tanto di braciola di cotena di maiale, gallinella, polpette con
passi e pinoli e salsiccia; fantastica ,a detta dei clienti abituali, la genovese.
Naturalmente cipolle dorate e ziti lunghi spezzati. Fiore all’occhiello della casa sono i
mezzanelli o, paccheri “allardiati”. Non mancano la pasta al forno, il gattò di patate, la
lasagna, fusilli di pasta fresca con peperoni e melanzane e tutte le minestre della
tradizione: pasta e patate con la provola, pasta e zucca, pasta e fagioli, ceci, lenticchie
e la versione invernale della zuppa di fagioli con cotica di maiale e peperoncino.
Inimitabile e fatto in casa il soffritto di Peppino, da gustare a solo o, con i bucatini. Il
nostro cuoco, mi confessa, adora cucinare tutte le interiora e le parti meno nobili:
fegato con le cipolle, o i fegatini con l’alloro, il rognone, i mugliatielli di tradizione irpina
e la trippa. Famosa la sua “menesta maritata” con la vera “ nnoja e la pupatella”, ossia,
un fazzoletto di lino nel quale si mettono le spezie e gli odori tipici della ricetta, che,

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però, non si devono ritrovare nei piatti; perciò, si lega il fazzoletto a mò di sacchetto e
s’immerge per tutto il tempo della cottura e del riposo. A Napoli, la pupatella, è, per
antonomasia, lo stesso sacchetto di lino, contenente zucchero, che tanti anni fa si dava
ai neonati e ai bambini da succhiare per farli calmare e addormentare, cullati dalla
mamma o da un parente stretto.

Tra i secondi, le carni di ragù e genovese, la costatella di maiale ammollicata al forno,
con aglio, pan grattato, capperi e vino bianco e lo spezzatino con piselli e patate.
Ancora la famosa salsiccia “velata” della Chitarra che ha suscitato le “ire” del Priore
della vicina Basilica di San giovanni Maggiore, perché Peppino nell’idearla si è ispirato
al Cristo velato della Cappella di San Severo.

la salsiccia incriminata, farcita di friarielli velocemente passata al tegame con il “velo” di provola
I vegetariani possono scegliere la saporita provola alla pizzaiola oppure, un piatto ben
assortito di formaggi che Peppino e la moglie Annamaria, detta affettuosamente Nanà,

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si procurano nelle loro scorribande domenicali, giorno di chiusura dell’osteria. Dal canto
loro, Luigi e Mariarosaria forniscono il meglio dall’Irpinia, se non è passione questa …

la provola alla pizzaiola, pomodorini ed origano
In alternativa una bella insalata “caprese” con bocconcini e ricotta di Montella.

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La caprese di Montella
I dolci, tiramisù e un perfettamente lievitato babà, sono merito di Annamaria e Rosaria,
fatta eccezione per la pastiera, esclusivo appannaggio di Peppino. Segretissima la
ricetta, si sa che è fatta con il grano sfuso spugnato da lui e che, se a qualcuno non
piace, è meglio che non ritorni alla Chitarra :-)

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il babà di Rosaria, moglie di Luigi
L’atmosfera che si respira alla Chitarra è di pura e cordiale convivialità, appena dieci
tavoli, vicinissimi tra loro, impossibile non ascoltare le conversazioni altrui, si finisce
così, come spesso accade a Napoli, per scambiarsi opinioni, aprire discussioni, o
addirittura diventare amici, com’è accaduto a due clienti abituali, prima perfetti
sconosciuti e oggi amici per la pelle, perché commensali ogni sera alla tavola dei fratelli
Maiorano. Continuiamo a chiacchierare con Peppino e la moglie, lui si allontana e ritorna
con un libro, molto rovinato, presumibilmente di fine ‘800. “il Re dei Cuochi, di Oreste
Vanacore, Adriano Salani editore, Firenze”.

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Il Re dei Cuochi, Salani edizioni Firenze fine 1800
Tutto torna, Oreste Vanacore, bisnonno di Luigi e Peppino, è stato uno degli ultimi
“Monzù” di Napoli, i cuochi fatti venire dalla Francia e chiamati “monsieur”, dal popolino
napoletano, coloritamente tradotto: Monzù. Qui ci si sente a casa, il tempo sembra
fermarsi, tutto scorre lentamente, Peppino e Luigi amano definirsi artigiani della cucina,
le cose le fanno con cura, con attenzione a tutti i particolari, rispettando la sacralità
delle ricette originali, il cui primo ingrediente è la famosa “santa pacienza”, per fare le
cose ci vuole il tempo giusto , se no, come diceva il grande Totò in Miseria e Nobiltà:

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"desisti" !
Facciamo due conti:

Avrete compreso che qui sulla materia prima e sulla qualità non si risparmia, la gestione
è familiare e parte degli ingredienti sono acquistati direttamente dai produttori. La
differenza tra pranzo e cena di cui sopra sta solo nel servizio, veloce e più semplice a
pranzo, con bicchieri mono uso e menù più ridotto; per un primo e un secondo fatti
bene come a casa propria, si spendono tra i dieci e i dodici euro, incluse bevande. Di
sera il menù è indicativo, le porzioni sono molto abbondanti, per questa ragione, i
clienti possono costruirsi il prezzo a proprio piacimento e scegliere per esempio tra
l’aglianico di Castelfranci proposto a 4 euro per quasi un litro o, bottiglie della miglior
produzione campana, esposte nella piccola cantina al piano di sotto con un ricarico più
che onesto. L’antipasto della casa costa dieci euro e basta per due persone, i primi

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variano dai sei, sette euro, al massimo di dieci per la doppia porzione di linguine alla
cetarese. I secondi partono dai sei euro per la provola alla pizzaiola a circa 8 – 10 per i
secondi di carne, un po’ più caro il coroniello, ma ne vale la pena. Quattro euro per una
grossa fetta di babà o altri dessert. In pratica, in due persone potreste ordinare
antipasto, linguine alla cetarese per due, una provola alla pizzaiola, vino di
Castelfranci, acqua, dessert e caffè spendendo circa 38,00 – 40,00 euro, considerando
che, già dopo l’antipasto e il primo vi sentirete sazi, soddisfatti del cibo, della qualità e
della piacevolezza del tempo trascorso con Peppino, Annamaria e la mascotte
dell’osteria, un vivacissimo gattino senza nome che adora giocare con le tovaglie, ma,
se non lo gradite, sarà cacciato via, dalla voce scherzosamente severa di Annamaria:
“fuori tu”!

Miaoo, alla prossima:)
E come si dice a Napoli, tornerete a casa felici: “ Pappa, zizza e nonna” :-)

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Qui la precedente visita.

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