24 GIUGNO - UFFICIO STAMPA - Libero Consorzio Comunale di Ragusa

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UFFICIO STAMPA

24 GIUGNO
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Rassegna Stampa del LIBERO CONSORZIO COMUNALE DI RAGUSA   24 GIUGNO 2019

                               LA SICILIA
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ROMA - "Ci penso io a far vincere Salvini al Sud", dice il governatore
della Sicilia Nello Musumeci, in una intervista alla Stampa, in cui
chiede al vicepremier leghista di rompere subito con i Cinque stelle e
andare al voto. "Salvini deve trovare l'orgoglio, la forza e la
risolutezza - spiega Musumeci - per rompere questo patto
assolutamente anomalo e fuori da ogni logica politica con il M5s,
andando al voto subito. La politica non puo' basarsi solo su un
accordo di programma, ne' si governa con un contratto a prescindere
dalle affinita' culturali". "Il centrodestra - aggiunge - e' maggioranza
morale in Italia. Il modello di successo della Sicilia come di altre
realta', non puo' e non deve rimanere limitato a singole esperienze
locali. Deve diventare governo nazionale". Perche' Salvini non rompe?
"Perche' non crede - risponde Musumeci - che esista ancora sul piano
numerico l'alternativa per un centrodestra organico. E potrebbe avere
anche ragione soprattutto se guarda al Sud. Ecco perche' io dico che
e' proprio qui che dobbiamo capire come intercettare quegli elettori
che o non vanno a votare o si sono rivolti al M5s. Tra questi calcolo
un 10% di voti che prima erano del centrodestra". Alla domanda se
Salvini vincera' grazie al Sud, Musumeci afferma: "Non c'e' dubbio. Si
vince al Sud. Credo che al Nord sia arrivato al suo massimo".
Rassegna Stampa del LIBERO CONSORZIO COMUNALE DI RAGUSA   24 GIUGNO 2019

                                LA SICILIA
24/6/2019                                                                     Stampa Articolo

ECONOMIA                                                                                                             24/6/2019

Militari e giovani laureati per l’emergenza
medici
Nel decreto Calabria una misura che permette di assumere anche gli specializzandi del quarto e
quinto anno Intanto nei pronto soccorso mancano duemila professionisti, si teme per l’arrivo
dell’ondata di caldo

— mi.bo.

FIRENZE — È emergenza medici ospedalieri e con l’inizio del periodo di ferie estive nelle corsie ritorna l’ipotesi di utilizzare i
camici bianchi militari per aiutare le regioni in difficoltà. Ieri la ministra alla Difesa Elisabetta Trenta ha affermato che si cerca
una soluzione per il Molise «così da far fronte alla carenza di personale sanitario negli ospedali ma al momento non abbiamo
ancora trovato una soluzione, stiamo continuando a cercarla ». Le difficoltà maggiori le ha l’ortopedia e intanto un aiuto per la
regione è arrivato dal Lazio, che ha inviato quattro specialisti del San Giovanni di Roma. L’assessore alla Salute laziale,
Alessio D’Amato, ha dato una risposta un po’ piccata alla ministra, ricordando che intanto il problema verrà risolto dai suoi
medici. «Non è possibile che ogni volta che vi sono dei problemi vengono chiamati in causa i militari, prima per le buche di
Roma, ora per le carenze di organico. La strada maestra deve essere quella di tornare a investire sul Servizio sanitario
pubblico». Il suo presidente e segretario del Pd Nicola Zingaretti ha chiesto più investimenti sulla sanità e «50 milioni subito
per le scuole di formazione dei giovani medici laureati».
I problemi ci sono in mezza Italia e per risolverli in molti potrebbero rendere subito operativa una misura prevista dal Decreto
Calabria voluto dalla ministra Grillo. «Possono far lavorare subito i medici alla fine della scuola di specializzazione », ha detto
la ministra. Il percorso di studi post laurea per diventare specialista dura quattro o cinque anni a seconda della materia e fino ad
ora, dopo averlo concluso, si doveva aspettare un concorso per poter entrare nel sistema sanitario di una delle regioni italiane.
La misura straordinaria semplifica le cose, soprattutto quest’anno mette a disposizione degli ospedali circa 7 mila medici in più
di quelli normalmente arruolabili (intorno ai 5 mila). Cioè coloro che fanno gli ultimi due anni della specializzazione da 5 anni
o l’ultimo di quella da 4. Con i giovani si cercheranno di compensare i pensionamenti, molto numerosi in questi anni.
Il problema delle carenze non riguarda tutte le specialità, alcune hanno difficoltà molto maggiori di altre. Si tratta appunto
dell’emergenza- urgenza, dell’anestesia e rianimazione, della chirurgia generale e anche della medicina interna. Per questo le
regioni chiedono che le Università bandiscano più posti nei settori in crisi e meno in altri, dove praticamente non ci sono
difficoltà di organico. Adesso comunque a preoccupare di più le regioni ci sono i pronto soccorso. I giovani non scelgono
questa specializzazione perché è molto faticosa e con pochi sbocchi di carriera. «I medici in meno in questo settore sono circa
2mila su 8mila - spiega Carlo Palermo del sindacato dei medici ospedalieri Anaao - La sofferenza è maggiore al centro-sud,
dove ci sono ospedali con dotazioni organiche inferiori del 30% rispetto al 2009». Quest’estate in molte zone d’Italia nei
dipartimenti di emergenza i medici faranno tanti turni extra per assicurare il servizio. Ma in estate l’attività dei pronto soccorso
non cala come succedeva un tempo, anzi si teme un aumento di pazienti proprio nei prossimi giorni, quando arriverà un’ondata
di caldo.
©RIPRODUZIONE RISERVATA

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Intervista alla ministra della Salute

Grillo "Chi sceglie i settori in crisi va pagato di
più"
di Michele Bocci

Ottomila professionisti in meno, le ferie estive, il caldo che porta gli anziani nei pronto soccorso. Oggi in Italia la carenza dei
medici è un problema enorme. La ministra alla Salute Giulia Grillo propone di affrontarla pagando di più i camici bianchi, per
evitare che i giovani vadano all’estero ma anche per premiare chi sceglie le specialità più in difficoltà. Inoltre dà il via libera
all’assunzione degli specializzandi agli ultimi anni di corso.
Ministra, in Italia mancano 8 mila specialisti ospedalieri. Perché?
«Non c’è stata un’adeguata programmazione del numero di specialisti da formare rispetto a quelli necessari. Sono vent’anni che
la situazione è questa ma nessuno ci ha voluto mettere mano, fino ai miei provvedimenti dei giorni scorsi».
In realtà alcune Regioni hanno da tempo borse extra per gli specializzandi.
«Sono comunque sempre di numero insufficiente e infatti il problema degli organici ridotti c’è anche nelle Regioni più ricche,
che in questi anni hanno potuto assumere più di quelle in piano di rientro».
Stranieri, pensionati, militari...
Che cosa pensa delle idee delle Regioni per affrontare le carenze?
«Capisco che l’obiettivo finale sia sempre quello di erogare servizi ma non mi piacciono molto queste soluzioni, anche se
emergenziali. Noi lavoriamo per cambiare la situazione in modo strutturale».
Come fronteggiate la crisi?
«Il Decreto Calabria appena adottato permette di far lavorare i medici che frequentano l’ultimo anno della specializzazione, se
questa dura 4 anni, o gli ultimi due, se dura 5. Serve a dare una boccata d’ossigeno alle Regioni e a far entrare i giovani nel
servizio sanitario con tutele reali. Poi abbiamo sbloccato, anche se non del tutto, il turn over ossia le assunzioni in tutte le
Regioni, anche in piano di rientro, cioè le più colpite dal blocco di oltre 10 anni fa».
Le scuole di specializzazione hanno pochi posti?
«Sì ma già da quest’anno avremo il più grande aumento degli ultimi anni di borse statali, che arriveranno a 8.000, abbiamo
trovato le risorse per 1.800 posti in più rispetto agli ultimi 5 anni. Non è un intervento risolutivo ma nessun governo prima di
noi aveva fatto uno sforzo del genere».
Quanto tempo ci vorrà per vedere gli effetti delle novità?
«Qualche anno, ma i veri vantaggi arriveranno con una riforma della formazione post laurea. Ci lavoriamo col Miur. Vogliamo
trasformare il percorso attuale che considera gli specializzandi "eterni studenti" in un modello più vicino a quello dei Paesi
avanzati, potenziando il sistema della formazione-lavoro. Già avviene, ma noi mettiamo mano alle regole per dare assunzioni
nel servizio sanitario alla fine del percorso di specializzazione. Vanno ridotti i tempi morti, e favorito l’incontro immediato di
offerta e domanda».
Come si risolve il problema dei pronto soccorso, i più in difficoltà?

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«Avevamo pronta una misura per permettere a chi è stato precario in questi reparti, anche se non specializzato, di fare i concorsi
ma ci è stato bloccato dalla Funzione pubblica. Non si è agito bene sull’emergenza-urgenza; spero di avere tempo per cambiare
le cose».
Come si ferma l’esodo di laureati
e specializzati verso l’estero?
«Dobbiamo aumentare i salari nella sanità pubblica. Fare il medico è un lavoro ad alta complessità e va pagato bene, qui come
in Germania e Francia. Molti poi vanno via perché qui i percorsi sono complicati: si perde tempo per entrare alla
specializzazione, poi per fare il concorso».
Come si rinforzano le specialità che attirano meno giovani, come il pronto soccorso e l’anestesia?
«Anche qui bisogna lavorare sull’aspetto remunerativo e della programmazione. Se non paghiamo di più chi decide di fare
l’anestesista tra vent’anni ci troveremo senza questi specialisti».
Non è troppo costoso per la sanità aumentare gli stipendi?
«I costi reali del personale si valuteranno quando molte Regioni, grazie anche allo sblocco del turn over, stabilizzeranno i
precari che finora erano fantasmi, non sapevamo quanti erano. Tra un paio di anni sapremo infine il valore dei contratti a tempo
indeterminato. Intanto chiudiamo il rinnovo del contratto nazionale fermo da 10 anni».
E’ davvero a rischio l’aumento di due miliardi nel 2020 del fondo sanitario, come temono le Regioni?
«L’aumento è il minimo sindacale dopo anni di tagli. Domani (oggi, ndr) chiederò un incontro al ministro Tria d’accordo con il
presidente della conferenza Stato-Regioni Bonaccini per avere garanzie sullo stanziamento. Le Regioni sono preoccupate, ma
io più di loro. La nostra sanità in questo momento è asfittica anche nelle aree migliori. Si deve investire sulle risorse umane».
Vuole togliere il numero chiuso a Medicina?
«Eliminerei piuttosto il test di ingresso. Intanto abbiamo aumentato i posti. Erano 10 mila, sono 11.600. La selezione va fatta al
primo anno, quando si capisce se un giovane è adatto al percorso di studi.
Non ha senso far laureare migliaia di medici se poi non c’è modo di assumerli. Non voglio produrre disoccupati».
©RIPRODUZIONE RISERVATA f
Bisogna alzare gli stipendi di chi è negli ospedali pubblici per evitare le fughe
Incentivi a chi sceglie specialità trascurate come anestesia
La nostra sanità è asfittica anche nelle zone migliori Si deve investire e ci vorranno anni, in ogni caso, per aggiustare i guasti
g
La ministra Giulia Grillo è titolare della Salute

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POLITICA                                                                                                             24/6/2019

Salvini sfida la Ue sui conti Minibot, il no
di Giorgetti
Governo nel caos, il leader leghista: "Bruxelles si rassegni, subito flat tax da 15 miliardi". Di Maio:
"E i soldi dove li trova?". Il sottosegretario stronca la proposta di Borghi: "C’è ancora chi gli crede?"

di Valentina Conte

ROMA — «C’è ancora chi crede a Borghi? Ma vi sembrano verosimili i minibot? Se si potessero fare, li farebbero tutti». Così,
con un fulmine da Losanna - dove si trova per sponsorizzare la candidatura di Milano-Cortina ai Giochi invernali 2026 - il
sottosegretario leghista di Palazzo Chigi, con delega allo Sport, Giancarlo Giorgetti incenerisce uno dei totem della Lega.
Quei titoli di Stato di piccolo o piccolissimo taglio (10, 50 o 100 euro) che lo stesso leader e vicepremier Matteo Salvini invoca
come panacea per azzerare, una volta per tutte, i crediti dello Stato e degli enti locali verso le imprese. Ma che il suo ideatore, il
presidente anche lui leghista della commissione Bilancio della Camera, Claudio Borghi, non nasconde siano il cavallo di Troia
per sganciare l’Italia dall’euro. Una sorta di moneta parallela e di transizione per il ritorno alla lira.
«Una battuta», prova a stemperare l’entourage di Salvini. Lo stesso Borghi dice di non credere all’uscita di Giorgetti:
«Poverino è lì che aspetta una cosa importante come le Olimpiadi e gli rompono le scatole con i minibot. È probabile che uno
poi sbotti». Il sottosegretario però non smentisce, non sminuisce. Il suo nome circola come possibile candidato a una poltrona
di commissario europeo. Il risiko delle nomine sta per entrare nel vivo. E certo smontare i minibot aiuta. Tanto più se l’Italia è a
un passo dalla procedura di infrazione per debito eccessivo.
Non basterà una battuta, però. Perché i minibot sono nel programma di governo M5S-Lega approvato dal Parlamento. Lo
ricordava qualche giorno fa Salvini: «Se Tria ha idee migliori per pagare le aziende le tiri fuori. Altrimenti io faccio quello che
mi dice il Parlamento ». Il 28 maggio la Camera ha votato una mozione che impegna il governo a varare un provvedimento per
liquidare i debiti con i minibot. Mozione votata all’unanimità, anche da un distratto Pd. «La retromarcia di Giorgetti ci ha
sorpreso», reagiscono gli alleati del M5S. «I minibot sono una proposta che la Lega ha voluto inserire nel contratto di governo.
Ad ogni modo quel che conta è pagare subito le imprese in credito con lo Stato ormai da troppi anni».
Come, nessuno lo spiega. Salvini torna anzi ad alzare il tono sulla flat tax, la tassa piatta. «Si farà, ovvio. E varrà almeno 15
miliardi, le coperture sono state già trovate», dice da Milano Marittima. «Non è un capriccio della Lega diminuire le tasse alle
famiglie, alle imprese, ai lavoratori. È l’unico modo per far ripartire il Paese. A Bruxelles si mettano l’anima in pace: nel 2020
non tutti, ma tanti italiani pagheranno meno tasse, apriranno nuove imprese e ci saranno più assunzioni ». Risponde Di Maio a
stretto giro: «Ci faccia sapere quali sono le coperture e la manovra si può fare anche domani mattina».
Una flat tax selettiva, a questo pensa la Lega. Il 15% subito sui redditi fino a 55 mila euro. Il 20% su quelli sopra, ma più in là.
Un’operazione da 30 miliardi, come minimo. Una metà coperta da una revisione complessiva di tutti gli sconti fiscali e gli 80
euro di Renzi: un gioco delle tre carte, quindi. E l’altra metà da trovare, Europa permettendo. La manovra d’autunno che
Salvini vuole balneare, anticipandola a luglio, parte già gravata dei 23 miliardi di aumento dell’Iva da compensare. Sempre che
l’Italia non sia commissariata nel frattempo da Bruxelles.
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POLITICA                                                                                                              24/6/2019

Di Maio a Dibba: "Stia al suo posto"
Il capo politico: "Chi destabilizza il M5S mette a rischio la nostra capacità di orientare il governo".
La replica: "È Salvini che mina l’esecutivo, con Luigi screzio superabile". Nugnes lascia il
Movimento: "Ma è il capo che dovrebbe dimettersi"

— a.cuz.

Al mattino presto, Luigi Di Maio decide che la misura è colma e dà il via libera a un post durissimo. Il cui principale obiettivo
è, ancora una volta, l’ormai ex amico Alessandro Di Battista. Ma che vale per tutti coloro che, dopo il fallimento del
Movimento 5 stelle alle europee, hanno tentato di dire la loro sulla linea politica, i rapporti con la Lega, gli obiettivi di governo.
«Non mi interessa se in buona fede o in mala fede - scrive il capo politico - ma se qualcuno in questa fase destabilizza il
Movimento con dichiarazioni, eventi, libri, destabilizza anche la capacità del Movimento di orientare le scelte di Governo ». È,
insieme, un avvertimento e una minaccia. «Non permetterò che veniamo indeboliti da queste dinamiche. Dobbiamo essere una
testuggine, non un campo estivo!». Il vicepremier invita a «rimettere i carrarmatini nella scatola» del Risiko, chiede che ognuno
«stia al proprio posto» (immagine surreale per il Movimento dell’uno vale uno) e chiarisce che la forza di contrattazione ai
tavoli del governo «proviene da due fattori: capacità personali e compattezza della forza politica che rappresenti». E quindi,
sottinteso, se qualcosa va storto, è colpa di chi non si mette a testuggine e rema per sé. Come la senatrice Paola Nugnes, cui il
capo politico chiede di dimettersi dal Senato, piuttosto che lasciare il gruppo M5S come ha annunciato al Manifesto . Per
sentirsi rispondere: «È lui che dovrebbe dimettersi». A Mezz’ora in più, su Rai3, anche Di Battista replica: «Avendo dato un
contributo alla crescita del Movimento, credo di avere il diritto e il dovere di esprimere un parere». L’ex deputato, che non
finge più di non vedere l’ira del ministro dello Sviluppo, ammette: «Non dico che è tutto a posto, ci vedremo e chiariremo
screzi e incomprensioni. Voglio bene a Luigi e lo stimo. Tutto nasce da una frase del mio libro in cui dico che qualcuno, visto
poi i voti che abbiamo preso, ci ha visto troppo chiusi nei Palazzi mentre c’era Salvini in giro a fare campagna, E questo perché
noi siamo brave persone». Ma Di Battista non torna indietro sul leader leghista: «È lui a destabilizzare. Fossi in Di Maio gli
chiederei dove trova i soldi per la flat tax». Poi rilancia: «Ne ho parlato anche con Davide Casaleggio e credo sia d’accordo
anche Di Maio: noi realizzammo un’agenda di 20 punti, ma un Movimento ha bisogno continuamente di rigenerarsi e io
immagino una nuova agenda».

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IL CASO CSM

"Ci pensa Cosimo" Così Ferri il puparo muoveva
le sue toghe
dai nostri inviati Carlo Bonini e Giuliano Foschini

LECCE - Il rumore è assordante e alta è ancora la polvere. Ma se per un attimo si distoglie lo sguardo da Perugia e ci si spinge
nel Salento, in quel della Procura di Lecce, si trova la conferma, ammesso ce ne fosse bisogno, che al centro della colata di
fango che ha travolto il Csm e la magistratura italiana c’è e resta un toscano di quarantotto anni da Pontremoli che ne è la
chiave e che si chiama Cosimo Ferri. Il Mercante in Fiera della giustizia italiana. L’architetto dell’operazione che doveva
ridisegnare la geografia giudiziaria del Paese lungo la cosiddetta "TAV" delle Procure Italiane - Milano-Firenze- Roma-Napoli-
Palermo – e i suoi affluenti (le Procure che hanno potere di indagine sui magistrati di Milano, Firenze, Roma, Napoli, Palermo).
Un uomo tutt’ora integro nella sua capacità di ricatto politica e corporativa, come dimostra qualche recente intervista da
"avviso ai naviganti". E a cui, non a caso, da quando questa storia è cominciata, nessuno ha avuto la forza di chiedere davvero
conto. Non il balbettante Pd, di cui è deputato e di cui è stato tre volte sottosegretario alla giustizia nei governi Letta, Renzi e
Gentiloni. Non la sua corporazione, da cui si è ben guardato dal congedarsi una volta transitato nel Palazzo della Politica e che,
in tre settimane, ha visto bene – nonostante il tenore delle intercettazioni che lo coinvolgono – di non interrogarsi (esattamente
come il ministro di Giustizia) sulla rilevanza disciplinare (cui tutt’ora è soggetto essendo ancora magistrato sia pure in
aspettativa) delle sue mosse. Eppure, appunto, come lo si tocca suona, Cosimo Ferri. Anche qui a Lecce, dove c’è un’altra
inchiesta penale che sta illuminando il fondo limaccioso della magistratura italiana. E dove il suo nome – Ferri – torna a
rimbalzare nell’inchiesta condotta dal Procuratore Leonardo Leone de Castris e dalla sostituta Roberta Licci, come il "puparo"
delle nomine, l’aggiusta faccende delle grane disciplinari, la pantofola da baciare per progredire in carriera.
Il magistrato galeotto e il "suo Cosimo" A Lecce, dove hanno il coraggio di chiamare le cose con il loro nome, sono finiti in
galera due magistrati le cui trastule, abusi e corruzioni, gli sono valsi l’accusa di associazione a delinquere. Roba da far
declassare le disavventure di Luca Palamara a inciampo da educande. Per anni, in quel di Trani, Michele Nardi, gip di
quell’ufficio e quindi ispettore ministeriale e pm a Roma, insieme ad Antonio Savasta, pm, hanno venduto processi e utilizzato
la custodia cautelare come strumento di estorsione nei confronti dei loro indagati. Michele Nardi è in carcere. Antonio Savasta,
reo confesso, è ai domiciliari. Ebbene, negli atti dell’indagine e nei verbali dell’incidente probatorio in corso in queste
settimane, la catastrofe dei due magistrati sta investendo altri giudici. Dalla Cassazione ai tribunali ordinari. Ma, soprattutto,
nell’informativa finale dell’indagine consegnata dai Carabinieri alla Procura di Lecce torna a fare capolino il nostro uomo.
Cosimo. Cosimo Ferri. «Nardi – annotano i carabinieri nelle 592 pagine dell’informativa – dispone di una fitta rete di
conoscenze influenti nell’ambito dei più disparati ambiti professionali e della pubblica amministrazione. Conoscenze, utili e
referenziate, a cui si propone direttamente mettendo a disposizione la sua collaborazione per qualsiasi evenienza e da cui,
evidentemente, riceve come contropartita, notizie e appoggi». Nardi, per dire, ha rapporti diretti con i vertici della Massoneria
attraverso i quali prova a indirizzare un processo che lo riguarda a Catanzaro. Ma soprattutto – documentano i carabinieri –

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trova una sponda preferenziale nel "nostro Cosimo", come affettuosamente lo chiama la compagna di Nardi al telefono,
suggerendogli di rivolgersi a lui per uno dei suoi guai al Csm.
I procedimenti disciplinari aggiustati al Csm
"Il nostro Cosimo". Cosimo Ferri, appunto, con il quale Nardi, si legge ancora nell’informativa, «ha rapporti confidenziali, così
come con alcuni esponenti del Csm e con alti funzionari del Ministero di Giustizia». «Dovremmo interessare Cosimo», dice ad
esempio Nardi al giudice Antonio De Luce (rimasto estraneo a contestazioni penali nell’inchiesta) che a lui si era rivolto per
avere un aiuto nella nomina a Presidente del Tribunale di Trani, cosa che per altro effettivamente otterrà. E soprattutto a Nardi
si rivolge il compagno di merende Antonio Savasta per aggiustare i suoi guai disciplinari al Consiglio Superiore. Gli stessi per i
quali sarà poi arrestato. «Sapevo che Nardi aveva ottime entrature al Csm», ha raccontato Savasta nel corso dell’incidente
probatorio. E che questo – ha aggiunto – gli consentiva di aveva notizie dirette e riservate da Palazzo dei Marescialli. Una
circostanza confermata del resto dalle intercettazioni telefoniche condotte per mesi sui due magistrati e che i carabinieri così
riassumono: «Nardi dice a Savasta di aver saputo che il Consiglio Superiore della Magistratura è male intenzionato nei suoi
confronti e che ha intenzione di fare una pulizia radicale a Trani. Per questo, gli consiglia di trasferirsi immediatamente a
Roma». Del resto, che Nardi sia un investimento degno di questo nome per Savasta è nell’esito del suo procedimento
disciplinare in Consiglio. Viene assolto dalla commissione in cui in quel momento siede anche Luca Palamara. E per gli stessi
fatti per cui sarà successivamente arrestato, reo confesso, a Lecce. Non solo. Riuscirà a sottrarsi a un ulteriore procedimento per
incompatibilità in Consiglio con un trasferimento a Roma deciso dalla Prima commissione di Palazzo dei Marescialli e grazie
all’appoggio decisivo della corrente "Magistratura Indipendente", quella di cui "l’amico Cosimo" era stato a lungo segretario.
Cosimo qui, Cosimo lì. Ferri sembra essere ovunque. E di nulla è chiamato politicamente a rendere conto. Neppure dei suoi
rapporti con un’associazione a delinquere in toga per giunta reo confessa. Per la cronaca, è al quarto giro. Già finito nelle
inchieste di Calciopoli, della P3, nelle intercettazioni del Trani-gate (insieme a un "gruppo di amici giuristi" doveva mettere
insieme gli argomenti giuridici per chiudere "Annozero") è il campione di una classe dirigente evidentemente costruita sul
ricatto politico. Ma chi lo ricorda – come ebbe a dire qualche anno fa "il nostro Cosimo" a Panorama - «sono dei maniaci».

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