Martedì 20 novembre 2018, ore 20,30 Alessandro Taverna pianoforte

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Martedì 20 novembre 2018, ore 20,30 Alessandro Taverna pianoforte
martedì 20 novembre 2018, ore 20,30
Alessandro Taverna pianoforte

Chopin - Barcarola in fa diesis maggiore op. 60
- Grande valse brillante in la bemolle maggiore op. 34 n. 1
- Valzer in do diesis minore op. 64 n. 2
- Grande valse brillante in la bemolle maggiore op. 42
- Valzer in re bemolle maggiore op. 64 n. 1
- Ballata n. 4 in fa minore op. 52
- Scherzo n. 3 in do diesis minore op. 39
Brahms - Danze ungheresi n. 1, 7, 4, 6, 8 e 5
- Variazioni su un tema di Paganini op. 35
                                                              Foto © Giorgio Gori

154a STAGIONE 2018 | 19
SALA VERDI DEL CONSERVATORIO
CONSIGLIO DIRETTIVO
Antonio Magnocavallo presidente, Francesca Moncada di Paternò vice presidente,
Marco Bisceglia consigliere delegato, Filippo Annunziata, Lodovico Barassi, Mario
Bassani, Ilaria Borletti Buitoni, Anna Calabro, Andrea Kerbaker, Liliana Konigsman,
Marco Magnifico Fracaro, Maria Majno, consiglieri

CONSIGLIERI DI TURNO                                           DIRETTORE ARTISTICO
Mario Bassani                                                  Paolo Arcà
Andrea Kerbaker

SOSTENGONO LA SOCIETÀ
DEL QUARTETTO

                                                                LE PROVE APERTE
                                                                SONO SOSTENUTE DA

COLLABORANO CON LA                                                 LA SOCIETÀ DEL QUARTETTO
SOCIETÀ DEL QUARTETTO                                              PARTECIPA A

                                                                   MEDIA PARTNER

               PROGETTO FOTOGRAFICO con gli studenti
               del corso di formazione avanzata tenuto da
               Silvia Lelli: Riccardo Carotti, Angela Cilli,
               Anna Ferro, Francesca Romana Gaglione,
               Gabriele Merlin, Roberto Moro, Ivan Nocera,
               Erica Portunato, Cristina Troisi

È vietato, senza il consenso dell’artista, fare fotografie e registrazioni, audio o video,
anche con il cellulare.
Iniziato il concerto, si può entrare in sala solo alla fine di ogni composizione. Si raccomanda di:
• disattivare le suonerie dei telefoni e ogni altro apparecchio con dispositivi acustici
• evitare colpi di tosse e fruscii del programma
• non lasciare la sala fino al congedo dell’artista
Il programma è pubblicato sul nostro sito web il venerdi precedente il concerto.

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Fryderyk Chopin
(Żelazowa Wola 1810 - Parigi 1849)

Barcarola in fa diesis maggiore op. 60 (ca. 8’)
Grande valse brillante in la bemolle maggiore
op. 34 n. 1 (ca. 6’)
Valzer in do diesis minore op. 64 n. 2 (ca. 3’)
Grande valse brillante in la bemolle maggiore
op. 42 (ca. 4’)
Valzer in re bemolle maggiore op. 64 n. 1 (ca. 2’)
Ballata n. 4 in fa minore op. 52 (ca. 12’)
Scherzo n. 3 in do diesis minore op. 39 (ca. 8’)

I N T E RVA L LO

Johannes Brahms
(Amburgo 1833 - Vienna 1897)

Danze ungheresi: (ca. 16’)
- n. 1 in sol minore
- n. 7 in la maggiore
- n. 4 in fa minore
- n. 6 in re bemolle maggiore
- n. 8 in la minore
- n. 5 in fa diesis minore
Variazioni su un tema di Paganini op. 35 (ca. 21’)

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La musica assoluta

Il pianoforte è senza dubbio lo strumento principe dell’Ottocento:
supporto al compositore, sfoggio di abilità per il virtuoso, cimento del
dilettante e intrattenimento educativo per le fanciulle di buona famiglia.
Chopin vi dedicò la quasi totalità della sua produzione e Brahms lo
utilizzò come laboratorio per la composizione, progredendo con grande
cautela e sistematicità attraverso i generi e gli organici: dal pianoforte,
alla musica da camera, per approdare alla sinfonia solo nel 1876. Ma
cosa accomuna musicisti tanto diversi? Nell’epoca contrassegnata
sotto l’etichetta di Romanticismo, cosa è davvero “romantico”? Quando
l’originalità assurge ad imperativo estetico e comincia a venir meno il
concetto di scuola, ciascun artista è chiamato a interpretare il proprio
tempo in maniera unica e irripetibile secondo il filtro della propria
individualità.

Il pianoforte di Chopin assimila generi e repertori
del tempo, ampliandone il vocabolario, sempre
pervaso da un’inconfondibile espressività

Chopin fu il primo a reinventare sulla tastiera alcune forme della
tradizione, conferendo un nuovo significato musicale a termini quali
ballata, valzer, scherzo, barcarola, studio, preludi. Il pianoforte di Chopin
assimila generi e repertori del tempo: il belcanto di ascendenza
belliniana, la danza, il folklore polacco… tutto confluisce sulla tastiera
ampliandone il vocabolario, sempre pervaso da un’inconfondibile
espressività.

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La Barcarola op. 60 ne è un esempio. Forma di solito vocale, nasce
originariamente dall’evocazione del canto dei gondolieri veneziani e
si caratterizza per il suo andamento dondolante. Chopin, mai ospite
della Serenissima, conosceva però le barcarole vocali di Auber e
Rossini ed era solito assegnare agli allievi la Barcarola veneziana di
Mendelssohn. Composta durante la malattia, negli ultimi anni della
sua vita, la barcarola raccoglie e sintetizza lo stile e l’esperienza
dello Chopin maturo in un perfetto equilibrio tra libertà e senso
della forma: l’atmosfera cullante del notturno, il respiro narrativo
della ballata, la cantabilità di una melodia raddoppiata come in
un duetto vocale. L’apparente semplicità che traspare all’ascolto
nasconde una complessità tanto compositiva quanto esecutiva: giochi
contrappuntistici e un uso audace, quasi impressionistico, dell’armonia
la rendono una composizione particolarmente moderna, che non si
esaurisce nella linearità della melodia e che attirerà l’ammirazione di
tanti, da Nietzsche a Ravel. Già dall’introduzione su un unico accordo
vengono sgranate e sovrapposte tutte le sette note della scala, fino
all’avvio dell’accompagnamento ostinato di barcarola: un dondolio
ipnotico alla mano sinistra su cui la melodia scorre con estro e
senza soluzione di continuità, ricca di fioriture belcantistiche e di trilli
zampillanti. Non è un quadretto di genere, quella che si definisce
musica a programma: la barcarola non descrive la laguna veneziana né
evoca il canto dei suoi gondolieri. In Chopin è una suggestione e una
trasfigurazione tutta sonora, un’esca per la fantasia romantica, così come
lo è il valzer, la danza per eccellenza dei salotti borghesi dell’Ottocento
da lui frequentati. I valzer di Chopin non si ballano: sono troppo veloci
o troppo lenti, incostanti e imprevedibili con i frequenti effetti di
rubato. Contrapposto all’interiorità del notturno, il valzer era il genere
dell’esteriorità e dell’intrattenimento, in cui però il carattere brillante e lo
spirito civettuolo si sposano in Chopin con una scrittura sempre raffinata
e ricercata: figurazioni emioliche, progressioni e intrecci polifonici di
bachiana memoria, ornamentazioni che attingono tanto al belcanto
italiano quanto a forme popolareggianti come lo jodel tirolese.
La Grande valse brillante op. 34 n. 1 fa parte di una raccolta, composta
tra il 1834 e il 1838. È uno dei valzer più lunghi dell’intera produzione e
mantiene la tipica forma tripartita: un’introduzione su ritmo di fanfara
lascia spazio a una sezione centrale dal carattere sognante seguita poi
da una lunghissima coda.
Un insolito esordio è invece quello dell’op. 42: un trillo prolungato
quanto originale lascia sospesa la tonalità e sembra voler esser un

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segnale di richiamo per i ballerini. Inizialmente designata con il titolo
di Grande Valse Nouvelle, l’opera venne composta nella primavera del
1840. È un pezzo di bravura molto brillante che, sul modello rondò del
valzer viennese, si articola in una successione di episodi, tutti conclusi
da un ritornello molto virtuosistico, fino alla coda in accelerando e
crescendo.
Decisamente impossibile da ballare è invece il cosiddetto valzer del
minuto (op. 64 n. 1), secondo la tradizione di pianisti “centometristi”che lo
eseguono a tempo di record: la mano destra corre su e giù sulla tastiera
a destare l’ammirazione e il compiacimento del pubblico parigino. Detto
anche Valzer del cagnolino, venne composto nel 1847 e, come si legge
nel diario della poetessa e compagna George Sand, sembra esser nato
dal movimento vorticoso del cane che giocava a rincorrere la propria
coda. Anche in questo caso, è solo uno spunto per la composizione
con il turbinare dei quattro suoni iniziali, lungi dal volerne essere la
rappresentazione sonora.
Il secondo dei tre valzer che costituiscono l’op. 64 risale invece al
1831 ed è dedicato a una delle regine dei salotti parigini, la baronessa
Charlotte de Rothschild, sua allieva e moglie del famoso banchiere e
mecenate Nathaniel de Rothschild. È un valzer di estrema raffinatezza
compositiva: un perfetto e compiuto equilibrio ricompone nella struttura
la forma tripartita e quella del rondò, in cui la contrapposizione tra il
tema malinconico e il tema mosso è interrotta al centro da una sezione
differente più lenta.
Come Mozart, Chopin aveva la capacità di mettere insieme temperature
emotive differenti: modo minore e modo maggiore si avvicendano anche
nello spazio ravvicinato di due battute consecutive.
Così come il valzer non è più una danza nella musica di Chopin, anche
la ballata si trasforma sul pianoforte e perde il legame con la propria
origine: da forma poetica e genere vocale diventa un brano puramente
strumentale, sottratto a qualunque riferimento letterario.
La Ballata op. 52, quarta e ultima della raccolta, fu composta nel 1842 e
rappresenta un’opera di sintesi, in cui vengono consolidate le innovazioni
e compendiati generi e stili sperimentati in altre composizioni: dal
rondò alla sonata alle variazioni, dalla scrittura contrappuntistica
all’atteggiamento rapsodico, dall’intimità dei notturni alla difficoltà
tecnica degli studi. Pensiero e tecnica sono perfettamente compenetrati
in un’architettura complessa e stratificata, in un trascolorare di caratteri:
la melodia onirica dell’introduzione che nasce dal silenzio in cui
era sepolta; il primo tema, claustrofobico e ripiegato su se stesso,
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ingabbiato in un’armonia senza evoluzioni; la coda finale frammentaria
e magmatica. Viene impiegata tutta l’estensione della tastiera del
pianoforte, con arpeggi che sembrano quasi volerne uscire fuori.
Lo stesso carattere rapsodico e il contrasto tematico ed emotivo delle
ballate si ritrova negli scherzi, anche questi sottratti da Chopin alla forma
classica di un movimento di sonata o sinfonia per assumere tutt’altro
respiro formale ed emotivo. Chopin mantiene il metro ternario ma lo
carica di una grande energia motoria. Lo Scherzo n. 3 in do diesis minore
op. 39 reca l’indicazione Presto con fuoco. Un interrogativo angosciante
si spalanca all’inizio nel registro grave della tastiera: è un frammento
ripetuto, quasi atonale con una successione di 11 suoni differenti,
sospeso sul vuoto enigmatico delle pause, prima che abbia inizio lo
“scontro”: un tema martellante, ritmico, quasi infernale nel registro grave,
con ottave raddoppiate all’unisono dalle due mani, si contrappone a un
corale a cinque voci, raggiante e luminoso nel registro acuto, ornato di
ghirlande di note, come di celestiali arpe. La tensione si scioglierà solo
alla fine con una conclusione in modo maggiore.
Lo Scherzo fu composto durante il soggiorno nell’abbandonato
monastero di Valldemossa a Maiorca. Che la suggestione gotica delle
rovine della Certosa abbia ispirato il compositore? È possibile ma non
importa. La musica di Chopin voleva essere “l’arte di esprimere pensieri
e sentimenti attraverso i suoni”, senza la pretesa di descrivere la realtà o
di intuirne il suo significato profondo. Musica pura e astratta, “assoluta”,
senza titoli o programmi che rimandassero ad altro.

Sullo stesso filone si colloca Brahms: quando Schumann raccoglieva le
sue miniature pianistiche sotto titoli evocativi e simbolici come piccoli
aforismi, e quando Liszt faceva del pianoforte un diario di viaggio o uno

Brahms, considerato un restauratore
nell’Ottocento, verrà riscoperto “progressivo”
nel Novecento

strumento di meditazione filosofica in composizioni di sempre più vaste
dimensioni, Brahms guardava al passato per trovare una delle vie più
originali alla modernità. Considerato un restauratore nell’Ottocento, verrà
riscoperto “progressivo” nel Novecento.
All’età di 19 anni, Johannes trovava i suoi primi impieghi nei complessi
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che si esibivano presso i porti della città, venendo a contatto con
culture musicali eterogenee. Fu probabilmente l’incontro con il violinista
ungherese Eduard Remeneyi, compositore zigano, a ispirare la stesura
delle prime Danze ungheresi. L’interesse per il folklore era condiviso
dalla maggior parte dei romantici e si traduceva nella riscoperta della
musica popolare, a volte nostalgica come in Chopin, a volte pittoresca
ed esotica. Il linguaggio tradizionale veniva contaminato e arricchito
di melodie e colori locali, quasi fossero souvenir musicali, senza lo
studio e la consapevolezza dei primi etnomusicologi del Novecento.
Anche nel caso delle danze ungheresi, saranno Bartók e Kodály a
rintracciarne gli spunti originari nel ritmo e nelle melodie della musica
zigana, con cui ai tempi il folklore magiaro era confuso. Le danze hanno
una forma tripartita, con due temi che si contrappongono come i due
volti dell’animo popolare, quello energico e quello malinconico. Nella
conclusione, la ripresa è all’insegna della variazione, tecnica tanto di
estrazione popolare quanto colta, di cui Beethoven era stato maestro
per tutto il Romanticismo.
Le Variazioni su un tema di Paganini op. 35, intitolate originariamente
Studi per pianoforte, sono basate su tale tecnica: sono 28 variazioni
composte tra il 1862 e il 1863 sul tema del Capriccio n. 24 di Paganini.
Considerate “variazioni stregate” per l’esecutore, “geroglifici” per il
pubblico, secondo l’opinione di Clara Schumann della loro estrema
difficoltà, le variazioni non sono tanto uno studio sul meccanismo e sul
virtuosismo, ma sulle possibilità timbriche della tastiera: dall’organo al
violino, le movenze di un’intera tradizione fanno capolino sul pianoforte.
Come in Chopin, il virtuosismo veniva riscoperto in chiave espressiva.

		 Maria Grazia Campisi
		Laureata in Discipline storiche,
		 critiche e analitiche della musica
		 al Conservatorio “G. Verdi” di Milano

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Alessandro Taverna pianoforte

Veneziano di nascita, Alessandro Taverna si è formato presso la
Fondazione Musicale S. Cecilia di Portogruaro, diplomandosi sotto
la guida di Laura Candiago Ferrari col massimo dei voti, la lode e
la menzione d’onore. Ha completato la sua formazione artistica
all’Accademia Pianistica di Imola con Franco Scala, Louis Lortie, Leonid
Margarius e Piero Rattalino. Ha conseguito il diploma cum laude
all’Accademia Nazionale S. Cecilia di Roma con Sergio Perticaroli, e si è
poi perfezionato alla Lake Como Piano Academy e alla Hochschule für
Musik, Theater und Medien di Hannover con Arie Vardi.
Sono numerose le sue prestigiose affermazioni in concorsi pianistici
internazionali tra i quali il Piano-e-Competition (Stati Uniti), i concorsi
di Londra, di Hamamatsu (Giappone), Concorso Busoni di Bolzano,
Premio Venezia, Premio Skrjabin di Grosseto, Premio “Arturo Benedetti
Michelangeli”.
Si è affermato a livello internazionale con la premiazione al Concorso
Pianistico di Leeds nel 2009. Da allora la sua carriera lo ha portato ad
esibirsi in tutto il mondo nelle più importanti sale e stagioni musicali:
Teatro alla Scala di Milano, Teatro La Fenice di Venezia, Musikverein
di Vienna, Konzerthaus di Berlino, Gasteig di Monaco, Wigmore Hall e
                                                                              9
Royal Festival Hall di Londra, Salle Cortot di Parigi, Castleton Festival,
Musashino Hall di Tokyo, Teatro San Carlo di Napoli, Teatro Grande di
Brescia, Auditorium Parco della Musica di Roma.
In qualità di solista ha collaborato con prestigiose orchestre quali
Filarmonica della Scala, Münchner Philharmoniker, Royal Philharmonic
Orchestra, Minnesota Orchestra, Royal Liverpool Philharmonic, Orchestra
Sinfonica Nazionale della RAI, Orchestra da camera di Mantova,
KwaZulu-Natal Philharmonic, Orchestra della Toscana, Orchestra di
Padova e del Veneto, Orchestra dell’Accademia del Teatro alla Scala,
Filarmonica del Festival di Brescia e Bergamo con direttori quali Lorin
Maazel, Riccardo Chailly, Fabio Luisi, Daniel Harding, Michele Mariotti,
Daniele Rustioni, Reinhard Goebel, Thierry Fischer, Claus Peter Flor, Pier
Carlo Orizio, Joshua Weilerstein, Kerem Hasan.
È stato scelto dalla fondazione internazionale “Keyboard Trust” di
Londra, per esibirsi in una serie di recital in Europa e negli Stati Uniti, tra
cui il Castleton Festival del celebre direttore d’orchestra Lorin Maazel.
È docente di pianoforte al Conservatorio di Udine ed è titolare della
cattedra di perfezionamento pianistico presso la Fondazione Musicale
Santa Cecilia di Portogruaro.
Nel 2012 ha ricevuto al Quirinale da Giorgio Napolitano il “Premio
Presidente della Repubblica” per meriti artistici e per la sua carriera
internazionale.
Ha registrato per BBC Radio 3, Rai Radio 3, Radiotelevisione Slovena,
RSI Radiotelevisione Svizzera. Dopo il successo di critica del suo album
dedicato a Nikolay Medtner, ha inciso per l’etichetta inglese SOMM un
CD con musiche di Debussy e Ravel, presentato a BBC Radio 3 e accolto
positivamente dalla rivista Gramophone. È in uscita in Italia proprio
oggi il CD “Omaggio a Debussy”, registrato l’8 giugno 2018 presso il
Museo Diocesano di Brescia in occasione del 55° Festival Pianistico
Internazionale di Brescia e Bergamo.
È stato ospite della nostra Società nel 2017 per Musica nel Tennis a Villa
Necchi Campiglio.

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Grazie ai musicisti che hanno dato prestigio al Quartetto
                 e ai soci che l’hanno sostenuto e lo sostengono!
Vogliamo esprimere gratitudine ai Soci d’Onore, e prima di tutto ai grandi
musicisti che hanno contribuito al successo del Quartetto nei suoi 153 anni di
attività (da Richard Strauss e Anton Rubinstein nei lontani anni dell’800 a Rudolf
Serkin, Mieczyslav Horszowski e Ton Koopman in tempi più vicini), ai Soci Vitalizi,
ai Soci Benemeriti, fra i quali i “fedelissimi” con oltre 50 anni di associazione, ai
Sostenitori, che col loro contributo annuale esprimono il loro apprezzamento per
il Quartetto, e vorremmo crescessero sempre più.

Soci d’Onore
Johann Becker (1888), Franco Faccio (1888), Charles Gounod (1888),
Joseph Joachim (1888), Joachim Raff (1888), Anton Rubinstein (1888),
Pablo de Sarasate (1888), Richard Strauss (1888), August Wilhelmj (1888),
Antonio Bazzini (1892), Felix Mottl (1892), Mieczyslav Horszowski (1985),
Rudolf Serkin (1985), Ton Koopman (2003), Francesco Cesarini (2006),
Harry Richter (2006), Giancarlo Rusconi (2017)

Soci Vitalizi
Filippo Annunziata, Cesare Bacchini, Ilaria Borletti Buitoni, Gerardo Broggini,
Paolo Dardanelli, Tomaso Davico di Quittengo, Carla Giambelli,
Antonio Magnocavallo, Francesco Maino, Maria Majno,
Francesca Moncada di Paternò, Carlo Vittore Navone,
Gian Battista Origoni della Croce, Franca Sacchi, Luca Sega,
Società del Giardino, Beatrice Svetlich, Pietro Svetlich, Paolo Terranova

Soci Benemeriti
Domenico Arena, Sandro Boccardi, Salvatore Carrubba, Francesco Cesarini,
Philippe Daverio, Francesca del Torre Astaldi, Fondazione Sergio Dragoni,
Anna Maria Holland, Carlo Musu, Quirino Principe,
Sua Eminenza Gianfranco Ravasi, Harry Richter, Carlo Sini
I fedelissimi (soci da oltre 50 anni)
Francesco Adami, Ladislao Aloisi in memoriam, Ester Ascarelli,
Margherita Balossi Barbiano di Belgiojoso, Maria Piera Barassi Livini, Carlo Barassi,
Cecilia Bicchi, Maria Luisa Bonicalzi, Alessandra Carbone, Marta Casagrande,
Paolo Carbone, Paolo Carniti, Nicoletta Cipriani, Claudio Citrini,
Mathias Deichmann, Giuseppe Deiure, Maria Cristina Delitala, Antonio Delitala,
Nora del Torre, Roberto Fedi, Renzo Ferrante, Anna Ferrante, Salvatore Fiorenza,
Maria Teresa Fontana, Anna Genoviè, Emma Guagnellini, Riccardo Luzzatto,
Federico Magnifico, Antonio Magnocavallo, Rosalia Manenti,
Giovanna Marziani Longo, Giovanni Miserocchi, Jacqueline Molho, Davy Molho,
Giuseppe Mottola, Anna Mottola, Luciano Patetta, Luisella Patetta Deiana,
Maria Carla Peduzzi, Alberto Piergrossi, Giancarlo Rusconi, Pietro Saibene,
Giuliana Saibene, Maria Vittoria Saibene, Giovanni Scalori, Luigi Scalori in memoriam,
Luciano Scavia, Angelo Mario Sozzani, Ilaria Stendardi Antonini, Luca Trevisan,
Giovanni Weisz

Soci Sostenitori
Marco Bisceglia, Mario Broggi, Anna Broggi De Lellis, Anna Calabro, Alberto Conti,
Maria Elisabetta De Ferrari Magnifico Fracaro, Nora del Torre, Andrea Kerbaker,
Liliana Konigsman, Marco Magnifico Fracaro, Maria Candida Morosini,
Ruth Pavese Westen, Lorenzo Stucchi

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PROSSIMI CONCERTI

SALA VERDI DEL CONSERVATORIO

martedì 27 novembre 2018, ore 20,30
Edgar Moreau violoncello
David Kadouch pianoforte
Franck - Sonata in la maggiore
Poulenc - Sonata per violoncello e pianoforte FP 143
Mendelssohn - Sonata n. 2 in re maggiore op. 58
Serie Astri Nascenti sostenuta da

BIGLIETTI
Intero € 25│Ridotto (Soci e over 70) € 20│Giovani (under 30) € 2

martedì 11 dicembre 2018, ore 20,30
Emanuel Ax pianoforte
Brahms - Due rapsodie op. 79
Benjamin - Piano Figures
Schumann - Fantasiestücke op. 12
Ravel - Valses nobles et sentimentales
Chopin - Notturno in si maggiore op. 62 n. 1
- Tre mazurche op. 50
- Andante spianato e grande polacca brillante op. 22

Serie Astri Nascenti sostenuta da

BIGLIETTI
Intero € 35│Ridotto (Soci e over 70) € 29│Giovani (under 26) € 5

          Società del Quartetto, via Durini 24 – 20122 Milano
 Tel 02 795 393 │ info@quartettomilano.it │ www.quartettomilano.it
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