DA SILVIO BERLUSCONI A VLADIMIR PUTIN: VARIAZIONI SUL CONCETTO DI "SPORT POLITICS - SISP

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Marica Spalletta* – Lorenzo Ugolini**
                      DA SILVIO BERLUSCONI A VLADIMIR PUTIN:
                  VARIAZIONI SUL CONCETTO DI “SPORT POLITICS”***

     1. Introduzione
     Fin dai suoi albori, lo sport è stato caratterizzato da un particolare vincolo, talvolta implicito
talvolta palese, con tutto ciò che può essere ricondotto alla politica in senso lato. Come
segnala Novelli (2006a), tale vincolo bagna le sue radici nell’intrinseco valore sociale dello
sport, che trasforma la «semplice attività ginnica in un qualcosa d’altro, connesso con aspetti
religiosi, morali e politici» (p. 197). Così, molti sono gli esempi, già dall’Antichità, in cui lo sport
viene rivestito di valori politici, dalla Roma antica (con i panem et circenses) all’Antico Egitto e
ai Sumeri. L’esempio forse più importante, conosciuto, e la cui eco arriva anche al giorno
d’oggi, è rappresentato dai Giochi Olimpici, in onore dei quali ogni belligeranza veniva
sospesa: una “tregua olimpica” che ancora oggi, per i Giochi Olimpici moderni, viene sovente
evocata (Spivey 2004; Panagiotopoulou 2010).
     L’avvento, a partire da fine Ottocento, delle Olimpiadi moderne e dello sport come oggi lo
conosciamo non ha intaccato il suo valore sociale e politico: al contrario, esso si è giovato dello
sviluppo dei mezzi tecnici e tecnologici della sua diffusione e della sua comunicazione (Catolfi,
Nonni 2006). Lo sport – e in particolare la sua sublimazione, ovvero ancora una volta i Giochi
Olimpici – è infatti rapidamente divenuto un simbolo dello stato di salute di un Paese o, al
contrario, della sua voglia di emergere o di recuperare antichi fasti (Sudgen, Tomlinson 2012).
Attraverso lo sport determinati messaggi politici e sociali sono stati trasmessi con particolare
veemenza: basti pensare al celebre podio della finale dei 200m piani alle Olimpiadi di Città del
Messico del 1968, nel quale il vincitore Tommie Smith e il terzo classificato John Carlos furono
protagonisti di un clamoroso gesto di protesta contro la discriminazione razziale nel loro Paese,
gli Stati Uniti (con l’adesione, meno roboante ma significativa, del secondo classificato,
l’australiano Peter Norman). Sempre sul podio, e sempre a Città del Messico, la fuoriclasse
della ginnastica artistica Věra Čáslavská protestò contro l’occupazione sovietica del suo Paese,
la Cecoslovacchia (Hartmann 2003; Weisbord 2015).
     I Giochi Olimpici hanno poi spesso rappresentato uno specchio della situazione politica
internazionale, dai boicottaggi in piena Guerra Fredda (gli Stati Uniti non parteciparono alle
Olimpiadi di Mosca 1980, e di conseguenza gli atleti sovietici disertarono i successivi Giochi di
Los Angeles 1984) (Tomlinson, Young 2006) a terribili fatti di sangue, come la violenta
repressione della protesta a Piazza delle Tre Culture poco prima dell’inaugurazione dei Giochi
di Città del Messico 1968 o il massacro di 11 atleti israeliani da parte di un commando di
terroristi palestinesi durante le Olimpiadi di Monaco 1972 (Large 2012; Witherspoon 2013). Più
in generale, le grandi manifestazioni sportive sono sovente teatro di rivendicazioni di natura
politica e sociale, e gli esempi potrebbero essere innumerevoli, dai recentissimi movimenti di

*
  Ricercatore di Sociologia dei processi culturali e comunicativi, Link LAB, Link Campus University, Roma.
**
    Assegnista di ricerca, Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale (CORIS), Sapienza-Università di
Roma.
***
     L’articolo è frutto del lavoro congiunto dei due autori. In particolare, Marica Spalletta ha scritto i
paragrafi 3.2, 3.3, 3.4, 3.6, 3.7 e 4; Lorenzo Ugolini i paragrafi 1, 2, 3, 3.1, 3.5, 3.8.
protesta in Brasile in occasione della Confederations Cup di calcio del 2013, dei Mondiali di
Calcio del 2014 (Spalletta 2015; Ugolini 2015) e delle Olimpiadi di Rio 2016 a esempi anche di
minor dimensione e risonanza: basti pensare al cospicuo numero di bandiere dei movimenti
indipendentisti baschi sulle strade del Tour de France nelle tappe pirenaiche che si avvicinano
o sconfinano nei Paesi Baschi.
     Proprio il ciclismo offre l’esempio più celebre per quanto concerne l’Italia: è ormai infatti
entrato a far parte del sentire comune il fatto che la vittoria di Gino Bartali al Tour de France
del 1948 abbia giocato un ruolo decisivo per ricostruire un sentimento di unità nazionale a
seguito dell’attentato subito dal segretario del Partito Comunista Italiano Palmiro Togliatti, che
aveva portato l’Italia a un passo da una guerra civile. Un episodio tanto più significativo perché
– stando alle voci e, per certi versi, alle leggende tipiche dell’epica dello sport – tale vittoria fu
fortemente caldeggiata da telefonate dei principali leader politici italiani (Bergonzi 2012).
     Infine, un aspetto da mettere in luce è senz’altro l’uso dello sport a fini propagandistici che
è stato fatto dalle grandi dittature del Novecento. L’esempio più clamoroso è senz’altro
rappresentato dalle Olimpiadi di Berlino 1936, concepite da Adolf Hitler come fastosa vetrina
del nazismo (Hilton 2006) e, come ricorda Novelli (2006b), a tale scopo viene sfruttata quella
che in quel momento era la frontiera dell’innovazione dei media, con il film Olimpia di Leni
Riefenstahl a mettere al servizio del Regime il meglio della tecnica cinematografica dell’epoca.
Ma anche per quanto riguarda le dittature di stampo comunista, lo sport viene percepito fin da
subito come efficace mezzo di diffusione della salute e della bontà del loro modello sociale, e
diventa ben presto “affare di Stato”, con la deleteria conseguenza del fenomeno che è stato
chiamato, similarmente, “doping di Stato”: anche in questo caso gli esempi sono numerosi e
riguardano molti Paesi del blocco dell’Europa Orientale, ma probabilmente è riguardo all’ex
Germania dell’Est che si riscontrano gli esempi più clamorosi, fino al parossismo di un’atleta
come Heidi Krieger che, al seguito dei cambiamenti fisiologici dovuti alle massicce assunzioni
di farmaci dopanti, è stata costretta a cambiare sesso (Gregori 2004).
     Per quanto riguarda i sistemi democratici, il connubio tra sport e politica raggiunge i propri
massimi livelli con la mediatizzazione della società (Mazzoleni 2012) e, come conseguenza,
della politica (Mazzoleni, Schulz 1999; Schultz 2004; Strömbäck 2008): a seguito dello sviluppo
del panorama della comunicazione, e in particolare con l’affermazione della preponderanza del
mezzo televisivo, infatti, i media cominciano a rivestire un luogo vieppiù centrale, e
successivamente preponderante, all’interno delle dinamiche dei principali processi culturali, tra
cui lo sport (Hjarvard 2013; Frandsen 2014). In particolare, è agli effetti di personalizzazione e
leaderizzazione che si deve quell’identificazione dell’attore politico con la sua strategia
(Mazzoleni 2012), ai fini della cui comunicazione lo sport rappresenta un topic altamente
spettacolare e di conseguenza notiziabile (Boyle 2006; Rowe 2004; Sorrentino, Bianda 2013;
Spalletta, Ugolini 2013, 2015).
     Inoltre, un altro fenomeno che nasce in ambito di mediatizzazione, la popolarizzazione
della politica, presenta un’interessante declinazione in chiave sportiva. Come rimarcano infatti
autorevoli studiosi italiani e internazionali (Street 1997; Van Zoonen 2005; Dakhlia 2010;
Wheeler 2013; Mancini 2015; Mazzoni, Ciaglia 2015), uno dei tratti distintivi della cosiddetta
“pop politics” (Mazzoleni, Sfardini 2009) consiste nella sua tendenza ad appropriarsi di
palcoscenici – quali la televisione, il cinema, la musica – diversi rispetto ai tradizionali “luoghi”
della comunicazione politica. Tra questi palcoscenici, un ruolo di primo piano è rappresentato
proprio dallo sport, il quale soddisfa entrambe le declinazioni che, secondo Van Zoonen
(2005), contraddistinguono la popolarizzazione della politica: da una parte, l’uso di codici pop
da parte dei politici, che in questo caso si declina in termini di espressione della propria
passione nei confronti di una determinata disciplina, oppure di tifo verso una squadra o un
atleta; dall’altro, l’apparizione di contenuti riconducibili alla politica all’interno di contesti e di
codici pop, quale può essere, per esempio, un quotidiano sportivo.
     Se la relazione tra politica e sport ha dunque conosciuto numerose e sfaccettate
declinazioni nel corso dell’ultimo secolo (Hoberman 1984; Novelli 2006a; Porro, Martelli 2013),
essa ha tuttavia raggiunto il proprio culmine, in Italia ma non solo, con la “discesa in campo” di
Silvio Berlusconi del 1994, non a caso considerato come il caso paradigmatico della
popolarizzazione della politica in chiave sportiva (Mazzoleni, Sfardini 2009). Con l’ex
“Cavaliere” assistiamo infatti alla compresenza in una sola figura di un imprenditore dei media,
le cui televisioni private avevano contribuito in maniera decisiva all’affermazione dei codici pop
in politica (Susca 2004; Novelli 2006b; Mazzoni, Caniglia 2011); un presidente di una squadra
di calcio vincente anche per il modello imprenditoriale applicato nella sua gestione (Bonini
2008); infine – in ordine di tempo – un politico di rilevanza nazionale e internazionale, a più
riprese presidente del Consiglio, la cui ricerca di consenso e popolarità (Roncarolo 2008) si è
spesso giovata delle qualità mostrate in ambito editoriale e sportivo.
     La centralità dello sport – o meglio: del calcio – nella strategia politica e comunicativa di
Silvio Berlusconi trova altresì conferma in quanto emerso in una nostra precedente ricerca
(Spalletta, Ugolini 2015): nei vent’anni che seguono la “discesa in campo”, infatti, lo sport ha
costituito per il Cavaliere da una parte uno strumento in grado di garantirgli una notiziabilità in
contesti giornalistici non politici (nel caso specifico, su «La Gazzetta dello Sport»), dall’altra un
mezzo attraverso cui costruire la propria immagine pubblica e politica, e nello specifico per
delineare e veicolare un modello vincente, durevole nel tempo e affascinante, al cui interno lo
stesso Berlusconi assumeva un ruolo simbolico, efficace e imprescindibile.

    2. Obiettivi e metodologia della ricerca
     Nel corso di questo paper ci proponiamo di ripartire dalle riflessioni presentate in quella
ricerca per rispondere alla seguente domanda: cosa accade quando, dal fenomeno Berlusconi,
ci si sposta verso altri leader politici caratterizzati da una forte passione per lo sport? Entrambe
le declinazioni del concetto di popolarizzazione proposte da Van Zoonen (2005) (l’uso di codici
pop in contesto politico, il riferimento a contenuti politici in contesto pop) appaiono rispettate,
oppure il concetto di “sport politics” (Spalletta, Ugolini 2015) subisce delle inevitabili
variazioni, legate al modificarsi di quell’effetto di personalizzazione della politica cui
accennavamo poc’anzi, e che evidentemente si ripercuote anche sul rapporto tra sport e
politica?
     Al fine di rispondere a questa domanda, il paper presenta i risultati di una ricerca sulla
copertura giornalistica che il principale quotidiano sportivo italiano («La Gazzetta dello Sport»)
riserva al leader russo Vladimir Putin nell’arco temporale compreso tra l’agosto del 1999
(quando Putin assume la carica di Primo Ministro su designazione dell’allora presidente Boris
Eltsin) e l’agosto del 2016, ovvero dopo la conclusione dei Giochi Olimpici di Rio che, come
vedremo, rappresentano il culmine di una significativa messa in discussione dell’intera politica
russa in ambito sportivo in seguito a un enorme “scandalo doping” che ha coinvolto in
particolare l’atletica leggera. Il corpus testuale analizzato è composto da un totale di 1109
articoli.
     Per quanto concerne la scelta dell’attore politico, essa presenta varie e diverse motivazioni,
solo in parte legate all’amicizia personale e all’alleanza politica che hanno legato e tuttora
legano Putin a Silvio Berlusconi. Al pari del nome di Berlusconi, infatti, il nome di Putin è
spesso associato al mondo dello sport russo e internazionale sia dal punto di vista delle scelte
in materia di politica dello sport effettuate dal Cremlino (dalle discipline in cui la Russia vanta
una solida tradizione alle nuove frontiere rappresentate, per esempio, dall’organizzazione di un
GP di Formula 1 su suolo russo, fino ad arrivare alle dinamiche di politica sportiva
internazionale che hanno condotto la Russia ad aggiudicarsi i Giochi Olimpici invernali di Sochi
2014 e i Mondiali di Calcio del 2018), sia perché lo stesso Putin si è spesso affermato come
protagonista dello sport russo, non solo come tifoso o sostenitore ma anche come praticante
(Spalletta 2013; Spalletta, Ugolini 2016).
    Con riferimento invece alla finestra temporale, la scelta si motiva in ragione del fatto che i
17 anni compresi tra l’agosto del 1999 e l’agosto del 2016 offrono una fotografia quanto mai
approfondita della parabola politica del leader russo che esordisce sulla scena internazionale
come Primo Ministro nell’agosto 1999, per poi diventare presidente ad interim dopo le
dimissioni di Boris Eltsin, nei primi mesi del 2000; presidente eletto dal 2000 al 2008; Primo
Ministro nominato dal suo “delfino” Dimitri Medvedev (eletto presidente) dal 2008 al 2012;
nuovamente presidente eletto dal 2012 a oggi.
    Infine, dal punto di vista metodologico abbiamo optato per una media content analysis
(Altheide, Schneider 2013; Macnamara 2005) di stampo qualitativo (Corbetta 2003) poiché
essa ci consente di portare avanti da un lato la specifica analisi del rapporto tra un leader
politico e la sua comunicazione attraverso lo sport, dall’altro di comprendere in che modo tale
rapporto può risultare funzionale a uno specifico disegno di costruzione dell’identità nazionale.

    3. Vladimir Putin su «La Gazzetta dello Sport»: una partita lunga 17 anni
     Come si accennava poc’anzi, il corpus testuale analizzato è composto da un totale di 1109
articoli, nei quali il leader russo Vladimir Putin è almeno nominato; all’interno di questo corpus
abbiamo ritenuto di operare due distinzioni preliminari. La prima si lega a una specifica scelta
editoriale de «La Gazzetta dello Sport» a partire dal gennaio del 2007, ovvero l’avvio di una
rubrica fissa quotidiana, curata dal giornalista Giorgio Dell’Arti, dedicata all’approfondimento
di un evento riconducibile alla notiziabilità non sportiva (cronaca, politica interna o estera,
economia, ecc.), corredata da una serie di altre notizie che provvedevano a fornire ai lettori un
quadro generale della situazione extrasportiva. Questa rubrica, che nel tempo sarà
ufficialmente “battezzata” Altri Mondi, rappresenta di fatto un esempio di giornalismo
generalista, non sportivo, pur se pubblicato su una testata specialistica: come tale, offre una
copertura ampia di Putin nella sua veste di leader internazionale (il primo articolo è di marzo
2007), ma non ci offre che pochi spunti utili ai fini della nostra riflessione. Gli articoli
riconducibili agli Altri Mondi sono quasi la metà del totale della copertura (520), e la nostra
ricerca ne tiene conto in maniera approfondita solo in pochi e determinati casi che andremo
espressamente a menzionare nelle prossime pagine.
     La seconda distinzione riprende quella che abbiamo applicato anche al corpus testuale
della ricerca condotta su Silvio Berlusconi (Spalletta, Ugolini 2015), nonché in altre qualitative
media content analysis svolte in precedenza (Spalletta, Ugolini 2013, 2014), ovvero
l’identificazione degli articoli in cui il leader russo è a tutti gli effetti il protagonista (o uno dei
principali protagonisti) della notizia sportiva (articoli ai quali dedicare un’analisi maggiormente
approfondita), escludendo così tutti gli articoli in cui il leader russo è meramente citato. Questa
distinzione, particolarmente rilevante quando l’oggetto dell’analisi era Berlusconi (erano infatti
numerosissimi gli articoli in cui la citazione del Cavaliere appariva ridondante e non necessaria),
riguardo alla copertura di Putin ci è apparsa ben presto difficilmente effettuabile e scarsamente
significativa.
È senz’altro vero, infatti, che vi è un numero considerevole di articoli in cui Putin è
l’indubbio protagonista della notiziabilità sportiva, e che rivestono un fondamentale interesse
ai fini della nostra ricerca; così come sono numerosi gli articoli in cui il leader russo è solo
nominato: tuttavia, è necessario sottolineare il fatto che sovente anche la mera citazione di
Vladimir Putin in un articolo assume un diverso valore nel momento in cui ci si propone di
approfondire il “peso” della sua leadership nella costruzione di una specifica immagine (per sé
e per il suo Paese) attraverso lo sport. Se, per anticipare un esempio, un articolo fa riferimento
all’avallo di Putin a una specifica operazione di stampo sportivo, questa non può essere
considerata una “mera” citazione, anche nel caso in cui questa non prendesse più di
pochissime parole: essa ribadisce e in qualche modo rafforza l’idea della centralità, effettiva o
ipotetica, del leader russo in tutto ciò che concerne il mondo dello sport nel suo Paese.
     Anche la distribuzione temporale degli articoli ci consente di trarre alcune indicazioni
importanti sulla notiziabilità di Vladimir Putin. Innanzi tutto, la copertura del leader russo è del
tutto assente nel 1999, mentre nei primi mesi del 2000 offre poche citazioni. Il primo
significativo articolo è datato maggio 20001: nel raccontare una gara podistica che si tiene nei
pressi del Cremlino il giorno dell’insediamento di Putin, tale competizione viene descritta
come «senza colori sportivi se si eccettua il nero della cintura del nuovo presidente russo
Vladimir Putin, ex judoka come testimoniato dal pezzo d’album di famiglia mandato in onda
nella diretta tivù a canali unificati dedicata al suo insediamento». Pur se da fonte secondaria,
per la prima volta la «Gazzetta» fa cenno alla volontà del leader russo di associare lo sport alla
sua immagine, anche in quanto praticante.
     Da quel momento in poi, la notiziabilità di Putin ha mantenuto una cadenza piuttosto
regolare a livello annuale (meno di 40 articoli l’anno fino al 2011, esclusi gli Altri Mondi), ma
con alcune significative concentrazioni in occasione di eventi specifici: i Giochi Olimpici (estivi e
invernali, in particolare nel 2008 quando le Olimpiadi di Pechino coincisero con la guerra in
Georgia), l’assegnazione dei Giochi Olimpici invernali a Sochi avvenuta nel luglio del 2007, la
possibile cessione del Milan a un colosso russo nel maggio del 2010. Nel 2012 la notiziabilità
di Putin aumenta sensibilmente, così come nel 2013 (anche per via della polemica sui diritti
degli omosessuali in concomitanza con i Mondiali di Atletica nell’agosto di quell’anno) e da
quel momento in poi esplode definitivamente, fino a raggiungere il culmine nel 2014: 246
articoli totali, di cui 102 di notiziabilità sportiva, e di questi ben 76 tra gennaio e marzo, in
concomitanza con i Giochi Olimpici invernali di Sochi. Nel 2015, pur ovviamente diminuendo,
la notiziabilità sportiva di Putin è di 49 articoli, mentre nel 2016, al 27 agosto, siamo già a 41
articoli: una copertura già molto ampia, in concomitanza con lo scandalo doping che ha
accompagnato la nazionale russa (in particolare di atletica) verso le Olimpiadi di Rio 2016.

       3.1. Lo sport: 12° uomo in campo per il “team Russia”
     La sopracitata distribuzione temporale ci ha quindi consentito di accennare alle principali
tematiche affrontate nella copertura offerta da «La Gazzetta dello Sport» a Vladimir Putin, che
rappresenteranno l’ossatura del presente paragrafo. Tuttavia, a nostro avviso è interessante
sottolineare in via preliminare un aspetto che appare trasversale a tutte queste diverse
tematiche, e allo stesso tempo fondativo dell’approccio di Putin. Infatti, dall’analisi degli
articoli appare chiaro che Putin si consideri a tutti gli effetti come il capo dello sport russo.
Questo approccio contiene senz’altro in sé una inevitabile componente strutturale: in quanto
Capo dello Stato e principale leader del suo Paese, egli ha in qualche modo un’influenza anche
sulle sue istituzioni sportive, ci si attende che presenzi in via ufficiale a determinati eventi, e

1
    V. Piccioni, A Mosca nel giorno di Putin la corsa assedia il Cremlino, 08/05/00.
appare normale che esprima soddisfazione e faccia complimenti ad atleti russi in caso di
particolari affermazioni sportive2, oppure cordoglio quando viene a mancare un protagonista
dello sport del suo Paese3.
     Tuttavia, già nel 2000 appare chiaro che Putin ha intenzione di avere un impatto più netto
sulla politica sportiva del suo Paese: innanzi tutto, è presidente del Comitato speciale per la
preparazione degli atleti russi che parteciperanno all’Olimpiade di Sydney4, e l’assegnazione
delle Olimpiadi di Pechino nel 2008, avvenuta a Mosca nel 2001, offre un primo spaccato di
quanto Putin intenda “far pesare” la sua presenza nelle sedi in cui si prendono le principali
decisioni di politica sportiva5.
     Uno dei casi più eclatanti di questo approccio riguarda una forte polemica che ha avuto
luogo durante le Olimpiadi invernali di Salt Lake City 2002, in relazione allo scandalo
ribattezzato “Skategate”. La prova di pattinaggio artistico di figura vede la vittoria della coppia
russa: una decisione che fa infuriare pubblico e commentatori, che da subito ventilano l’ipotesi
di pressioni indebite sui giudici per far vincere i russi rispetto alla coppia canadese, considerata
nettamente più meritevole. Le polemiche fanno immediatamente affiorare l’effettiva esistenza
di tali pressioni, che alcuni giudici hanno subìto per far primeggiare i russi, e la medaglia d’oro
viene assegnata ex aequo. La «Gazzetta» riporta inizialmente l’assenza di commenti da parte di
Putin6, ma la settimana successiva la delegazione russa è protagonista di vibranti proteste di
senso opposto, sostenendo che in diverse discipline gli atleti russi siano stati penalizzati, e in
questo caso Putin prende esplicitamente posizione, parlando senza la diplomazia che ci si
aspetterebbe da un leader politico, ma al contrario con toni e partecipazione ascrivibili
maggiormente al capo dello sport russo7. A ulteriore riprova di ciò, il presidente del Comitato
Olimpico Internazionale (CIO) Jacques Rogge, nell’ottica di far rientrare le proteste
particolarmente veementi, si rivolge direttamente a lui con una lettera che alimenta
ulteriormente le polemiche: è opportuno infatti che il presidente del CIO si rivolga a un Capo
di Stato e non al presidente del Comitato olimpico del Paese in questione8?
     Da quel momento in poi, il fatto che Putin sia il “capo” dello sport russo, e che intervenga
in maniera molto più diretta di quanto farebbe un suo omologo in altri Paesi, appare quasi
implicito. È lui a concedere un passaporto russo a un cestista statunitense per potenziare il
Cska Mosca e la nazionale russa9, dopo che proprio il basket era apparso come la prima tappa
di un rilancio in grande stile dello sport russo, con l’organizzazione della Final Four di Eurolega
del 200510; inoltre, stando all’analisi della «Gazzetta», è proprio il basket ad aprire la porta
all’immissione sistematica degli ingenti capitali degli oligarchi russi nello sport11, dopo
l’acquisizione del Chelsea da parte di Roman Abramovich datata 2003. Questa immissione
viene presentata come una specifica intenzione di Putin, che nel corso degli anni si amplia ad

2
  Per esempio V. Martucci, Myskina, trionfo a senso unico, 06/06/04; M. Poli, Per la Russia una vittoria da
romanzo Brasile shock, 13/08/12.
3
  Per esempio M. Oriani, È morto Gomelsky, patriarca del basket nell’Unione Sovietica, 17/08/05.
4
  Killy visita gli impianti dei Giochi di Torino 2006, 27/07/00.
5
  G. Merlo, La città dei Giochi 2008: volata a tre, 13/07/01.
6
  A. Buongiovanni, A. Anghileri, G. Merlo, Doppio oro, bufera sui Giochi, 16/02/02.
7
  G. Merlo, G. L. Pasini, «Russia umiliata, rispettateci», 23/02/02.
8
  G. Merlo, La lettera di Rogge apre le porte alla politica, 23/02/02.
9
  Holden, la Russia in mano a uno yankee, 17/09/05.
10
   C. Annese, Russia a canestro con stelle e show, 03/11/04.
11
   C. Annese, La Russia fa ricco lo sport d’Europa, 01/08/05.
altre discipline, come il ciclismo con i team Tinkoff e Katyusha12, e va a toccare anche il calcio.
Inoltre, essa si declina in maniera se possibile ancor più netta quando si parla di sport che
possiamo considerare come “olimpici”, attraverso un chiaro indirizzo alle singole federazioni e,
all’occorrenza, interventi in prima persona. Si tratta di argomenti che approfondiremo nei
prossimi paragrafi.

     3.2. Un presidente sportivo, con una passione per il judo
      Quella di Putin nei confronti dello sport è una passione che ha radici assai antiche e che
non sembra conoscere soluzione di continuità nel passaggio da disciplina a disciplina.
L’immagine di Putin «sportivo vero»13 appartiene infatti alla storia personale dell’uomo e
all’iconografia ufficiale del leader14, e nei 17 anni considerati ai fini della nostra ricerca viene
frequentemente esibita sul campo dallo stesso Putin o ribadita a parole dal suo staff o dai suoi
amici. Anche la «Gazzetta» dedica numerosi articoli a questo tema. Nel 2010 la Rosea ricorda
infatti come «prima ci fu il cacciabombardiere, poi il sottomarino, la caccia alla tigre e il
prototipo del fuoristrada da corsa Volkswagen Tuareg. Ieri è toccata alla Renault F.1. Vladimir
Putin non smentisce la fama di politico sportivo e muscolare e ha pilotato la F.1 fino a 240
km/h»15. Un anno più tardi, Il quotidiano rimarca come non vi sia estate in cui Putin «non
compia un’impresa memorabile. Una volta lo fotografano alla guida di un aereo, un’altra si
mostra campione di judo. Un’altra ancora mostra il fisico palestrato»16. Un presidente, dunque,
che «ama lo sport, lo pratica, lo vive»17.
      La centralità dello sport nella formazione personale dell’uomo Putin, prima ancora che
nella sua strategia politica e comunicativa, è altresì confermata se, come a più riprese
segnalato sulla «Gazzetta», è proprio dal mondo dello sport che provengono alcuni dei più
fidati collaboratori e consiglieri: dal preparatore atletico Leonid Tiagatschev, di cui si suppone
una significativa capacità di influenzare le scelte sia sportive che politiche18 dello “Zar”, al
maestro di judo Vasily Shestakov, nominato dallo stesso Putin direttore del Centro nazionale
dell’informazione19, fino al campione di sci Karl Schranz, prezioso consigliere durante la
campagna vittoriosa per la candidatura olimpica20.
      La passione di Putin nei confronti dello sport raggiunge tuttavia i propri massimi livelli (in
termini sia assoluti che di notiziabilità) quando il discorso si sposta sul judo, disciplina che il
leader russo pratica fin dai tempi della sua militanza nel KGB21, e in cui vanta un 5° dan (ossia la
scala di graduazione del judo, il cui massimo è rappresentato dal 10° dan) conquistato sul

12
   P. Condò, «Anche Putin viene da me a bere birra», 18/05/07; C. Ghisalberti, Tchmil: «Con Katyusha
rilancerò la Russia», 13/11/08.
13
   P. Molinaro, Putin, dalla Russia con amore: per lo sci, 10/02/01.
14
   V. Piccioni, A Mosca nel giorno di Putin la corsa assedia il Cremlino, 08/05/00. È altresì significativo che,
nel 2012, il giorno del giuramento di Putin si concluda con una partita di hockey in cui il neo-presidente
scende sul ghiaccio sotto gli occhi dei leader invitati all’evento, tra cui spicca l’amico Silvio Berlusconi (Tra
Usa e Russia, 08/05/12).
15
   Putin pilota sulla Renault a 240 km/h, 08/11/10.
16
   Putin superman russo. Stavolta è archeologo, 12/08/11.
17
   P. Molinaro, Putin, dalla Russia con amore: per lo sci, 10/02/01.
18
   Ibidem.
19
   Chi dirige il centro stampa di Putin? Il maestro di judo, 24/01/08.
20
   G. Merlo, Mosca, una pista nella casa di Putin, 02/01/09.
21
   C. Gobbi, Putin, cintura nera dei presidenti, 04/01/05.
tatami e tre successivi riconoscimenti concessi dalla Federazione internazionale22. Numerosi
infatti sono gli articoli in cui viene rimarcata la passione del leader russo per il judo, che lo
porta ad assistere a molte competizioni23; l’importanza che questo sport ha rivestito nella sua
formazione personale e professionale, consacrata dalla pubblicazione di un libro di teoria e
pratica del judo24; infine, il seguito che egli ha saputo garantire alla disciplina, che fa di lui un
perfetto ambasciatore25, e il suo desiderio di portare la Russia ai vertici mondiali della
disciplina.
     Con riferimento a quest’ultimo aspetto, assai approfonditi sono gli articoli che raccontano
del sodalizio professionale tra lo “Zar” e l’ex judoka italiano Ezio Gamba che vinse la prima
medaglia d’oro azzurra nella storia del judo curiosamente proprio ai Giochi di Mosca 1980. Nel
novembre del 2008, pochi mesi dopo la disfatta del judo russo alle Olimpiadi di Pechino, Putin
chiama infatti il c.t. italiano alla direzione tecnica della squadra nazionale russa26; quattro anni
più tardi (Londra 2012) Gamba ricambia la fiducia riposta in lui portando la squadra russa
cinque volte sul podio, e questo gli garantisce l’apprezzamento dello “Zar”: “Sei il numero uno
al mondo, lo zar del tatami”, sono le parole che il presidente gli rivolge al ritorno dai Giochi27,
e che vengono ulteriormente confermate un anno più tardi quando, attribuendo a Gamba la
prestigiosa onorificenza dell’Ordine dell’Amicizia28, lo definisce un “eroe nazionale” oltre che
un “uomo di parola”29. Una fiducia che Gamba ricambia ergendosi a difesa di Putin nella
vicenda doping che, come vedremo più avanti, dal 2015 porta a galla un sistema di gestione
dello sport in Russia caratterizzato dal ricorso a pratiche illecite (uso di sostante proibite e
corruzione)30. A suggellare definitivamente l’amicizia tra Putin e Gamba, la concessione al
tecnico italiano del passaporto russo31, che chiude idealmente un percorso scandito
certamente dal rapporto umano, ma anche dall’impegno economico garantito dal leader
russo32.
     Ma la passione di Putin per il judo non rimane confinata alla sola pratica amatoriale, bensì
si estende anche alla sfera politica33, diventando in primis strumento di gestione dei rapporti
tra le diverse federazioni che regolano l’attività agonistica della disciplina. Egualmente amato e
temuto tanto dal coreano Park, presidente della International Judo Federation – che, motu
proprio, nel 2001 gli aveva conferito la qualifica di “maestro”34 – quanto da Marius Vizer,
presidente della European Judo Union (UEJ), è proprio con quest’ultimo che, nel 2005, Putin
stringe un patto di ferro: il leader russo sosterrà Vizer nella sua corsa alla poltrona più
importante del judo mondiale (quella, appunto, detenuta da Park), ricevendo in cambio il suo
sostegno per la creazione, a Mosca, di una Accademia del judo, ufficialmente voluta per

22
   C. Gobbi, Sul tatami con Putin, 20/09/01; E. De Denaro, Che onore per Putin. Ha ricevuto l’8° dan,
11/10/12.
23
   Galeone e Tangorre chiudono quinte. In tribuna c’è la cintura nera Putin, 25/04/10; Putin, ex judoka,
andrà a Londra, 20/06/12.
24
   C. Gobbi, Sul tatami con Putin, 20/09/01.
25
   E. De Denaro, Che onore per Putin. Ha ricevuto l’8° dan, 11/10/12.
26
   E. De Denaro, La Russia chiama Gamba, 19/11/08.
27
   Putin: «Gamba è lo zar del tatami», 07/08/12.
28
   Putin premia il c.t. Gamba, 30/10/13.
29
   G.P. Laffranchi, C.t. in fuga dall’Italia. Gamba, lo “Zar”: «Eroe russo», 16/10/13.
30
   V. Piccioni, Svolta di Putin: «Un’inchiesta interna subito». Basterà a Coe?, 12/11/15.
31
   E. De Denaro, Gamba russo. Putin regala il passaporto al c.t. italiano. «Che onore», 09/01/16.
32
   Gamba-Putin. La strana sfida. «E abbiamo brindato col the», 20/12/09.
33
   C. Gobbi, Putin, cintura nera dei presidenti, 04/01/05.
34
   Cintura a Putin, 28/02/01.
migliorare la conoscenza, la pratica e la diffusione di questo sport, in realtà – secondo l’analisi
proposta dalla «Gazzetta» – finalizzata a spostare dal Giappone alla Russia il potere decisionale
del judo mondiale, e con esso i relativi investimenti35.
    L’uso “politico” del judo da parte di Putin non si limita però alle sole politiche dello sport,
ma investe anche l’ambito delle relazioni internazionali, affermandosi come strumento per
intessere relazioni politiche, per rafforzare il ruolo della Russia nello scenario internazionale e/o
per dirimere contrasti con altre potenze. A conferma di ciò, sono solo le gare di judo quelle cui
Putin decide di assistere durante i Giochi di Londra 201236, e che egli espressamente considera
come una «occasione di recarsi in Gran Bretagna per un’altra visita ufficiale, dopo quella del
2003 durante il primo mandato»37. Nella strategia di Putin il judo è altresì un prezioso
strumento per familiarizzare con gli altri leader mondiali, che sovente vengono invitati sul
tatami dallo “Zar” o che chiedono espressamente allo “Zar” di potersi misurare con lui in
pedana38.

     3.3. Le grandi cerimonie dello sport come palcoscenici politici
     In un interessante articolo del 2004 dedicato alle passioni sportive dei principali leader
politici internazionali (da Romano Prodi a Tony Blair, fino al presidente brasiliano Lula), Andrea
Schianchi osserva come «nell’era mediatica, […] lo sport in generale e il calcio in particolare
sono veicoli di comunicazione, di aggregazione e di creazione del consenso di massa. E questo
chiunque faccia politica lo sa; Berlusconi, probabilmente, è stato il primo a capirlo e a
sfruttarne l’effetto. Un presidente che si fa vedere dentro uno stadio è un uomo che si avvicina
al popolo, idealmente lo abbraccia, lo “sente”, ne percepisce l’umore»39. Da questa carrellata
di leader politici non risulta escluso Vladimir Putin, che al contrario occupa uno dei gradini più
alti del podio quando a essere in gioco è il tasso di partecipazione alle grandi cerimonie dello
sport, e la relativa capacità di caricare queste ultime di un marcato significato politico.
     Come ricordavamo poc’anzi, una delle prime apparizioni ufficiali di Putin in un evento
sportivo coincide con il giorno del suo insediamento come presidente della Federazione
Russa40 e si evolve, nel periodo esaminato, in un crescendo tanto quantitativo quanto
qualitativo: ad aumentare progressivamente nel corso del tempo non è infatti solo il numero,
ma anche l’importanza degli appuntamenti agonistici (che abbiano luogo in Russia o nel
mondo), in cui la «Gazzetta» rimarca la presenza del leader russo e le associa un significato
politico. Solo per citare qualche esempio: i Mondiali di sci alpino di St. Anton 2001, che Putin è
costretto a «vivere nelle sale vip degli alberghi più lussuosi, parlando di soldi, stringendo
accordi, prigioniero del suo ruolo»41; la cerimonia di consegna dei Laureus Awards 2008, dove
la presenza di Putin dipenderà «dalle conseguenze della dichiarazione di indipendenza del
Kosovo»42; le Olimpiadi di Pechino 2008, alla cui cerimonia inaugurale Putin assiste mentre «i
suoi carri armati stanno invadendo l’Ossezia georgiana»43; i Mondiali di pattinaggio artistico di

35
   C. Gobbi, Putin, cintura nera dei presidenti, 04/01/05.
36
   Medvedev ci sarà. Putin solo al judo, 18/07/12.
37
   Putin, ex judoka, andrà a Londra, 20/06/12.
38
   «La Gazzetta dello Sport» menziona, per esempio, il «tatami d’eccezione» su cui si confrontano Putin
con il principe Alberto di Monaco (G. Merlo, Rogge, l’uomo del progresso, 17/07/01).
39
   A. Schianchi, Per chi tifano i leader, 08/03/04.
40
   V. Piccioni, A Mosca nel giorno di Putin la corsa assedia il Cremlino, 08/05/00.
41
   P. Molinaro, Putin, dalla Russia con amore: per lo sci, 10/02/01.
42
   Tuttenotizie, 18/02/08.
43
   P. Molinaro, Carezze per i potenti. Quanti fischi per Bush, 09/08/08.
Mosca 2011, che diventano un’occasione per ricordare il terremoto in Giappone44; la cerimonia
di apertura dei Mondiali di atletica di Mosca 2011, in cui si celebra «l’orgoglio russo dalla
conquista dello spazio al balletto, all’energia che alimenta l’Europa»45; nel 2013, la sfida per il
titolo mondiale WBA, WBO e IBF tra il pugile ucraino Wladimir Klitschko e il collega russo, Alex
Povetkin, che alimenta di nuova linfa il conflitto in atto tra i due Paesi46; infine, il primo GP di
Formula 1 disputato a Sochi nel 2014, caratterizzato dalla minaccia jihadista alla vicina
Cecenia47.
     La scelta dello “Zar” di partecipare o meno agli eventi sportivi non appare essere tuttavia
mai lasciata al caso, bensì sempre accuratamente studiata, ponderata, e soprattutto finalizzata
a celebrare il “personaggio Putin”. Di qui, dunque, la rinuncia a una serie di eventi: deluso
dalle prestazioni della nazionale russa di hockey, lo “Zar” diserta infatti sia i Giochi invernali di
Torino 2006 che quelli di Vancouver 201048; stesso discorso per la sessione del CIO che
assegna le Olimpiadi 2012, poiché Putin teme l’umiliazione di Mosca che esce al primo turno49.
Un discorso a parte riguarda infine le partite dello Spartak Mosca, squadra di calcio di cui Putin
è tifoso50: la «Gazzetta» rimarca infatti come le sue incursioni allo stadio siano drasticamente
diminuite da quando si è sparsa la voce che, quando Putin assiste ai match, lo Spartak Mosca
esce sempre sconfitto51.
     La centralità dei grandi eventi sportivi come palcoscenici politici – dunque parte di
quell’idea di “sport di Stato” di cui dicevamo in precedenza – trova altresì conferma quando ci
spostiamo dal versante della partecipazione a quello dell’organizzazione: Putin non è infatti
“soltanto” uno sportivo praticante o uno spettatore, ma anche uno stratega nella scelta degli
eventi sportivi da ospitare sul suolo russo e un abile organizzatore degli stessi. Nel periodo
esaminato, molteplici e diversi sono gli eventi sportivi di cui lo “Zar” si fa promotore: alcuni
strettamente legati alla tradizione russa, come i menzionati Mondiali di pattinaggio artistico del
2011, dove Mosca subentra in corsa a Tokyo causa terremoto52; altri, come il parallelo di sci
alpino disputato nel 2009 sulla Piazza Rossa, finalizzato a promuovere la disciplina in vista dei
Giochi olimpici di Sochi 201453.
     Al di là dei casi menzionati, è tuttavia indubbio che, nel periodo considerato, l’interesse di
Putin si concentri principalmente su tre eventi, diversi tra loro per tipologia e per la disciplina
cui fanno riferimento, ma assai simili quanto al ritorno economico e di immagine che sono in
grado di riservare a chi li organizza: i Giochi olimpici, i Mondiali di calcio e la Formula 1.
Tuttavia, non sempre tali eventi offrono a Putin il risultato sperato.
     Per quanto concerne i Giochi, Mosca tenta l’avventura olimpica per la prima volta all’inizio
degli anni 2000; la sua candidatura per ospitare l’edizione del 2012 appare tuttavia fin da
subito assai fragile e, come rimarca Gianni Merlo, la capitale russa rischia di essere
prematuramente tagliata fuori dalla corsa a meno che Putin non intervenga personalmente per
sostenerla54. In un primo momento lo “Zar” fa trapelare il proprio appoggio55, sacrificando a

44
   A. Buongiovanni, Plushenko guarda. Chan gli soffia il record del corto, 28/04/11.
45
   P. Molinaro, Farah scatto d’oro. Bolt sottotono, 11/08/13.
46
   Tuttenotizie & Risultati, 21/09/13.
47
   L. Perna, Offerti 40 milioni, ma Lewis non molla il posto ad Alonso, 10/10/14.
48
   G. Merlo, Il pattinaggio fa il record di ascolti: punte di 11 milioni, 25/02/06; Taccuino, 27/02/10.
49
   G. Merlo, Londra in rimonta su Parigi, 06/07/05.
50
   F.M. Ricci, Bergkamp illude l’Arsenal ma il Lione segna al 90°, 22/02/01.
51
   A. Schianchi, Per chi tifano i leader, 08/03/04.
52
   Dopo la rinuncia di Tokyo Mondiali di figura a Mosca, 25/03/11.
53
   G. Merlo, Mosca, una pista nella casa di Putin, 02/01/09.
54
   G. Merlo, Italia, un vero disastro. Si salva solo la Dolcini, 02/03/02.
tale scopo la candidatura a ospitare gli Europei di calcio in programma nello stesso anno56, ma
si tratta comunque di un sostegno “tiepido”: nella testa del leader russo ha infatti già preso
forma il sogno “Sochi 2014” del quale parleremo nel prossimo paragrafo.
     Decisamente più tormentato il percorso che porta la Russia all’assegnazione dei Mondiali
di calcio del 2018, per non dire di tutto ciò che accade dopo, con il coinvolgimento del Paese
nello scandalo che investe la Federazione internazionale di calcio (FIFA) e i cui effetti negativi si
ripercuotono sullo stesso Putin, che nella vicenda è tutt’altro che spettatore. Ma andiamo con
ordine. Sulla scia della vittoria nella corsa per i Giochi olimpici invernali del 2014, nel marzo del
2010 l’allora sottosegretario allo sport Igor Shuvalov dichiara che la Russia auspica di poter
ospitare i Mondiali di calcio del 2018 o del 2022 e, in questa sede, ricorda come «il lavoro di
Putin sia stato fondamentale per l’assegnazione dei Giochi olimpici invernali del 2014 a
Sochi»57.
     La scelta viene fatta pochi mesi più tardi dalla FIFA, nel corso di una bollente sessione
iniziata tra sospetti e veleni sulla facilità di comprare i voti da parte della città candidate, e
infuocata dallo stesso Putin che motiva la sua mancata presenza a Zurigo perché «la
concorrenza è sleale e senza scrupoli»58. Ma il colpo di scena – o meglio, il colpo di teatro –
arriva appena 24 ore più tardi: la Russia vince infatti a mani basse la corsa per il Mondiale 2018,
facendo gridare allo scandalo la concorrenza inglese. E mentre il presidente Obama non
nasconde la propria indignazione, Putin mette da parte le accuse e i sospetti del giorno prima,
e si schiera con forza a sostegno del massimo organo del calcio mondiale («Le accuse di
corruzione rivolte alla FIFA sono inaccettabili», dichiara lapidario lo “Zar”, tagliando corto alle
domande dei giornalisti)59.
     Gli anni che seguono sono caratterizzati da una vera e propria “guerra fredda” tra USA e
Russia, in cui oggetto del contendere non è più l’assegnazione di un Mondiale, bensì l’intero
organo del calcio mondiale60. Poi, nel maggio del 2015, si arriva alla resa dei conti: due giorni
prima della scontata rielezione di Sepp Blatter alla guida della FIFA, la giustizia americana
arresta infatti 7 dirigenti di quella che viene definita come «la cupola del calcio mondiale»61. La
risposta di Putin non si fa attendere e, dopo aver ribadito l’estraneità del suo Paese alla
vicenda, punta l’indice contro gli Stati Uniti, orchestratori a suo avviso di «un chiaro tentativo di
impedire la rielezione di Blatter per via giudiziaria e di far revocare l’assegnazione di Russia
2018»62. Con grande soddisfazione, dunque, Putin accoglie la rielezione di Blatter63 e continua
a difenderlo strenuamente anche nei giorni successivi quando, schiacciato dal dilagare dello
scandalo, Blatter è costretto a dimettersi64. Le parole di Putin sono, ancora una volta,
particolarmente significative: «Il modo in cui si manifesta la lotta alla corruzione – afferma infatti
il leader russo – mi inducono a chiedermi se non sia la continuazione della gara per il 2018 e il
2022. Tutti siamo a conoscenza della situazione che si sta sviluppando attorno a Blatter. Io non

55
   V. Piccioni, È successo anche, 13/11/04.
56
   F. Licari, E la Francia potrebbe spianare la strada all’Italia, 13/01/05.
57
   La Russia punta il Mondiale. C.t.: ora Advocaat è in pole, 18/03/10.
58
   F. Licari, Due Mondiali in palio tra polemiche e accuse, 02/12/10.
59
   F. Licari, Il Mondiale dei ricchi: Russia 2018 e Quatar 2022. La rabbia di Obama, 03/12/10.
60
   A. De Calò, Calcio e affari, tra Obama e Putin, 28/05/15.
61
   Ibidem.
62
   M. Pierelli, Putin attacca gli Usa. «Russia 2018 non si tocca. Io sono con Blatter», 29/05/15.
63
   F. Licari, Platini non si arrende: «Necessario cambiare». Gelo dalla Casa Bianca, 30/05/15.
64
   A. De Calò, Morto il re, palla a «Le Roi», ma la partita resta aperta, 03/06/15.
voglio entrare nei dettagli, ma non credo a una sola parola sul suo coinvolgimento della
corruzione»65.
     I mesi che seguono sono caratterizzati da un continuo tira e molla, in cui a essere
costantemente messa in discussione è proprio Russia 2018. Ma, come osserva Marco Guidi
sulle pagine della «Gazzetta», sono «troppo delicati i rapporti di politica internazionale per
arrivare a una decisione così drastica. Putin e la Russia avranno così il loro Mondiale di calcio,
ma gli scheletri sono usciti dall’armadio»66.
     Se dall’affaire Russia 2018 Putin non esce da grande trionfatore, la Formula 1 appare
decisamente più redditizia in termini di ritorno di immagine. Anche in questo caso, si tratta di
un percorso iniziato quasi dieci anni fa, e di cui Putin è tutt’altro che spettatore. Fin dal 2007,
infatti, circola nel paddock l’idea di organizzare un GP di Formula 1 in Russia, in particolare a
San Pietroburgo, città natale dello “Zar”67. Ma Putin non è affatto convinto di tale scelta,
poiché l’area su cui vuole puntare è quella di Sochi, per ragioni sia di immagine (“Sochi”, come
vedremo nel prossimo paragrafo, diventa nel corso degli anni sinonimo di “Putin”) che
economiche (legate alla possibilità di riutilizzare le strutture costruite per i Giochi). L’accordo
con Bernie Ecclestone, patron della Formula 1, viene siglato nel 2010 e, quattro anni più tardi
ha luogo il primo GP di Russia68.
     La «Gazzetta» dedica un ampio resoconto dell’evento, caratterizzato da una «coreografia
da parata di Stato che ha trasformato la presenza di Vladimir Putin in uno show», con
Ecclestone, il presidente della Federazione internazionale dell’automobile Jean Todt e il re del
Bahrain Al-Khalifa a fare da comprimari, un servizio d’ordine imponente e i team avvertiti con
un comunicato di osservare il silenzio assoluto sulla linea di partenza, per rispettare l’inno
russo. Più di tutto, a dare il polso del successo politico e mediatico dello “Zar”, i tanti tifosi che
indossano magliette con la faccia di Putin, anziché quelle di Alonso o Vettel69.

     3.4. Sochi 2014: un progetto politico chiamato “Olimpiade”
     «Vietato sbagliare. Sono i Giochi di Putin»70: mai frase fu, a nostro avviso, più calzante per
riassumere il significato dei Giochi di Sochi 2014, che non a caso abbiamo definito, fin dal
titolo di questo paragrafo, “un progetto politico chiamato Olimpiade”. Tuttavia, per
comprendere appieno quanto le sorti di Sochi 2014 si leghino alla figura di Vladimir Putin, per
non dire del ruolo che egli ha avuto nella loro ideazione, pianificazione, organizzazione e
realizzazione, occorre fare un passo indietro nel tempo, a quando il progetto prende forma
nella mente dello “Zar”, per poi essere condiviso con i suoi più fidati collaboratori e consiglieri.
     In un articolo pubblicato nel febbraio del 2012 e finalizzato a fare il punto della situazione a
due anni esatti dall’accensione della fiamma olimpica, Gianni Merlo71 ricorda come Putin fosse
ancora presidente della Russia72 quando cominciò a pensare a Sochi come sede di
un’Olimpiade invernale. Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, infatti, la Russia aveva
perso i più importanti centri sul Mar Nero, ed era quanto mai necessario avviare un processo di

65
   M. Pierelli, Presidenza Fifa, Platini correrà (contro Zico?). Tavecchio: «Siamo con lui», 29/07/15.
66
   M. Guidi, Le ombre sul torneo voluto da Putin, 20/07/16.
67
   «Vogliamo un GP a San Pietroburgo», 08/02/07.
68
   Dal 2014 a Sochi il GP di Russia, 15/10/10.
69
   L. Perna, Arriva Putin e il GP si trasforma in parata, 13/10/14.
70
   A. Buongiovanni, Miracolo Russia. «Vietato sbagliare. Sono i Giochi di Putin», 31/01/14.
71
   G. Merlo, I Giochi di Putin. la città di mare è regina d’inverno. Obiettivo: Caucaso, 14/02/12.
72
   Ricordiamo che Putin è stato presidente della Federazione Russa dal 2000 al 2008, e successivamente
dal 2012 a oggi.
rilancio della regione tanto economico (legato alla ripartenza del turismo) quanto politico
(determinato dalla vicinanza del confine con Abkhazia e Georgia, ossia zone cuscinetto tra
Russia e Turchia). Da questo punto di vista, l’Olimpiade rappresentava «un’occasione ghiotta
per accelerare i processi» e Putin non se l’è lasciata scappare, intervenendo in prima persona (e
con tutto il peso del suo carisma) nella competizione con le altre città candidate (su tutte, la
coreana Pyeongchang.
     Nel 2007, è infatti proprio il leader russo il «principale ospite»73, per non dire il vero
mattatore della sessione CIO di Guatemala City, nel corso della quale vengono assegnati i
Giochi invernali del 2014: dall’esordio in conferenza stampa in cui mescola i temi politici legati
al suo incontro con George Bush in cui si è discusso di cooperazione energetica («Stiamo
lavorando per rendere il mondo più trasparente e sicuro») a quelli sportivi («siamo qui per
sottolineare la qualità della proposta di Sochi»)74 all’adozione della «politica della formica» per
l’acquisizione dei voti (da quello del Paese ospitante, il Guatemala, ai 5 voti dei delegati
italiani, indispettiti dall’arruolamento di Alberto Tomba come testimonial per la Corea75), dagli
incontri privati nella suite dell’Hotel Intercontinental alla presentazione in perfetto stile
«”sovietico”, concreta e con poche immagini a effetto». La «Gazzetta» non ha dubbi
nell’attribuire proprio all’intervento finale di Putin il merito di aver consentito la vittoria di Sochi
nella finalissima con la rivale coreana: «Vladimir Putin ha affascinato qualche membro del CIO
con la sua aria di uomo di sport, per questo Sochi ha vinto i Giochi invernali 2014. […] Sochi
aveva Putin in più, che ha parlato in inglese, concludendo in francese. È stato abile. Adesso
qualcuno dice che se ci sarà un capo del comitato organizzatore, non potrà essere che lui»76.
     Nei 7 anni che seguono l’assegnazione dei Giochi l’impegno di Putin nei confronti del
progetto non risulta affatto ridimensionato, bensì si estende su ogni aspetto
dell’organizzazione: dunque, la realizzazione dei siti olimpici77, i relativi ritardi e la nomina di
una apposita task force78, la definizione dei prezzi dei biglietti79, i premi per i vincitori di
medaglie (con il toto-medaglie che diventa, giorno dopo giorno, «una questione di interesse
nazionale»)80, la scelta della mascotte81, l’individuazione di regole precise per la scelta dei
tedofori (resa quanto mai necessaria dopo il sinistro presagio della morte di un tedoforo)82, le
norme in materia di manifestazioni pubbliche in coincidenza con i Giochi83.
     Al di là dei temi menzionati, sono due gli aspetti organizzativi su cui la «Gazzetta» si
concentra maggiormente nei mesi che precedono l’inizio dei Giochi, e rispetto ai quali il ruolo
di Putin appare essenziale: la gestione economica e quella della sicurezza.
     Con riferimento al primo aspetto, già in fase di assegnazione il CIO aveva espresso molti
dubbi circa l’effettiva realizzabilità, in soli 7 anni, della totalità degli impianti richiesti per
un’Olimpiade invernale, considerando che l’area di Sochi non poteva avvalersi di alcuna

73
   G. Merlo, Giochi invernali. Domani scelta per il 2014. Oggi c’è Putin, 03/07/07.
74
   «La Gazzetta dello Sport» rimarca come «non era mai successo che nella conferenza stampa di due capi
di Stato in cui si parlava di cooperazione energetica, si finisse per discutere di sport». Cfr. G. Merlo,
Fattore Putin: il trionfo di Sochi, 06/07/07.
75
   G. Merlo, Giochi 2014, Tomba testimonial coreano, 05/07/07.
76
   G. Merlo, Fattore Putin: il trionfo di Sochi, 06/07/07.
77
   Putin ordina controllo ai siti, 27/12/12.
78
   Putin: task force per salvare Sochi, 17/09/13.
79
   Sochi: biglietti fino a 990 euro, 22/01/13.
80
   Russia: un oro vale 90.000 euro, 26/11/13.
81
   Sochi 2014: vince il leopardo di Putin ma le mascotte saranno tre, 27/02/11.
82
   F. Cocchi, La maledizione di Sochi. Muore un tedoforo, 17/12/13.
83
   Putin cancella il divieto a Sochi: si può manifestare in un’area riservata, 05/01/14.
struttura preesistente, per non dire dei costi che la Russia avrebbe dovuto sobbarcarsi per la
costruzione degli stessi84, ma alle obiezioni del CIO Putin aveva risposto ostentando grande
sicurezza, forte dell’appoggio dei suoi «paperoni».
     Sono proprio loro, osserva Marisa Poli85, i magnati dell’economia russa (perlopiù oligarchi
amici intimi di Putin, e che lo stesso “Zar” ha posto ai vertici di numerose federazioni sportive) i
principali sponsor del progetto “Sochi 2014”. Solo per citare qualche nome: Mikhail
Prokhorov, che con la sua Norilsk controlla la maggior parte della produzione di minerali
preziosi; Andrei Bokarev, proprietario del 49% del gruppo industriale che produce il
kalashnikov; Alexei Kravstov, ceo di Kraftway, una delle maggiori compagnie russe di prodotti
informatici; il generale Vagit Alekperov, presidente di Lukoil, l’azienda petrolifera russa
seconda al mondo per riserve. E poi, ovviamente, Gazprom. «C’è chi sostiene che tutto questo
amore per lo sport degli amici di Putin non sia del tutto disinteressato», continua la giornalista.
«Come ha denunciato nei giorni scorsi il blogger Alexiei Navalni, oppositore del presidente
russo, i costi per le infrastrutture e degli impianti sarebbero stati sovrastimati da una a due
volte e mezza per il totale di 51 miliardi di dollari, in gran parte dello Stato o di società legate
allo Stato, mentre i principali investitori privati erano oligarchi amici di Vladimir Putin o in
conflitto d’interesse. Secondo Mikhail Kasyanov, ex primo ministro con Putin, la partecipazione
dei magnati è stata una sorta di tassa imposta dal presidente. “In Russia se vuoi fare affari devi
pagare”, ha dichiarato all’AP Kasyanov, ora all’opposizione».
     Quello dei costi di realizzazione degli impianti (e la relativa lievitazione degli stessi
conseguente ai numerosi ritardi sulla tabella di marcia), per non dire della loro manutenzione
dopo lo spegnimento della fiamma olimpica86, non è tuttavia un problema di cui Putin sembra
curarsi: si tratta piuttosto di un investimento parte di un progetto più ampio, finalizzato a
rilanciare turisticamente un’area strategica per Mosca87, a cavallo tra Europa e Asia, e nel
contempo a promuovere l’immagine della Russia e del suo presidente88.
     Ben diverso – o meglio: cambiato nel corso del tempo – è l’atteggiamento dello “Zar” nei
confronti della minaccia terroristica, che si somma ai tradizionali problemi di sicurezza legati
alla gestione di un evento olimpico. Nel presentare la candidatura olimpica di Sochi, Putin
aveva infatti garantito un’edizione dei Giochi «sicura, divertente e memorabile»89, ma con
l’avvicinarsi dell’evento lo “Zar” si è trovato a dover fare i conti con una serie di molteplici e
diverse minacce di stampo terroristico, che hanno individuato nella cittadina sul Mar Nero «un
bersaglio ideale»90: a destare maggiore preoccupazione, in particolare, è il terrorismo islamico-
ceceno. Dal punto di vista giornalistico, è interessante notare come considerazioni pressoché
simili su questo tema siano formulate sulla «Gazzetta» sia nelle pagine dedicate allo sport
quanto nella rubrica Altri Mondi. «Sarebbe una vera beffa per Putin – scrive infatti il giornalista
sportivo Fausto Narducci – se l’idea, anche un po’ ardita, di portare l’Olimpiade invernale in
riva al Mar Nero si rivelasse in qualche modo un immenso boomerang per la sua propaganda
politica. Perché è indubbio che Sochi sia diventata un bersaglio sensibile per la controffensiva
cecena del “signore della guerra” Doku Umarov»91. E gli fa eco Giorgio Dell’Arti, ideatore e

84
   G. Merlo, Olimpiade invernale 2014. Sfida Russia-Sud Corea, 04/07/07.
85
   M. Poli, Russia, i Paperoni dello sport. Più di 51 miliardi per i Giochi, 29/01/14.
86
   Nei progetti futuri anche una sala da musica, 15/02/14.
87
   G. Merlo, Putin ha già vinto la prima scommessa. Poi Sochi diverrà un centro turistico, 12/02/14. Cfr.
anche A. Cremonesi, Benvenuti a Sochi, la terra promessa, 09/10/14.
88
   F. Narducci, Costi triplicati: ma conviene ancora organizzare un’Olimpiade?, 20/07/12.
89
   M. Poli, Sochi blindata, sono Giochi di guerra, 08/01/14.
90
   Il CIO tranquillizza: «Ci sono garanzie». Isinbayeva: «Choc», 31/12/13.
91
   F. Narducci, Sochi è un bersaglio terroristico perché è in gioco il prestigio di Putin, 31/12/13.
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