Luca Zeffiro 4C Liceo Scientifico Galileo Galilei

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Luca Zeffiro 4C Liceo Scientifico Galileo Galilei
Luca Zeffiro 4C
Liceo Scientifico Galileo Galilei
Luca Zeffiro 4C Liceo Scientifico Galileo Galilei
Il problema sulla conservazione del moto
nacque con Cartesio: nei suoi «Principia
philosophiae» egli affermò la conservazione
della quantità di moto a partire da Dio: gli errori
presenti nella sua argomentazione portarono
gli intellettuali dell’epoca a voler trovare la
soluzione al quesito: «siccome Dio è
immutabile, anche le leggi della natura da lui
derivate sono tali. Ma che cos’è che rimane
immutabile?»
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Luca Zeffiro 4C Liceo Scientifico Galileo Galilei
Come abbiamo studiato, Cartesio
nasce nel 1596 in Francia,
trascorre l’infanzia nel collegio dei
gesuiti, si dedica alla vita militare
viaggiando molto, per poi
fermarsi in Olanda in una vita
solitaria. Muore nel 1650 a quasi
54 anni. La sua filosofia è
caratterizzata dalla ricerca di
rifondazione del sapere su basi
«chiare e distinte».

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E’ un’opera filosofica di
Cartesio pubblicata nel 1644,     «Poichè egli [Dio] ha mosso in
a sei anni dalla morte. Stesa     molte maniere differenti le parti
nella forma di un manuale         della materia, quando le ha create,
scolastico, contiene il           e le mantiene tutte nella stessa
pensiero cartesiano
riguardante filosofia e fisica.   maniera e con le stesse leggi ch’egli
Si divide in quattro parti:       ha fatto osservar loro nella
nella prima sono esposti i        creazione, conserva
principi della conoscenza         incessantemente in questa
umana; nella seconda i
principi delle cose materiali;    materia una uguale quantità di
nella terza la sua visione sul    movimento».
mondo sensibile; nella quarta     Questa quantità di movimento
sullaTerra.                       rappresenta il prodotto tra massa e
Nella parte seconda,36
Cartesio afferma:                 velocità: mv=k

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Quindi m1v1=m2v2
Poniamo per esempio che una sfera A di m=4 si avvicini ad una v=1
ad una sfera B ferma (v=0) di m=1. Secondo la teoria cartesiana,
siccome mv si conserva, la velocità di B dopo lo scontro sarà
uguale a 4. Infatti 41+10=40+14

Ma in realtà la sfera va più piano...

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 Questa legge vale solo nei sistemi isolati.
 La legge non determina in modo esatto il risultato di
  una collisione tra corpi (come abbiamo notato)
 La velocità della formula è una quantità scalare,
  mentre gli esperimenti indicavano che i risultati di una
  collisione dipendevano anche dalle direzioni dei
  vettori del moto degli oggetti in collisione.
A questo punto agli scienziati che accettavano la
concezione meccanicistica cartesiana era necessaria una
formulazione corretta.
Nel 1666 (16 anni dopo la morte di Cartesio) i membri
della Royal Society decisero di affrontare il problema
che fu risolto due anni dopo da Huygens.
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Christiaan Huygens nasce nel 1629
(33 anni più giovane di Cartesio) in
Olanda. Dopo gli studi universitari
si trasferisce a Parigi come
direttore presso l’Académie des
Sciences. Per una grave malattia
tornò ai luoghi natali, dove morì
quattordici anni dopo, nel 1685, a
66 anni. Fu matematico,
astronomo e fisico (non filosofo),
fra i protagonisti della rivoluzione
scientifica.

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La questione che volle affrontare Huygens fu quella inerente allo
scontro tra corpi. Nel trattato «De motu corporum ex percussione»
del 1667 ( ma pubblicato postumo) egli osservò che quando ad urtarsi
sono i corpi «duri» (completamente elastici), quello che si conserva è
il prodotto delle masse per il quadrato delle velocità: mv2
 Un urto si dice elastico quando si conserva l’energia cinetica.
 Un urto si dice anelastico quando, almeno in parte, non si conserva
  l’energia cinetica.
 Un urto si dice completamente anelastico quando i corpi
  rimangono incastrati insieme dopo l’urto.
Huygens scoprì inoltre che ogni corpo subisce uno spostamento dopo
l’urto, indipendentemente dalla sua massa (per esempio se una palla
di 0.1 kg colpisce andando a velocità 0.1 Km/h una palla di 1000Kg,
quest’ ultima si sposta comunque, anche in minima parte, a patto che
non ci siano ostacoli nel percorso, come l’attrito).
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Con una serie di dimostrazioni ed enunciati (ben 13), Huygens arriva a
dimostrare fisicamente che, qualsiasi siano le masse dei corpi elastici, il prodotto
tra la somma di queste e i quadrati delle velocità è uguale prima e dopo l’urto, a
patto che una delle due velocità iniziali sia uguale a zero, cioè che uno dei due
corpi sia inizialmente fermo.
Questo tenendo conto della relatività delle velocità, come Cartesio, e del
principio d’inerzia.
A differenza di Cartesio, la legge di Huygens viene ad avere validità anche
vettoriale.
Alcuni dei pochi errori di Huygens sono stati quello di studiare solo sistemi
determinati e circoscritti, tralasciando la generalizzazione a tutto l’universo, ed
utilizzare mv2 anzichè 12mv2

      Ecco un’immagine dal
      suo trattato:
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Leibniz nasce in Germania nel 1646 (4
anni prima della morte di Cartesio).
Dopo gli studi giuridici, si diede alla
carriera diplomatica senza
abbandonare quelli filosofici e logici.
Viaggiò in Francia dove venì a
contatto con il cartesianesimo e in
Inghilterra dove conobbe le ricerche
newtoniane. Continuò la carriera
politica e approfondì gli studi fisico-
matematici finchè morì nel 1716 a 70
anni.
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Dopo la pubblicazione del «De motu corporum ex percussione» di Huygens,
Leibniz volle generalizzarne le teorie, anche al di fuori del caso dello scontro
tra corpi. Egli sostenne che a conservarsi non era la quantità di moto, ma una
specie di forza presente nei corpi («vis viva», ciò che noi oggi chiameremmo
energia cinetica), corrispondente a mv2
Egli mirava a dimostrare l’inesattezza della teoria cartesiana, utilizzando però
gli stessi presupposti. In un passo della lettera del gennaio 1680 a Philipp
(uomo di corte e bibliotecario ad Amburgo), che gli chiedeva di ricordargli gli
errori cartesiani, infatti asserì:
«Anche se la costanza di Dio è somma e nulla è da lui mutato [...], si può
domandare che cosa ha egli decretato di conservare: se la quantità del moto o
qualcosa di diverso, cioè la quantità delle forze»
Egli considera perciò la forza come la vera realtà dei corpi, assai più reale del
movimento.
In realtà l’argomentazione di Leibniz voleva confutare le teorie
meccanicistiche della fisica cartesiana in nome di un disegno metafisico
generale.
Inoltre a suo parere la perdita di forza viva negli urti anelastici è solo
apparente, perchè essa viene immagazzinata all’interno dei corpi stessi.
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La dimostrazione delle sue teorie è data da Leibniz nel saggio «Brevis demonstratio erroris
memorabili Cartesii»:
Innanzitutto riprende l’esempio di Cartesio: se una sfera A (m=4) colpisce con velocità 1 la sfera
B (m=1), la velocità di quest’ultima sarà uguale a 2 dopo lo scontro (non più 4). Questo perchè
le forze (mv2 ) sono uguali: F1=412=4 e F2=122=4
Inoltre l’ esattezza della formula mv2 anzichè mvè data dal fatto che la sfera A lanciata in alto
raggiunge l’altezza 1 e che la sfera B arriva a 4. Infatti queste due altezze si raggiungono
donando la stessa forza (è facilmente verificabile anche con una bilancia a due bracci: quello
che sorregge A è quattro volte più in basso di quello che sorregge B)

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In realtà sia Cartesio che Leibniz si sbagliarono.
Il grande errore del primo fu di considerare
l’originaria quantità di moto come l’unico motore
del mondo; egli negava ogni tipo di forza. In realtà
noi sappiamo che si mantiene l’energia, che può
trasformarsi nelle sue varie forme: cinetica, termica,
ecc...
Leibniz invece non prese in considerazione il fatto
che potessero esistere vari tipi di energia, inoltre le
sue considerazioni (tra l’altro inesatte: in reatà
l’energia cinetica è 12mv2) valgono solo per i sistemi
isolati.
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Il dibattito sulla conservazione dell’energia andò
avanti fino al XIX secolo, su due linee di ricerca
diverse: da una parte le risoluzioni matematiche
capeggiate da D’Alembert e Lagrange, dall’altra
gli ingegneri studiavano, per scopi pratici, il
rendimento delle macchine reali. Le due linee di
ricerca (scienza e tecnica) si riunificarono nell’
Ottocento dopo la rivoluzione industriale
portando all’enunciazione generale dei princìpi di
conservazione.
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