Lo psicologo "negazionista" non - AltraPsicologia

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Lo psicologo "negazionista" non - AltraPsicologia
Lo psicologo “negazionista”
salito    sul   palco    non
rappresenta    la     nostra
categoria
Sta facendo il giro del web il video che documenta la
manifestazione dei “negazionisti” di Roma tenutasi il 5
Settembre 2020.
L’assurdità della vicenda è stata così grande che ad oggi il
reportage di Fanpage ha collezionato oltre 9 Milioni di
visualizzazioni.

Un solo particolare è sfuggito ai mass-media: tra i relatori
c’era anche uno psicologo.
Sì, uno psicologo è salito sul palco, ha preso il microfono in
mano e ha iniziato a esporre una serie di teorie psicologiche
in favore delle tesi dei cosiddetti No-Mask.
Non contento, si è anche fatto riprendere e ha pubblicato con
orgoglio il video sulla sua pagina Facebook professionale,
ottenendo sia commenti positivi da parte dei suoi sodali, sia
commenti di critica da parte dei suoi colleghi.

La cosa mi ha lasciato stupefatto.
Non potevo credere che uno psicologo usasse il suo ruolo e la
sua influenza per dare corda ad un movimento tanto
discutibile.
Ho quindi deciso di sottoporre il video al giudizio di alcuni
esperti, in modo da confermare o confutare le affermazioni
fatte dal collega.

   Il video dura 9 minuti, ma per semplicità riporterò una
   trascrizione di ciò che dice nei primi due minuti (per
   guardare il video completo basta cliccare questo link).
Lo psicologo "negazionista" non - AltraPsicologia
Un   fermo    immagine   del   video   dello   psicologo   alla
manifestazione dei No-Mask

 “Io sono uno psicologo psicoterapeuta e quindi posso
 spiegarvi qual è il danno vero che fanno queste cose [le
 mascherine] sui nostri bambini.

 Che non è semplicemente una mortificazione.
 Non è un’umiliazione.
 Non è un qualcosa che semplicemente pone una barriera.
 È qualcosa che agisce sul loro cervello.

 Considerate che questa viene messa qua – non sulla bocca – ma
 qua, in testa!
 I bambini vengono condizionati a perdere delle facoltà o non
 acquisire delle facoltà che si sviluppano con
 l’apprendimento, con l’interazione sociale. Soprattutto per
 i bambini.

 Questo ve lo dico da neuroscienziato: esiste un’area del
 nostro cervello chiamato giro fusiforme, e serve a produrre
 il riconoscimento di identificazione dei volti.
 Questa parte [del cervello] si sviluppa solo se i bambini
Lo psicologo "negazionista" non - AltraPsicologia
entrano in contatto con altri bambini, possono riconoscere il
 volto, possono distinguere l’identità sessuale.
 Basta un anno che i bambini indossano questa cosa [la
 mascherina] e perderanno la capacità di distinguere un
 maschio da una femmina, un amico da un nemico, un adulto da
 un bambino.”

Sarà vero ciò che dice?                        Serve un
esperto per verificarlo
Non potevo contestare queste affermazioni, perché io non ho
una formazione neuropsicologica o di psicologia dello
sviluppo.
Ho pensato: “chi tra i miei conoscenti psicologi è il più
ferrato in materia di debunking riguardo pseudoscienze
psicologiche?”
Ho quindi contattato Luca Pezzullo, che da quest’anno è anche
il Presidente dell’Ordine delle Psicologhe e degli Psicologi
del Veneto, esponendogli il caso.

Luca ha visto il video, ha sgranato gli occhi (virtualmente
parlando) e ha subito risposto alla mia richiesta d’aiuto.
Insieme al gruppo di AltraPsicologia Veneto, si è messo alla
ricerca di un docente universitario autorevole per analizzare
rigorosamente le affermazioni dallo psicologo.
Nel giro di poche ore mi hanno restituito un documento, che
mio avviso è fantastico dal punto di vista divulgativo.

Voglio sottolineare il fatto che io sono della Campania,
mentre le psicologhe e gli psicologi che mi hanno aiutato sono
del Veneto.
È il grande vantaggio di AltraPsicologia: essendo la più
grande associazione di psicologia professionale d’Italia, è in
grado di far cooperare tra loro migliaia di psicologi
Lo psicologo "negazionista" non - AltraPsicologia
distribuiti lungo tutto il Paese per una causa comune, che in
questo specifico caso è tutelare la professione.
Tra l’altro, ricordo a tutti che è possibile far parte di
questa    grande   famiglia    iscrivendosi     gratuitamente
all’Associazione tramite questo link.

Ma ora bando alle ciance ed ecco la risposta alla domanda “le
mascherine provocano danni cerebrali ai bambini,
compromettendogli lo sviluppo e la capacità di riconoscere i
volti umani?”

La risposta degli esperti: non è
vero che le mascherine atrofizzano
il cervello dei bambini
“Ci siamo confrontati anche con la Prof.ssa Sara Mondini,
docente di Neuropsicologia all’Università di Padova.
Le affermazioni pubbliche in merito ai presunti effetti di
“atrofia” e di sequele negative al Giro Fusiforme legati
all’uso delle mascherine in età evolutiva, con conseguente
induzione di una sorta di “mask-induced prosopagnosia” nei
bambini, appaiono completamente prive di riscontri in
letteratura     scientifica,      e   privi    di   razionale
neuropsicologico.
Il giro fusiforme non viene certo compromesso dall’uso della
mascherina in luoghi pubblici, chiusi e con molte persone!

La prosopagnosia è un disturbo che segue a lesioni acquisite
in età adulta, e non può essere indotta funzionalmente da mere
alterazioni parziali e di breve termine dello stimolo visivo
facciale, altrimenti anche l’uso di occhiali, baffi e barbe
dovrebbe interferire nel lungo termine con la capacità di
sviluppare il riconoscimento facciale.
Non risulta che siano mai stati riportati al mondo casi,
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neppure isolati, di bambini cresciuti in contesti “mask-
intensive” che ne abbiano riportato conseguenti forme di
agnosie visive o prosopagnosie: si pensi ad esempio a certi
paesi orientali, dove l’uso della mascherina in adulti e
bambini è particolarmente diffuso a livello sociale anche in
epoca pre-COVID, o ai contesti oncoematologici, dove non di
rado bambini di diverse età devono indossare e sono circondati
da adulti che indossano mascherine continuativamente, per
molti mesi o anni.

Ecco, in nessuno di questi casi è mai stato riportato un solo
caso di “prosopagnosia indotta” dalle mascherine al mondo.

Non esistono dunque studi che dimostrino queste tesi
scientificamente bizzarre, né dal punto di visita
neurofisiologico né clinico-neuropsicologico.
Sarebbe quindi opportuno che prima di fare dichiarazioni
pubbliche sul tema – soprattutto presentandosi con la
qualifica di psicologo, psicoterapeuta e neuroscienziato (!) –
ci si basasse solo su fonti scientifiche, e si realizzasse il
grave impatto che certe asserzioni prive di riscontri possono
avere sulla cittadinanza, in un momento di forte ansia
sociale.“

Conclusioni
Siamo di nuovo di fronte ad un caso di psicologo/a che sfrutta
la sua influenza per interpretare la realtà a suo piacimento
(in questo caso per fini politici), dichiarando pubblicamente
l’opposto di ciò che dice la comunità scientifica.

È recente il caso della sedicente psicologa (era iscritta
all’Albo B dell’Ordine del Veneto), che nel 2018 salì agli
onori della cronaca per i suoi post razzisti e negazionisti
nei confronti dei migranti affogati nel Mediterraneo.
Selvaggia Lucarelli la notò, denunciò tutto sul suo profilo da
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oltre un milione di follower e scoppiò un caso nazionale, con
grande danno d’immagine alla nostra reputazione.

Anche in quel caso AltraPsicologia intervenne in diretta per
mettere una pezza mediatica, nel frattempo che la giustizia
facesse il suo corso.
Ricordo che uno dei commenti più apprezzati sotto al post
della Lucarelli fu quello di Federico Zanon, ma nel frattempo
la frittata era fatta: a causa del comportamento scellerato di
un individuo, ne avrebbe pagato le conseguenze un’intera
comunità professionale.
Lo psicologo "negazionista" non - AltraPsicologia
Che sia giunta l’ora di potenziare i corsi di laurea in
Psicologia per dare più spazio all’Epistemologia, alla
Filosofia della Scienza e, in generale, al metodo scientifico?

Anche una migliore selezione durante l’Esame di Stato non
sarebbe male, analizzando queste credenze pseudoscientifiche
di cui alcuni candidati sono portatori, prima di dargli la
licenza di psicologo.
Francamente, a me interessa di più sapere che un mio aspirante
collega sappia che i vaccini non servono per impiantare micro-
chip sottocutanei, piuttosto che sia in grado di elencare
perfettamente tutti i modelli sulla memoria a breve termine
dal 1974 ad oggi.
Ma questa è solo la mia personale opinione.

Un saluto e al prossimo articolo su AltraPsicologia.it,
– Carlo Balestriere
Lo psicologo "negazionista" non - AltraPsicologia
Come ridisegnare la scuola
nel post-emergenza Covid:
verso     una    psicologia
scolastica di comunità

                    Ti aspettiamo

  lunedì 13 luglio dalle 18.30 alle
                20.00

      per un confronto online sulla
          nostra pagina Facebook

  con l’On. Luigi Gallo (Presidente
   Commissione Cultura, Scienza ed
             Istruzione)

   e diversi attori istituzionali e
            professionali

Premesse e obiettivi dell’incontro

L’emergenza Covid-19 ha svelato e acutizzato molte delle
vulnerabilità preesistenti nella scuola e nel suo essere
comunità. Accanto alle fragilità storiche, sono emerse anche
molte risorse e possibilità e soprattutto una importante
opportunità di cambiamento e ripensamento della scuola. Un
scuola inserita e parte di una comunità più ampia con
competenze da poter valorizzare e mettere a sistema, in cui un
ruolo essenziale spetta alla psicologia soprattutto
nell’ambito della psicologia sociale, scolastica e di
comunità.

Questo primo incontro mira a favorire il confronto e le
riflessioni su esperienze di ricerca e intervento tra diversi
attori che possano far luce sulle implicazioni psicosociali
del Covid e sulla urgenza ancora più’ impellente di una nuova
strutturazione in ambito scolastico di professionisti che
prevengano il disagio e promuovano salute, benessere e
felicità. Competenze professionali specifiche degli psicologi
da   non   intendersi    spendibili    unicamente    come
sostegno/sportello psicologico individuale per studenti o
docenti ma competenze che attengono alla gestione dei gruppi,
dei processi partecipativi della comunità’ scolastica, che
promuovano relazioni ai diversi livelli del sistema dal micro
al macro. Lo psicologo scolastico di comunità’ e’ esperto del
processo, facilitatore nel lavoro di rete tra la scuola ed il
territorio, e’ portatore di un pensiero sul funzionamento
della fisiologia del sistema, del benessere organizzativo,
delle norme e delle relazioni che tutelano la salute,
l’apprendimento socioemotivo, e promuovono l’empowerment, il
senso di potere incidere apportando un cambiamento non solo
individuale ma anche dei contesti in cui si interagisce
attraverso diversi metodi che vedono la partecipazione attiva
dei membri della comunità’.

Ad oggi numerose sono state le proposte di legge che
presentavano risposte, anche non esaustive, ai bisogni del
sistema scuola, arenate o bloccate nella fase di reperimento
dei fondi dedicati. Non e’ pensabile lasciare all’autonomia
scolastica, il reperimento di fondi e risorse per piccoli
progetti a termine, come è stato spesso finora, perché il
risultato è la precarietà degli interventi, dei professionisti
e dei risultati, ma chiedere e impegnarsi affinché la salute
psicologica dell’individuo e del sistema scuola sia un bene
comune, e pertanto incoraggiato dall’istituzione centrale con
una strutturazione delle competenze professionali. Di fatti,
assistiamo preoccupati o alla mancanza cronica dei servizi
dedicati oppure all’affidamento a personale non qualificato
(spesso non psicologi) con carattere estemporaneo e con
pagamenti delle prestazioni ai limiti del caporalato
intellettuale (sportelli di ascolto anche per 4 euro l’ora).

Durante questa emergenza, la scuola ha pagato tra i prezzi più
alti del lock down. L’isolamento sociale e la paura del
contagio aumentano diffidenza e disagio psicologico, e
soprattutto in una fascia delicata della crescita dei giovani,
ha ed avrà serie compromissioni anche dal punto di vista
dell’apprendimento, se non si interviene in modo tempestivo
chiedendoci come tutelare la salute ed una qualità
relazionale, anche in un periodo di allerta per il ritorno
della pandemia.

Come ripensare la scuola, e mettere al centro la persona, i
gruppi e le relazioni di comunità, valorizzando le competenze
e delle conoscenze maturate in ambito psicologico? E’
possibile ripensare alla scuola, i suoi servizi con
professionalità e processi di innovazione dedicati e come?
Esistono esperienze, scientificamente fondate, sistematizzate,
replicabili o da sperimentare in sinergia con altri attori
istituzionali? Quali alleanze è possibile costruire tra il
mondo politico, Universitario, Ordini professionali, Cassa di
previdenza Enpap e associazioni di politica professionale?

A queste ed altre domande cercheremo di dare risposta
attraverso una serie di confronti pubblici e di gruppi di
lavoro dedicati come AltraPsicologia.

Facilitano l’incontro   Francesca Scafuto & Luana Valletta
CONTRIBUTI

. Come il benessere diminuisce a scuola: Risultati di una
ricerca-intervento e quali indicazioni per sviluppare
resilienza nel post COVID. Francesca Scafuto, PhD Psicologia
della salute, Psicoterapeuta adolescenza, former Fulbright
Scholar e membro KDPI.

. L’intervento della psicologia di comunità a scuola: lavorare
con i sistemi. Luana Valletta, PhD, Coordinatrice
AltraPsicologia-ER, Vicepresidente Ordine degli Psicologi
Emilia-Romagna

. La scuola come comunità e per la comunità: Service Learning
e promozione di competenze di cittadinanza. Cinzia Albanesi,
Prof.ssa Associata Unibo, coordinatrice CdL magistrale in
Psicologia Scolastica e di Comunità, Presidente ECPA (European
Community Psychology Associations)

. Il ruolo dello psicologo scolastico tra precarietà e
necessità di definizione.  Trovare risposte creative ai
problemi/bisogni psicologici emergenti– Gabriele Raimondi
(Presidente OPER, membro del gruppo di lavoro del CNOP
psicologo di psicologia scolastica)

. Orientare e finanziare le sperimentazioni di un modello
efficace di psicologia scolastica per un progetto di
normazione scientificamente centrato. Felice Torricelli,
Presidente Enpap e Presidente AltraPsicologia

. Dall’osservatorio della Commissione Istruzione, quali
bisogni e quali possibili proposte per una normativa sulla
psicologia scolastica di comunità. Luigi Gallo, Presidente
Commissione Cultura, Scienza ed Istruzione.
Lo psicologo in oncologia è
inutile?   la  risposta   a
Morelli.
di Rossella Dartizio e Irene Fonti

Nella trasmissione televisiva Mattino Cinque di lunedì 21
gennaio, Raffaele Morelli, medico psicoterapeuta ha affermato
di essere “contrarissimo allo psicologo nei reparti di
oncologia perché gli oncologi sono grandi psicologi, grandi
psicoterapeuti.”

Lo psicologo è inutile in Oncologia?

La psiconcologia è una branca specialistica della psicologia
relativamente recente ma non per questo inutile.

La sua ‘giovane età’ trova spiegazione nel rapido mutamento
che ha coinvolto la medicina negli ultimi decenni. La diagnosi
di tumore era, infatti, fino a poco tempo fa, considerata alla
stregua di una sentenza di morte, al punto tale che era
difficile da nominare, ma i progressi nel campo della medicina
hanno fatto si che le terapie disponibili per i pazienti
oncologici siano molte rispetto al passato.

Di   pari   passo   ad   un   aumento   delle   patologie   tumorali
assistiamo anche ad un numero sempre maggiore di pazienti long
life survivor, persone che hanno ricevuto diagnosi di tumore
ma che, grazie alle terapie, sono riuscite a sopravvivere, non
senza ripercussioni a livello fisico, psicologico e sociali.

Lo psicologo in oncologia.

Anche il più empatico e bravo oncologo ha bisogno di rimanere
lucido per prendere decisioni di vita e di morte sui propri
pazienti.
Si rende quindi necessario, se non indispensabile, delegare a
figure competenti nel gestire il dolore psichico che si prova
e attraversa con la diagnosi di un tumore e queste figure
competenti sono gli psicologi.

Psicologi che lavorano fianco a fianco dei medici oncologi in
reparto e nelle associazioni che sul nostro territorio
italiano sono molte.

Psicologi che si formano costantemente in questo ambito grazie
a Società come la Sipo (Società Italiana Psiconcologia) che
organizza master, convegni e formazioni, grazie a master
universitari di I e II livello organizzati in molte università
italiane. Psicologi dal curriculum altamente specializzato che
non può essere sostituito dagli oncologi.

NO, non ci si improvvisa PSICOLOGI, non ci si improvvisa
PSICONCOLOGI.

Cosa dicono le linee guida.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la salute
come qualcosa di più della semplice assenza di malattia, ma
bensì di benessere a livello fisico, psicologico, sociale.

 La letteratura scientifica e le linee guida internazionali
 dicono che il miglior approccio in ambito oncologico è una
 presa in carico da un punto di vista bio-psico-sociale,
 poiché questi tre aspetti sono ritenuti strettamente
 interconnessi.

Solo in tempi relativamente recenti, tuttavia, sono state
presentate dal Consiglio Europeo (2008) delle indicazioni
importanti agli stati membri che riconoscono il significato di
aspetti psicosociali nella cura del Cancro.

Più precisamente il Consiglio Europeo indica che     “per
raggiungere risultati ottimali, un approccio centrato sul
paziente onnicomprensivo e multidisciplinare e cure
psicosociali ottimali dovrebbero essere implementate nella
routine delle cure oncologiche, riabilitazione e follow-up
post trattamento per tuttti i tipi di cancro (par.5).

Tutti i membri dell’UE sono invitati a      “tener conto dei
bisogni psicosociali dei pazienti e a migliorare la qualità
della vita dei pazienti oncologici attraverso il sostegno, la
riabilitazione e le cure palliative” (par.19).

E in Italia a che punto siamo?

Dallo spunto dell’UE, sono nate normative come la Legge
38/2010 che evidenzia l’importanza dello psicologo all’interno
delle équipe di cure palliative.

All’articolo 7 si pronuncia a proposito dei programmi di
supporto psicologico all’équipe, all’articolo 9 sulla
salvaguardia della dignità e autonomia del malato attraverso
la valutazione multidimensionale dei bisogni e dei sintomi
fisici e psicologici e all’articolo 11 richiede l’attuazione
di programmi di supporto al lutto.

 Ma purtroppo, come spesso accade nel nostro Paese, leggi e
 linee guida non vengono messe in pratica adeguatamente.

Nonostante il riconoscimento in letteratura dell’importanza
del ruolo dello psicologo in oncologia, sono pochissimi gli
strutturati assunti dal SSN o con contratti continuativi. La
realtà italiana dei colleghi dice che sono pagati molto spesso
dalle associazioni del territorio, associazioni di familiari
che raccolgono fondi da destinare al supporto psicologico.

Speravamo che l’obbligo dello psicologo in cure palliative e
nelle breast unit avrebbe migliorato i contratti e portato a
maggior stabilità, invece continuano le borse di studio, i
contratti liberi professionali sottopagati.

Le istituzioni, le stesse che scrivono quanto siamo importanti
nella sanità pubblica (LEA CNOP, giugno 2017, Ruolo della
psicologia nei livelli essenziali di assistenza), non hanno un
dialogo concreto con il Governo su come poter mettere in atto
i LE, tanto che da giugno 2017 arriverà anche giugno 2019 e
siamo ancora allo stesso punto.

 Caro dottor Morelli, di una cosa dobbiamo darle merito: ci ha
 fatto uscire dalle nostre scomode stanzette, spesso ricavate
 da uno sgabuzzino dell’ospedale, per sensibilizzare
 l’opinione pubblica rispetto a ciò che siamo e facciamo tutti
 i giorni per i nostri pazienti in oncologia.

Intervista   di   FABIO   DELLI   SANTI   (AP   Puglia)   al   Prof.
LATTANZIO, oncologo.

La  Guida   Arcobaleno                                         per
colorare il mondo
Che strano titolo. Che significa “colorare il mondo”? E perché
mai una Guida (sarà un libro?) potrebbe mai farlo? E perché
bisognerebbe farlo?

Bene, spiegherò subito di cosa si tratta e che c’entra
AltraPsicologia.

L’odio che uccide
Sicuramente avrai sentito parlare di omotransfobia, di
bullismo omotransfobico, di derisioni, battutine, aggressioni,
ecc. nei confronti di persone (spesso molto giovani) gay,
lesbiche, transgender o semplicemente che non si riconoscono
nella maggioranza.

E avrai anche sentito parlare, o avrai letto, di come questo
clima denigratorio e di immotivato disprezzo ha portato alcuni
e alcune a farla finita. Sì, a suicidarsi.

Tra queste persone c’è anche – purtroppo – un nostro amico. Ed
è stata la sua morte a spingere Bernardo (Paoli) a pensare che
era arrivato il momento di fare qualcosa, di provare a
rispondere ai millemila interrogativi – soprattutto di ragazzi
e ragazze in età scolare – sulla loro personalissima realtà e
vissuto. Come una piccola soluzione ad un grande problema, che
spesso funziona alla grande.

Perché una Guida Arcobaleno?
Come far passare il messaggio che non sei sbagliato/a tu, ma
chi ti fa sentire diverso/a?

In che modo possiamo, come professionisti della salute,
aiutare le persone che sono rifiutate, prese in giro,
aggredite solo perché vogliono vivere quello che sono e che
sentono dentro?

Un libro, ecco. Un libro può essere la risposta, anzi tante
risposte. Circa 150 e da oltre 60 professionisti
(psicologi/ghe, ma non solo) che conoscono bene l’argomento
dal punto di vista culturale, sociale, clinico, statistico,
medico, politico, educativo.
Da un’idea alla progettazione del libro è giusto un saltino…
Bernardo – da poco nel gruppo di AP Piemonte – esprime questo
suo desiderio ed è Marzia (Cikada) la prima a credere che sia
una bella idea e a spingerlo in questa direzione.

Uno + uno sono già due a crederci veramente. Troppo pochi
però. Allora coinvolgere qualcun altro/a può essere d’aiuto.
Eccomi arrivare in qualità di responsabile Area LGBT di
AltraPsicologia, e accogliere la proposta del coordinamento
scientifico per selezionare le domande – tutte vere e raccolte
in istituti scolastici e luoghi di aggregazione giovanile – e
gli esperti e le esperte di una lista infinita di nomi.

Servono altre mani e menti brillanti: è il turno di Alice
(Ghisoni) che si unisce alla banda con entusiasmo e curiosità
e di Derek Lomasto che dà vita, con le sue vignette, agli
infiniti discorsi fatti all’interno del gruppo sulle
tematiche, sulle proposte, sulle sezioni del libro, sulle idee
che macinano km.

La Guida – ovviamente Arcobaleno – prende forma. Bernardo,
instancabile mediatore e spingitore di spingitori, sollecita
gruppo e autori/trici a rispettare scadenze, tempi, impegni e
nuove possibilità.

Come l’incontro al Senato con la senatrice Monica Cirinnà, da
subito entusiasta fan della nostra Guida e il senatore Sergio
Lo Giudice che appoggiano l’iniziativa ritenendola molto utile
e facilmente fruibile da chiunque: genitori, insegnanti,
educatori, giovani e meno giovani, professionisti e persone
interessate alle tematiche lgbt+.

Il Senatore Sergio Lo Giudice e la Senatrice Monica Cirinnà
insieme al team di AltraPsicologia

Il tempo vola e passano quasi due anni prima di riuscire a
chiudere un contratto con la Casa Editrice Golem, dall’inizio
disponibile a pubblicare il nostro lavoro.

Come rendere           la    Guida      concretamente
utile?
Di sicuro la Guida Arcobaleno per come è stata scritta e
divisa per argomenti è già utile. Ma volevamo che fungesse da
onda per coinvolgere più persone possibili e soprattutto per
responsabilizzarle in prima persona.

AltraPsicologia, associazione nazionale attiva per la tutela
dei diritti delle persone LGBT+ dalle sue origini e dalla
parte della scienza sempre, accetta di investire in progetti
LGBT+ gli introiti derivanti dalla vendita del libro (che
ricordo è di Altra Psicologia a tutti gli effetti).

Il curatore (Bernardo Paoli) e le curatrici (Alice Ghisoni e
Marzia Cikada) hanno scelto infatti di devolvere ad AP quanto
spetterebbe a loro, a patto che ogni singolo euro derivante
dalla vendita della Guida Arcobaleno sia destinato
ESCLUSIVAMENTE a progetti su omosessualità, transgenderismo,
terapia riparative, omotransfobia, coming out, ecc.

                     Compralo ora!
in modo da sostenere AltraPsicologia nella realizzazione di
quello in cui ha sempre creduto, dichiarandolo pubblicamente.

Bene, bella cosa. Ma dove trovo la Guida
Arcobaleno?
Intanto sarà presentata ufficialmente il 17 maggio (la
giornata internazionale contro l’omotransfobia) a Torino al
Circolo dei Lettori, alle ore 21, e sarà possibile seguire la
diretta Live sui canali social di AltraPsicologia.

Già da oggi (5 maggio) è possibile acquistarla in pre-ordine
su Amazon ad un costo di 15 euro.

SOLO per la giornata del 17 maggio sarà possibile scaricare
l’ebook gratuitamente dal sito di Amazon, ma in questo caso
NON riceveremo neanche un centesimo per realizzare i progetti
che abbiamo in mente.

Questo è quanto. Personalmente sono orgogliosissima di questo
lavoro (e ringrazio pubblicamente tutto il gruppo che ci ha
messo impegno, ore di sonno e sacrifici) e sono
particolarmente emozionata. Per il mio amico lassù, per le
tante persone che mi hanno affidato (nella vita privata e
professionale) le loro sofferenze e paure, per tutte quelle
che potranno prendere una boccata d’aria leggendo la Guida e
realizzando finalmente che vanno bene esattamente come sono.

L’incubo di Recalcati                                  tra
Leopolda e Stephen King
“Misery non deve morire” è un
                              romanzo di Stephen King da cui è
                              stata tratta una fortunata
                              edizione cinematografica. Misery
                              è un eroina di una serie di
                              romanzi cui l’autore vorrebbe
                              porre termine. Ma una fan,
                              incapace di sopportare la fine
di Misery, rapisce l’autore e in una celebre scena lo
immobilizza e con una possente mazza gli spezza la caviglia
per impedirgli di realizzare il suo proposito e porre termine
alla vita letteraria della sua eroina. E’, la storia di Misery
che non deve morire, un emblema della difficoltà di cambiare.

Ora, Massimo Recalcati è andato pochi giorni fa alla Leopolda.
E ha proposto “da uomo di sinistra” alcune letture
psicanalitiche dei vizi di una parte della sinistra italiana:
“Un grande sintomo della sinistra massimalista è il
conservatorismo, si interpreta l’eredità come una tutela
museale del testo costituzionale”. Ha proposto una posizione
politica. Ma anche una realtà vista con le lenti della sua
cultura, profondamente psicanalitica.

Le conseguenze sono state notevolissime. La mattina Recalcati
si è ritrovato con un problema: più di cento inviti in ogni
parte d’Italia, e 1.034 nuove richieste di amicizia su
Facebook, che per un lacaniano – di solito gente schiva e
generalmente pallida anche d’estate, usa ad una comunicazione
esoterica che non è affatto detto venga compresa neppure tra
loro – è un evento discretamente destabilizzante.

Molti cittadini avevano sentito per la prima volta parlare uno
psicanalista in una manifestazione politica. E a molti è anche
piaciuto.

La comunità scientifica però, specie dei più giovani è
insorta. Molti gruppi Facebook hanno dovuto fare intervenire i
moderatori e in alcuni casi cacciare i più inquieti. Molto
volevano cercare Recalcati e spezzargli una caviglia per non
farlo tornare mai più alla Leopolda. Mai più uno psicanalista
politico.

La prima critica, lo psicologo cortigiano

Molti si sono limitati a registrare l’incontro e hanno provato
fastidio. Hanno visto quello che a loro è oggi negato e hanno
voluto vivere quello di Recalcati come un atto da cortigiani,
pro domo sua, fonte di danno.

Eppure per la prima volta a fianco del presidente del
consiglio in carica c’era uno psicologo. La parola di uno
psicanalista è sembrata vera, credibile, profonda, nuova e
diversa.

E’ un riflesso anche biografico nel caso di Recalcati: è stata
solo la sua parola, quella dello psicanalista e dei suoi libri
ad accreditare Massimo, che di suo non è affatto figlio
d’arte. Recalcati non è stato chiamato da Matteo Renzi per il
suo ruolo, in quanto governante, figura burocratica,
istituzionale, non per un atto dovuto ma solo per ciò che ha
scritto, per la potenza trasformativa intuita nella sua
parola.

La seconda critica, il mito
della neutralità e
dell’astinenza

Cosa amano e odiano i vecchi? I vecchi amano: giocare a carte
fra loro, leggere il giornale borbottando, l’odore stantio e
rassicurante della loro casa. E i vecchi odiano: il chiasso
dei bambini, i libri che parlano di cose strane, l’aria
aperta, le cose che mettono dei dubbi.

Che brutta figura, ma come, uno psicologo che usa le proprie
chiavi di lettura della realtà per interpretare il mondo?
Alcuni sono arrivati a sostenere l’esigenza che lo psicologo
“non prenda posizione”. O che intervenga solo “come
cittadino”, cioè non dicendo cose da psicologo: ma come può se
la sua lingua è quella, la sua cultura è forgiata da Freud e
Lacan, di che deve parlare, di diritto, o di urbanistica?

Ci siamo scontrati con un mito di astinenza sociale o di
neutralità politica esteso dal setting clinico all’intera vita
dello psicologo in quanto tale. L’immagine dello psicanalista
astinente dal mondo, sempre e comunque è spaventosa: è la
fantasia perversa dell’analista che non può avere rapporti
sessuali. Recalcati legato a un letto con le gambe spezzate
come lo scrittore di ‘Misery non deve morire’

Mi domando se sia questa la ragione per cui troppo pochi
psicologi prendono pubblicamente posizione su quei temi
sociali che pure beneficerebbero di un serio approfondimento
psicologico, dal fondamentalismo religioso alla genitorialità
omosessuale alla violenza di genere.

    Penso invece che lo psicologo si debba immergere fino in
     fondo nella vita della propria comunità e che la vive,
  l’ascolta e la respira e che poi proponga, prenda posizione,
    intervenga, parli, agisca nel mondo, lui che conosce il
             peggio, gli abissi dell’animo umano.

E poi, diciamoci la verità…

Le nostre istituzioni sono state anche troppo frequentate da
presidenti troppo spesso impauriti all’idea di svolgere
qualsiasi funzione istituzionale, timorosi come sono di
perdere qualche “grande elettore”. Trattano così gli Ordini
professionali come bocciofile. Amano organizzare serate,
conferenze, feste, incontri, presentazioni di libri.
Camminano invece sulle uova se gli parli di formazione
     in psicoterapia,
     evitano accuratamente il dialogo con le università sul
     futuro degli studenti che vengono oggi formati in
     sovrannumero,
     non indicano alcuna direzione della professione perché
     non hanno una visione del futuro.

L’abusivismo prospera e la psicologia langue nella povertà
delle parole dei propri rappresentanti, parole che non fanno
breccia, che non riescono a convincere.

Mi sembra di ricordare che qualcuno tra coloro che oggi si
scagliano contro Recalcati alla Leopolda si chiedeva perché
non esista ancora in Italia una legge sulla psicologia
scolastica, sul trattamento dei minori autori di reato, sulla
psicologia sostenibile.

Ora si può essere di destra o di sinistra, per il sì o per il
no e pure per il forse, ma non mi si potrà mai dire che come
voce della psicologia quella di Massimo Recalcati non sia
infinitamente migliore di quella di chi sta sul proprio
scranno grazie a brogli elettorali o creando danni erariali da
milioni di euro.

Peccato invidiare uno che ha fondato la propria credibilità
solo ed esclusivamente sulla propria parola, che è la parola
di uno psicanalista. Cosa diversa dal dire – ovviamente – che
sia la parola della psicanalisi.

Peccato però scindere e proiettare.

Peccato sentire il desiderio di immobilizzarlo, di riportarlo
nello studio, di spezzargli la caviglia per fare vivere Misery
per sempre.

Perché invece, forse oggi siamo di fronte al primo atto di
parola che rende la nostra professione credibile di fronte al
paese.
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