Lo psicologo "negazionista" non - AltraPsicologia
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Lo psicologo “negazionista” salito sul palco non rappresenta la nostra categoria Sta facendo il giro del web il video che documenta la manifestazione dei “negazionisti” di Roma tenutasi il 5 Settembre 2020. L’assurdità della vicenda è stata così grande che ad oggi il reportage di Fanpage ha collezionato oltre 9 Milioni di visualizzazioni. Un solo particolare è sfuggito ai mass-media: tra i relatori c’era anche uno psicologo. Sì, uno psicologo è salito sul palco, ha preso il microfono in mano e ha iniziato a esporre una serie di teorie psicologiche in favore delle tesi dei cosiddetti No-Mask. Non contento, si è anche fatto riprendere e ha pubblicato con orgoglio il video sulla sua pagina Facebook professionale, ottenendo sia commenti positivi da parte dei suoi sodali, sia commenti di critica da parte dei suoi colleghi. La cosa mi ha lasciato stupefatto. Non potevo credere che uno psicologo usasse il suo ruolo e la sua influenza per dare corda ad un movimento tanto discutibile. Ho quindi deciso di sottoporre il video al giudizio di alcuni esperti, in modo da confermare o confutare le affermazioni fatte dal collega. Il video dura 9 minuti, ma per semplicità riporterò una trascrizione di ciò che dice nei primi due minuti (per guardare il video completo basta cliccare questo link).
Un fermo immagine del video dello psicologo alla manifestazione dei No-Mask “Io sono uno psicologo psicoterapeuta e quindi posso spiegarvi qual è il danno vero che fanno queste cose [le mascherine] sui nostri bambini. Che non è semplicemente una mortificazione. Non è un’umiliazione. Non è un qualcosa che semplicemente pone una barriera. È qualcosa che agisce sul loro cervello. Considerate che questa viene messa qua – non sulla bocca – ma qua, in testa! I bambini vengono condizionati a perdere delle facoltà o non acquisire delle facoltà che si sviluppano con l’apprendimento, con l’interazione sociale. Soprattutto per i bambini. Questo ve lo dico da neuroscienziato: esiste un’area del nostro cervello chiamato giro fusiforme, e serve a produrre il riconoscimento di identificazione dei volti. Questa parte [del cervello] si sviluppa solo se i bambini
entrano in contatto con altri bambini, possono riconoscere il volto, possono distinguere l’identità sessuale. Basta un anno che i bambini indossano questa cosa [la mascherina] e perderanno la capacità di distinguere un maschio da una femmina, un amico da un nemico, un adulto da un bambino.” Sarà vero ciò che dice? Serve un esperto per verificarlo Non potevo contestare queste affermazioni, perché io non ho una formazione neuropsicologica o di psicologia dello sviluppo. Ho pensato: “chi tra i miei conoscenti psicologi è il più ferrato in materia di debunking riguardo pseudoscienze psicologiche?” Ho quindi contattato Luca Pezzullo, che da quest’anno è anche il Presidente dell’Ordine delle Psicologhe e degli Psicologi del Veneto, esponendogli il caso. Luca ha visto il video, ha sgranato gli occhi (virtualmente parlando) e ha subito risposto alla mia richiesta d’aiuto. Insieme al gruppo di AltraPsicologia Veneto, si è messo alla ricerca di un docente universitario autorevole per analizzare rigorosamente le affermazioni dallo psicologo. Nel giro di poche ore mi hanno restituito un documento, che mio avviso è fantastico dal punto di vista divulgativo. Voglio sottolineare il fatto che io sono della Campania, mentre le psicologhe e gli psicologi che mi hanno aiutato sono del Veneto. È il grande vantaggio di AltraPsicologia: essendo la più grande associazione di psicologia professionale d’Italia, è in grado di far cooperare tra loro migliaia di psicologi
distribuiti lungo tutto il Paese per una causa comune, che in questo specifico caso è tutelare la professione. Tra l’altro, ricordo a tutti che è possibile far parte di questa grande famiglia iscrivendosi gratuitamente all’Associazione tramite questo link. Ma ora bando alle ciance ed ecco la risposta alla domanda “le mascherine provocano danni cerebrali ai bambini, compromettendogli lo sviluppo e la capacità di riconoscere i volti umani?” La risposta degli esperti: non è vero che le mascherine atrofizzano il cervello dei bambini “Ci siamo confrontati anche con la Prof.ssa Sara Mondini, docente di Neuropsicologia all’Università di Padova. Le affermazioni pubbliche in merito ai presunti effetti di “atrofia” e di sequele negative al Giro Fusiforme legati all’uso delle mascherine in età evolutiva, con conseguente induzione di una sorta di “mask-induced prosopagnosia” nei bambini, appaiono completamente prive di riscontri in letteratura scientifica, e privi di razionale neuropsicologico. Il giro fusiforme non viene certo compromesso dall’uso della mascherina in luoghi pubblici, chiusi e con molte persone! La prosopagnosia è un disturbo che segue a lesioni acquisite in età adulta, e non può essere indotta funzionalmente da mere alterazioni parziali e di breve termine dello stimolo visivo facciale, altrimenti anche l’uso di occhiali, baffi e barbe dovrebbe interferire nel lungo termine con la capacità di sviluppare il riconoscimento facciale. Non risulta che siano mai stati riportati al mondo casi,
neppure isolati, di bambini cresciuti in contesti “mask- intensive” che ne abbiano riportato conseguenti forme di agnosie visive o prosopagnosie: si pensi ad esempio a certi paesi orientali, dove l’uso della mascherina in adulti e bambini è particolarmente diffuso a livello sociale anche in epoca pre-COVID, o ai contesti oncoematologici, dove non di rado bambini di diverse età devono indossare e sono circondati da adulti che indossano mascherine continuativamente, per molti mesi o anni. Ecco, in nessuno di questi casi è mai stato riportato un solo caso di “prosopagnosia indotta” dalle mascherine al mondo. Non esistono dunque studi che dimostrino queste tesi scientificamente bizzarre, né dal punto di visita neurofisiologico né clinico-neuropsicologico. Sarebbe quindi opportuno che prima di fare dichiarazioni pubbliche sul tema – soprattutto presentandosi con la qualifica di psicologo, psicoterapeuta e neuroscienziato (!) – ci si basasse solo su fonti scientifiche, e si realizzasse il grave impatto che certe asserzioni prive di riscontri possono avere sulla cittadinanza, in un momento di forte ansia sociale.“ Conclusioni Siamo di nuovo di fronte ad un caso di psicologo/a che sfrutta la sua influenza per interpretare la realtà a suo piacimento (in questo caso per fini politici), dichiarando pubblicamente l’opposto di ciò che dice la comunità scientifica. È recente il caso della sedicente psicologa (era iscritta all’Albo B dell’Ordine del Veneto), che nel 2018 salì agli onori della cronaca per i suoi post razzisti e negazionisti nei confronti dei migranti affogati nel Mediterraneo. Selvaggia Lucarelli la notò, denunciò tutto sul suo profilo da
oltre un milione di follower e scoppiò un caso nazionale, con grande danno d’immagine alla nostra reputazione. Anche in quel caso AltraPsicologia intervenne in diretta per mettere una pezza mediatica, nel frattempo che la giustizia facesse il suo corso. Ricordo che uno dei commenti più apprezzati sotto al post della Lucarelli fu quello di Federico Zanon, ma nel frattempo la frittata era fatta: a causa del comportamento scellerato di un individuo, ne avrebbe pagato le conseguenze un’intera comunità professionale.
Che sia giunta l’ora di potenziare i corsi di laurea in Psicologia per dare più spazio all’Epistemologia, alla Filosofia della Scienza e, in generale, al metodo scientifico? Anche una migliore selezione durante l’Esame di Stato non sarebbe male, analizzando queste credenze pseudoscientifiche di cui alcuni candidati sono portatori, prima di dargli la licenza di psicologo. Francamente, a me interessa di più sapere che un mio aspirante collega sappia che i vaccini non servono per impiantare micro- chip sottocutanei, piuttosto che sia in grado di elencare perfettamente tutti i modelli sulla memoria a breve termine dal 1974 ad oggi. Ma questa è solo la mia personale opinione. Un saluto e al prossimo articolo su AltraPsicologia.it, – Carlo Balestriere
Come ridisegnare la scuola nel post-emergenza Covid: verso una psicologia scolastica di comunità Ti aspettiamo lunedì 13 luglio dalle 18.30 alle 20.00 per un confronto online sulla nostra pagina Facebook con l’On. Luigi Gallo (Presidente Commissione Cultura, Scienza ed Istruzione) e diversi attori istituzionali e professionali Premesse e obiettivi dell’incontro L’emergenza Covid-19 ha svelato e acutizzato molte delle vulnerabilità preesistenti nella scuola e nel suo essere comunità. Accanto alle fragilità storiche, sono emerse anche molte risorse e possibilità e soprattutto una importante
opportunità di cambiamento e ripensamento della scuola. Un scuola inserita e parte di una comunità più ampia con competenze da poter valorizzare e mettere a sistema, in cui un ruolo essenziale spetta alla psicologia soprattutto nell’ambito della psicologia sociale, scolastica e di comunità. Questo primo incontro mira a favorire il confronto e le riflessioni su esperienze di ricerca e intervento tra diversi attori che possano far luce sulle implicazioni psicosociali del Covid e sulla urgenza ancora più’ impellente di una nuova strutturazione in ambito scolastico di professionisti che prevengano il disagio e promuovano salute, benessere e felicità. Competenze professionali specifiche degli psicologi da non intendersi spendibili unicamente come sostegno/sportello psicologico individuale per studenti o docenti ma competenze che attengono alla gestione dei gruppi, dei processi partecipativi della comunità’ scolastica, che promuovano relazioni ai diversi livelli del sistema dal micro al macro. Lo psicologo scolastico di comunità’ e’ esperto del processo, facilitatore nel lavoro di rete tra la scuola ed il territorio, e’ portatore di un pensiero sul funzionamento della fisiologia del sistema, del benessere organizzativo, delle norme e delle relazioni che tutelano la salute, l’apprendimento socioemotivo, e promuovono l’empowerment, il senso di potere incidere apportando un cambiamento non solo individuale ma anche dei contesti in cui si interagisce attraverso diversi metodi che vedono la partecipazione attiva dei membri della comunità’. Ad oggi numerose sono state le proposte di legge che presentavano risposte, anche non esaustive, ai bisogni del sistema scuola, arenate o bloccate nella fase di reperimento dei fondi dedicati. Non e’ pensabile lasciare all’autonomia scolastica, il reperimento di fondi e risorse per piccoli progetti a termine, come è stato spesso finora, perché il risultato è la precarietà degli interventi, dei professionisti
e dei risultati, ma chiedere e impegnarsi affinché la salute psicologica dell’individuo e del sistema scuola sia un bene comune, e pertanto incoraggiato dall’istituzione centrale con una strutturazione delle competenze professionali. Di fatti, assistiamo preoccupati o alla mancanza cronica dei servizi dedicati oppure all’affidamento a personale non qualificato (spesso non psicologi) con carattere estemporaneo e con pagamenti delle prestazioni ai limiti del caporalato intellettuale (sportelli di ascolto anche per 4 euro l’ora). Durante questa emergenza, la scuola ha pagato tra i prezzi più alti del lock down. L’isolamento sociale e la paura del contagio aumentano diffidenza e disagio psicologico, e soprattutto in una fascia delicata della crescita dei giovani, ha ed avrà serie compromissioni anche dal punto di vista dell’apprendimento, se non si interviene in modo tempestivo chiedendoci come tutelare la salute ed una qualità relazionale, anche in un periodo di allerta per il ritorno della pandemia. Come ripensare la scuola, e mettere al centro la persona, i gruppi e le relazioni di comunità, valorizzando le competenze e delle conoscenze maturate in ambito psicologico? E’ possibile ripensare alla scuola, i suoi servizi con professionalità e processi di innovazione dedicati e come? Esistono esperienze, scientificamente fondate, sistematizzate, replicabili o da sperimentare in sinergia con altri attori istituzionali? Quali alleanze è possibile costruire tra il mondo politico, Universitario, Ordini professionali, Cassa di previdenza Enpap e associazioni di politica professionale? A queste ed altre domande cercheremo di dare risposta attraverso una serie di confronti pubblici e di gruppi di lavoro dedicati come AltraPsicologia. Facilitano l’incontro Francesca Scafuto & Luana Valletta
CONTRIBUTI . Come il benessere diminuisce a scuola: Risultati di una ricerca-intervento e quali indicazioni per sviluppare resilienza nel post COVID. Francesca Scafuto, PhD Psicologia della salute, Psicoterapeuta adolescenza, former Fulbright Scholar e membro KDPI. . L’intervento della psicologia di comunità a scuola: lavorare con i sistemi. Luana Valletta, PhD, Coordinatrice AltraPsicologia-ER, Vicepresidente Ordine degli Psicologi Emilia-Romagna . La scuola come comunità e per la comunità: Service Learning e promozione di competenze di cittadinanza. Cinzia Albanesi, Prof.ssa Associata Unibo, coordinatrice CdL magistrale in Psicologia Scolastica e di Comunità, Presidente ECPA (European Community Psychology Associations) . Il ruolo dello psicologo scolastico tra precarietà e necessità di definizione. Trovare risposte creative ai problemi/bisogni psicologici emergenti– Gabriele Raimondi (Presidente OPER, membro del gruppo di lavoro del CNOP psicologo di psicologia scolastica) . Orientare e finanziare le sperimentazioni di un modello efficace di psicologia scolastica per un progetto di normazione scientificamente centrato. Felice Torricelli, Presidente Enpap e Presidente AltraPsicologia . Dall’osservatorio della Commissione Istruzione, quali bisogni e quali possibili proposte per una normativa sulla psicologia scolastica di comunità. Luigi Gallo, Presidente Commissione Cultura, Scienza ed Istruzione.
Lo psicologo in oncologia è inutile? la risposta a Morelli. di Rossella Dartizio e Irene Fonti Nella trasmissione televisiva Mattino Cinque di lunedì 21 gennaio, Raffaele Morelli, medico psicoterapeuta ha affermato di essere “contrarissimo allo psicologo nei reparti di oncologia perché gli oncologi sono grandi psicologi, grandi psicoterapeuti.” Lo psicologo è inutile in Oncologia? La psiconcologia è una branca specialistica della psicologia relativamente recente ma non per questo inutile. La sua ‘giovane età’ trova spiegazione nel rapido mutamento che ha coinvolto la medicina negli ultimi decenni. La diagnosi di tumore era, infatti, fino a poco tempo fa, considerata alla stregua di una sentenza di morte, al punto tale che era difficile da nominare, ma i progressi nel campo della medicina hanno fatto si che le terapie disponibili per i pazienti oncologici siano molte rispetto al passato. Di pari passo ad un aumento delle patologie tumorali assistiamo anche ad un numero sempre maggiore di pazienti long life survivor, persone che hanno ricevuto diagnosi di tumore ma che, grazie alle terapie, sono riuscite a sopravvivere, non senza ripercussioni a livello fisico, psicologico e sociali. Lo psicologo in oncologia. Anche il più empatico e bravo oncologo ha bisogno di rimanere lucido per prendere decisioni di vita e di morte sui propri pazienti.
Si rende quindi necessario, se non indispensabile, delegare a figure competenti nel gestire il dolore psichico che si prova e attraversa con la diagnosi di un tumore e queste figure competenti sono gli psicologi. Psicologi che lavorano fianco a fianco dei medici oncologi in reparto e nelle associazioni che sul nostro territorio italiano sono molte. Psicologi che si formano costantemente in questo ambito grazie a Società come la Sipo (Società Italiana Psiconcologia) che organizza master, convegni e formazioni, grazie a master universitari di I e II livello organizzati in molte università italiane. Psicologi dal curriculum altamente specializzato che non può essere sostituito dagli oncologi. NO, non ci si improvvisa PSICOLOGI, non ci si improvvisa PSICONCOLOGI. Cosa dicono le linee guida. L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la salute come qualcosa di più della semplice assenza di malattia, ma bensì di benessere a livello fisico, psicologico, sociale. La letteratura scientifica e le linee guida internazionali dicono che il miglior approccio in ambito oncologico è una presa in carico da un punto di vista bio-psico-sociale, poiché questi tre aspetti sono ritenuti strettamente interconnessi. Solo in tempi relativamente recenti, tuttavia, sono state presentate dal Consiglio Europeo (2008) delle indicazioni importanti agli stati membri che riconoscono il significato di aspetti psicosociali nella cura del Cancro. Più precisamente il Consiglio Europeo indica che “per raggiungere risultati ottimali, un approccio centrato sul paziente onnicomprensivo e multidisciplinare e cure
psicosociali ottimali dovrebbero essere implementate nella routine delle cure oncologiche, riabilitazione e follow-up post trattamento per tuttti i tipi di cancro (par.5). Tutti i membri dell’UE sono invitati a “tener conto dei bisogni psicosociali dei pazienti e a migliorare la qualità della vita dei pazienti oncologici attraverso il sostegno, la riabilitazione e le cure palliative” (par.19). E in Italia a che punto siamo? Dallo spunto dell’UE, sono nate normative come la Legge 38/2010 che evidenzia l’importanza dello psicologo all’interno delle équipe di cure palliative. All’articolo 7 si pronuncia a proposito dei programmi di supporto psicologico all’équipe, all’articolo 9 sulla salvaguardia della dignità e autonomia del malato attraverso la valutazione multidimensionale dei bisogni e dei sintomi fisici e psicologici e all’articolo 11 richiede l’attuazione di programmi di supporto al lutto. Ma purtroppo, come spesso accade nel nostro Paese, leggi e linee guida non vengono messe in pratica adeguatamente. Nonostante il riconoscimento in letteratura dell’importanza del ruolo dello psicologo in oncologia, sono pochissimi gli strutturati assunti dal SSN o con contratti continuativi. La realtà italiana dei colleghi dice che sono pagati molto spesso dalle associazioni del territorio, associazioni di familiari che raccolgono fondi da destinare al supporto psicologico. Speravamo che l’obbligo dello psicologo in cure palliative e nelle breast unit avrebbe migliorato i contratti e portato a maggior stabilità, invece continuano le borse di studio, i contratti liberi professionali sottopagati. Le istituzioni, le stesse che scrivono quanto siamo importanti nella sanità pubblica (LEA CNOP, giugno 2017, Ruolo della
psicologia nei livelli essenziali di assistenza), non hanno un dialogo concreto con il Governo su come poter mettere in atto i LE, tanto che da giugno 2017 arriverà anche giugno 2019 e siamo ancora allo stesso punto. Caro dottor Morelli, di una cosa dobbiamo darle merito: ci ha fatto uscire dalle nostre scomode stanzette, spesso ricavate da uno sgabuzzino dell’ospedale, per sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto a ciò che siamo e facciamo tutti i giorni per i nostri pazienti in oncologia. Intervista di FABIO DELLI SANTI (AP Puglia) al Prof. LATTANZIO, oncologo. La Guida Arcobaleno per colorare il mondo Che strano titolo. Che significa “colorare il mondo”? E perché mai una Guida (sarà un libro?) potrebbe mai farlo? E perché bisognerebbe farlo? Bene, spiegherò subito di cosa si tratta e che c’entra AltraPsicologia. L’odio che uccide Sicuramente avrai sentito parlare di omotransfobia, di bullismo omotransfobico, di derisioni, battutine, aggressioni, ecc. nei confronti di persone (spesso molto giovani) gay, lesbiche, transgender o semplicemente che non si riconoscono
nella maggioranza. E avrai anche sentito parlare, o avrai letto, di come questo clima denigratorio e di immotivato disprezzo ha portato alcuni e alcune a farla finita. Sì, a suicidarsi. Tra queste persone c’è anche – purtroppo – un nostro amico. Ed è stata la sua morte a spingere Bernardo (Paoli) a pensare che era arrivato il momento di fare qualcosa, di provare a rispondere ai millemila interrogativi – soprattutto di ragazzi e ragazze in età scolare – sulla loro personalissima realtà e vissuto. Come una piccola soluzione ad un grande problema, che spesso funziona alla grande. Perché una Guida Arcobaleno? Come far passare il messaggio che non sei sbagliato/a tu, ma chi ti fa sentire diverso/a? In che modo possiamo, come professionisti della salute, aiutare le persone che sono rifiutate, prese in giro, aggredite solo perché vogliono vivere quello che sono e che sentono dentro? Un libro, ecco. Un libro può essere la risposta, anzi tante risposte. Circa 150 e da oltre 60 professionisti (psicologi/ghe, ma non solo) che conoscono bene l’argomento dal punto di vista culturale, sociale, clinico, statistico, medico, politico, educativo.
Da un’idea alla progettazione del libro è giusto un saltino… Bernardo – da poco nel gruppo di AP Piemonte – esprime questo suo desiderio ed è Marzia (Cikada) la prima a credere che sia una bella idea e a spingerlo in questa direzione. Uno + uno sono già due a crederci veramente. Troppo pochi però. Allora coinvolgere qualcun altro/a può essere d’aiuto. Eccomi arrivare in qualità di responsabile Area LGBT di AltraPsicologia, e accogliere la proposta del coordinamento scientifico per selezionare le domande – tutte vere e raccolte in istituti scolastici e luoghi di aggregazione giovanile – e gli esperti e le esperte di una lista infinita di nomi. Servono altre mani e menti brillanti: è il turno di Alice (Ghisoni) che si unisce alla banda con entusiasmo e curiosità e di Derek Lomasto che dà vita, con le sue vignette, agli infiniti discorsi fatti all’interno del gruppo sulle tematiche, sulle proposte, sulle sezioni del libro, sulle idee che macinano km. La Guida – ovviamente Arcobaleno – prende forma. Bernardo, instancabile mediatore e spingitore di spingitori, sollecita gruppo e autori/trici a rispettare scadenze, tempi, impegni e nuove possibilità. Come l’incontro al Senato con la senatrice Monica Cirinnà, da
subito entusiasta fan della nostra Guida e il senatore Sergio Lo Giudice che appoggiano l’iniziativa ritenendola molto utile e facilmente fruibile da chiunque: genitori, insegnanti, educatori, giovani e meno giovani, professionisti e persone interessate alle tematiche lgbt+. Il Senatore Sergio Lo Giudice e la Senatrice Monica Cirinnà insieme al team di AltraPsicologia Il tempo vola e passano quasi due anni prima di riuscire a chiudere un contratto con la Casa Editrice Golem, dall’inizio disponibile a pubblicare il nostro lavoro. Come rendere la Guida concretamente utile? Di sicuro la Guida Arcobaleno per come è stata scritta e divisa per argomenti è già utile. Ma volevamo che fungesse da
onda per coinvolgere più persone possibili e soprattutto per responsabilizzarle in prima persona. AltraPsicologia, associazione nazionale attiva per la tutela dei diritti delle persone LGBT+ dalle sue origini e dalla parte della scienza sempre, accetta di investire in progetti LGBT+ gli introiti derivanti dalla vendita del libro (che ricordo è di Altra Psicologia a tutti gli effetti). Il curatore (Bernardo Paoli) e le curatrici (Alice Ghisoni e Marzia Cikada) hanno scelto infatti di devolvere ad AP quanto spetterebbe a loro, a patto che ogni singolo euro derivante dalla vendita della Guida Arcobaleno sia destinato ESCLUSIVAMENTE a progetti su omosessualità, transgenderismo, terapia riparative, omotransfobia, coming out, ecc. Compralo ora! in modo da sostenere AltraPsicologia nella realizzazione di quello in cui ha sempre creduto, dichiarandolo pubblicamente. Bene, bella cosa. Ma dove trovo la Guida
Arcobaleno? Intanto sarà presentata ufficialmente il 17 maggio (la giornata internazionale contro l’omotransfobia) a Torino al Circolo dei Lettori, alle ore 21, e sarà possibile seguire la diretta Live sui canali social di AltraPsicologia. Già da oggi (5 maggio) è possibile acquistarla in pre-ordine su Amazon ad un costo di 15 euro. SOLO per la giornata del 17 maggio sarà possibile scaricare l’ebook gratuitamente dal sito di Amazon, ma in questo caso NON riceveremo neanche un centesimo per realizzare i progetti che abbiamo in mente. Questo è quanto. Personalmente sono orgogliosissima di questo lavoro (e ringrazio pubblicamente tutto il gruppo che ci ha messo impegno, ore di sonno e sacrifici) e sono particolarmente emozionata. Per il mio amico lassù, per le tante persone che mi hanno affidato (nella vita privata e professionale) le loro sofferenze e paure, per tutte quelle che potranno prendere una boccata d’aria leggendo la Guida e realizzando finalmente che vanno bene esattamente come sono. L’incubo di Recalcati tra Leopolda e Stephen King
“Misery non deve morire” è un romanzo di Stephen King da cui è stata tratta una fortunata edizione cinematografica. Misery è un eroina di una serie di romanzi cui l’autore vorrebbe porre termine. Ma una fan, incapace di sopportare la fine di Misery, rapisce l’autore e in una celebre scena lo immobilizza e con una possente mazza gli spezza la caviglia per impedirgli di realizzare il suo proposito e porre termine alla vita letteraria della sua eroina. E’, la storia di Misery che non deve morire, un emblema della difficoltà di cambiare. Ora, Massimo Recalcati è andato pochi giorni fa alla Leopolda. E ha proposto “da uomo di sinistra” alcune letture psicanalitiche dei vizi di una parte della sinistra italiana: “Un grande sintomo della sinistra massimalista è il conservatorismo, si interpreta l’eredità come una tutela museale del testo costituzionale”. Ha proposto una posizione politica. Ma anche una realtà vista con le lenti della sua cultura, profondamente psicanalitica. Le conseguenze sono state notevolissime. La mattina Recalcati si è ritrovato con un problema: più di cento inviti in ogni parte d’Italia, e 1.034 nuove richieste di amicizia su Facebook, che per un lacaniano – di solito gente schiva e generalmente pallida anche d’estate, usa ad una comunicazione esoterica che non è affatto detto venga compresa neppure tra loro – è un evento discretamente destabilizzante. Molti cittadini avevano sentito per la prima volta parlare uno psicanalista in una manifestazione politica. E a molti è anche piaciuto. La comunità scientifica però, specie dei più giovani è insorta. Molti gruppi Facebook hanno dovuto fare intervenire i moderatori e in alcuni casi cacciare i più inquieti. Molto
volevano cercare Recalcati e spezzargli una caviglia per non farlo tornare mai più alla Leopolda. Mai più uno psicanalista politico. La prima critica, lo psicologo cortigiano Molti si sono limitati a registrare l’incontro e hanno provato fastidio. Hanno visto quello che a loro è oggi negato e hanno voluto vivere quello di Recalcati come un atto da cortigiani, pro domo sua, fonte di danno. Eppure per la prima volta a fianco del presidente del consiglio in carica c’era uno psicologo. La parola di uno psicanalista è sembrata vera, credibile, profonda, nuova e diversa. E’ un riflesso anche biografico nel caso di Recalcati: è stata solo la sua parola, quella dello psicanalista e dei suoi libri ad accreditare Massimo, che di suo non è affatto figlio d’arte. Recalcati non è stato chiamato da Matteo Renzi per il suo ruolo, in quanto governante, figura burocratica, istituzionale, non per un atto dovuto ma solo per ciò che ha scritto, per la potenza trasformativa intuita nella sua parola. La seconda critica, il mito della neutralità e dell’astinenza Cosa amano e odiano i vecchi? I vecchi amano: giocare a carte fra loro, leggere il giornale borbottando, l’odore stantio e rassicurante della loro casa. E i vecchi odiano: il chiasso dei bambini, i libri che parlano di cose strane, l’aria
aperta, le cose che mettono dei dubbi. Che brutta figura, ma come, uno psicologo che usa le proprie chiavi di lettura della realtà per interpretare il mondo? Alcuni sono arrivati a sostenere l’esigenza che lo psicologo “non prenda posizione”. O che intervenga solo “come cittadino”, cioè non dicendo cose da psicologo: ma come può se la sua lingua è quella, la sua cultura è forgiata da Freud e Lacan, di che deve parlare, di diritto, o di urbanistica? Ci siamo scontrati con un mito di astinenza sociale o di neutralità politica esteso dal setting clinico all’intera vita dello psicologo in quanto tale. L’immagine dello psicanalista astinente dal mondo, sempre e comunque è spaventosa: è la fantasia perversa dell’analista che non può avere rapporti sessuali. Recalcati legato a un letto con le gambe spezzate come lo scrittore di ‘Misery non deve morire’ Mi domando se sia questa la ragione per cui troppo pochi psicologi prendono pubblicamente posizione su quei temi sociali che pure beneficerebbero di un serio approfondimento psicologico, dal fondamentalismo religioso alla genitorialità omosessuale alla violenza di genere. Penso invece che lo psicologo si debba immergere fino in fondo nella vita della propria comunità e che la vive, l’ascolta e la respira e che poi proponga, prenda posizione, intervenga, parli, agisca nel mondo, lui che conosce il peggio, gli abissi dell’animo umano. E poi, diciamoci la verità… Le nostre istituzioni sono state anche troppo frequentate da presidenti troppo spesso impauriti all’idea di svolgere qualsiasi funzione istituzionale, timorosi come sono di perdere qualche “grande elettore”. Trattano così gli Ordini professionali come bocciofile. Amano organizzare serate, conferenze, feste, incontri, presentazioni di libri.
Camminano invece sulle uova se gli parli di formazione in psicoterapia, evitano accuratamente il dialogo con le università sul futuro degli studenti che vengono oggi formati in sovrannumero, non indicano alcuna direzione della professione perché non hanno una visione del futuro. L’abusivismo prospera e la psicologia langue nella povertà delle parole dei propri rappresentanti, parole che non fanno breccia, che non riescono a convincere. Mi sembra di ricordare che qualcuno tra coloro che oggi si scagliano contro Recalcati alla Leopolda si chiedeva perché non esista ancora in Italia una legge sulla psicologia scolastica, sul trattamento dei minori autori di reato, sulla psicologia sostenibile. Ora si può essere di destra o di sinistra, per il sì o per il no e pure per il forse, ma non mi si potrà mai dire che come voce della psicologia quella di Massimo Recalcati non sia infinitamente migliore di quella di chi sta sul proprio scranno grazie a brogli elettorali o creando danni erariali da milioni di euro. Peccato invidiare uno che ha fondato la propria credibilità solo ed esclusivamente sulla propria parola, che è la parola di uno psicanalista. Cosa diversa dal dire – ovviamente – che sia la parola della psicanalisi. Peccato però scindere e proiettare. Peccato sentire il desiderio di immobilizzarlo, di riportarlo nello studio, di spezzargli la caviglia per fare vivere Misery per sempre. Perché invece, forse oggi siamo di fronte al primo atto di parola che rende la nostra professione credibile di fronte al paese.
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