Lettera agli Amici di Deir Mar Musa

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Lettera agli Amici di Deir Mar Musa

Ogni volta che tento di scrivere queste righe a voi, cari nostri amici, mi trovo confusa, poiché le
parole mi tradiscono e non mi aiutano a trasmettere lʼamarezza che si trova in cuor mio,la
confusione che occupa la mia mente a causa del dolore e la tristezza per quello che viviamo nel
nostro caro paese, la Siria. Lʼamore per la patria in me è grande ed è profondo, il che apre una
ferita lancinante nel mio cuore e a questo non trovo altro rimedio che la preghiera, come fanno
numerosi siriani in questi giorni.
Alcuni definiscono la preghiera come unʼarte che esercitiamo davanti a Dio, dove scegliamo le
parole e le espressioni che gli piacciono cercando di soddisfarlo e di essergli vicini;come un intimo
incontro che sperimentiamo con colui che amiamo; come una vera relazione che sʼimpossessa del
nostro cuore, mentre altri la vivono come una sosta davanti a Dio per lodarlo e ringraziarlo per i
suoi doni … ecc. Tutto potrebbe essere vero. Personalmente invece, trovo la preghiera in questi
giorni come dialogo tra noi e Dio in cui abbondano le nostre richieste, le nostre domande e le
nostre speranze. Vorremmo che fossero esaudite velocemente ed eseguite in modo che ricolmino i
nostri bisogni e donino la pace, la riconciliazione e il perdono a tutti i figli del nostro paese e del
mondo intero. Ci uniamo in questo alla posizione del successore di Pietro, il Papa Francesco,
questʼumile Papa amico dei poveri e vicino agli afflitti, solidale con la sofferenza del nostro popolo.
La preghiera, quindi, è un dialogo che è lungi dallʼessere un qualsiasi dialogo. Nel nostro mondo di
oggi si parla, dovunque, di dialogo a diversi livelli. Noi, come esseri umani abbiamo bisogno del
dialogo come mezzo di comunicazione e per oltrepassare le difficoltà che affrontiamo nel
quotidiano vivere insieme sul nostro pianeta. Dialogare con Dio però è diverso: da una parte entri
in rapporto con chi ti ama e ti comprende e da unʼaltra, questo non accade allʼinfuori di te, come di
solito, ma succede in un tuffarsi verso le profondità, le tue profondità, dove trovi Dio che ti aspetta
per incontrarti. Qui è la differenza essenziale con ogni altro dialogo, a qualunque livello,e con
qualsiasi altra relazione.
Comprendiamo il dialogo come mezzo mirante ad aprire uno spazio di comprensione e di scambio
dʼidee, questo è vero. Ma nel dialogo con Dio, con chi ci ama e amiamo, prevale un altro senso,
non è più uno scopo di per sé. Tuttavia usiamo la parola-concetto “dialogo” per descrivere ciò che
accade tra noi e Dio. È un difficile tentativo spiegare quello che viviamo nei momenti della
preghiera e le parole sono spesso incapaci di descrivere ciò che succede in noi o ciò che muove i
nostri sentimenti.In un dialogo tra due innamorati, ognuno cerca di spiegare con parole proprie ciò
che ha in mente ma con Dio non cʼè bisogno di cercare le parole, Egli è lʼAmato che ti conosce più
di te stesso. È Lui che mette nella tua bocca le sue parole per esprimere, per mezzo di esse,
quello che hai dentro e così riempirle con ciò che senti di gioia o, come per me in questi giorni, di
tristezza e melanconia per quello che succede nel mio paese ferito. Poiché Dio ci conosce, Egli
viene in nostro aiuto ascoltando la nostra semplice e sincera invocazione. Anche quando la cosa è
totalmente diversa, cioè quando la nostra “preghiera” è piena dʼimprecazioni contro coloro che non
amiamo – ciò che ferisce il cuore di Dio – Egli la trasforma con la potenza del suo amore in bene e
in pace, ascoltando solo il lato buono di essa che contiene i sentimenti di bene, di successo e di
carità. Egli sorpassa i sentimenti di chiusura e di disagio che chiedono la morte dellʼaltro; questo
atteggiamento infatti non è per niente cristiano né piace a Dio. Egli desidera che vediamo nellʼaltro,
nonostante tutti i suoi difetti e sbagli, il bene che Lui vi ha messo dentro, con la speranza che Dio
cambi e converta il suo cuore.
Ritorna sempre nella nostra preghiera una domanda proveniente dalle profondità della nostra
tristezza: dove è Dio in tutto ciò che ci accade? È veramente assente? O forse si è deciso di
prendere posto nelle sue altezze e starci a osservare? Spesso dimentichiamo che è Dio colui che
ha preso lʼiniziativa e ci ha amato e si è rapportato a noi, è quindi impossibile che ci lasci, Egli che
ha detto:«non temere o piccolo gregge» (Lc 12,32). Egli vuole che noi siamo persone responsabili
e coscienti ciascuno del proprio ruolo e della propria vocazione. Siamo certi che Dio agisce e
provvede alle cose come le vede possibili e convenienti,in maniera che non abolisce la
responsabilità dellʼuomo, anzi la rispetta e la rende più efficace per il bene comune.
Scopriamo di nuovo in questi difficili tempi lʼefficacia della preghiera come unica maniera per uscire
dai nostri sentimenti negativi, dalla paura e dallʼangoscia per quanto riguarda la nostra esistenza e
il nostro futuro. Ci affidiamo a Dio, nostro sostengo e nostro aiuto, per vincere le tribolazioni e per
vivere la speranza alla quale siamo invitati essendo discepoli di Gesù figlio di Maria che ci ha
chiamati ad essere un segno di speranza per coloro che ci stanno intorno.
Suor Houda Fadoul

La Comunità a Mar Musa e a Mar Elian
Con tanto dispiacere abbiamo accompagnato alla sua ultima dimora il nostro Arcivescovo Mons.
Theophilos George Kassab, Dio lo abbia nella Sua misericordia, che ci ha lasciato per entrare
nella “gioia del suo Signore” dopo una dura lotta con la malattia. Era un buon amico oltre ad essere
padre e buon pastore. È lui che ha firmato la nostra costituzione e ha confermato la nostra
Comunità riconoscendo il suo carisma,alla vigilia della festa di San Mosè lʼAbissino 27.08.2011,
conferendoci, dunque la sua benedizione apostolica. Siamo sicuri che egli continua a pregare per
noi dal cielo. Chiediamo da Dio lʼaiuto a monsignore Filippo Barakat nel suo incarico come
amministratore patriarcale fino allʼelezione di un nuovo Vescovo Pastore, e per questo preghiamo.
Siamo molto addolorati e angosciati per quanto riguarda il destino del nostro fondatore, Padre
Paolo. Non ne abbiamo nessuna notizia certa dopo la sua sparizione, non sappiamo a chi
chiederne, né a chi rivolgerci per un eventuale aiuto. Sappiamo però, di poter affidarci al Buon Dio,
Clemente e Misericordioso, e alle preghiere di tantissime persone di buona volontà nel mondo, di
diverse religioni e nazioni, per il nostro amato fratello e maestro. Noi siamo in costante preghiera
per la sua sicurezza e tranquillità.Speriamo che finisca presto la tragedia di ogni rapito, scomparso
o detenuto. Preghiamo senza sosta anche per i due vescovi e gli altri sacerdoti sequestrati, e per
tutti i prigionieri e gli ostaggi, per chiunque manca dai suoi,e soprattutto coloro di cui non si sa
niente.
Lʼatmosfera a Mar Musa è simile a quella dellʼanno scorso: non ci sono pellegrini né visitatori a
causa della situazione generale. I tempi di profondo silenzio abbondano, il che invita ancora di più
alla preghiera e alla meditazione. Stiamo provando,per quanto possibile, ad approfittare di questi
tempi per la nostra crescita spirituale. Vorremmo che partecipino a questo silenzio tutti i nostri
amici e tutti coloro che amano la meditazione e cercano il silenzio. È ovvio che quando il
monastero era affollato di gente non avevamo che lʼora di meditazione serale per assaggiare il
silenzio del deserto. Ci impegniamo però nel futuro -speriamo prossimo- quando ritorna la
“benedetta ressa”, a creare uno spazio maggiore per il silenzio vivo, a Dio piacendo. È vero che in
questo frangente non pratichiamo lʼospitalità, non facciamo seminari né qualsiasi altro tipo di
attività religiosa o socio-culturale, tuttavia rimaniamo qui con lʼaiuto di Dio, per il Suo amore e in
solidarietà con i figli delle nostre chiese e con i nostri fratelli e sorelle musulmani in questʼamato
Oriente. Noi leggiamo la continuità del nostro “rimanere” sulla luce della speranza in un futuro in
cui giustizia e verità si abbracciano.
Frà Jacques dedica tutto il suo tempo a Qaryatayn per accogliere le famiglie dei rifugiati che sono
venuti al monastero di Mar Elian cercando aiuto e protezione. Il numero dei rifugiati che sono
arrivati al monastero dalla città stessa di Qaryatayn nei mesi scorsi supera i cinquemila,con una
maggioranza musulmana (donne, bambini ma anche anziani/e adulti/e). Dormivano come gli
Scout, dappertutto, in chiesa, nelle sale e perfino sui tetti con il freddo. Ringraziamo il Signore che
la loro fuga è stata in primavera e non in inverno. Oggi, mentre scrivo questa lettera, Jacques
accoglie più di quattrocentocinquanta rifugiati dai villaggi vicini: sono tutti musulmani (57 famiglie
con 97 bambini sotto i 10 anni), scampati alla morte e agli spari. Da qualche mese la situazione di
sicurezza a Qaryatayn è buona, la città è tranquilla e quasi stabile, mentre i villaggi vicini soffrono
ancora. Aiutare queste persone è stato possibile grazie alle vostre donazioni e alla solidarietà di
tante persone che hanno avvertito la responsabilità verso chi soffre. Tuttavia abbiamo ancora
bisogno di aiuto, poiché questi sfollati sono rimasti senza niente, le loro case sono state
saccheggiate e bruciate, i loro villaggi distrutti, le infrastrutture sono da rifare, non hanno più
elettricità … né un posto al quale tornare. «Solo nel contatto con loro, nel giocare con i loro
bambini –dice padre Jacques- ho capito il mio voto di povertà. Ho capito cosa vuol dire che il Figlio
di Dio ha lasciato tutto e si è incarnato in una povera ragazza per diventare figlio dellʼuomo».
Cerchiamo, tutti noi monaci e monache, di non lasciare Jacques da solo. Perciò ci alterniamo a
visitarlo uno dopo lʼaltro a turno, e affiancarlo per circa una settimana quando le circostanze lo
permettono. Anche lui ci viene a trovare a Mar Musa quando può. Tuttavia il peso è divenuto un
poʼ più leggero per Jacques poiché, anche se lo faceva con tanta pazienza e amore, non deve più
venire ogni settimana per il servizio della Divina Liturgia (la Messa), vista la presenza di frà Jihad,
che ha finito la sua licenza in Sacra Scrittura al Pontificio Istituto Biblico di Roma. La presenza di
questo fratello tra di noi è una vera grazia. Ora godiamo la celebrazione Eucaristica ogni giorno,
soprattutto quella solenne domenicale che è il centro della nostra vita.
Suor Houda invece, non vi nasconde, cari amici, che il suo incarico come responsabile della
Comunità monastica non è facile, come potete immaginare. «Più volte - dice lei- mi sono
confrontata con la mia debolezza e mi sono sentita un gran peso dentro. Dio, lʼAmico, mi è però
stato dʼaiuto. Egli mi conosce e viene sempre nel momento giusto per sostenermi». Gli altri fratelli
monaci sono anche di gran sostegno con la loro carità e solidarietà. Bisogna anche dire che alcuni
amici hanno espresso in continuazione la loro carità e solidarietà, in diversi modi. La loro amicizia
e preghiera ci danno forza per andare avanti.
Frà Butros, con il suo amore per le piante non ha lasciato nemmeno un buco nella montagna né
nella valle senza piantarci qualcosa, donando al luogo un bellʼaspetto verde e proprio
ottemperando alla pratica,nella nostra vocazione, del lavoro manuale, senza mai trascurare
lʼallevamento dei polli.
Frà Yause di Maalula non è meno attivo, ha piantato un piccolo orto sul terreno secco e fertile
della diga. La qualità era eccellente, la quantità, invece, simbolica poiché si trattava solo dʼuna
prova. Yause si occupa anche di fare le candele. Così che non compriamo più candele per la
chiesa, né a Mar Musa né a Mar Elian, da qualche anno. Oltre a questo, Yause ha aiutato Jacques
nellʼaratura del giardino a Qaryatayn.
Suor Dima ci ha dato lʼarrivederci per andare a Roma a continuare il suo secondo anno di
specializzazione in teologia dogmatica alla Pontificia Università Gregoriana. Abbiamo passato
insieme un bel tempo intenso di preghiera, di lavoro e di riunioni comunitarie, il che aumenta la
conoscenza reciproca e ci aiuta ad approfondire la nostra comune vocazione.
Anche la novizia Carol sta a Roma per finire il suo ultimo anno della licenza al Pontificio Istituto
per gli Studi Arabi ed Islamistica.Questa sorella avanza con passi solidi verso i sui voti perpetui,
che doveva fare già alla fine dellʼestate scorsa. Non abbiamo ancora fissato una data, tuttavia
saranno, a Dio piacendo, tra la primavera e lʼinizio dʼautunno prossimo.
Il novizio George ha passato un anno duro. Ha dovuto lasciare il monastero per lungo tempo per
preoccuparsi dei membri malati della sua famiglia: il nonno, la nonna e la madre. Il Signore li ha
chiamati a sé tutti e tre in meno di tre mesi, la madre era ancora molto giovane. Dio li abbia tutti
nella sua misericordia. George si è appoggiato su Dio, era forte e ce lʼha messa tutta per servire
fedelmente i suoi parenti. Ora sta portando a termine alcune incombenze famigliari a Damasco
dopo di che si appresterà a tornare al monastero.
Il novizio Nabil ha fatto amicizia con le porte, le finestre e i tetti del monastero, ha smontato ciò
che si può per poi lucidare tutto. I tetti sono sempre vecchi ma puliti e ben presentabili.
Lʼentusiasmo di questo fratello nel lavoro manuale è un incoraggiamento a tutti noi per impegnarci
nei lavori che ciascuno può fare secondo le proprie capacità. La stessa cosa ha fatto Nabile a Mar
Elian per il tetto della cappella che contiene la tomba del Santo. Oltre a questo ha lavorato, sempre
a Mar Elian, nella fabbricazione dei mattoni fatti di terra e di paglia, per la costruzione antica.
Alla fine non possiamo non raccontarvi di Youssef Bali (Yuyu) che celebrato con noi il suo
cinquantunesimo compleanno alla fine di ottobre scorso con due torte, una con cioccolata e lʼaltra
senza, poiché lui non mangia cioccolata. È il suo settimo anno tra di noi; pur non essendo monaco,
come sapete, vive la vita dei monaci, senza voti, praticando la preghiera, la meditazione e il lavoro
manuale. Non ha del tutto sbagliato chi ha detto: «i monaci fanno i voti e altri li rispettano». Questo
caro fratello aiuta come può ma con entusiasmo ai lavori del monastero, ed è amico di tutti. Noi
ringraziamo il Signore per lui.
La costante presenza dellʼequipe dei nostri operai e impiegati(6 in tutto, musulmani e cristiani)è
un vero sostegno morale e materiale alla Comunità, soprattutto quando il suo numero è diminuito.
Questi fratelli costituiscono, con le loro famiglie e in particolare i nostri parrocchiani di Nebek, il
quadro più ampio della nostra Comunità, il suo ambiente vitale diretto. Li ringraziamo tutti, quelli
che sono sempre impegnati e quelli che lavorano nel monastero occasionalmente.
La Comunità in Salymanieh
Frà Jens vive generosamente la sua vocazione sacerdotale nella parrocchia a Salymanieh dove
cerca di preoccuparsi,fra le tante cose, della gioventù. La Comunità ha fatto un campo estivo nel
mese di Agosto a un gruppo di giovani cristiani pervenuti dalle diverse parti dellʼIraq. Il campo ha
avuto successo e la Comunità intende ripetere lʼesperienza nel futuro, a Dio piacendo.
La novizia Friedrike passa il suo secondo anno di noviziato a Salymanieh. Aiuta a preparare il
nuovo monastero e studia lʼarabo e un poʼ il curdo. Pensiamo spesso a sua madre anziana che
vive da sola in Germania.
Sebastien, novizio anche lui, studia per il secondo anno al seminario di ʼAyncawa. Egli cerca di
fortificare i legami dʼamicizia con la chiesa irachena e con la gioventù locale.
Dopo la salita alla cattedra patriarcale del vescovo caldeo Louis Sako, colui che ci ha invitati in
Iraq, la Comunità aspetta il suo nuovo vescovo insieme allʼEparchia locale. Noi siamo uniti a loro
nella preghiera per il nuovo pastore. Speriamo che Iddio mandi nuove e generose vocazioni
monastiche alla nostra Comunità nascente soprattutto in Iraq e dagli stessi fedeli iracheni, affinché
si radichi bene nel suo ambiente orientale, fatto da tasselli di varie nazioni e confessioni religiose
cristiane e musulmane. Il nostro carisma di costruire ponti di dialogo, dʼarmonia e dʼamicizia con il
mondo musulmano non si separa dal nostro radicamento nella chiesa locale orientale che è
divenuta sempre più piccola e fragile, oggi più che mai nel passato.

Quello che abbiamo realizzato questʼanno
A Mar Elian:
gli alberi di albicocca non hanno dato quasi niente questʼanno e la raccolta degli olivi era nei limiti.
Al contrario era la vendemmia che è stata buona, grazie a Dio. Altri lavori sono stati fatti, come la
costruzione di un rifugio sotterraneo che sarà utilizzato in caso di bombardamenti, poiché è
strutturato con muri larghi e un tetto di cemento armato, efficace specialmente contro le bombe.
Non abbiamo ancora finito, invece, una grande sala per le attività parrocchiali che può aiutarci in
questa situazione ad accogliere più persone e in modo più degno. Il lavoro è lento a causa dei
prezzi incredibili del materiale e della mano dʼopera, come della mancanza di sicurezza nella zona.
È stato costruito anche un grande serbatoio dʼacqua, da cui si è potuto attingere quando il
monastero è strapieno di sfollati, sia per bere sia per lʼigiene. Non si può immaginare comʼera la
situazione con migliaia di persone servite da pochi bagni di cui pochi con lʼuso della doccia!
Abbiamo inoltre messo un recinto intorno ad alcuni terreni del monastero per proteggerli dal furto e
dallʼoccupazione illegittima da parte di persone che sʼapprofittano dellʼanarchia. Tanti chiedono a
Jacques: «Padre! Perché costruite ancora e per chi? I cristiani emigrano e non sono graditi da tanti
nei paesi islamici!». Egli sʼesprime così: «noi crediamo alla provvidenza divina che ci ha protetti
lungo secoli nella nostra terra. Costruiamo per servire i poveri, per insegnare ai bambini,
musulmani e cristiani, affinché non muoia la speranza, vogliamo rimanere un segno di speranza
per il resto della parrocchia e per tutti gli altri. Siamo fieri di ospitare i musulmani nella casa di Dio,
questo è il loro diritto ed è il nostro dovere».
Gli sforzi del monaco Jacques insieme al Muftì della città con alcune persone di riguardo tra i
musulmani, hanno risparmiato la città stessa e lʼhanno salvata dalla distruzione imminente a causa
della battaglia che stava per scatenarsi in loco. È stata infatti fatta una tregua che ha prodotto una
soluzione locale tra i due lati del conflitto ed ha garantito la pace nella città oltre che preparato il
terreno per una riconciliazione futura più profonda, … speriamo! Questa comune iniziativa
affiancata al soccorso che fa il monastero di Mar Elian, ha contribuito a fortificare lʼamicizia e il
rispetto reciproco tra i musulmani e i cristiani di Qaryatayn. Tra i frutti tangibili di questa vicinanza
cʼè stato un campo (tipo oratorio) per i bambini della città, musulmani e cristiani, organizzato a Mar
Elian con lʼaiuto di alcuni amici di Damasco durante due giorni della festa musulmana dellʼAdha
(festa del Sacrificio). I bambini venivano al mattino al monastero, insieme giocavano, facevano
diverse attività e mangiavano per poi tornare a casa di sera. Auguriamo a tutti i bambini siriani e a
quelli del mondo intero, dovunque, che possano giocare insieme sempre, invece di combattersi
come fanno troppo speso gli adulti.
A Mar Musa:
abbiamo fatto un poʼ di restauro alla costruzione del Monastero approfittando dellʼassenza degli
ospiti per preparare meglio i locali dove ospitarli in futuro, come ci auguriamo. Perciò è stata anche
aggiunta una sala refettorio sopra quella di lettura, per sostituire la tenda beduina che utilizzavamo
dʼinverno per mangiare non avendo un posto capace di ospitare più di dieci persone insieme.
Abbiamo rinnovato il tetto cadente della cucina e aggiunto un poʼ dʼarredamento. Anche i tetti dei
bagni delle donne sono stati rinnovati e abbiamo messo lo scaldabagno che funziona con lʼenergia
solare. Lʼaltro lavoro importante è stato il rinnovamento della grande terrazza che fa da tetto alla
biblioteca e alle camere che stanno nel sotterraneo, per porre rimedio alle infiltrazioni delle acque
piovane e della neve, che danneggiavano i libri, e allʼumidità che minacciava anche i muri maestri
già secolari. Alcune scale e passaggi divenuti pericolosi sono stati restaurati in parte o rinnovati del
tutto. Queste cose si sono potute realizzare grazie al risparmio salva-danni messo da parte dalla
Comunità per lʼurgenza e grazie allʼaiuto di alcuni amici.
Come aiutiamo gli altri?
Se a Mar Elian ci sono tanti sfollati (vedi sopra), la situazione a Mar Musa è diversa: non ci sono
famiglie di sfollati, non direttamente accanto a noi come a Qaryatayn. Si trovano però nella città di
Nebek, a 17 Km dal Monastero, dove stiamo continuando la costruzione del progetto “Le case per
le giovani famiglie cristiane”, che vengono utilizzate anche per accogliere quanti sfollati possibile,
sia cristiani che musulmani, rifugiati a Nebek senza dimenticare le famiglie colpite della stessa
città. Offriamo anche aiuti di prima necessità a qualche altra famiglia,qua e là, secondo le nostre
capacità. La priorità assoluta per noi in questa situazione dʼemergenza è la costruzione dʼun rifugio
sotterraneo di 150 m2 poiché in tutto il quartiere non cʼè niente del genere. Il rifugio comprenderà
dei bagni e una cucina comune e due spazi divisi per gli uomini e per le donne con un serbatoio
sotterraneo che garantisce lʼacqua in caso dʼemergenza. Nelle case di questo progetto abitano
diverse famiglie, per la maggior parte cristiane,con qualcuna musulmana, il che concretizza la
convivenza e il buon vicinato che ha segnato questa terra da tanto tempo,e fortifica i legami
dʼamicizia garantendo inoltre la sicurezza del complesso abitativo. Tre palazzi su quattro sono
terminati, e con essi tre appartamenti studio. Ci rimane il quarto palazzo che sorgerà sopra il
rifugio appena menzionato. Ringraziamo tutti gli amici e benefattori che ci hanno aiutato e ancora
ci aiutano per progredire con questo progetto, specialmente alcune istituzioni cattoliche europee e
un gruppo di singoli generosi benefattori. Completare il quarto palazzo con il rifugio, dipende dalle
vostre donazioni e beneficienze, anche se fossero piccole e umili. Vi preghiamo di non vergognarvi
di fare offerte anche modeste,coprissero pure solo il costo di una maniglia in una porta o di una
pietra in un muro. La convergenza dei vostri sforzi e donazioni completa il nostro servizio.
Al livello più ampio del quartiere dove sorge il complesso abitativo, offriamo alcuni aiuti materiali
a famiglie conosciute (affitto di casa, tasse scolastiche ecc.) passandoli a loro direttamente o
attraverso istituzioni e associazioni di beneficienza come la Mezzaluna Rossa, e cercando di
venire incontro alle loro stesse esigenze (vestiti invernali, soprattutto per bambini, latte, alimentari
... ecc.). Vorremmo continuare questa collaborazione e svilupparla nel corso dellʼanno prossimo.

Lʼanno prossimo
Per quanto riguarda la vita della Comunità monastica, continueremo il nostro cammino nella luce di
Dio. La fondazione in Iraq avanza, le studentesse a Roma studiano con successo, grazie a Dio e
ai benefattori che ci permettono di approfittare di questʼoccasione dʼoro, cioè studiare nelle migliori
università cattoliche. La novità di cui vogliamo raccontarvi è ancora unʼidea appena cristallizzata:
dopo un opportuno discernimento abbiamo visto conveniente trasformare lo Studentato di Cori in
un “monastero” con una presenza permanente, per due motivi:
Il primo è antico e corrisponde al nostro desiderio di mantenere una presenza a Cori, accanto a
Roma, dove abbiamo tessuto le più profonde relazioni dʼamicizia e fratellanza con la Parrocchia di
Santa Maria della Pietà che ci ha accolti con un amore e una generosità illimitati. Don Ottaviano è
stato per noi padre, guida e amico. Infatti, gli abbiamo conferito lʼabito monastico “honoris causa”,
ormai già tanti anni or sono. Questo reverendo sacerdote ha terminato il suo servizio pastorale
dopo cinquantaquattro primavere nella stessa parrocchia. Ora, a ottantaquattro compiuti, è in
pensione, con alle spalle sessantun anni di sacerdozio, e vive con la famiglia di suo fratello dove è
accolto con amore. Ancora oggi don Ottaviano aiuta nelle funzioni religiose del suo villaggio e tanti
fedeli continuano a cercarlo per la direzione spirituale. Lo ringraziamo dallʼintimo del nostro cuore.
Come suo successore prende la responsabilità don Angelo Buonaiuto già parroco dellʼaltra
parrocchia di Cori, Santi Pietro e Paolo. Anchʼegli si è aperto alla nostra missione ed è impegnato
ad accoglierci e ad aiutarci, con la sua disponibilità speriamo di portare avanti la nuova casa-
monastero.Vorremmo esprimere qui la nostra gratitudine a Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Giuseppe
Petrocchi il vescovo che benedì la nostra presenza nella sua diocesi di Latina undici anni fa, ed
ora è Arcivescovo dellʼAquila. Gli auguriamo tanto bene e successo nel suo nuovo compito
pastorale. Invochiamo il Signore affinché benedica e sostenga il suo successore, Sua Ecc.za
Rev.ma Mons. Mariano Crociata, recentemente nominato dal Papa a questo incarico, e
chiediamo per lui, come nuovo pastore, lʼintercessione della Vergine. Speriamo di continuare
insieme a lui il cammino che abbiamo intrapreso con il suo predecessore per il bene della chiesa e
la salvezza delle anime.
Il secondo motivo per mantenere una presenza permanente a Cori è lʼimpossibilità, in questo
frangente, di accogliere nuovi postulanti o novizi non siriani a Mar Musa, in particolare degli
europei. Auguriamo che lo Studentato San Salvatore, diventando il Monastero di San Salvatore,
possa esercitare questo servizio accanto al Monastero a Salymanieh. Cominciamo a pensare
come realizzare tale proposito concretamente visto il nostro numero limitato. La nostra fiducia,
tuttavia, è riposta sempre in Dio.
I laici legati a noi
Non dimentichiamo di parlarvi della fioritura delle Associazioni dei nostri amici:“Khalil Allah –
lʼAmico di Dio” in Italia, “Associazione degli Amici di Mar Musa (AAMM)” in Svizzera e “Al-Khalil” in
Francia. Oltre al servizio di raccogliere fondi e ricevere donazioni per la Comunità, hanno fatto un
bel cammino spirituale e un buon successo nelle relazioni umane e nelle attività intellettuali e
culturali, in modo particolare nel campo del dialogo, della vicinanza islamo-cristiana e dellʼapertura
allʼaltro più in generale. Speriamo che questo tipo di comunità o uno simile, non necessariamente
delle associazioni, possa essere fondato in diversi posti da persone che hanno a cuore lʼapertura
allʼaltro, al diverso e vogliono creare ponti di amicizia tra musulmani e cristiani. La Chiesa oggi ha
scoperto che non può andare avanti al passo con la società se non dà maggior peso e spazio ai
laici, uscendo da, o almeno attenuando, la centralità assoluta del “potere sacro” dei sacerdoti e dei
religiosi. Solo così sarà più credibile e più convincente. Farà altrimenti molta fatica,o, peggio
ancora, si congelerà aggrappandosi a forme fossilizzate o chiudendosi in un sistema arrugginito di
relazioni irrigidite che si appella ad un passato glorioso che oggi non fa più molto testo e che
blocca invece la possibilità di creare il futuro che tutti speriamo. Il potere è servizio.

Cose pratiche
Cerchiamo di mantenere quanto abbiamo realizzato al Monastero in buono stato, la cosa più
urgente è lʼacqua del pozzo. Uno dei due pozzi che avevamo si è seccato, quello che stava
accanto alla stalla delle capre prima del furto. Il secondo pozzo è quello che sta sotto il Monastero
accanto al giardino-vivaio; da esso viviamo, beviamo e innaffiamo. La pompa che tira lʼacqua dalla
profondità di 350 m sottoterra e la manda per altri 100 di altezza, si guasta due o tre volte lʼanno e
questo vuol dire tirare i 350 m di tubi con una gru per rifissare la pompa e, alle volte, qualche tubo.
Vorremmo gradualmente, circostanze permettendo, ingrandire il nostro garage per metterci le due
macchine e il trattore,al fine di evitare un altro furto visiti i tanti ladri che sʼapprofittano dalla
mancanza di sicurezza.Ci sono poi sei tetti ancora da rinnovare, sono quelli fatti da tempo, con
cemento non armato, e ora non sono più buoni. Ci rimane la manutenzione del Hayek (una delle
tre costruzioni principali del Monastero) che è stato abbandonato dopo lʼassalto armato ad opera di
sconosciuti nel 2012,che poi alcuni ladri hanno visitato altre due volte lasciando alcune finestre e
porte rotte che vogliamo riparare. Vogliamo inoltre murare le entrate principali e tenerle chiuse fino
a quando lʼedificio non sarà riutilizzato.
Lʼultima preoccupazione, non certo in ordine dʼimportanza, è quella delle famiglie sfollate o
colpite dal conflitto armato a Nebek. Lʼinverno è arrivato, duro e freddo, e cʼè la necessità di
procurare varie cose,(e. g.) coperte, giacche, soprattutto per bimbi, studenti e donne, latte per
bimbi stessi e medicine per tutti. Uno dei bisogni più urgenti, che pesa su di noi, sui nostri operai e
sugli sfollati, insomma su tutti, è la mancanza di carburante (diesel) che si usa per il riscaldamento.
Quando e se si trova, è comunque eccessivamente costoso a causa della guerra e dei
contrabbandieri che lo portano in Libano dove si vende ancora più caro. Vorremmo dare una mano
anche per questo, secondo le nostre capacità.
Ringraziamenti conclusivi
Arriviamo alla fine del nostro scritto. Siamo perplessi e a disagio, tra paradiso e fuoco. Sappiamo
tutti che il paese è in guerra, non cʼè bisogno di raccontarvi di più della sofferenza di tanti, chi
volesse ulteriormente sapere, può rivolgersi ad altre fonti. Abbiamo condiviso con voi e detto quello
che si può, avremmo voluto dirvi di più ma la saggezza ci chiede prudenza per motivi noti a tutti.
Chiediamo scusa a chi magari nutriva aspettative diverse. Non ci rimane che augurarvi tanta salute
e tutto il bene possibile, e chiediamo la vostra preghiera, ognuno secondo la sua fede e tradizione
religiosa. A chi non si considera credente o religioso, chiediamo la solidarietà spirituale e morale
nella maniera che gli conviene, poiché ciò che chiamiamo comunione dei santi non è realtà limitata
esclusivamente ai religiosi, quantomeno non solo a coloro la cui religiosità assume forma visibile
ed esplicita. Quanto a noi, vi assicuriamo la nostra amicizia e affetto, e vi ricordiamo sempre nella
preghiera, includendo perfino tutti quelli dei quali non ricordiamo i nomi, o quanti sono passati per il
Monastero solo per breve tempo. Abbiamo sperimentato lʼefficacia della preghiera nel tempo della
tribolazione che sta passando la Siria, e non solo la nostra preghiera, ma soprattutto quella dei
tanti nel mondo e della loro solidarietà. Diverse persone ci hanno scritto una mail o ci hanno
chiamato per telefono, e tanti vorrebbero contattarci o addirittura venirci a trovare. Veramente
abbiamo sentito la vostra vicinanza e solidarietà e avvertito la concretezza del vostro sostegno
morale, il che ci assicura di essere sotto lo sguardo del Creatore e delle sue creature.
Desideriamo ringraziare tutti coloro che ci hanno offerto, accanto allʼaiuto morale, gli aiuti materiali
e le donazioni. Senza di voi la nostra vita diventerebbe quasi impossibile, soprattutto per quanto
riguarda il futuro e il sostentamento delle famiglie degli impiegati e degli operai del Monastero. Ci
affidiamo ad ogni modo al Buon Dio che si prende cura di noi, innanzitutto, attraverso le maniche
molti altri, come voi, ci porgono. Chiediamo scusa a tutti quanti hanno mandato delle offerte e non
li abbiamo ringraziati, soprattutto quelli che hanno donato attraverso lʼorganizzazione Magis (dei
padri Gesuiti) che raccolgono le donazioni per noi con tanta carità e umiltà. Allo stesso Magis va
intanto il nostro ringraziamento cordiale. Vogliamo farvi notare che alle volte le donazioni arrivano
al Magis senza lʼindirizzo del benefattore, il che rende impossibile il pur desiderato ringraziamento.
Senza considerare che ultimamente a Mar Musa risulta quasi impossibile usare il collegamento
internet, così che è diventata più unʼascesi e una mortificazione che un lavoro informatico: la posta
normale, praticamente, non esiste. Per tutti questi motivi non è più facile come prima accertarsi se
le donazioni sono arrivate,né informare i benefattori o ringraziarli, lavoro che facevano con abilità i
nostri volontari che aiutavano nellʼufficio e conoscevano le lingue europee. Lavoro diventato lento e
difficile per i membri della Comunità che risiedono in Siria,anche tenendo conto che alcuni sono
assenti perché studiano fuori. Cogliamo qui lʼoccasione, dunque, per espiare questa mancanza e
vi rinnoviamo la nostra profonda gratitudine.
Carissimi, si racconta che il filosofo Diogene andava in giro con una lampada accesa in pieno
giorno, e quando gli chiesero il perché rispose: «cerco un uomo». Anche noi abbiamo acceso le
nostre lampade (Cfr. Mt 25), le lampade della speranza che non muore, accese giorno e notte.
Stiamo cercando lʼuomo, la buona volontà, la giustizia e la pace, la verità … ecc. Cerchiamo una
via dʼuscita chiedendo a Dio sollievo e distensione. Abbiamo acceso le nostre lampade
aspettandoLo, Colui che viene, Lo abbiamo aspettato a lungo, di Lui hanno sete le nostre
esistenze e le anime dei suoi innamorati. Ma quando verrà, troverà fede sulla terra? Troverà un
uomo? Troverà umanità?
Buon Natale con affetto.

La Comunità monastica di Khalil Allah di Deir Mar Musa

8 Dicembre 2013

Per donare:

- C/C postale 909010
Intestato a MAGIS (Movimento e Azione Gesuiti Italiani per lo Sviluppo)
Causale: DEIR MAR MUSA

- bonifico bancario presso INTESA-SANPAOLO S.P.A.
IBAN IT 07 Y 03069 03200 100000509259
Intestato a MAGIS ( Movimento e Azione Gesuiti Italiani per lo Sviluppo)
Causale : DEIR MAR MUSA

Le donazioni sono fiscalmente detraibili.	
  
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