Leadership & People Management - Claudio Fasola, 2, 4 Marzo 2021 - Livewebinar Modulogroup

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Leadership & People Management - Claudio Fasola, 2, 4 Marzo 2021 - Livewebinar Modulogroup
Leadership
   & People
Management
Claudio Fasola, 2, 4 Marzo 2021
Leadership & People Management - Claudio Fasola, 2, 4 Marzo 2021 - Livewebinar Modulogroup
Saper costruire le condizioni affinché le persone della propria squadra
prosperino e concorrano positivamente al successo dell’organizzazione
costituisce una chiara evidenza delle capacità di leadership di una
persona.       Affinare        le     proprie      competenze       nell’ambito      del   people
management è un progetto complesso e ambizioso. La conoscenza di uno
strumento o di un modello di gestione non è sufficiente. Chi desidera
migliorare deve imparare a raffinare le proprie capacità di analisi e
decisionali.
Crescere e vivere all ’interno di un certo contesto sociale rischia di
renderci    ciechi        di        fronte   ai    valori    e   alle    consuetudini      che   lo
caratterizzano.
Negli anni 50’ era frequente imbattersi in pubblicità che evidenziavano il
ruolo subalterno della donna nella società. L’aspetto che può lasciare
ulteriormente sbigottiti risiede nel fatto che tali messaggi erano rivolti alle
donne stesse.
L’idea     che     le     aspirazioni             delle     donne       trovassero    compimento
esclusivamente fra le mura domestiche era forte in entrambi i sessi, al punto
che i pubblicitari potevano usare questa convinzione per dipingere certi
prodotti come ideali per dare forma concreta a questa visione.

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L’artista    Eli    Rezkallah,   che   ha   capovolto   i   ruoli   delle     persone
rappresentate nelle pubblicità, ha reso ancora più evidente la portata di
certi stereotipi.

Questa riflessione vuole mettere in luce quanto sia difficile riuscire ad
avere una lettura critica della realtà in cui siamo immersi e quanto le
nostre      abitudini   ci   portino   ad   eludere   domande o      a      dare   per
scontato quanto accade attorno a noi.
Usare con super ficialità strumenti o non rendersi conto di come alcune
valutazioni siano figlie di uno specifico periodo storico rischia di metterci
nella condizione di commettere inconsapevolmente errori, a volte anche
gravi.
Se è vero che l’acqua bolle sempre a 100 gradi, oggi come cinquanta
anni fa, lo stesso non si può dire per molti fenomeni umani.
Provate a immaginare cosa succederebbe se un insegnante usasse gli
stessi metodi educativi degli anni cinquanta, o se una azienda provasse a
vendere un detersivo raccontando che le stoviglie pulite rappresentano la
maggior forma di realizzazione personale per una donna.

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Oggi possiamo trovare ingenuo e forse terrorizzante il progetto scientifico
di Hugo Gernsback che nella prima metà del secolo scorso presentava la
sua soluzione per garantire la massima concentrazione e favorire i processi
di apprendimento. L’idea dell’Isolator non nasce dal caso, ma poggia su un
modello di sviluppo della conoscenza difficilmente applicabile ai nostri
giorni, talmente lontano dalla nostra sensibilità da fare apparire grottesca
la soluzione di GErnsback per tenere a freno distrazioni e cali attentivi.
Se il nostro auspicio è quello di far evolvere le nostre competenze legate
alla gestione delle persone, il primo lavoro che dobbiamo avviare è
l ’apertura di una serie di interrogativi sugli strumenti che utilizziamo .
La parola obiettivo è uno dei termini utilizzati con più frequenza quando
si parla di gestione delle risor se umane. E’ forse possibile immaginare un
corretta gestione di un collaboratore in assenza di una serie di obiettivi
che possano guidare il suo lavoro?

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Nella maggior parte delle organizzazioni quando si parla di obiettivi si fa
riferimento al modello S.M.A.R.T. .

L’aspetto interessante è che questo modello viene applicato            come se
fosse una scelta ovvia, ma in molti casi le persone che lo utilizzano non
sono in grado di portare evidenze del perché un obiettivo con queste
caratteristiche sia più efficace di obiettivi strutturati in modalità differenti
o di quale sia il percorso che ha portato a preferire questo modello
rispetto ad altri.

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La storia dell’approccio è relativamente semplice, le linee guida degli
obiettivi S.M.A.R.T. sono state tracciate da Peter Drucker nel famoso test o
del 1954 The Practice of Management per essere poi sistematizzate nel
1981 da parte di George T. Doran.
Il nostro scopo non è certo affermare che questa modalità di costruire gli
obiettivi sia sbagliata, ma piuttosto di iniziare a sviluppare un senso
critico rispetto agli strumenti che utilizziamo .
Pensare il periodo in cui sono stati teorizzati questi parametri può già
iniziare a muovere i nostri pensieri.
le organizzazioni e la struttura dei ruoli professionali che caratterizzavano
il mondo del lavoro tra gli anni 50, gli anni 80 ed oggi è mutata
radicalmente.
Siamo sicuri che ciò che poteva funzionare per fettamente nei primi
anni novanta sia in grado di funzionare anche oggi?
Molti studiosi hanno sviluppato analisi critiche su questo approccio e una
azienda   come    Google    ha   esplicitamente   espresso   come   l’approccio
S.M.A.R.T. non sia adeguato al proprio modello di business.

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La presenza di punti di vista diversi rispetto alla validità dell ’approccio
rappresenta una grande ricchezza. La loro conoscenza può acuire senso
critico, consapevolezza e soprattutto Ci può aiutare a identificare in quali
“campi ” il modello funzioni molto bene e in quali sia più in difficoltà.

Come un Direttore di Produzione o un Caporeparto devono conoscere le
caratteristiche   delle   macchine   a       controllo   numerico   che   hanno   in
dotazione, allo stesso modo chi si occupa di gestione delle risorse umane
deve essere consapevole degli strumenti che utilizza. Trovare una risposta
ai quattro quesiti presenti nelle pagine a seguire ci può aiutare a
conoscere meglio gli strumenti che impieghiamo e capire se li stiamo
utilizzando nel modo giusto.

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Strumento:

                 1. Quale è la sua storia?

                4. Aumenterà o diminuirà di
             importanza nel prossimo Futuro?

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2. Perché è utile?

3. Che limiti ha?

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La riflessione su obiettivi e strumenti ci porta con naturalezza ad uno dei
temi più delicati nella gestione delle persone e in cui si riscontra maggiore
super ficialità e sciatteria, ovvero lo sviluppo e il rafforzamento della
motivazione.
Sebbene a volte mascherato con etichette linguistiche raffinate o con
acronimi che rimandano a una supposta alta cultura manageriale, il
modello bastone - carota sembra ancora il più diffuso .

La   prima   riflessione   emerge     naturalmente:   che    caratteristiche   posso
attribuire   a   una   persona   la   cui   motivazione     possa   essere   regolata
attraverso premi e punizioni?
Che rapporto si può costruire fra una parte deputata a dare premi e
punizioni e una destinata a subirla?
Che messaggio sto dando a livello aziendale affermando che l’aspetto più
significativo di un obiettivo è l’incentivo economico che riconosco se viene
raggiunto?
La seconda riflessione è più ar ticolata, ma ci permette di capire come lo
studio della motivazione sia una area di interesse in cui i più importanti
centri ricerca del mondo hanno dedicato molte energie.
Gli studi sul rapporto fra controlled motivation (carrot and stick) e
autonomous motivation (willingness and choice), la teorizzazione della self
determination theor y (SDT) of Motivation rappresentano dei punti di
riferimento irrinunciabili per chi si occupa di gestione delle persone .

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Studiosi come Richard Ryan e Edward Deci dell’Università di Rochester
oppure Sam Glucksberg della Princeton University hanno condotto studi
rivoluzionari sul tema della motivazione. Possiamo ignorare quanto hanno
scoperto, allo stesso modo in cui possiamo credere che la terra sia piatta
o    che   i   respiriani   abbiamo   trovato   un    approccio    all’alimentazione
totalmente sostenibile.
Possiamo       decidere      quanto    spazio       dare   alla    nostra    pigrizia
intellettuale, ma poi non possiamo lamentarci se molti dei nostri sforzi
per motivare le persone non producono buoni risultati.

I Risultati di esperimenti eterogenei ed articolati hanno tutti puntato nella
medesima direzione.
In presenza di regole semplici e condivise, obiettivi chiari e trasparenti,
variabili facilmente isolabili e una definizione di successo univoca il
sistema di incentivi economici può produrre ottimi risultati.
Differentemente tanto quanto il lavoro diviene articolato e complesso e
le   variabili     aumentano     di   numero    e    complessità     il   sistema   di
incentivazione economico non solo diviene ininfluente, ma in alcuni
casi va anche a compromettere la qualità stessa della per formance.

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Ci sono manager e organizzazioni che con curiosità si accostano a questi
studi, riflettono sugli esiti delle ricerche e si adoperano per integrarli nei
propri processi, mentre in altri casi di fronte a risultati inferiori alle
aspettative    i    manager     modificano       il    sistema   di   incentivazione
amplificandone gli effetti negativi, oppure attribuiscono la ragione delle
scarse per formance a supposte incompetenze dei collaborator i. Valutare
la   bontà    di   un   risultato   è    una    azione    relativamente    semplice,
comprendere il processo che lo ha generato è una azione molto più
complessa.

Tutti possiamo emozionarci alla vista della Cappella degli Scrovegni di
Giotto, ma pochi sono capaci di argomentare il valore dell’opera o di
capire la meraviglia che poteva provare un uomo del cinquecento alla
vista di una volta colorata di blu e oro. Lo sguardo ingenuo la trova una
scelta cromatica esteticamente fortunata, uno sguardo più allenato la
riconosce come una scelta deliberata che racchiude un significato più
profondo. Come sapientemente raccontato da Riccardo Falcinelli nel
libro Cromorama la differenza di un tubetto di tempera di nerofumo e di
bluoltremare oggi è nulla, ma la distanza fra questi due colori cinquecento
anni fa era enorme, la medesima che noi percepiamo fra un tartufo bianco
e una patata… .
Se per   “capire” il valore di          un colore     ser ve curiosità e   dedizione,
immaginiamo quanto impegno sia necessario per capire le altre persone.

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Chi vede nella collaborazione e nella motivazione delle persone una delle
chiavi del successo di una organizzazione deve rendersi conto che gli
strumenti che usa non sono neutri e che il loro impiego concorre a
cambiare le modalità con cui le persone lavorano, si pongono obiettivi e
cooperano fra loro.

Un organigramma non è una foto dell ’azienda, ma costituisce una
mappa che racconta valori e priorità dell ’organizzazione e ogni
rappresentazione      ha   specifiche    implicazioni.   Oggi   molte   aziend e
lamentano una collaborazione non ottimale fra le persone delle diverse
aree funzionali, eppure tutto sembra pensato per favorire questa distanza
e questa separazione.
Organizzazioni che hanno voluto inter venire radicalmente sul tema, come
Ing Direct, hanno cambiato anche il loro modo di rappresentarsi.

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Il medesimo approccio che ci permette di analizzare criticamente gli
strumenti che utilizziamo lo possiamo impiegare anche in termini più “ intimi ”,
andando a razionalizzare le teorie e gli schemi attraverso cui conosciamo
il mondo, interagiamo con esso e organizziamo decisioni ed azioni.
Per poter esercitare una leadership efficace non debbo essere solo
consapevole degli strumenti tecnici che utilizzo, ma essere anche
consapevole delle convinzioni e dei valori che permeano i miei
comportamenti.
Una attenta analisi delle interazioni fra le persone ci può aiutare a
mettere a fuoco quali sono le teorie implicite che guidano le scelte di chi
abbiamo attorno e ovviamente di noi stessi.
Alzare la voce, usare termini volgari, interrompere il proprio interlocutore,
chiedere una opinione e poi agire diversamente senza argomentare non
sono   semplici   comportamenti,     ma        espressioni   di   una   modalità   di
considerare sé stessi e gli altri.

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L’uomo conosce per differenze e forse la strategia conoscitiva migliore per
mettere a fuoco le proprie azioni è quella di confrontarle con quelle altrui.
Un buono specchio lo può offrire il cinema.
Il film Gnengarr y Glenn Ross, grazie alla scrittura di       David   Mamet,
restituisce modelli di gestione delle risorse non solo credibili, ma talmente
potenti che alcune persone li hanno utilizzati, consapevolmente o meno,
come modelli sui quali plasmare il proprio approccio.

Nelle pagine che seguono trovate una griglia di analisi che vi può
guidare nell ’individuazione delle teorie che muovono le azioni di Blake,
personaggio interpretato da Alec Baldwin. Una volta completata l’analisi
delle sue convinzioni e strategie, proviamo a rispondere agli stessi quattro
interrogativi, mettendo noi stessi come soggetti protagonisti. Grazie ad
attività sistematiche come queste possiamo prima mettere a fuoco e poi
far evolvere il nostro stile di gestione.

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Teorie e Comportamenti:

              Cosa crede che motivi le persone?

          Come pensa che debbono essere gestiti i
         risultati e le performance di una squadra?

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Come pensa di doversi porre di fronte
     agli altri per essere credibile?

Come pensa che un messaggio debba essere
   “confezionato” per essere efficace?

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Riuscire a capire che le nostre azioni, così come gli strumenti tecnici che
usiamo, sono frutto di una scelta e rimandano a una visione, più o meno
esplicita, di come consideriamo il nostro ruolo nella organizzazione e di
come esercitiamo la leadership nella nostra area di competenza ci
permette di analizzare con maggiore razionalità i risultati prodotti
dalle nostre decisioni e in che modo ricalibriamo le strategie a fronte
di quanto ottenuto.

L’analisi delle tentate soluzione, che può essere sintetizzato nello schema
riportato nelle pagine successive, vuole completare un articolato processo
di autoanalisi che, partendo dagli strumenti che utilizziamo, per proseguire
con la messa a fuoco delle teorie che guidano le nostre valutazioni, ci ha
portato a conoscere meglio il nostro modello di people management.
Con il medesimo rigore che applichiamo nella definizione di un
progetto, capire l ’A S IS ci aiuta a comprendere quali azioni dobbiamo
pianificare per raggiungere il nostro TO BE.

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Considerando che l ’obiettivo dichiarato di ogni manager sia gestire al
meglio la propria squadra con l’obiettivo che sia motivata, l’analisi del to
BE   può        sembrare   più    scontata,          ma    anche       in     questo    caso     un
approfondimento si può rivelare utile.

Compliance        ed   Engagement          sono      due     termini        che   ci   aiutano   a
comprendere        come    un    manager        posso      interpretare       differentemente     il
proprio “ to be” quando parliamo di gestione e motivazione delle persone.
Compliance        fa   riferimento    al   rispetto        delle   regole,        Engagement     al
coinvolgimento.
Si può pensare che la prima buona qualità di un collaboratore sia il
rispetto delle regole, la piena aderenza alle linee guida del suo capo, la
pronta reattività a qualsiasi richiesta gli venga estesa, la dedizione piena
a portare avanti i progetti nei modi e nei termini in cui gli sono presentati.
Oppure     si    può   pensare       che   un     buon      collaboratore          debba   essere
proattivo, attento, mosso da senso critico e dalla voglia di migliorare, teso
alla sperimentazione, capace di prendersi qualche rischio e protagonista
di un progetto di vita autonomo.
Sono entrambe scelte legittime, ma per perseguirle bisogna percorrere
strade differenti, il modello che andremo a presentare pone come proprio
obbiettivo primario l’engagement rispetto alla compliance.

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Analisi delle tentate soluzioni: Che cosa voglio ottenere?

      4. Che risultati ho ottenuto?

   3. Che nuova strategia ho usato rispetto
             ai risultati ottenuti?

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1. Che strategia ho usato?

2. Che risultati ho ottenuto?

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Uno dei modelli di people management più efficaci per promuovere
engagement si basa sul lavoro sviluppato da Daniel H. Pink, presentato in
una ormai famosa TED del 2009 e formalizzato nel suo libro pubblicato nel
medesimo anno.
Per semplicità chiameremo il modello MAP, acronimo dei tre fattori chiave
che un manager deve gestire all ’interno della propria squadra: Master y,
Autonomy, Purpose.

Il modello MAP andrà ad aumentare la propria rilevanza nei prossimi anni.
la riduzione dei lavori routinari a fronte dello sviluppo dell’intelligenza
artificiale, la rivoluzione dei modelli di gestione del lavoro conseguente
all ’aumento dello smart working, l’ulteriore mobilità lavorativa amplificata
dalla diffusione dei social network professionali, la continua richiesta di
innovazione e autonomia progettuale delle aziende in relazione alla
volatilità   dei   vantaggi    competitivi   e    lo   spasmodico    desiderio   di
autorealizzazione presente nei top talent che si stanno affacciando ora al
mondo    del   lavoro   sono   cinque   fattori    che   rendono    necessaria   la
conoscenza e l ’impiego del modello MAP.

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Attraverso tre serie di tre domande, possiamo capire se un gruppo di
lavoro o una persona ha le condizioni per lavorare in termini ottimali ed
eventualmente per identificare subito l ’area nella quale ha più senso
inter venire.
Master y
•    Sta imparando qualcosa di nuovo?
•    Sta migliorando?
•    Sta impiegando in modo ottimale le sue competenze?
Autonomy
•    Ha la facoltà di definire COME sviluppare i cicli OKR che gli vengono
     assegnati?
•    Ha la possibilità di portare avanti attività significative senza dover
     richiedere una diretta autorizzazione?
•    Ha tempo e risorse per dedicarsi a progetti out of the box?
Purpose
•    Gli è chiaro lo scopo di quello che sta facendo?
•    Lo scopo del suo lavoro ha un valore?
•    Mi sono adoperato per metterlo nella condizione di comprendere il
     valore del lavoro che sta portando avanti?

Nelle pagine 28 e 29 è riportata una scheda in cui raccogliere le nostre
valutazioni e iniziare a formalizzare le idee che ci potrebbero aiutare a
far evolvere la situazione, decidendo di lavorare sul singolo, oppure su
tutta l’area di nostra responsabilità, qualora ci accorgessimo che un
elemento critico è presente nella maggior parte dei membri della squadra.
Nelle pagine seguenti troverete delle rappresentazioni visive del modello
MAP. Una delle sue forze risiede nella sua semplicità e immediatezza.
Raramente un approccio che affonda le sue radici in una analisi minuziosa
delle ricerche scientifiche e delle case histor y aziendali di successo riesce
così immediatamente a tradursi in una rappresentazione grafica che ne
esprima con chiarezza gli elementi distintivi.

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25
26
27
Nome:            Ruolo:

Purpose

 Autonomy

 Mastery

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Livello di Motivazione:

 Su quale dimensione inizio a intervenire?

Azione Individuale         o        Sistemica

 Il mio intervento

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Note

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Modulo Group è una società di consulenza multidisciplinare
nata nel 1990 con l’intento di valorizzare i progetti di sviluppo
e di riorganizzazione dei propri clienti attraverso una business
proposition strutturata secondo 3 divisioni di competenza:

        Head Hunting & Executive Search
        Ricerchiamo e selezioniamo profili manageriali ed
        executive,     garantendo       sicurezza,    privacy      e
        professionalità.

        Inspirational & Executive Training
        Progettiamo ed eroghiamo interventi di formazione
        manageriale        altamente personalizzati in grado di
        migliorare le performance aziendali.

       Change Management & Executive Consulting
       Affianchiamo organizzazioni e persone nel costruire
       progetti   di   cambiamento      attraverso   interventi   di
       consulenza aziendale e coaching.

In Modulo Group operano oltre 20 professionisti, dislocati in 2
sedi italiane, Padova e Milano e in 1 sede polacca, Krakow.

                                  31
Padova / Miilano / Krakow

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               Aut. Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
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               n. prot 39/001298/MA004.A003

Gruppo Modulo srl
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P.Iva 02560590289

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