LE RISORSE ENERGETICHE E IL CAMBIAMENTO CLIMATICO

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LE RISORSE ENERGETICHE E IL CAMBIAMENTO CLIMATICO
Progetto “Tetti Fotovoltaici a scuola”

          LE RISORSE ENERGETICHE E IL CAMBIAMENTO CLIMATICO:

                        Ragioni e limiti dell’uso delle fonti rinnovabili

    Le energie rinnovabili: soluzione per tutte le stagioni
La limitatezza dell’ecosfera, il nostro modello di società e le loro conseguenze su di noi e sulle altre culture
sono le coordinate generali da cui guardare a molti dei problemi oggi aperti a livello mondiale.
Le seguenti pagine vogliono essere uno stimolo alla riflessione e all’approfondimento di quello che a noi
sembra un aspetto non secondario: il modello energetico e sulle sue implicazioni.
La riflessione si concentra principalmente su due aspetti: il cambiamento climatico e la crisi energetica
Da qualche tempo anche in Italia si è tornati a parlare di fonti rinnovabili di energia e in particolare di
energia solare, risorsa che nella penisola notoriamente non scarseggia. Già nei decenni ‘70 e ‘80 le fonti
rinnovabili di energia avevano conosciuto una certa popolarità, tuttavia i motivi dell’interesse di oggi non
sono quelli di ieri, o almeno così sembra. Durante gli anni settanta e in particolare in corrispondenza dei
cosiddetti shock petroliferi (1973,1979), l’energia solare ha rappresentato il miraggio dell’emancipazione dal
petrolio, risorsa lontana e da molti considerata prossima all’esaurimento. Poi, seguì una fase di relativa
stabilità del mercato petrolifero e, per vari motivi, le riserve stimate aumentarono, allontanando lo spettro
della fine del petrolio. A causa di ciò persino l’attività di ricerca nel campo delle fonti rinnovabili subì un
forte rallentamento. Ormai da quasi un decennio c’è rinnovato interesse da parte di governi e industria, ma
questa volta la prima motivazione sembra essere la crescente preoccupazione sui possibili effetti che la
combustione di risorse fossili può avere sul clima. Obiettivo di queste pagine è cercare di capire in che
misura le fonti rinnovabili possono rispondere a quelle che sembrano due sfide piuttosto impegnative:
controllare il cambiamento climatico e fornire un’alternativa ai combustibili fossili in un sistema produttivo
in continua crescita.

Ma il clima sta cambiando?
Fra i primi a cercare una risposta a questa domanda ci furono due organismi dell’ONU: l’organizzazione
meteorologica mondiale (WMO) e il programma ambientale delle nazioni unite (UNEP). Nel 1988
istituirono a questo scopo la commissione (panel) intergovernativa sul cambiamento climatico (IPCC) alla
quale partecipano a tutt’oggi migliaia di ricercatori di tutto il mondo. Dalla sua fondazione l’IPCC ha
pubblicato diversi rapporti fra cui tre di carattere generale rispettivamente nel 1990, 1996, 2001. I dati
contenuti nei rapporti sono la sintesi dei lavori di ricerca condotti negli anni precedenti e forniscono un
quadro dettagliato, attendibile e aggiornato di ciò che la scienza occidentale sa sul cambiamento climatico.
Nella scheda seguente sono sintetizzati i cambiamenti climatici più rilevanti riportati nel terzo di questi
rapporti reso pubblico a gennaio del 2001.

Variazioni climatiche documentate
I dati dell’IPCC dimostrano che sono già in atto variazioni climatiche significative. Queste modificazioni del
clima sono documentate da studi condotti a diverse scale su varie grandezze di interesse climatologico. Di
seguito richiamiamo le più significative.

Temperatura
        La temperatura media globale al livello del mare è aumentata nel corso del XX secolo di circa 0,6 °C
         con un incertezza di ± 0,2 °C
        Globalmente è molto probabile1 che la decade 1990 1999 e l’anno 1998 siano stati i più caldi da
         quando esistono dati di rilevazione strumentale della temperatura (1861).

1
    “Molto probabile” nel linguaggio dell’IPCC significa con una probabilità compresa fra il 90 e il 99%.
                                                                                                              1

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     Per l’emisfero Nord è molto probabile che l’aumento della temperatura durante il XX secolo sia stato
      il più grande rispetto ai precedenti mille anni. (Dati indiretti ottenuti attraverso vari metodi in uso in
      paleoclimatologia.)
     Il tasso attuale di riscaldamento alla superficie è pari a 0,15 gradi per decennio. Questo
      riscaldamento viene confermato su tutto lo spessore dei primi ottomila metri di atmosfera ed è
      riscontrabile a tutte le scale, dalla scala mondiale, a quella europea, fino alla scala regionale.
                                                                                     Figura 1: Temperatura
                                                                                     della superficie terrestre
                                                                                     media globale sia sulle
                                                                                     terre emerse sia sugli
                                                                                     oceani ottenuta con dati
                                                                                     strumentali. La curva
                                                                                     nera rappresenta valori
                                                                                     mediati su 10 anni.
                                                                                     L’incertezza sui singoli
                                                                                     valori è indicata dalle
                                                                                     barre nere ed è dovuta a
                                                                                     carenze nei dati, errori
                                                                                     strumentali e incertezze in
                                                                                     correzioni apportate ai
                                                                                     dati.

                                                                                   Figura 2: La temperatura
                                                                                   sulla superficie terrestre
                                                                                   nell’emisfero nord negli
                                                                                   ultimi 1000 anni ricostruita
                                                                                   facendo       ricorso      a
                                                                                   informazioni      di    tipo
                                                                                   paleoclimatico (provenienti
                                                                                   ad esempio dallo studio dei
                                                                                   cerchi degli alberi). La
                                                                                   curva nera è ottenuta
                                                                                   mediando su 50 anni. A
                                                                                   partire dal 1860 sono
                                                                                   riportati anche i dati
                                                                                   strumentali. La zona grigia
chiara rappresenta l’estensione della barra di errore.

Precipitazioni
     Nel corso degli anni ‘90 si è osservato mediamente un aumento delle precipitazioni alle latitudini
      elevate (tra lo 0,5 e l’1 % per decennio), e una loro riduzione alle medie e basse latitudini (-0,3 / -0,5
      % per decennio).
     Sul bacino del Mediterraneo, in particolare, sembra assai evidente e significativa la diminuzione
      delle precipitazioni durante tutte le stagioni a partire dalla fine degli anni 50 ad oggi. La barriera
      orografica costituita dalle Alpi sembra in grado di differenziare la tendenza delle precipitazioni che
      risulta in aumento nell’Europa continentale (a nord delle Alpi) e in diminuzione nell’Europa
      mediterranea.

Copertura nevosa e ghiacciai
     Dati da satellite mostrano che dal 1960 è molto probabile che la copertura nevosa sia diminuita di
      circa il 10%
                                                                                                       2

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     Lo spessore estivo del ghiaccio del mare artico è probabile che sia ridotto di circa il 40% a partire
      dagli anni 50.

Livello del mare
     Il livello medio del mare risulta aumentato fra i 10 e i 20 cm nel corso del XX secolo.

Fenomeni meteorologici estremi
     Aumento compreso fra il 2 e il 4% della frequenza delle precipitazioni intense nella seconda metà
      del XX secolo nell’emisfero settentrionale.

Questi e altri dati vanno a formare un quadro che il rapporto definisce di “un mondo in via di
riscaldamento” in quanto tutti in parte correlati con l’aumento di temperatura.
Non ci occuperemo delle previsioni sui futuri cambiamenti climatici che il rapporto tratta invece
ampiamente: ci basta qui mostrare che un cambiamento climatico è già in atto.

Ma perché la terra si scalda?
La superficie della Terra assorbe buona parte della radiazione proveniente dal Sole (il resto viene riflessa da
nuvole aerosol e atmosfera o dalla superficie terrestre). Questa energia viene poi redistribuita dalla
circolazione atmosferica ed oceanica e quindi reirradiata verso lo spazio.
In media la quantità di energia solare che raggiunge la Terra è approssimativamente bilanciata dalla
radiazione uscente (equilibrio termoradiativo).

                                                                                       Figura 3: Ogni metro
                                                                                       quadro della superficie
                                                                                       esterna        dell’atmosfera
                                                                                       riceve, in media nel corso
                                                                                       dell’anno, 342 Watt di
                                                                                       radiazione solare. Di questa
                                                                                       il         31%            viene
                                                                                       immediatamente         riflessa
                                                                                       nello spazio dalle nuvole,
                                                                                       dall’atmosfera      o     dalla
                                                                                       superficie     terrestre.     I
                                                                                       rimanenti       235      Wm-2
                                                                                       vengono in parte assorbiti
                                                                                       dall’atmosfera ma la gran
                                                                                       parte (168 Wm-2) riscaldano
                                                                                       la superficie terrestre: terre
                                                                                       emerse ed oceani. Questo
                                                                                       calore viene restituito dalla
terra all’atmosfera sotto forma di radiazione infrarossa, come calore latente e come vapore d’acqua che, quando
si condensa in atmosfera, restituisce calore. Affinché il clima sia stabile è necessario che la radiazione solare
incidente e quella uscente verso lo spazio siano bilanciate. Per questo motivo il sistema climatico deve restituire
in media verso lo spazio 235Wm-2.

Ogni fattore che modifica la quantità di energia incidente o riemessa verso lo spazio può avere ripercussioni
sul clima. La variazione netta che si ottiene nel bilancio fra energia uscente e energia entrante è definita
“forcing” o pressione radiativa. Queste variazioni possono essere positive o negative. In entrambi i casi il
sistema climatico reagisce per ristabilire l’equilibrio. Se il forcing radiativo è positivo la terra tende a
riscaldarsi se è negativo a raffreddarsi.

                                                                                                                    3

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Cosa può spingere il clima a cambiare?
La presenza in atmosfera di certi gas quali biossido di carbonio (CO2), metano (CH4), perossido di azoto
(N2O) o del vapore d’acqua diminuisce l’efficienza con cui l’energia viene irradiata dalla Terra verso lo
spazio e causa il cosiddetto effetto serra di cui ci occuperemo nel dettaglio nel seguito e che è quindi
responsabile di un forcing positivo. Oltre all’effetto serra ci sono tuttavia altri processi che si pensa possano
essere responsabili di interferire nel bilancio termoradiativo del pianeta. Ad esempio la variazione della
quantità di radiazione solare intercettata dalla Terra, l’immissione di grandi quantità di aerosol (particelle o
gocce microscopiche) conseguenti a eruzioni vulcaniche o aerosol dovuti ad attività umane che possono
avere effetti tendenti a riscaldare o, più spesso, a raffreddare a seconda che si tratti di particelle che tendono
ad assorbire o a riflettere la radiazione solare. Gli aerosol modificano fra l’altro anche il meccanismo di
formazione e persistenza in atmosfera delle nubi. Quando si manifestano dei forcing radiativi il sistema
climatico risponde su scale di tempo molto differenti. Le più lente sono legate al cambiamento della capacità
termica delle masse oceaniche e del volume complessivo dei ghiacci. Ciò significa che la risposta del clima
ad una perturbazione può durare migliaia di anni e va ad interessare le complesse interazioni presenti fra
atmosfera, oceani, biosfera, e ghiacci perenni. Nella figura 4 sono presentati alcuni dei meccanismi che si
ritiene stiano esercitando una pressione sul sistema climatico. E’ importante notare che l’unico meccanismo
del quale si ha una conoscenza scientifica adeguata è proprio l’effetto serra; per ogni meccanismo sono
indicati valore stimato e relativo errore

                                                                                   Figura 4: i forcing radiativi
                                                                                   medi     globali     sul  sistema
                                                                                   climatico per l’anno 2000
                                                                                   rispetto all’anno 1750. Questi
                                                                                   forcing        radiativi      sono
                                                                                   conseguenza: di cambiamenti
                                                                                   nella                 composizione
                                                                                   dell’atmosfera; dell’alterazione
                                                                                   della riflettanza della superficie
                                                                                   dovuta a variazioni nell’uso dei
                                                                                   suoli;       variazione      nella
                                                                                   radiazione solare incidente. Ad
                                                                                   eccezione di quello relativo alla
                                                                                   variazione della radiazione
                                                                                   incidente le attività umane sono
                                                                                   legate a ciascuno dei fattori
                                                                                   considerati.      Le      colonne
                                                                                   rettangolari        rappresentano
                                                                                   stime dei contributi di ciascuno
                                                                                   dei forcing alcuni dei quali
negativi altri positivi. Il forcing legato ad episodiche esplosioni vulcaniche che provocano un effetto limitato ad
alcuni anni non è rappresentato. Per effetti dovuti agli aerosol troposferici si intendono quelli indiretti che
modificano il numero e l’estensione delle nubi. Il contributo all’effetto serra dovuto al traffico aereo è mostrato
separatamente. Dove non compare la colonna ma solo una barra significa che non è possibile fare una stima del
valore medio. Tutti i forcing mostrati hanno andamenti propri su scala sia temporale che spaziale. Per queste ed
altri ragioni non si possono sommare algebricamente le colonne per avere una stima dell’effetto netto sul sistema
climatico.

 Non scherzare con il fuoco: criticità dei cambiamenti climatici

 Retroazioni e non linearità
 La risposta del clima ai forcing esterni e a cambiamenti nella ridistribuzione dell’energia fra le sue varie
 componenti quali ad esempio oceani ed atmosfera è fortemente complicata dalla presenza di processi di
 retroazione e di risposte non lineari. Un processo è detto di retroazione quando il risultato del processo

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 influenza l’origine dello stesso intensificandolo (retroazione positiva) o riducendolo (retroazione
 negativa). Un esempio importante di retroazione positiva è quella che interessa la concentrazione del
 vapore d’acqua in atmosfera. Il riscaldamento della Terra infatti fa aumentare la concentrazione di vapore
 d’acqua, ma questo aumento amplifica il processo in quanto il vapore d’acqua è un gas che provoca
 l’effetto serra. Un esempio di retroazione negativa molto forte è data dal fatto che l’aumento della
 temperatura della superficie terrestre aumenta la quantità di radiazione riemessa verso lo spazio con la
 conseguenza che l’aumento di temperatura tende ad autolimitarsi.
 Per risposta non lineare di molti processi e interazioni nel sistema climatico si intende che non ci si può
 attendere una semplice relazione proporzionale fra causa ed effetto. Un sistema complesso, non lineare,
 può avere dei comportamenti cosiddetti “caotici”. Ciò significa che i comportamenti di questi sistemi sono
 molto sensibili a piccole perturbazioni delle loro condizioni. Ciò non significa che tali sistemi siano
 assolutamente imprevedibili, come il termine caotico lascerebbe pensare. Tuttavia la loro variabilità è
 molto grande. Ad esempio la dinamica che regola la variazione giornaliera delle condizioni
 meteorologiche è guidata da processi non lineari. Ciò non esclude la possibilità di fare delle previsioni del
 tempo ma tutti sappiamo che la loro validità non si può estendere oltre un paio di settimane. Allo stesso
 modo il sistema climatico pur essendo fortemente non lineare, consente di prevedere su grande scala gli
 effetti dei cambiamenti climatici indotti dalle attività umane,ma non permette di prevedere comportamenti
 e tempi specifici.
Cos’è l’effetto serra?
Cerchiamo di capire quindi che cos’è l’effetto serra, a questo scopo vengono solo richiamate alcune proprietà
della radiazione elettromagnetica che per motivi di spazio non possono essere qui approfondite.
La quantità della radiazione emessa da ogni corpo e la sua distribuzione in frequenza (cioè quanta radiazione
è emessa per ogni frequenza) dipende dalla temperatura a cui il corpo si trova.
Il flusso di energia che giunge sulla Terra proveniente dal Sole è composto di radiazione elettromagnetica a
diverse frequenze. Circa la metà di questa energia ha frequenze visibili ai nostri occhi (47%), l’altra metà è
per gran parte radiazione infrarossa (46%) e la piccola frazione restante è ultravioletta (7%). Più è alta la
temperatura e maggiori sono le frequenze di emissione. L’energia che proviene dal Sole è caratteristica per
quantità e per distribuzione delle frequenze di un corpo (completamente assorbente) la cui superficie si trova
a 5600°C circa. Parte di questa energia viene intercettata dalla Terra che in condizioni di equilibrio la
riemette a sua volta verso lo spazio. Secondo questo ragionamento affinché la Terra possa riemettere verso lo
spazio i 235 Wm–2 ricevuti, la sua temperatura media dovrebbe essere di –19°C. Invece la temperatura media
vicino alla superficie terrestre è di circa 14°C.
Per comprendere come ciò possa accadere è necessario considerare l’interazione fra l’atmosfera e la
radiazione infrarossa poiché sono queste le frequenze tipiche in cui la maggior parte dell’energia viene
riemessa da un corpo che si trova alla temperatura della Terra.

L’effetto serra naturale
L’atmosfera terrestre è composta principalmente di azoto (N2, 78.1% in volume), ossigeno (O2, 20.9% in
volume), e argon (Ar, 0.93% in volume). Questi gas interagiscono debolmente con la radiazione solare
incidente, mentre non interagiscono affatto con la radiazione infrarossa riemessa dalla Terra. Tuttavia alcuni
gas che sono presenti in tracce nell’atmosfera, come il biossido di carbonio (o anidride carbonica, CO 2), il
metano (CH4), il perossido di azoto (N2O) e l’ozono (O3), interagiscono fortemente con la radiazione
infrarossa. Tali gas sono detti gas serra e pur avendo una concentrazione complessiva inferiore all’1% in
volume giocano un ruolo essenziale nel bilancio energetico della Terra. Infatti, essi assorbono la radiazione
infrarossa proveniente dalla Terra e la riemettono in tutte le direzioni e quindi anche verso la Terra stessa. In
questo modo il calore rimane “intrappolato” e la temperatura della superficie terrestre tende a salire. Per
questo motivo la temperatura negli strati bassi dell’atmosfera tende a diminuire con l’altitudine. Questo
meccanismo è il cosiddetto effetto serra naturale grazie al quale il pianeta offre condizioni particolarmente
adatte alla vita.

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Come cambia                 la     composizione              dell’atmosfera:            l’effetto       serra
antropogenico
Esistono dati evidenti che, a causa di un complessivo riscaldamento del pianeta, il clima sta cambiando. La
comunità scientifica ritiene ormai in modo praticamente unanime che questo riscaldamento è in parte
imputabile a quelle attività umane che comportano un aumento delle concentrazioni di gas serra. Per questo
motivo si parla di effetto serra antropogenico. Proviamo ora a mostrare in che misura la composizione
dell’atmosfera è cambiata negli ultimi secoli.

L’aumento della CO2

Figura 5: Le variazioni naturali della CO2 e l’aumento di origine antropogenica dopo l’avvento della Rivoluzione
industriale. Oltre alle curve che tracciano la migliore interpolazione sono riportate anche quelle relative ad un
livello di confidenza del 99% (linee interne) e ad un livello di previsione del 99% (linee esterne). A destra
ingrandimento del grafico di sinistra per il periodo 1850-2000. Fonte: IPCC (1995)
Per quanto riguarda in particolare la CO2, il terzo rapporto dell’IPCC afferma:
     La sua concentrazione in atmosfera è passata dalle 280 parti per milione in volume del 1750 alle 367
       ppm del 1999 con un incremento quindi del 31%.
     La concentrazione attuale non ha precedenti negli ultimi 420.000 anni e forse negli ultimi 20 milioni
       di anni.
     La velocità di crescita dell’ultimo secolo non ha precedenti almeno negli ultimi 20000 anni.

Il carotaggio di Vostok
Informazioni accurate sulla composizione dell’atmosfera nel corso degli ultimi 420.000 anni sono state
ottenute dallo studio delle bolle d’aria intrappolate nei ghiacci dell’Antartide. In particolare a Vostok (una
stazione dell’ex-URSS) è stato eseguito un carotaggio che ha fornito, tra le altre cose, anche i dati in figura.

Figura 6: Concentrazione della CO2 e anomalia in temperatura negli ultimi 220.000 anni; dati da Vostok.

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Al di là della difficoltà di interpretazione accurata di tutte le informazioni contenute nei grafici con cui molti
studiosi si stanno confrontando, si possono fare alcune osservazioni:
     Esiste una forte correlazione fra variazione della temperatura e variazione della concentrazione della
         CO2 in atmosfera.
     Nel grafico i valori di concentrazione attuale non sono mai raggiunti
     Da qualche migliaio di anni la concentrazione era piuttosto stabile intorno ai 280 ppmv.

L’aumento di altri gas serra

                                                                        Figura 7: Concentrazione di biossido di
                                                                        carbonio, metano e perossido di azoto
                                                                        negli ultimi 1000 anni. In ordinata sulla
                                                                        destra viene stimata la pressione
                                                                        radiativa dovuta ad effetto serra che tale
                                                                        livello di concentrazione comporta. La
                                                                        concentrazione di metano è aumentata
                                                                        dal 1750 di circa il 150%. Il perossido di
                                                                        azoto è aumentato del 16% dal 1750.

                                                                        Dalla semplice analisi del grafico ci si
                                                                        rende conto che, al pari del biossido di
                                                                        carbonio anche altri gas che causano
                                                                        effetto serra mostrano andamenti
                                                                        analoghi. L’origine dell’aumento delle
                                                                        concentrazioni di questi gas è
                                                                        evidentemente da attribuirsi ai processi
                                                                        avviati dalla rivoluzione industriale.

                                                                                                                7

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I gas serra: concentrazione, contributo al riscaldamento globale, origine
La tabella seguente riporta le variazioni di origine antropica dei principali gas serra, il loro contributo
all’effetto serra e le principali fonti di produzione

                          Incremento %      Contributo %
        Gas serra                                                               Fonti antropiche
                             dal 1750      all’effetto serra
                                                               Combustione 70-90%, deforestazione, cambio
      CO2                      31                 64
                                                               d’uso dei suoli, produzione di cemento 10-30%
                                                               Produzione e uso di energia (inclusa la biomassa),
      CH4                     150                 20
                                                               animali, risaie, fognature, discariche
                                                               Fertilizzanti, bonifica, produzione di acidi grassi e
      N2O                      16                  6           nitrici, combustione di biomasse e combustibili
                                                               fossili
      HFC,CFC,                                                 Refrigerazione,       condizionamento,      industria
      HCFC                                                     chimica
                                                  10
      PFC                                                      Produzione di alluminio
      SF6             -                                        Distribuzione di corrente elettrica

I composti in tabella non sono i soli gas serra. Per esempio il vapore acqueo, pur rappresentando il principale
componente dell’effetto serra, indispensabile per la vita sulla terra, non è menzionato perché la sua
concentrazione, molto variabile, non risente direttamente delle attività umane.
Anche l’ozono troposferico contribuisce in modo sensibile al riscaldamento globale ma risulta distribuito in
modo disomogeneo, concentrandosi soprattutto in corrispondenza di grandi aree urbanizzate e
industrializzate, dove si genera per reazioni fotochimiche in presenza di inquinamento atmosferico.
Al contrario, la diminuzione dell’ozono stratosferico, che notoriamente ci espone ad un maggiore
irraggiamento ultravioletto, produce un modesto effetto di raffreddamento climatico.

L’utilizzo dei combustibili fossili e l’effetto serra
I dati mostrati consentono di stimare che circa i due terzi del contributo al riscaldamento globale per
effetto serra registrato negli ultimi 20 anni sono dovuti al consumo di combustibili fossili.
La combustione delle fonti fossili consente di liberare energia che attualmente viene utilizzata per soddisfare
oltre il 90% del fabbisogno energetico di mercato.
Si tratta in sostanza di un processo di ossidazione del carbonio in cui a legami fortemente energetici fra
carbonio e idrogeno e fra carbonio e carbonio si sostituiscono legami fra carbonio e ossigeno molto meno
energetici “guadagnando” la differenza di energia. La produzione di CO 2 è quindi un inevitabile prodotto
della reazione di combustione e la sua produzione è proporzionale all’energia ricavata e funzione del
combustibile fossile usato.

Figura 8: Emissioni di gas serra (misurate in grammi) per unità di energia prodotta (1kwh elettrico)

Non è difficile convincersi del fatto che questa modalità di generazione dell’energia non è né rinnovabile né
sostenibile.
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 Centinaia di milioni di anni fa grandi masse di clorofilla hanno cominciato a rimuovere dall’atmosfera il
 carbonio presente nella forma ossidata (CO2), per riporlo nei propri tessuti nella forma ridotta (C-C. C-H). In
 questo modo veniva immagazzinata l’energia solare, come si può vedere analizzando la reazione generica
 riportata di seguito (a meno dei coefficienti stechiometrici). La clorofilla agisce da catalizzatore, mentre la
 luce assorbita fornisce l’energia necessaria. Una frazione considerevole del manto clorofilliano, morta nel
 corso degli ultimi 200 milioni di anni, si è degradata parzialmente e trasformata in petrolio, gas naturale
 (legami C-H) e carbone (legami C-C). Per produrre energia la società industriale ha scelto di riossidare il
 carbonio e di conseguenza emette CO2. L’insostenibilità di questo modo di ottenere energia è data dal fatto
 che l’energiaè stata immagazzinata in un arco temporale dell’ordine di centinaia di milioni di anni mentre il
 suo consumo sta avvenendo su tempi dell’ordine delle centinaia di anni (anzi, per la gran parte, nel corso
 degli ultimi 60 anni). La velocità di consumo è milioni di volte superiore a quella di produzione!

    O2+ composti (CH2O)n←Fotosintesi← Energia solare + H2O+ CO2

                            Organismi consumatori
    100 milioni                                                                     100 anni
    di anni

                                       Organismi decompositori

                              Combustione biomassa

        Combustione fonti fossili

O2+ composti (CH2O)n→Combustrone →Energia termica+ H2O+ CO2
 Figura 9: Il ciclo del carbonio

                                                                                                              9

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L’utilizzo dei combustibili fossili come motore della crescita economica
Siamo quindi in una condizione estremamente difficile. Lo sviluppo industriale si è basato sull’uso dei
combustibili fossili ma oggi le conseguenze del loro uso stanno rendendo il clima instabile.
Il problema è che il ritmo di crescita economica che si è avuto dall’inizio della rivoluzione industriale non
sarebbe stato possibile senza il ricorso alle fonti fossili. Per questo motivo oggi ci troviamo di fronte ad un
sistema economico che non avendo mai fatto i conti con l’impatto ambientale e sociale dell’utilizzo dei
combustibili (e di tutti gli altri materiali) fossili ha fabbisogni energetici (e materiali) enormi e sempre
crescenti.

Figura 10: Sinistra: Il prodotto industriale mondiale. L’unità di misura è un indice posto a 100 nell’anno di
riferimento1963. Il tempo di raddoppio è circa 17 anni. Destra: Le emissioni di CO 2 in miliardi di
tonnellate/anno. Tempo di raddoppio circa 29 anni.
Che fare? Possiamo ragionare solo in termini di sostituzione delle fonti o vogliamo/dobbiamo ridiscutere
modi e tempi della crescita?
Le fonti energetiche rinnovabili stanno diventando sempre più strategiche come fonti sostitutive ai
combustibili fossili, ma per dare una risposta effettiva ai problemi climatici è necessario che il loro uso sia
inserito in un orizzonte di forte riduzione dei fabbisogni energetici.

 Siti d’interesse sul cambiamento climatico

 In inglese:
 -www.unfcc.de sito della convenzione sul clima delle nazioni unite
 -www.ipcc.ch sito dell’IPCC
          L’IPCC è organizzato in tre gruppi di lavoro che valutano rispettivamente i seguenti aspetti:
          Gruppo 1: Variazioni climatiche osservate e previste
          Gruppo 2: Impatto delle variazioni climatiche su ambiente, salute ed economia
          Gruppo 3: Interventi per ridurre l’entità delle variazioni climatiche (i “rimedi”)
 -interessante anche il sito di greenpeace nella sezione clima

 In italiano vedi i siti:
 clima.casaccia.enea.it
 www.geocities.com a parte la pubblicità e il fatto che si riferisce al secondo report dell’ipcc e non al terzo dà
 una visione di insieme anche rispetto alle previsioni dei cambiamenti futuri.

                                                                                                            10

          T.E.R.R.E. – Tecnologie ad Energia Rinnovabile e Risparmio Energetico
Progetto “Tetti Fotovoltaici a scuola”

La negoziazione sul clima
Nel 1972 il Club di Roma, un gruppo internazionale di scienziati che si era costituito nel 1968, ha sconvolto
il mondo con uno studio (”I limiti alla crescita”) in cui venivano illustrati i risultati di un accurato e
complesso sistema di simulazioni realizzato dal General Dynamic Group del Masachussets Institute of
Technology che prevedevano nell’arco di meno di un secolo, un collasso del sistema economico – industriale
– agricolo, della popolazione e del sistema ambientale. Tale crisi globale era unicamente causata dal tasso di
crescita esponenziale del prodotto industriale mondiale e della popolazione (rilevato sulla base dei dati
storici a partire dal 1900) e , a seconda delle ipotesi di partenza, variava di forma e datazione esatta ma era
sostanzialmente ineliminabile.
La sensazione di una crisi imminente venne aggravata nel 1973 con la prima grande crisi petrolifera, legata
alla guerra arabo-israeliana del Kippur e alla decisione dei paesi OPEC di aumentare improvvisamente il
prezzo del greggio di oltre il 100 % .
Pochi anni dopo, nel 1980, il primo summit internazionale sul clima cominciò a mettere a fuoco i rischi
legati all’effetto serra in aumento. Le posizioni estremamente variegate del mondo scientifico portarono alla
necessità di istituire un organismo autorevole di riferimento; nel 1987 l’ONU istituì la Commissione
Bruntland sullo sviluppo sostenibile. Finalmente nel 1988 l’ONU affidò all’Organizzazione Meteorologica
Mondiale (WMO) e al Programma Ambiente (UNEP) il compito di fondare un organismo internazionale di
scienziati che desse indicazioni attendibili ai governi sulle scelte da assumere in relazione al cambiamento
climatico : l’IPCC (Intergovernamental panel on climate change).
Il primo rapporto dell’IPCC, pubblicato nel 1991, confermò l’allarmismo: i rappresentanti di alcuni paesi
(USA, Emirati Arabi e Kuwait) si opposero alle conclusioni che richiedevano misure di intervento
immediate. Il secondo rapporto del ’96 fece emergere per la prima volta una posizione unanime del mondo
scientifico sull’aumento dell’effetto serra in corso. Una questione altamente critica era se la riduzione di
emissioni dovesse essere a carico di tutti i paesi o solo di quelli industrializzati.
Quando nel 1997 la Conferenza delle Parti approvò il protocollo di Kyoto, questa questione venne
definitivamente risolta con l’impegno da parte dei soli paesi industrializzati ad una riduzione di emissioni di
gas serra del 5,2 % rispetto al livello del 1990. Almeno il 55% dei paesi industrializzati (responsabili di oltre
il 70 % delle emissioni mondiali di gas serra) avrebbe dovuto ratificare il protocollo negli anni successivi,
perché entrasse in vigore.
Gli impegni presi dai paesi industrializzati sono stati:
         • - 8 % per la UE (Italia : - 6,5 %)
         • - 7 % per gli USA
         • - 6 % per il Giappone
         • + 10 % per l’Australia
         • 0 % per Russia e Ucraina

Tra i meccanismi attuativi del protocollo di Kyoto, alcuni hanno reso meno efficace il risultato: in particolare
il meccanismo dei ‘sinks’ ossia della possibilità di sostituire la riduzione di emissioni con l’aumento delle
foreste che assorbono anidride carbonica.
Né alla Conferenza dell’Aia né a Trieste si giunse ad un accordo. Solo 30 paesi su 180 avevano ratificato
l’accordo, quando la nuova amministrazione USA (G.W. Bush) ha dichiarato di non riconoscere gli impegni
presi da quella precedente (W. Clinton). Il Giappone si è schierato con gli USA e diversi paesi tra cui l’Italia
hanno mostrato inizialmente una posizione molto debole, che ha minato la possibilità di dare efficacia
all’accordo. Tra gennaio e aprile del 2001 l’IPCC ha pubblicato il suo terzo rapporto che fornisce una visione
più allarmante rispetto al secondo.
La conferenza di Marrakesch conclusa a novembre del 2001 ha reso l’accordo ancora più debole;
Giappone, Canada, Russia e pochi altri paesi hanno ottenuto una diminuzione dei tagli alle emissioni di CO 2,
aumentando la concessione di recupero delle emissioni con i ‘sinks forestali’ nazionali. Questo implicherà
che il taglio globale sarà soltanto un terzo di quanto fosse stato previsto inizialmente.
Alla conferenza di Milano conclusasi nel dicembre 2003 la Russia ha dichiarato di non voler ratificare il
protocollo di Kyoto impedendo quindi la sua entrata in vigore.

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                                      LA CRISI ENERGETICA

Il mondo è in crisi energetica?
Negli ultimi trenta anni si è parlato diverse volte dell’imminente esaurimento delle risorse fossili: il
problema ha assunto in alcuni momenti dimensioni drammatiche mentre in altri momenti si è parlato di
progressi tecnologici e nuove scoperte che prospettavano un futuro sicuro dal punto di vista della fornitura
dell’energia. Al di là delle notizie sensazionali, per avere un’idea realistica della dimensione del problema
bisognerebbe disporre delle seguenti informazioni:
• Stima dei combustibili fossili estratti annualmente
• Stima delle riserve di idrocarburi accertate e della quota di queste realmente estraibile
• Stima della consistenza dei giacimenti non ancora scoperti

Purtroppo, al contrario di quanto avvenuto per lo studio del cambiamento climatico, in tema di energia non
esiste un organismo scientifico internazionale che si ponga al di sopra delle parti. Sono disponibili con una
certa attendibilità solo i dati relativi alle estrazioni annuali. Nella nostra analisi circoscriveremo lo studio al
solo petrolio e ci riferiremo ai dati dell’International Energy Agency (vedi box successivo) a quelli Eni e di
alcuni centri studi statunitensi.
 L’International Energy Agency è un organismo composto da 26 paesi dell’OECD: viene istituito dai
 governi dei paesi membri nel 1974, in seguito alla crisi petrolifera legata alla guerra del Kippur e si pone
 come primo obiettivo quello di stabilire tra i paesi industrializzati strategie comuni per far fronte alle
 ‘emergenze energetiche’. Dal 1993 pubblica ogni due anni un report sulla situazione mondiale dell’energia
 (World Energy Outlook); il report si basa su un modello dinamico di previsione (WEM - World Energy
 Model) e sui dati statistici assunti da altre fonti sulla situazione mondiale delle risorse (fonti: United States
 Geological Survey, Cedigaz, Petroconsultants) e dell’economia (fonti: Fondo Monetario Internazionale,
 Banca Mondiale, ONU, ecc).

Il consumo di energia per fonti

Figura 11: 1 Toe =1 Tonnellata equivalente di petrolio =7,3 barili (1barile =159 litri) di petrolio =
11.600 KWh = 20.000 km percorsi da un’automobile
Nel 2000 il consumo energetico annuo mondiale è stato di circa 115.000 TWh

                                                                                                                12

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Il peso delle energie rinnovabili nel 2000

Figura 12: Divisione per fonti dell’energia consumata con dettaglio delle fonti rinnovabili

E’ ovvio che le cose potevano, anche nello stesso anno, essere differenti: in altre parole che il consumo
dovesse essere soddisfatto da queste fonti in questa percentuale non è un dato di natura ma il risultato della
politica energetica a livello mondiale.

I Consumi ineguali: la fotografia al 1995.
ANNO 1995                                                                       La quantità di energia
                                                                                consumata nel 1995 era
               1 00%                                                            ripartita tra le diverse aree
                                                                                geografiche      secondo     le
                90%

PAESI IN VIA DI
                                1 955
                                                                                percentuali riportate nella
SVILUPPO
(esclusa Cina)
                80%                                            1 491 7
                                                                                figura. Risulta evidente che il
                70%
                                 905                                            consumo pro-capite nei paesi
                                                                                             3240

CINA
                                1 001
                                                                                dell’OECD nel 1995 è
                60%

                                                                4347
                                                                                estremamente superiore al
                50%                                             1 300           consumo medio pro-capite nei
ECONOM IE IN    40%
                                                                                paesi in via di sviluppo.
TRANSIZIONE
                                                                                Considerando nello stesso
                                                                                             1 234
                30%
                                4750                                            blocco la Cina e i paesi in via
OCSE            20%
                                                               1 7826
                                                                                di sviluppo, si osserva che
                                                                                             354

                                                                                oltre il 75 % della popolazione
                1 0%

                                                                                mondiale consuma meno di un
                                                                                             954

                 0%
                                                                                terzo dell’energia primaria
                       ENERGIA PRIMARIA (Mtep)         PIL (1 000 mi li ar di $ )   POPOLAZIONE (mil i oni )
                                                                                disponibile. E’ interessante
                                                                 notare che il PIL non corrisponde alla
 Figura 13 - Consumi di energia primaria, PIL nazionale e ripartizione dei consumi, ossia che i paesi
 popolazione nelle quattro aree geografiche individuate nel 1995 dell’OECD hanno un livello medio di
 (IEA)                                                           consumi più elevato degli altri paesi, anche
                                                                 a parità di ricchezza.

                                                                                                               13

            T.E.R.R.E. – Tecnologie ad Energia Rinnovabile e Risparmio Energetico
Progetto “Tetti Fotovoltaici a scuola”

Previsioni dei consumi al 2020 secondo i paesi OECD.
Per fare delle previsioni sulla variazione nel tempo della domanda e dell’offerta di energia a livello
mondiale, l’IEA propone alcune ipotesi, alla base del funzionamento del suo modello di simulazione.
In particolare nel ‘World Energy Outlook 2000’ si ipotizzano:
       l’aumento della popolazione mondiale dell’1,1 % annuo - quindi 7,4 miliardi di persone al 2020, di
           cui oltre l’80 % nei PVS;
       l’aumento del PIL mondiale del 3,1 % annuo;
       la stabilità del prezzo del petrolio fino al 2010 (prezzo fissato a 21 $ al barile)
       l’assenza di una crisi nella fornitura di idrocarburi fino al 2020.

Con tali premesse si ottiene dalla simulazione un aumento della domanda di energia del 70 % dal 1995 al
2020, giungendo a 13.530 Mtep; il                                                          PETROLIO
consumo di energia primaria fa
                                                               0,4%                        CARBONE
riferimento     alle   diverse     fonti
                                                                                           GAS
energetiche      nella     proporzione                         2,2%
illustrata in fig. 13, ossia agli                                                          NUCLEARE
                                                             4,5%
idrocarburi per assolvere al 93 % della                                                    HYDRO
domanda mondiale di energia (valore                                         37%            altre E.R.
in crescita dal 90 % cui si era                         28%
assestato nel 1995). Dal punto di vista
ambientale       questa      previsione
corrisponde ad un fallimento di
qualsiasi tentativo di far fronte alla                            28%
crisi climatica ; dal punto di vista
energetico invece potrebbe sembrare
un immagine rassicurante.
                                           Figura 14 Previsione del consumo mondiale di energia primaria nel
                                           2020 (IEA)

                                                                           L’aumento del consumo di energia non
                                                          OCSE
                                                                           corrisponderebbe ad un avvicinarsi
    6,0
                                                                           dello standard dei consumi dei paesi
                                                                           poveri al livello dei paesi ricchi: come
    5,0
                                                          ECONOM IE IN
                                                                           è chiaro dalla figura 14; il consumo di
    4,0
                                                          TRANSIZIONE      energia pro-capite resterà in questo
                                                                           scenario fortemente squilibrato anche
    3,0
                                                          CINA
                                                                           nei prossimi decenni.
    2,0
                                                                           Molti studiosi del settore hanno messo
                                                                           in dubbio la validità delle ipotesi
    1,0
                                                          PAESI IN VIA     dell’IEA, alcune delle quali si sono
    0,0
                                                          DI SVILUPPO
                                                          (esclusa Cina)
                                                                           rivelate     infondate     negli     anni
                 1997                   2020                               immediatamente        successivi.     Ad
                                                                           esempio invece della stabilità del
                                                                         prezzo del petrolio, abbiamo assistito ad
Figura 15 Consumi di energia primaria pro-capite stimati nel 2020 una crescita notevole fino ad un amento
(IEA)
                                                                         del 50 % (il barile è stato quotato oltre i
                                                                         30 $ nel 2000, oltre i 40 $ nel 2004) e
assistiamo a continue fluttuazioni. Il dibattito è molto vivo soprattutto sulla correttezza dell’ipotesi sulla
fornitura assicurata, tenendo conto della molteplicità di stime sulla disponibilità attuale delle risorse. Si tenga
presente inoltre che tutte le previsioni sono fatte ‘Business as usual’ ossia ipotizzando che il mercato segua i
trend attuali e nessuna particolare politica energetica delle nazioni intervenga a modificare l’andamento dei
consumi.
Per il momento assumiamo la validità di queste ipotesi e approfondiamo la lettura dei dati.

                                                                                                                 14

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Le risorse di combustibile liquido disponibili: previsioni al 2030.
L’impressione di assenza di una crisi energetica nei prossimi decenni cade considerando in dettaglio la
fornitura del petrolio: per la sua versatilità e facilità di trasporto è facile immaginare che il petrolio resterà la
fonte principale anche nel prossimo futuro. Nella figura successiva è rappresentata la previsione al 2030
della domanda di energia da combustibili liquidi e l’offerta di petrolio ‘convenzionale’ e ‘non
convenzionale’.
Non c’è un accordo universalmente accettato su come definire il petrolio non convenzionale, generalmente si
fa rientrare in questa categoria il petrolio estratto con processi più costosi dal punto di vista energetico:
               Petrolio estratto dal carbone, dalle sabbie e da scisti bituminosi
               Olio pesante
               Petrolio estratto in acque profonde o in zone polari

Il petrolio convenzionale costituisce circa il 95% del petrolio che è stato prodotto fino ad oggi; l’IEA
suppone che dopo il 2015 non sarà più capace di mantenere questo ruolo (fig. 16), e vi sarà un conseguente
aumento ineliminabile del costo del barile per l’importanza assunta dal petrolio non convenzionale. Nel 2020
invece tutte le risorse note allo stato attuale
non saranno più sufficienti ad assolvere alla
domanda di combustibile liquido, al di là
della questione del costo.
Nonostante tutte le premesse rosee che sono
state spesso criticate, lo scenario proposto
dall’IEA deve introdurre dal 2020 una
fornitura di petrolio non convenzionale
assolutamente ipotetica che da subito dovrà
rendere conto di oltre il 15 % della domanda
mondiale di combustibile liquido (fig. 17).
Per valutare questa ipotetica disponibilità, si
deve tener presente che il nostro attuale
livello di conoscenza della genesi degli
idrocarburi è molto alto; la mappatura delle Figura 16 Previsione della fornitura di combustibili liquidi al
aree geologiche dove è presente un bacino di 2030 (IEA) : in evidenza la fornitura del petrolio convenzionale
combustibili fossili è stata realizzata con e quella dei paesi OPEC e non OPEC.                   (2.3 miliardi di
                                                 barili corrispondono alle riserve accertate di petrolio
ottimi risultati, con le conoscenze oggi
                                                 convenzionale, secondo l’IEA)
disponibili. Circa il 90% del petrolio è stato
individuato in soli 30 sistemi petroliferi, e il
65 % si trova in soli cinque paesi dell’area del Golfo Persico. Ciò da un idea della rarità del verificarsi di
tutte le condizioni che danno luogo alla creazione di un sistema petrolifero. Se comunque fosse possibile
l’individuazione di sistemi del tutto imprevisti, non è affatto probabile che l’entità delle risorse individuate
risulti comparabile con ciò che abbiamo definito ‘petrolio convenzionale’. La stima delle riserve disponibili
di petrolio convenzionale nel 1996 secondo l’IEA è di 2.300 miliardi di barili. Questo dato è messo in
discussione da molte altre voci autorevoli che lo considerano sovrastimato (per l’ENI è di 1.000 miliardi); in
ogni caso per avere un’idea dell’ordine di grandezza, se la popolazione mondiale consumasse al ritmo dei
paesi OCSE (5 TEP l’anno) nel 2020 non avremmo neanche un barile di petrolio convenzionale.
Lo scenario in figura 16 evidenzia un altro dato critico, che sarà ripreso più avanti; prima del 2010 si prevede
che saranno i paesi dell’OPEC a detenere la maggiore quota di produzione mondiale, a fronte di un lento e
inevitabile declino della produzione di greggio di tutto il resto del mondo.

                                                                                                                  15

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Milioni di barili al giorno                                                   1996        2000       2010       2020

Petrolio greggio convenzionale:

          OPEC                                                                17.2        20.1       40.9       45.2

          Non OPEC                                                            45.5        46.6       38.0       27.0

          Totale                                                              62.7        66.7       78.9       72.2

Petrolio non convenzionale da giacimenti identificati2                         9.3        11.6       15.5       20.6

Fornitura di liquido senza includere il petrolio non convenzionale da
                                                                              72.0        78.3       94.5       92.8
giacimenti non identificati

Domanda complessiva di combustibili liquidi                                   72.0        78.3       94.5       110.1

Petrolio non convenzionale da giacimenti non identificati                      0.0         0.0        0.0       17.3

    Figura 17- Domanda di liquidi assolta dal petrolio convenzionale, da quello non convenzionale e da un
    ipotetico petrolio non convenzionale non identificato.
    Per brevità si è parlato esclusivamente del petrolio, ma accenniamo al fatto che il gas naturale e il carbone
    sono anch’essi idrocarburi determinanti nella produzione di energia elettrica; dal punto di vista ambientale
    un utilizzo massiccio del carbone comporterebbe un impatto ambientale disastroso, come si deduce
    facilmente dalla tabella in figura 8. Per quanto riguarda la disponibilità della fonte, sia il carbone che il gas
    naturale sono soggetti al rischio del prossimo esaurimento e non possono essere visti come una soluzione su
    tempi lunghi alla necessità di sostituire le nostre fonti energetiche.

    2
      La definizione dell’IEA è:’Totale in gas naturale liquido, incrementi di lavorazione e petrolio non convenzionale da
    giacimenti identificati’
                                                                                                                        16

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Uno sguardo più asettico
Abbandonando ora la fonte intergovernativa dei
paesi OECD come riferimento, facciamo alcune
considerazioni generali su cosa deve essere
tenuto in conto facendo delle previsioni sul
futuro delle risorse. Intanto è fondamentale
tenere presente, in relazione ad ogni fonte
considerata, che l’estrazione deve essere
preceduta dalla scoperta dei giacimenti. Il tempo
che intercorre tra picco delle scoperte e picco di
estrazione di una risorsa è valutabile in maniera
semplice attraverso le statistiche.

Con picco della scoperta ci si riferisce alla               Figura 18 Scoperte e riserve note di greggio dal 1940 ad oggi
scoperta di tutti i giacimenti più grandi e                                     (Petroconsultants)
quindi più facilmente individuabili: in seguito,
grazie al miglioramento delle tecniche di prospezione ed estrazione vengono scoperti i giacimenti più piccoli
o difficilmente raggiungibili, con un tasso di scoperta che inevitabilmente si riduce a zero. Il tempo
impiegato per raggiungere il picco in una regione dipende ovviamente dalla disponibilità esistente della
risorsa e in maniera minore dalla tecnologia utilizzata. E’ attualmente assodato che la difficoltà di stabilire il
numero e la rilevanza di scoperte di giacimenti nel tempo è stata creata dall’inesattezza delle dichiarazioni
della scoperta di molti giacimenti, legata spesso a motivi commerciali e politici. Cercando di ristabilire a
posteriori la datazione delle scoperte e la reale disponibilità di riserve, la Petrocunsultants di Ginevra (una
delle tre fonti dei dati sugli idrocarburi utilizzati dall’IEA), afferma che il picco di scoperte mondiale è stato
raggiunto intorno agli anni Sessanta (fig. 18).

Quando si raggiunge il picco di estrazione di una risorsa, non si tratta ancora dell’esaurimento ma dell’inizio
di un declino nella possibilità di estrazione. Il tempo che intercorre tra i due picchi è stato individuato per
alcune regioni del mondo che hanno già vissuto entrambi i momenti ma è difficile individuarlo in maniera
univoca. Parliamo comunque di un ordine di grandezza delle decine di anni. In ogni caso il picco di
estrazione viene raggiunto quando circa la metà della riserva disponibile è stata estratta.
A questo punto l’estrazione non prosegue fino
all’esaurimento, ma si interrompe quando l’energia
necessaria ad estrarre la risorsa è superiore al
contenuto energetico di ciò che si estrae. Si dice che in
questa situazione, facendo un bilancio dell’energia, si
ottiene una ‘energia netta’ pari a zero. Questo concetto
è di semplice comprensione se immaginiamo il
processo di estrazione nei pozzi petroliferi. Arriva un
momento in cui il livello del liquido è molto basso e
per raggiungerlo è necessario insufflare vapore,
operazione che ha un notevole costo energetico. Nella
fig. 19 la curva chiara rappresenta appunto l’energia
netta, come differenza tra l’energia che si ottiene e
l’energia necessaria all’estrazione: all’azzeramento la
fonte energetica (source) diventa un ‘pozzo di energia’
(sink). Per questo motivo in un pozzo resta sempre una
quantità che può arrivare fino al 30, 40 % del petrolio
disponibile.

                                                        Figura 19 L'energia che si può ottenere da un giacimento
                                                        deve essere confrontata con l’energia necessaria
                                                        all’estrazione per ottenere il guadagno netto.       17

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                                                        Partendo da queste considerazioni, diversi geologi
                                                        affermano che il quadro che abbiamo di fronte è più
                                                        drammatico di quello presentato dall’IEA e si può
                                                        rappresentare come è illustrato nell’immagine che
                                                        segue, presentata nel 2000 da Colin G. Campbell.
                                                        Tutti gli idrocarburi (petrolio convenzionale, varie
                                                        forme di petrolio non convenzionale, gas naturale
                                                        liquido , gas e gas non convenzionale) superano il
                                                        picco di estrazione entro il 2015. Tanti altri lavori di
                                                        scienziati indipendenti concordano nella stima dei
                                                        tempi. E’ comprensibile che su un argomento
                                                        scottante e preoccupante per l’opinione pubblica e per
                                                        la sicurezza dei paesi, come è la questione della
                                                        fornitura dell’energia non sia facile giungere ad una
Figura 20 Previsione sulla fornitura mondiale di visione comune della questione. E’ meno
idrocarburi   fino al 2050 (C.J. Campbell, 2000) comprensibile invece che non esista in questo settore
(Gboe/a= gigabarili di olio equivalente/anno ; giga = 1 nessun tentativo di affrontare a livello internazionale i
miliardo)                                               problemi con cui ci stiamo confrontando e ci
                                                        confronteremo sempre di più in un futuro prossimo.

  L’assenza della negoziazione sull’energia: le crisi globali e il contesto internazionale.
  Delle crisi globali individuate dall’ONU e riportate in ordine di gravità, solo alcune sono oggetto di un
  tavolo di negoziazione a livello internazionale. Delle primi dieci, (crisi climatica, energetica, deforestazione,
  idrica, demografica , desertificazione, perdita delle biodiversità, crisi agricola, calo delle risorse ittiche) solo
  quattro hanno visto la realizzazione di una Convenzione Quadro (crisi climatica, deforestazione,
  desertificazione e perdita della biodiversità). Dalla Convenzione Quadro all’istituzione di un vero e proprio
  processo negoziale passa ancora molto: solo sulla biodiversità e sulla crisi climatica è già stata istituita la
  Convenzione delle Parti.
  La crisi energetica invece non viene ancora affrontata da un organismo che rappresenti tutti i paesi; l’IEA ad
  esempio è espressione dei paesi dell’OECD, mentre in relazione al petrolio esiste un tavolo di trattative che
  raccoglie i paesi dell’OPEC. Non sembra per ora che vi sia l’intenzione di affrontare la crisi imminente da un
  punto di vista complessivo, nonostante il mondo abbia già vissuto due ‘schok’ petroliferi.
  Per avere un’idea di quale via alternativa al dialogo sia stata scelta, è interessante confrontare una carta
  geografica che evidenzi i giacimenti di petrolio che costituiscono la risorsa per il futuro, le possibili vie che
  gli oleodotti possono percorrere per trasportare la materia prima nelle aree maggiormente industrializzate e i
  conflitti internazionali recenti.

                                  CECENIA
             EX JUGOSLAVIA

                  MACEDONIA

                                                  AFGHANISTAN
                                IRAQ

                                                                                                                   18

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Nella tabella è riportato il valore delle riserve note e del rapporto tra riserve di petrolio ed estrazione al ritmo
attuale, secondo una stima dell’ENI: il dato fornisce un’idea delle regioni che forniranno la materia prima nel
prossimo futuro; si noti anche che le stime ENI sulle riserve note sono molto inferiori a quelle dell’IEA.

              Paese                      Riserve note nel 2000              Rapporto riserve/produzione
                                                (Mldb)                            effettiva (anni)
             Iraq                                112,5                                   100
      Emirati Arabi Uniti                         97,8                                   94
           Kuwait                                  94                                    92
       Arabia Saudita                             261                                    85
             Iran                                 89,7                                   68
         Venezuela                                72,6                                   65
            Libia                                 29,5                                   50
           Nigeria                                22,5                                   31
           Russia                                 48,6                                   22
          Stati Uniti                              21                                    10

Le fonti rinnovabili di energia
Tralasciando per necessità di spazio il nucleare ed i rischi per la sicurezza che esso comporta, le possibilità
alternative agli idrocarburi sono costituite oggi dall’uso delle fonti rinnovabili. Molte delle tecnologie che
sfruttano le fonti rinnovabili sono costose sia in termini economici che in termini energetici. Ad esempio il
fotovoltaico richiede processi industriali energivori per la generazione del materiale base, il silicio in forma
cristallina. Quindi la semplice sostituzione degli idrocarburi con fonti energetiche di diversa natura non è in
grado allo stato attuale di permettere il consumo energetico mondiale che abbiamo visto. E’ probabile che nel
prossimo futuro tale consumo sarà ridotto: resta aperta la questione di quali paesi pagheranno lo scotto della
crisi energetica.
Contrariamente a quanto si pensi, non tutte le fonti che si rinnovano si definiscono rinnovabili. Per rientrare
in questa categoria una fonte energetica si deve rinnovare in un tempo confrontabile con il tempo in cui viene
consumata. Così gli idrocarburi costituirebbero una fonte rinnovabile dato che si possano ricostituire:
bisognerebbe consumare 2000 barili l’anno a fronte di un consumo di oltre 80 milioni al giorno. Rientrano
invece a pieno titolo nella definizione diverse fonti riconducibili all’energia solare: eolico, idroelettrico,
onde e correnti, utilizzo diretto dell’energia solare, biomasse (purchè gli alberi tagliati vengano ripiantati)
e alcune fonti indipendenti dal sole (le maree, il geotermico).
La stessa fonte può essere sfruttata con diverse tecnologie: ad esempio nel caso dell’utilizzo diretto
dell’energia solare esistono tecnologie che sfruttano la radiazione per generare calore (il solare termico per la
generazione di aria o acqua calda, il solare passivo per il riscaldamento o il raffrescamento degli ambienti) e
tecnologie che sfruttano l’energia del sole per generare energia elettrica (fotovoltaico, solare termodinamico
utilizzato ad esempio nelle torri solari).

 Siti ufficiali di riferimento per la questione energetica dei paesi occidentali:
      • www.iea.org
      • www.oecd.org
      • www.eia.doe.org
 Tra i siti indipendenti che danno un panorama sulla questione:
           • www.dieoff.com che contiene lavori di molti geologi e anche scritti non tecnici;
           • www.hubbertpeak.com , sito di un centro studi americano che contiene dati sui picchi di
               scoperte e di estrazione di molti paesi
 Sulle fonti rinnovabili di energia e sul loro utilizzo attuale vedi in italiano:
           • www.isesitalia.it
           • www.puntoenergia.com

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           T.E.R.R.E. – Tecnologie ad Energia Rinnovabile e Risparmio Energetico
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