Il Processo di definizione e gestione del Risk Appetite nelle Assicurazioni Italiane Gruppo di Lavoro "Risk Appetite"
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Il Processo di definizione e gestione del Risk Appetite nelle Assicurazioni Italiane Gruppo di Lavoro “Risk Appetite”
Indice Premessa.................................................................................................................... 3 A. Quadro normativo di riferimento...................................................................... 5 B. La definizione del Risk Appetite ........................................................................... 8 B.1. Definizioni con KPI quantitativi e qualitativi................................................. 10 B.2. Tipologie di definizione del Risk Appetite .................................................... 11 B.2.1. Definizione in termini di rischio-rendimento ......................................... 13 C. La quantificazione del Risk Appetite................................................................ 15 C.1. Processo di approvazione ed attori coinvolti ............................................... 22 D. Il processo di declinazione del Risk Appetite in limiti operativi ....................... 25 D.1. Conversione del Risk Appetite in limiti operativi di Underwriting Risk: un esempio per una compagnia internazionale danni................................................ 26 D.2. Conversione del Risk Appetite in limiti operativi di Rischi Finanziari: un esempio di applicazione metodologica ................................................................. 29 E. Il pricing Risk Adjusted ....................................................................................... 30 F. Processo di monitoraggio del Risk Appetite ....................................................... 31 F.1. Sistema di reporting, metriche e strumenti per il monitoraggio .................. 31 F.2. Sistema di early warning .............................................................................. 33 G. Processo decisionale e principali criticità ........................................................... 35 G.1. Blocchi decisionali per la definizione di un sistema di Risk Appetite ............ 35 G.2. Roadmap implementativa......................................................................... 37 Contatti .................................................................................................................... 38 2
Premessa Il presente documento ha lo scopo di proporre a livello di sistema assicurativo italiano una definizione di Risk Appetite e dei relativi processi aziendali condivisa dal gruppo di lavoro che, oltre a essere coerente con i requirements normativi: - possa essere adattata e implementata nelle diverse realtà assicurative; - permetta il soddisfacimento delle aspettative rischio/rendimento di tutti gli stakeholders della Compagnia e la loro integrazione con i processi di pianificazione, risk management e di gestione operativa quotidiana del business; - consenta l’orientamento della gestione della Compagnia alla massimizzazione del valore nel tempo in coerenza con l’appetito per il rischio definito. Il documento si pone l’obiettivo di definire una “opinion” del mondo assicurativo sul Risk Appetite che sia la base di partenza per giungere, in coerenza con quanto fatto nel mondo bancario, ad un eventuale sviluppo di una ”opinion” a livello di complessivo sistema finanziario italiano. In ambito bancario, un primo approccio al tema del Risk Appetite risale al Libro Bianco Pillar II1 in cui si sottolinea che “al fine di poter impostare una corretta definizione del proprio ICAAP e valutarne la ragionevolezza dei risultati in rapporto alle proprie strategie e contesto operativo è necessario che la banca stabilisca in modo preciso: - la propria definizione interna di capitale complessivo, ovvero la somma degli elementi patrimoniali che la banca ritiene utilizzabili per fronteggiare i rischi a cui è esposta; - la propria propensione al rischio, ovvero l’ammontare complessivo di capitale che la banca è disposta a destinare alla copertura dei rischi. Il concetto di propensione al rischio è ripreso dal concetto anglosassone di Risk Appetite e può essere espresso in vari modi. Pertanto, la propensione al rischio definisce il capitale interno complessivo target (o massimo)”. Nella lettura del documento che segue vanno tenuti in considerazione i seguenti aspetti: - Si tratta di spunti di riflessione su come definire il processo del Risk Appetite: quindi ogni singola realtà assicurativa dovrà inevitabilmente effettuare un processo di adattamento alle proprie caratteristiche peculiari. L’eterogeneità delle soluzioni organizzative, della dimensione e della complessità di ciascuna Compagnia implicano, inoltre, che la concreta definizione del Risk Appetite debba sempre avvenire secondo il principio di proporzionalità; - Il presente documento avrà un approccio soprattutto gestionale con un focus specifico sul processo di definizione della propensione al rischio e su come renderlo efficace ed operativo attraverso la declinazione in limiti di dettaglio ed il relativo monitoraggio; - È opportuno specificare che nel testo quando si elencano gli attori coinvolti nella definizione del Risk Appetite lo si fa considerando la “funzione” svolta all’interno del processo di definizione del Risk Appetite e non facendo riferimento a chi detiene la titolarità del compito. 1 Bancaria Editrice - 2008 3
A tal fine si possono individuare alcune domande chiave alle quali ogni compagnia assicurativa deve dare una risposta per affrontare in maniera strutturata la tematica del Risk Appetite: - Quali KPI quantitativi e qualitativi per definire il Risk Appetite? - Come “quantificarne” il valore? - Quali attori sono coinvolti nel processo di definizione ed approvazione? - Come declinare il Risk Appetite in limiti operativi? - Come monitorare gli obiettivi ed i limiti del Risk Appetite? 4
A. Quadro normativo di riferimento Il concetto di Risk Appetite, a livello normativo, anche prima dell’introduzione di Solvency II era già in parte presente nella normativa vigente italiana, attraverso la definizione di: modalità operative per la gestione del rischio di credito all’interno delle più ampie disposizioni in materia di riassicurazione passiva (ISVAP: circolare n° 574/D del 23 dicembre 2005): - “[…] la strategia di contenimento dei rischi e di equilibrio del portafoglio, attuata mediante l’acquisizione di coperture riassicurative, è oggetto di una specifica delibera quadro adottata dal Consiglio di amministrazione dell’impresa, che impartisce le linee guida per la riassicurazione e ne verifica l’applicazione da parte dell’alta direzione […]” - “[…] la delibera quadro fornisce, in particolare, indicazione del livello netto di ritenzione dei rischi ricercato, le caratteristiche delle coperture riassicurative che l’impresa intende stipulare, gli obiettivi e la congruenza delle stesse ai fini della copertura dei rischi assunti […]” - “[…] il Consiglio di amministrazione fornisce chiara indicazione del livello di rating e dell’impegno complessivo su base individuale e di gruppo richiesto - anche in relazione alla durata dei rischi ceduti (affari long-tail) - e conseguentemente del rischio di controparte che intende accettare, utilizzando i parametri adottati dalle più importanti agenzie di rating […]” ruoli e responsabilità nella definizione e presidio della tolleranza per il rischio (ISVAP: Regolamento n° 20 del 26 marzo 2008): - “[…] l’organo amministrativo nell’ambito dei compiti di indirizzo strategico e organizzativo di cui all’articolo 2381 del codice civile: […] definisce e, almeno una volta l’anno, valuta ai fini dell’eventuale revisione le strategie e le politiche di assunzione, valutazione e gestione dei rischi maggiormente significativi, in coerenza con il livello di adeguatezza patrimoniale dell’impresa; sulla base dei risultati dei processi di individuazione e valutazione dei rischi, fissa i livelli di tolleranza al rischio e li rivede almeno una volta l’anno […]” - “[…] l’Alta Direzione: […] attua le politiche di assunzione, valutazione e gestione dei rischi fissate dall’organo amministrativo, assicurando la definizione di limiti operativi e la tempestiva verifica dei limiti medesimi, nonché il monitoraggio delle esposizioni ai rischi e il rispetto dei livelli di tolleranza […]” - “[…] le imprese definiscono procedure in grado di evidenziare con tempestività l’insorgere di rischi che possono danneggiare la situazione patrimoniale ed economica o il superamento delle soglie di tolleranza fissate […]” nuovi principi normativi per le compagnie assicurative con la pubblicazione, a fine 2009, della direttiva europea 2009/138/CE (comunemente conosciuta come Solvency 2) che: - stabilisce che le Compagnie assicurative devono condurre, nell'ambito del proprio sistema di gestione dei rischi, la valutazione interna del rischio e della solvibilità (processo ORSA – Own Risk and Solvency Assessment) (art. 45: “Nell’ambito del proprio sistema di gestione dei rischi ogni impresa di assicurazione e impresa di riassicurazione procede alla valutazione interna del rischio e della solvibilità”). Tale valutazione deve riguardare il fabbisogno di solvibilità globale tenuto conto del profilo 5
di rischio specifico, dei limiti di tolleranza del rischio approvati dal consiglio di amministrazione e della strategia operativa dell'impresa; la filosofia dell’accordo e’ di avvicinare, sia con modello interno sia con standard, i requisiti patrimoniali all’effettiva rischiosita’ delle aree di business della compagnia; - introduce un nuovo requisito patrimoniale di solvibilità (SCR – Solvency Capital Requirement) corrispondente al capitale economico che un'impresa deve detenere per limitare la probabilità di rovina allo 0,5%, vale a dire una volta ogni 200 anni (artt. 100- 101: “Gli Stati membri prescrivono che le imprese di assicurazione e di riassicurazione detengano fondi propri ammissibili tali da coprire il requisito patrimoniale di solvibilità. […]Il requisito patrimoniale di solvibilità è calibrato in modo da garantire che siano presi in considerazione tutti i rischi quantificabili cui è esposta un’impresa di assicurazione o di riassicurazione”); - permette alle Compagnie di utilizzare un modello interno per il calcolo del requisito patrimoniale di solvibilità (art. 100: “Il requisito patrimoniale di solvibilità è calcolato utilizzando la formula standard […] o un modello interno […]”). L'uso dei modelli interni è soggetto all'approvazione delle autorità di vigilanza, previa presentazione di apposita richiesta da parte della Compagnia che dimostri che sono rispettati i requisiti previsti in direttiva, vale a dire la prova dell'utilizzo (use test) e gli standard di qualità statistica, di calibrazione, di convalida e di documentazione; - allarga il perimetro di informazioni che devono essere rese pubbliche agli stakeholders. In particolare si riferisce ai nuovi criteri di valutazione di attività e riserve tecniche, agli aspetti di governance dai requisiti patrimoniali al risk management per coprire, in sostanza, tutte le aree della gestione assicurativa (art. 51: “Gli Stati membri, […] prescrivono alle imprese di assicurazione e di riassicurazione di pubblicare una relazione annuale sulla loro solvibilità e condizione finanziaria. […] Tale relazione contiene le seguenti informazioni […]: una descrizione dell’attività; una descrizione del sistema di governance […]; una descrizione, effettuata separatamente per ciascuna categoria di rischio, dell’esposizione al rischio, delle concentrazioni di rischio, dell’attenuazione del rischio e della sensibilità al rischio; una descrizione, effettuata separatamente per le attività, le riserve tecniche e le altre passività, delle basi e dei metodi utilizzati per la loro valutazione […]; una descrizione della gestione del capitale […]. ”). ruoli e responsabilità nella definizione e presidio della tolleranza per il rischio con specifico focus in materia di investimenti a copertura delle riserve tecniche (ISVAP: Regolamento n° 36 del 31 gennaio 2011): - “[…] nell’ambito dei compiti di indirizzo strategico ed organizzativo di cui all’articolo 2381 del codice civile l’organo amministrativo definisce, con la delibera di cui all’articolo 8, la politica degli investimenti prevista dall’articolo 4 e ne valuta, con cadenza almeno annuale, l’adeguatezza in relazione alla complessiva attività svolta dall’impresa, alla tolleranza al rischio ed al livello di patrimonializzazione posseduto […]” - “[…] l’alta direzione è responsabile, sulla base delle direttive impartite dall’organo amministrativo, dell’attuazione, del mantenimento e del monitoraggio della politica degli investimenti. In particolare, l’alta direzione, nel rispetto della delibera di cui all’articolo 8 e dei criteri dettati dal Regolamento ISVAP n. 20 del 26 marzo 2008 […] specifica e formalizza, anche con il contributo della funzione di risk management, ogni altra restrizione da assegnare alle strutture operative, quali i limiti di diversificazione, 6
quelli di tolleranza al rischio e quelli che attengono alla delimitazione delle controparti utilizzabili per la negoziazione. In tale ambito, separata e specifica evidenza è fornita con riguardo ai limiti di operatività sugli strumenti finanziari derivati […]” - “[…] la politica degli investimenti è oggetto di una specifica delibera quadro adottata dall’organo amministrativo e rivista almeno una volta l’anno che impartisce, in funzione della dimensione, della natura e complessità dell’attività svolta, le linee guida in materia di investimenti, tenendo conto dei requisiti e dei limiti fissati dal decreto e dal presente Regolamento. Tale delibera, che tiene conto del profilo di rischio delle passività detenute per assicurare la gestione integrata di attivo e passivo, contiene almeno i seguenti elementi: […] politiche generali di impiego degli strumenti finanziari derivati, ivi compresi i prodotti strutturati, che tengano conto della complessiva situazione economica, patrimoniale e finanziaria, attuale e prospettica, dell’impresa. In particolare sono specificate le finalità, le modalità operative e i limiti di utilizzazione, ivi incluso il livello di tolleranza ai rischi sulle posizioni assunte e sul complessivo portafoglio gestito, tenendo conto delle correlazioni esistenti tra gli strumenti medesimi e le attività/passività detenute […]” In tale nuovo contesto normativo, sempre più concentrato sui temi della qualità nella gestione dei rischi e della solidità dei controlli interni e degli Organi di Vigilanza, i processi di definizione, condivisione e declinazione in limiti operativi del Risk Appetite e di integrazione nei processi decisionali (strategici e gestionali), e le attività di monitoraggio dei rischi assumono un ruolo centrale nella gestione delle Compagnie assicurative. 7
B. La definizione del Risk Appetite La prima domanda che ogni istituzione finanziaria si deve porre è “Perché definire il Risk Appetite?”. La risposta a tale domanda non può non essere strettamente connessa all’altra domanda che l’istituzione finanziaria deve porsi: “Quali obiettivi si vogliono raggiungere con la definizione del Risk Appetite?” La corretta formalizzazione del Risk Appetite ha innumerevoli impatti sulla gestione della Compagnia: - è funzionale alla soddisfazione dei bisogni degli stakeholders ed alla comunicazione nei loro confronti. Permette di fornire una risposta concreta a diversi bisogni; solo per citarne alcuni: dall’obiettivo di massimizzazione dei profitti con un basso livello di volatilità richiesto dagli azionisti, all’ottenimento di un ritorno minimo per gli assicurati nel caso di una Compagnia Vita, fino alla garanzia di sufficiente liquidità per poter far fronte all’eventuale insorgere ed al pagamento dei sinistri per gli assicurati di una Compagnia Danni; - assicura un corretto allineamento dei driver e dell’operatività della Compagnia per il raggiungimento degli obiettivi strategici prefissati; - indirizza il processo decisionale strategico e di allocazione del capitale; - è funzionale alla definizione di un sistema di limiti operativi (in particolare ma non solo sui rischi tecnici e sui rischi finanziari), coerente a tutti i livelli della Compagnia e funzionale al rispetto degli obiettivi di Risk Appetite definiti, al fine di garantire che su una determinata fattispecie di rischio non sia superata una “perdita massima” definita; - aiuta a guidare la declinazione degli obiettivi strategici tra le diverse aree di business durante il processo decisionale e di budget; - garantisce un’adeguata solvibilità, capitalizzazione ed un sufficiente livello di liquidità; - permette di “ragionare” sui rischi reputazionali che la Compagnia vuole affrontare. In considerazione dell’ampio numero di stakeholder interessati è evidente che il processo di definizione del Risk Appetite è molto complesso e necessita di analisi e strumenti sofisticati. Tuttavia, in accordo con il principio di proporzionalità definito nella normativa, la fase di definizione del Risk Appetite può assumere diversi livelli di complessità in funzione della dimensione della Compagnia e del suo business mix. Per entrare realmente nei processi, nella gestione e nell’organizzazione di una Compagnia, il Risk Appetite deve potersi integrare effettivamente con il processo di allocazione del capitale e di budget fino alla definizione di specifici limiti operativi e all’indirizzo delle singole decisioni operative e deve essere monitorabile in maniera efficace (Figura 1). E’ necessario pertanto individuare attentamente quali siano gli attori che devono essere coinvolti nella definizione del Risk Appetite ed evidenziare i benefici derivanti da una sua corretta definizione. 8
Risk Appetite Capitale economico/ regolamentare Limiti operativi Definire e ... dall’altra, modellizzare il sviluppare il Risk Appetite modello e stilare significa da una la reportistica parte a vari livelli internalizzare il rischio nel processo decisionale … Figura 1 Struttura logica per la declinazione del Risk Appetite in limiti operativi Con l’introduzione di Solvency II, il processo di definizione ed implementazione del Risk Appetite assume un ruolo fondamentale; oltre ad attribuire la responsabilità dell’approvazione del Risk Appetite all’Organo Amministrativo (così come chiaramente definito già dal Regolamento ISVAP n° 20), la normativa, tramite la richiesta di attivazione del processo ORSA (“Own Risk and Solvency Assessment”), richiede alle Compagnie di dare la giusta rilevanza alla definizione del Risk Appetite, sia in termini di tempo che di qualità delle risorse. Figura 2 Definizione Risk Appetite 9
• Figura 2 mostra un framework logico applicabile al progetto ORSA. Come si evince, la fase di definizione del Risk Appetite è centrale nel processo: solamente dopo aver identificato i principali rischi che si ritiene opportuno considerare ed aver stimato i requisiti interni di capitale per ciascuna tipologia di rischio, è possibile avviare la fase di definizione del Risk Appetite con, tra gli altri, l’obiettivo di definire quali debbano essere i principi di gestione dei rischi all’interno della Compagnia. Al termine di tale fase si può procedere con la fase di capital planning, budgeting ed allocation, e con le successive fasi di monitoraggio e reporting. Una oculata e strutturata fase di definizione del Risk appetite è, quindi, conditio sine qua non per un’efficiente implementazione del processo ORSA. B.1. Definizioni con KPI quantitativi e qualitativi Nell’ambito del Gruppo di Lavoro sono stati identificati i principali KPI2 ritenuti utili per la definizione del Risk Appetite. Sebbene nell’individuare gli indicatori di riferimento per ciascuna compagnia si sia manifestata una forte eterogeneità nell’esplicitazione della propensione al rischio (ogni realtà ha delle caratteristiche peculiari), i principali indicatori emersi si possono riassumere nelle seguenti tipologie: - Indicatori quantitativi, suddivisibili in tre macro categorie: Indicatori di capitale: finalizzati al rispetto dei vincoli regolamentari di solvibilità e di copertura delle riserve tecniche; Indicatori di rischio-rendimento: focalizzati ad assicurare il rispetto delle aspettative di mercato e delle previsioni aziendali strategiche in termini di performance; Indicatori di liquidità: finalizzati al mantenimento di opportuni livelli di asset facilmente liquidabili; - Indicatori qualitativi: focalizzati a garantire la reputazione del brand e ad evitare l’esposizione della Compagnia a rischi reputazionali (es. garanzia della continuità aziendale, garanzia della copertura verso i clienti, “forza” del brand, …). Si noti come gli indicatori individuati siano prevalentemente di tipo quantitativo rispetto a quelli di tipo qualitativo (Figura 3). Nonostante ciò, se i criteri di definizione del Risk Appetite devono essere molto chiari, capaci di implementare nel concreto gli obiettivi strategici di rischio/rendimento prefissati, l’esplicitazione di tali obiettivi deve avvenire tramite precise indicazioni sia quantitative (con lo scopo di poter misurare e verificare, nel continuo, il loro conseguimento) che qualitative (con lo scopo di integrare le pure misure di rischio con considerazioni, che pur non misurabili, sono di completo rilievo). 2 KPI: Key Performance Indicators 10
Indicatori Quantitativi Indicatori Qualitativi Indicatori di Capitale • Solvency I Ratio • Solvency II Ratio • Capitale Economico e Probabilità di Default • ... Indicatori di Rendimento Indicatori Reputazionali • Utili Attesi • Garanzia copertura verso clienti • Rendimento Atteso su Capitale Economico • Garanzia della continuità aziendale • Volatilità dei Profitti • Protezione del brand • ... • ... Indicatori di Liquidità • Rapporto Assets liquidi su Asset totali • Riserve Cash • Contributi dagli azionisti • ... Figura 3 Indicatori quantitativi e qualitativi per la definizione del Risk Appetite (industry practice) B.2. Tipologie di definizione del Risk Appetite In primissima approssimazione possiamo definire il Risk Appetite come l’ammontare massimo di capitale che una Compagnia è disposta a mettere a disposizione per la copertura dei rischi a fronte di un determinato rendimento atteso. Si tenta talora di definire il Risk Appetite in funzione del capitale complessivo e/o del capitale interno complessivo: - il capitale complessivo fa riferimento al concetto di capitale disponibile e descrive sostanzialmente la tolleranza al rischio o la capacità di sopportare rischio; - il capitale interno complessivo (nella vecchia accezione si sarebbe detto capitale assorbito) può essere sia effettivo sia target; in entrambi i casi la definizione deve includere un buffer di capitale in modo da far fronte ad eventuali eventi non previsti; In questo senso il Risk Appetite è più vicino al capitale interno complessivo target o massimo che a sua volta è funzione del business della Compagnia e del profilo di rischio da questa assunto. Si ritiene però importante sottolineare che il Risk Appetite pur concernendo i livelli di assunzione di rischio desiderati dalla Compagnia, dovrebbe riflettere una posizione efficiente di rischio-rendimento. Il Risk Appetite deve rappresentare quindi il massimo livello di rischio tollerabile per il raggiungimento degli obiettivi di ritorno pianificati. La definizione del Risk Appetite può assumere varie forme e diversi livelli di complessità in funzione della cultura aziendale, della filosofia della Compagnia, delle sue dimensioni, della tipologia di Business, degli obiettivi del suo azionariato e del suo management. 11
Le Compagnie di più piccola dimensione (es. riserve tecniche vita < 1bn / premi danni < 100m) sono prevalentemente orientate ad una definizione di Risk Appetite che si muova nel perimetro di adeguatezza regolamentare. Tale approccio, adeguato in un’ottica di compliance con le richieste dell’Autorità di Vigilanza, potrebbe non rappresentare, tuttavia, una soluzione ottimale in ottica di efficacia gestionale per rendere i rischi parte della gestione operativa. La definizione della propensione al rischio di un istituto assicurativo deve costituire, a prescindere dalla dimensione e complessità della compagnia, un processo, che partendo da obiettivi strategici di sintesi consenta un supporto effettivo agli organi di governo, nella pianificazione e nel controllo dell’attività. Le grandezze individuate devono garantire, inoltre, un impatto pragmatico sulla struttura, sull’organizzazione e la gestione della compagnia assicurativa. Una componente di innovazione sulle metriche e di solidità di processo di definizione permette l’introduzione di metriche di Risk Appetite sempre più complesse e evolute sino a una definizione di Risk Appetite che tenga conto del trend atteso dal profilo di rischio-rendimento della Compagnia. Nella Figura 4, che segue, viene illustrata la possibile evoluzione di tali metriche in relazione ad una crescente complessità delle stesse e della loro completezza in termini metodologici. Livello di complessità Esempi di definizione di Risk Appetite Definizione Base Basso Solvency I ratio Solvency II ratio Definizione con KPI quantitativi Capitale economico e probabilità di default Mix per tipologia di rischio Volatilità dei profitti Capitale a rischio …. Integrazione con KPI qualitativi Target Rating per la Compagnia Rating della controparte Black list di paesi in cui investire Garanzia copertura verso i clienti Brand protection Rapporto asset liquidi su asset totali Riserve cash … Definizione Rischio -Rendimento Rendimento atteso a fronte del capitale allocato … Definizione Pluriennale Definizione di Risk Appetite che incorpori l’evoluzione attesa del profilo di rischio-rendimento e di business della Compagnia Alto Embedded value actual e target Figura 4 Definizione Risk Appetite 12
A fronte di una complessità crescente, l’utilizzo di KPI quantitativi e qualitativi, l’approccio rischio-rendimento e la pianificazione pluriennale, garantiscono una stima della solvibilità della Compagnia più precisa e maggiormente adeguata alle peculiarità della Compagnia stessa. Inoltre, nei Gruppi di particolare complessità e dimensione, risulta necessario fissare il risk appetite (e a seguire limiti di rischio) a livello consolidato per poi declinarlo e articolarlo sulle principali Legal Entities / Business Unit in funzione del modello di business e del presidio geografico. B.2.1. Definizione in termini di rischio-rendimento In una definizione avanzata e completa di Risk Appetite il profilo di rischio deve essere sempre associato al concetto di rendimento. Esplicitare un certo livello di Risk Appetite, significa dover scegliere quale posizionamento si vuole raggiungere all’interno della frontiera efficiente rispetto alle possibili configurazioni esistenti di rischio/rendimento. In ambito assicurativo, rispetto a quello bancario, risulta maggiormente complesso individuare la frontiera efficiente. Infatti i metodi tradizionali di valutazione (es. utile di bilancio, EBITDA, …) non sono adatti a misurare l’effettivo valore creato dalla Compagnia a causa delle specificità del business: Ciclo economico invertito (cash in - raccolta premi - antecedente al cash out - pagamento sinistri - che riduce il rischio di shock di liquidità). Per tale motivo Solvency 2 introduce misure anticicliche come, ad esempio, il liquidity premium da aggiungere al tasso risk free con cui si scontano le riserve tecniche; Incertezza sui cash flow futuri dovuta anche a fattori esogeni alla Compagnia (es. variazioni nel timing, nella frequenza e nella severity dei sinistri, variazioni nella tempistica di liquidazione dei sinistri e delle spese, variazioni regolamentari, …); Presenza di rischi asimmetrici puri non hedgeable: come ad esempio i rischi tecnici di tariffazione e riservazione; Forte correlazione tra i rischi: si pensi ad esempio alle correlazioni tra rami all’interno dello stesso rischio (costi medi, frequenze, …); Metriche peculiari per il calcolo del rendimento: necessità di presidiare (e conciliare) nell’ambito del processo di ottimizzazione rischio/rendimento, il calcolo dei rendimenti finalizzati a diversi obiettivi (Bilancio S2, IFRS/IAS, Civilistico, rendimenti delle Gestioni Separate, Bilancio Fiscale, …); Valore multi periodale: quale ulteriore elemento di differenziazione (nonché di complessità). Dunque, al fine di individuare la frontiera efficiente con la migliore approssimazione possibile, risulta necessario fare delle assunzioni sulla base dei dati storici aziendali e dell’esperienza del management. La definizione del Risk Appetite in funzione del posizionamento in termini di Rischio - Rendimento permette di integrare maggiormente e rendere maggiormente dialettici e parlanti il processo di definizione del Risk Appetite e quello di Capital Allocation in quanto viene garantita una maggiore disponibilità di capitale alle unità di business/ai fattori di rischio con obiettivi di rendimento (e/o 13
rendimenti storici) più alti e quindi più profittevoli. Con tale processo si massimizza la redditività della Compagnia a fronte di una risorsa scarsa come il Capitale. A titolo di esempio in Figura 5 si riporta una proposta di “cruscotto quantitativo” per la definizione del Risk Appetite in termini di Rischio-Rendimento. Per ciascuna tipologia di rischio si identifica il capitale economico allocato ed i limiti a questo associati. Tale cruscotto assume una particolare importanza durante la fase di monitoraggio. Risk appetite aggregato • La Banca cercherà di mantenere un Capitale economico(EC) sufficiente ad assicurare al 99.50% - 99.75% che l’istituzione rimanga solvibile Livello di confidenza target - Il capitale economico è definito come l’ammontare di capitale che un’istituzione deve avere per mantenere una certa probabilità di essere EC su un anno solvibile - Il capitale economico incorpora tutti gli ampi rischi delle banche, con l’eccezione del rischio di liquidità (con affiancati degli indicatori di Range liquidità) 99.50% - 99.75% - Il capitale economico reale viene misurato rispetto al capitale economico richiesto per determinarne l’intervallo di confidenza Rischio di credito Rischio di mercato Rischio liquidità EC* Limiti di investimento (limiti % EC) EC* Linee guida portafoglio Stress tests Corporates % Retail % Liquidità in ~70% ~10% VAR xyz rating eccesso SMEs % Finanza % sotto stress Rendimento strutturata Rendimento Asset Classes: Stress Real Estate % Sovereign % Asset Rating: scenarios € € Derivati credito (giorni) Limiti qualitativi : .... … Rischio assicurativo Rischio operativo EC* Limiti tolleranza assicurazione EC* Soglie espozione per escalation e revisione Limite depositi annuity $ ~5% ~10% Riferito al CdA $ Azione di Target pricing ROI % rimedio $ Rendimento Rendimento aggiuntiva (TBD) Limite EC $ Azione di rimedio aggiuntiva (TBD) $ € € Limite valore nominale polizze vita $ * Sanitizzato per rappresentare % di allocazione del capitale economico totale non diversificato Figura 5 Cruscotto di monitoraggio del Risk Appetite 14
C. La quantificazione del Risk Appetite La metodologia di definizione del Risk Appetite prevede un processo prevalentemente “top- down” che, attraverso analisi interne ed esterne, definisca il posizionamento obiettivo della Compagnia. La metodologia di definizione deve essere completa e proporzionale alle dimensioni e alla complessità della Compagnia al fine di definire puntualmente le metriche e l’approccio del framework di Risk Appetite e di agevolare la declinazione delle stesse in strumenti gestionali (limiti operativi, meccanismi decisionali, strumenti di monitoraggio, sistemi di “early warning”, etc.). La metodologia di definizione del Risk Appetite prevede cinque fasi principali (riassunte in Figura 6): A. Assessment interno: storico ed as-is B. Benchmarking C. Analisi business mix e compatibilità con Risk Appetite D. Analisi capitale in eccesso E. Definizione del posizionamento in termini di Risk Appetite A B C D E Assessment interno Analisi business Definizione del storico ed As-Is mix e Analisi capitale in posizionamento in Benchmarking (proxy implicita del Risk compatibilità con eccesso termini di Risk Appetite) risk appetite Appetite Per formance Historical mapping on: return (μ) Timefr ame BU1 BU 1 Diversif. Quali & BU 1 Quanti Total assets limits effect • Historical (i.e. Company reports) X Capital X Expected • Prospective (i.e. Analyst Allocated Return reports) + Allocated Capital Drivers BU2 BU 2 Diversif. Quali & BU 2 Quanti effect • Economic capital limits • Regulatory capital X Capital X Expected Allocated Return • Market Capitalisation Total evolution + expected BU3 BU 3 return Diversif. Quali & BU 3 Quanti effect limits X Capital X Expected Commercial • Which is the right risk / Allocated Return Banks Client return profile and positioning? Investment + Banking • Which are the necessary BU... BU... Diver sif. Quali & BU 3 Quanti effect limits actions to improve Asset Mgmt X Capital X Expected positioning? Others Allocated Return Economic capital Total Assets • Introduzione di un • Conduzione di un • Definizione di una • Identificazione di • Definizione Risk frame di Risk Appetite benchmarking “frontiera efficiente” livelli di capitale Appetite considerando: alla base di un esercizio esterno con le teorica per il business adeguati da - Filosofia di rischio di benchmarking interno principali isitituzioni mix tra BUs utilizzando: impiegare nel business - Combinazioni di di dettaglio sia storico finanziarie sul profilo - Assessment (e capitale in eccesso rischio rendimento che as-is rischio/rendimento interno da “accumulare”) definite (incluse • Quantificazione del valutando: - Evidenze del considerando: considerazioni sul profilo dettagliato di - Business mix e benchmarking - Trade-off analisi livello di EaR) rischio/rendimento del posizionamento esterna sul - Limiti considerati dei princiapli • Verifica e capitale in eccesso Gruppo per linea di integrazione dei - Ammontare di attività e BU players e targets di rating limits da considerare capitale da • Comprensione di - Rendimenti storici - Definizione impiegare (incluse e attesi • Definizione possibili implicazioni dettaglio di: business mix e considerazioni su - Rischi gestiti / capitale in eccesso CaR) e capitale in - Tipologia di rischi combinazioni di percepiti dal richiesto, rating, e eccesso da gestiti dalla BU allocazione del capitale mercato costo del debito accumulare - Ammontare di fra le BUs sulla base di: rischio da gestire • Valutazione del - Verifiche di - Rendimento atteso - Dati quantitativi a coerenza con - Limiti in utilizzo posizionamento vs. supporto dagli azionisti competitors in termini ritorni attesi dagli - Correlazioni su di profilo rischio - Avversione al azionisti rischi e performance rendimento e identifica- rischio degli BU zione di eventuali aree azionisti e del top - ... di intervento management Figura 6 Definizione Top Down del Risk Appetite 15
A. Assessment interno: storico ed as-is Il primo passo per l’assessment interno è la definizione del framework di Risk Appetite (in termini di metriche e dimensioni rilevanti di analisi) secondo quanto descritto nel capitolo B. Sulla base dei Key Performance Driver e degli aspetti qualitativi definiti, l’assessment prevede un esercizio di benchmarking interno del profilo di rischio-rendimento per singola linea di attività e Business Unit e/o fattore di rischio. In funzione dei dati storici disponibili tale benchmark può venire esteso agli anni precedenti. Tale analisi permette di capire dove poter intervenire in caso di squilibrio generale o opportunità di ottimizzazione. Il benchmarking interno può essere svolto attraverso un percorso progressivo di articolazione di dettaglio, partendo da un livello consolidato ed articolando le analisi nei dettagli necessari in release successive. In particolare l’esercizio prevede il mapping delle principali metriche (rendimento assoluto e peso sul rendimento totale, capitale economico allocato ed assorbito, limiti quantitativi, etc.) e la definizione del livello di rilevanza per la singola Business Unit della Compagnia. Infine per una valutazione complessiva del profilo di Risk Appetite è necessario valutare i benefici derivanti dalla diversificazione del portafoglio tra rischi e business. L’effetto di diversificazione sul totale della Compagnia dipende dagli asset/liability posseduti e dalla loro correlazione, che rappresenta una componente fondamentale nell’allocazione del capitale in quanto di particolare rilevanza nella misurazione del capitale complessivo (a differenze del mondo Bancario in cui l’effetto diversificazione è più contenuto). L’allocazione di tale effetto tra le Business Unit può seguire logiche diverse: - può essere allocato alle singole Business Unit in funzione di parametri prestabiliti (totale rischio contenuto, dell’effetto diversificazione all’interno della singola Business Unit, etc.); - può essere mantenuto e conseguentemente gestito a livello di capogruppo / direzione centrale, rappresentando di fatto un buffer di capitale; - può essere allocato come premio alle sole Business Unit che hanno conseguito un importante effetto di diversificazione dei rischi (soluzione intermedia) - può essere gestito con un processo dinamico allocando parte dell’effetto diversificazione (o concentrazione) alle business unit e parte alla funzione di active balance-sheet management che gestisce gli scostamenti dagli obiettivi. L’analisi di rischio-rendimento per singola Business Unit deve essere ripetuto annualmente analizzando anche gli scostamenti rispetto all’esercizio, e permette di comprendere il profilo di rischio-rendimento attuale e storico della Compagnia e di confrontarlo con gli altri operatori in ottica di benchmarking. 16
Attività da svolgere annualmente Anno0 Anno 1 Anno 2 Rendimento • Rendimento assoluto • % rendimento su rendimento totale Ratio • RORAC Capitale allocato ed assorbito • Capitale assoluto • % capitale Limiti • Quantitativi Rilevanza del rischio Alta Media Bassa Non • Qualitativi presente Figura 7 Assessment Interno Storico ed As- Is B. Benchmarking La scelta del posizionamento di Risk Appetite della Compagnia non può prescindere dalla valutazione del posizionamento degli altri “players” di mercato, ponendo particolare attenzione ai competitor diretti per tipologia di business mix, dimensione e canali distributivi. Al fine di effettuare un esercizio di benchmark esterno è utile identificare: - il profilo di rischio-rendimento degli altri “player”; - il business mix del campione utilizzato per l’analisi. Il mapping del profilo di rischio-rendimento sarà effettuato sia a livello storico, per analizzare i trend evolutivi della Compagnia rispetto agli altri “player”, sia a livello prospettico per verificare come il “mercato” sta influenzando il posizionamento degli altri “player” e come questi stanno “rispondendo” ai trend prospettici. Differenze sostanziali tra il profilo di rischio-rendimento della Compagnia rispetto agli altri player possono essere riconducibili a: - differenti business mix; - differente copertura geografica / mercato di riferimento; - differenti politiche di aggressione di alcuni mercati in termini di pricing o rischi assunti; - differenti canali di vendita; - capacità e performance gestionali sulle diverse aree di business; - altri fattori endogeni o esogeni al mercato. 17
Una completa e puntuale analisi di benchmark storico e prospettico del profilo di rischio- rendimento è un elemento importante per una definizione consapevole degli obiettivi e dei limiti di Risk Appetite. Il monitoraggio continuo del posizionamento rispetto ai competitor e delle motivazioni di eventuali differenze (attraverso funzioni dedicate al benchmarking interno ed esterno) permette, inoltre, di identificare le aree di ottimizzazione della Compagnia costruendo strategie di intervento specifiche. Serie storica dei rendimenti (μ) Mappatura performance Totale attivo su: Tempistica • Storico (i.e. Report delle aziende) • Prospettico (i.e. Report degli analisti) Drivers • Capitale economico • Capitale regolamentare • Evoluzione capitalizzazione di mercato Banche commerciali • Qual’è il giusto profilo e posizionamento rischio / Cliente Investment Banking rendimento? • Quali sono le azioni necessarie Asset Mgmt per migliorare il posizionamento? .... Capitale Economico Totale Attivo Possibilità di usare metriche Principali ragioni per un diverso differenti come Capitale regolamentare e β di mercato posizionamento: - Differente mix di business - Rendimento più basso in alcuni business - ... Figura 8 Benchmarking C. Analisi business mix e compatibilità con Risk Appetite Sulla base delle evidenze dell’assessment interno e delle evidenze dell’analisi di benchmark è possibile analizzare in senso critico il business mix e definire gli obiettivi di allocazione del capitale e del rischio. Tale attività presuppone il disegno di una “frontiera efficiente teorica” in termini di rischio- rendimento. La “frontiera efficiente” fornirà, sulla base dei diversi business mix possibili e dei rating obiettivo scelti, indicazioni sulla miglior allocazione del capitale (economico o regolamentare) e sulla scelta del livello di performance obiettivo. I valori da considerare per la definizione della frontiera efficiente saranno desunti dalle analisi di assessment interno e di benchmarking, come i valori dei business o dei “player” che presentano il miglior rapporto di rischio-rendimento per ogni rating considerato e per ogni business mix. 18
Limiti quanti- qualitativi Capitale diversif. Effetto BU 1 X X Rendimento Allocato atteso BU1 BU1 + Limiti quanti- qualitativi Capitale allocato Capitale diversif. Focus equity Effetto BU 2 X X Rendimento Allocato BU2 atteso BU2 stakeholders (rendimenti + Rendimento atteso maggiori) Limiti quanti- totale qualitativi Capitale diversif. Effetto BU 3 X X Rendimento Allocato atteso BU3 BU3 + Limiti quanti- Capitale qualitativi Capitale diversif. Effetto BU 3 totale X Allocato X Rendimento atteso BU... BU... Focus debt Capitale in stakeholders Effetto diversif. eccesso Limiti quanti- Livello di Gruppo qualitativi Capitale Capitale in (rating X Allocato + eccesso maggiore) Totale Figura 9 Analisi business mix e compatibilità con Risk Appetite D. Misurazione degli effetti di diversificazione Nel settore assicurativo l’effetto di diversificazione ha un peso rilevante per la presenza di tipologie di rischi molto diversi tra loro (rischi tecnici vs. rischi finanziari e di credito); La misurazione della diversificazione parte dall’aggregazione degli stessi rischi attraverso tecniche di “varianza-covarianza” (stima dei parametri di aggregazione tipicamente effettuata su base storica); E’ fondamentale tenere conto dell’effetto diversificazione atteso nella definizione del profilo di rischio-rendimento obiettivo per sfruttare al meglio le opportunità derivanti dalla peculiarità del business assicurativo; Definito il capitale economico complessivo diversificato è quindi possibile procedere con l’identificazione della contribuzione marginale per singola tipologia di rischio ed alla ri- allocazione a livello di singola entità / business unit. 19
Figura 10 Analisi capitale in eccesso E. Definizione del capitale in eccesso L’identificazione della frontiera efficiente permette alla Compagnia di identificare i livelli di capitale da impiegare nei singoli business e verificare eventuali situazioni di eccesso di capitale. L’identificazione del capitale in eccesso non può, però, essere solo un esercizio ex-post risultante dal confronto tra capitale disponibile e capitale assorbito, ma Il posizionamen posizionamento prospettico e gli obiettivi che portano alla definizione del capitale necessario, devono tenere conto delle necessità di avere un buffer di capitale che la Compagnia definisce ex-ante per tutelarsi contro o eventi estremi e per eventuali obiettivi di rating. Per ogni tipologia di Compagnia (in termini di business mix) e per ogni livello di rating, è possibile identificare i valori massimi, medi e minimi sia del capitale, economico o regolamentare, allocato ed assorbito dai diversi “player”, sia dei diversi livelli di rendimento atteso. Tale mapping deve essere effettuato attraverso un’analisi dei valori storici dei “player” considerati e delle relative evoluzioni prospettiche, in modo da poter disegnare una strategia di intervento compatibile con i trend di mercato futuri. Sulla base del mapping di rischio-rendimento, rischio rendimento, la Compagnia deve definire quale è il posizionamento prospettico ed obiettivo in termini di rischio-rendimento rischio rendimento che vuole raggiungere. Tale obiettivo deve essere definito sulla base della propen propensione / avversione al rischio degli azionisti e del top management, oltre che sulla base della reale compatibilità rispetto all’attuale business mix della Compagnia. 20
Player: 1 Player: 1 Metriche AV BC: 12 AV BC: 19 mappate Altri Max BC: 12 Max BC: 19 AV ER: xx% AV ER: yy% • Buffer Capital (BC) Player: 2 Player: 1 Player: 2 Player: 1 - Media Investment AV BC: 9 AV BC: 10 AV BC: 11 AV BC: 15 - Massimo banking Max BC: 12 Max BC: 15 Max BC: 13 Max BC: 20 - Minimo AV ER: xx% AV ER: yy% AV ER: zz% AV ER: aa% • Rendimento atteso (ER) Player: 2 Player: 3 storico e AV BC: 10 AV BC: 14 Asset Mgmt prospettico Max BC: 13 Max BC: 18 (sia dal top AV ER: xx% AV ER: zz% managemen t che dal Player: 3 Player: 2 Player: 6 Player: 2 Player: 1 mercato) Banche AV BC: 10 AV BC: 12 AV BC: 14 AV BC: 16 AV BC: 16 - Media Commerciali Max BC: 14 Max BC: 18 Max BC: 20 Max BC: 22 Max BC: 25 - Massimo AV ER: xx% AV ER: yy% AV ER: zz% AV ER: aa% AV ER: bb% - Minimo BBB- BBB BBB+ A- A A+ AA- AA AA+ AAA MIN MAX Rating Investment grade i.e. Rating paese Figura 11 Definizione capitale in eccesso F. Definizione del posizionamento di Risk Appetite La definizione del posizionamento di Risk Appetite prevede la declinazione di valori obiettivo per i Key Performance Driver (in termini di variabili di rendimento, capitale regolamentare ed economico, ratio patrimoniali, ratio di redditività, rating, etc.) e per gli aspetti qualitativi (target rating, paesi su cui non investire, asset classes, etc.) scelti come rilevanti al fine della definizione del posizionamento di Risk Appetite. La definizione di tali obiettivi dovrà essere effettuata delineando: - a livello complessivo, un business mix prospettico compatibile con gli obiettivi aggregati a livello Gruppo; - per ogni Business Unit, un “percorso di avvicinamento” al business mix definito. Tali fasi di analisi sono implementate attraverso esercizi di simulazione prospettica (sulla base dei trend di rischio e rendimento del mercato e sulla base delle azioni di business azionabili) sui Key Performance Driver delle singole Business Unit e di successiva aggregazione nel portafoglio complessivo della Compagnia. In particolare sarà necessario, partendo dal profilo di rischio-rendimento as-is di ogni Business Unit, stimare quale sarebbe il rischio-rendimento secondo un profilo “inerziale” di mercato. Su questo portafoglio sarà necessario simulare interventi correttivi (disinvestimento su alcuni prodotti / classi di rating, sovra posizionamento su alcuni settori / aree geografiche, etc.) che possano facilitare l’avvicinamento al business e risk mix complessivo. Infine l’aggregazione dei valori di singola Business Unit e la stima del nuovo beneficio di diversificazione permette una stima “bottom-up” del profilo di rischio - rendimento. 21
Da tali esercizi sarà possibile disegnare molteplici soluzioni di business e risk mix compatibili con gli obiettivi aggregati a livello Compagnia, ma solo alcune di esse saranno compatibili anche con gli obiettivi di tipo qualitativo e saranno realisticamente perseguibili alla luce dell’attuale composizione di portafoglio della Compagnia (c.d. “percorso ottimale”). L’identificazione del percorso ottimale permette di declinare il posizionamento di Risk Appetite in indirizzi gestionali ed operativi. Nel caso in cui nessun esercizio di simulazione porti alla definizione di un “percorso ottimale”, sarà necessario prendere in considerazione eventuali azioni straordinarie di “de-risking” o rivedere gli obiettivi complessivi. Successivamente alla definizione di tutte le metriche obiettivo, è possibile aggiornare il framework di Risk Appetite con i valori stimati a livello di singolo rischio e di singola Business Unit. Tale framework rappresenta il punto di partenza per la definizione dei processi operativi della Compagnia e lo strumento di confronto per le attività di monitoraggio e di early warning. Prima della definzione del Risk appetite Dopo la definzione del Risk appetite Domani Oggi Rilevanza del rischio Alta Media Bassa Non presente Figura 12 Definizione del posizionamento in termini di risk appetite C.1. Processo di approvazione ed attori coinvolti La definizione del Risk Appetite deve coinvolgere tutte le funzioni della Compagnia in modo da garantire la coerenza e la compatibilità degli obiettivi definiti con la complessiva struttura di business. 22
L’approvazione del framework di Risk Appetite, in quanto processo di valenza strategica della Compagnia, deve essere effettuata dal Consiglio di Amministrazione, che ne garantisce la coerenza con la propensione al rischio e con gli obiettivi di rendimento degli azionisti. A titolo esemplificativo è possibile suddividere il processo di approvazione del Risk Appetite in tre macro fasi con differenti attori coinvolti: A. Definizione e quantificazione del Risk Appetite; B. Declinazione/conversione del Risk Appetite in limiti operativi; C. Approvazione finale. Sono stati identificati sei attori principali coinvolti nel processo di approvazione del framework di Risk Appetite: - Consiglio di Amministrazione; - Risk Management; - Comitati; - Finanza; - Pianificazione; - Business Unit: strutture di business (comprensive del Commerciale); - Attuariato. Come già detto in precedenza, il coinvolgimento dei vari attori è necessario al fine di garantire il raggiungimento, in modo organico all’interno della Compagnia, degli obiettivi definiti. Tuttavia, un ruolo chiave e guida nel processo di approvazione del Risk Appetite, spetta al Risk Management, sia per le tipologie di competenze necessarie, sia per il livello di “indipendenza” rispetto alle altre funzioni coinvolte che tale unit può assicurare. La definizione puntuale degli organi interessati deve essere fatta da ogni Compagnia in funzione della propria organizzazione di governance ed in proporzione alla complessità della propria realtà. A. Definizione e quantificazione del Risk Appetite Il processo di definizione e quantificazione del Risk Appetite (per i dettagli del quale si rimanda ai paragrafi precedenti), è coordinato dal Risk Management e prevede la partecipazione di Pianificazione/Finanza, con il supporto dell’attuariato. In particolare il Risk Management con il supporto della funzione Pianificazione/Finanza integrerà i dati relativi al profilo di rendimento attuale e prospettico per ciascuna Business Unit, sia in ottica Solvency I che in ottica Solvency II. Il Risk Management procederà alla definizione e calcolo delle metriche del framework di Risk Appetite, oltre che a sviluppare una analisi di dettaglio del profilo di rischio / rendimento della compagnia assicurativa. Inoltre, il Risk Management, predisporrà una prima ipotesi di allocazione del capitale e definirà preliminarmente gli obiettivi qualitativi e quantitativi. Tale prima ipotesi di allocazione del capitale e di obiettivi, dovrà essere effettuata anche considerando simulazioni di stress test in modo da verificare la solidità della Compagnia in caso di eventi macroeconomici “avversi”. La proposta di allocazione del Risk Appetite sarà sottoposta ai Comitati ed al Consiglio di Amministrazione (o altro organo collegiale deputato all’approvazione dei Piani Strategici) per la validazione. 23
Il Consiglio di Amministrazione, con il supporto delle funzioni di Risk Management e, ove necessario, della funzione Pianificazione/Finanza, analizza e valida le proposte di allocazione del Risk Appetite sottoponendole alle diverse Business Unit. Il Risk Management procederà alla definizione e calcolo delle metriche relative al framework di Risk Appetite, oltre che alla declinazione di raccomandazioni qualitative ed alla stima degli obiettivi quantitativi. B. Declinazione/conversione del Risk Appetite in limiti operativi Successivamente alla prima allocazione del Risk Appetite, le Business Unit ricoprono un ruolo chiave nel: - analizzare ed eventualmente proporre modifiche, interfacciandosi con le funzioni centrali (in primis Risk Management), all’allocazione effettuata; - stimare i limiti di capitale per ogni rischio con un approccio bottom up. In tale attività le Business Unit dovranno garantire la compatibilità degli obiettivi definiti rispetto all’effettivo profilo di rischio-rendimento dei differenti business, anche considerando la reale applicazione degli interventi definiti dal Risk Management e dalla Pianificazione/Finanza. Il capitale allocato rivisto ed i relativi limiti calcolati sono sottoposti al Risk Management che ne verifica la coerenza rispetto agli obiettivi aggregati ed al framework di Risk Appetite definito, ed infine lo sottopone all’approvazione dei Comitati. C. Approvazione finale Il nuovo framework di Risk Appetite, condiviso con le Business Unit ed integrato con i limiti di capitale, viene sottoposto al Consiglio di Amministrazione (o altro organo collegiale deputato all’approvazione dei Piani Strategici). La complessità del processo di approvazione e la numerosità degli attori coinvolti è giustificata dall’importanza del framework di Risk Appetite: da una parte, infatti, la valenza strategica delle scelte prese rende necessario il coinvolgimento del Top Management della Compagnia, dall’altra la diffusione della cultura del rischio è possibile solo attraverso il coinvolgimento delle strutture di Business. Si vuole sottolineare, al fine di garantire la massima efficacia del processo di definizione del Risk Appetite, la centralità che deve avere la funzione Risk Management su tutto il processo, dalle fasi più strategiche a quelle più operative, così da garantire il giusto legame tra approccio bottom-up ed approccio top-down. In alcune realtà, specialmente per quanto riguarda le Compagnie controllate da Capogruppo estere, il ruolo del Risk Management è percepito come quello di mero “traduttore” delle linee guida high level del Risk Appetite in linee guida operative. È evidente che con tale approccio le linee guida strategiche vengono definite senza considerare le peculiarità delle varie business unit, rendendo difficile, se non impossibile, la definizione di limiti operativi coerenti. 24
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