La Shoah; la ricerca, i media: come è cambiata l'opinione pubblica

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La Shoah; la ricerca, i media: come è cambiata l'opinione pubblica
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La Shoah; la ricerca, i media:
come è cambiata l'opinione pubblica
di Gabriella Mecucci

Vorrei ricordare brevemente quali sono stati i momenti in cui si è verificata una svolta nella presa
nella coscienza da parte dell'opinione pubblica della immensa tragedia della Shoah. Come e quando
il tema si è imposto, gli ostacoli che ha trovato, quali sono stati i gesti, i libri, i film, le inchieste
giornalistiche, le ficton che lo hanno fatto conoscere. Voglio riconoscere da subito che il
riconoscimento dell'immane tragedia della Shoah è stato possibile grazie all'impegno incessante dei
superstiti che hanno testimoniato per tutta la vita gli orrori che avevano vissuto. Sono stati i media
più importanti. Fra questi non si può non ricordare quanto ha fatto Liliana Segre, senatrice a vita del
Parlamento italiano.

Ma vediamo ora i punti di svolta sapendo che tuttora esiste il negazionismo e il riduzionismo sia nel
mondo degli storici che in quello della politica che più in generale nell'opinione pubblica.

Coltre di silenzio

Dopo la fine della seconda guerra mondiale per anni e anni la Shoah è rimasta coperta da una spessa
coltre di silenzi. Il primo paese che ne ha cominciato a parlare e che ha prodotto i primi grandi saggi
storici è stato gli Stati Uniti. Ma anche lì l'affermarsi di questa tematica ha inizialmente faticato e
molto. Basti ricordare un episodio che ha raccontato uno dei più grandi storici della Shoah, Raul
Hilberg. Quando Hilberg, allora giovane ricercatore, propose al suo maestro alla Columbia
University di portare avanti uno studio sullo “sterminio degli ebrei in Europa”, questi gli rispose:
“Lo sterminio degli ebrei non interessa il mondo degli storici né tantomeno l'opinione pubblica”.
Questo accadeva nel 1948 negli Usa, nel paese che – come ho già detto – ha mostrato una maggiore
sensibilità sull'argomento anche perchè, moltissimi ebrei che dovettero fuggire dall'Europa si erano
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rifugiati negli Usa. E fra questi c'erano grandi intellettuali e grande scienziati, gente quindi in grado
di influenzare l'opinione pubblica.

Processo Eichemann

In Germania sino alla fine degli anni Cinquanta ci fu un silenzio pressoché assoluto. Il velo del
silenzio comincia a squarciarsi con il processo Eichmann e il processo di Francoforte ai responsabili
di Auschwitz. Il processo Eichmann (1961), che riguardava un ufficiale delle Ss, fra i massimi
responsabili operativi della Shoah, ha un impatto straordinario sull'opinione pubblica di tutto il
mondo, anche grazie al celebre reportage di Annah Arendt per il New Yorker, dal titolo La banalità
del Male che apre anche una discussione interna allo stesso mondo ebraico. Eichmann sostiene di
essersi limitato ad eseguire gli ordini: di non aver fatto niente di più né niente di meno. Questa tesi
dell'esecuzione degli ordini venne smontata durante il processo da alcuni testimoni. E ci fu la
condanna a morte.

Il processo Eichmann insieme a quello di Francoforte crea finalmente una forte attenzione nel
mondo della ricerca, dell'informazione, dell'opinione pubblica tedesca in tutto il globo.           Con
Eichmann nell'opinione pubblica c'è un primo grande passo verso la coscienza collettiva della
dell'immane tragedia della Shoah. Grazie alla Arendt si apre un dibattito sul come e il perchè dello
sterminio. Sull'essenza stessa del male assoluto. Da allora, la stampa inizia a fare le prime grandi
inchieste sull'argomento e ospita le prime discussioni. Poi entreranno in funzione altri strumenti di
comunicazione di massa che avranno una straordinaria importanza: il cinema e la televisione. Per la
verità il cinema e anche in parte la tv avevano iniziato a produrre pellicole e interventi già da molto
prima, ma niente aveva avuto un impatto decisivo sull'opinione pubblica, anche se alcuni film come
Lo straniero di Orson Welles (1948) e Notte e Nebbia di Resnais (1955) erano di grande qualità. Un
primo impatto importante lo ebbe l'intervista ad un sopravvissuto realizzata dalla Tv americana nel
1953.   Il   periodo del silenzio o più correttamente del semisilenzio meriterebbe un'analisi più
approfondita per identificarne le ragioni.
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Brandt in ginocchio

Ma torniamo più specificamente alla Germania. L'apertura della nuova fase legata al processo
Eichmann si allargò grazie al movimento del '68 e grazie al gesto del cancelliere tedesco Willie
Brandt. Il socialdemocratico Brandt, in visita in Polonia, si recò all'ingresso del ghetto di Varsavia e
si inginocchiò davanti al monumento dei resistenti del ghetto. Gli ebrei del ghetto di Varsavia
insorsero contro i nazisti. E resistettero. Ci fu una strage, molti di loro vennero massacrati dai
nazisti. Che un capo del governo tedesco, allora della Germania dell'Ovest (la riunificazione era
ancora lontana), compisse quel gesto, ebbe un impatto straordinario sull'opinione pubblica del
mondo e in particolare su quella tedesca. Il Cancelliere Brandt riconosceva e prendeva sulle sue
spalle e su quelle dei tedeschi la responsabilità dell'orrore della Shoah. Era il dicembre del 1970.
Una seconda importante svolta

Hitler e la burocrazia

Negli anni Ottanta venne finalmente tradotto in Germania il libro di Hilberg e in quel periodo per
tutti gli anni Ottanta inizia in Germania, così come altrove, un grande dibattito fra intenzionalisti e
funzionalisti. I primi sostengono che lo sterminio era un progetto di Hitler sin dall'inizio. I
funzionalisti ritengono invece che la Shoah cominci a livello delle burocrazia medio alta, la quale
ritiene di risolvere così' i problemi posti da Hitler. I funzionalisti non negano le responsabilità del
fuhrer: il suo antisemitismo, il suo aver coperto e facilitato lo sterminio, negano una sua
progettualità compiuta. Vedono quindi una colpa più diffusa.

Nulla a che vedere dunque coi negazionisti alla Irving e alla Faurisson che negano l'olocausto. Una
corrente storiografica questa condannata dalla quasi totalità degli studiosi e da larga parte
dell'opinione pubblica. Anche se non manca di influenzare i molti gruppi antisemiti che esistono ed
hanno una certa forza un po' in tutto il mondo. D'altro canto – come tutti sapete – l'antisemitismo
esiste ancora e costituisce un pericolo concreto per gli ebrei come attestano attentati e persecuzioni
anche recenti.
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In questa breve rassegna non si può non citare per il peso che ha avuto in Germania e in tutto il
mondo, la posizione dello storico tedesco Ernst Nolte che scrisse Il passato che non passa. La tesi
di Nolte è che il nazismo sia una reazione al bolscevismo, secondo Hitlere strettamente legato
all'ebraismo: “ il suo antisemitismo – scrive Nolte – non può essere separato dall'antimarxismo e
dall'antibolscevismo”.

Nolte non nega la Shoah, ma tende a spostarne almeno in parte le radici e le ragioni fuori dalla
Germania. In Hitler infatti l'odio irriducibile contro gli ebrei è un tutt'uno con quello contro il
comunismo che gli ebrei vorrebbero – sempre secondo Hitler - introdurre in Germania. Non posso
nemmeno accennare all'impatto e alle risposte talora molto dure che questa tesi provocò. Divampò
una polemica in Germania e in tutto il mondo durata anni e anni contro il revisionismo. Polemica
che tutt'ora è presente nella storiografia.

In Germania come si vede la ricerca e la discussione hanno fatto importanti passi avanti. L'impatto
di Brandt fu importantissimo anche sull'opinione pubblica e – una decina di anni dopo – una ficton
dal titolo Olocaust – per la verità non bella - riuscì a far penetrare a livello di massa il tema della
Shoah.

In Italia

In Italia come del resto in Germania si visse un lungo periodo di semi silenzio. Uno dei libri più
belli scritti sulla Shoah, Se questo è un uomo di Primo Levi venne pubblicato solo nel 1958 da
Einaudi che per ben 2 volte negli anni precedenti ne rifiutò la pubblicazione. Levi lo aveva proposto
per la prima volta nel 1947 alla casa editrice. E occorre segnalare che Einaudi era l'editore che
aveva pubblicato nel 1954 Il diario di Anna Frank, con una prefazione di Natalia Ginzburg, il che
certifica che la casa editrice aveva un'attenzione maggiore delle altre alla tematica della Shoah.
Ciononostante per ben due volte disse un No a Primo Levi. E comunque nel 1958 i tempi erano
finalmente maturati. Del resto eravamo vicini agli anni Sessanta che un po' in tutto il mondo
segnano una svolta.
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Un punto rilevante del dibattito storiografico sul fascismo è rappresentato in Italia dalla prima
grande ricostruzione contenuta nel libro di Renzo De Felice Storia degli ebrei italiani sotto il
fascismo. La ricerca era stata commissionata allo storico dalle Comunità ebraiche italiane e uscì per
Einaudi. De Felice sosteneva che in Italia l'antisemitismo era stato importato dalla Germania, che le
leggi razziali, volute da Mussolini, ci furono in concomitanza con l'accordo italo-tedesco. Le
Comunità ebraiche – proseguiva De Felice - manifestarono fenomeni di consenso al regime, e il
razzismo fascista fu diverso da quello nazista in quanto “non biologico”. De Felice non solo non
negava la persecuzione ma la raccontava puntualmente. Ne spostava però le origini, le matrici
altrove. Il libro ebbe un notevole impatto culturale e provocò un'accesa discussione e anche
numerose polemiche nei confronti di De Felice.

Un momento di svolta molto importante – il più importante di un intero periodo - della coscienza
della Shoah nell'opinione pubblica italiana fu rappresentato dal Concilio Vaticano secondo, indetto
da Giovanni XXIII, che terminò con un documento la cui pubblicazione avvenne nel 1965 quando
era già Papa Paolo sesto. La dichiarazione dal titolo Nostra aetate riguardava il rapporto fra la
Chiesa cattolica e le religioni non cristiane. All'interno conteneva il Decretum de Iudeis che toglieva
ogni legittimazione teologica all'antisemitismo. E come capirete questa presa di posizione ebbe un
impatto importante sull'opinione pubblica. E non solo su quella italiana, ma in tutto il mondo.

La posizione uscita dal Vaticano secondo è molto importante anche perchè una parte della
storiografia aveva criticato la Chiesa per quelli che erano stati definiti i “silenzi” di Pio XII. E sul
comportamento della Chiesa c'è stato da sempre un importante discussione. Nessuno ha negato che
molti ebrei trovarono rifugio nei conventi, nelle parrocchie, nei tanti luoghi del cattolicesimo
esistenti in Italia. E questa è la pura verità. Qui vennero accolti e venne loro salvata la vita. E' su
Papa Pacelli che alcuni storici hanno concentrato la critica mentre altri lo hanno difeso. Non posso
entrare nel merito di questo dibattito. Voglio solo segnalare che è di grande rilevanza e ha assorbito
molte delle energie migliori della storiografia italiana così come di quella internazionale.

Non si può però fare a meno infine di segnalare due importanti gesti compiuti da due Papi molto più
vicini a noi. Il primo è quello che fece Giovanni Paolo secondo che nel 1986 andò alla Sinagoga di
Roma, primo pontefice che entrò nel luogo sacro dell'ebraismo. Il secondo fu lo splendido
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intervento di Benedetto sedicesimo ad Auschwitz che andò li non solo come capo della Chiesa
cattolica, ma anche come tedesco, cosa che lui stesso nel suo discorso volle sottolineare.

Ma torniamo all'Italia e al difficile percorso che qui come altrove ha avuto il riconoscimento della
tragedia dello sterminio degli ebrei.

Italiani brava gente

Nel nostro paese questo cammino è stato più volte ostacolato da una sorta di mitologia dell'italiano
brava gente. La mitologia cioè de Il cattivo tedesco e il bravo italiano. Questo è anche il titolo di
un bel saggio di Filippo Focardi che mette in discussione questa mitologia e dimostra che le cose
non sono proprio così che anche noi italiani ne abbiamo combinate di terribili. C'è stato a questo
proposito una puntuale dichiarazione del Presidente Mattarella che demolisce l'idea dell'italiano
brava gente. Ve la leggo perchè è molto significativa: “Sul territorio nazionale il regime non fece
costruire camere a gas e forni crematori. Ma il governo di Salò collaborò attivamente alla cattura
degli ebrei che si trovavano in Italia e alla loro deportazione verso l'annientameno. Le misure
preventive, la schedatura, la concentrazione nei campi di lavoro favorirono enormemente l'ignobile
lavoro dei carnefici delle Ss. Le leggi razziali ideate e scritte da Mussolini trovarono a tutti i livelli
della politica, della cultura, della società italiana complicità, turpi connivenze, indifferenza”. No,
non siamo stati brava gente.

Quando in Italia nel 1997 viene istituita con apposita legge la giornata della Memoria, ci fu una
discussione sulla data: alla fine prevale la data del 27 gennaio, giorno in cui l'armata rossa entrò ad
Auschwitz e scoprì l'immane tragedia che lì si era consumata. Furio Colombo, firmatario della
legge, propose un'altra data, quella del 23 ottobre, giorno in cui nel 1943 ci fu il rastrellamento nel
ghetto di Roma, realizzato grazie alla complicità e alla connivenza dei fascisti italiani. Vennero
presi e mandati ai campi di sterminio quel giorni più di 1000 ebrei, ne tornarono 16 (15 uomini e
una donna). Colombo insistette per questa data allo scopo di sottolineare e di non dimenticare mai
anche le responsabilità italiane.
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Siamo così arrivati ai giorni nostri. E, per concludere questa carrellata breve e quindi incompleta,
non si possono non citare altri due momenti importanti della comunicazione. Due film super
premiati e che hanno segnato l'iponione pubblica: Schindler list di Spielberg e La vita è bella di
Benigni. Quest'ultimo, premiato con l'Oscar, ha trovato anche molti critici. Schindler list fa
transitare all'interno dell'opinione pubblica la tesi che anche uomini vicini al nazismo e al fascismo
hanno salvato migliaia di ebrei. Anche fra loro ci sono dei “buoni”, dei “giusti”. Ma c'è un
corollario: chi lo voleva, dunque, poteva fare qualcosa per salvare gli ebrei. Non è vero che non si
poteva fare niente. Sulla linea di Schindler si colloca anche la ficton italiana su Perlasca, un uomo
che aderiva al fascismo e che salvò però migliaia di ebrei. Il titolo dell'inchiesta giornalistica di
Enrico Deaglio che lo riguardava e da cui fu tratta la ficton è non a caso La banalità del bene.

In conclusione non si possono non citare i numerosi libri di memorie dei superstiti e i tanti musei e
memoriali della Shoah che fioriscono un po' ovunque e che hanno avuto una grande capacità di
divulgazione. Il primo, lo Yad Vashem di Gerusalemme è del 1953, poi la grande proliferazione
negli anni Novanta: da Washington a Berlino. Probabilmente nel 2023 ne nascerà uno anche a
Roma.

Nessuno meglio di Primo Levi nei versi iniziali di Se questo è un uomo ha spiegato in modo
toccante che cosa sia stata la Shoah e il valore della memoria

Voi che siete sicuri

Nelle vostre tiepide case

Voi che trovate tornando a sera

il cibo caldo e visi amici:

Considerate se questo è un uomo

Che lavora nel fango

Che non conosce pace

Che muore per un sì e per un no.
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Considerate se questa è una donna

Senza capelli e senza nome

Senza più forza di ricordare

Vuoti gli occhi e freddo il grembo

Come una rana d'inverno

Meditate che questo è stato
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