David di Donatello 2019: i verdetti
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David di Donatello 2019: i verdetti Nella serata di mercoledì 27 marzo 2019, si è tenuta la 64esima edizione dei David di Donatello, il più importante riconoscimento del cinema italiano, insieme ai Nastri d’Argento e leggermente sopra i Globi d’oro. La serata di premiazione, di quelli che sono definiti gli “Oscar italiani”, quindi i secondi come importanza al mondo, è stata trasmessa in diretta su Rai Uno e presentata per il secondo anno di fila da Carlo Conti. Come da pronostico, Dogman di Matteo Garrone, ha fatto incetta di statuette, con ben 9 David vinti: miglior film, regia a Garrone, attore non protagonista a Edoardo Pesce, sceneggiatura originale a Garrone con Massimo Gaudioso e Ugo Chiti, fotografia a Nicolaj Brüel, montaggio a Marco Spoletini, scenografia a Dimitri Capuani, trucco a Dalia Colli e Lorenzo Tamburini, sonoro a Maricetta Lombardo & co. Il regista Matteo Garrone, sul palco, accolto da applausi scroscianti, ha inviato un appello affinché il cinema vecchia maniera, quello delle sale, continui a sopravvivere, perché la magia del Cinema è tutta lì: «Grazie a voi, lo abbiamo fatto insieme questo film. Questa è una serata speciale perché si è parlato molto dell’importanza di tornare al cinema anche l’estate, di quanto sia importante e bello poter vedere i film sul grande schermo. Purtroppo è un periodo in cui le cose stanno cambiando velocemente, c’è la tendenza sempre più a vedere i film a casa sulle piattaforme digitali, Netflix ecc. Ma credo sia importante invece cercare di tornare al cinema, però è anche importate che i cinema diventino sempre più grandi, invece la sensazione che ho è che le sale diventino sempre più piccole e i televisori sempre più grandi, quindi facciamo attenzione se crescono i televisori a far crescere anche gli schermi dei cinema. Questo film sono contento di averlo fatto, è nato un po’ per caso. Abbiamo iniziato a scriverlo dodici anni fa e tenuto sempre nel cassetto. L’ho fatto perché avevo qualche mese libero aspettando Pinocchio e invece è andato così bene che non ce l’aspettavamo. A volte accadono delle
cose che non ti aspetti nel cinema, riuscire a creare dei momenti irripetibili.» Sulla mia pelle di Alessio Cremonini, altro film attesissimo e pluri-presente in nominations, conquista 4 statuette: il film che ricostruisce gli ultimi, tragici giorni della vita di Stefano Cucchi porta a casa i premi per il miglior produttore, miglior regista esordiente a Cremonini, il David Giovani (votato da 3.000 studenti delle scuole superiori) e soprattutto il meritatissimo David per il miglior attore protagonista allo strepitoso Alessandro Borghi, visceralmente e fisicamente trasformato per interpretare la vittima di questa tragica vicenda di cronaca. Sul palco, lo stesso attore, visibilmente emozionato per il suo primo David in carriera, ha dedicato il premio a Stefano Cucchi: Magro invece il bottino di un altro film molto atteso, Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino, che ottiene solo 2 David, per la sceneggiatura non originale a James Ivory,
Walter Fasano e Guadagnino, e per la canzone originale Mistery of Love di Sufjan Stevens. Loro di Paolo Sorrentino, si ferma a due statuette: per le acconciature del veterano Aldo Signoretti, ma soprattutto quello meritatissimo per la miglior attrice protagonista alla strepitosa Elena Sofia Ricci, completamente calatasi nei panni di Veronica Lario, moglie di Silvio Berlusconi. L’attrice toscana è colta di sorpresa dalla vittoria del suo terzo David e sul palco è davvero emozionatissima, trattenendo a stento le lacrime: «Non ci credo! Grazie. Ho la salivazione azzerata. Non riesco neanche a parlare. Grazie a mio marito che mi ha tanto sostenuta e mi ha aiutato a fare il provino e tutto. Grazie a Toni Servillo che è stato un collega, un compagno di lavoro meraviglioso. A Paolo[n.d.r. Sorrentino], a tutti i componenti della troupe e soprattutto a chi è riuscito a trasformarmi in un’altra. Grazie a tutti i giurati e a tutti voi che mi avete votata e sostenuta. Grazie davvero, non me lo aspettavo.» Due i David anche per Capri-Revolution di Mario Martone, che porta a casa il premio per il miglior musicista e quello per il miglior costumista. La bravissima Marina Confalone batte Jasmine Trinca e ottiene il David per la miglior attrice non protagonista per Il vizio della speranza di Edoardo De Angelis, salendo sul palco visibilmente commossa e dedicando il premio «alla nostra terra, ai napoletani che hanno buona volontà». Premio per i migliori effetti visivi a Victor Perez per Il ragazzo invisibile – Seconda generazione, mentre il David dello Spettatore, assegnato al film più visto della scorsa stagione, se lo aggiudica A casa tutti bene di Gabriele Muccino.
D e b a c l e t o t a l e p e r L a z zaro Felice di Alice Rohrwacher ed Euforia di Valeria Golino che, a fronte rispettivamente di 9 e 7 nomination, restano a mani vuote. Due grandi registi si aggiudicano invece i David per il miglior documentario e per il miglior film straniero. Il primo è Nanni Moretti con il suo Santiago, Italia ed uno scarno e veloce ringraziamento sul palco, mentre il secondo è Alfonso Cuarón con il suo pluripremiato Roma, già vincitore il mese scorso agli Oscar hollywoodiani. David per il miglior cortometraggio a Frontiera di Alessandro Di Gregorio. Esplicati i David ordinari, la serata, come sempre è stata arricchita dai David speciali alla Carriera. Uno di questi, attesissimo, è andato al grande Tim Burton. Il geniale regista di Dumbo, accolto da una standing ovation giusta e accorata, ha sottolineando la differenza di trattamento che riceve in patria: «Vorrei che la gente fosse così carina con me anche nel mio paese». Molto emozionato ha poi ricordato il suo amore per il cinema italiano: «Io sono cresciuto con registi italiani come Fellini, Mario Bava, Dario Argento.. ho lavorato con Dante Ferretti. Non sono italiano ma è come se avessi una famiglia italiana ed è meraviglioso per me ed è un onore essere qui.» Burton ha poi parlato del suo reboot di Dumbo ed ha ricevuto il David alla Carriera dalle mani di Roberto Benigni: «Roberto l’ho ammirato e amato per tantissimi anni, quindi la famiglia si ingrandisce. E per me ricevere questo premio da Roberto e tutti quelli che ho conosciuto ed amato qui, è uno dei più grandi onori della mia vita». Benigni risponde omaggiandolo a sua volta, annuncia poi il suo ritorno al cinema nel Pinocchio di Matteo Garrone, mentre riceve anch’egli una standing ovation
meritata per il ventennale del trionfo della Vita è bella agli Oscar. Altro ospite internazionale e altro David alla carriera per la sempre sensuale Uma Thurman. Gli altri due David alla Carriera della serata, invece parlano italiano: la terza statuetta speciale va alla grande scenografa vincitrice di 3 Oscar Francesca Lo Schiavo, che lo ha dedicato a «tutti i registi con cui ho lavorato e che mi hanno insegnato a guardare oltre il possibile»; la quarta e ultima statuetta alla Carriera, sicuramente la più meritata, va a Dario Argento, accolto dalla terza standing ovation della serata. Il maestro del brivido, che in carriera non aveva mai vinto un David, dopo le banali e trite domande di Conti, si compiace a metà per il premio, con un pizzico di polemica: «Vorrei dire una cosa, un po’ polemica: io ho fatto tanti anni cinema, ormai quasi 40 anni, e non ho mai ricevuto un David di Donatello, questa è la prima volta». E alla battuta di Conti «Maestro.. uno solo, ma un David Speciale dato col cuore dall’Accademia», Argento taglia corto con un lapidario «sì, ma troppo tardi». Se l’assegnazione dei premi, ordinari e speciali, è condivisibile e per alcune categorie, ampiamente previste, per la qualità delle eccellenze messe in gioco (vedasi Dogman per il miglior film, Alessandro Borghi come miglior attore ed Elena Sofia Ricci come miglior attrice), lo show è altresì sembrato troppo simile a quelli classici, salottari e sempliciotti, a cui “Mamma Rai”, ci ha abituato negli ultimi anni. Forse uno show più innovativo per i cosiddetti “Oscar italiani”, sarebbe stato più consono all’importanza e alla risonanza che i David di Donatello hanno nel mondo, in ossequio alla gloriosa e più che centenaria storia del nostro cinema.
5 film italiani del 2018 che vi siete persi (o da rivedere) Il 2018 è stato un anno frenetico e produttivo per il cinema italiano e probabilmente vi siete persi qualche film degno di nota. Per approfondire: ■ Scopri la nostra rubrica dedicata al Cinema E’ probabile, non certo, ma se così fosse, si può ancora rimediare, tra dvd e piattaforme on demand. Ed ecco, quindi, 5 titoli del 2018, da recuperare subito. ■ IO C’E’ (Regia: Alessandro Aronadio – Uscita: Marzo 2018): E’ la storia di Massimo Alberti (Edoardo Leo), che ha aperto un bed & breakfast, ma si è poi perso nella crisi. Crisi che non ha toccato il convento di suore di fronte, sempre pieno di turisti che alloggiano in cambio di una donazione, esentasse. Così a Massimo arriva l’illuminazione: se vuole rianimare le sue tasche deve trasformare il suo b&b “Miracolo Italiano” in un luogo di culto. Piacevole commedia dalla trama originale per essere un film italiano, arricchita dal brio del trio Buy-Leo-Battiston, che entrano in un campo minato come quello della religione, senza mai lasciarsi andare a giudizi e ipocrisie. Voto 7 ■ DOGMAN (Regia: Matteo Garrone – Uscita: Maggio 2018): Film liberamente ispirato al fatto di cronaca nera del 1988, il Delitto del Canaro, l’omicidio del pugile dilettante Giancarlo Ricci, per mano del toelettatore di cani (appunto er Canaro) Pietro De Negri. La vicenda si distacca pian piano dalla cronaca, raccontando la storia del pacato Marcello, con la sua esistenza piatta, persa nella periferia romana, tra lavoro e problemi economici; gli unici suoi slanci sono per i suoi amati cani e la sua adorata figlia. Ma nella sua vita c’è anche l’ex detenuto Simoncino, violento ex pugile temuto da tutto il quartiere, con cui vive un rapporto di sudditanza. Garrone trasmette da subito l’angoscia del quartiere e della vita dei personaggi e tutto il resto, insieme alla fotografia, lo fa il superbo attore protagonista, Marcello Fonte, pluripremiato per questa interpretazione. Voto 8 ■ RIMETTI A NOI I NOSTRI DEBITI (Regia: Antonio Morabito – Uscita: Maggio 2018 su Netflix): Guido (Claudio Santamaria), magazziniere precario, viene improvvisamente licenziato e non riesce più a pagare l’affitto, né a restituire un prestito. Decide, quindi, di lavorare gratis per la finanziaria a cui deve soldi, per estinguere il suo debito; ad istruirlo sarà il migliore, Franco (Marco Giallini), che in un crescendo di atti intimidatori e violenti, inevitabilmente cambierà la vita di Guido. La coppia di attori protagonisti, Santamaria e Giallini, riesce al meglio a trasmettere l’amarezza della storia ed è capace di rendere l’opera molto pungente ed efficace. E’ il primo film italiano distribuito in esclusiva da Netflix. Voto 6
■ IL BENE MIO (Regia: Pippo Mezzapesa – Uscita: Ottobre 2018): “Il bene mio”, film di Pippo Mezzapesa, racconta la storia di Elia, l’ultimo abitante di Provvidenza, un paesino di campagna in Puglia, i cui abitanti, dopo un forte terremoto, si sono trasferiti tutti nel paese nuovo. Da questo paese fantasma, Elia (Sergio Rubini) non vuole andar via, lì c’è tutta la sua vita, i suoi ricordi, soprattutto quello della scomparsa moglie Maria. Elia vuole tenere in vita Provvidenza, non vuole dimenticare il passato e, con l’aiuto di un suo amico fidato, lotta per la memoria di questo paese e di tutti i suoi ex abitanti. Ennesima prova elegante, poetica ed emozionante dell’attore Sergio Rubini che, quando si trova nella sua terra (come Elia), regala sempre il massimo.Voto 7 ■ TROPPA GRAZIA (Regia: Gianni Zanasi – Uscita: Novembre 2018): Con questo film, che ha ricevuto al Festival di Cannes il premio Label Europa Cinemas per il Migliore Film Europeo alla Quinzaine des Réalisateurs (selezione parallela alla selezione ufficiale del Festival), il regista Zanasi narra la storia di Lucia (Alba Rohrwacher), una giovane donna che, tra non poche difficoltà economiche e sentimentali, cresce la figlia facendo la geometra precaria. Un giorno Lucia riceve una visita inaspettata, quella della Madonna (Hadas Yaron), una Madonna un po’ troppo aggressiva e intransigente, che le chiede di edificare una chiesa sul terreno dove Lucia sta facendo dei rilevamenti per la costruzione di un complesso architettonico chiamato “L’Onda”. Commedia surreale, retta quasi interamente dall’intensa protagonista, con l’aiuto di una accesa e onirica fotografia e di una colonna sonora sempre puntuale per ogni scena. Voto 8 Rivedendo questi film, restiamo in trepidante attesa di cosa ci riserverà il cinema per il nuovo anno!
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