Bollettino sui servizi legali nell'UE - a cura della Rappresentanza del CNF a Bruxelles - Consiglio Nazionale Forense
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Bollettino sui servizi legali nell'UE a cura della Rappresentanza del CNF a Bruxelles DEMOCRAZIA, STATO DI DIRITTO ED INDIPENDENZA DEI GIUDICI: ALCUNE RIFLESSIONI SULLE RECENTI SENTENZE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DEL 2 MARZO 2021, A.B., C.D., E.F., G.H., I.J. / KRAJOWA RADA SĄDOWNICTWA, CAUSA C-824/18, E DEL 20 APRILE 2021, REPUBBLIKA / IL-PRIM MINISTRU, CAUSA C-896/19 di Carlo Forte Nel IV secolo avanti Cristo, Aristotele disquisiva delle forme di governo possibili tra monarchia, oligarchia e democrazia, evidenziando (nel Libro IV della Politica) che in ogni costituzione ci sono tre parti: ‘quella deliberante sugli affari comuni’, ‘quella che concerne le magistrature’ (ovvero, il governo), e quella giudiziaria. Secondo il filosofo, tali ‘parti’ connotano la forma di governo non solo nel come esse sono divise (teoria ripresa da Locke e, poi da Montesquieu che la sviluppa nel modo che noi comunemente conosciamo nel 1748 ne ‘Lo Spirito delle Leggi’), ma anche nel modo in cui l’accesso alle rispettive cariche relative sia organizzato. In riferimento alla ‘parte’ giudiziaria, Aristotele osserva che ‘sono tre i fattori che determinano la differenza dei tribunali: i membri che li costituiscono, l'ambito della loro giurisdizione, il modo di elezione.’ L’autore mira ad evidenziare che il modo di selezione di un giudice contribuisce a connotare un sistema come democratico, oligarchico (aristocratico) o monarchico. In continuità con una giurisprudenza sviluppatasi negli ultimi anni in tema di controllo dello Stato di Diritto (sentenze della Corte del 25 luglio 2018, LM, Causa C-216/18 PPU; 24 maggio 2019, Commissione c./Polonia, Causa C-619/18; 5 novembre 2019, Commissione c./Polonia, C-192/18; 19 novembre 2019, A.K. e al., Cause C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18) la Corte di Giustizia (in seguito anche semplicemente ‘la Corte’) è recentemente intervenuta con due sentenze per valutare se le modalità di nomina dei giudici in Polonia ed a Malta siano compatibili con il Trattato, ed in particolare con: l’articolo 19, primo paragrafo, del Trattato sull’Unione Europea (TUE), disposizione che prevede l’organizzazione dei rimedi giudiziari necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, attribuendo tale compito alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ed a sistemi giudiziari degli Stati membri; l’articolo 267 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), relativamente al sistema del rinvio pregiudiziale; l’articolo 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (Carta), che prevede il diritto soggettivo ad un ricorso effettivo dinanzi ad un giudice imparziale ed ad equo processo nelle materie regolate dal diritto dell’Unione Europea; nonché con l’intero sistema dei valori comuni agli Stati membri enunciati nell’articolo 2 TUE, ed in particolare, ai principi di Democrazia e dello Stato di diritto. La prima causa in commento è la sentenza della Corte (Grande Sezione) del 2 marzo 2021, A.B., C.D., E.F., G.H., I.J. / Krajowa Rada Sądownictwa, Causa C-824/18. I quesiti pregiudiziali sono stati sollevati dalla Corte Suprema Amministrativa (Naczelny Sąd Administracyjny, in seguito ‘NSA’) a cui si erano rivolti 5 magistrati polacchi per impugnare le delibere adottate nell’agosto 2018 dal Consiglio Nazionale della Magistratura (Krajowa Rada Sądownictwa, in seguito ‘KRS’) che aveva deciso di non presentare al presidente della Repubblica polacco le loro proposte di nomina a posti di giudice della Corte Suprema (Sąd Najwyższy), presentando però altri candidati. La decisione del KRS era fondata su una parte della contestata riforma del 2018 della legge sul Consiglio nazionale della magistratura che aveva previsto che un’impugnazione contro la decisione di tale organo potesse essere valida solo se proposta da tutti i partecipanti a una procedura di nomina a un posto di giudice BOLLETTINO N. 1/2021 FORTE
Bollettino sui servizi legali nell'UE a cura della Rappresentanza del CNF a Bruxelles della Corte Suprema: in mancanza, la delibera adottata dal KSR sarebbe divenuta definitiva per quanto riguardava il/i candidato/i effettivamente presentato/i. Posto che, come prevedibile, i candidati effettivamente proposti non si erano uniti ai ricorrenti, la NSA, ritenendo che questo regime escludesse qualsiasi effettività del ricorso proposto da un partecipante non presentato alla nomina, ha deciso di interrogare la Corte di Giustizia sulla sua conformità con il diritto dell’Unione, ed in particolare con gli articoli 19, paragrafo 1, del TUE, 264 TFUE e 47 della Carta. Va aggiunto che la predetta modifica legislativa polacca del 2018 prevedeva anche che l’eventuale annullamento della delibera da parte della NSA su ricorso di un partecipante non presentato alla nomina, non potesse condurre comunque ad una nuova valutazione di tale ricorrente ai fini dell’eventuale attribuzione del posto in questione. Dall’altro lato, ai sensi del medesimo regime, un simile ricorso non poteva fondarsi su un motivo vertente su un’erronea valutazione del rispetto dei criteri presi in considerazione in sede di adozione della decisione contestata, facendo venire meno ogni interesse ad agire. Invero, dopo la domanda pregiudiziale, il legislatore polacco è intervenuto ulteriormente nel 2019, modificando la citata riforma, disponendo l’impossibilità di proporre ricorsi avverso le decisioni del KRS riguardanti la presentazione o la mancata presentazione di candidati alla nomina a posti di giudice della Corte suprema; e disponendo anche il non luogo ipso iure a provvedere sui ricorsi ancora pendenti, di modo da cancellare la competenza della NSA, giudice del rinvio sulla causa in analisi. Il quale giudice ha quindi deciso di aggiungere un ulteriore quesito alla Corte rispetto alle disposizioni di questa riforma della riforma, chiedendo se anche tale ulteriore modifica sia compatibile con il diritto dell’Unione. Preliminarmente la Corte ha dovuto rispondere alla difesa del governo polacco che, tra gli altri argomenti, ha evidenziato come dinanzi al non luogo a procedere interno (riforma della riforma), la competenza del giudice del rinvio fosse venuta mento e, dunque, anche quella in via pregiudiziale della stessa Corte di Giustizia; d’altra parte, ha obiettato che la Corte avesse comunque la possibilità di pronunciarsi sulle modalità di nomina di giudici nazionali. Rispondendo alla prima obiezione, la Corte ha ricordato come il principio di leale cooperazione (articolo 4, paragrafo 3, del TUE) ed il sistema del rinvio pregiudiziale (articolo 267 TFEU), prevedendo una cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte per consentire a quest’ultima di potersi pronunciare su un quesito proposto da un giudice di uno Stato membro, ostino a disposizioni nazionali, come quelle in causa (riforma della riforma), qualora le stesse impediscano l’esercizio delle funzioni giudiziarie citate e previste nei Trattati. Solo il giudice del rinvio (e non un governo!) può ritenere di ritirare il quesito pregiudiziale posto alla Corte, avallando il principio della perpetuatio iurisdictionis. In riferimento alla seconda obiezione, la Corte, ribadendo l’importanza del disposto contenuto nel citato articolo 19, paragrafo 1, del TUE, per assicurare il rispetto del diritto dell’Unione, conclude affermando che una modifica legislativa (prima e seconda riforma) che priva un ricorrente di un rimedio giudiziario effettivo sia suscettibile di violare il diritto dell’Unione. La Corte chiarisce che il concretizzarsi di tale violazione deve essere esaminata dal giudice del rinvio, che valuterà le modifiche legislative anche alla luce della possibile violazione del principio della separazione dei poteri, qualora dovesse ritenere che direttamente o indirettamente il potere legislativo e/o esecutivo possano incidere nel processo di selezione dei giudici, minando potenzialmente l’indipendenza e l’imparzialità della magistratura, principi che devono ispirare l’amministrazione della giustizia in una società democratica e in uno Stato di diritto. La Corte (punti 115 e successivi) conferma che il requisito di indipendenza degli organi giurisdizionali, intrinsecamente connesso al compito di giudicare, costituisce un aspetto essenziale del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva e del diritto fondamentale a un equo processo, come confermato dall’articolo 47, secondo comma, della Carta dei BOLLETTINO N. 1/2021 FORTE
Bollettino sui servizi legali nell'UE a cura della Rappresentanza del CNF a Bruxelles Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, e si inserisce nel sistema di garanzie della tutela dei diritti degli individui e della salvaguardia dei valori comuni agli Stati membri enunciati all’articolo 2 TUE, segnatamente del valore dello Stato di diritto. La sentenza merita una lettura più approfondita ed ulteriori riflessioni, ma in questa sede ci si limita a rilevare che in conclusione la Corte ha osservato che in virtù del principio del primato del diritto dell'Unione, qualora il giudice del rinvio rilevi che le modifiche legislative del 2019 siano in contrasto con le disposizioni richiamate del TUE e del TFUE (nonché l’articolo 47 della Carta), questi dovrà disapplicarle continuando ad esercitare la competenza che gli è propria a tutela dei richiamati principi dell’amministrazione della giustizia. Ma nelle motivazioni (punti 165 e 166) la Corte va anche oltre: se il giudice del rinvio dovesse rilevare che le disposizioni nazionali siano tali da mettere in dubbio la ‘permeabilità’ dei giudici nominati sulla base delle delibere del KSR, minando la loro indipendenza e neutralità rispetto ai diritti contrapposti in modo tal che sia lesa le fiducia che i singoli devono avere nella magistratura in una società democratica (punto 165), egli “… sarà tenuto… a disapplicare queste stesse disposizioni a favore dell’applicazione delle disposizioni nazionali precedentemente in vigore, e a esercitare, al contempo, esso stesso il controllo previsto da queste ultime disposizioni” (punto 166). In tal senso, la sentenza indica al giudice del rinvio che la lacuna legislativa può essere colmata ripristinando lo status quo, ritenendo la disciplina anteriore alle riforme compatibili con l’articolo 19, paragrafo 1, TUE, l’articolo 264 TFUE e, in definitiva, i principi democratici e lo Stato di diritto (articolo 2 TUE). La seconda sentenza in commento è stata pronunciata il 20 aprile 2021, nella causa C-896/19, Repubblika contro Il-Prim Ministru, ed anche qui la materia riguarda la verifica della compatibilità del sistema di nomina dei giudici (di Malta in questo caso) con il diritto dell’Unione. Interessante è osservare che la causa è stata promossa con un’azione ‘popolare’ dinanzi alla Prima sezione del Tribunale civile, in veste di giudice costituzionale (Prim’Awla tal-Qorti Ċivili – Ġurisdizzjoni Kostituzzjonali, in seguito ‘il giudice del rinvio”) da un’associazione (Repubblika) che ha tra le proprie finalità principali la promozione della tutela della giustizia e dello Stato di diritto a Malta. Tale associazione ha sollevato dubbi circa la nomina di nuovi giudici, avvenuta nell’aprile del 2019, in conformità dell’applicazione della riforma del 2016 della procedura di nomina disciplinata dalla Carta Costituzionale. Le disposizioni costituzionali contestate (rimaste immutate dalla loro adozione, nel 1964, fino alla riforma nel 2016), conferiscono al Primo ministro il potere di presentare al Presidente della Repubblica la nomina di un candidato al ruolo di giudice; secondo l’associazione ricorrente queste modalità di nomina dei giudici maltesi sono suscettibili di minare la loro indipendenza, in quanto la selezione dei candidati risulta essere espressione del governo. Dalla sentenza emerge che le disposizioni contestate prevedono che la discrezionalità del Primo ministro sia limitata dalla necessità che i candidati debbano soddisfare talune condizioni che, a seguito della riforma del 2016 della Costituzione, sono valutate da un Comitato per le nomine in magistratura, che fornisce un parere al Primo ministro. Il giudice del rinvio ha dunque posto un quesito pregiudiziale alla Corte per verificare la conformità del sistema maltese di nomina dei giudici con il diritto dell’Unione, ovvero con le disposizioni (già richiamate nell’altro caso) di cui all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e all’articolo 47 della Carta. La Corte, riunita anche in tal caso in Grande Sezione, è giunta a conclusioni opposte rispetto al caso precedentemente commentato, dichiarando che il diritto dell’Unione non osta a disposizioni nazionali come quelle in esame perché non sembrano incidere sull’indipendenza o l’imparzialità dei giudici in modo tale da ledere la fiducia che la giustizia deve ispirare ai singoli in una società democratica e in uno Stato di diritto. BOLLETTINO N. 1/2021 FORTE
Bollettino sui servizi legali nell'UE a cura della Rappresentanza del CNF a Bruxelles Preliminarmente, la Corte ha rilevato che al caso di specie potesse applicarsi solo l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e non anche l’articolo 47 della Carta, perché l’associazione ricorrente non è lesa in un diritto soggettivo protetto dall’Unione Europea; tuttavia la Corte ha ammesso che lo stesso articolo 47 della Carta possa essere considerato ai fini interpretativi della prima disposizione, confermando il legame logico tra esse. In merito la Corte ha osservato che “mentre l’articolo 47 della Carta contribuisce al rispetto del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva di ogni singolo che si avvalga, in una determinata fattispecie, di un diritto che gli deriva dal diritto dell’Unione, l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE mira, dal canto suo, a garantire che il sistema di rimedi giurisdizionali istituito da ogni Stato membro garantisca la tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione” (punto 52). Nella proseguo della sua analisi la Corte conferma il percorso descritto supra in relazione alla prima sentenza in commento, per cui l’articolo 19, primo comma, TUE e 267 TFUE (rinvio pregiudiziale) devono assicurare un sistema che garantisca la tutela giurisdizionale effettiva nelle materie del diritto dell’Unione, e tra i requisiti di tale sistema vi è senz’altro l’indipendenza dei giudici, che è essenziale per il buon funzionamento del meccanismo del rinvio pregiudiziale, in quanto attivabile solo da un giudice indipendente. Alla stessa conclusione si arriverebbe anche nell’analisi di un diritto soggettivo, qualora il ricorrente dovesse invocare il diritto una tutela giurisdizionale effettiva e ad un equo processo previsto all’articolo 47 della Carta. La Corte prosegue ricordando come nelle sue recenti pronunce, tra le quali quella sopra commentata, abbia precisato che per verificare la sussistenza delle garanzie richieste dal Diritto dell’Unione, le disposizioni nazionali sulla nomina dei giudici debbano essere tali “…da non suscitare, nei singoli, dubbi in merito alla loro impermeabilità nei confronti di elementi esterni e alla loro neutralità rispetto agli interessi contrapposti” (punto 57); questo criterio, senz’altro ragionevole, è proprio quello contestato dalla associazione ricorrente (ed in un certo senso, anche dal giudice del rinvio), che invece nutre dubbi in merito all’indipendenza e imparzialità dei giudici nazionali. La Corte, tuttavia, spiega che tale criterio ha anche una valenza ‘temporale’. Secondo la Corte, la modifica del 2016 della Costituzione maltese, introducendo nella procedura il parere di un nuovo organo (il Comitato per le nomine in magistratura), è suscettibile di rafforzare le garanzie necessarie per affermare l'indipendenza dei giudici rispetto al sistema in vigore al momento dell’adesione di Malta all’Unione Europea, a condizione che tale nuovo organo sia a sua volta sufficientemente indipendente, elemento che la Corte ha ritenuto dimostrato. I giudici di Lussemburgo sottolineano che, sebbene il Primo Ministro maltese disponga di un potere certo nella nomina dei giudici, l'esercizio di tale potere è delimitato dai requisiti di esperienza professionale, previsti dalla Costituzione, che devono essere soddisfatti dai candidati ai posti di giudice. Inoltre, la facoltà del Primo Ministro di presentare al Presidente della Repubblica anche la nomina di un candidato non proposto dal Comitato per le nomine in magistratura è mitigata dalla necessità di comunicare le sue ragioni al Parlamento. Secondo la Corte, nei limiti in cui il primo Ministro eserciti detto potere soltanto in via eccezionale e si attenga al rigoroso ed effettivo rispetto di un siffatto obbligo di motivazione, il suo potere non è tale da creare dubbi legittimi quanto all'indipendenza dei candidati prescelti. Ci si chiede come si sarebbe dunque pronunciata la Corte qualora il ricorso fosse stato presentato prima della riforma della Costituzione maltese del 2016. In proposito la Corte osserva che, ai sensi dell’articolo 49 TUE, l’Unione riunisce Stati che hanno liberamente e volontariamente aderito ai valori comuni previsti dall'articolo 2 TUE, come lo Stato di diritto, valori che si sono impegnati a rispettare ed a promuovere. Da questo impegno gli Stati membri non possono discostarsi; ne deriva che gli Stati membri non potrebbero modificare la propria normativa, ad esempio in materia di organizzazione della giustizia, qualora tale modifica comporti una regressione delle tutele protette BOLLETTINO N. 1/2021 FORTE
Bollettino sui servizi legali nell'UE a cura della Rappresentanza del CNF a Bruxelles nell’articolo 2 TUE e, in definitiva, dello Stato di diritto. Le conclusioni della Corte in questo caso possono lasciare perplessi perché sembrano confermare la conformità del sistema maltese (nomina dei giudici da parte del Presidente della Repubblica su proposta del Primo Ministro) al diritto dell’Unione Europea in virtù della mera adesione di Malta alla UE, che include l’assoggettamento ai principi ed i valori previsti dall’articolo 2 TUE. Aristotele, nell’analizzare le modalità di nomina dei giudici, non giunge alla conclusione che i metodi che connotano i sistemi democratici siano assolutamente i migliori per l’amministrazione della giustizia, tutt’altro: egli afferma che sistemi misti (monarchia, oligarchia e democrazia) siano preferibili a seconda delle circostanze. Diversamente, la Corte osserva che l’ordinamento dell’Unione Europea è democratico e basato sul concetto moderno dello Stato di diritto e che gli ordinamenti nazionali sono tenuti a rispettare e tali principi. Se in un’interpretazione statica, potrebbero sollevarsi dubbi al riguardo di un sistema, come quello maltese, che affidi al capo dell’esecutivo il compito di indicare i giudici, come si diceva poco sopra, l’elemento dinamico rappresenta un segnale politico fondamentale che costituisce una chiave di lettura essenziale di tali sentenze: mentre in Polonia si producono riforme che comportano un peggioramento dei valori di democrazia, Stato di diritto ed indipendenza, a Malta si introducono riforme che producono un miglioramento di tali valori. e razionalizzare BOLLETTINO N. 1/2021 FORTE
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