Quale formazione per i green jobs - Romano Calvo

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Quale formazione per i green jobs

               Romano Calvo
          Spunti di riflessione tratti da:

               Regione Lombardia
 “Ricerca-azione per la definizione di competenze
         spendibili nella green economy”

                 Regione Liguria
    “Laboratorio delle professioni del domani”

              Provincia di Grosseto
        “Analisi dei fabbisogni formativi”

                             Trento, 27 Ottobre 2011
Le figure presenti nel QRSP Lombardia:

•   Guida ambientale
•   Tossicologo ambientale
•   Tecnico informazione ambientale
•   Tecnico del monitoraggio e audit ambientale
•   Guardia ecologica
•   Esperto in gestione ambientale e recupero del territorio
•   Tecnico per la depurazione acque
•   Esperto in risparmio energetico (energy manager)
•   Responsabile mobilità aziendale (mobility manager)
•   Installatore pannelli fotovoltaici
•   Tecnico controllo e certificazione agricoltura biologica
•   Tecnico progettista di spazi verdi
•   Fitopatologo
•   Consulente Entomologo (agrario)
Le nuove figure individuate:
•   Installatori e manutentori di piccoli impianti di: pompe di calore,
    energia da biomasse, energia eolica, energia geotermica, solare
    termici, fotovoltaici
•   Conduttore di impianti di cogenerazione
•   Tecnico di cantiere per l’edilizia sostenibile
•   Progettista dell’edilizia sostenibile
•   Certificatore energetico
•   Tecnico del risparmio energetico
•   Tecnico manutentore delle risorse idriche
•   Esperto normative energie rinnovabili
•   Tecnico commerciale del fotovoltaico
•   Tecnico di Smart Grid
•   Eco-designer
•   Formatore green
•   Agricoltore biologico
•   Operatore di vivaio (in serra ed in pieno campo)
•   Esperto produzione piante officinali
•   Operatore di fattoria sociale
•   Animatore di agriturismo / Operatore di fattoria del benessere
•   Operatore sociale in terapia orticolturale
Nuovi mestieri?
Buona parte dei green jobs
nascono come evoluzione di
figure professionali esistenti.

Più che di nuovi mestieri si tratta
di nuove conoscenze e nuove
pratiche che si innestano su
figure professionali pre-esistenti.
I green jobs nascono come
        conseguenza di:

•   regolazione pubblica,
•   redditività ed economicità
delle soluzioni green,
•   sensibilità dei cittadini,
utenti, clienti.
Come nascono le competenze
        “green”?

   L’acquisizione di competenze
         avviene sul campo,
  come contaminazione e scambio
 cooperativo tra ambiti disciplinari
diversi, orientati ad un risultato e ad
        una idea di business.
Esempio: l’agricoltura multifunzionale

L’agricoltore oltre che coltivatore, allevatore,
vivaista, frutticoltore ed orticoltore può essere
allo stesso tempo anche: albergatore, guida
turistica, animatore, esperto di bio masse e di
smaltimento rifiuti ?
Si tratta di favorire la contaminazione di
competenze e la cooperazione tra diverse
figure professionali che sappiano interagire
attorno alla vita economica dell’azienda
agricola.
Esempio: l’agricoltura biologica

  Il biologico si impara stando più nei
     campi che in aula, dimostrando
praticamente agli agricoltori che si può
         fare e che conviene farlo.
 E’ un paziente imparare dagli errori e
       copiare da chi lo ha già fatto.
      Gli attuali percorsi di laurea in
  agronomia (con rare eccezioni) non
          prevedono il biologico.
Esempio: il tecnico del risparmio energetico
           PAEA (Reggio Emilia)
Per sostituire una lampadina,
per regolare una caldaia,
per misurare la temperatura,
per calcolare il consumo energetico …
non occorrono né diplomi né lauree,
ma tante piccole conoscenze (kW, lavoro,
potenza, misure del consumo ...)
e competenze chiave (comunicare,
imprenditorialità, imparare ad imparare …).
Un lavoro che si impara facendolo, partendo da
strumenti e pratiche già esistenti,
e sviluppandole ulteriormente.
Esempio: il tecnico di smart grid

Telecomunicazioni – reti informatiche – distribuzione
di energia – normative tecniche di settore, sono
discipline che appartengono a comunità accademiche
che ad oggi non si parlano.
Ed infatti sul mercato la figura non si trova.

Si tratta di creare contesti (formativi) in cui sia
profittevole far parlare questi specialisti tra di loro
riunendoli attorno ad un risultato atteso che è anche
un business: la distribuzione intelligente dell’energia
(per risparmiarla).

E creare le condizioni perché si formino sul campo,
tecnici di medio livello a cui non siano richieste 4
lauree quanto la capacità di agire con efficacia su
quel risultato / business.
Un esempio: i corsi per energy manager

Soltanto le organizzazioni medio-grandi se lo
possono permettere e solo a valle di un
investimento sul risparmio energetico.
Non è una disciplina né una teoria. Si tratta di
“pratiche” realizzabili all’interno dell’impresa
e di “soluzioni” che si possono proporre ad
altri contesti … soltanto dopo averle
sperimentate.
I master generalisti ed allo stesso tempo iper
specialistici, non danno sbocchi
occupazionali verso questa figura.
Imparare ad imparare

Tutti gli attori intervistati hanno chiaramente indicato
nella sostenibilità ambientale non una
specializzazione di nicchia ma una tendenza
fondamentale e pervasiva destinata a revisionare le
competenze di tutte le figure professionali.

La formazione ai green jobs deve fare leva sulla
capacità di imparare, perché i problemi, l’evoluzione
tecnologica e di processo, cambiano,
e sulla capacità di confrontarsi con gli esperti che
volta per volta possono fornire un contributo
conoscitivo alla soluzione dello specifico problema.
Sostenibilità come approccio

La sostenibilità non è un contenuto tecnico
circoscritto che si apprende una volta per tutte,
ma un approccio che sostanzia e si intreccia con
le competenze chiave e con contenuti tecnici
appartenenti ad ambiti e discipline disparate.

La sostenibilità non è una disciplina a se stante
che si aggiunge e affianca a tutte le altre.

E’ un’ottica generale che tuttavia si articola in
specifiche conoscenze tecniche, in policies ed in
strumenti diversi a seconda dell’ambito di
intervento.
Può la formazione anticipare il
            cambiamento?

 La formazione professionale arriva
              “dopo”,
per trasmettere o consolidare saperi
  professionali sviluppati da chi ha
sperimentato sul campo le soluzioni.
I limiti della formazione formale

    Limite intrinseco della formazione
    formale sta nella sua necessità di
    scomporre e ricomporre il sapere
 professionale in moduli formativi, il che
- nella impostazione prevalente - tende a
    tradursi in ore d’aula, in docenza
frontale ed in dispositivi di valutazione e
          certificazione “formali”.
I limiti dei controlli formali

 L’intervento del regolatore pubblico in
      questo ambito tende ancora a
focalizzarsi sul possesso di “patentini”
      o certificazioni di competenza
   spesso basate soltanto sulle ore di
         frequenza ad un corso,
     spesso strutturato su “nozioni”
           e non su “pratiche”.
Il ruolo delle Regioni

 L’istruzione e formazione professionale
rientra nelle competenze delle Regioni e
            Province autonome.
     Il paradigma delle “competenze”
rappresenta un notevole passo in avanti.
 Che può essere ulteriormente declinato
   con il paradigma della sostenibilità.
Sistemi Regionali Competenze.
          I dispositivi in attuazione:

•   Accreditamento strutture formative
•   Standard professionali
•   Standard formativi
•   Standard di certificazione delle competenze
Standard professionali
Per rendere comunicabili i lavori e fornire un
punto di riferimento agli interventi formativi,
occorre descrivere le figure professionali e le
loro competenze a partire dai risultati delle
attività (performance based), con riferimenti
concreti alle pratiche, alle tecnologie ed alle
normative, in continuo aggiornamento.

E’ un laboratorio permanente che osserva e si
confronta con i mutamenti nei luoghi di
lavoro.
Standard formativi
Il regolatore pubblico indica i requisiti essenziali (di
processo e di contenuto) che la formazione
professionale finanziata deve rispettare.

Necessità di superare l’approccio formalistico che
non tocca la sostanza dei processi formativi.

Alcuni spunti dalle check-list di LEED Italia:
- multidimensionale ed interdisciplinare,
- ogni dimensione descritta, misurata e
proceduralizzata,
- performance based cioè focalizzata sui learning
outcome,
- non solo “paletti” ma linee guida che accompagnano
l’intero processo formativo.
Standard di certificazione delle
         competenze

Qualifiche, abilitazioni e titoli formativi
          non sono etichette
      da “appiccicare” al corso,

    ma il riconoscimento pubblico
            dei risultati di un
     processo di apprendimento
             che è continuo.
Standard di certificazione delle
        competenze
Verso una valutazione degli apprendimenti che:
1. Valuta le performance, i learning outcome, il
modo di affrontare e risolvere problemi (non solo
le ore di frequenza e la risposta giusta);
2. Si avvale di simulazioni, prove pratiche, case
studies, osservazione dell’allievo in situazione;
3. Fa riferimento a linee guida, protocolli, check
list e sistemi di rating multi dimensionali;
4. E’ processuale e non si limita al momento
dell’esame;
5. E’ condotta con l’ausilio di esperti ed
associazioni riconosciute del settore (comunità di
pratiche).
Allo scopo, può essere utile …

                      Distinguere tra:
Certificazione delle competenze (processo mediante il
   quale le competenze acquisite da una persona in
     contesti formali, informali o non formali sono
   verificate - tramite prove specifiche rapportate a
  standard professionali istituzionalmente definiti - e
               riconosciute pubblicamente);
                              e:
 Dichiarazione di apprendimenti (riconoscimento che
 avviene all’interno degli eventi formativi finalizzato a
mettere in trasparenza specifici apprendimenti anche
parziali, al fine di una loro valorizzazione come credito
           formativo in altri percorsi formativi).
Grazie per l’ascolto

romano.calvo@libero.it
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