BREXIT LA VERITA' Ricerca giornalistica condotta dagli studenti dell'IIS "Carducci" di Cassino - Sagitter Training

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BREXIT LA VERITA' Ricerca giornalistica condotta dagli studenti dell'IIS "Carducci" di Cassino - Sagitter Training
Londra, Luglio 2019

BREXIT
LA VERITA’
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Ricerca giornalistica condotta dagli studenti dell’IIS “Carducci” di Cassino
BREXIT LA VERITA' Ricerca giornalistica condotta dagli studenti dell'IIS "Carducci" di Cassino - Sagitter Training
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INDICE

Pag. 3 ​- Brexit, perché cercare la verità

Pag. 5 ​- Londoners: stessa comunità, idee diverse.
Interviste in strada per raccogliere il feeling

Pag. 6 ​- Il peso delle fake news sul referendum:
Giacomo Livan, professore e ricercatore UCL London

Pag. 7 ​- Gli effetti sui 700mila italiani in UK:
Marco Villani console generale a Londra

Pag.10 -​ Una scelta che non tocca solo la politica:
Marco Delogu, direttore dell’Istituto italiano di cultura

Pag.12 -​ Spunti e analisi, ma anche storie da leggere:
Marco Varvello, capo ufficio Rai a Londra

Pag.15 -​ Terreno per il giornalismo investigativo:
Federico Gatti, corrispondente Mediaset a Londra

Pag.18 -​ Conclusioni

Pag.20 -​ Materiale di studio
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Brexit, perché cercare la verità
Nel giugno del 2016 il Regno Unito ha deciso di proporre un referendum ai suoi cittadini:
rimanere o meno nell’Unione Europea. Il risultato ha visto vincere, anche se con una poca
differenza percentuale (52% contro il 48%) coloro che erano contro l’UE. Una scelta che fin dai
primi istanti ha fatto subito capire il peso sociale, politico ed economico che avrebbe avuto per
gli anni a seguire. Oggi, luglio 2019, quella scelta ancora non ha trovato un riscontro reale, dato
che il Regno Unito è ancora membro dell’Unione Europea. I tanti dibattiti, votazioni in
Parlamento, manifestazioni di protesta pro e contro la Brexit, non hanno ancora portato a una
decisione su una uscita certa. Una data c’è: 31 ottobre 2019, quando l’UK lascerà l’UE. Ma come
la lascerà ancora non è stato deciso.

Nelle tre settimane dedicate al corso di Digital Journalism abbiamo approfondito le tecniche di
base in ambito giornalistico che poi abbiamo messo in pratica per approfondire il topic Brexit,
soprattutto anche dal nostro punto di vista. Ci siamo quindi ritrovati ad intervistare comuni
cittadini, sia inglesi che stranieri trasferitisi in Inghilterra. Abbiamo notato una certa reticenza
nella partecipazione, forse per l’impegno di un’apparizione in video, forse per l’importanza
dell’argomento trattato. I soggetti intervistati sono stati scelti casualmente per astrazione
sociale, nazionalità, sesso ed età per riuscire così ad avere una vasta gamma di opinioni per un
chiaro quadro generale sull’argomento. Noi studenti intervistatori abbiamo notato che le
risposte date, spesso sono dettate dalla disinformazione generica della maggior parte dei
cittadini; infatti si può notare che ad avere consapevolezza dei danni a livello socio-economico,
provocati dalla Brexit, sono soprattutto i cittadini stranieri, preoccupati per la loro posizione in
Inghilterra.

Per approfondire ancora di più l’argomento, cercando di ottenere il maggior numero di
informazioni possibili per avere un nostro quadro della situazione, abbiamo anche incontrato e
intervistato persone ed esperti che vivono e lavorano nel tessuto sociale, economico e politico
di Londra. Per arrivare alla nostra “Brexit, la verità”
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Studenti del progetto

Viviana Capuano, Sara Casale, Sofia Cerruti, Sara Cunto, Francesco Maria D’Alessandro, Melissa
Gazzellone, Beatrice Golini-Petrarcone, Flavia Ionta, Alessio Lanni, Federico Macrì, Ludovica
Mattia, Alessia Palombo, Aurora Parisi, Gioia Annalia Rocco, Isabella Treglia - ​Docenti
accompagnatori​: Anna Franca Grimaldi, Rosa Maria Paola Garozzo, Lucio Rossi, Sabrina Ferraro

Docenti

Alessandro Allocca (digital journalism) - Chiara Bruschi (tecniche di intervista) - Luciano
Ruocco (tecniche di video giornalismo ed editing)

Contributors

Marco Villani (Console generale italiano a Londra) - Marco Delogu (Direttore Istituto di cultura
italiana a Londra) - Marco Varvello (Capo ufficio di corrispondenza Rai a Londra) - Federico
Gatti (Capo ufficio di corrispondenza Mediaset a Londra) - Giacomo Livan (Ricercatore fake
news UCL London) - Emil Ceron (Esperto in storytelling)

Team Sagitter Training

Lucia Garlando, Chiara Saviotti, Simona Barone, Julian Paolini
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Londoners: stessa comunità, idee diverse.
Interviste in strada per raccogliere il feeling

Per capire quale siano i pensieri dei londinesi sulla Brexit, abbiamo deciso di intervistarli.
Abbiamo chiesto loro se fossero pro o contro Brexit, poi abbiamo proseguito facendo loro
domande su Boris Johnson (all’atto della realizzazione del progetto il candidato più favorevole a
prendere il posto di Primo ministro al posto della dimissionaria Theresa May) e su come la
Brexit potrebbe influenzare la loro vita e quella degli inglesi.

Abbiamo ottenuto risposte contrastanti tra loro, ma per la maggior parte comunque contro la
Brexit. Ciò che ci ha colpito maggiormente è stata la sincerità con cui gli intervistati ci hanno
risposto, facendo emergere anche della commozione davanti questo tema così importante e che
potrebbe cambiare radicalmente le loro vite.

Da sottolineare che comunque Londra, dove abbiamo svolto le interviste nel quartiere
finanziario di Canary Wharf, non può di certo rappresentare l’intero Regno Unito, anche se
vanta una buona percentuale dei residenti totali: 9 milioni di ​londoners s​ u quasi 60 milioni di
british​. E’ inoltre una metropoli cosmopolita, quindi abituata a confrontarsi con altre comunità
provenienti dal resto del mondo. Sentimenti differenti invece nelle aree più interne del Paese
dove si respira un’aria molto più antieuropeista.
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Il peso delle fake news sul referendum: Giacomo Livan,
professore e ricercatore UCL London

Nel corso del progetto “Brexit: the truth”, ci siamo spesso ritrovati ad ascoltare l’opinione di
diversi esperti su più aspetti di questa complessa questione. In particolare, verso la conclusione
del nostro percorso, il 5 luglio abbiamo avuto la possibilità di seguire una lezione del professore
e ricercatore UCL, Giacomo Livan. L’incontro e la conseguente intervista hanno riguardato
principalmente il tema delle “fake news”. Esse costituiscono un elemento decisamente
pericoloso per il fragile mondo di Internet, al punto da influenzare decisioni di massima
importanza, come la Brexit, prese sulla base di menzogne o congetture smentite troppo tardi o
addirittura mai.

Internet è una rete così fitta che talvolta si pensa che ciascun filo non sia estremamente
determinante, ma nel corso di questa lezione, abbiamo appurato che ogni parola, ogni frase e
ogni persona o “bot” può dar vita ad un caso mediatico in grado di influenzare intere parti della
nostra vita. Se poi il primo tassello di questo infinito effetto domino è costituito da “fake news”,
il risultato sarà praticamente disastroso, anche perché amplificato da particolari situazioni
come l’“echo chamber” e perché impossibile da bloccare anche attraverso le operazioni di
“debunking”.
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Gli effetti sui 700mila italiani in UK:                                     Marco Villani
console generale a Londra

            Il console Villani con gli studenti presso la sede del Consolato a Londra

Tra le massime autorità in rappresentanza dello Stato italiano a Londra è sicuramente quella
del Console generale. Attualmente il ruolo è rivestito da Marco Villani. Il suo percorso di studi
prende il via a Milano dove si laurea in Giurisprudenza nel dicembre del 1986, con una tesi in
diritto internazionale. Nel marzo del 1992 entra nella carriera diplomatica e viene assegnato al
Servizio Stampa e Informazione del Ministero degli Affari Esteri. Dopo vari incarichi in Belgio e
in Tunisia, rientra in Italia dove ricopre l’incarico di Consigliere Diplomatico del Ministro del
Lavoro e delle Politiche Sociali. Nel 2016, presso la Direzione Generale per la Promozione del
Sistema Paese, ricopre l’incarico di Coordinatore delle attività di rilievo internazionali delle
Regioni e delle Autonomie territoriali. Viene infine nominato Console Generale d’Italia a
Londra il 29 marzo 2018.

Circa 700.000 italiani risiedono attualmente nel Regno Unito e nonostante il fenomeno della
Brexit, il numero è in continuo aumento. Ad affermarlo è stato lo stesso Marco Villani il quale,
tra i suoi incarichi istituzionali, si è proposto anche di promuovere l’eccellenza italiana
all’estero, sostenere la comunità italiana attraverso i canali social, tutelarne i diritti e divulgare
le informazioni istituzionali.
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Quali sono i vantaggi per un giovane italiano che sceglie Londra come
sede per i propri studi?
Il Regno Unito ha un sistema universitario molto efficace che facilita l’ingresso sul mercato del
lavoro dei giovani laureati. Offre inoltre numerose possibilità tra cui quella di partecipare a
stage in aziende internazionali che consentono agli studenti di relazionarsi con una nuova
realtà. Un quadro formativo accademico, più teorico ed erudito come quello inglese si
contrappone alla preparazione italiana ampia e ricca. Ciò che spinge molti universitari a
frequentare gli atenei inglesi è l’ottimo rapporto costo-servizio, inteso come prezzo delle rette
universitarie. Infatti, il sistema americano, sebbene valido, ha costi più elevati. L’eventuale
uscita del Regno Unito dall’Europa non potrebbe garantire queste agevolazioni economiche e
potrebbe non offrire più le stesse opportunità agli studenti provenienti dall’UE, Italia compresa.

Come vede l’attuale condizione politica della lontana Italia?

Rappresento lo Stato italiano e seguo gli emendamenti del governo che guida la nostra politica
estera. In questo momento l’Italia sta vivendo un’importante fase di collocamento in Europa.
Infatti, in seguito alle elezioni, il governo è impegnato in politiche legate alla fiscalità,
all’immigrazione e naturalmente a favorire lo sviluppo del lavoro del nostro Paese. Questa è
dunque una politica difficile da attuare perché bisogna basarsi su dinamiche di rapporto con
paesi europei. Essere console in UK mi offre l’opportunità di avere una visione completa
riguardo gli avvenimenti che quotidianamente dipingono Il Regno Unito come una nazione
ormai decisa ad uscire dall’Unione Europea, una nazione con la quale, di conseguenza, non solo
l’Italia, ma anche tutti gli altri paesi dell’UE avranno un diverso rapporto. Probabilmente l’UK si
troverà di fronte alla gestione di un quadro bilaterale molto complesso che rappresenterà
dunque una grande sfida anche per l’Europa Unita.
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Perché il tenore di vita inglese dovrebbe essere migliore di quello italiano?

Sebbene la Brexit abbia influenzato il mercato inglese, tuttavia il saldo degli italiani emigrati in
UK rimane positivo. I principali interessi di questi ultimi sono lo studio universitario e
l’inserimento nel mercato del lavoro internazionale. Il mercato britannico offre stipendi
mediamente più elevati anche se allo stesso tempo il costo della vita è nettamente più alto di
quello italiano. Dato l’avvento del XXI secolo, si è registrata in UK, negli ultimi 20 anni, una
flessione di alcune professioni, con una crescente percentuale di italiani impiegati nel settore
terziario. Sempre più italiani infatti occupano un ruolo nella classe dirigente.

Quale aspetto lavorativo ritiene più interessante nell’amministrazione di una
comunità così vasta quanto potrebbe essere l’intera popolazione di Bologna?
È impossibile prevedere tutto ciò che potrebbe accadere ogni giorno in una comunità vasta
quanto la popolazione presente attualmente nella città di Bologna. Ricoprire il ruolo di console
significa lavorare a tempo pieno, tenendo sempre presenti i bisogni e le necessità di ogni
cittadino italiano residente nel Regno Unito.

Se da un lato la città di Bologna presenta varie istituzioni come la questura, la prefettura e gli
enti comunali, dall’altro nell’intero UK a rispondere alle richieste dei residenti italiani, è solo il
consolato. Inoltre c’è un altro aspetto, a cui spesso viene data poca importanza: l’assistenza
sociale. Ci sono infatti moltissimi cittadini che incontrano problemi di natura sanitaria o
giudiziaria.

Quando inoltre ricoprii l’incarico di console, mi trovai ad affrontare il caso di Mariam Moustafa,
la ragazza italo-marocchina morta a Nottingham, in seguito alle ferite riportate in un attacco di
bullismo, e il caso di Alex Montresol, il bambino che è stato portato in Italia per essere curato
nell’ospedale “Bambin Gesù” di Roma. Nonostante la mia attività sia molto impegnativa anche
dal punto di vista empatico, tuttavia aiutare le persone in difficoltà rappresenta per me uno
degli obiettivi lavorativi più importanti.
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Una scelta che non tocca solo la politica: Marco Delogu,
direttore dell’Istituto italiano di cultura

       Da sinistra Federico Gatti e Marco Delogu, direttore Istituto di cultura a Londra

Marco Delogu nato a Roma da genitori sardi può dirsi direttamente in connessione con la
cultura italiana. Questa sua origine e il suo rinomato lavoro di fotografo internazionale lo
portano nel 2015 alla direzione dell’istituto italiano di cultura a Londra, dove risiede ormai da
quattro anni.

Ci è parso corretto sentire il suo parere per mettere luce su quelli che saranno i rapporti tra
l’Italia e la Gran Bretagna, a livello culturale, nel caso in cui dovesse effettuarsi la Brexit.

Nel conoscerci ha aperto questa intervista con una breve introduzione sulla diversa cultura
inglese e di come questa cultura influenzi i rapporti tra questo paese con il resto dell’Europa.

“...diversa religione, valuta e un rimando costante alla cultura americana unita ad una forte
arroganza coloniale la portano ad inclusione elitaria riguardo la cultura estera...”
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Come è recepita la cultura italiana in Inghilterra?

Gli Inglesi, come ho precedentemente accennato, non risultano essere molto aperti nei
confronti della cultura estera, inclusa quella italiana. A livello linguistico, o nell’ambito
culturale in genere, pensate che la percentuale di libri italiani tradotti in inglese ammonta al 3
/4 % di cui la maggior parte tesi e saggi economici o scientifici. Un unico caso al di fuori
dell’ordinario è quello di Elena Ferrante che all’inizio ha incontrato numerosi ostacoli poi
superati dall’editore, indipendente, per la traduzione e pubblicazione dei libri, che ora contano
quattro milioni di copie vendute.

La Brexit potrà creare difficoltà nell’esportazione della cultura italiana, in questo
paese, a suo parere?
Sì, ne risentirà, ma la cultura italiana è vista come un sicuro mezzo di guadagno, quindi si
arriverà al raggiungimento di un accordo, che potrà solo ridurre le finanze britanniche.

Secondo lei quali sono stati i motivi che hanno spinto la popolazione a richiedere
un referendum che ha in seguito confermato la Brexit?
Dall’ambiente londinese si può notare il disagio generale del popolo: l’età media non cresce; il
dislivello educativo, culturale ed economico tra i più abbienti e i meno è abissale; la sanità è
trascurata forse più che in Italia. Inoltre questo è un paese alquanto classista e che si appiglia
anche a leggere inflessioni linguistiche per marcare il vaglio culturale. Persino la mia ex-moglie,
decisamente progressista, nata e cresciuta in una famiglia abbiente inglese, riconoscendo
diverse inflessioni dialettali rimaneva “perplessa” il più delle volte e sembrava avesse voglia di
evitare luoghi al di fuori della sua “comfort zone”. Quindi i motivi che spingono alla ricerca di
più libertà e di una voce comune, ci sono.

Essendo a Londra da quattro anni ha potuto vedere l’influenza che la Brexit ha
avuto sul territorio, ha preso parte riguardo l’argomento?
Sono favorevole all’idea di “Europa”, ma anche in parte critico, perché sono consapevole che
negli ultimi anni c’è stato un momento di particolare difficoltà. Tutti vedono l’Europa della
banche anziché quella dei cittadini. Io, invece, sarei addirittura a favore di un’”Europa fiscale”.
Quindi si potrebbe dire che mi ritrovo dalla parte dei “remainers”.
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Spunti e analisi, ma anche storie da leggere: Marco
Varvello, capo ufficio Rai a Londra

     Marco Varvello con gli studenti presso il suo ufficio a poca distanza da Westminster

Marco Varvello, laureato in filosofia, è un giornalista italiano che lavora come capo di
corrispondenza Rai nel Regno Unito. Durante la sua carriera ha avuto modo di lavorare in alcuni
dei più grandi poli a livello mondiale tra cui anche la Germania e gli Stati Uniti. In Italia ha
iniziato la sua carriera presso il quotidiano "La Notte", passando poi a "Il Giornale". Nel 1987 è
entrato a far parte della Rai prima come conduttore del tg della Lombardia e successivamente
come capo servizio al tg1, prima alla redazione economica e poi agli esteri. Recentemente ha
pubblicato per Mondadori il libro "Brexit Blues", un insieme di storie che riguardano l'impatto
della Brexit sulla vita di persone e famiglie

Da cosa è stata dettata la scelta del titolo del suo libro “Brexit Blues” ?

Per quanto riguarda il mio libro, quest’ultimo non può essere considerato un saggio dal
momento che non si parla di negoziati a livello politico-economici. Si tratta invece di una
collezione di “short stories” inerenti alla vita di persone normali che hanno visto la loro vita
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cambiata in seguito ad una scelta, fatta ormai 30 anni fa. Ho cercato di raccontare la loro
malinconia, ed ecco spiegata la scelta del termine blues, un genere di musica nostalgico.

Come la Brexit ha influenzato la stesura del suo saggio?

Il punto di vista del saggio è del tutto di vista personale. Purtroppo il racconto dimostra come in
realtà la Brexit sia già avvenuta.

C’è un messaggio particolare che ha voluto trasmettere con il suo libro, anche a
livello personale ?
Il mio libro termina con un inno a Londra, inteso come lo spirito di questa città, globale e
multietnica. Considero Londra come un esempio virtuoso, in cui persone provenienti da nazioni
differenti convivono e sono ben integrate nel territorio. Tale concetto, a mio avviso, si
contrappone al messaggio trasmesso dalla Brexit: “Padroni in casa nostra”

Londra potrà ricoprire un ruolo importante importante dopo Brexit ?

Spero che Londra possa rimanere il fulcro del mercato internazionale senza chiudersi in se
stessa. Il Regno Unito rimarrebbe un paese di medie dimensioni e senza aiuti da parte dell’UE
potrebbe non riuscire a mantenere rapporti economici con il resto delle potenze mondiali.

Lei personalmente come ha vissuto la Brexit ?

Ho la doppia cittadinanza ma nonostante questo, è stata una grande sorpresa spiacevole. Ho
partecipato alle dirette sia la sera prima, sia all’indomani del referendum, convinto che i
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remainers fossero in vantaggio. Questo è un paese che ha sempre avuto una particolare apertura
nei confronti del resto dei paesi dell’UE e le erano state concesse diverse esenzioni economiche.

Com’è stato lavorare in grandi poli quali New York, Berlino e Londra ?

Ho lavorato a New York all’inizio degli anni Novanta e già da allora era il centro economico e
culturale più sviluppato. Berlino, invece, è una città più gradevole e meno frenetica. Sono
tornato a Londra dopo anni nel 2014 e dal punto di vista del mio lavoro, ci sono stati numerosi
eventi di notevole importanza: referendum e indipendenza della Scozia nel 2014, le elezioni del
primo ministro nel 2015, il referendum pro o contro Brexit nel 2016 e gli attacchi terroristici e le
elezioni anticipate nel 2017.
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Terreno per il giornalismo investigativo: Federico Gatti,
corrispondente Mediaset a Londra

         Federico Gatti, giornalista investigativo e corrispondente Mediaset da Londra

Federico Gatti, 35 anni, è un giornalista investigativo italiano, corrispondente delle reti
Mediaset a Londra. Si è laureato in giornalismo internazionale alla city university of London e
ora concentra la sua attività giornalistica su molti temi di attualità, con particolare riferimento
alla Brexit. Noi abbiamo avuto il piacere di porgli qualche domanda a riguardo.

In che modo il giornalismo britannico racconta la Brexit?

In Inghilterra c’è un’ossessione per il “politically correct”. È necessario non avere un
atteggiamento che possa di fatto nuocere a delle minoranze, che ci sia la par condicio in ogni
caso, cosa che però, certe volte, ha lasciato spazio a dei veri e propri paradossi. Questo principio
può essere un enorme rischio, per esempio, l’ultima volta che c’è stata una grande
manifestazione anti-Brexit (c’erano circa centomila persone in strada a Londra) ci sono stati
due minuti di servizio in prima serata. Però, c’era bisogno di offrire anche la visione opposta,
quindi qualcuno che spiegasse perché procedere con la Brexit e non fermarla. Così hanno
dedicato lo stesso tempo a due milioni di persone (artisti, membri dell’Inteligentia, politici,
associazioni di infermieri) e a qualcuno che fosse a favore della Brexit. A chi? Nigel Farage. Da
solo, in un pub, con la birra. Questo è forse il rischio di tale posizione britannica.
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La Brexit sta indubbiamente influenzando la politica di tutta Europea, in
particolar modo questo atteggiamento di rivolta da parte di chi vuol lasciare
l’UE. Pensi, quindi, che anche l’Italia ne stia risentendo direttamente o
indirettamente?
Sì, secondo me tra il Movimento 5 Stelle e la Lega i sostenitori della Brexit troverebbero
sicuramente terreno fertile. Questo non è, però, solo relativo all’Italia, ci sono i “Gilet Janues”
in Francia per esempio. Quindi sicuramente la Brexit potrebbe rappresentare una sponda per
l’Italia, oltre che avere delle ripercussioni negative per i ragazzi come voi che vorrebbero venire
qui a studiare. Un’altra cosa che forse vale la pena sottolineare è che l’UE voleva inizialmente
punire l’Inghilterra rendendola un esempio, ma in realtà non è successo. E non sono in pochi
all’interno dell’UE a dire al suo Paese: “Ma basta! Andatevene! Perché se rimanete ci peggiorate
le cose.” Quindi sicuramente è una carta potente anche per l’Europa e anche per questo è
difficile trovare una soluzione, anche perché se sposti un dato da una parte, un altro viene
meno. Di certo, quello in cui sono bravi gli inglesi è nascondere i propri difetti.

Come stai vivendo la Brexit dal punto di vista personale?

Per quanto riguarda l’effetto che ha avuto su di me e sulla comunità di europei che vivono qui a
Londra il referendum ha provocato un grande dispiacere, ma anche un senso quasi di
abbandono e tradimento. Parlo a nome della comunità di europei, che nel corso dei decenni si è
proiettata nella vita londinese con entusiasmo, sentendosi subito coinvolta e accolta, nel dire
che ci siamo sentiti appunto traditi. Come se, ad esempio, tu andassi ad una cena, ricevessi
delle feste perché sei arrivato e poi durante il dolce scoprissi che in realtà non sei il benvenuto.
Inoltre, durante la campagna pre-referendum, anche a seguito del risultato del voto, c’è stato
un inasprimento da parte delle istituzioni riguardo ai negoziati, perché siamo diventati quasi
come delle “fiches”, sia nell’opinione pubblica che nei giornali, delle condizioni e del dibattito
nei nostri confronti. Ci siamo sentiti esclusi e messi da parte, e sicuramente non è stato
piacevole. La Brexit ha letteralmente spaccato le famiglie, le relazioni, ha creato problemi in
molti ambiti sociali e nei posti di lavoro, è stato un tema che ha altamente appesantito
l’atmosfera. Poi, Londra è una bolla e la cosa è stata abbastanza relativa, mentre fuori città se
ne sono viste di cotte e di crude.

Per quanto riguarda i negoziati avrebbe potuto avere all’inizio un senso un accordo più
intransigente, usare il pugno di ferro con l’Europa per ottenere di più, ma poi si è capito subito
che sarebbe stata una strategia controproducente. Infatti così è stato, perché in teoria la May,
secondo i piani iniziali non avrebbe dovuto ottenere il “via libera” del Parlamento, è stata
costretta a farlo da una causa avanzata da un avvocato, Gina Miller, che ha vinto e costretto il
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Governo ad ottenere il via libera dal Parlamento, il che non è avvenuto, perché di fatto la Brexit
può essere ottenuta in tante maniere. È stato impossibile trovare una larga maggioranza in
Parlamento. Ci vorranno ancora mesi, se non anni per trovare il bandolo della matassa. Ci sono
così tanti aspetti contraddittori, difficili e delicati che verranno risolti solo con un lungo e
doloroso lavoro delle istituzioni, salvo poi sorprese dell’ultimo minuto, come una revoca
dell’articolo 50 o un secondo referendum che oggi è difficile prevedere.
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Conclusioni

Nella nostra ricerca la prima cosa che abbiamo respirato è un grande clima di incertezza dettato
dall’assenza di informazioni certe sul futuro che riguarderà il Regno Unito una volta uscito
dall’Unione Europea. Un’assenza di informazioni che non è però nuova nella società, dato che
anche prima del referendum del giugno 2016, non sono state effettuate delle campagne mirate
sulle possibili conseguenze, o anche vantaggi, che il Paese avrebbe vissuto una volta uscito
dall’UE. O, anche se ci sono state, queste sono state ampiamente offuscate dalle attività di fake
news messe in atto da coloro che spingevano per la Brexit. Infatti, molte persone per cercare di
avere un quadro completo prima di andare al voto si “rifugiavano” sui social, ma quello che
ricevevano come feedback erano solo informazioni diffamatorie nei riguardi dell’Unione
Europea, come se fosse il male di tutte le crisi economiche, politiche e sociali degli ultimi
decenni nel Vecchio Continente.

Ad oggi, secondo quanto emerso durante la nostra ricerca basata su numerose interviste, questa
assenza di informazioni continua ad esserci, nonostante siano passati più di tre anni dal giorno
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del voto e la Brexit sia quasi arrivata ad essere messa in pratica, visto che la data fissata per
l’uscita dovrebbe essere quella del 31 ottobre 2019.

A nostro parere, l’errore forse è stato quello di affidare una decisione così importante per il
futuro del Paese, ma anche per le generazioni che verranno, al popolo il quale storicamente
vota più per un sentimento di rivalsa o contrasto verso i poteri forti, che di analisi oggettiva di
una situazione, più o meno di disagio, con le intenzioni di cambiarla in meglio per se stessi e
per lo stesso Paese.

Quello dato a giugno del 2016 è stato indubbiamente un voto leggero, da entrambe le parti, sia
per i Brexiters che i Remainers, dato che per tutti la questione Brexit ancora oggi risulta essere
uno degli argomenti più spinosi, corposi e impegnativi, per la storia del Regno Unito come della
stessa Europea, dato che mai nessun paese fino ad ora aveva deciso di lasciare l’UE.

Le fake news, i socials, i numeri diffusi non reali, le informazioni date non veritiere hanno
infine contribuito a creare ancora più confusione con il risultato che nessuno sa, dai piani alti
del Governo giungendo fino ai lavoratori di tutti i giorni, quale potrebbe essere il futuro di
Londra una volta staccatasi da Bruxelles.

Il nostro ruolo, come studenti e futuri giornalisti, sarà quello di continuare a controllare che le
informazioni che ci giungono abbiano una base di verità, affinché poi anche chi non ha i mezzi
adeguati di controllo, possa comunque avere una sua opinione plasmata da fatti reali.
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Materiale di studio

              LInk diretto alle slide utilizzate durante il corso
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