LA MISTERIOSA ISOLA DI PASQUA - e-storia Main Page
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
Storia Antica Antonietta Guidali LA MISTERIOSA ISOLA DI PASQUA (Rapa-nui ovvero Grande Isola) L’isola di Pasqua misteriosa lo è davvero: numerose sono le leggente e le ipotesi fiorite soprattutto nel corso degli ultimi due secoli - favorite dalla presenza delle gigantesche statue chiamate Moai - prima tra tutte quella di un immenso continente che andava dalle Americhe all’Asia di cui le isole del Pacifico ne sarebbero solo il ricordo. In realtà l’isola di Pasqua è di origine vulcanica, circondata da abissi che, scandagliati in passato, negano la possibile esistenza di un continente emerso. L’isola ha dimensioni minuscole: di forma triangolare, simile alla Sicilia, ha un’estensione di soli 163 kmq. e i suoi tre lati misurano 24, 18 e 16 Km. Anno XII - numero 1 - Marzo 2022 Pagina 24 di 42
Spersa nel mezzo dell’oceano Pacifico appartiene al Cile, da cui dista oltre 3.600 Km. (5-6 ore di aereo e altrettante ne dista da Tahiti). E’ tuttora territorio militare cileno, con un solo insediamento urbano, il villaggio di Hanga-roa, in cui risiede la maggior parte della popolazione. Gli abitanti attuali (7.750) sono il frutto di mescolanze tra la componente indigena, Sullo sfondo una serie di Moai. provenienti dalle isole Marchesi e In primo piano cappelli caduti al suolo polinesiane in genere, da cui deriva anche la lingua locale, e successivi arrivi di cileni, francesi, inglesi, tedeschi, italiani che vi hanno fatto scalo (pare che i ciottoli che attorniano il basamento dei Moai rivolti verso le isole Marchesi provengano dal fiume Ticino, probabilmente zavorra di qualche nave che lì è approdata o fatto naufragio). La lingua locale non è supportata dalla scrittura, anche se sono state rinvenute poche tavolette incise mai decifrate. E’ priva di alberi d’alto fusto (tranne un centinaio di palme donate dal Giappone) e povera di flora (perlopiù arbusti) e di fauna. Spazzata dal vento, gli uccelli marini nidificano nelle crepe degli isolotti sparsi; cavalli, pecore, mucche e maiali sono stati importati, come pure i ratti. Unico rettile, la lucertola. Data la profondità delle acque, la fauna marina è relativamente scarsa. Al largo abbondano i capodogli, ma la navigazione d’altura è difficoltosa e l’isola non dispone di un porto capace di accogliere barche adeguate. Allo sbarco dei primi coloni polinesiani, che si fa risalire all’800-900 d.C., probabilmente l’isola si presentava come una immensa foresta di palme. Fino al 1200 d.C. la popolazione era numericamente modesta, in equilibrio con le risorse naturali disponibili. La scomparsa degli alberi si attribuisce (ma questo resta comunque uno dei misteri) alla costruzione dei Moai, le gigantesche statue di pietra, il cui trasporto richiedeva notevoli quantità di legname. Nuovi sbarchi aumentarono significativamente la popolazione (tra i 15.000 e i 20.000 abitanti nel 1400) e l’attività di abbattimento degli alberi si intensificò significativamente anche per l’uso come combustibile (in seguito si utilizzarono solamente arbusti). Le condizioni di vita peggiorarono al punto da provocare violente guerre intestinali fra i clan. Nel corso dei secoli diverse navi si avvicinarono all’isola. Il primo occidentale a sbarcavi il giorno di Pasqua del 1722 (da cui il nome) fu l’olandese Jakob Roggeven. In seguito fu la Spagna ad annetterla dimenticandola però molto presto. Anche il capitano Cook si avvicinò nel 1774, ma non sbarcò. All’arrivo delle navi il copione si ripeteva più o meno uguale. Gli indigeni salivano a bordo curiosi e allegri, ma si impegnavano a rubare tutto quello che li incuriosiva (berretti, tovaglie…). Le donne si offrivano spontaneamente in cambio di regali. Ciò fino a quando i marinai, stanchi delle continue ruberie, non sparavano sula folla e ripartivano. Anno XII - numero 1 - Marzo 2022 Pagina 25 di 42
Il 1862 fu decisivo e segnò la fine della civiltà dell’Isola di Pasqua. Arrivarono infatti i cacciatori di schiavi per il reclutamento della mano d’opera da impiegare nello sfruttamento dei giacimenti di guano in Perù, dove la scarsa alimentazione e le epidemie decimavano i lavoratori. Il 12 dicembre una piccola flotta arrivò ad Hanga-roa: gli isolani che, come di consueto, salirono a bordo, furono immediatamente imprigionati, mentre i negrieri scesi sull’isola catturavano tutti gli indigeni che riuscirono a trovare. Il carico umano fu subito venduto alle compagnie che si occupavano dello sfruttamento del guano: in pochi mesi i 1900 indigeni catturati si ridussero a un centinaio. Grazie all’intervento del vescovo Jaussen, i governi francese e inglese presentarono al Perù una nota di protesta e i superstiti vennero rimpatriati. La maggior parte morì di tubercolosi e vaiolo durante il viaggio. Solo una quindicina riuscì a raggiungere l’isola, ma la conseguenza fu la diffusione del vaiolo e l’isola si trasformò in un immenso cimitero, tant’è che ancora oggi si ritrovano ossa sparse nelle grotte e nelle fenditure delle rocce. All’epidemia di vaiolo si aggiunsero lotte interne e carestie. L’isola cadde in miseria, abbandonata a se stessa, senza aiuti nemmeno dal Cile di cui nel frattempo era diventata parte. Nel 1877 erano rimasti sull’isola solo 111 abitanti. Nel 1866 un ufficiale francese Jean-Baptiste Dutrou- Borniec giunse sull’isola accompagnato dal suo socio d’affari, l’inglese Bournier. Diede luogo ad un piccolo regno: internò la popolazione indigena e trasformò l’isola in un enorme pascolo di pecore e mucche. Dieci anni dopo la popolazione insorse e lo uccise. La proprietà passò al socio, ma alla sua morte gli eredi non furono in grado di rivendicarne la proprietà. Il 9 settembre 1888 l’isola di Pasqua fu annessa al Cile. Pur considerata territorio militare, Il governo cileno permise di continuare con l’allevamento del bestiame; stabilì sull’isola una stazione metereologica e una sismica. Moai restaurato con occhi dipinti come pare fossero tutti in origine All’inizio del ‘900 l’isola fu ancora flagellata da epidemie, ultima fra queste la lebbra. Nel 1914 scoppiarono violentissimi scontri tra la popolazione indigena e quella cilena. L’intervento di una nave da guerra cilena sedò gli scontri, ma il comandante della nave espresse preoccupazioni vedendo le condizioni in cui versava la popolazione indigena. Da quell’anno fino al 1977, l’isola rimase sotto il ferreo controllo dell’esercito cileno. Attualmente l’isola dispone di un aeroporto (costruito dalla NASA come possibile atterraggio di fortuna dello Shattle). Cisterne alimentano la distribuzione dell’acqua mentre la corrente elettrica è alimentata da generatori diesel, il cui rifornimento (ogni due settimane) avviene con collegamenti di tubature galleggianti tra la nave e la costa, non essendoci un porto a causa dell’intenso moto ondoso. Dall’inizio della pandemia di Covid, l’isola è stata chiusa ai turisti. Non disponendo né di ospedali né, soprattutto, di strutture per terapie intensive, le misure di sicurezza sono state drastiche. Nonostante una intensa campagna di vaccinazione, un referendum dello scorso dicembre ha confermato la chiusura per l’impossibilità di prestare eventuali cure adeguate. Anno XII - numero 1 - Marzo 2022 Pagina 26 di 42
Gli isolani mal sopportano la presenza cilena (è consentito il pascolo ma non nuovi insediamenti umani a causa del vincolo militare) e periodicamente si scatenano ribellioni in favore dell’autonomia o dell’unione con Papeete, anche se ormai la maggioranza della popolazione à di origine cilena, soprattutto dopo lo sviluppo del turismo. Moai Parlando dei misteri dell’Isola di Pasqua, non si può non soffermarsi sui “Moai”, le statue giganti, simbolo del suo misterioso passato. Sono degli enormi e mostruosi busti privi di gambe. Sono per la maggior parte posti su piattaforme dette “ahu”. Sono di dimensioni enormi, di provenienza da due diversi siti. I corpi provengono dalla cava del Rano-rakaru. I cappelli rossi di tufo provengono tutti dal monte Panapau. Le dimensioni delle statue variano dai 3,50 ai 5,50 metri di altezza. La più alta misura 10 metri, ha una circonferenza di 7,80 metri e pesa certamente più di 20 tonnellate. È sormontata da un cilindro alto 1,80 mt. e largo 2,40 mt. Le statue sono scolpite secondo un unico modello. Statue incompiute, alcune quasi finite, si possono ancora vedere nelle cave. La maggior parte dei gruppi di statue, poste sugli ahu, recentemente restaurate anche grazie al contributo del Giappone, sono rivolte verso l’interno dell’isola, si presume con funzione protettiva. Solamente un gruppo (quello circondato dai ciottoli del Ticino) è rivolto verso il mare, precisamente verso la Isole Marchesi da cui si pensa abbiano origine gli indigeni. Le statue sparse si pensa servissero a delimitare le strade. Orongo. Visibile la caldera del vulcano, lo stretto sentiero a strapiombo sull’Oceano e l’isolotto di Moto-nui Orongo e la festa del Dio Uccello Orongo è un antico villaggio di pietra dove sono visibili le antiche abitazioni. E’ il centro cerimoniale del culto del dio uccello. Sito restaurato a partire dal 1974, è ora patrimonio dell’umanità sotto l’egida dell’UNESCO. Il culto dell’uomo uccello consisteva in una corsa annuale per riportare intatto il primo uovo dell’uccello “manutara” dall’isolotto di Motu-nui, di fronte al sito di Orongo. La gara era molto pericolosa e i concorrenti spesso morivano tuffandosi dalla scogliera. A tutt’oggi, il paesaggio di Orongo è una delle meraviglie del mondo. Camminando su uno stretto sentiero, non più largo di 1 – 1,50 mt., ci si trova da un lato in cima a una scogliera a strapiombo, con di fronte scogliere (tipo faraglioni di Capri), regno degli uccelli e sull’altro lato il cratere di un vulcano, spento da anni, con in fondo un incerto piccolo lago. Purtroppo l’erosione dei venti sta distruggendo questa meraviglia destinata a franare nel mare entro pochi anni. Bibliografia Alfread Metraux, Meravigliosa isola di Pasqua, Oscar Mondadori, 1974 Giovanna Salvioni, L’isola di Pasqua, Xenia Georgia Catani Toni, Rapa Nui. Storia dell’isola di Pasqua, Jaca Book Anno XII - numero 1 - Marzo 2022 Pagina 27 di 42
Puoi anche leggere