Approfondimento storico antropologico sulla Papua Nuova GuineA
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
SORELLA PAPUA NUOVA GUINEA salviamo la casa comune Approfondimento storico antropologico sulla Papua Nuova GuineA a cura del Museo Popoli e Culture e della Biblioteca del Pime La prima notizia scritta dell’esistenza dell’isola compare nel 1526 negli scritti di viaggio del portoghese Jorge de Menes il quale parla dell’isola di Papua ossia dell’isola dai capelli crespi, probabilmente in riferimento alle caratteristiche fisiche degli abitanti. Il termine papua, infatti, deriva dal malese papuwah che significa, per l’appunto, capelli crespi. Il nome Nuova Guinea è stato dato all’isola dallo spagnolo Inigo Ortiz de Rates durante una spedizione nel 1545: sembra che gli abitanti dell’isola lo avessero colpito per la somiglianza con quelli della Guinea africana. Nei secoli seguenti una serie di esploratori europei diedero il loro nome alle località dove sbarcavano e di cui prendevano possesso in nome dei regnanti della nazione da cui provenivano: Moresby, Bougainville, Stanley ecc. Oggi la Papua Nuova Guinea supera gli 8,5 milioni di abitanti e la sua composizione sociale è molto varia. La maggioranza della popolazione è di origine autoctona ed è composta da melanesiani, polinesiani, micronesiani e papuani. In misura minore sono presenti gruppi di origine cinese, europea, australiana, filippina, indiana e cingalese. La stragrande maggioranza degli abitanti vive in zone rurali e in villaggi (circa l’84%), mentre la restante parte vive nelle aree urbane. I paesi che hanno colonizzato la Papua Nuova Guinea hanno lasciato molte tracce, soprattutto nelle lingue ufficiali parlate tutt’oggi. L’inglese è la lingua principale del governo e del commercio, mentre nella maggior parte dei contesti quotidiani la lingua più parlata è il pidgin, un idioma che deriva principalmente dall’inglese e dal tedesco, con solo 1.300 vocaboli. Oggi gran parte della popolazione lo usa accanto all’inglese e alla propria lingua nativa. Oltre all’inglese e al pidgin, in Papua Nuova Guinea si parlano più di 800 lingue indigene distinte. A tutte queste lingue corrispondono altrettanti wantok (dall’inglese one talk = lo stesso parlato), i clan, che possiamo considerare famiglie estese. A volte alcuni clan condividono gli stessi antenati e formano così delle federazioni, che assumono importanza anche dal punto di vista politico. Il sistema del clan nasce come una sorta di rete di sicurezza sociale, dove insieme ci si prende cura di chi non è autosufficiente, a cui si assicura sussistenza e un posto dove vivere. Oggi però, il veloce cambiamento sociale derivato dai processi di urbanizzazione, ha contribuito allo sviluppo di meccanismi problematici in cui i legami sociali e gli obblighi del clan arrivano a causare corruzione e tensioni intergenerazionali. Affianco alla religione cristiana, a maggioranza protestante, gran parte della popolazione mantiene le credenze religiose tradizionali, dove lo spirito degli avi, che vive nel “bush”, la foresta, impone di ristabilire l’equilibrio con loro per rimanere in pace con sé stessi e con gli altri. Ma se questa tradizione resiste, molte altre tradizioni e riti di passaggio stanno gradualmente scomparendo.
Sia nei villaggi che nelle città, rimangono però vive le celebrazioni che segnano gli eventi importanti della vita di ognuno, le transazioni economiche e le festività religiose. Le danze, le musiche e le espressioni tradizionali sono ora a volte mescolate o addirittura sostituite da musica per orchestra d’archi, inni cristiani o entrambi, riflettendo la presenza di diverse influenze stratificatesi nel tempo. Durante le occasioni importanti gli abitanti dei villaggi si abbelliscono con colori naturali e con piume dell’uccello del paradiso, simbolo dell’isola ormai raro, e utilizzano ornamenti realizzati con piante colorate, conchiglie, ossa e denti di cinghiale.
FRAMMENTI DI CULTURA DELLA PAPUA NUOVA GUINEA Conchiglie La moneta più diffusa nelle isole Trobriand sono le conchiglie, considerate un bene capitalizzabile, con un valore diverso a seconda della forma, del colore e persino dell’antichità. A questo scopo vengono utilizzate sia sciolte sia legate insieme in modo da formare una collana. L’uso della moneta-conchiglia è anche sociale e cerimoniale. Le conchiglie, infatti, sono indice di ricchezza e di prestigio, per questo solo alcuni clan possono usarle sotto forma di ornamenti. Ossa Ossa di vari animali vengono utilizzate per realizzare ornamenti o per fabbricare strumenti per la caccia e la pesca. I pugnali in osso sono armi da guerra tipici della Papua Nuova Guinea. Abbigliamento Nelle zone costiere il costume tradizionale maschile è costituito da bende fatte di corteccia e fibre che vengono indossate come una sorta di grembiule. In altre zone è diffuso l’uso dell’astuccio penico che può variare in lunghezza e può essere realizzato con zucche, noci o tubi di bambù decorati. L’abito femminile più comune è il gonnellino di vimini, costituito da strisce ottenute dalla corteccia di alberi legate a una corda che passa intorno alla vita. Questi gonnellini possono essere colorati e decorati; i più elaborati sono usati per le feste. Maiale Il maiale è considerato un animale sacro, soprattutto dagli abitanti degli altopiani, perché è simbolo di abbondanza e dell’origine della vita. Una leggenda racconta che all’inizio esistevano solo due fratelli (la relazione tra fratelli è considerata la più stretta), uno dei quali si trasformava periodicamente in maiale per poi tornare uomo. Un giorno questi disse al fratello di ucciderlo e di seppellirlo nel momento in cui si fosse trasformato in maiale. Così avvenne e dalla sua tomba scaturirono la vita, la donna e altri maiali. Il maiale è dunque il centro di molte cerimonie e la sua uccisione ha un valore sacro e non puramente legato al nutrimento. Uccello del paradiso L’uccello del paradiso è caratterizzato da un piumaggio di straordinaria bellezza che viene usato dagli abitanti della Papua per creare ornamenti, ma anche come valuta pregiata e merce di scambio. Una leggenda asserisce che questi uccelli siano creature magiche sempre in volo e prive di zampe, forse perché i primi esemplari impagliati erano giunti in Europa mutilati. Strumenti e accessori L’ascia è uno strumento comune il cui manico è, solitamente, in legno e la lama in pietra o, in assenza di questa, in conchiglia. Non tutte le asce hanno una funzione pratica: in alcune zone rivestono principalmente un uso cerimoniale. In questo caso le lame sono rifinite con cura e le pietre vengono scelte per le loro venature. Per il disboscamento e la preparazione dei terreni vengono utilizzate piccole zappe con manico in legno lavorato e lame in ferro o asce in pietra. Questi strumenti, oltre che per un fine pratico, possono essere usati anche come merce di scambio.
AGLI ALBORI DELL’ANTROPOLOGIA MODERNA: IL KULA RING Nel suo libro Argonauti del Pacifico Occidentale (1922), il precursore dell’antropologia moderna B. Malinowski descrisse per la prima volta il kula, un particolare circuito di scambi cerimoniale che avveniva tra numerose isole dell’estremità orientale della Nuova Guinea e degli arcipelaghi circo- stanti (Trobriand, Entrecasteaux, Goodenough). Questi scambi erano fortemente e rigidamente ritualizzati e si affiancavano al commercio meno simbolico di oggetti ed alimenti di uso comune. Secondo Malinowski, lo scambio rituale aveva il compito di instaurare un rapporto di fiducia tra gli abitanti delle isole, base necessaria dello scambio materiale. Gli abitanti delle isole compivano viaggi anche di centinaia di chilometri per scambiarsi principalmente due tipi di beni di prestigio: i soulava (collane di conchiglie rosse) e i mwali (bracciali di conchiglie bianche). I monili di conchiglie dovevano circolare in continuazione seguendo direzioni ben precise e potevano restare nelle mani di un singolo possessore solo per un periodo limitato di tempo. Il viaggio degli oggetti si sviluppava seguendo rotte circolari, in due direzioni opposte a seconda del bene scambiato: le collane di conchiglie rosse, soulava, venivano scambiate in direzione nord-sud, mentre i braccialetti di conchiglia bianca, mwali, venivano scambiati in direzione sud-nord. La partecipazione al kula era riservata ai soli uomini e il possesso degli oggetti rituali era fonte di grande prestigio. Durante il loro incontro, i protagonisti dello scambio celebravano la loro abilità di marinai e si ci-mentavano in lunghe conversazioni cerimoniali, gareggiando nell’uso di formule poetiche e di espressioni linguistiche ricercate. Nel 1925, l’antropologo e sociologo francese M. Mauss definì il kula un «fatto sociale totale» e lo utilizzò per argomentare la celebre teoria antropologica della reciprocità e del dono. Nonostante le profonde trasformazioni delle società melanesiane nel XX secolo, il kula è tuttora praticato, affiancato da una forma di scambio di oggetti di uso quotidiano più puramente com-merciale. Link a documentario su Malinowski: h tt p : / / w w w. r a i s c u o l a . r a i . i t / a r t i c o l i / p o p o l a z i o n i - d e l l e - isole-trobr iand-lantropologia-di-bronislaw- malinowski/6291/default.aspx
LE DECORAZIONI DELLE CANOE Il kula avviene su grandi canoe cerimoniali a bilanciere lunghe fino 12 metri, scolpite da alberi di provenienza locale e decorate da lagim e tabuya, elementi magici ricchi di simboli mitologici e rituali. Il lagim ha la funzione di paraspruzzi e chiude lo scafo della canoa impendendo di imbarcare acqua durante il viaggio, mentre il tabuya è una sorta di decorazione frangiflutti. Entrambi gli elementi hanno qualità apotropaiche, scacciano gli spiriti maligni, donano alle imbarcazioni leggerezza e rapidità e, se ben realizzati, hanno lo scopo di affascinare gli spettatori dello scambio cerimoniale. Spunti bibliografici che trovi nella Biblioteca del PIME: • Argonauts of the Western Pacific: an account of native enterprise and adventure in the Ar-chipelagoes of Melanesian New Guinea / Bronislaw Malinowsk, New York, Dutton & Company, 1961. • In unknown New Guinea: a record of twenty-five years of personal observation and experi-ence amongst the interesting people of an almost unknown part of this vast island and a description of their manners and customs, occupations in peace and methods of warfare, their secret rites and public ceremonies / W. J. V. Saville; introduction by Bronislaw Malinow-ski. London: Seeley, 1926. • Les arts indigènes en Nouvelle-Guinée / Stephen Chauvet, Bangkok: SDI Publications, 1995, 350. • The art of Papua and New Guinea / Eudald Serra & Alberto Folch, Balmes : Ediciones Poligrafa, 1977.
Puoi anche leggere