La fragola, sintesi di sapore e profumo
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La fragola, sintesi di sapore e profumo «Tra il glauco degli ulivi giganti, il Siamo abituati a considerare la Fragaria vesca, ossia la fragola, come un frut- bruno agile dei cipressi sottili e to, ma in realtà si tratta di un «falso frutto» dove la polpa rappresenta sempli- brevi e tra i cespugli dal nome cemente la culla dove sono situati i semi o acheni, i minuscoli granelli che sono sconosciuto ai cui piedi era un solo una delle caratteristiche di questo ennesimo regalo della Natura. rosseggiare di fragole montane...». La polpa della fragola ha il solo compito di attirare gli animali e indurli a cibarsi Niccolò Tommaseo dei rossi frutti, cosi evidenti tra il fogliame del sottobosco, ingoiare i relativi semi per poi andarli a disperdere in altri luoghi, tanto da assicurare la soprav- vivenza della specie. Gli uomini, invece, non hanno mostrato verso questa pianta la stessa attenzio- ne messa in atto dalle piccole creature selvatiche e per avere qualche notizia sulla fragola bisogna arrivare a Plinio il Vecchio, il grande naturalista e storico vissuto dal 23 al 79 dopo Cristo, che riferisce alcune notizie sulla Fragaria con- siderata soprattutto una pianta dalle proprietà curative, ma non inclusa tra le specie coltivate, citata solo per sottolineare la ricchezza dei boschi e per com- mentare le abitudini di vari animali. Solamente nel 1324, sulle pagine ingiallite di un registro di un ospedale della Bretagna, nella Francia settentrionale, si legge un appunto del notaio incaricato dell’amministrazione che, nell’elencare le spese sostenute per la manutenzio- ne dell’orto, parla anche del lavoro occorso per la messa a dimora di un gran numero di piantine di fragola raccolte in montagna. La successiva segnalazione riguarda il parco di Carlo V, re di Francia, che in una zona appartata fece realizzare un vasto fragoleto ricco di ben dodicimila esemplari, affinché la «preziosa pianta fosse ben addomesticata». Il primo tentativo, questo, di inserire la Fragaria vesca tra le specie coltivate e biso- gna dire che l’esperimento riuscì pienamente dando origine a una delle col- ture di maggiore interesse, oggi realizzate su vastissima scala anche sotto speciali tunnel in plastica che garantiscono la maturazione dei frutti in ogni periodo dell’anno. Si calcola che solo in Italia si producano annualmente più di un milione ottocentomila quintali di Fragaria, soprattutto nelle varietà a frutto grosso. Prima di parlare delle virtù intrinseche di questo delizioso frutto, è giusto co- noscerne le vicende un poco più a fondo anche per quanto riguarda le spe- cie coltivate. Infatti, pur lasciando alle fragole di bosco tutti i possibili me- riti, si è potuto parlare di vere e proprie coltivazioni solo dopo l’ar- rivo di nuove specie da oltre oceano, avvenimento che risale al XVI- XVII secolo quando giunse in Europa la Fragaria chiloensis del Su- damerica, spontanea nelle isole di Juan Fernandez e portata fra noi da Frézier. Qualche tempo prima erano giunte nel nostro con- tinente delle piantine di Fragaria virginiana del Nordamerica, esat- tamente della Virginia; dapprima, i coltivatori europei non pensa- rono minimamente di incrociare le due specie, idea che venne inve- ce all’inglese Michael Keens che nel 1821 tentò l’esperimento con successo. Era nato così l’ibrido che avrebbe fatto da capostipite a tutte le fragole «mo- derne», noto come Keen’s seedling, dai frutti grossi e succosi, ben diversi per intensità di sapore e di profumo dalle minuscole fragole che crescono spon- tanee tra il muschio, ai margini del bosco, nelle radure, sulle prode ai lati dei campi. Quanto diremo per le fragole selvatiche, in riferimento alle loro qualità terapeutiche o per il contenuto in vitamine e altri ele- menti, rimane valido anche nei confronti delle varietà colti- vate. Se mai, varia la valutazione sulla differenza di gusto e – lo ripetiamo – sullo straordinario profumo dei frutti selva- tici, profumo che del resto è nella radice stessa del nome fra- 188
garia che trae la sua origine, a quanto pare, dal sanscrito ghra che significa, appunto, «fragranza». A proposito di nomi, vediamo che in francese questo frutto si chiama fraisier, in inglese strawberry e in tedesco Erdbeere. Ma ora torniamo alle virtù e ai meriti delle fragole, silvestri o ortive che siano, la cui polpa benché ricca di zuccheri (fruttosio e saccarosio in primo piano) è adatta all’alimentazione dei diabetici. Oltre a vari acidi organici (salicilico, tartarico e citrico) la fragola contiene vari sali minerali, vitamine B1 e B2 e una notevole percentuale di vitamina C, o acido ascorbico; la presenza di tale vitamina è proporzionale all’incidenza del sole. Infatti, le fragole cresciute all’ombra ne difettano mentre ne sono ricche quelle che maturano al sole. Sempre a proposito di questa vitamina è bene precisare che essa permane inalterata nei frutti per tre giorni dal mo- mento della raccolta; poi la presenza di acido ascorbico diminuisce rapida- mente e la stessa cosa accade nelle fragole che vengono tagliate a fettine oppure frullate: perdono in breve tempo il loro prezioso contenuto in vitami- na C. I meriti di questo frutto non si esauriscono al capitolo vitamine, ma proseguo- no con una serie di indicazioni che ne suggeriscono l’uso come astringente, tonico, depurativo, calmante e diuretico. È comunque opportuno ricordare che le fragole non sono adatte per chi soffre di gastro-enterocolite o di ulcera duo- denale, per non parlare di quanti sono affetti da specifica allergia che si mani- festa nella ben nota «orticaria». Rimane solo da segnalare che la Fragaria, ogni 100 grammi di frutti raggiunge le 37 calorie, che per lo stesso peso gli idrati di carbonio assommano a 6,90 grammi, che i grassi non superano il mezzo grammo; le proteine si calcolano in 0,80 grammi mentre il contenuto in acqua raggiunge 89,90 grammi, sempre in proporzione a un etto di fragole. Raccogliere fragole in un bosco o lungo un sentiero fra i prati a mezza costa, è un’esperienza davvero gradevole, che va ben al di là del fatto in se stesso e che assomma molteplici sensazioni, quasi sentissimo nel piacere sottile di gustare una di quelle minuscole Fragaria anche un preciso contatto con la Natura, il rapporto diretto con una delle sue più deliziose manifestazioni; un po’ come se riuscissimo a metabolizzare tutti gli aromi e i colori del bosco: dal sentore del muschio al profumo dei ciclamini, dall’odore delle foglie cal- de di sole al senso di frescura di una macchia d’ombra dopo una lunga schia- rita di pascoli. 190
Raccogliere e gustare fragole è tutto questo, ma può essere anche di più se si pensa che le foglie più tenere, raccolte in primavera e poi essiccate e riposte (senza strappare la pianta, sia chiaro) servono a ottenere un infuso di grande efficacia contro la gotta e i reumatismi; per preparare la pozione, occorrono 5 grammi di foglie messe in infusione in 100 grammi di acqua bollente per una decina di minuti. Poi si filtra e si beve tiepido, magari addolcendo con miele, nella dose di tre o quattro tazze al giorno. Altrettanto benefico il decotto che si ottiene facendo bollire 3 grammi di radi- ce, o meglio di rizoma, in 100 grammi di acqua per una ventina di minuti. La de- cozione, si filtra e se ne beve un bicchiere al mattino a digiuno; questa cura è altamente depurativa e anche diuretica. Il rizoma deve essere tolto dal terre- no in primavera oppure da agosto a novembre. Chi volesse fare questa cura do- vrebbe evitare di ricorrere al rizoma delle fragole di bosco che non sono mol- te e perciò preziose, ripiegando sulle radici delle varietà coltivate che, come abbiamo già detto, presentano le stesse proprietà e virtù. Completiamo le in- dicazioni terapeutiche relative alla fragola, ricordando che i gottosi e quanti soffrono di forme reumatiche possono trarre grande giovamento da una cura molto semplice: basta mangiare ogni giorno tre etti di frutti, possibilmente a digiuno, per una decina di giorni. La cura, comunque, non può essere protrat- ta oltre le due settimane; caso mai la si può ripetere a distanza di un mese e così per tre volte nel corso dell’anno. Questo dimostra che anche le fragole coltivate hanno i loro meriti. Ora un consiglio che si riferisce al modo di raccogliere le fragole, soprattutto quelle coltivate che, a differenza di quelle che maturano nel bosco, sono pri- ve della protezione costituita dal calice. Questo particolare impone di rac- cogliere le Fragaria vesca nate in coltura recidendone il peduncolo con le for- bici, mentre quelle selvatiche possono essere staccate direttamente dal ca- lice (la coroncina di foglie che sta sotto al frutto). Se le fragole coltivate ven- gono strappate malamente dalla pianta, la polpa subisce una lesione e il frut- to marcisce rapidamente; quelle di bosco, invece, non presentano questo problema e purché vengano trasportate con garbo arrivano a casa in perfetto stato. Inutile ricordare che a Desdemona fu fatale il fazzoletto regalatole da Otello e rubatole da Jago, fazzoletto ricamato con un leggero motivo di fragole di bo- sco, simbolo di «innocenza» e che nel linguaggio dei fiori interpretano anche la «forza della purezza», due simboli che alla povera eroina, cui Verdi ha regalato stupende melodie, non hanno portato fortuna. 191
Meno note le credenze e le superstizioni legate a questo frutto che nel Medioe- vo, soprattutto in Inghilterra, era ritenuto un vero e proprio amuleto per ac- crescere la fecondità femminile; sta di fatto che ancora oggi in Gran Bretagna le corone ducali recano come simbolo araldico delle foglioline di Fragaria. A cominciare da Ovidio, che la ricorda come «il frutto dell’età d’oro», per pas- sare ai poeti del Trecento che la paragonavano al Paradiso, si arriva al Behling che la definisce «un piacere sensuale» e a Joseph de Siguenca che vede nella fragola solo «vanità e piaceri che passano», mentre Gabriele d’Annunzio così la ricorda: «Quel bel riso di denti bianchi tra due labbra rosse e fresche come fragole a maggio». Un episodio poco noto legato al nostro dolce «personaggio» è quello che si ri- ferisce allo sbarco nel Nuovo Mondo dei Padri pellegrini, avvenuto nel 1620, esattamente nello stato della Virginia da dove sarebbe giunta poi in Europa la Fragaria virginiana. SCHEDA BOTANICA Stando alla descrizione di Lewis Mumford, i Padri restarono addirittura sba- Nome scientifico: Fragaria vesca lorditi per la quantità di fragole che crescevano spontanee in quella regione Nomi popolari: fragolina, fragola di bosco, al punto che «... i garretti dei cavalli che attraversavano le radure sembrava- delizia del bosco no insanguinati per il contatto con gli sconosciuti frutti». Altrettanto curiosa Origine: Europa, Asia settentrionale un’annotazione che si riferisce ad Alberto Magno, illustre filosofo e teologo, Famiglia: Rosacee nato in Svezia nel 1193, che a trent’anni decise di farsi monaco entrando nel- Fiori: bianchi, a cinque petali, che cominciano l’ordine dei Domenicani. a schiudersi in maggio e si rinnovano varie Alberto Magno – al secolo Albrecht di Bollstädt – una volta in convento, si volte, a seconda della specie diede a compilare volumi di ricette a base di erbe, più o meno attendibili a Caratteristiche: piante alte una quindicina di giudicare da questo consiglio: «Si pongano in un vaso di vetro su un foglio di centimetri che si propagano a mezzo di stoloni (sottili fusti diramantesi a livello del suolo). Le pergamena e si espongano ai raggi solari per sette giorni, foglie di fragola spic- foglie sono lucide superiormente, più chiare e cate dalla pianta il primo giorno d’estate. Se ne farà poi una cinta, da tenersi pelose al di sotto; sono dentate, con lunghi sopra o sotto i vestimenti, e appena le serpi velenose sentiranno l’odore del- piccioli e riunite in gruppi di tre. Le fragole le foglie di detta pianta, all’uopo preparate, si metteranno in fuga». sono falsi frutti composti da un ricettacolo carnoso, ovoidale, di un tipico color rosso; Noi, più semplicemente (facendo attenzione, naturalmente, alle serpi) andre- sono profumate mo nel bosco per ritrovare antiche sensazioni e segrete nostalgie nei piccoli, Etimologia: il nome deriva dal latino fragrare, rossi frutti della Fragaria vesca, minuscolo capolavoro di sapore, profumo e emanare profumo colore. 192
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