LA FORMAZIONE DEL TECNICO DELLA VALORIZZAZIONE E PROMOZIONE DEI BENI E DELLE ATTIVITA' CULTURALI - Va.Pro.BAC.
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INDICE I. Intorno alla valorizzazione e promozione del patrimonio culturale nel Mondo, in Europa, Italia, Campania, nel Cilento e ad Elea-Velia 1. Il Patrimonio mondiale culturale e naturale delle 195 nazioni unite per l'educazione, la scienza e la cultura 2. La Lista del Patrimonio Mondiale (World Heritage List) e i «dati dell’Unesco» 3. Le prassi, rappresentazioni, espressioni, conoscenze, abilità che le comunità considerano come parte del loro patrimonio culturale (il Patrimonio Culturale Immateriale) 4. Il patrimonio culturale d'Europa come risorsa per la crescita economica, l'occupazione e la coesione sociale dell'Unione Europea 5. Beni culturali e paesaggio d'Italia 6. La valorizzazione del patrimonio culturale in Italia 7. Il sottoutilizzo delle risorse culturali nelle Regioni del Sud Italia 8. II Programma Operativo Nazionale “Cultura e Sviluppo” per le Regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia 9. Il rafforzamento al Sud della capacità di attrazione dei luoghi della cultura 10. L'attivazione dei potenziali territoriali di sviluppo legati alla cultura e il sostegno alle industrie culturali e creative del Sud 11. La valorizzazione dei beni culturali e delle risorse naturali della Campania per l'attrattività e lo sviluppo turistico 12. Il Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, con i siti archeologici di Paestum e Velia e la Certosa di Padula, patrimonio culturale del Mondo 13. La Fondazione Alario per Elea-Velia O.N.L.U.S. II. La formazione del “Tecnico della Valorizzazione e Promozione dei Beni e delle Attività Culturali” 1. Lo sviluppo di competenze per la valorizzazione dei beni e delle attività culturali 2. La definizione della proposta progettuale e l'avvio delle attività formative 3. La figura professionale 4. Gli obiettivi formativi 5. La strutturazione didattica 6. I docenti 7. Gli allievi 8. Le competenze dei formati al termine del corso III. Verso un approccio integrato al patrimonio culturale: i project work e il manifesto programmatico “Va.Pro.BAC” 1. Le strutture ospitanti e le attività di stage 2. Museo del paradosso: allestimento e mostra virtuale 3. Percorsi del Ben-Essere all'Oasi del fiume Alento
4. Cortometraggio “A memoria d'acqua” 5. Civic crowfunding per la tutela e valorizzazione dei beni culturali in Campania 6. Tecnologie per la fruizione dei beni culturali: il caso dei Musei di Napoli 7. MeD4MeB: La dieta mediterranea per la protezione e la promozione delle risorse naturali e culturali del Mediterraneo 8. A.S.C.E.A.: Accoglienza Servizi Culturali Edu-entertainment Animazione 9. EQAVET AQUA.TS : Automatic control quality tool system 3
Capitolo I Intorno alla valorizzazione e promozione del patrimonio culturale nel Mondo, in Europa, Italia, Campania, nel Cilento e ad Elea-Velia 1. Il Patrimonio mondiale culturale e naturale delle 195 nazioni unite per l'educazione, la scienza e la cultura 2. La Lista del Patrimonio Mondiale (World Heritage List) e i «dati dell’Unesco» 3. Le prassi, rappresentazioni, espressioni, conoscenze, abilità che le comunità considerano come parte del loro patrimonio culturale (il Patrimonio Culturale Immateriale) 4. Il patrimonio culturale d'Europa come risorsa per la crescita economica, l'occupazione e la coesione sociale dell'Unione Europea 5. Beni culturali e paesaggio d'Italia 6. La valorizzazione del patrimonio culturale in Italia 7. ll sottoutilizzo delle risorse culturali nelle Regioni del Sud Italia 8. II Programma Operativo Nazionale “Cultura e Sviluppo” per le Regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia 9. Il rafforzamento al Sud della capacità di attrazione dei luoghi della cultura 10. L'attivazione dei potenziali territoriali di sviluppo legati alla cultura e il sostegno alle industrie culturali e creative del Sud 11. La valorizzazione dei beni culturali e delle risorse naturali della Campania per l'attrattività e lo sviluppo turistico 12. Il Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, con i siti archeologici di Paestum e Velia e la Certosa di Padula, patrimonio culturale del Mondo 13. La Fondazione Alario per Elea-Velia ONLUS 1. Il Patrimonio mondiale culturale e naturale delle 195 nazioni unite per l'educazione, la scienza e la cultura Attualmente in Europa e nel mondo si moltiplica il dibattito sul ruolo che deve giocare il patrimonio culturale nella società del futuro. L'UNESCO, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura - cui attualmente aderiscono 195 Paesi più 9 Membri Associati, è impegnata da anni nell’identificazione, nella protezione e nella tutela e nella trasmissione alle generazioni future dei patrimoni culturali e naturali di tutto il mondo. In base alla Convenzione sulla Protezione del Patrimonio Mondiale culturale e naturale, adottata con il trattato internazionale del 1972 dai diversi Paesi membri, per patrimonio culturale si intende un monumento, un gruppo di edifici o un sito di valore storico, estetico, archeologico, scientifico, etnologico o antropologico. Il patrimonio naturale, invece, indica rilevanti caratteristiche fisiche, biologiche e geologiche, nonché l'habitat di specie animali e vegetali in pericolo e aree di particolare valore scientifico ed estetico. Attraverso l’azione del Comitato intergovernativo per il Patrimonio Mondiale, l’UNESCO incoraggia i Paesi Membri ad assicurare la protezione del proprio Patrimonio naturale e culturale mediante: 4
• l’adozione una politica generale intesa ad assegnare una funzione strategica al patrimonio culturale e naturale nella vita collettiva e integrando la protezione di questo patrimonio nei programmi di pianificazione generale; • l’istituzione sul territorio, ove non esistano ancora, di uno o più servizi di protezione, conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e naturale, dotati di personale appropriato, provvisto dei mezzi necessari per adempiere i compiti che gli incombono; • lo sviluppo di studi e ricerche scientifiche per perfezionare i metodi di intervento che permettono a uno Stato di far fronte ai pericoli che minacciano il proprio patrimonio culturale o naturale; • l’istituzione o lo sviluppo di centri nazionali o regionali di formazione nel campo della protezione, conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e naturale e promuovere la ricerca scientifica in questo campo. L’UNESCO si adopera altresì per: • Incoraggiare gli Stati membri della Convenzione a proporre siti appartenenti al loro territorio nazionale per l’iscrizione nella lista del Patrimonio Mondiale; • Aiutare gli Stati a tutelare i siti del Patrimonio Mondiale fornendo loro assistenza tecnica e formazione professionale; • Fornire un’assistenza d’urgenza ai siti del Patrimonio Mondiale in caso di pericolo immediato; • Sostenere le attività degli Stati volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla tutela del Patrimonio Mondiale; • Incoraggiare la partecipazione delle popolazioni locali alla tutela del loro Patrimonio culturale e naturale; • Incoraggiare la cooperazione internazionale nel campo della conservazione del Patrimonio Mondiale, culturale e naturale. 2. La Lista del Patrimonio Mondiale (World Heritage List) e i «dati dell’Unesco» Finora l’UNESCO ha riconosciuto come Patrimonio Mondiale e inserito nella sua Lista 1031 siti in 163 Paesi del mondo, che formano parte del patrimonio culturale e naturale dell'intera Umanità (802 siti culturali, 97 naturali e 32 misti). Questo patrimonio mondiale, che comprende luoghi così unici e diversi quali le selvagge distese del Parco Nazionale di Serengeti in Africa Orientale, le Piramidi d’Egitto, il Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano e Alburni con i siti archeologici di Paestum e Velia e la Certosa di Padula (1998), la Grande barriera australiana, le cattedrali barocche dell’America latina, rappresenta l’eredità del passato di cui noi oggi beneficiamo e che trasmettiamo alle generazioni future. Se vero è che l'Italia è il Paese che detiene il maggior numero di siti (51) inclusi nella Lista dei patrimoni dell'umanità, la disinvoltura con cui vengono spesso utilizzati i «dati dell’Unesco» e le improbabili stime del nostro patrimonio che periodicamente vengono improvvisate sono forse un sintomo dell’orgoglio nazionale e sicuramente di irresponsabile superficialità, come ci ricorda Salvatore Settis1 riportando alcune citazioni: 1. «Secondo le stime dell’Unesco, l’Italia possiede tra il 60 e il 70% del patrimonio culturale mondiale» (rapporto Eurispes 2006). 2. «Il 72% del patrimonio culturale europeo si trova in Italia e almeno il 50% del patrimonio mondiale è situato nel nostro Paese» (Silvio Berlusconi, conferenza stampa a Londra, 10 settembre 2008). 3. Secondo un ministro siciliano, «È situato in Italia il 60% del patrimonio culturale mondiale, il 60% del quale in Magna 5
Grecia e il 60% di quest’ultimo in Sicilia»; ma secondo un consigliere regionale toscano, «L’Italia possiede da sola il 60% del patrimonio culturale dell’umanità, il 50% del quale si concentra in Toscana»; secondo un collaboratore del sindaco di Roma, «l’Urbe detiene dal 30 al 40% del patrimonio culturale del mondo». Sommando tutte queste cifre risulta infatti che l’Italia da sola supererebbe di gran lunga il 100% del patrimonio culturale del pianeta. Resta il fatto che l’Italia è un Paese molto importante in materia di patrimonio culturale ma, per dirla ancora con Settis, il suo ruolo centrale non risiede tuttavia nella quantità ma piuttosto nella qualità del suo patrimonio e soprattutto in tre fattori diversi che sono l’armonia secolare tra le città e il paesaggio, la forte presenza nel territorio del patrimonio e dei valori ambientali e l’uso continuo in situ di chiese, palazzi, statue e quadri. In Italia, i musei non contengono che una piccola porzione del patrimonio artistico che è sparpagliato nelle città e nelle campagne. In questo insieme che è il frutto di un accumulo plurisecolare di ricchezza e civiltà, il totale è superiore alla somma degli addendi. Inoltre, andrebbe più spesso considerato che i 51 siti italiani iscritti dal 1979 al 2014 (47 culturali e 4 naturali di cui 4 siti transnazionali), formano parte del patrimonio culturale e naturale dell'intera Umanità. Sono siti cioè che appartengono a tutte le popolazioni del mondo, al di là dei territori nei quali esse sono collocati. Ciò che rende eccezionale il concetto di Patrimonio Mondiale è infatti il suo valore universale. 3. Le prassi, rappresentazioni, espressioni, conoscenze, abilità che le comunità considerano come parte del loro patrimonio culturale (Il Patrimonio Culturale Immateriale) Alla Lista dei siti patrimonio dell'umanità si è affiancata, a partire dal 2001, quella dei patrimoni orali e immateriali dell'umanità: mentre la prima (la World Heritage List) fa riferimento a beni tangibili (come un parco naturale, un sito archeologico, una città o un complesso monumentale), i patrimoni orali e immateriali rappresentano antiche tradizioni che - spesso - non hanno una codificazione "scritta", ma sono state tramandate in forma orale nel corso del tempo. Il 17 ottobre 2003 la 32ª Conferenza Generale dell’UNESCO ha approvato la Convenzione mondiale per la Salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, entrata in vigore alla 40ma ratifica, il 30 aprile 2006, Ratificata dall’Italia il 27 settembre 2007 con Legge n. 167 La Convenzione intende salvaguardare gli elementi e le espressioni del Patrimonio Culturale Immateriale, promuovere (a livello locale, nazionale e internazionale) la consapevolezza del loro valore in quanto componenti vitali delle culture tradizionali, assicurare che tale valore sia reciprocamente apprezzato dalle diverse comunità, gruppi e individui interessati e incoraggiare le relative attività di cooperazione e sostegno su scala internazionale (articolo 1). Il patrimonio immateriale è descritto come “le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, il know-how come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi – che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale”. Gli ambiti del patrimonio immateriale sono i seguenti: • tradizioni ed espressioni orali (compreso il linguaggio in quanto veicolo del patrimonio culturale immateriale); • arti dello spettacolo; 6
• consuetudini sociali, eventi rituali e festivi; • cognizioni e prassi relative alla natura e all’universo; • saperi e pratiche legati all’artigianato tradizionale. Ad oggi, sono 314 gli elementi iscritti nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale (consistenti in prassi, rappresentazioni, espressioni, conoscenze, abilità che le comunità considerano come parte del loro patrimonio culturale). Sei di questi elementi immateriali iscritti nella Lista sono italiani (tra parentesi l'anno di inserimento o proclamazione/inserimento): • L’Opera dei pupi siciliani (2008) • Il Canto a tenore del pastoralismo sardo (2008) • La Dieta mediterranea, elemento transnazionale condiviso con 3 Paesi, Spagna, Grecia e Marocco (2010), estesa nel 2013 anche a Cipro, Croazia e Portogallo • Il Saper fare tradizionale del violino a Cremona (2012) • La Rete delle feste delle grandi macchine a spalla, con la Macchina di Santa Rosa di Viterbo, la Festa dei Gigli di Nola, la Varia di Palmi e la Faradda di li candareri di Sassari (2013) • La pratica agricola tradizionale della coltivazione della vite ad alberello nell’isola di Pantelleria” (2014) In particolare, la Dieta Mediterranea è costituita dall'insieme delle pratiche, delle rappresentazioni, delle espressioni, delle conoscenze, delle abilità, dei saperi e degli spazi culturali con i quali le popolazioni del Mediterraneo hanno creato e ricreato nel corso dei secoli una sintesi tra l’ambiente culturale, l’organizzazione sociale, l’universo mitico e religioso intorno al mangiare. La Dieta si fonda nel rispetto per il territorio, della biodiversità e delle tradizioni di ogni comunità e garantisce la conservazione e lo sviluppo delle attività tradizionali e dei mestieri collegati alla pesca e all'agricoltura nelle comunità del Mediterraneo, come nelle zone della Soria in Spagna, Koroni in Grecia, Cilento in Italia e Chefchaouen in Marocco, Le donne svolgono un ruolo indispensabile nella trasmissione delle competenze, così come della conoscenza di riti, gesti tradizionali e celebrazioni, e nella salvaguardia delle tecniche. Basata su un modello nutrizionale rimasto costante nel tempo e nello spazio, costituito principalmente da olio di oliva, cereali, frutta fresca o secca, e verdure, una moderata quantità di pesce, latticini e carne, e molti condimenti e spezie, il tutto accompagnato da vino o infusi, questa Dieta (dal greco diaita, o stile di vita) è però molto più che un mero fatto alimentare e include le diverse competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola, includendo le colture, la raccolta, la pesca, la conservazione, la trasformazione, la preparazione e, in particolare, il consumo di cibo. Essa promuove tra l'altro l'interazione sociale, poiché il pasto in comune è alla base dei costumi sociali e delle festività condivise da una data comunità, e ha dato luogo a un notevole corpus di conoscenze, canzoni, massime, racconti e leggende. Il riconoscimento dell’organizzazione delle Nazioni Unite non è solo prestigioso, ma anche fondamentale per lo sviluppo della Dieta stessa, perché dimostra l’importanza della Dieta nella vita delle popolazioni Mediterranee e il suo potenziale impatto sulla vita e la salute delle popolazioni di tutto il mondo. 7
4. Il patrimonio culturale d'Europa come risorsa per la crescita economica, l'occupazione e la coesione sociale dell'Unione Europea Il patrimonio culturale dell'Unione europea include siti naturali, edificati e archeologici, musei, monumenti e opere d'arte, centri storici, opere letterarie, musicali e audiovisive e le conoscenze, tradizioni e costumi dei popoli europei. Questo mosaico ricco e diversificato di espressioni culturali e creative, eredità delle generazioni che ci hanno preceduto e lascito alle generazioni future, arricchisce la vita individuale dei cittadini, costituisce una forza trainante per i settori culturali e creativi, contribuisce a creare e rafforzare il capitale sociale dell'Europa e per ciò stesso rappresenta un'importante risorsa per la crescita economica, l'occupazione e la coesione sociale, che offre la possibilità di rivitalizzare le aree urbane e rurali e di promuovere un turismo sostenibile. Il Trattato istitutivo dell'Unione Europea impone di rispettare la ricchezza della diversità culturale e linguistica d'Europa e di vigilare sulla salvaguardia e sullo sviluppo del suo patrimonio culturale. In particolare, in linea con la Convenzione Unesco sulla protezione e la promozione della diversità e delle espressioni culturali, conclusa a Parigi il 20 ottobre 2005, l’art. 167 del Trattato sul funzionamento dell’Unione stabilisce che: “L’Unione contribuisce al pieno sviluppo delle culture degli Stati membri nel rispetto delle loro diversità nazionali e regionali, evidenziando nel contempo il retaggio culturale comune.” La protezione e la conservazione del patrimonio culturale sono tuttavia primariamente responsabilità dei governi nazionali e delle autorità regionali e locali. L’Unione europea può svolgere azioni intese a “sostenere, coordinare o completare” l’azione degli Stati membri, senza tuttavia sostituirsi a essi, ai quali spetta la responsabilità primaria di tutelare e promuovere la propria cultura e il proprio patrimonio culturale. Il rispetto e la promozione della diversità delle culture presenti all’interno dell’Unione è un requisito e un obiettivo trasversale a tutte le politiche dell’Unione e il Trattato è chiaro nello stabilire che l’Unione può attuare azioni di incentivazione, ma non può omologare le diverse culture attraverso l’adozione di norme armonizzate: nell’Unione vi sono 28 Stati membri con 28 tradizioni e sistemi linguistici e culturali distinti, che non solo sono destinati a rimanere tali, ma, anzi, sono tutelati poiché rappresentano la ricchezza dell’Europa. Oltre a incoraggiare e promuovere la collaborazione tra gli Stati membri e gli operatori del settore, la Commissione ha perciò elaborato una serie di politiche e programmi in questo campo. Essa sostiene da lungo tempo azioni dedicate al patrimonio culturale, come le Giornate Europee del Patrimonio, il Premio per il Patrimonio Culturale, il Label Europeo del Patrimonio. Nel periodo 2007-2013 il patrimonio culturale europeo ha beneficiato di una serie di politiche, programmi e finanziamenti: il Fondo europeo per lo sviluppo regionale ha investito nel patrimonio dell'UE 3,2 miliardi di euro, il Fondo agricolo europeo per lo sviluppo rurale ulteriori 1,2 miliardi nel patrimonio rurale, mentre il 7° programma quadro per la ricerca ha finanziato attività di ricerca per 100 milioni di euro. 8
Con le iniziative faro della strategia Europa 2020 (Un'agenda digitale europea e L'Unione dell'innovazione) il Consiglio europeo ha riconosciuto i settori culturale e creativo come un'importante fonte d'innovazione tecnologica e non tecnologica, invitando a sfruttare appieno l'elevato potenziale economico delle industrie culturali e creative per accelerare il processo di trasformazione dell’Europa (Raccomandazione del Consiglio del 13 luglio 2010 relativa all’orientamento n. 4 per le politiche economiche degli Stati membri e dell’Unione). Attraverso il “piano di lavoro per la cultura 2011-2014” adottato dal Consiglio dell’Unione europea e dai rappresentanti dei governi degli Stati Membri in attuazione dell’Agenda europea per la cultura, si è data ulteriore esplicitazione al contributo della cultura al conseguimento di Europa 2020 nel quadro delle diverse iniziative e programmi dell’UE, attraverso l’individuazione di sei priorità allineate con la Strategia 2020: diversità culturale, dialogo interculturale e cultura accessibile e inclusiva; industrie culturali e creative; competenze e della mobilità a livello europeo; patrimonio culturale, compresa la mobilità delle collezioni; cultura nell’ambito delle relazioni esterne; statistiche culturali. Nel 2011, con le Conclusioni del Consiglio europeo sul contributo della cultura all’attuazione della strategia di Europa 2020 (2011/C175/01) e nella Comunicazione della Commissione “Valorizzare i settori culturali e creativi per favorire la crescita e l'occupazione nell'UE” (COM(2012) 537 final) si è preso definitivamente atto delle forti potenzialità dei settori culturale e creativo e della cultura in senso lato rispetto ai tre cardini della strategia Europa 2020: • con riferimento alla crescita intelligente, il settore culturale implica la produzione di servizi e beni competitivi e di alta qualità, caratterizzati da creatività e innovazione anche in ragione del legame con il settore dell’istruzione che consente la formazione di una forza lavoro qualificata; • rispetto alla crescita sostenibile, la domanda e la fruizione culturale promuovono una mobilità più rispettosa dell'ambiente, l'uso di tecnologie innovative sostenibili, compresa la digitalizzazione che garantisce la disponibilità on line di contenuti culturali. Il settore culturale può inoltre svolgere un ruolo essenziale nel rafforzare comportamenti singoli e collettivi maggiormente rispettosi dell'ambiente; • in relazione alla crescita inclusiva, l’ambito culturale è quello senz’altro più adatto alla promozione del dialogo interculturale e al rafforzamento, mediante attività e programmi culturali, della coesione sociale e dello sviluppo delle collettività sia in termini di individui sia di organizzazioni. La sensibilità del Parlamento europeo nel 2013 ha inoltre contribuito a reintegrare il patrimonio culturale, inizialmente escluso, nel quadro programmatico pluriennale 2014-2020. Oltre alle giornate europee del patrimonio, il premio dell'Unione europea per il patrimonio culturale e il marchio del patrimonio europeo che sono mantenuti, nel periodo 2014-2020 il patrimonio culturale può così beneficiare dei finanziamenti previsti da diversi programmi europei, tra cui i Fondi strutturali e di investimento europei e i programmi Orizzonte 2020, Europa creativa, Erasmus+ e Europa per i cittadini , in particolare per la salvaguardia, la digitalizzazione, le infrastrutture, la ricerca e le competenze. La collaborazione politica tra gli Stati membri sul patrimonio culturale prosegue nell'ambito del Consiglio "Istruzione, gioventù, cultura e sport" e tramite il metodo aperto di coordinamento. Sempre più il patrimonio culturale viene dunque riconosciuto come una risorsa fondamentale per lo sviluppo sostenibile, una risorsa strategica per il raggiungimento degli obiettivi di Europa 2020, che intende promuovere la crescita e l’occupazione nell’Unione Europea. 9
Mentre il ruolo delle industrie culturali e creative nell’ambito di Europa 2020 era già stato messo in evidenza (tra l’altro, nelle Conclusioni del Consiglio sul contributo della cultura all’implementazione della strategia Europa 2020 (2011/C 175/01), il contributo del patrimonio culturale non era ancora emerso a sufficienza. I ministri della cultura europei lo hanno riconosciuto nelle Conclusioni del consiglio sul patrimonio culturale come risorsa strategica per un’Europa sostenibile, adottate a Bruxelles il 21 Maggio 2014, le quali sottolineano l’importante ruolo del patrimonio culturale nel promuovere crescita economica, nel creare e accrescere capitale sociale e nel contribuire alla sostenibilità ambientale, tutti aspetti di rilievo nell’ambito degli obiettivi di Europa 2020 per una crescita “intelligente, sostenibile e solidale”. Il patrimonio culturale è inteso nell'accezione più ampia e comprende le risorse ereditate dal passato, in tutte le forme e gli aspetti - materiali, immateriali e digitali (prodotti originariamente in formato digitale e digitalizzati), ivi inclusi i monumenti, i siti, i paesaggi, le competenze, le prassi, le conoscenze e le espressioni della creatività umana, nonché le collezioni conservate e gestite da organismi pubblici e privati quali musei, biblioteche e archivi. Esso ha origine dall'interazione nel tempo fra le persone e i luoghi ed è in costante evoluzione. Dette risorse rivestono grande valore per la società dal punto di vista culturale, ambientale, sociale ed economico e la loro gestione sostenibile rappresenta pertanto una scelta strategica per il 21° secolo. Nelle stesse Conclusioni il Consiglio dei Ministri della Cultura ha quindi invitato la Commissione europea a contribuire «allo sviluppo di un approccio strategico al patrimonio culturale” e a “integrare il patrimonio culturale nelle politiche nazionali ed europee” Il patrimonio culturale ha infatti un valore come capitale culturale e sociale per l’Europa, oltre ad apportare un contributo notevole in termini di occupazione e indotto, un contributo ancora troppo sottovalutato. Il 22 Luglio 2014 la Commissione Europea ha pertanto adottato la Comunicazione: “Verso un approccio integrato per il patrimonio culturale per l’Europa” (COM (2014) 477), ripresa nella successiva Risoluzione del Parlamento europeo (2014/2149(INI) approvata l'8 settembre 2015, il cui obiettivo è supportare gli Stati membri e i portatori d'interesse perché traggano il massimo vantaggio dal sostegno fornito al patrimonio culturale dagli strumenti dell'UE, progredendo insieme nella direzione di un approccio più integrato a livello nazionale e di UE e, in ultima istanza, rendendo l'Europa un laboratorio per l'innovazione basata sulla cultura. In parallelo alla Comunicazione, la Commissione ha pubblicato una mappatura di informazioni utili su politiche, legislazione, programmi ed opportunità di finanziamento in Europa per la conservazione, digitalizzazione, valorizzazione, la ricerca, la formazione. Nella Comunicazione emerge innanzitutto la dimensione “trasversale” e “trans-settoriale” delle politiche sul patrimonio, che interessano diverse politiche pubbliche: oltre a quella culturale, quelle legate allo sviluppo regionale, coesione sociale, al welfare, all’agricoltura, agli affari marittimi, all'ambiente, al turismo, all'istruzione, all'agenda digitale, ricerca e all’innovazione. Tali politiche hanno un impatto diretto o indiretto sul patrimonio culturale ma, allo stesso tempo, il patrimonio culturale presenta forti potenzialità per il conseguimento degli obiettivi da queste perseguiti. La Comunicazione sottolinea inoltre che responsabilità nazionali e l'azione dell’UE non sono in contrapposizione: il patrimonio culturale è una risorsa condivisa e un bene comune, la cui 10
dimensione è allo stesso tempo sia locale che europea; è stato forgiato nel corso del tempo ma anche attraverso le frontiere e all'interno delle comunità. Il patrimonio culturale è un mosaico di storie locali che insieme rappresentano la storia dell'Europa. La Comunicazione fa tesoro, infatti, degli sviluppi internazionali delle politiche che puntano sulla dimensione collettiva e sociale del patrimonio culturale, su modelli di sviluppo in cui le comunità svolgono un ruolo trainante e sulle possibili sinergie tra le diverse parti interessate. Le risorse del patrimonio, indipendentemente da chi ne sia il proprietario o detentore, sono portatrici di un valore che appartiene a tutti i membri della comunità, e sono in questo senso beni comuni. Mentre un tempo la protezione del patrimonio passava per l’isolamento dalla vita quotidiana i nuovi approcci si concentrano sul coinvolgimento della comunità locale in tutte le fasi del percorso. In questa transizione certamente ha avuto ruolo fondamentale la Convenzione Quadro del Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, detta Convenzione di Faro, che l’Italia ha firmato nel 2013. Proprio in quanto beni comuni, le risorse del patrimonio richiedono un quadro evoluto di governance collettiva (multilivello, multi – stakeholder). Un tale quadro dovrebbe riconoscere il ruolo di tutti gli attori pubblici e privati e i diritti dei gruppi di cittadini interessati (“comunità patrimoniali” secondo la Convenzione di Faro) a partecipare attivamente alla tutela, gestione e sviluppo del patrimonio comune. A questo tema sono dedicate le Conclusioni del Consiglio Cultura sulla Governance partecipata del patrimonio culturale, come pure il nuovo Piano di lavoro per l’attuazione degli obiettivi dell’agenda europea per la cultura per il periodo 2015-2019, adottati il 25 Novembre 2014, nell’ambito della Presidenza italiana UE. Il Piano di Lavoro per la cultura 2015-2018, basato sull'Agenda europea per la cultura, definisce le priorità per promuovere l'accesso alla cultura e lo sviluppo del pubblico fruitore per questo e i prossimi anni. Esso si concentra su come gestire al meglio il patrimonio culturale europeo, stimolare la creatività e l'innovazione nei settori culturale e creativo e innalzare il profilo della cultura nelle relazioni esterne dell'UE. Le priorità, sulla base delle quali saranno realizzate venti azioni concrete sono: 1. Cultura accessibile e inclusiva; 2. Patrimonio culturale; 3. Settori culturali e creativi: economia creativa e innovazione; 4. Promozione della diversità culturale, presenza della cultura nelle relazioni esterne dell’UE e mobilità. Di uno sguardo nuovo al patrimonio culturale dall'Europa riferisce sul Giornale delle Fondazioni, Erminia Sciacchitano, esperto Mibact designato a Bruxelles, osservando che prendersi cura del patrimonio oggi significa investire nel capitale culturale e sociale di un territorio, promuovendone la rigenerazione, altrimenti la sua trasmissione alla prossima generazione 11
sarà impossibile. Questo capitale si genera quando gli interventi sul patrimonio culturale sono occasione di partecipazione democratica ai processi decisionali, di promozione della diversità e di dialogo interculturale, rafforzando il senso di appartenenza ad una comunità, favorendo una comprensione e un rispetto maggiori tra i popoli, contribuendo a ridurre le disparità sociali, agevolando l'inclusione sociale, promuovendo il dialogo intergenerazionale. In breve, è sempre più necessario attivare circoli virtuosi, incoraggiando i siti del patrimonio a diventare centri di conoscenza e incubatori di creatività e innovazione sociale, attraverso la promozione di misure volte a stimolare l'intero ciclo di creazione/produzione culturale/conservazione nei territori. Per fare questo occorre costruire molti ponti fra quelle che sono state per lungo tempo, ma erroneamente, considerate "dimensioni" separate: patrimonio culturale materiale, intangibile e digitale; eredità del passato e creatività contemporanea, luoghi della cultura e comunità, sia quelle residenti su un territorio sia quelle virtuali. In particolare sono fondamentali iniziative che incentivano lo sviluppo di politiche urbane fondate sulla cultura come il Programma europeo «Capitali europee della cultura», che ha il merito di avere fondato un metodo, un approccio che inserisce la cultura nell'ambito di una strategia di sviluppo territoriale a lungo termine e che incentiva la costituzione di forme di governance più possibile partecipate che siano quindi capaci di governare i processi di sviluppo con approccio integrato e trans-settoriale. Il patrimonio e le risorse culturali sono beni comuni che definiscono l’identità di un territorio e della sua comunità. Una risorsa condivisa in grado di accrescere benefici sociali ed economici, in cui i processi partecipativi assumono un ruolo determinate anche per ri-progettare e co-progettare il futuro. Nel quadro del Piano di Lavoro per la cultura 2015-2018, varato dal Consiglio dell’Unione Europea a fine 2014, si lavora anche su questo tema. L’Europa mostra dunque la via per lavorare con approccio integrato livello europeo, ed ora è importante comprendere anche a livello nazionale che l’approccio integrato non è una scelta, ma una necessità se si vogliono impostare politiche di sviluppo fondate sulla cultura. La forza della cultura e della creatività, oltre che nell’economia, è nelle idee per immaginare e progettare un nuovo futuro. Nell'atmosfera creativa che genera nuove soluzioni alle sfide di oggi. Oggi si è più consapevoli che la valorizzazione sostenibile passa non solo per la scoperta e classificazione analitica dei valori del patrimonio, ma per la loro “reinvenzione”, attraverso processi di partecipazione che non sono solo "riappropriazione" da parte della società locale ma nuove opportunità perché una comunità possa progettare il suo futuro a partire dalle risorse culturali del territorio. In particolare, la recente Comunicazione della Commissione Verso un approccio integrato al patrimonio culturale per l’Europa (COM (2014) 477) mette in evidenza come le risorse del patrimonio, indipendentemente da chi ne sia il proprietario o detentore, sono portatrici di un valore che appartiene a tutti i membri della comunità, e sono in questo senso beni comuni. In quanto beni comuni, le risorse del patrimonio richiedono un quadro evoluto di 12
governance collettiva (multilivello, multi – stakeholder). Un approccio community-based a politiche e programmi per il patrimonio culturale è stato già adottato nell’ambito di numerosi programmi UE, dalle sfide sociali comprese nel programma di ricerca Horizon 2020 allo sviluppo locale guidato dalle comunità incluso nei Fondi strutturali e di investimento europei. Questo approccio è anche riconosciuto dall’Iniziativa programmatica congiunta Patrimonio culturale e cambiamento globale: una nuova sfida per l’Europa. La globalizzazione, la digitalizzazione e la progressiva diffusione delle nuove tecnologie stanno cambiando il modo in cui il patrimonio culturale viene prodotto, presentato, reso accessibile e utilizzato, dischiudendo nuove opportunità e nuove sfide per la condivisione delle risorse. Il patrimonio culturale è sempre più riconosciuto come il vantaggio competitivo dell’Europa nello scenario globale e la cultura identificata come uno strumento diplomatico nelle relazioni internazionali. Questi cambiamenti stanno conducendo a un’evoluzione del valore economico, culturale e sociale del patrimonio, che richiede politiche e soluzioni di governance più innovative di quelle finora adottate. Una politica e una governance adeguate per il patrimonio culturale renderanno molto più raggiungibile l’obiettivo di una crescita intelligente, sostenibile e solidale per l’Europa. 13
5. Beni culturali e paesaggio d'Italia Il nostro "patrimonio culturale nazionale", comprende due tipologie di beni culturali: i beni culturali in senso stretto, che sono le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre testimonianze aventi valore di civiltà, e quell'altra specie di bene culturale, in senso più ampio, che è costituita dai paesaggi italiani, i quali sono espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, frutto della millenaria antropizzazione e stratificazione storica della Penisola mediterranea, un unicum nell'esperienza europea e mondiale tale da meritare tutto il rilievo e la protezione dovuti. Questi beni culturali sono destinati alla fruizione della collettività, compatibilmente con le esigenze di uso istituzionale e sempre che non vi ostino ragioni di tutela da parte. Essi possono appartenere allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad altri enti ed istituti pubblici e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ma anche ad altri proprietari privati. I beni culturali in senso stretto includono: • le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico; • gli archivi e i singoli documenti dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico; • le raccolte librarie delle biblioteche dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente e istituto pubblico, Sono altresì beni culturali anche quelli appartenenti ai privati, tipo: • le cose immobili e mobili appartenenti a privati, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, • gli archivi e i singoli documenti, appartenenti a privati, che rivestono interesse storico particolarmente importante; • le raccolte librarie, appartenenti a privati, di eccezionale interesse culturale; • le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose; • le collezioni o serie di oggetti, a chiunque appartenenti, che per tradizione, fama e particolari caratteristiche ambientali, ovvero per rilevanza artistica, storica, archeologica, numismatica o etnoantropologica, rivestono come complesso un eccezionale interesse E ancora: • le cose che interessano la paleontologia, la preistoria e le primitive civiltà; • le cose di interesse numismatico che, in rapporto all’epoca, alle tecniche e ai materiali di produzione, nonché al contesto di riferimento, abbiano carattere di rarità o di pregio, anche storico; 14
• i manoscritti, gli autografi, i carteggi, gli incunaboli, nonché i libri, le stampe e le incisioni, con relative matrici, aventi carattere di rarità e di pregio; • le carte geografiche e gli spartiti musicali aventi carattere di rarità e di pregio; • le fotografie, con relativi negativi e matrici, le pellicole cinematografiche ed i supporti audiovisivi in genere, aventi carattere di rarità e di pregio; • le ville, i parchi e i giardini che abbiano interesse artistico o storico; • le pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi aperti urbani di interesse artistico o storico; • i siti minerari di interesse storico od etnoantropologico; • le navi e i galleggianti aventi interesse artistico, storico od etnoantropologico; • le architetture rurali aventi interesse storico od etnoantropologico quali testimonianze dell’economia rurale tradizionale. Per farsi una vaga idea, tra questi beni culturali, secondo i dati del competente Ministero (Minicifre della cultura, 2014) si contano 4.588 luoghi di cultura tra Musei (3.847), monumenti (501) e aree archeologiche (240). Il 63,8% è di proprietà pubblica, 36,2% appartenente a privati: 41,6% civici, 10% ecclesiastici, 9% MiBACT . La tipologia prevalente dei musei italiani è questa: 32% arte, 16,9% etnografia e antropologia, 15,5% archeologia, 11,4% storia, 9,3% scienze naturali, 8,5% a tema, 6,4% altro. Nel 2011 i visitatori sono stati 103.888.764, di cui 54.876.648 visitatori paganti; 49% degli istituti italiani ad ingresso gratuito # 38.424.587 visitatori nei 431 istituti MiBACT aperti nel 2013 (202 musei, 229 monumenti e aree archeologiche), di cui 17.649.829 paganti. Gli Istituti statali più visitati (con ingresso a pagamento) sono Colosseo, Palatino, Foro Romano – Roma (5.625.219) Scavi di Pompei – Napoli (2.413.515) Galleria degli Uffizi , Corridoio Vasariano – Firenze (1.875.785) Galleria dell’Accademia – Firenze (1.257.261) Castel Sant’Angelo – Roma (965.931) Boboli, Musei Argenti, Porcellane, Costume – Firenze (710.523) La Venaria Reale (Consorzio) – Torino (598.548) Museo Antichità Egizie (Fondazione) – Torino (540.297) Galleria Borghese – Roma (498.477) Reggia – Caserta (439.813) Villa d’Este – Tivoli, Roma (412.468) Cenacolo Vinciano – Milano (410.157) Quanto ai beni archeologici, sono 5.668 i beni immobili archeologici vincolati (1909-2004) , 363 le concessioni di scavo ad enti pubblici e privati ancora attive (57 a istituzioni straniere), con 69 nuove autorizzazioni di cui 18 pluriennali Tra i beni architettonici sono 46.025 quelli vincolati (1909-2004), con 16.162 dichiarazioni d’interesse culturale dall’entrata in vigore del Codice dei beni culturali e del paesaggio (2004-2013) su 45.964 istruttorie compiute, le più numerose in Toscana, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto, di cui 14.309 a seguito di verifiche a richiesta di enti territoriali, enti pubblici o persone giuridiche private senza fine di lucro (28,96% CEI) # 1.562 dichiarazioni nel 2013 su 4.777 verifiche effettuate... Accanto ai beni culturali in senso stretto, c'è il paesaggio italiano che rappresenta l'identità nazionale ed esprime i valori culturali dell'Italia e degli Italiani, così come ci derivano dalla natura, dalla storia umana e dalle loro interrelazioni sul nostro territorio. La tutela di questo paesaggio è volta a riconoscere, salvaguardare e, ove necessario, recuperare i valori culturali che esso esprime. La valorizzazione del paesaggio concorre a 15
promuovere lo sviluppo della cultura. A tal fine le amministrazioni pubbliche promuovono e sostengono, per quanto di rispettiva competenza, apposite attività di conoscenza, informazione e formazione, riqualificazione e fruizione del paesaggio nonché, ove possibile, la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati. La valorizzazione è attuata nel rispetto delle esigenze della tutela. Esso include questi beni paesaggistici: • le bellezze panoramiche e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze. • i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri e i nuclei storici; • le ville, i giardini e i parchi che si distinguono per la loro non comune bellezza; • le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica, ivi compresi gli alberi monumentali; Accanto a questi immobili e aree di notevole interesse pubblico, sono di interesse paesaggistico le Aree tutelate per legge, tra cui: • i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare; • i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi; • i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna; • le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole; • i ghiacciai e i circhi glaciali; • i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi; • i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall’articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227; • le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici; • le zone umide incluse nell’elenco previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448; • i vulcani; • le zone di interesse archeologico; • ulteriori immobili ed aree sottoposti a tutela dai piani paesaggistici. 16
6. La valorizzazione del patrimonio culturale in Italia Se l'UE è impegnata a salvaguardare e valorizzare il patrimonio culturale mediante una serie di politiche e programmi, la politica da condurre in questo campo compete in primo luogo agli Stati membri e agli enti regionali e locali. In Italia, stando all’articolo 9 della Costituzione, la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. La valorizzazione dei beni culturali e ambientali, nonché la promozione e l’organizzazione di attività culturali, rientra, ai sensi dell’art. 117 della Costituzione, nelle materie di legislazione concorrente, per cui la potestà legislativa spetta alle Regioni, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato che disciplina la valorizzazione, conservazione, tutela e fruizione dei beni culturali. L'evoluzione normativa è risultata intensa soprattutto negli ultimi anni, con diversi interventi che hanno modificato la legislazione in precedenza vigente, risalente alla fine degli anni trenta del XX secolo, in particolare riguardo alla definizione di "bene culturale" e all'attribuzione alle regioni e agli enti locali di alcune competenze precedentemente riservate allo Stato. I provvedimenti che si sono succeduti dalla fine degli anni novanta hanno ridisegnato la materia, semplificati sono stati poi recepiti nel 2004, con l'emanazione del Codice dei beni culturali e del paesaggio, conosciuto anche come codice Urbani, un corpo organico di disposizioni, in materia di beni culturali e beni paesaggistici della Repubblica Italiana; emanato con il decreto legislativo del 22 gennaio 2004 n. 42 e modificato successivamente dal d. lgs. 24 marzo 2006, n. 156, dal d. lgs. 24 marzo 2006, n. 157, dal d. lgs. 26 marzo 2008, n. 62, e dal d. lgs. 26 marzo 2008, n. 63, dal D.L. 31 maggio 2014, n. 83. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio è il principale riferimento normativo italiano che attribuisce al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo il compito di tutelare, conservare e valorizzare il patrimonio culturale dell'Italia. La valorizzazione del patrimonio culturale «consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso», anche attraverso interventi di conservazione, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura in tutti gli istituti e i luoghi a essa deputati, cioè i musei, le biblioteche e gli archivi, le aree e i parchi archeologici, i complessi monumentali. In riferimento al paesaggio, la valorizzazione «comprende altresì la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, ovvero la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti e integrati» La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura. Lo Stato, le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni assicurano e sostengono la conservazione del patrimonio culturale e ne favoriscono la pubblica fruizione e la valorizzazione. Gli altri soggetti pubblici, nello svolgimento della loro attività, assicurano la conservazione e la pubblica fruizione del loro patrimonio culturale. 17
I privati proprietari, possessori o detentori di beni appartenenti al patrimonio culturale, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, sono tenuti a garantirne la conservazione. Le varie attività concernenti la conservazione, la fruizione e la valorizzazione del patrimonio culturale sono svolte in conformità alla normativa di tutela. Alle attività culturali, che prevedono l’organizzazione stabile di risorse, strutture e competenze, possono concorrere, cooperare o partecipare soggetti privati, anche attraverso forme di sponsorizzazione. La struttura del MiBACT è stata determinata, a seguito dell’entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 26 novembre 2007, n. 233, recante "Regolamento di riorganizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali, a norma dell’art. 1, comma 404, della legge 27 dicembre 2006, n. 296" , pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale 15 dicembre 2007, n. 291, come modificato dal presente DPR n.91 del 2 luglio 2009, "Regolamento recante modifiche ai decreti presidenziali di riorganizzazione del Ministero e di organizzazione degli Uffici di diretta collaborazione del Ministro per i beni e le attività culturali", pubblicato nel Supplemento ordinario alla G.U. n. 164 del 17/07/2009. L'organizzazione dell'amministrazione è stata inoltre interessata dall'articolo 1, comma 2 e 3 della Legge 24 giugno 2013, n. 71, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 147 del 25 giugno 2013, entrato in vigore il 26 giugno 2013 che ha affidato le competenze del turismo al Ministero che assume dunque l'attuale denominazione di Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, con l'istituzione della Direzione generale per le politiche del turismo. Con Decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo del 18 novembre 2013 , registrato dalla Corte dei Conti in data 21/02/2014 al n. 296, è stata istituita la Direzione generale per le politiche del turismo che svolge funzioni e compiti in materia di turismo. La struttura del MIBACT è stata recentemente oggetto di revisione ad opera del DPCM 28 febbraio 2014 , recante "Regolamento di organizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e dell'organismo indipendente di valutazione della performance", in attesa di registrazione presso la Corte dei Conti ". Dall'11 dicembre 2014 è in vigore il D.P.C.M. 29 agosto 2014, n. 171, recante il nuovo regolamento di organizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, degli uffici della diretta collaborazione del Ministro e dell'Organismo indipendente di valutazione della performance, a norma dell'articolo 16, comma 4, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89. (14G00183) (GU n.274 del 25-11-2014). La nuova riorganizzazione del Mibact cambia il modello organizzativo dei beni culturali italiani, attraverso l’ammodernamento della struttura centrale e la semplificazione di quella periferica; l’integrazione definitiva tra cultura e turismo; la valorizzazione dei musei italiani (20 musei di interesse nazionale dotati di piena autonomia gestionale e finanziaria con direttori altamente specializzati e selezionati con procedure pubbliche); il rilancio delle politiche di innovazione e formazione; la valorizzazione delle arti contemporanee; la revisione delle linee di comando tra centro e periferia (semplificazione delle procedure per ridurre i contenziosi) ed il taglio delle figure dirigenziali (37 dirigenti in meno). Nella sfera del binomio cultura-economia, o più precisamente nelle logiche dell’economia dell’arte e 18
della cultura, i settori rivolti alla conservazione del patrimonio culturale assumono il compito di gestire adeguatamente l’opera d’arte, mentre quelli rivolti alla produzione di cultura divengono un motore per lo sviluppo di nuove industrie culturali che si affiancano ai più tradizionali servizi aggiuntivi. Ormai da anni il settore della tutela e valorizzazione del patrimonio culturale vive tuttavia una profonda crisi di risorse umane e finanziarie. Il budget assegnato al Ministero dei Beni culturali rende difficili molti interventi, anche i restauri urgenti divenuti indispensabili. Da molti anni non si assume più personale e i funzionari di Soprintendenza hanno ormai in media 55 anni, cioè sono destinati ad andare in pensione entro cinque o dieci anni al massimo. Al fronte di queste e altre carenze si sta affacciando l’idea di privatizzare il patrimonio culturale o di vendere una parte dei monumenti con il pretesto di adottare il «modello americano» di cui tutti parlano ma che nessuno conosce veramente. Intanto, la distruzione del paesaggio è sempre più drammatica. Basta ricordare che in 15 anni, dal 1990 al 2005, il 17% della campagna italiana si è ricoperta di nuove costruzioni, che ogni anno vengono edificati oltre 250 milioni di metri cubi e che la crescita della superficie abitativa dovuta alle nuove costruzioni è quaranta volte superiore alla modestissima crescita demografica (0,4%). L’armonico rapporto città-campagna costruito nei secoli sta cedendo terreno a un urban sprawl (distribuzione urbana) incontrollato che ospita ormai quasi un quarto della popolazione e delle attività produttive. L’antica forma urbis sta esplodendo e la sua espansione indefinita non annulla soltanto la periferia ma anche il centro. Nel nuovo paesaggio di periferia, lo spazio residuo tra le agglomerazioni perde il suo carattere di filtro e assume quello di terra di nessuno, mentre la terra delle campagne, coperta di cemento, perde per sempre le funzioni ecologiche che esercitava. Un territorio eccezionalmente fragile, soggetto a frane, inondazioni e terremoti è sempre più lasciato a se stesso e non si fa quasi nulla per consolidare le zone più esposte ai rischi. Mentre le leggi di tutela restano in vigore e addirittura si migliorano un poco nel tempo, vengono concesse periodicamente deroghe, eccezioni o anche condoni in modo tale che quanti hanno commesso un delitto distruggendo un angolo di paesaggio possano fare ammenda pagando una piccola multa allo Stato o alle municipalità. Dato che questi condoni vengono accordati periodicamente tutti sanno di potere violare impunemente la legge e che basterà attendere qualche anno per mettersi in regola pagando un’ammenda. L’assenza di leggi tuttavia non figura tra le ragioni della continua distruzione del paesaggio e del patrimonio. In questo campo esiste, al contrario, una sorta di accanimento terapeutico che origina un numero di leggi troppo elevato che è la ragione per cui è difficile osservarle tanto più che esse si sono spesso sedimentate nel tempo in maniera incoerente creando un labirinto di conflitti di competenze, in particolare tra lo Stato e le Regioni. Valga ad esempio il caso più grave che è rappresentato dal caos terminologico creato intorno alle tre parole chiave «paesaggio», «territorio» e «ambiente». Il «paesaggio», secondo l’articolo 9 della Costituzione, deve essere posto sotto la tutela dello Stato e, in particolare, del Ministero dei Beni culturali, ma il «territorio», secondo l’articolo 117 della Costituzione, deve essere regolamentato e pianificato non dallo Stato centrale ma dalle Regioni e dai 19
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