LA FORMAZIONE DEL TECNICO DELLA VALORIZZAZIONE E PROMOZIONE DEI BENI E DELLE ATTIVITA' CULTURALI - Va.Pro.BAC.

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LA FORMAZIONE DEL TECNICO DELLA VALORIZZAZIONE E PROMOZIONE DEI BENI E DELLE ATTIVITA' CULTURALI - Va.Pro.BAC.
LA FORMAZIONE DEL TECNICO
DELLA VALORIZZAZIONE E PROMOZIONE
DEI BENI E DELLE ATTIVITA' CULTURALI
INDICE

I. Intorno alla valorizzazione e promozione del patrimonio culturale nel Mondo, in Europa,
Italia, Campania, nel Cilento e ad Elea-Velia

 1.  Il Patrimonio mondiale culturale e naturale delle 195 nazioni unite per l'educazione, la scienza
     e la cultura
 2. La Lista del Patrimonio Mondiale (World Heritage List) e i «dati dell’Unesco»
 3. Le prassi, rappresentazioni, espressioni, conoscenze, abilità che le comunità considerano come
     parte del loro patrimonio culturale (il Patrimonio Culturale Immateriale)
 4. Il patrimonio culturale d'Europa come risorsa per la crescita economica, l'occupazione e la
     coesione sociale dell'Unione Europea
 5. Beni culturali e paesaggio d'Italia
 6. La valorizzazione del patrimonio culturale in Italia
 7. Il sottoutilizzo delle risorse culturali nelle Regioni del Sud Italia
 8. II Programma Operativo Nazionale “Cultura e Sviluppo” per le Regioni Campania, Puglia,
     Basilicata, Calabria, Sicilia
 9. Il rafforzamento al Sud della capacità di attrazione dei luoghi della cultura
 10. L'attivazione dei potenziali territoriali di sviluppo legati alla cultura e il sostegno alle industrie
     culturali e creative del Sud
 11. La valorizzazione dei beni culturali e delle risorse naturali della Campania per l'attrattività e lo
     sviluppo turistico
 12. Il Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, con i siti archeologici di Paestum e Velia e
     la Certosa di Padula, patrimonio culturale del Mondo
 13. La Fondazione Alario per Elea-Velia O.N.L.U.S.

II. La formazione del “Tecnico della Valorizzazione e Promozione dei Beni e delle Attività
Culturali”

 1.   Lo sviluppo di competenze per la valorizzazione dei beni e delle attività culturali
 2.   La definizione della proposta progettuale e l'avvio delle attività formative
 3.   La figura professionale
 4.   Gli obiettivi formativi
 5.   La strutturazione didattica
 6.   I docenti
 7.   Gli allievi
 8.   Le competenze dei formati al termine del corso

III. Verso un approccio integrato al patrimonio culturale: i project work e il manifesto
programmatico “Va.Pro.BAC”

 1.   Le strutture ospitanti e le attività di stage
 2.   Museo del paradosso: allestimento e mostra virtuale
 3.   Percorsi del Ben-Essere all'Oasi del fiume Alento
4.   Cortometraggio “A memoria d'acqua”
5.   Civic crowfunding per la tutela e valorizzazione dei beni culturali in Campania
6.   Tecnologie per la fruizione dei beni culturali: il caso dei Musei di Napoli
7.   MeD4MeB: La dieta mediterranea per la protezione e la promozione delle risorse naturali e
     culturali del Mediterraneo
8.   A.S.C.E.A.: Accoglienza Servizi Culturali Edu-entertainment Animazione
9.   EQAVET AQUA.TS : Automatic control quality tool system

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Capitolo I
       Intorno alla valorizzazione e promozione del patrimonio
     culturale nel Mondo, in Europa, Italia, Campania, nel Cilento
                             e ad Elea-Velia

      1.    Il Patrimonio mondiale culturale e naturale delle 195 nazioni unite per l'educazione, la
            scienza e la cultura
      2.    La Lista del Patrimonio Mondiale (World Heritage List) e i «dati dell’Unesco»
      3.    Le prassi, rappresentazioni, espressioni, conoscenze, abilità che le comunità considerano
            come parte del loro patrimonio culturale (il Patrimonio Culturale Immateriale)
      4.    Il patrimonio culturale d'Europa come risorsa per la crescita economica, l'occupazione e la
            coesione sociale dell'Unione Europea
      5.    Beni culturali e paesaggio d'Italia
      6.    La valorizzazione del patrimonio culturale in Italia
      7.    ll sottoutilizzo delle risorse culturali nelle Regioni del Sud Italia
      8.    II Programma Operativo Nazionale “Cultura e Sviluppo” per le Regioni Campania, Puglia,
            Basilicata, Calabria, Sicilia
      9.    Il rafforzamento al Sud della capacità di attrazione dei luoghi della cultura
      10.   L'attivazione dei potenziali territoriali di sviluppo legati alla cultura e il sostegno alle
            industrie culturali e creative del Sud
      11.   La valorizzazione dei beni culturali e delle risorse naturali della Campania per l'attrattività e
            lo sviluppo turistico
      12.   Il Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, con i siti archeologici di Paestum e Velia e
            la Certosa di Padula, patrimonio culturale del Mondo
      13.   La Fondazione Alario per Elea-Velia ONLUS

1.     Il Patrimonio mondiale culturale e naturale delle 195 nazioni unite per l'educazione, la
       scienza e la cultura

Attualmente in Europa e nel mondo si moltiplica il dibattito sul ruolo che deve giocare il
patrimonio culturale nella società del futuro.

L'UNESCO, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura - cui
attualmente aderiscono 195 Paesi più 9 Membri Associati, è impegnata da anni
nell’identificazione, nella protezione e nella tutela e nella trasmissione alle generazioni
future dei patrimoni culturali e naturali di tutto il mondo.

In base alla Convenzione sulla Protezione del Patrimonio Mondiale culturale e naturale,
adottata con il trattato internazionale del 1972 dai diversi Paesi membri, per patrimonio culturale
si intende un monumento, un gruppo di edifici o un sito di valore storico, estetico, archeologico,
scientifico, etnologico o antropologico. Il patrimonio naturale, invece, indica rilevanti
caratteristiche fisiche, biologiche e geologiche, nonché l'habitat di specie animali e vegetali in
pericolo e aree di particolare valore scientifico ed estetico.

Attraverso l’azione del Comitato intergovernativo per il Patrimonio Mondiale, l’UNESCO incoraggia i
Paesi Membri ad assicurare la protezione del proprio Patrimonio naturale e culturale mediante:

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•    l’adozione una politica generale intesa ad assegnare una funzione strategica al patrimonio
     culturale e naturale nella vita collettiva e integrando la protezione di questo patrimonio nei
     programmi di pianificazione generale;
•    l’istituzione sul territorio, ove non esistano ancora, di uno o più servizi di protezione,
     conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e naturale, dotati di personale
     appropriato, provvisto dei mezzi necessari per adempiere i compiti che gli incombono;
•    lo sviluppo di studi e ricerche scientifiche per perfezionare i metodi di intervento che
     permettono a uno Stato di far fronte ai pericoli che minacciano il proprio patrimonio culturale o
     naturale;
•    l’istituzione o lo sviluppo di centri nazionali o regionali di formazione nel campo della
     protezione, conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e naturale e
     promuovere la ricerca scientifica in questo campo.

L’UNESCO si adopera altresì per:

•    Incoraggiare gli Stati membri della Convenzione a proporre siti appartenenti al loro territorio
     nazionale per l’iscrizione nella lista del Patrimonio Mondiale;
•    Aiutare gli Stati a tutelare i siti del Patrimonio Mondiale fornendo loro assistenza tecnica e
     formazione professionale;
•    Fornire un’assistenza d’urgenza ai siti del Patrimonio Mondiale in caso di pericolo immediato;
•    Sostenere le attività degli Stati volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla tutela del
     Patrimonio Mondiale;
•    Incoraggiare la partecipazione delle popolazioni locali alla tutela del loro Patrimonio
     culturale e naturale;
•    Incoraggiare la cooperazione internazionale nel campo della conservazione del
     Patrimonio Mondiale, culturale e naturale.

2.    La Lista del Patrimonio Mondiale (World Heritage List) e i «dati dell’Unesco»

Finora l’UNESCO ha riconosciuto come Patrimonio Mondiale e inserito nella sua Lista 1031 siti in
163 Paesi del mondo, che formano parte del patrimonio culturale e naturale dell'intera
Umanità (802 siti culturali, 97 naturali e 32 misti).

Questo patrimonio mondiale, che comprende luoghi così unici e diversi quali le selvagge distese
del Parco Nazionale di Serengeti in Africa Orientale, le Piramidi d’Egitto, il Parco Nazionale del
Cilento e del Vallo di Diano e Alburni con i siti archeologici di Paestum e Velia e la Certosa di Padula
(1998), la Grande barriera australiana, le cattedrali barocche dell’America latina, rappresenta
l’eredità del passato di cui noi oggi beneficiamo e che trasmettiamo alle generazioni future.

Se vero è che l'Italia è il Paese che detiene il maggior numero di siti (51) inclusi nella Lista dei
patrimoni dell'umanità, la disinvoltura con cui vengono spesso utilizzati i «dati dell’Unesco» e le
improbabili stime del nostro patrimonio che periodicamente vengono improvvisate sono forse un
sintomo dell’orgoglio nazionale e sicuramente di irresponsabile superficialità, come ci ricorda
Salvatore Settis1 riportando alcune citazioni: 1. «Secondo le stime dell’Unesco, l’Italia possiede tra il
60 e il 70% del patrimonio culturale mondiale» (rapporto Eurispes 2006). 2. «Il 72% del patrimonio
culturale europeo si trova in Italia e almeno il 50% del patrimonio mondiale è situato nel nostro
Paese» (Silvio Berlusconi, conferenza stampa a Londra, 10 settembre 2008). 3. Secondo un ministro
siciliano, «È situato in Italia il 60% del patrimonio culturale mondiale, il 60% del quale in Magna

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Grecia e il 60% di quest’ultimo in Sicilia»; ma secondo un consigliere regionale toscano, «L’Italia
possiede da sola il 60% del patrimonio culturale dell’umanità, il 50% del quale si concentra in
Toscana»; secondo un collaboratore del sindaco di Roma, «l’Urbe detiene dal 30 al 40% del
patrimonio culturale del mondo». Sommando tutte queste cifre risulta infatti che l’Italia da sola
supererebbe di gran lunga il 100% del patrimonio culturale del pianeta.

Resta il fatto che l’Italia è un Paese molto importante in materia di patrimonio culturale ma, per dirla
ancora con Settis, il suo ruolo centrale non risiede tuttavia nella quantità ma piuttosto nella qualità
del suo patrimonio e soprattutto in tre fattori diversi che sono l’armonia secolare tra le città e il
paesaggio, la forte presenza nel territorio del patrimonio e dei valori ambientali e l’uso continuo in
situ di chiese, palazzi, statue e quadri. In Italia, i musei non contengono che una piccola porzione del
patrimonio artistico che è sparpagliato nelle città e nelle campagne. In questo insieme che è il frutto
di un accumulo plurisecolare di ricchezza e civiltà, il totale è superiore alla somma degli addendi.

Inoltre, andrebbe più spesso considerato che i 51 siti italiani iscritti dal 1979 al 2014 (47 culturali e 4
naturali di cui 4 siti transnazionali), formano parte del patrimonio culturale e naturale dell'intera
Umanità. Sono siti cioè che appartengono a tutte le popolazioni del mondo, al di là dei
territori nei quali esse sono collocati. Ciò che rende eccezionale il concetto di Patrimonio
Mondiale è infatti il suo valore universale.

3.   Le prassi, rappresentazioni, espressioni, conoscenze, abilità che le comunità
     considerano come parte del loro patrimonio culturale (Il Patrimonio Culturale
     Immateriale)

Alla Lista dei siti patrimonio dell'umanità si è affiancata, a partire dal 2001, quella dei patrimoni
orali e immateriali dell'umanità: mentre la prima (la World Heritage List) fa riferimento a beni
tangibili (come un parco naturale, un sito archeologico, una città o un complesso monumentale), i
patrimoni orali e immateriali rappresentano antiche tradizioni che - spesso - non hanno una
codificazione "scritta", ma sono state tramandate in forma orale nel corso del tempo.

Il 17 ottobre 2003 la 32ª Conferenza Generale dell’UNESCO ha approvato la Convenzione mondiale
per la Salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, entrata in vigore alla 40ma ratifica, il
30 aprile 2006, Ratificata dall’Italia il 27 settembre 2007 con Legge n. 167

La Convenzione intende salvaguardare gli elementi e le espressioni del Patrimonio Culturale
Immateriale, promuovere (a livello locale, nazionale e internazionale) la consapevolezza del loro
valore in quanto componenti vitali delle culture tradizionali, assicurare che tale valore sia
reciprocamente apprezzato dalle diverse comunità, gruppi e individui interessati e incoraggiare le
relative attività di cooperazione e sostegno su scala internazionale (articolo 1).

Il patrimonio immateriale è descritto come “le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le
conoscenze, il know-how come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi
culturali associati agli stessi – che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui
riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale”.

Gli ambiti del patrimonio immateriale sono i seguenti:
• tradizioni ed espressioni orali (compreso il linguaggio in quanto veicolo del patrimonio
   culturale immateriale);
• arti dello spettacolo;

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•   consuetudini sociali, eventi rituali e festivi;
•   cognizioni e prassi relative alla natura e all’universo;
•   saperi e pratiche legati all’artigianato tradizionale.

Ad oggi, sono 314 gli elementi iscritti nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale
Immateriale (consistenti in prassi, rappresentazioni, espressioni, conoscenze, abilità che le
comunità considerano come parte del loro patrimonio culturale).

Sei di questi elementi immateriali iscritti nella Lista sono italiani (tra parentesi l'anno di inserimento
o proclamazione/inserimento):

•   L’Opera dei pupi siciliani (2008)
•   Il Canto a tenore del pastoralismo sardo (2008)
•   La Dieta mediterranea, elemento transnazionale condiviso con 3 Paesi, Spagna, Grecia e
    Marocco (2010), estesa nel 2013 anche a Cipro, Croazia e Portogallo
•   Il Saper fare tradizionale del violino a Cremona (2012)
•   La Rete delle feste delle grandi macchine a spalla, con la Macchina di Santa Rosa di Viterbo, la
    Festa dei Gigli di Nola, la Varia di Palmi e la Faradda di li candareri di Sassari (2013)
•   La pratica agricola tradizionale della coltivazione della vite ad alberello nell’isola di Pantelleria”
    (2014)
In particolare, la Dieta Mediterranea è costituita dall'insieme delle pratiche, delle
rappresentazioni, delle espressioni, delle conoscenze, delle abilità, dei saperi e degli spazi
culturali con i quali le popolazioni del Mediterraneo hanno creato e ricreato nel corso dei
secoli una sintesi tra l’ambiente culturale, l’organizzazione sociale, l’universo mitico e
religioso intorno al mangiare.

La Dieta si fonda nel rispetto per il territorio, della biodiversità e delle tradizioni di ogni comunità e
garantisce la conservazione e lo sviluppo delle attività tradizionali e dei mestieri collegati alla pesca e
all'agricoltura nelle comunità del Mediterraneo, come nelle zone della Soria in Spagna, Koroni in
Grecia, Cilento in Italia e Chefchaouen in Marocco, Le donne svolgono un ruolo indispensabile nella
trasmissione delle competenze, così come della conoscenza di riti, gesti tradizionali e celebrazioni, e
nella salvaguardia delle tecniche.

Basata su un modello nutrizionale rimasto costante nel tempo e nello spazio, costituito
principalmente da olio di oliva, cereali, frutta fresca o secca, e verdure, una moderata quantità di
pesce, latticini e carne, e molti condimenti e spezie, il tutto accompagnato da vino o infusi, questa
Dieta (dal greco diaita, o stile di vita) è però molto più che un mero fatto alimentare e include le
diverse competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola,
includendo le colture, la raccolta, la pesca, la conservazione, la trasformazione, la
preparazione e, in particolare, il consumo di cibo. Essa promuove tra l'altro l'interazione
sociale, poiché il pasto in comune è alla base dei costumi sociali e delle festività condivise da una
data comunità, e ha dato luogo a un notevole corpus di conoscenze, canzoni, massime, racconti e
leggende.

Il riconoscimento dell’organizzazione delle Nazioni Unite non è solo prestigioso, ma anche
fondamentale per lo sviluppo della Dieta stessa, perché dimostra l’importanza della Dieta nella vita
delle popolazioni Mediterranee e il suo potenziale impatto sulla vita e la salute delle popolazioni di
tutto il mondo.

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4.   Il patrimonio culturale d'Europa come risorsa per la crescita economica, l'occupazione e
     la coesione sociale dell'Unione Europea

Il patrimonio culturale dell'Unione europea include siti naturali, edificati e archeologici, musei,
monumenti e opere d'arte, centri storici, opere letterarie, musicali e audiovisive e le
conoscenze, tradizioni e costumi dei popoli europei.

Questo mosaico ricco e diversificato di espressioni culturali e creative, eredità delle
generazioni che ci hanno preceduto e lascito alle generazioni future, arricchisce la vita
individuale dei cittadini, costituisce una forza trainante per i settori culturali e creativi, contribuisce
a creare e rafforzare il capitale sociale dell'Europa e per ciò stesso rappresenta un'importante risorsa
per la crescita economica, l'occupazione e la coesione sociale, che offre la possibilità di rivitalizzare le
aree urbane e rurali e di promuovere un turismo sostenibile.

Il Trattato istitutivo dell'Unione Europea impone di rispettare la ricchezza della diversità
culturale e linguistica d'Europa e di vigilare sulla salvaguardia e sullo sviluppo del suo patrimonio
culturale.

In particolare, in linea con la Convenzione Unesco sulla protezione e la promozione della diversità e
delle espressioni culturali, conclusa a Parigi il 20 ottobre 2005, l’art. 167 del Trattato sul
funzionamento dell’Unione stabilisce che: “L’Unione contribuisce al pieno sviluppo delle culture
degli Stati membri nel rispetto delle loro diversità nazionali e regionali, evidenziando nel contempo
il retaggio culturale comune.”

La protezione e la conservazione del patrimonio culturale sono tuttavia primariamente
responsabilità dei governi nazionali e delle autorità regionali e locali. L’Unione europea può
svolgere azioni intese a “sostenere, coordinare o completare” l’azione degli Stati membri, senza
tuttavia sostituirsi a essi, ai quali spetta la responsabilità primaria di tutelare e promuovere la propria
cultura e il proprio patrimonio culturale.

Il rispetto e la promozione della diversità delle culture presenti all’interno dell’Unione è un requisito
e un obiettivo trasversale a tutte le politiche dell’Unione e il Trattato è chiaro nello stabilire che
l’Unione può attuare azioni di incentivazione, ma non può omologare le diverse culture attraverso
l’adozione di norme armonizzate: nell’Unione vi sono 28 Stati membri con 28 tradizioni e sistemi
linguistici e culturali distinti, che non solo sono destinati a rimanere tali, ma, anzi, sono tutelati
poiché rappresentano la ricchezza dell’Europa.

Oltre a incoraggiare e promuovere la collaborazione tra gli Stati membri e gli operatori del
settore, la Commissione ha perciò elaborato una serie di politiche e programmi in questo
campo.

Essa sostiene da lungo tempo azioni dedicate al patrimonio culturale, come le Giornate Europee
del Patrimonio, il Premio per il Patrimonio Culturale, il Label Europeo del Patrimonio.

Nel periodo 2007-2013 il patrimonio culturale europeo ha beneficiato di una serie di
politiche, programmi e finanziamenti: il Fondo europeo per lo sviluppo regionale ha
investito nel patrimonio dell'UE 3,2 miliardi di euro, il Fondo agricolo europeo per lo
sviluppo rurale ulteriori 1,2 miliardi nel patrimonio rurale, mentre il 7° programma quadro
per la ricerca ha finanziato attività di ricerca per 100 milioni di euro.

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Con le iniziative faro della strategia Europa 2020 (Un'agenda digitale europea e L'Unione
dell'innovazione) il Consiglio europeo ha riconosciuto i settori culturale e creativo come
un'importante fonte d'innovazione tecnologica e non tecnologica, invitando a sfruttare
appieno l'elevato potenziale economico delle industrie culturali e creative per accelerare il
processo di trasformazione dell’Europa (Raccomandazione del Consiglio del 13 luglio 2010 relativa
all’orientamento n. 4 per le politiche economiche degli Stati membri e dell’Unione).

Attraverso il “piano di lavoro per la cultura 2011-2014” adottato dal Consiglio dell’Unione europea
e dai rappresentanti dei governi degli Stati Membri in attuazione dell’Agenda europea per la
cultura, si è data ulteriore esplicitazione al contributo della cultura al conseguimento di Europa
2020 nel quadro delle diverse iniziative e programmi dell’UE, attraverso l’individuazione di sei
priorità allineate con la Strategia 2020: diversità culturale, dialogo interculturale e cultura
accessibile e inclusiva; industrie culturali e creative; competenze e della mobilità a livello
europeo; patrimonio culturale, compresa la mobilità delle collezioni; cultura nell’ambito
delle relazioni esterne; statistiche culturali.

Nel 2011, con le Conclusioni del Consiglio europeo sul contributo della cultura all’attuazione
della strategia di Europa 2020 (2011/C175/01) e nella Comunicazione della Commissione
“Valorizzare i settori culturali e creativi per favorire la crescita e l'occupazione nell'UE” (COM(2012)
537 final) si è preso definitivamente atto delle forti potenzialità dei settori culturale e creativo e della
cultura in senso lato rispetto ai tre cardini della strategia Europa 2020:
• con riferimento alla crescita intelligente, il settore culturale implica la produzione di servizi e
   beni competitivi e di alta qualità, caratterizzati da creatività e innovazione anche in ragione del
   legame con il settore dell’istruzione che consente la formazione di una forza lavoro qualificata;
• rispetto alla crescita sostenibile, la domanda e la fruizione culturale promuovono una mobilità
   più rispettosa dell'ambiente, l'uso di tecnologie innovative sostenibili, compresa la
   digitalizzazione che garantisce la disponibilità on line di contenuti culturali. Il settore culturale
   può inoltre svolgere un ruolo essenziale nel rafforzare comportamenti singoli e collettivi
   maggiormente rispettosi dell'ambiente;
• in relazione alla crescita inclusiva, l’ambito culturale è quello senz’altro più adatto alla
   promozione del dialogo interculturale e al rafforzamento, mediante attività e programmi
   culturali, della coesione sociale e dello sviluppo delle collettività sia in termini di individui sia di
   organizzazioni.

La sensibilità del Parlamento europeo nel 2013 ha inoltre contribuito a reintegrare il patrimonio
culturale, inizialmente escluso, nel quadro programmatico pluriennale 2014-2020.
Oltre alle giornate europee del patrimonio, il premio dell'Unione europea per il
patrimonio culturale e il marchio del patrimonio europeo che sono mantenuti, nel periodo
2014-2020 il patrimonio culturale può così beneficiare dei finanziamenti previsti da diversi
programmi europei, tra cui i Fondi strutturali e di investimento europei e i programmi
Orizzonte 2020, Europa creativa, Erasmus+ e Europa per i cittadini , in particolare per la
salvaguardia, la digitalizzazione, le infrastrutture, la ricerca e le competenze. La
collaborazione politica tra gli Stati membri sul patrimonio culturale prosegue nell'ambito del
Consiglio "Istruzione, gioventù, cultura e sport" e tramite il metodo aperto di coordinamento.

Sempre più il patrimonio culturale viene dunque riconosciuto come una risorsa
fondamentale per lo sviluppo sostenibile, una risorsa strategica per il raggiungimento degli
obiettivi di Europa 2020, che intende promuovere la crescita e l’occupazione nell’Unione Europea.

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Mentre il ruolo delle industrie culturali e creative nell’ambito di Europa 2020 era già stato messo in
evidenza (tra l’altro, nelle Conclusioni del Consiglio sul contributo della cultura all’implementazione
della strategia Europa 2020 (2011/C 175/01), il contributo del patrimonio culturale non era ancora
emerso a sufficienza.

I ministri della cultura europei lo hanno riconosciuto nelle Conclusioni del consiglio sul
patrimonio culturale come risorsa strategica per un’Europa sostenibile, adottate a Bruxelles il
21 Maggio 2014, le quali sottolineano l’importante ruolo del patrimonio culturale nel promuovere
crescita economica, nel creare e accrescere capitale sociale e nel contribuire alla sostenibilità
ambientale, tutti aspetti di rilievo nell’ambito degli obiettivi di Europa 2020 per una crescita
“intelligente, sostenibile e solidale”.

Il patrimonio culturale è inteso nell'accezione più ampia e comprende le risorse ereditate dal
passato, in tutte le forme e gli aspetti - materiali, immateriali e digitali (prodotti originariamente in
formato digitale e digitalizzati), ivi inclusi i monumenti, i siti, i paesaggi, le competenze, le prassi, le
conoscenze e le espressioni della creatività umana, nonché le collezioni conservate e gestite da
organismi pubblici e privati quali musei, biblioteche e archivi. Esso ha origine dall'interazione nel
tempo fra le persone e i luoghi ed è in costante evoluzione. Dette risorse rivestono grande valore per
la società dal punto di vista culturale, ambientale, sociale ed economico e la loro gestione sostenibile
rappresenta pertanto una scelta strategica per il 21° secolo.

Nelle stesse Conclusioni il Consiglio dei Ministri della Cultura ha quindi invitato la
Commissione europea a contribuire «allo sviluppo di un approccio strategico al patrimonio
culturale” e a “integrare il patrimonio culturale nelle politiche nazionali ed europee”

Il patrimonio culturale ha infatti un valore come capitale culturale e sociale per l’Europa, oltre ad
apportare un contributo notevole in termini di occupazione e indotto, un contributo ancora troppo
sottovalutato.

Il 22 Luglio 2014 la Commissione Europea ha pertanto adottato la Comunicazione: “Verso un
approccio integrato per il patrimonio culturale per l’Europa” (COM (2014) 477), ripresa nella
successiva Risoluzione del Parlamento europeo (2014/2149(INI) approvata l'8 settembre 2015, il
cui obiettivo è supportare gli Stati membri e i portatori d'interesse perché traggano il massimo
vantaggio dal sostegno fornito al patrimonio culturale dagli strumenti dell'UE, progredendo insieme
nella direzione di un approccio più integrato a livello nazionale e di UE e, in ultima istanza,
rendendo l'Europa un laboratorio per l'innovazione basata sulla cultura.

In parallelo alla Comunicazione, la Commissione ha pubblicato una mappatura di informazioni
utili su politiche, legislazione, programmi ed opportunità di finanziamento in Europa per la
conservazione, digitalizzazione, valorizzazione, la ricerca, la formazione.

Nella Comunicazione emerge innanzitutto la dimensione “trasversale” e “trans-settoriale” delle
politiche sul patrimonio, che interessano diverse politiche pubbliche: oltre a quella culturale,
quelle legate allo sviluppo regionale, coesione sociale, al welfare, all’agricoltura, agli affari marittimi,
all'ambiente, al turismo, all'istruzione, all'agenda digitale, ricerca e all’innovazione. Tali politiche
hanno un impatto diretto o indiretto sul patrimonio culturale ma, allo stesso tempo, il patrimonio
culturale presenta forti potenzialità per il conseguimento degli obiettivi da queste perseguiti.

La Comunicazione sottolinea inoltre che responsabilità nazionali e l'azione dell’UE non sono in
contrapposizione: il patrimonio culturale è una risorsa condivisa e un bene comune, la cui

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dimensione è allo stesso tempo sia locale che europea; è stato forgiato nel corso del tempo
ma anche attraverso le frontiere e all'interno delle comunità. Il patrimonio culturale è un
mosaico di storie locali che insieme rappresentano la storia dell'Europa.

La Comunicazione fa tesoro, infatti, degli sviluppi internazionali delle politiche che
puntano sulla dimensione collettiva e sociale del patrimonio culturale, su modelli di
sviluppo in cui le comunità svolgono un ruolo trainante e sulle possibili sinergie tra le
diverse parti interessate.

Le risorse del patrimonio, indipendentemente da chi ne sia il proprietario o detentore, sono
portatrici di un valore che appartiene a tutti i membri della comunità, e sono in questo
senso beni comuni.

Mentre un tempo la protezione del patrimonio passava per l’isolamento dalla vita quotidiana i nuovi
approcci si concentrano sul coinvolgimento della comunità locale in tutte le fasi del percorso.

In questa transizione certamente ha avuto ruolo fondamentale la Convenzione Quadro del
Consiglio d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, detta Convenzione di
Faro, che l’Italia ha firmato nel 2013.

Proprio in quanto beni comuni, le risorse del patrimonio richiedono un quadro evoluto di
governance collettiva (multilivello, multi – stakeholder). Un tale quadro dovrebbe
riconoscere il ruolo di tutti gli attori pubblici e privati e i diritti dei gruppi di cittadini
interessati (“comunità patrimoniali” secondo la Convenzione di Faro) a partecipare
attivamente alla tutela, gestione e sviluppo del patrimonio comune.

A questo tema sono dedicate le Conclusioni del Consiglio Cultura sulla Governance
partecipata del patrimonio culturale, come pure il nuovo Piano di lavoro per l’attuazione
degli obiettivi dell’agenda europea per la cultura per il periodo 2015-2019, adottati il 25
Novembre 2014, nell’ambito della Presidenza italiana UE.

Il Piano di Lavoro per la cultura 2015-2018, basato sull'Agenda europea per la cultura, definisce le
priorità per promuovere l'accesso alla cultura e lo sviluppo del pubblico fruitore per questo e i
prossimi anni.

Esso si concentra su come gestire al meglio il patrimonio culturale europeo, stimolare la creatività e
l'innovazione nei settori culturale e creativo e innalzare il profilo della cultura nelle relazioni esterne
dell'UE.

Le priorità, sulla base delle quali saranno realizzate venti azioni concrete sono:
   1. Cultura accessibile e inclusiva;
   2. Patrimonio culturale;
   3. Settori culturali e creativi: economia creativa e innovazione;
   4. Promozione della diversità culturale, presenza della cultura nelle relazioni esterne dell’UE e
        mobilità.

Di uno sguardo nuovo al patrimonio culturale dall'Europa riferisce sul Giornale delle Fondazioni,
Erminia Sciacchitano, esperto Mibact designato a Bruxelles, osservando che prendersi cura del
patrimonio oggi significa investire nel capitale culturale e sociale di un territorio,
promuovendone la rigenerazione, altrimenti la sua trasmissione alla prossima generazione

                                                   11
sarà impossibile.

Questo capitale si genera quando gli interventi sul patrimonio culturale sono occasione di
partecipazione democratica ai processi decisionali, di promozione della diversità e di
dialogo interculturale, rafforzando il senso di appartenenza ad una comunità, favorendo
una comprensione e un rispetto maggiori tra i popoli, contribuendo a ridurre le disparità
sociali, agevolando l'inclusione sociale, promuovendo il dialogo intergenerazionale.

In breve, è sempre più necessario attivare circoli virtuosi, incoraggiando i siti del patrimonio a
diventare centri di conoscenza e incubatori di creatività e innovazione sociale, attraverso la
promozione di misure volte a stimolare l'intero ciclo di creazione/produzione
culturale/conservazione nei territori.

Per fare questo occorre costruire molti ponti fra quelle che sono state per lungo tempo, ma
erroneamente, considerate "dimensioni" separate: patrimonio culturale materiale,
intangibile e digitale; eredità del passato e creatività contemporanea, luoghi della cultura e
comunità, sia quelle residenti su un territorio sia quelle virtuali.

In particolare sono fondamentali iniziative che incentivano lo sviluppo di politiche urbane fondate
sulla cultura come il Programma europeo «Capitali europee della cultura», che ha il merito di
avere fondato un metodo, un approccio che inserisce la cultura nell'ambito di una strategia di
sviluppo territoriale a lungo termine e che incentiva la costituzione di forme di governance più
possibile partecipate che siano quindi capaci di governare i processi di sviluppo con approccio
integrato e trans-settoriale.

Il patrimonio e le risorse culturali sono beni comuni che definiscono l’identità di un territorio e della
sua comunità. Una risorsa condivisa in grado di accrescere benefici sociali ed economici, in cui i
processi partecipativi assumono un ruolo determinate anche per ri-progettare e co-progettare il
futuro. Nel quadro del Piano di Lavoro per la cultura 2015-2018, varato dal Consiglio dell’Unione
Europea a fine 2014, si lavora anche su questo tema.

L’Europa mostra dunque la via per lavorare con approccio integrato livello europeo, ed ora è
importante comprendere anche a livello nazionale che l’approccio integrato non è una
scelta, ma una necessità se si vogliono impostare politiche di sviluppo fondate sulla cultura.

La forza della cultura e della creatività, oltre che nell’economia, è nelle idee per immaginare
e progettare un nuovo futuro. Nell'atmosfera creativa che genera nuove soluzioni alle sfide
di oggi.

Oggi si è più consapevoli che la valorizzazione sostenibile passa non solo per la scoperta e
classificazione analitica dei valori del patrimonio, ma per la loro “reinvenzione”, attraverso
processi di partecipazione che non sono solo "riappropriazione" da parte della società locale
ma nuove opportunità perché una comunità possa progettare il suo futuro a partire dalle
risorse culturali del territorio.

In particolare, la recente Comunicazione della Commissione Verso un approccio integrato al
patrimonio culturale per l’Europa (COM (2014) 477) mette in evidenza come le risorse del
patrimonio, indipendentemente da chi ne sia il proprietario o detentore, sono portatrici di
un valore che appartiene a tutti i membri della comunità, e sono in questo senso beni
comuni. In quanto beni comuni, le risorse del patrimonio richiedono un quadro evoluto di

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governance collettiva (multilivello, multi – stakeholder).

Un approccio community-based a politiche e programmi per il patrimonio culturale è stato già
adottato nell’ambito di numerosi programmi UE, dalle sfide sociali comprese nel programma di
ricerca Horizon 2020 allo sviluppo locale guidato dalle comunità incluso nei Fondi strutturali e di
investimento europei. Questo approccio è anche riconosciuto dall’Iniziativa programmatica
congiunta Patrimonio culturale e cambiamento globale: una nuova sfida per l’Europa.

La globalizzazione, la digitalizzazione e la progressiva diffusione delle nuove tecnologie stanno
cambiando il modo in cui il patrimonio culturale viene prodotto, presentato, reso accessibile e
utilizzato, dischiudendo nuove opportunità e nuove sfide per la condivisione delle risorse. Il
patrimonio culturale è sempre più riconosciuto come il vantaggio competitivo dell’Europa nello
scenario globale e la cultura identificata come uno strumento diplomatico nelle relazioni
internazionali.

Questi cambiamenti stanno conducendo a un’evoluzione del valore economico, culturale e sociale
del patrimonio, che richiede politiche e soluzioni di governance più innovative di quelle finora
adottate. Una politica e una governance adeguate per il patrimonio culturale renderanno molto più
raggiungibile l’obiettivo di una crescita intelligente, sostenibile e solidale per l’Europa.

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5.    Beni culturali e paesaggio d'Italia

Il nostro "patrimonio culturale nazionale", comprende due tipologie di beni culturali: i beni culturali
in senso stretto, che sono le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico,
archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre testimonianze aventi valore di
civiltà, e quell'altra specie di bene culturale, in senso più ampio, che è costituita dai paesaggi italiani,
i quali sono espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio,
frutto della millenaria antropizzazione e stratificazione storica della Penisola mediterranea, un
unicum nell'esperienza europea e mondiale tale da meritare tutto il rilievo e la protezione dovuti.

Questi beni culturali sono destinati alla fruizione della collettività, compatibilmente con le
esigenze di uso istituzionale e sempre che non vi ostino ragioni di tutela da parte.

Essi possono appartenere allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad altri
enti ed istituti pubblici e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ma anche ad altri
proprietari privati.

I beni culturali in senso stretto includono:

•    le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi dello Stato, delle regioni,
     degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico;
•    gli archivi e i singoli documenti dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali,
     nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico;
•    le raccolte librarie delle biblioteche dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali,
     nonché di ogni altro ente e istituto pubblico,
Sono altresì beni culturali anche quelli appartenenti ai privati, tipo:

•    le cose immobili e mobili appartenenti a privati, che presentano interesse artistico, storico,
     archeologico o etnoantropologico particolarmente importante,
•    gli archivi e i singoli documenti, appartenenti a privati, che rivestono interesse storico
     particolarmente importante;
•    le raccolte librarie, appartenenti a privati, di eccezionale interesse culturale;
•     le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse particolarmente
     importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte e
     della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni
     pubbliche, collettive o religiose;
•    le collezioni o serie di oggetti, a chiunque appartenenti, che per tradizione, fama e particolari
     caratteristiche ambientali, ovvero per rilevanza artistica, storica, archeologica, numismatica
     o etnoantropologica, rivestono come complesso un eccezionale interesse
E ancora:
•    le cose che interessano la paleontologia, la preistoria e le primitive civiltà;
•    le cose di interesse numismatico che, in rapporto all’epoca, alle tecniche e ai materiali di
     produzione, nonché al contesto di riferimento, abbiano carattere di rarità o di pregio,
     anche storico;

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•   i manoscritti, gli autografi, i carteggi, gli incunaboli, nonché i libri, le stampe e le incisioni, con
    relative matrici, aventi carattere di rarità e di pregio;
•   le carte geografiche e gli spartiti musicali aventi carattere di rarità e di pregio;
•   le fotografie, con relativi negativi e matrici, le pellicole cinematografiche ed i supporti audiovisivi
    in genere, aventi carattere di rarità e di pregio;
•   le ville, i parchi e i giardini che abbiano interesse artistico o storico;
•   le pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi aperti urbani di interesse artistico o storico;
•   i siti minerari di interesse storico od etnoantropologico;
•   le navi e i galleggianti aventi interesse artistico, storico od etnoantropologico;
•   le architetture rurali aventi interesse storico od etnoantropologico quali testimonianze
    dell’economia rurale tradizionale.

Per farsi una vaga idea, tra questi beni culturali, secondo i dati del competente Ministero (Minicifre
della cultura, 2014) si contano 4.588 luoghi di cultura tra Musei (3.847), monumenti (501) e aree
archeologiche (240). Il 63,8% è di proprietà pubblica, 36,2% appartenente a privati: 41,6% civici,
10% ecclesiastici, 9% MiBACT .

La tipologia prevalente dei musei italiani è questa: 32% arte, 16,9% etnografia e antropologia,
15,5% archeologia, 11,4% storia, 9,3% scienze naturali, 8,5% a tema, 6,4% altro.

Nel 2011 i visitatori sono stati 103.888.764, di cui 54.876.648 visitatori paganti; 49% degli istituti
italiani ad ingresso gratuito # 38.424.587 visitatori nei 431 istituti MiBACT aperti nel 2013 (202 musei,
229 monumenti e aree archeologiche), di cui 17.649.829 paganti. Gli Istituti statali più visitati (con
ingresso a pagamento) sono Colosseo, Palatino, Foro Romano – Roma (5.625.219) Scavi di Pompei –
Napoli (2.413.515) Galleria degli Uffizi , Corridoio Vasariano – Firenze (1.875.785) Galleria
dell’Accademia – Firenze (1.257.261) Castel Sant’Angelo – Roma (965.931) Boboli, Musei Argenti,
Porcellane, Costume – Firenze (710.523) La Venaria Reale (Consorzio) – Torino (598.548) Museo
Antichità Egizie (Fondazione) – Torino (540.297) Galleria Borghese – Roma (498.477) Reggia –
Caserta (439.813) Villa d’Este – Tivoli, Roma (412.468) Cenacolo Vinciano – Milano (410.157)

Quanto ai beni archeologici, sono 5.668 i beni immobili archeologici vincolati (1909-2004) , 363 le
concessioni di scavo ad enti pubblici e privati ancora attive (57 a istituzioni straniere), con 69 nuove
autorizzazioni di cui 18 pluriennali

Tra i beni architettonici sono 46.025 quelli vincolati (1909-2004), con 16.162 dichiarazioni
d’interesse culturale dall’entrata in vigore del Codice dei beni culturali e del paesaggio (2004-2013) su
45.964 istruttorie compiute, le più numerose in Toscana, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto, di cui
14.309 a seguito di verifiche a richiesta di enti territoriali, enti pubblici o persone giuridiche private
senza fine di lucro (28,96% CEI) # 1.562 dichiarazioni nel 2013 su 4.777 verifiche effettuate...

Accanto ai beni culturali in senso stretto, c'è il paesaggio italiano che rappresenta l'identità
nazionale ed esprime i valori culturali dell'Italia e degli Italiani, così come ci derivano dalla
natura, dalla storia umana e dalle loro interrelazioni sul nostro territorio.

La tutela di questo paesaggio è volta a riconoscere, salvaguardare e, ove necessario,
recuperare i valori culturali che esso esprime. La valorizzazione del paesaggio concorre a

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promuovere lo sviluppo della cultura.

A tal fine le amministrazioni pubbliche promuovono e sostengono, per quanto di rispettiva
competenza, apposite attività di conoscenza, informazione e formazione, riqualificazione e
fruizione del paesaggio nonché, ove possibile, la realizzazione di nuovi valori paesaggistici
coerenti ed integrati. La valorizzazione è attuata nel rispetto delle esigenze della tutela.

Esso include questi beni paesaggistici:

•   le bellezze panoramiche e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai
    quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze.
•   i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e
    tradizionale, inclusi i centri e i nuclei storici;
•                                                      le ville, i giardini e i parchi che si
    distinguono per la loro non comune bellezza;
•                                                      le cose immobili che hanno cospicui caratteri di
    bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica, ivi compresi gli alberi
    monumentali;

Accanto a questi immobili e aree di notevole interesse pubblico, sono di interesse paesaggistico le
Aree tutelate per legge, tra cui:

•   i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche
    per i terreni elevati sul mare;
•   i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di
    battigia, anche per i territori elevati sui laghi;
•   i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di
    legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le
    relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;
•   le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200
    metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;
•   i ghiacciai e i circhi glaciali;
•   i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi;
•   i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli
    sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall’articolo 2, commi 2 e 6, del decreto
    legislativo 18 maggio 2001, n. 227;
•   le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;
•   le zone umide incluse nell’elenco previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo
    1976, n. 448;
•   i vulcani;
•   le zone di interesse archeologico;
•   ulteriori immobili ed aree sottoposti a tutela dai piani paesaggistici.

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6.   La valorizzazione del patrimonio culturale in Italia

Se l'UE è impegnata a salvaguardare e valorizzare il patrimonio culturale mediante una serie di
politiche e programmi, la politica da condurre in questo campo compete in primo luogo agli Stati
membri e agli enti regionali e locali.

In Italia, stando all’articolo 9 della Costituzione, la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e
tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

La valorizzazione dei beni culturali e ambientali, nonché la promozione e l’organizzazione di attività
culturali, rientra, ai sensi dell’art. 117 della Costituzione, nelle materie di legislazione concorrente,
per cui la potestà legislativa spetta alle Regioni, salvo che per la determinazione dei principi
fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato che disciplina la valorizzazione, conservazione,
tutela e fruizione dei beni culturali.

L'evoluzione normativa è risultata intensa soprattutto negli ultimi anni, con diversi interventi che
hanno modificato la legislazione in precedenza vigente, risalente alla fine degli anni trenta del XX
secolo, in particolare riguardo alla definizione di "bene culturale" e all'attribuzione alle regioni e agli
enti locali di alcune competenze precedentemente riservate allo Stato.

I provvedimenti che si sono succeduti dalla fine degli anni novanta hanno ridisegnato la materia,
semplificati sono stati poi recepiti nel 2004, con l'emanazione del Codice dei beni culturali e del
paesaggio, conosciuto anche come codice Urbani, un corpo organico di disposizioni, in materia
di beni culturali e beni paesaggistici della Repubblica Italiana; emanato con il decreto legislativo del
22 gennaio 2004 n. 42 e modificato successivamente dal d. lgs. 24 marzo 2006, n. 156, dal d. lgs. 24
marzo 2006, n. 157, dal d. lgs. 26 marzo 2008, n. 62, e dal d. lgs. 26 marzo 2008, n. 63, dal D.L. 31
maggio 2014, n. 83.

Il Codice dei beni culturali e del paesaggio è il principale riferimento normativo italiano che
attribuisce al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo il compito di tutelare,
conservare e valorizzare il patrimonio culturale dell'Italia.

La valorizzazione del patrimonio culturale «consiste nell’esercizio delle funzioni e nella
disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad
assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio
stesso», anche attraverso interventi di conservazione, al fine di promuovere lo sviluppo
della cultura in tutti gli istituti e i luoghi a essa deputati, cioè i musei, le biblioteche e gli
archivi, le aree e i parchi archeologici, i complessi monumentali. In riferimento al
paesaggio, la valorizzazione «comprende altresì la riqualificazione degli immobili e delle
aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, ovvero la realizzazione di nuovi valori
paesaggistici coerenti e integrati»

La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la memoria della
comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura.

Lo Stato, le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni assicurano e sostengono la
conservazione del patrimonio culturale e ne favoriscono la pubblica fruizione e la valorizzazione. Gli
altri soggetti pubblici, nello svolgimento della loro attività, assicurano la conservazione e la pubblica
fruizione del loro patrimonio culturale.

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I privati proprietari, possessori o detentori di beni appartenenti al patrimonio culturale, ivi compresi
gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, sono tenuti a garantirne la conservazione. Le varie
attività concernenti la conservazione, la fruizione e la valorizzazione del patrimonio culturale sono
svolte in conformità alla normativa di tutela.

Alle attività culturali, che prevedono l’organizzazione stabile di risorse, strutture e competenze,
possono concorrere, cooperare o partecipare soggetti privati, anche attraverso forme di
sponsorizzazione.

La struttura del MiBACT è stata determinata, a seguito dell’entrata in vigore del decreto del
Presidente della Repubblica 26 novembre 2007, n. 233, recante "Regolamento di riorganizzazione del
Ministero per i beni e le attività culturali, a norma dell’art. 1, comma 404, della legge 27 dicembre
2006, n. 296" , pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale 15 dicembre 2007, n. 291,
come modificato dal presente DPR n.91 del 2 luglio 2009, "Regolamento recante modifiche ai decreti
presidenziali di riorganizzazione del Ministero e di organizzazione degli Uffici di diretta
collaborazione del Ministro per i beni e le attività culturali", pubblicato nel Supplemento ordinario
alla G.U. n. 164 del 17/07/2009.

L'organizzazione dell'amministrazione è stata inoltre interessata dall'articolo 1, comma 2 e 3 della
Legge 24 giugno 2013, n. 71, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 147 del 25 giugno 2013, entrato in
vigore il 26 giugno 2013 che ha affidato le competenze del turismo al Ministero che assume
dunque l'attuale denominazione di Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo,
con l'istituzione della Direzione generale per le politiche del turismo.

Con Decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo del 18 novembre 2013 ,
registrato dalla Corte dei Conti in data 21/02/2014 al n. 296, è stata istituita la Direzione generale per
le politiche del turismo che svolge funzioni e compiti in materia di turismo.

La struttura del MIBACT è stata recentemente oggetto di revisione ad opera del DPCM 28 febbraio
2014 , recante "Regolamento di organizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali
e del turismo e dell'organismo indipendente di valutazione della performance", in attesa di
registrazione presso la Corte dei Conti ".

Dall'11 dicembre 2014 è in vigore il D.P.C.M. 29 agosto 2014, n. 171, recante il nuovo regolamento di
organizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, degli uffici della diretta
collaborazione del Ministro e dell'Organismo indipendente di valutazione della performance, a
norma dell'articolo 16, comma 4, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con
modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89. (14G00183) (GU n.274 del 25-11-2014).

La nuova riorganizzazione del Mibact cambia il modello organizzativo dei beni culturali italiani,
attraverso l’ammodernamento della struttura centrale e la semplificazione di quella periferica;
l’integrazione definitiva tra cultura e turismo; la valorizzazione dei musei italiani (20 musei di
interesse nazionale dotati di piena autonomia gestionale e finanziaria con direttori altamente
specializzati e selezionati con procedure pubbliche); il rilancio delle politiche di innovazione e
formazione; la valorizzazione delle arti contemporanee; la revisione delle linee di comando tra
centro e periferia (semplificazione delle procedure per ridurre i contenziosi) ed il taglio delle figure
dirigenziali (37 dirigenti in meno).

Nella sfera del binomio cultura-economia, o più precisamente nelle logiche dell’economia dell’arte e

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della cultura, i settori rivolti alla conservazione del patrimonio culturale assumono il
compito di gestire adeguatamente l’opera d’arte, mentre quelli rivolti alla produzione di
cultura divengono un motore per lo sviluppo di nuove industrie culturali che si affiancano
ai più tradizionali servizi aggiuntivi.

Ormai da anni il settore della tutela e valorizzazione del patrimonio culturale vive tuttavia una
profonda crisi di risorse umane e finanziarie.

Il budget assegnato al Ministero dei Beni culturali rende difficili molti interventi, anche i restauri
urgenti divenuti indispensabili. Da molti anni non si assume più personale e i funzionari di
Soprintendenza hanno ormai in media 55 anni, cioè sono destinati ad andare in pensione entro
cinque o dieci anni al massimo.

Al fronte di queste e altre carenze si sta affacciando l’idea di privatizzare il patrimonio culturale o di
vendere una parte dei monumenti con il pretesto di adottare il «modello americano» di cui tutti
parlano ma che nessuno conosce veramente.

Intanto, la distruzione del paesaggio è sempre più drammatica. Basta ricordare che in 15 anni, dal
1990 al 2005, il 17% della campagna italiana si è ricoperta di nuove costruzioni, che ogni anno
vengono edificati oltre 250 milioni di metri cubi e che la crescita della superficie abitativa dovuta alle
nuove costruzioni è quaranta volte superiore alla modestissima crescita demografica (0,4%).

L’armonico rapporto città-campagna costruito nei secoli sta cedendo terreno a un urban sprawl
(distribuzione urbana) incontrollato che ospita ormai quasi un quarto della popolazione e delle
attività produttive. L’antica forma urbis sta esplodendo e la sua espansione indefinita non annulla
soltanto la periferia ma anche il centro. Nel nuovo paesaggio di periferia, lo spazio residuo tra le
agglomerazioni perde il suo carattere di filtro e assume quello di terra di nessuno, mentre la terra
delle campagne, coperta di cemento, perde per sempre le funzioni ecologiche che esercitava.

Un territorio eccezionalmente fragile, soggetto a frane, inondazioni e terremoti è sempre più lasciato
a se stesso e non si fa quasi nulla per consolidare le zone più esposte ai rischi. Mentre le leggi di
tutela restano in vigore e addirittura si migliorano un poco nel tempo, vengono concesse
periodicamente deroghe, eccezioni o anche condoni in modo tale che quanti hanno commesso un
delitto distruggendo un angolo di paesaggio possano fare ammenda pagando una piccola multa allo
Stato o alle municipalità. Dato che questi condoni vengono accordati periodicamente tutti sanno di
potere violare impunemente la legge e che basterà attendere qualche anno per mettersi in regola
pagando un’ammenda.

L’assenza di leggi tuttavia non figura tra le ragioni della continua distruzione del paesaggio e del
patrimonio. In questo campo esiste, al contrario, una sorta di accanimento terapeutico che origina
un numero di leggi troppo elevato che è la ragione per cui è difficile osservarle tanto più che esse si
sono spesso sedimentate nel tempo in maniera incoerente creando un labirinto di conflitti di
competenze, in particolare tra lo Stato e le Regioni.

Valga ad esempio il caso più grave che è rappresentato dal caos terminologico creato intorno alle
tre parole chiave «paesaggio», «territorio» e «ambiente».

Il «paesaggio», secondo l’articolo 9 della Costituzione, deve essere posto sotto la tutela dello Stato
e, in particolare, del Ministero dei Beni culturali, ma il «territorio», secondo l’articolo 117 della
Costituzione, deve essere regolamentato e pianificato non dallo Stato centrale ma dalle Regioni e dai

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