La Copertina d'Artista - Social War - Smart Marketing

Pagina creata da Noemi Battaglia
 
CONTINUA A LEGGERE
La Copertina d'Artista - Social War - Smart Marketing
La Copertina d'Artista - Social War
È una matrioska la protagonista della copertina del numero di Marzo del nostro magazine.

“Uno tra i più iconici elementi della cultura popolare della Russia, è considerato il souvenir per
eccellenza e un simbolo di tale Paese”, recita la pagina di Wikipedia dedicata a questa bambola.

Ma quella raffigurata sulla nostra cover, come sempre succede nell’arte contemporanea e con gli
artisti che invitiamo a realizzare le nostre copertine, contiene molti più elementi di quelli che saltano
immediatamente all’occhio.

La prima cosa che ci colpisce è l’assenza di colore dell’opera, quando sappiamo che queste bambole,
La Copertina d'Artista - Social War - Smart Marketing
in realtà, sono realizzate in colori sgargianti.

Ma, non è questo l’elemento più forte dell’opera, quello che davvero ci colpisce è la maniera in cui
La Copertina d'Artista - Social War - Smart Marketing
l’artista ha raffigurato la matrioska: quella più grande è agghindata con un’uniforme militare con
tanto di cappello e mostrine e con uno sguardo allo stesso tempo vuoto ed inquietante, sembra
impugnare un fucile d’assalto; sembra, perché l’artista in un impeto di rifiuto della guerra decide di
non disegnarlo ma di mostrarci solo la sua sagoma, la sua ombra.

Siamo già sicuri, dopo aver colto questi elementi, di aver carpito il significato dell’opera e la sua
denuncia, ma l’artista decide di essere ancora più chiaro e ci mostra la seconda matrioska, quella
più piccola, all’interno della prima, della quale riconosciamo subito lo stemma dell’Ucraina sul
bavero e che presenta un’espressione molto diversa dall’altra.

La bambola più piccola sembra raffigurare una bambina dall’espressione triste ed affranta e mentre
la matrioska più grande sembra quasi inghiottirla, un’ombra sinistra cala sulla testa e lo sguardo
della nostra piccola bambola/bambina ucraina.

                       Scopri il nuovo numero: “Social War”
  Con le nuove tecnologie le guerre sono diventate globali, prima ancora che mondiali (e per
  fortuna!). Nella sfera informativa, iperconnessa e pervasiva, siamo tutti protagonisti. Siamo tutti
  chiamati in causa.

In ultimo, a colpirci e inquietarci è l’ombra che proietta questa matrioska: in essa riconosciamo, con
orrore, il simbolo del “nucleare” che ci assesta l’ultimo e definitivo colpo di grazia, lasciandoci
attoniti ed interdetti davanti a questa copertina e a quest’opera.

L’artista di questa copertina ci mostra che anche una semplice bambola cava può diventare uno
strumento di propaganda, qualcosa di più di un souvenir, qualcosa che ci parla di giochi ormai finiti,
infanzia tradita e futuro rubato a tutti, ma soprattutto ai bambini, che sono vittime involontarie della
La Copertina d'Artista - Social War - Smart Marketing
follia degli adulti.

La sensazione che proviamo è duplice, perché il soggetto, il significato e la tecnica stessa con cui è
realizzata l’opera ci raccontano una storia di guerra, sopraffazione,morte e distruzione, ma d’altro
canto non possiamo non cogliere la passione, la poesia e la bellezza del risultato, perché l’opera è
davvero fantastica.
La Copertina d'Artista - Social War - Smart Marketing
Forse ad ispirare e guidare la mano dell’artista di questo numero, Alessio Fortunato, è stato il
grande romanziere russo Fëdor Dostoevskij quando diceva che solo “la bellezza salverà il mondo”.
Noi non possiamo averne la certezza, lo speriamo, e ancora una volta siamo testimoni di come l’arte
possa dirci tante cose attraverso una singola immagine e di come gli artisti siano i veri demiurghi del
tempo presente, del quale riescono a penetrarne i significati profondi meglio e più compiutamente di
qualsiasi storico, analista politico o esperto di geopolitica.

  Alessio Fortunato, nasce a Trossingen, in Germania. Si
  diploma all’accademia di Belle Arti di Bari, scuola di
  scenografia, discutendo la tesi sul Cinema Espressionista
  Tedesco. Nel 1995 vince il concorso per giovani disegnatori
  di Expocomics di Bari e due anni dopo entra nello staff
  regolare di “Lazarus Ledd” della Star Comics. Per il
  fumetto di punta dell’editore umbro pubblicherà 10 albi.

  Nel 2003 diventa parte del team di disegnatori della serie di Eura Editoriale “John Doe”. Per le
  Edizioni Arcadia disegna nel 2007 l’albo d’esordio di “Maisha”, con i testi di Francesco
  Matteuzzi.

  Dal 2010 fa parte dello staff dei disegnatori di “Dampyr”, personaggio della Sergio Bonelli
  Editore.

  Ha disegnato per Mondadori Oscar Ink la trasposizione a fumetti del romanzo “Lo Scudo di Talos”
  dello scrittore e divulgatore Valerio Massimo Manfredi.

  Nel 2020 partecipa al progetto Come Vite Distanti, promosso dal Festival ARF del Fumetto di
  Roma. Un libro di 60 fumettisti italiani per una raccolta fondi per lo Spallanzani di Roma per la
  ricerca contro il Covid.

  Dal 2021 è docente di Arte del Fumetto all’Accademia di Belle Arti di Bari.

  Docente dal 2021 della scuola di fumetto Pencil Art di Bari.

Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.
La Copertina d'Artista - Social War - Smart Marketing
Resta aggiornato sulle nostre
    pubblicazioni e sulle ultime
       novità dal mondo del
         marketing e della
          comunicazione.

                                   Nome

                                 Cognome

                                  Email *

                              Consenso      Consentici di usare i tuoi dati

        Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy
                                         Iscriviti alla newsletter

5 fumetti sotto l’albero di Natale!
Inizia la frenesia del Natale e con essa parte la caccia al regalo perfetto.
Tra milioni di idee, voglio parlare di quei regali che restano e che portano un messaggio: un vinile,
un libro, un dvd, perché no, un fumetto.
Numerose le nuove uscite di questi mesi, ma cinque sono i fumetti che maggiormente hanno colpito
la mia attenzione, quindi andiamo con i consigli per i pacchetti sotto l’albero.

1) GIORNI FELICI
L’autrice è la fumettista Giulia Spagnulo, in arte Zuzu, che ha
disegnato un romanzo di cinquecento pagine, edito da Coconino
Press, in cui l’artista inserisce elementi autobiografici e di
fantasia per raccontare la vita di Claudia. La protagonista è
sempre in bilico tra passato e futuro, tra desideri e paure, il tutto
raccontato attraverso lunghi monologhi e disegni dalle tonalità
pastello che ricordano disegni di bambini. Tra le fonti di
ispirazione del graphic novel c’è il cantautore Giorgio Poi, che ha
ricambiato dedicando un brano a quest’opera di Zuzu;
La Copertina d'Artista - Social War - Smart Marketing
2) LA MACCHINA ZERO
È la graphic novel su Mario Tchou, l’informatico e ingegnere
italiano di origini cinesi, che inventò il primo computer a
transistor, la Olivetti ELEA 9003. A sessant’anni dalla scomparsa di
Tchou questo fumetto, di Ciaj Rocchi e Matteo Demonte, edito da
Solferino, racconta le vicende umane e professionali dell’uomo che,
nel 1959, creò una macchina all’avanguardia, ancor prima
dell’azienda, allora leader incontrastata, IBM. La sua vita da
precursore del futuro si intreccia con avvenimenti storici
importanti del ‘900, come l’ascesa del fascismo e la guerra fredda
ed eventi del suo paese di provenienza, la Cina;

3) LA QUARTA GUERRA MONDIALE
Degli autori Taddei e Spugna, edito da Feltrinelli Comics. “La
quarta guerra mondiale” mostra un futuro, il 3021, in cui il mondo è
in guerra perenne, in costante lotta tra numerose fazioni differenti.
Richiamando il famoso fumetto comico satirico di Bonvi,
“Sturmtruppen”, racconta come due eterni nemici si uniscono per
cercare di riportare la pace nel mondo, tra dialoghi ironici e
avventure grottesche;

4) SONO ANCORA VIVO
La Copertina d'Artista - Social War - Smart Marketing
“Sonoancoravivo”èilprimographicnovelscrittodaRobertoSaviano,disegnato
dall’illustratore israeliano Asaf Hanuka, edito da Bao Publishing.
Autobiografico, racconta lo sconvolgimento della vita dello
scrittore negli anni successivi alla pubblicazione nel 2006 del
famoso libro “Gomorra”, che gli causò forti limitazioni alla sua
libertà personale, che ancora oggi scandiscono la sua vita. “Qui
dentro c’è tutto il mio dolore” ha annunciato Saviano parlando di
quanto sia importante per lui aver dato vita a quest’opera,
coinvolgente graphic novel, non solo per la potenza della storia,
ma anche per i bellissimi disegni, che rappresentano attraverso le
immagini gli stati d’animo dell’autore;

5) 10 OTTOBRE
È uscito il primo volume del nuovo fumetto della Sergio Bonelli
Editore, disegnato da Mattia Surroz e scritto da Paola Barbato,
intitolato “10 ottobre”. La serie di fumetti racconta un futuro
distopico in cui non ci sono più malattie e sofferenze, ma c’è una
sola legge: la regolamentazione della morte. Gli esseri umani
conoscono la data della loro morte e sei sono le età possibili in
cui si può morire. Anche il protagonista, il piccolo Richie,
conosce la data della sua morte e sa che morirà il 10 ottobre,
quando compirà undici anni.

              Scopri il nuovo numero: “Il Natale che verrà”
   Che Natale sarà? Senza fare giri di parole, sarà un Natale “nuovo”. Nuovo perché, dopo due anni
    di pandemia, siamo noi ad essere persone nuove. Persone con nuovi bisogni, nuovi desideri e
                                            nuovi pensieri.

Cinque possibili regali per chi è da anni appassionato di fumetti, ma anche per chi non è del settore
né un cultore, ma vuole avvicinarsi per la prima volta a questa meravigliosa forma d’arte, che dopo il
clamoroso successo della serie del fumettista Zerocalcare (qui trovate il nostro articolo), sarà
sempre più un universo in espansione, tutto da conoscere.
La Copertina d'Artista - Social War - Smart Marketing
Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispon-diamo
sempre.

   Resta aggior-nato sulle nostre
    pubblicazioni e sulle ultime
       novità dal mondo del
         marketing e della
          comunicazio-ne.
                                   Nome

                                 Cognome

                                  Email *

                             Consenso       Consentici di usare i tuoi dati

        Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy
                                         Iscriviti alla newsletter

Joker – Il Film
Un corpo smunto, emaciato, filiforme, svicola come un ratto lungo le strade di Gotham City. Siamo
agli inizi degli anni ’80 del secolo scorso in una città sporca e lurida in cui il disagio sociale è non
solo tangibile, ma addirittura insopportabile, opprimente, claustrofobico.

Arthur Fleck (uno straordinario Joaquin Phoenix) è un fantasma alla deriva in una città che pare
non accorgersi di lui, è depresso, alienato ed affetto da un disturbo neurologico che gli provoca
La Copertina d'Artista - Social War - Smart Marketing
improvvisi ed incontrollabili attacchi di risate, soprattutto in momenti di tensione.

Arthur sogna di diventare un cabarettista come il suo idolo, Murray Franklin (il sempre bravo
Robert De Niro), un presentatore televisivo di successo, ma il suo complicato stato emotivo ed
esistenziale, insieme alla mancanza di talento, non gli permette di sfondare, nonostante il suo
impegno e la partecipazione a spettacoli in diversi comedy club della città.

Arthur vive con l’anziana madre Penny Fleck (l’attrice e doppiatrice Frances Conroy) e sbarca il
lunario lavorando come pagliaccio pubblicitario per una piccola agenzia.

Quello cui assistiamo sullo schermo è il romanzo di formazione di un sociopatico, la lenta discesa nei
meandri più oscuri dell’animo umano, il declino morale, esistenziale ed emotivo di un uomo il cui
destino è ormai segnato fin dalle prime inquadrature.

Tutto il mondo attorno sembra tramare contro Arthur. Nel suo lavoro è spesso vittima di soprusi da
parte del capo e di furti e pestaggi da parte di bande di balordi in mezzo alla strada.

Perfino la stessa architettura della città di Gotham (New York), opprimente e squallida, pare
preludere al declino del nostro protagonista. Della città vediamo solo i vicoli, i marciapiedi, la
metropolitana, i comedy club nei seminterrati o degli interni angusti e claustrofobici, dai colori lividi
e male illuminati da luci diafane e tremolanti, spazzatura e degrado dappertutto. La Gotham del film
è come Arthur Fleck stanca, alla deriva e pronta ad esplodere.

Come rivela acutamente Paola Casella su CineCriticaWeb, il regista Todd Phillips (Starsky &
Hutch, Una notte da leoni, Parto col folle) decide di filmare e rappresentare Gotham/New York
sempre sul piano della strada, rinunciando alla verticalità insita nei geni di questa metropoli; mai la
cinepresa ci mostra uno scorcio di cielo, quasi mai un grattacielo, e la grande scalinata che compare
nel film, quella che Arthur percorre ogni giorno tornando a casa, benché ripresa dal basso non
ascende a nulla ma, anzi, sprofonda nei meandri oscuri di una metropoli infima, alienante e putrida.

In ultimo, anche la diseguaglianza sociale mina la salute mentale del nostro protagonista. Siamo
negli anni ’80 ed è in quegli anni che si accentua il divario fra ricchi e poveri; nelle inquadrature
vediamo una netta divisione fra la Gotham ricca, abitata da yuppies in griffati completi doppiopetto,
e un’umanità misera, caotica ed oppressa, vestita di stracci ed abiti dimessi.

Arthur frequenta le sedute da un’assistente sociale, che gli prescrive anche le ricette per i farmaci,
la quale durante un incontro gli confessa che, a causa della crisi economica e dei tagli al budget
delle spese sanitarie, il centro sarà chiuso e gli incontri di sostegno finiranno.

Come un clown triste uscito dall’opera “Pagliacci” di Ruggero Leoncavallo, Arthur si trascina lungo
le strade invase dalla spazzatura di una metropoli che semplicemente non pare accorgersi di lui, del
suo disagio, del suo malessere, del suo grido d’aiuto.

Le ispirazioni del film di Todd Phillips sono tutte rintracciabili nel cinema della New Hollywood e
soprattutto nei film di Martin Scorsese come “Re per una Notte” (al quale il personaggio
interpretato da Robert De Niro è un dichiarato omaggio), od ancora come “Serpico” diretto da
Sidney Lumet, al quale il film pare debitore delle atmosfere, ma soprattutto a “Taxi driver”
(sempre di Martin Scorsese), nel quale sempre lo stesso De Niro dà corpo e sostanza al protagonista
Travis Bickle, il disturbato tassista, ex veterano della guerra del Vietnam, che decide di dare senso
alla propria squallida esistenza pianificando l’uccisione di un candidato politico e salvando una
prostituta dal suo pappone e che tante, troppe similitudini pare avere con il nostro Arthur
Fleck/Joker.

Insomma, Arthur Fleck è un predestinato, la vittima sacrificale di una società votata al cinismo, ma è
pure un capro espiatorio che è necessario alla stessa società per affrancarsi dalle sue scorie nocive,
dai suoi rifiuti putridi, dalla sua mancanza di empatia. Arthur Fleck diventerà il sociopatico Jocker,
che affermerà la sua individualità e il suo esistere nel mondo attraverso l’omicidio per redimersi dal
suo stato di fantasma, di ultimo, di scarto indesiderato, perché una città votata al collasso ha bisogno
di un cattivo, sul quale scaricare sia le proprie pulsioni autodistruttive sia, in ultimo, per potersi
affrancare dalle proprie responsabilità.

Arthur Fleck diventa una sorta di giustiziere della notte impazzito, un Robin Hood omicida, un
rivoluzionario delirante, e questa diventa la sua vera prova d’attore, la sua cifra stilistica. Attraverso
l’omicidio afferma se stesso e la sua individualità e diviene finalmente un uomo di successo,
riconosciuto e seguito da centinaia di fan ed epigoni che mettono a ferro e fuoco la città di Gotham.

Noi spettatori assistiamo, ed in un certo senso viviamo, la lenta metamorfosi di Arthur in Joker, una
trasformazione che è fisica, morale e psicologica, e non possiamo fare altro che empatizzare con
questo antireroe, soffriamo con lui per tutto il film e quando, alla fine, la transizione di Arthur in
Joker è completa siamo inorriditi, nauseati e traumatizzati dalla sua violenza e dalla sua mancanza di
qualsiasi scrupolo morale. Siamo stati per tutto il film dalla sua parte e ora ci accorgiamo che la sua
follia può essere anche la nostra, la sua furia omicida può diventare la nostra, insomma che in
ognuno di noi riposa un mostro pronto a svegliarsi.

Il Joker di Todd Phillips permette al cinema di assolvere ad uno dei suoi compiti più specifici e
insieme complicati, quello di essere lo specchio dei tempi; noi ci riflettiamo in esso e, come il
protagonista della pellicola, ci rendiamo conto che ciò che vediamo è l’immagine di un mostro che
diviene giorno per giorno più concreta e definita.

Fra i tanti interventi sul film il grande regista Michael Moore ha saggiamente dichiarato:
“Questo non è un film su Donald Trump. È sull’America che ci ha dato Trump – l’America che non
sente il bisogno di aiutare gli emarginati e i poveri. L’America dove i ricchi sfondati lo diventano
ancora di più […] il pericolo più grande per la società sarebbe se non vedeste il film. Perché la storia
che racconta e i problemi che affronta sono talmente profondi e necessari che se distogliete lo
sguardo da questa grande opera d’arte vi perderete il dono dello specchio che ci offre. Sì, c’è un
clown turbato in quello specchio, ma non è da solo – noi siamo lì, di fianco a lui”.

Il film ha vinto il Leone d’Oro come miglior film alla 76esima Mostra internazionale d’arte
cinematografica di Venezia e mentre scrivo questa recensione (23 ottobre 2019) ha incassato
250,0 milioni di dollari negli Stati Uniti e Canada e 491,3 nel resto del mondo, per un totale di 741,3
milioni, diventando uno dei campioni d’incasso della stagione.

Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo
sempre.

    Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime
     novità dal mondo del marketing e della comunicazione.
                  Stai tranquillo, anche noi odiamo lo spam!
      Da noi riceverai SOLO UNA EMAIL AL MESE, in concomitanza con
                    l’uscita del nuovo numero del mensile.

                                   Nome

                                 Cognome

                                  Email *

                             Consenso       Consentici di usare i tuoi dati

        Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy
                                         Iscriviti alla newsletter

La Copertina d’Artista - #ripartitalia 2019
Immaginate di esprimere un desiderio, quale scena si forma nei vostri pensieri, dove andrà a pescare
la vostra memoria?

Penso che, più o meno, la maggior parte di voi sarà equamente divisa fra chi ha immaginato la scena
di una stella cadente e quelli che si sono immaginati davanti alla propria torta di compleanno, pronti
a soffiare sulle candeline.
Quest’ultima scena pare aver ispirato l’artista di questo mese nella realizzazione della copertina
d’artista. Caterina Ardizzon (classe 1988) ci propone un’immagine gioiosa e positiva, un
sorprendente mix fra illustrazione, fumetto e grafica, solo apparentemente semplice ed immediata,
ma in realtà densa, finanche stratificata, piena di simboli da scoprire.

L
a
c
o
p
e
r
t
i
n
a
d
’
A
r
t
i
s
t
a
d
e
l
n
°
6
5
d
e
l
n
o
s
t
r
o
m
a
g
a
zine con l’opera “Soffia Forte!” dell’artista Caterina Ardizzon.

Ciò che immediatamente salta all’occhio sono due elementi: la figura di un grande uccello al centro
dell’opera e quella di una donna, in basso a sinistra, che soffia via qualcosa dal palmo della sua
mano. Lo sfondo della composizione è scombussolato dal turbinare di tante decorazioni che, come
coriandoli, accentuano l’atmosfera allegra di tutta la scena.

Dopo un’osservazione più attenta e meditata, quindi, l’iniziale semplicità e immediatezza pare
disperdersi in una complessità assai maggiore. Ma, allora, cosa ci vuole comunicare l’artista?

Il titolo dell’opera: “Soffia forte!” fa riferimento sicuramente all’atto di spegnere le candeline, e il
vortice delle decorazioni, che richiamano il piumaggio dell’uccello, accentua il clima di festa. Ma
cosa rappresenta il grande uccello che troneggia al centro dell’immagine?
L
a
r
t
i
s
t
a
d
i
q
u
e
s
t
o
m
e
s
e
C
a
t
e
r
i
n
a
A
r
d
i
z
z
o
n
.

Ho avuto una certa perplessità nel proporre una qualche interpretazione, sapevo che l’artista
predilige la rappresentazione degli uccelli nelle sue opere e sapevo che si era attenuta al tema del
mese di settembre del nostro magazine che, come sapete, è #ripartitalia, e che è fra i più propositivi
e ottimisti della nostra rivista. Insomma, avevo capito che l’uccello al centro dell’immagine era
importante, ma non riuscivo a capirne il motivo, finché mi sono tornati in mente i versi di una poesia
di Emily Dickinson, “Speranza”, che recita:
“La speranza è quella cosa piumata –

  che si viene a posare sull’anima –

  Canta melodie senza parole –

  e non smette – mai –

  E la senti – dolcissima – nel vento –

  E dura deve essere la tempesta –

  capace di intimidire il piccolo uccello

  che ha dato calore a tanti –

  Io l’ho sentito nel paese più gelido –

  e sui mari più alieni –

  Eppure mai, nemmeno allo stremo,

  ho chiesto una briciola – di me.”

Insomma, la speranza per la grande poetessa americana è un uccello che non smette mai di cantare
alla nostra anima e, forse, anche per Caterina Ardizzon la speranza, il coraggio, il desiderio, la voglia
di ripartire è un uccello, forse una fenice che, come nel mito, risorge dalle proprie ceneri.

Non dimentichiamoci che il motto della fenice è: “Post fata resurgo” (“Dopo la morte torno ad
alzarmi”) e che adesso ci pare il più sincero augurio che l’artista ci possa fare, perché le cadute sono
inevitabili ma, come la fenice mitologica o l’uccello della speranza dickinsoniana, non dobbiamo
smettere né di rialzarci, né di cantare, né di librarci leggeri nei cieli del possibile.
L
a
C
o
n
f
e
r
e
n
z
a
d
e
g
l
i
U
c
c
e
l
l
i
.

Caterina Ardizzon è nata a Venezia nel 1988. Dopo essersi diplomata al liceo scientifico e aver
frequentato per 5 anni la Scuola Internazionale di Grafica di Venezia, si trasferisce a Milano per
laurearsi alla triennale di design del prodotto al Politecnico, e, successivamente, in Inghilterra, per
conseguire la laurea specialistica in design per la sostenibilità presso la Bournemouth University.

Agli studi di design seguono tre anni di formazione attoriale. Caterina è designer, attrice e scrittrice,
e al momento collabora come illustratrice e grafica per aziende, associazioni culturali, privati e
progetti teatrali.
O
u
t
d
o
o
r
P
a
r
t
y
.

La sua ricerca risente fortemente della sua eclettica formazione ed i suoi soggetti sono caratterizzati
in egual misura da elementi della grafica e dell’illustrazione. Caratteristici dell’artista sono i soggetti
favolistici ed animali ricorrenti nelle sue opere, soprattutto gli uccelli che, secondo l’artista, “ironici
e liberi di comunicare, arrivano direttamente da un mondo fantastico”.

Per informazioni e per contattare l’artista Caterina Ardizzon:

cateardizzon@gmail.com

www.caterinaardizzon.com

Ricordiamo ai nostri lettori ed agli artisti interessati che è possibile candidarsi alla selezione della
quinta edizione di questa interessante iniziativa scrivendo ed inviando un portfolio alla nostra
redazione: redazione@smarknews.it
5 è il numero perfetto - Il film
Il 29 agosto scorso, è uscito nelle sale un film, che inaugura la “nuova” annata del cinema italiano, la
quale si preannuncia ricca di pellicole interessanti. Parliamo di “5 è il numero perfetto”, film di
Igor Tuveri, con un trio d’eccezione: Toni Servillo, Valeria Golino e Carlo Buccirosso. Il film è
un piccolo e delizioso affresco della Napoli degli anni ’70, resa con tutte le atmosfere tipiche di
quegli anni: una certa cupezza di fondo, un certo colore ed un certo folklore, che rendono la storia
molto suggestiva, anche da un punto di vista iconografico. Abbiamo Toni Servillo, nei panni di
Peppino Lo Cicero, un sicario di seconda classe della camorra in pensione, costretto a tornare in
azione dopo l’omicidio di suo figlio; ma abbiamo anche Carlo Buccirosso amico e complice di una
vita, nei panni di Totò o’macellaio; e Valeria Golino nei panni di Rita, l’amante di Lo Cicero. Il
trio cercherà di far luce sull’omicidio di Nino Lo Cicero, innescando tutt’una serie di azioni
criminose, ma anche la scintilla per cominciare una nuova vita.

T
o
n
i
S
e
r
v
i
l
l
o
e
C
a
r
lo Buccirosso in una scena del film “5 è il numero perfetto” di Igor Tuveri.

Il suo autore Igor Tuveri, in arte Igort, splendido fumettista e sceneggiatore, trae questo film da sé
stesso. L’opera omonima a fumetti, è del 2002, ed è il suo libro a fumetti più popolare, vincitore di
numerosi premi internazionali, tra cui la prestigiosa Fiera del Libro di Francoforte. Questo noir
napoletano, ricco di suggestioni, di atmosfere e di sfumature, ha avuto un lavoro di casting molto
lungo e ragionato, proprio in ragione del particolare adattamento del fumetto ai tempi e ai metodi
del cinematografo. Ed è proprio nella scelta degli attori, la metà dell’opera di un film che risulta
azzeccatissimo: tutti i personaggi hanno trovato l’attore giusto che ha offerto loro carne, sangue e
voce. A partire da Toni Servillo che aderisce con grande partecipazione alle azioni e ai pensieri di
un uomo che vede la propria attività di killer come un lavoro faticoso che ha una propria (distorta)
morale. Lui, Buccirosso, Golino e tutti gli altri fino ai ruoli minori sanno offrire caratterizzazioni da
cinema anni ’70 innervate da uno sguardo, quello di Igort, che sa come andare ‘oltre’ la storia
riuscendo a far diventare protagonisti gli spazi e gli edifici in ogni inquadratura.

Qui si vede l’anima dell’artista eclettico che, tavola dopo tavola, ha dovuto ‘ambientare’ le proprie
storie con tutta la libertà che offre il disegno. Questo non è però stato di ostacolo alla ricerca delle
location ma, sembrerebbe, di stimolo all’individuazione delle vie, dei palazzi, delle scale in cui
collocare le vicende. Un film quindi, che sorprende, dove anche il minimo dettaglio assume un senso
e che è stato presentato, fuori concorso, in “prima assoluta”, la mattina del 29 agosto al Festival
del Cinema di Venezia, nella sezione “Giornate degli autori”, ottenendo scroscianti applausi, per
poi essere proiettato a partire dalla stessa serata, in oltre 200 sale cinematografiche nazionali.

Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.

   Resta aggiornato sulle nostre
    pubblicazioni e sulle ultime
       novità dal mondo del
         marketing e della
          comunicazione.
                                   Nome

                                 Cognome

                                  Email *

                              Consenso      Consentici di usare i tuoi dati

        Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy
                                         Iscriviti alla newsletter

La Copertina d’Artista – Tutto è
Comunicazione
Un mondo alieno si schiude davanti ai nostri occhi. È un pianeta popolato da strane creature
tentacolate, il cielo è sormontato da pianeti e satelliti artificiali, sullo sfondo riconosciamo le sagome
di costruzioni ed edifici dalle forme geometriche. La forza immaginativa e la visionarietà della scena
sembrano scaturite delle fervide fantasie di grandi scrittori della fantascienza come Philip José
Farmer o Fritz Leiber, tradotti in immagini da artisti visionari come Moebius o Karel Thole.

Ma, a ben vedere, non siamo proprio sicuri che si tratti di un mondo alieno, i satelliti artificiali
sembrano terrestri, le costruzioni e i tralicci fabbricati umani, quello che continua a sembrarci
profondamente alieno sono gli strani abitanti che di umano hanno ben poco. Sono creature simili a
enormi e grassi polipi, con quelli che sembrano essere i loro cuori che paiono avvizziti e con strane
ed enormi teste, dove spiccano occhi e bocche che sono state entrambi cuciti. Ma la cosa più strana
di tutte che ci fa capire che anche questi strani mostri sono, alla fine, umani è che dalle sommità
delle loro teste spunta una sim card come quella dei cellullari che, una volta riconosciuta, dà un
senso tutto nuovo alla nostra interpretazione.
L
a
C
o
p
e
r
t
i
n
a
d
’
A
r
t
i
s
t
a
–
T
u
t
t
o
è
C
o
m
u
n
i
c
a
z
i
o
n
e

Quello che l’artista di questo mese, al secolo Vincenzo Maraglino, ci mostra è una possibile
evoluzione del genere umano. Siamo diventati pingui molluschi con bocche ed occhi cuciti, quindi
non vediamo né comunichiamo più direttamente con l’altro, abbiamo sviluppato dei tentacoli perché
oramai non sentivamo più il bisogno di una mano con cinque dita, visto che l’attività principale che
svolgiamo è quella di sfiorare le icone dei nostri smartphone. Inoltre, come in un film di David
Cronenberg, abbiamo inglobato totalmente i nostri device elettronici, i post umani dipinti dal
Maraglino si sono fusi con la tecnologia che tanto amavano diventando di fatto degli organismi bio-
tecnologici; anche se i cuori rinsecchiti stanno lì a dirci che sono (e siamo) sempre più macchine che
uomini. Insomma, il futuro prospettatoci dal nostro artista appare cupo, orrifico e allucinante, ed il
titolo scelto, “Atrofizzati”, spazza via ogni nostro residuo dubbio.

Ma allora è davvero questo il nostro futuro? Davvero diventeremo dei mostri incapaci di comunicare
se non attraverso i nostri apparecchi elettronici? La profezia del Maraglino si sta già, in parte,
avverando ma, conoscendo l’artista, il suo stile e la sua ricerca, credo che l’immagine sia più un
monito che una sentenza. Il nostro arista vuole scuoterci e per farlo ci ha dipinto un’immagine forte
e disturbante, concentrandola in una forma potente e ammantandola in una luce brillante.

  Scopri il numero: “Tutto è Comunicazione”

Guardando l’opera di Vincenzo Maraglino dobbiamo concordare con il famoso writer Banksy
quando scrisse: “L’arte deve confortare il disturbato e disturbare il comodo”.

Vincenzo Maraglino, classe 1982, pugliese, nato a Massafra in provincia di Taranto, artista,
scenografo e grafico, ha già illustrato una copertina del nostro magazine nel novembre del 2015. La
sua ricerca artistica parte dalle tradizioni folcloristiche e popolari della sua terra che cerca di
tradurre in opere, grafiche ed istallazioni dal forte impatto cromatico. Il suo stile mischia con
leggerezza e maestria il pop, il fumetto, il figurativo e l’astratto, confezionando opere originali e
fortemente riconoscibili. La sua è un’arte dalle sane valenze etiche e sociali, i suoi interventi sono
quasi sempre delle dichiarazioni e delle denunce delle storture e delle aberrazioni del mondo, come
anche questa copertina sta a dimostrare.

Ultime mostre:

2017

XXXII Trofeo Città di Lecce Fondazione Palmieri, Lecce;

2015/2016

Rassegna d’arte contemporanea itinerante – News-Cover. “Immagini, notizie e visioni ai tempi
dell’ lnfotainment”, a cura dell’Associazione Culturale “Smart Media” – Taranto, Momart Gallery –
Matera, Auditorium Sant’Andrea degli armeni -Taranto, Laboratorio Urbano Mediterraneo – San
Giorgio Jonico (TA), Laboratorio Urbano – San Marzano di S.G. (TA), Catalogo: News Cover 2016;

2015

Esposizione Collezione Privata “Smart in the City”, a cura di Barter srl, ex Chiesa San Carpoforo,
Milano;
Mostra personale “Martyrium”, Pro Loco Città di Massafra, Galleria della Società Operaia di Mutuo
soccorso”, Massafra (TA);

Esposizione di opere digitali “Book – Una lettura per immagini”, Assessorato alla Cultura e
Associazionismo- Massafra (TA);

5°Rassegna d’Arte Contemporanea, a cura di Daniel Buso, Cà dei Carraresi, Treviso;

4° Rassegna d’Arte Contemporanea, a cura di Matteo Favaro, Comdata S.p.a. Lecce (Le), Catalogo:
Comd’arte 2015.

Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo
sempre.

    Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime
     novità dal mondo del marketing e della comunicazione.
                  Stai tranquillo, anche noi odiamo lo spam!
      Da noi riceverai SOLO UNA EMAIL AL MESE, in concomitanza con
                    l’uscita del nuovo numero del mensile.

                                   Nome

                                 Cognome

                                  Email *

                             Consenso       Consentici di usare i tuoi dati

        Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy
                                         Iscriviti alla newsletter

Smetto Quando Voglio Masterclass – Il
Film
Successo di critica e al botteghino per il secondo capitolo della saga del giovane regista salernitano
Sydney Sibilia, “Smetto quando voglio – Masterclass”, a tre anni dal primo episodio “Smetto
quando voglio”.

Il regista inizia la sua carriera cinematografica col botto con la storia di un team di ricercatori,
cervelloni ma al verde, che nonostante tutti i titoli accademici svolge lavori non all’altezza dei propri
sogni,su cui hanno investito tempo e denaro, insomma, la triste realtà dei nostri giorni. La squadra è
capitanata da Pietro Zinni (Edoardo Leo), ricercatore a caccia di un “posto fisso” all’università e
quando le sue aspettative vengono rovinosamente disattese, fatto che nasconde alla moglie Giulia
(Valeria Solarino), decide di mettere su una banda con i suoi amici, brillanti ma disperati, per
entrare nel mercato della droga, creando una smart drug, una droga considerata legale perché la
sua molecola non è ancora stata inserita dal Ministero della Salute nella lista delle sostanze
stupefacenti.

Il primo episodio vede la formazione di questa banda e l’ingresso nel mercato della droga, così
come anche la tragica uscita con Pietro che finisce in carcere; il secondo capitolo inizia
riassumendo la storia, mostrandola anche da altri punti di vista e procede con un capovolgimento
della storia: ora è la legge che ha bisogno dell’improvvisata squadra di criminali. L’ispettore Paola
Coletti (Greta Scarano), infatti, chiederà a Pietro di riformare la banda che entrerà in azione per
fermare il dilagare di queste sostanze psicoattive; mettendosi al servizio dell’antidroga potranno
ottenere in cambio la fedina penale pulita.

La banda che aiuterà Pietro nella ricerca di 30 smart drugs è composta da: Alberto (Stefano Fresi)
chimico, Giorgio (Lorenzo Lavia) latinista, Mattia (Valerio Aprea) latinista, Arturo (Paolo
Calabresi) archeologo, Bartolomeo (Libero De Rienzo) economista, Andrea (Pietro Sermonti)
antropologo, componenti della storica squadra, con l’aggiunta di tre new entry: l’avvocato Vittorio
(Rosario Lisma), l’anatomista Giulio (Marco Bonini) e l’ingegnere Lucio (Giampaolo Morelli).

Con i nuovi arrivati della gang si inserisce anche la tematica della fuga dei cervelli all’estero,
brillanti menti che per disperazione si trasferiscono alla ricerca di gratificazioni umane e
professionali; Giulio e Lucio, infatti, sono finiti in paesi lontani, in situazioni non proprio tranquille.

Dopo i primi due episodi, è prevista per il 2018 l’uscita del terzo capitolo, quello finale, che si
chiamerà “Smetto quando voglio – Ad Honorem”; visto il successo del primo film, il secondo ed il
terzo sono stati girati contemporaneamente (come per la trilogia di Matrix), tecnica chiamata “back
to back” (riprese consequenziali), che permette di ridurre drasticamente i costi di realizzazione.

Numerose le citazioni e le fonti di ispirazione per questa saga: innanzitutto lo stile generale strizza
l’occhio alle serie tv americane, con ritmo serrato, tematiche d’attualità e una fotografia verde
“acido” che rende tutto più psichedelico; velato il riferimento ad una sorta di “Suicide Squad”
nostrana e meno forzuta; pregevole, e poco usuale per il cinema italiano, la scena girata con la
tecnica del rotoscope, che richiama il film, dalla simile tematica, “A scanner darkly” del regista
Linklater e molte altre influenze dal cinema e dalle serie tv.

Punti forti di questa pellicola anche lo sfondo della splendida città di Roma e l’elettrizzante colonna
sonora, che contribuiscono, insieme a tutto il resto, a far entrare questo film nel filone
cinematografico della action comedy all’italiana, inaugurato dal giovane regista Gabriele Mainetti
con il suo “Lo chiamavano Jeeg Robot”.

Hanno sottolineato il successo di questa trilogia anche la creazione di un videogame e l’uscita di un
fumetto, disegnato da Giacomo Bevilacqua, con quattro diverse copertine, realizzate da importanti
matite: Giacomo Bevilacqua, Zerocalcare, Roberto Recchioni e Riccardo Torti.
Nell’attesa di vedere come va a finire questa stupefacente storia e di scoprire che fine fa la geniale e
goffa banda di ricercatori, vi anticipo che dovranno di nuovo vedersela con il vecchio cattivo, Er
Murena (Neri Marcorè) ed il nuovo cattivo, Walter Mercurio (Luigi Lo Cascio) e, soprattutto, vi
consiglio di guardare (o riguardare) i primi due episodi di questa splendida saga, che ha ancora da
regalarci tante riflessioni intelligenti attraverso una grossa dose di risate.
Puoi anche leggere