La Copertina d'Artista - Social War - Smart Marketing
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La Copertina d'Artista - Social War È una matrioska la protagonista della copertina del numero di Marzo del nostro magazine. “Uno tra i più iconici elementi della cultura popolare della Russia, è considerato il souvenir per eccellenza e un simbolo di tale Paese”, recita la pagina di Wikipedia dedicata a questa bambola. Ma quella raffigurata sulla nostra cover, come sempre succede nell’arte contemporanea e con gli artisti che invitiamo a realizzare le nostre copertine, contiene molti più elementi di quelli che saltano immediatamente all’occhio. La prima cosa che ci colpisce è l’assenza di colore dell’opera, quando sappiamo che queste bambole,
in realtà, sono realizzate in colori sgargianti. Ma, non è questo l’elemento più forte dell’opera, quello che davvero ci colpisce è la maniera in cui
l’artista ha raffigurato la matrioska: quella più grande è agghindata con un’uniforme militare con tanto di cappello e mostrine e con uno sguardo allo stesso tempo vuoto ed inquietante, sembra impugnare un fucile d’assalto; sembra, perché l’artista in un impeto di rifiuto della guerra decide di non disegnarlo ma di mostrarci solo la sua sagoma, la sua ombra. Siamo già sicuri, dopo aver colto questi elementi, di aver carpito il significato dell’opera e la sua denuncia, ma l’artista decide di essere ancora più chiaro e ci mostra la seconda matrioska, quella più piccola, all’interno della prima, della quale riconosciamo subito lo stemma dell’Ucraina sul bavero e che presenta un’espressione molto diversa dall’altra. La bambola più piccola sembra raffigurare una bambina dall’espressione triste ed affranta e mentre la matrioska più grande sembra quasi inghiottirla, un’ombra sinistra cala sulla testa e lo sguardo della nostra piccola bambola/bambina ucraina. Scopri il nuovo numero: “Social War” Con le nuove tecnologie le guerre sono diventate globali, prima ancora che mondiali (e per fortuna!). Nella sfera informativa, iperconnessa e pervasiva, siamo tutti protagonisti. Siamo tutti chiamati in causa. In ultimo, a colpirci e inquietarci è l’ombra che proietta questa matrioska: in essa riconosciamo, con orrore, il simbolo del “nucleare” che ci assesta l’ultimo e definitivo colpo di grazia, lasciandoci attoniti ed interdetti davanti a questa copertina e a quest’opera. L’artista di questa copertina ci mostra che anche una semplice bambola cava può diventare uno strumento di propaganda, qualcosa di più di un souvenir, qualcosa che ci parla di giochi ormai finiti, infanzia tradita e futuro rubato a tutti, ma soprattutto ai bambini, che sono vittime involontarie della
follia degli adulti. La sensazione che proviamo è duplice, perché il soggetto, il significato e la tecnica stessa con cui è realizzata l’opera ci raccontano una storia di guerra, sopraffazione,morte e distruzione, ma d’altro canto non possiamo non cogliere la passione, la poesia e la bellezza del risultato, perché l’opera è davvero fantastica.
Forse ad ispirare e guidare la mano dell’artista di questo numero, Alessio Fortunato, è stato il grande romanziere russo Fëdor Dostoevskij quando diceva che solo “la bellezza salverà il mondo”. Noi non possiamo averne la certezza, lo speriamo, e ancora una volta siamo testimoni di come l’arte possa dirci tante cose attraverso una singola immagine e di come gli artisti siano i veri demiurghi del tempo presente, del quale riescono a penetrarne i significati profondi meglio e più compiutamente di qualsiasi storico, analista politico o esperto di geopolitica. Alessio Fortunato, nasce a Trossingen, in Germania. Si diploma all’accademia di Belle Arti di Bari, scuola di scenografia, discutendo la tesi sul Cinema Espressionista Tedesco. Nel 1995 vince il concorso per giovani disegnatori di Expocomics di Bari e due anni dopo entra nello staff regolare di “Lazarus Ledd” della Star Comics. Per il fumetto di punta dell’editore umbro pubblicherà 10 albi. Nel 2003 diventa parte del team di disegnatori della serie di Eura Editoriale “John Doe”. Per le Edizioni Arcadia disegna nel 2007 l’albo d’esordio di “Maisha”, con i testi di Francesco Matteuzzi. Dal 2010 fa parte dello staff dei disegnatori di “Dampyr”, personaggio della Sergio Bonelli Editore. Ha disegnato per Mondadori Oscar Ink la trasposizione a fumetti del romanzo “Lo Scudo di Talos” dello scrittore e divulgatore Valerio Massimo Manfredi. Nel 2020 partecipa al progetto Come Vite Distanti, promosso dal Festival ARF del Fumetto di Roma. Un libro di 60 fumettisti italiani per una raccolta fondi per lo Spallanzani di Roma per la ricerca contro il Covid. Dal 2021 è docente di Arte del Fumetto all’Accademia di Belle Arti di Bari. Docente dal 2021 della scuola di fumetto Pencil Art di Bari. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.
Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter 5 fumetti sotto l’albero di Natale! Inizia la frenesia del Natale e con essa parte la caccia al regalo perfetto. Tra milioni di idee, voglio parlare di quei regali che restano e che portano un messaggio: un vinile, un libro, un dvd, perché no, un fumetto. Numerose le nuove uscite di questi mesi, ma cinque sono i fumetti che maggiormente hanno colpito la mia attenzione, quindi andiamo con i consigli per i pacchetti sotto l’albero. 1) GIORNI FELICI L’autrice è la fumettista Giulia Spagnulo, in arte Zuzu, che ha disegnato un romanzo di cinquecento pagine, edito da Coconino Press, in cui l’artista inserisce elementi autobiografici e di fantasia per raccontare la vita di Claudia. La protagonista è sempre in bilico tra passato e futuro, tra desideri e paure, il tutto raccontato attraverso lunghi monologhi e disegni dalle tonalità pastello che ricordano disegni di bambini. Tra le fonti di ispirazione del graphic novel c’è il cantautore Giorgio Poi, che ha ricambiato dedicando un brano a quest’opera di Zuzu;
2) LA MACCHINA ZERO È la graphic novel su Mario Tchou, l’informatico e ingegnere italiano di origini cinesi, che inventò il primo computer a transistor, la Olivetti ELEA 9003. A sessant’anni dalla scomparsa di Tchou questo fumetto, di Ciaj Rocchi e Matteo Demonte, edito da Solferino, racconta le vicende umane e professionali dell’uomo che, nel 1959, creò una macchina all’avanguardia, ancor prima dell’azienda, allora leader incontrastata, IBM. La sua vita da precursore del futuro si intreccia con avvenimenti storici importanti del ‘900, come l’ascesa del fascismo e la guerra fredda ed eventi del suo paese di provenienza, la Cina; 3) LA QUARTA GUERRA MONDIALE Degli autori Taddei e Spugna, edito da Feltrinelli Comics. “La quarta guerra mondiale” mostra un futuro, il 3021, in cui il mondo è in guerra perenne, in costante lotta tra numerose fazioni differenti. Richiamando il famoso fumetto comico satirico di Bonvi, “Sturmtruppen”, racconta come due eterni nemici si uniscono per cercare di riportare la pace nel mondo, tra dialoghi ironici e avventure grottesche; 4) SONO ANCORA VIVO
“Sonoancoravivo”èilprimographicnovelscrittodaRobertoSaviano,disegnato dall’illustratore israeliano Asaf Hanuka, edito da Bao Publishing. Autobiografico, racconta lo sconvolgimento della vita dello scrittore negli anni successivi alla pubblicazione nel 2006 del famoso libro “Gomorra”, che gli causò forti limitazioni alla sua libertà personale, che ancora oggi scandiscono la sua vita. “Qui dentro c’è tutto il mio dolore” ha annunciato Saviano parlando di quanto sia importante per lui aver dato vita a quest’opera, coinvolgente graphic novel, non solo per la potenza della storia, ma anche per i bellissimi disegni, che rappresentano attraverso le immagini gli stati d’animo dell’autore; 5) 10 OTTOBRE È uscito il primo volume del nuovo fumetto della Sergio Bonelli Editore, disegnato da Mattia Surroz e scritto da Paola Barbato, intitolato “10 ottobre”. La serie di fumetti racconta un futuro distopico in cui non ci sono più malattie e sofferenze, ma c’è una sola legge: la regolamentazione della morte. Gli esseri umani conoscono la data della loro morte e sei sono le età possibili in cui si può morire. Anche il protagonista, il piccolo Richie, conosce la data della sua morte e sa che morirà il 10 ottobre, quando compirà undici anni. Scopri il nuovo numero: “Il Natale che verrà” Che Natale sarà? Senza fare giri di parole, sarà un Natale “nuovo”. Nuovo perché, dopo due anni di pandemia, siamo noi ad essere persone nuove. Persone con nuovi bisogni, nuovi desideri e nuovi pensieri. Cinque possibili regali per chi è da anni appassionato di fumetti, ma anche per chi non è del settore né un cultore, ma vuole avvicinarsi per la prima volta a questa meravigliosa forma d’arte, che dopo il clamoroso successo della serie del fumettista Zerocalcare (qui trovate il nostro articolo), sarà sempre più un universo in espansione, tutto da conoscere.
Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispon-diamo sempre. Resta aggior-nato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazio-ne. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Joker – Il Film Un corpo smunto, emaciato, filiforme, svicola come un ratto lungo le strade di Gotham City. Siamo agli inizi degli anni ’80 del secolo scorso in una città sporca e lurida in cui il disagio sociale è non solo tangibile, ma addirittura insopportabile, opprimente, claustrofobico. Arthur Fleck (uno straordinario Joaquin Phoenix) è un fantasma alla deriva in una città che pare non accorgersi di lui, è depresso, alienato ed affetto da un disturbo neurologico che gli provoca
improvvisi ed incontrollabili attacchi di risate, soprattutto in momenti di tensione. Arthur sogna di diventare un cabarettista come il suo idolo, Murray Franklin (il sempre bravo Robert De Niro), un presentatore televisivo di successo, ma il suo complicato stato emotivo ed esistenziale, insieme alla mancanza di talento, non gli permette di sfondare, nonostante il suo impegno e la partecipazione a spettacoli in diversi comedy club della città. Arthur vive con l’anziana madre Penny Fleck (l’attrice e doppiatrice Frances Conroy) e sbarca il lunario lavorando come pagliaccio pubblicitario per una piccola agenzia. Quello cui assistiamo sullo schermo è il romanzo di formazione di un sociopatico, la lenta discesa nei meandri più oscuri dell’animo umano, il declino morale, esistenziale ed emotivo di un uomo il cui destino è ormai segnato fin dalle prime inquadrature. Tutto il mondo attorno sembra tramare contro Arthur. Nel suo lavoro è spesso vittima di soprusi da
parte del capo e di furti e pestaggi da parte di bande di balordi in mezzo alla strada. Perfino la stessa architettura della città di Gotham (New York), opprimente e squallida, pare preludere al declino del nostro protagonista. Della città vediamo solo i vicoli, i marciapiedi, la metropolitana, i comedy club nei seminterrati o degli interni angusti e claustrofobici, dai colori lividi e male illuminati da luci diafane e tremolanti, spazzatura e degrado dappertutto. La Gotham del film è come Arthur Fleck stanca, alla deriva e pronta ad esplodere. Come rivela acutamente Paola Casella su CineCriticaWeb, il regista Todd Phillips (Starsky & Hutch, Una notte da leoni, Parto col folle) decide di filmare e rappresentare Gotham/New York sempre sul piano della strada, rinunciando alla verticalità insita nei geni di questa metropoli; mai la cinepresa ci mostra uno scorcio di cielo, quasi mai un grattacielo, e la grande scalinata che compare nel film, quella che Arthur percorre ogni giorno tornando a casa, benché ripresa dal basso non ascende a nulla ma, anzi, sprofonda nei meandri oscuri di una metropoli infima, alienante e putrida. In ultimo, anche la diseguaglianza sociale mina la salute mentale del nostro protagonista. Siamo negli anni ’80 ed è in quegli anni che si accentua il divario fra ricchi e poveri; nelle inquadrature vediamo una netta divisione fra la Gotham ricca, abitata da yuppies in griffati completi doppiopetto, e un’umanità misera, caotica ed oppressa, vestita di stracci ed abiti dimessi. Arthur frequenta le sedute da un’assistente sociale, che gli prescrive anche le ricette per i farmaci, la quale durante un incontro gli confessa che, a causa della crisi economica e dei tagli al budget delle spese sanitarie, il centro sarà chiuso e gli incontri di sostegno finiranno. Come un clown triste uscito dall’opera “Pagliacci” di Ruggero Leoncavallo, Arthur si trascina lungo le strade invase dalla spazzatura di una metropoli che semplicemente non pare accorgersi di lui, del suo disagio, del suo malessere, del suo grido d’aiuto. Le ispirazioni del film di Todd Phillips sono tutte rintracciabili nel cinema della New Hollywood e soprattutto nei film di Martin Scorsese come “Re per una Notte” (al quale il personaggio interpretato da Robert De Niro è un dichiarato omaggio), od ancora come “Serpico” diretto da Sidney Lumet, al quale il film pare debitore delle atmosfere, ma soprattutto a “Taxi driver” (sempre di Martin Scorsese), nel quale sempre lo stesso De Niro dà corpo e sostanza al protagonista Travis Bickle, il disturbato tassista, ex veterano della guerra del Vietnam, che decide di dare senso alla propria squallida esistenza pianificando l’uccisione di un candidato politico e salvando una
prostituta dal suo pappone e che tante, troppe similitudini pare avere con il nostro Arthur Fleck/Joker. Insomma, Arthur Fleck è un predestinato, la vittima sacrificale di una società votata al cinismo, ma è pure un capro espiatorio che è necessario alla stessa società per affrancarsi dalle sue scorie nocive, dai suoi rifiuti putridi, dalla sua mancanza di empatia. Arthur Fleck diventerà il sociopatico Jocker, che affermerà la sua individualità e il suo esistere nel mondo attraverso l’omicidio per redimersi dal suo stato di fantasma, di ultimo, di scarto indesiderato, perché una città votata al collasso ha bisogno di un cattivo, sul quale scaricare sia le proprie pulsioni autodistruttive sia, in ultimo, per potersi affrancare dalle proprie responsabilità. Arthur Fleck diventa una sorta di giustiziere della notte impazzito, un Robin Hood omicida, un rivoluzionario delirante, e questa diventa la sua vera prova d’attore, la sua cifra stilistica. Attraverso l’omicidio afferma se stesso e la sua individualità e diviene finalmente un uomo di successo, riconosciuto e seguito da centinaia di fan ed epigoni che mettono a ferro e fuoco la città di Gotham. Noi spettatori assistiamo, ed in un certo senso viviamo, la lenta metamorfosi di Arthur in Joker, una trasformazione che è fisica, morale e psicologica, e non possiamo fare altro che empatizzare con questo antireroe, soffriamo con lui per tutto il film e quando, alla fine, la transizione di Arthur in Joker è completa siamo inorriditi, nauseati e traumatizzati dalla sua violenza e dalla sua mancanza di qualsiasi scrupolo morale. Siamo stati per tutto il film dalla sua parte e ora ci accorgiamo che la sua follia può essere anche la nostra, la sua furia omicida può diventare la nostra, insomma che in ognuno di noi riposa un mostro pronto a svegliarsi. Il Joker di Todd Phillips permette al cinema di assolvere ad uno dei suoi compiti più specifici e insieme complicati, quello di essere lo specchio dei tempi; noi ci riflettiamo in esso e, come il protagonista della pellicola, ci rendiamo conto che ciò che vediamo è l’immagine di un mostro che diviene giorno per giorno più concreta e definita. Fra i tanti interventi sul film il grande regista Michael Moore ha saggiamente dichiarato:
“Questo non è un film su Donald Trump. È sull’America che ci ha dato Trump – l’America che non sente il bisogno di aiutare gli emarginati e i poveri. L’America dove i ricchi sfondati lo diventano ancora di più […] il pericolo più grande per la società sarebbe se non vedeste il film. Perché la storia che racconta e i problemi che affronta sono talmente profondi e necessari che se distogliete lo sguardo da questa grande opera d’arte vi perderete il dono dello specchio che ci offre. Sì, c’è un clown turbato in quello specchio, ma non è da solo – noi siamo lì, di fianco a lui”. Il film ha vinto il Leone d’Oro come miglior film alla 76esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e mentre scrivo questa recensione (23 ottobre 2019) ha incassato 250,0 milioni di dollari negli Stati Uniti e Canada e 491,3 nel resto del mondo, per un totale di 741,3 milioni, diventando uno dei campioni d’incasso della stagione. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Stai tranquillo, anche noi odiamo lo spam! Da noi riceverai SOLO UNA EMAIL AL MESE, in concomitanza con l’uscita del nuovo numero del mensile. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter La Copertina d’Artista - #ripartitalia 2019 Immaginate di esprimere un desiderio, quale scena si forma nei vostri pensieri, dove andrà a pescare la vostra memoria? Penso che, più o meno, la maggior parte di voi sarà equamente divisa fra chi ha immaginato la scena di una stella cadente e quelli che si sono immaginati davanti alla propria torta di compleanno, pronti a soffiare sulle candeline.
Quest’ultima scena pare aver ispirato l’artista di questo mese nella realizzazione della copertina d’artista. Caterina Ardizzon (classe 1988) ci propone un’immagine gioiosa e positiva, un sorprendente mix fra illustrazione, fumetto e grafica, solo apparentemente semplice ed immediata, ma in realtà densa, finanche stratificata, piena di simboli da scoprire. L a c o p e r t i n a d ’ A r t i s t a d e l n ° 6 5 d e l n o s t r o m a g
a zine con l’opera “Soffia Forte!” dell’artista Caterina Ardizzon. Ciò che immediatamente salta all’occhio sono due elementi: la figura di un grande uccello al centro dell’opera e quella di una donna, in basso a sinistra, che soffia via qualcosa dal palmo della sua mano. Lo sfondo della composizione è scombussolato dal turbinare di tante decorazioni che, come coriandoli, accentuano l’atmosfera allegra di tutta la scena. Dopo un’osservazione più attenta e meditata, quindi, l’iniziale semplicità e immediatezza pare disperdersi in una complessità assai maggiore. Ma, allora, cosa ci vuole comunicare l’artista? Il titolo dell’opera: “Soffia forte!” fa riferimento sicuramente all’atto di spegnere le candeline, e il vortice delle decorazioni, che richiamano il piumaggio dell’uccello, accentua il clima di festa. Ma cosa rappresenta il grande uccello che troneggia al centro dell’immagine?
L a r t i s t a d i q u e s t o m e s e C a t e r i n a A r d i z z o n . Ho avuto una certa perplessità nel proporre una qualche interpretazione, sapevo che l’artista predilige la rappresentazione degli uccelli nelle sue opere e sapevo che si era attenuta al tema del mese di settembre del nostro magazine che, come sapete, è #ripartitalia, e che è fra i più propositivi e ottimisti della nostra rivista. Insomma, avevo capito che l’uccello al centro dell’immagine era importante, ma non riuscivo a capirne il motivo, finché mi sono tornati in mente i versi di una poesia di Emily Dickinson, “Speranza”, che recita:
“La speranza è quella cosa piumata – che si viene a posare sull’anima – Canta melodie senza parole – e non smette – mai – E la senti – dolcissima – nel vento – E dura deve essere la tempesta – capace di intimidire il piccolo uccello che ha dato calore a tanti – Io l’ho sentito nel paese più gelido – e sui mari più alieni – Eppure mai, nemmeno allo stremo, ho chiesto una briciola – di me.” Insomma, la speranza per la grande poetessa americana è un uccello che non smette mai di cantare alla nostra anima e, forse, anche per Caterina Ardizzon la speranza, il coraggio, il desiderio, la voglia di ripartire è un uccello, forse una fenice che, come nel mito, risorge dalle proprie ceneri. Non dimentichiamoci che il motto della fenice è: “Post fata resurgo” (“Dopo la morte torno ad alzarmi”) e che adesso ci pare il più sincero augurio che l’artista ci possa fare, perché le cadute sono inevitabili ma, come la fenice mitologica o l’uccello della speranza dickinsoniana, non dobbiamo smettere né di rialzarci, né di cantare, né di librarci leggeri nei cieli del possibile.
L a C o n f e r e n z a d e g l i U c c e l l i . Caterina Ardizzon è nata a Venezia nel 1988. Dopo essersi diplomata al liceo scientifico e aver frequentato per 5 anni la Scuola Internazionale di Grafica di Venezia, si trasferisce a Milano per laurearsi alla triennale di design del prodotto al Politecnico, e, successivamente, in Inghilterra, per conseguire la laurea specialistica in design per la sostenibilità presso la Bournemouth University. Agli studi di design seguono tre anni di formazione attoriale. Caterina è designer, attrice e scrittrice, e al momento collabora come illustratrice e grafica per aziende, associazioni culturali, privati e progetti teatrali.
O u t d o o r P a r t y . La sua ricerca risente fortemente della sua eclettica formazione ed i suoi soggetti sono caratterizzati in egual misura da elementi della grafica e dell’illustrazione. Caratteristici dell’artista sono i soggetti favolistici ed animali ricorrenti nelle sue opere, soprattutto gli uccelli che, secondo l’artista, “ironici e liberi di comunicare, arrivano direttamente da un mondo fantastico”. Per informazioni e per contattare l’artista Caterina Ardizzon: cateardizzon@gmail.com www.caterinaardizzon.com Ricordiamo ai nostri lettori ed agli artisti interessati che è possibile candidarsi alla selezione della quinta edizione di questa interessante iniziativa scrivendo ed inviando un portfolio alla nostra redazione: redazione@smarknews.it
5 è il numero perfetto - Il film Il 29 agosto scorso, è uscito nelle sale un film, che inaugura la “nuova” annata del cinema italiano, la quale si preannuncia ricca di pellicole interessanti. Parliamo di “5 è il numero perfetto”, film di Igor Tuveri, con un trio d’eccezione: Toni Servillo, Valeria Golino e Carlo Buccirosso. Il film è un piccolo e delizioso affresco della Napoli degli anni ’70, resa con tutte le atmosfere tipiche di quegli anni: una certa cupezza di fondo, un certo colore ed un certo folklore, che rendono la storia molto suggestiva, anche da un punto di vista iconografico. Abbiamo Toni Servillo, nei panni di Peppino Lo Cicero, un sicario di seconda classe della camorra in pensione, costretto a tornare in azione dopo l’omicidio di suo figlio; ma abbiamo anche Carlo Buccirosso amico e complice di una vita, nei panni di Totò o’macellaio; e Valeria Golino nei panni di Rita, l’amante di Lo Cicero. Il trio cercherà di far luce sull’omicidio di Nino Lo Cicero, innescando tutt’una serie di azioni criminose, ma anche la scintilla per cominciare una nuova vita. T o n i S e r v i l l o e C a r lo Buccirosso in una scena del film “5 è il numero perfetto” di Igor Tuveri. Il suo autore Igor Tuveri, in arte Igort, splendido fumettista e sceneggiatore, trae questo film da sé stesso. L’opera omonima a fumetti, è del 2002, ed è il suo libro a fumetti più popolare, vincitore di numerosi premi internazionali, tra cui la prestigiosa Fiera del Libro di Francoforte. Questo noir napoletano, ricco di suggestioni, di atmosfere e di sfumature, ha avuto un lavoro di casting molto lungo e ragionato, proprio in ragione del particolare adattamento del fumetto ai tempi e ai metodi del cinematografo. Ed è proprio nella scelta degli attori, la metà dell’opera di un film che risulta azzeccatissimo: tutti i personaggi hanno trovato l’attore giusto che ha offerto loro carne, sangue e voce. A partire da Toni Servillo che aderisce con grande partecipazione alle azioni e ai pensieri di
un uomo che vede la propria attività di killer come un lavoro faticoso che ha una propria (distorta) morale. Lui, Buccirosso, Golino e tutti gli altri fino ai ruoli minori sanno offrire caratterizzazioni da cinema anni ’70 innervate da uno sguardo, quello di Igort, che sa come andare ‘oltre’ la storia riuscendo a far diventare protagonisti gli spazi e gli edifici in ogni inquadratura. Qui si vede l’anima dell’artista eclettico che, tavola dopo tavola, ha dovuto ‘ambientare’ le proprie storie con tutta la libertà che offre il disegno. Questo non è però stato di ostacolo alla ricerca delle location ma, sembrerebbe, di stimolo all’individuazione delle vie, dei palazzi, delle scale in cui collocare le vicende. Un film quindi, che sorprende, dove anche il minimo dettaglio assume un senso e che è stato presentato, fuori concorso, in “prima assoluta”, la mattina del 29 agosto al Festival del Cinema di Venezia, nella sezione “Giornate degli autori”, ottenendo scroscianti applausi, per poi essere proiettato a partire dalla stessa serata, in oltre 200 sale cinematografiche nazionali. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter La Copertina d’Artista – Tutto è Comunicazione Un mondo alieno si schiude davanti ai nostri occhi. È un pianeta popolato da strane creature tentacolate, il cielo è sormontato da pianeti e satelliti artificiali, sullo sfondo riconosciamo le sagome di costruzioni ed edifici dalle forme geometriche. La forza immaginativa e la visionarietà della scena
sembrano scaturite delle fervide fantasie di grandi scrittori della fantascienza come Philip José Farmer o Fritz Leiber, tradotti in immagini da artisti visionari come Moebius o Karel Thole. Ma, a ben vedere, non siamo proprio sicuri che si tratti di un mondo alieno, i satelliti artificiali sembrano terrestri, le costruzioni e i tralicci fabbricati umani, quello che continua a sembrarci profondamente alieno sono gli strani abitanti che di umano hanno ben poco. Sono creature simili a enormi e grassi polipi, con quelli che sembrano essere i loro cuori che paiono avvizziti e con strane ed enormi teste, dove spiccano occhi e bocche che sono state entrambi cuciti. Ma la cosa più strana di tutte che ci fa capire che anche questi strani mostri sono, alla fine, umani è che dalle sommità delle loro teste spunta una sim card come quella dei cellullari che, una volta riconosciuta, dà un senso tutto nuovo alla nostra interpretazione.
L a C o p e r t i n a d ’ A r t i s t a – T u t t o è C o m u n i c a z i o n e Quello che l’artista di questo mese, al secolo Vincenzo Maraglino, ci mostra è una possibile evoluzione del genere umano. Siamo diventati pingui molluschi con bocche ed occhi cuciti, quindi non vediamo né comunichiamo più direttamente con l’altro, abbiamo sviluppato dei tentacoli perché
oramai non sentivamo più il bisogno di una mano con cinque dita, visto che l’attività principale che svolgiamo è quella di sfiorare le icone dei nostri smartphone. Inoltre, come in un film di David Cronenberg, abbiamo inglobato totalmente i nostri device elettronici, i post umani dipinti dal Maraglino si sono fusi con la tecnologia che tanto amavano diventando di fatto degli organismi bio- tecnologici; anche se i cuori rinsecchiti stanno lì a dirci che sono (e siamo) sempre più macchine che uomini. Insomma, il futuro prospettatoci dal nostro artista appare cupo, orrifico e allucinante, ed il titolo scelto, “Atrofizzati”, spazza via ogni nostro residuo dubbio. Ma allora è davvero questo il nostro futuro? Davvero diventeremo dei mostri incapaci di comunicare se non attraverso i nostri apparecchi elettronici? La profezia del Maraglino si sta già, in parte, avverando ma, conoscendo l’artista, il suo stile e la sua ricerca, credo che l’immagine sia più un monito che una sentenza. Il nostro arista vuole scuoterci e per farlo ci ha dipinto un’immagine forte e disturbante, concentrandola in una forma potente e ammantandola in una luce brillante. Scopri il numero: “Tutto è Comunicazione” Guardando l’opera di Vincenzo Maraglino dobbiamo concordare con il famoso writer Banksy quando scrisse: “L’arte deve confortare il disturbato e disturbare il comodo”. Vincenzo Maraglino, classe 1982, pugliese, nato a Massafra in provincia di Taranto, artista, scenografo e grafico, ha già illustrato una copertina del nostro magazine nel novembre del 2015. La sua ricerca artistica parte dalle tradizioni folcloristiche e popolari della sua terra che cerca di tradurre in opere, grafiche ed istallazioni dal forte impatto cromatico. Il suo stile mischia con leggerezza e maestria il pop, il fumetto, il figurativo e l’astratto, confezionando opere originali e fortemente riconoscibili. La sua è un’arte dalle sane valenze etiche e sociali, i suoi interventi sono quasi sempre delle dichiarazioni e delle denunce delle storture e delle aberrazioni del mondo, come anche questa copertina sta a dimostrare. Ultime mostre: 2017 XXXII Trofeo Città di Lecce Fondazione Palmieri, Lecce; 2015/2016 Rassegna d’arte contemporanea itinerante – News-Cover. “Immagini, notizie e visioni ai tempi dell’ lnfotainment”, a cura dell’Associazione Culturale “Smart Media” – Taranto, Momart Gallery – Matera, Auditorium Sant’Andrea degli armeni -Taranto, Laboratorio Urbano Mediterraneo – San Giorgio Jonico (TA), Laboratorio Urbano – San Marzano di S.G. (TA), Catalogo: News Cover 2016; 2015 Esposizione Collezione Privata “Smart in the City”, a cura di Barter srl, ex Chiesa San Carpoforo, Milano;
Mostra personale “Martyrium”, Pro Loco Città di Massafra, Galleria della Società Operaia di Mutuo soccorso”, Massafra (TA); Esposizione di opere digitali “Book – Una lettura per immagini”, Assessorato alla Cultura e Associazionismo- Massafra (TA); 5°Rassegna d’Arte Contemporanea, a cura di Daniel Buso, Cà dei Carraresi, Treviso; 4° Rassegna d’Arte Contemporanea, a cura di Matteo Favaro, Comdata S.p.a. Lecce (Le), Catalogo: Comd’arte 2015. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Stai tranquillo, anche noi odiamo lo spam! Da noi riceverai SOLO UNA EMAIL AL MESE, in concomitanza con l’uscita del nuovo numero del mensile. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Smetto Quando Voglio Masterclass – Il Film Successo di critica e al botteghino per il secondo capitolo della saga del giovane regista salernitano Sydney Sibilia, “Smetto quando voglio – Masterclass”, a tre anni dal primo episodio “Smetto quando voglio”. Il regista inizia la sua carriera cinematografica col botto con la storia di un team di ricercatori, cervelloni ma al verde, che nonostante tutti i titoli accademici svolge lavori non all’altezza dei propri
sogni,su cui hanno investito tempo e denaro, insomma, la triste realtà dei nostri giorni. La squadra è capitanata da Pietro Zinni (Edoardo Leo), ricercatore a caccia di un “posto fisso” all’università e quando le sue aspettative vengono rovinosamente disattese, fatto che nasconde alla moglie Giulia (Valeria Solarino), decide di mettere su una banda con i suoi amici, brillanti ma disperati, per entrare nel mercato della droga, creando una smart drug, una droga considerata legale perché la sua molecola non è ancora stata inserita dal Ministero della Salute nella lista delle sostanze stupefacenti. Il primo episodio vede la formazione di questa banda e l’ingresso nel mercato della droga, così come anche la tragica uscita con Pietro che finisce in carcere; il secondo capitolo inizia riassumendo la storia, mostrandola anche da altri punti di vista e procede con un capovolgimento della storia: ora è la legge che ha bisogno dell’improvvisata squadra di criminali. L’ispettore Paola Coletti (Greta Scarano), infatti, chiederà a Pietro di riformare la banda che entrerà in azione per fermare il dilagare di queste sostanze psicoattive; mettendosi al servizio dell’antidroga potranno
ottenere in cambio la fedina penale pulita. La banda che aiuterà Pietro nella ricerca di 30 smart drugs è composta da: Alberto (Stefano Fresi) chimico, Giorgio (Lorenzo Lavia) latinista, Mattia (Valerio Aprea) latinista, Arturo (Paolo Calabresi) archeologo, Bartolomeo (Libero De Rienzo) economista, Andrea (Pietro Sermonti) antropologo, componenti della storica squadra, con l’aggiunta di tre new entry: l’avvocato Vittorio (Rosario Lisma), l’anatomista Giulio (Marco Bonini) e l’ingegnere Lucio (Giampaolo Morelli). Con i nuovi arrivati della gang si inserisce anche la tematica della fuga dei cervelli all’estero, brillanti menti che per disperazione si trasferiscono alla ricerca di gratificazioni umane e
professionali; Giulio e Lucio, infatti, sono finiti in paesi lontani, in situazioni non proprio tranquille. Dopo i primi due episodi, è prevista per il 2018 l’uscita del terzo capitolo, quello finale, che si chiamerà “Smetto quando voglio – Ad Honorem”; visto il successo del primo film, il secondo ed il terzo sono stati girati contemporaneamente (come per la trilogia di Matrix), tecnica chiamata “back to back” (riprese consequenziali), che permette di ridurre drasticamente i costi di realizzazione. Numerose le citazioni e le fonti di ispirazione per questa saga: innanzitutto lo stile generale strizza l’occhio alle serie tv americane, con ritmo serrato, tematiche d’attualità e una fotografia verde “acido” che rende tutto più psichedelico; velato il riferimento ad una sorta di “Suicide Squad” nostrana e meno forzuta; pregevole, e poco usuale per il cinema italiano, la scena girata con la tecnica del rotoscope, che richiama il film, dalla simile tematica, “A scanner darkly” del regista
Linklater e molte altre influenze dal cinema e dalle serie tv. Punti forti di questa pellicola anche lo sfondo della splendida città di Roma e l’elettrizzante colonna sonora, che contribuiscono, insieme a tutto il resto, a far entrare questo film nel filone cinematografico della action comedy all’italiana, inaugurato dal giovane regista Gabriele Mainetti con il suo “Lo chiamavano Jeeg Robot”. Hanno sottolineato il successo di questa trilogia anche la creazione di un videogame e l’uscita di un fumetto, disegnato da Giacomo Bevilacqua, con quattro diverse copertine, realizzate da importanti matite: Giacomo Bevilacqua, Zerocalcare, Roberto Recchioni e Riccardo Torti.
Nell’attesa di vedere come va a finire questa stupefacente storia e di scoprire che fine fa la geniale e goffa banda di ricercatori, vi anticipo che dovranno di nuovo vedersela con il vecchio cattivo, Er Murena (Neri Marcorè) ed il nuovo cattivo, Walter Mercurio (Luigi Lo Cascio) e, soprattutto, vi consiglio di guardare (o riguardare) i primi due episodi di questa splendida saga, che ha ancora da regalarci tante riflessioni intelligenti attraverso una grossa dose di risate.
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