LA COMUNITÀ SANVITTORESE - in SAN VITTORE OLONA Mensile della parrocchia di San Vittore Martire
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LA COMUNITÀ SANVITTORESE Mensile della parrocchia di San Vittore Martire in SAN VITTORE OLONA Anno 51 N.1 Gennaio 2020
- Gennaio 2020 - Editoriale pag.1 Vita di parrocchia pag.3 S Calendario parrocchiale pag.4 Notizie dalla soglia pag.7 O Grazie Caritas parrocchiale pag.8 M Io, cristiano, ho almeno un povero per amico? Radio Punto pag.10 40 in punto M Pagina della famiglia - Radio Punto pag.12 Ente morale pag.14 A Iniziative natalizie e Open Day Errando si impara pag.16 R La basilica di Sant Eustorgio a Milano La parola del Papa pag.20 53a giornata mondiale per la pace -1 gennaio 2020 I Lo sapevi che…? Il tempo vola pag.26 O Archivio parrocchiale Spazio aperto pag.29 pag.30
Editoriale Carissimi, dove c’è vita lì pellegrina la gente, la soglia del saggio è consumata. Si cerca una parola per la vita, non discorsi, anche esatti ma rimangono parole. Il discorso religioso si va esaurendo perché nutre un bi- sogno psichico di religiosità che non ha niente a che fare con la fede della Chiesa e non suscita nelle persone la novità della vita nuova. Non nutre la vita. La fede cristiana è un nuovo modo di esistere. Cristo è venuto a estendere ad ognuno di noi la modalità di esistenza secondo Dio, che è in comunione, in re- lazione: Dio è relazione nella sua vita trinitaria. La comunione è il significato della nostra esistenza. Noi per secoli l’abbiamo emarginata e ci siamo fondati su un Dio impersonale. Ma Dio si presenta sempre in comunione. A Mosè di- ce: Io sono con te, sono col mio popolo... È un’esistenza comunionale. Non siamo in un binomio “uomo-Dio”, ma "Dio padre-uomo figlio". Siamo figli nel Figlio di Dio e questo cambia tutto, perché se siamo figli vuol dire che siamo stati generati in una relazione, in una comunione che è eterna, per sempre, piena. Essere cristiani non significa filosofare su Dio, ma chiamarlo Papà. Gesù è vissuto donando. Credere in Gesù significa vivere non per affermare sé stessi, ma per donare se stessi. Invece il mondo, la mentalità media comune ci dice di sgomitare, ci propone uno stile di autoaffermazione: mi affermo per salvarmi, sgomito per affermarmi. Anche la normale offerta religiosa chiede il mio impegno per darmi in cambio la salvezza. Ma questo è individuo centri- smo. La fede della Chiesa è una manifestazione di umanità che vive donandosi. Solo l’amore resta, tutto il resto passa. La Chiesa oggi è forte se fa vedere un’umanità che non cerca di difendersi, ma si dona. È inutile difendersi da . . . la Chiesa ci difende e ci nutre perché siamo nel cor- po di Cristo, ci fa Corpo di Cristo con l’Eucaristia. Chi ama si consuma e genera amore, cioè nuova vita. Gesù ci dice che siamo riconosciuti come suoi discepoli quando ci amiamo gli uni gli altri (Gv 13,35), non in modo sdolcinato ma con tutto noi stessi: cerchiamo il bene per ogni perso- na, non siamo bendati, cioè facciamo finta di non vedere, di non sentire. Sentiamo, vediamo e agiamo per il bene di ogni persona e soprattutto per i più deboli. 1
Ai tempi del comunismo e guerra (anni ’60) in Vietnam non si poteva parlare di cristiani ma in una valle fra le montagne dove viveva un popolo che i viet- namiti conoscevano come “quelli che si amano”. L’amore non può renderci degli oggetti. In Gv 1,4 si leg- ge che «Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini». Se è vita la devo avere dentro. Quindi la luce viene da dentro. La luce è Cristo e io sono la lampada attraverso la quale Cristo si manifesta al mondo, prendendo il colore e la forma del vetro di cui è fatta la lam- pada, che siamo noi. Questo non è essere strumenti, ma essere noi stessi nella realtà. Se la parrocchia ha persone che hanno scoperto che la vita li illumina da den- tro e per questo la loro esistenza è relazionale, allora la parrocchia diventa inclusiva, espressione della bellezza della vita in Cristo, altrimenti sarà un e- lenco di incontri, di sedute aziendali nelle quali si esce come si è entrati e forse stufi e annoiati perché si ripetano azioni senz’anima. Invece bisogna trovare – pensare - agire con chi ha sete di vero, di bello di bene. C’è tanta gente che desidera conoscere Cristo, ne è assetata, ma non trova con chi parlarne. Se il parroco è un padre, un amico nello Spirito allora Dio si manifesta. Troppe volte la nostra pastorale è individuo centrica mentre le persone cercano una relazione. L’uomo nella sua essenza fondamentale è essenzialmente trinitario: non può essere se non con l’altro. Buon Anno don Giuseppe 2
LA VITA DI PARROCCHIA Appuntamenti e riflessioni Catechesi per giovani e adulti Proseguono gli incontri formativi di catechesi per giovani e adulti con le sera- te bibliche che saranno come di consueto la domenica sera dalle 21.00 al Centro Sacra Famiglia. Ecco le date dei prossimi incontri: Serata biblica: 12 gennaio “La fatica di comprendere 16 febbraio ”chi dite che io sia…” Statistica parrocchiale anno 2019 I numeri nella loro chiarezza ci interrogano sempre, anche se non bisogna fermarsi ad essi. n. 40 bambini e ragazzi sono stati battezzati l’anno scorso erano stati 39 n. 14 coppie si sono unite in Cristo rispetto alle 14 dello scorso anno n. 80 fratelli e sorelle sono tornati alla casa del Padre, l’anno prima furono 84 n. 80 bambini/e hanno partecipato alla Messa di Prima Comunione n. 67 ragazzi/e sono stati confermati con il dono dello Spirito Santo Celebrazione Battesimo Riportiamo per il 2020 le date in cui saranno celebrati i santi Battesimi. Si ricorda che i genitori devono presentare per tempo la richiesta del Batte- simo così da predisporre la preparazione. 16 febbraio ore 16.30 22 marzo ore 16.30 19 aprile ore 16.30 3
CALENDARIO PARROCCHIALE Gennaio 2020 1 mercoledì Ottava del Natale nella circoncisione del Signore Giornata mondiale della pace L’orario delle messe è quello domenicale 5 domenica DOMENICA dopo l’ottava del Natale 6 lunedì EPIFANIA DEL SIGNORE 7 martedì Ore 20.45 presso il centro Sacra Famiglia Consiglio dell’Oratorio 8 mercoledì Ore 21.00 presso il centro Sacra Famiglia primo incontro Itine- rario dei fidanzati 9 giovedì Incontro Comitato Accoglienza Ragazzi “Chernobyl” 10 venerdì Incontro Ministri Straordinari dell’Eucaristia 11 sabato ore 10.30 Equipe Battesimali 12 domenica DOMENICA BATTESIMO DEL SIGNORE Ore 15.30 benedizione dei bambini battezzati nell’anno in S. Giovanni Ore 16.30 all’oratorio, incontro per genitori e bambini battez- zati nell’anno e per i genitori che hanno bambini nell’età 0-6 anni Ore 21.00 Serata biblica: “La fatica di comprendere” Raccolta “Operazione Zaccheo” per le famiglie bisognose della parrocchia Dal lunedì 13 gennaio riprendono gli incontri di catechesi secondo il calendario settimanale 13 lunedì ore 15.00 al centro sacra famiglia: un pomeriggio all’opera con la proiezione dell’opera “IL RIGOLETTO” di Verdi 4
Ore 21.00 presso il centro Sacra Famiglia incontro Itinerario dei fidanzati 14 martedì Ore 21.00 presso il centro Sacra Famiglia Consiglio Pastorale 15 mercoledì Ore 21.00 presso il centro Sacra Famiglia incontro Itinerario dei fidanzati 18 sabato Presentazione ai Genitori dei Cresimandi del “Cammino dei 100 giorni” 19 domenica II Domenica dopo l’Epifania Festa di San Sebastiano compatrono di San Vittore Olona Prima domenica insieme Itinerario fidanzati 20 lunedì Ore 21.00 presso il centro Sacra Famiglia incontro Itinerario dei fidanzati 21 martedì Sant’Agnese: Inizio Settimana dell’Educazione 22 mercoledì Ore 21.00 presso il centro Sacra Famiglia incontro Itinerario dei fidanzati 24 venerdì Ore 18.00 festa di Sant’Agnese in Oratorio????? (da definire) 26 domenica SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA e GIUSEPPE - Festa della Famiglia - Ore 19.00 in oratorio Cena di fraternità 27 lunedì Ore 21.00 presso il centro Sacra Famiglia incontro Itinerario dei fidanzati 29 mercoledì Ore 21.00 presso il centro Sacra Famiglia incontro Itinerario dei fidanzati 31 venerdì Ore 18 Festa di San Giovanni Bosco in Oratorio???(da definire) Ore 20,30 in Duomo Santa Messa per gli Oratorio presieduta dall’Arcivescovo mons. Mario Delpini San Giovanni Bosco: Conclusione Settimana dell’Educazione 5
CALENDARIO PARROCCHIALE Febbraio 2020 2 domenica IV Domenica dopo l’Epifania Seconda domenica insieme Itinerario fidanzati 3 lunedì Festività di san Biagio Ore 9.00 Santa Messa in chiesa parrocchiale con benedizione del pane e della gola Ore 21.00 presso il centro Sacra Famiglia incontro Itinerario dei fidanzati 4 martedì Ore 21.00 presso il centro Sacra Famiglia incontro Gruppo Li- turgico 5 mercoledì Ore 21.00 presso il centro Sacra Famiglia incontro Itinerario dei fidanzati ******************************** Per aggiornamenti e modifiche del calendario, si rimanda al foglietto setti- manale disponibile in chiesa. ABBONAMENTO RIVISTE 2020 - Bollettino parrocchiale € 12,00 - FAMIGLIA CRISTIANA € 89,00 + omaggio - CREDERE € 49,9 + omaggio - JESUS € 58,90 + omaggio - LA FIACCOLA € 15,00 Per abbonarsi rivolgersi in segreteria parrocchiale 6
NOTIZIE DALLA SOGLIA GRAZIE! Carissimi amici, Vorrei approfittare di questo momento per ringraziare il Si- gnore per tutte le persone incontrate in occasione delle visi- te nelle case nell’approssimarsi del Natale, è stato un mo- mento di preghiera e di invocazione della benedizione del Signore Padre nostro. A questa ricchezza si è aggiunta la condivisione della vita, delle difficoltà di tutti i giorni e, in molte circostanze, di de- serti interiori che esperienze di dolore hanno provocato. Non ho potuto esercitare questo servizio per molti giorni ma penso di poter esprimere, nel mio piccolo, un sincero desiderio di ringraziamento da parte di tutte le persone che hanno accompagnato e praticato migliaia di visite nelle case e negli esercizi commerciali della nostra Parrocchia. Grazie di cuore a tutte quelle persone che ci hanno aperto le loro case e i loro cuori, certamente per una benedizione, ma mostrando prima di tutto il forte desiderio di un momento di ascolto, di condivisione di gioie che la vita offre ma anche di profonde sofferenze, malattie, precarietà. Abbiamo fatto esperienza di dinamiche di carità di fronte alle quali è difficile essere all’altezza, abbiamo visto la bellezza del Vangelo vissuto nella forma del servizio alla malattia, nella perseveranza nel custodire gli affetti, nella re- silienza davanti ad una quotidianità che sfiora la forma della lotta per la sopravvivenza. Sono molte le circostanze che mostrano germogli di affidamento al Signore, di Fede vissuta nella fatica di affrontare una vita che mostra il suo lato più si- nistro e misterioso. Grazie a tutti, nella debolezza della mia fede desidero affidare al Signore le gioie e i dolori di tutte le persone che mi ha donato di incontrare, portando davanti alla mangiatoia dove è per tutti presente il Salvatore, la nostra neces- sità di quel nutrimento che è Lui stesso. Mi impegno a fare tesoro della bellezza che ho potuto vedere attraverso tutti e ciascuno, il Messia porti con- solazione e coraggio, da Lui riceviamo i doni più importanti, la gioia della vita vissuta nella verità, attraverso Lui conosciamo la nostra verità e siamo resi capaci di amore autentico. A presto. Stefano 7
CARITAS PARROCCHIALE A Natale io, cristiano, ho almeno un povero per amico? Periodicamente, piuttosto di frequente, noi volontari del Centro di Ascolto Caritas ci troviamo coinvolti nel vortice dei bisogni urgenti e primari, ci dibat- tiamo nei drammi degli altri che diventano un po’ anche nostri: pagamenti di bollette scadute e canoni di affitto il cui pagamento si continua a rimandare, generi di prima necessità (spesa alimentare, scarpe, materiali scolastici, abbi- gliamento) il cui acquisto si continua a rimandare per sé e per i propri figli…. Ma il bisogno più urgente che abbiamo noi in questi giorni è quello di espri- mere un forte grazie a tutte le persone che hanno partecipato alla raccolta proposta in Avvento: i generi alimentari raccolti nelle domeniche sono stati fondamentali per organizzare la distribuzione alle famiglie e alle persone che sono attualmente in difficoltà economiche. Grazie ai bambini del catechismo, alle loro famiglie, alle maestre della scuola Ente morale che hanno promosso la raccolta anche nel loro Istituto come ge- sto caritativo, a tutti coloro che hanno offerto pasta, riso, olio etc. etc… Grazie poi, ripetiamo, a tutti quelli che in questo 2019, con il loro contributo mensile, hanno aiutato l’operazione Zaccheo: queste quasi 300 persone hanno reso possibile ac- compagnare le fatiche di 46 famiglie residenti nel nostro Comune, 19 italiane e 27 di ori- gine straniera, tutte famiglie i cui figli possono essere benissimo amici dei no- stri figli o nipoti. Come è bello che tutta la comunità cristiana si riconosca motivata e impegna- ta ad intervenire con contributi concreti! Affacciandoci al nuovo 2020, possiamo essere pieni di fiducia e di speranza: molte persone continueranno a sostenere chi è meno fortunato e magari altri si aggiungeranno perché questo gesto è bello e pieno di ragioni; vi salutiamo con le parole di Papa Francesco e gli auguri di un buon Santo Natale. 8
“Nei nostri presepi siamo soliti mettere tante statuine simboliche. Anzi- tutto, quelle di mendicanti e di gente che non conosce altra abbondanza se non quella del cuore. Anche loro stanno vicine a Gesù Bambino a pieno titolo, senza che nessuno possa sfrattarle o allonta- narle da una culla talmente improvvisata che i poveri attorno ad essa non stonano affatto. I poveri, anzi, sono i privilegiati di questo mistero e, spesso, coloro che maggiormente riescono a riconoscere la presenza di Dio in mezzo a noi. I poveri e i semplici nel presepe ricordano che Dio si fa uomo per quelli che più sentono il bisogno del suo amore e chiedono la sua vicinanza. Gesù, «mite e umile di cuore» (Mt 11,29), è nato povero, ha condotto una vita semplice per insegnarci a cogliere l’essenziale e vivere di esso. Dal presepe emerge chiaro il messaggio che non possiamo lasciarci illu- dere dalla ricchezza e da tante proposte effimere di felicità. Il palazzo di Erode è sullo sfondo, chiuso, sordo all’annuncio di gioia. Nascendo nel presepe, Dio stesso inizia l’unica vera rivoluzione che dà speranza e di- gnità ai diseredati, agli emarginati: la rivoluzione dell’amore, la rivoluzione della tenerezza. Dal presepe, Gesù proclama, con mite po- tenza, l’appello alla condivisione con gli ultimi quale strada verso un mondo più umano e fraterno, dove nessuno sia escluso ed emarginato. (dalla lettera apostolica Admirabile Signum) I volontari della Caritas parrocchiale 9
RADIO PUNTO 40 in punto E' una storia iniziata 40 anni fa. Era il 1979, il paese piccolo, capace di tenere stretti gruppi di amici, ma non sufficiente a contenerne la musica, la vita, la voglia di scoprire. Erano gli anni di un sogno che diventava più realizzabile con la liberalizzazione delle radio, dopo quella storica sentenza della Corte Costituzionale, la 202 del 28 Luglio 1976. Il biglietti a chilometraggio illimitato si chiamavano 45 e 33 giri. Con il nuovo disco in mano, si aprivano i confini e la radio era il mezzo su cui viaggiare. An- che la storia di Radio Punto è nata così: “Un Punto di riferimento per la comunità” ha ricordato Luigi Villa durante la festa dei 40 anni che si è tenuta a dicembre presso un locale della zona. Fu proprio Villa a firmare la denuncia ai Carabinieri della stazione di Cerro Maggiore, annunciando la “prossima aper- tura di una nuova emittente privata ubicata in San Vittore Olona”. Tra i collaboratori si trovano i nomi di Don Giovanni Giuliani, indimenticato Parro- co di San Vittore Olona che amò e sostenne da subito il progetto e Marco Rotondi, oggi assessore in carica alla giunta sanvittorese. La denuncia (anno 1980) chiudeva formalmente i lavori iniziati mesi prima per allestire i locali, trovare la stru- mentazione, recuperare i dischi … e capire come si fa- ceva a fare “La Radio”. Intorno un gruppo di ragazzi po- co più che adolescenti, con tanta energia e voglia di fa- re. Quei ragazzi come Fabrizio Bottazzi e Roberto Ro- vellini che, ancora oggi, sono i cardini di Radio Punto. Erano più di cento le persone sedute ai tavoli alla festa “40 in Punto” tra cui gli storici Anna Daverio e Lucio Ray pilastri dell'informazione e della parte tecni- ca dell'emittente. Tante sono le persone che non hanno potuto partecipare. Alcuni i nomi che oggi non ci sono più, ma che restano indelebili negli archivi di Radio Pun- to come l'amata Graziella Martini. E' stato un viaggio nel tempo trascorso ricordando come si trasmetteva negli anni '80, '90, fino ad arrivare ai giorni nostri. Tra i registi “quelli veri” che sapevano far girare i nastri magnetici e i pionieri che hanno dormito negli studi perché non erano 10
ancora arrivate le porte e non si poteva abbandonare la nave, ehm … la radio. Un passaggio di testimone tra chi informava la comunità allora, e chi la in- forma oggi. Stili ed epoche diverse a confronto, chiuse in un dare-avere di esperienze che hanno trasmesso la grande voglia di andare avanti, sempre e comunque, surfando attraverso le tecnologie che cambiano e che ci mettono sempre un po' alla prova ma che, alla fi- ne, ci danno l'opportunità di ampliare sempre di più la nostra voce. FM, digitale terrestre, affiancati dal web strumenti che oggi ci consentono di non essere più solo “Radio Punto, la radio dell'Altomi- lanese”, ma “Radio Punto... #SemplicementeO- vunque” grazie anche alla App che ha aggiunto un pubblico più giovane ai nostri tradizionali ascoltatori. Ci piace ricordare, concedetecelo in questo anniversario importante, che an- cora prima che i social fossero inventati, Radio Punto è stato (ed è tutt'ora) un punto di aggregazione importante, per questo abbiamo pensato a un palinse- sto che possa arrivare nelle case (e speriamo al cuore) di tutti i nostri ascoltatori: dalle fasce più fragili che trovano nella radio una compagnia quo- tidiana, ai giovani che amano la musica più attuale, accogliendo moltissimi artisti emergenti e garantendo spazio anche alle musiche di settore come il rock, l'hip hop o il folk solo per citarne alcuni. Perché Radio Punto vuole continuare quella tradizione fondante dove la buo- na informazione e la musica libera trovano un punto di partenza per arrivare agli ascoltatori. E questo racconto non può che finire con le parole che hanno rappresentato l'inizio per molti radiofonici e che non sono mancate alla nostra festa, con una interpretazione semplice e struggente di Stefano Provasio che, così come accadeva allora, ha imbracciato una chitarra cantando il grande in- no di Eugenio Finardi. Lo ammettiamo, più di uno sguardo si è fatto lucido cantando: “Amo la radio perché arriva dalla gente, entra nelle case e ci parla direttamente e se una radio è libera, ma libera veramente, mi piace ancor di più perché libera la mente...”. FM 88,150 – 89,100 – 88.8 CANALE DIGITALE TERRESTRE 861 STREAMING WWW.RADIOPUNTO.IT 11
Ogni domenica alle ore 10.00 su RADIO PUNTO dopo il radiogiornale Tino t’invita all’ascolto della PAGINA DELLA FAMIGLIA: un punto d’incontro su temi di attualità che coinvolgono direttamente o indirettamente la sfera fa- miliare. Ecco gli argomenti delle prossime trasmissioni: 5 gennaio Risalire dal fondo 12 gennaio Legittima difesa 19 gennaio Vivere o morire può essere uguale? 26 gennaio Operazione carrello sospeso 2 febbraio Volontari a Milano, cittadini attivi per il bene comuni. E-mail: tino.bottazzi@libero.it Radio Punto si può ascoltare alle frequenze FM 88.15 – 89.10 – 88.80 12
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ENTE MORALE Iniziative natalizie e OPEN DAY Numerose le iniziative realizzate dai bambini e dalle bambine dell’Ente Mora- le prima delle feste natalizie. Gli alunni della classe quinta sono andati a sa- lutare i nonni della Casa Famiglia situata dietro alla Chiesa Parrocchiale per visitare la mostra fotografica "Moda & Scatti d'autore" in cui gli anziani si sono prestati ad indossare i panni di personaggi famosi. Protagonisti del “Concerto di Natale” i bambini della Scuola dell’Infanzia che di fronte a genitori e nonni si sono esibiti con famosi brani natalizi come “Al- leluia”, “Scusa Gesù ti do del tu”, “Natale è di più”, “Questo Natale”, “Happy Christmas”, “All I want for Christmas is you”. Il “Coro Arcobaleno” ha riscosso un grande successo e un lungo applauso alla fine del concerto grazie alla bravura dei bambini che ci ricordano quanto ancora di buono c’è nel mondo: la purezza della semplicità, stupirsi e meravigliarsi nel quotidiano come per un semplice abbraccio, la capacità di amare in- condizionatamente e di fare subito pace dopo un litigio non portando rancore. I bambini della Scuola Primaria han- no invece invitato i presenti ad una riflessione sulla differenza di vita dei bambini nei diversi continenti trami- te letture di poesie, preghiere e canti anche in lingua inglese. Hanno inoltre realizzato il presepe utilizzando solo materiali di riciclo, depo- sto poi ai piedi dell’altare e successivamente regalato alla Casa Famiglia. 14
Infine sempre i bambini della Scuola Primaria hanno avuto l’occasione di assistere alla “Ce- nerentola” di Rossini al Teatro alla Scala di Milano, riduzione dello spettacolo realizzata proprio per le scuole. "Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro". Nel corso del suo lungo pontificato Giovanni Paolo II ha riservato tanto spazio al tema dell’istruzione, dell’educazione e della famiglia ed ha sempre avuto un pensiero speciale per i giovani. L’Ente Morale spinto da questa frase ac- compagna i bambini nella crescita dalla Sezione Primavera (2 anni) passando per la Scuola dell’Infanzia e la Scuola Primaria fino alla Scuola Secondaria di Primo Grado. Sabato 18 gennaio ci sarà un open day per chiunque voglia avere informazioni sui progetti educativi e il piano formativo e visitare le strutture di quella che per tutti storicamente è stata la “scuola delle Suore” in cui ancora è vivo il ca- risma di Santa Geltrude Comensoli, fondatrice dell’Ordine delle Suore Sacramentine che ancora operano all’interno dell’Ente Morale. C.C. 15
Errando si impara La Basilica di Sant’Eustorgio a Milano Ad un anno dal primo articolo ritorniamo a Sant’Eustorgio a Milano per parla- re di una delle più importanti basiliche ambrosiane F:Oggi ritorniamo sulla scena del crimine, dove tutto ebbe inizio… L: Nel giardino dell’Eden? F: No sciocco! A Sant’Eustorgio, dove la nostra rubrica ebbe inizio, ma oggi parleremo della chiesa e non del Museo Diocesano. -Un’ora dopo a Milano- F: Eccola qui dunque, Sant’Eustorgio basilica forse fondata dal vescovo Eu- storgio nel IV secolo o al più tardi del VI secolo. Di essa si hanno notizie soprattutto a partire dal VII secolo, ma sembra sia stata comunque costruita in onore del santo che aveva portato a Milano le “Reliquie dei Magi”, come vedremo meglio dopo. L: Ma la chiesa attuale non è dell’epoca vero? F.Giusto! Fu ricostruita in forme romaniche-cluniacensi verso la fine dell’XI secolo, venne rasa al suolo dal Barbarossa nel 1164 e poi ricostruita sempre in forme romaniche a partire dal 1190 circa. L: E i numerosi influssi gotici? F: Affidata dal 1216 c.a. ai domenicani la chiesa fu in seguito ampliata con l’aggiunta di un transetto e la riformulazione architettonica nel formato “a sa- la” che prevede il pari livello di altezza delle navate laterali con quella centrale, modifiche che avvennero di pari passo con l’aggiunta delle cappelle nel XIV e XV secolo. 16
L: Ho letto che la chiesa è quella dove la comunità ambrosiana accoglie i nuo- vi arcivescovi? F: Esatto! Come puoi vedere la facciata della chiesa è stata risistemata nell’800 per togliere le superfetazioni di sei e ‘700 secondo l’usanza dei re- stauri in stile. L:Entrando conviene iniziare il percorso da destra giusto? F: Sì, iniziamo subito dalla cappella Brivio, esemplare architettura degli anni ’80 del ‘400 ospita al suo interno il rinascimentale monumento a Giacomo Brivio e il trittico del Bergognone con la Madonna e i Santi Giacomo ed Enri- co della tarda maturità del pittore. L:Impressionante! Questa architettura sembra portarti direttamente a Firen- ze, non sono abituato all’anima rinascimentale di Milano, soprattutto al di fuori di Bramante. F: E vedrai dopo! Ma ora passiamo velocemente davanti alle cappelle Torelli, con il bel monumento funebre tardogotico di Jacopino da Tradate, e gli af- freschi dei Fiammenghini, e alla cappella tardobarocca del Rosario con un sarcofago trecentesco attribuito a Bonino da Campione e la famosa tela del Figino con Sant’Ambrogio a Cavallo. L:Bella anche la cappella Visconti; imponente il monumento funebre e inte- ressanti gli affreschi! F: Il monumento è opera di Giovanni di Balduccio che vedremo anche dopo, mentre gli affreschi sulle pareti sono attribuiti ad un pittore del se- condo trecento vicino a Giusto de’Menabuoi, e infatti sono da avvicinare agli affre- schi di Viboldone e Chiaravalle, dove ricordiamo lavorò in gioventù, mentre quelli sulla volta di gusto più attardato sono di ambito lombardo pur con influenze giottesche, lo stesso per il S. Giorgio sulla parete destra. L:Anche la Cappella Torriani subito dopo non scherza mica! F: Pregevoli in tal caso le volte affrescate probabilmente da Michelino da Be- sozzo, ancora secondo il gusto gotico - internazionale che ancora permeava 17
la cultura lombarda dell’epoca. A sinistra invece un dipinto di Cristoforo Sto- rer con la strage degli innocenti. L: Siamo nel transetto destro, vedo che è diviso in due vani e nel lunettone sovrastante si trova una bella adorazione dei magi. F: E’ opera del tardo ‘400 lombardo, già attribuita al Luini, non si sa con cer- tezza chi sia l’autore, ma qua sotto puoi vedere il famoso sarcofago con le cosiddette “reliquie dei magi”, trafugate dal Barbarossa furono in parte recu- perate dal Card. Schuster all’inizio del ‘900, mentre il sarcofago è di una certa importanza per committenza e risalente al tardo impero. Lo sovrasta un trit- tico marmoreo tardogotico del- la cerchia di Bonino da Campione con narrate le storie dei Magi. L:Di importante c’è rimasto l’altar maggiore? F: Non solo! Nel presbiterio campeggia la grande ancona marmorea con Storie della Passione scolpita da Jacopino da Tradate e aiuti e probabil- mente commissionata dal duca Gian Galeazzo Visconti alla fine del ‘300. L: Bello anche il crocifisso sembra antico! F: E’ effettivamente opera di un maestro padovano della fine del ‘200 e venne portato qui nel 1288. L: Sulla navata sinistra non ci sono cappelle ma solo alcuni affreschi riportati, va beh dai, tutto sommato una chiesa interessante. F: Come al solito sei frettoloso Luciano, è sul retro dell’abside che si trova il vero gioiello della chiesa; superata la pseudo cripta costruita a inizio ‘500 con le colonne del portico del ‘400 e dove si notano le fondamenta dell’antica ba- silica, si giunge dopo un largo e stretto atrio con affreschi di tre secoli differenti, alla maestosa Cappella Portinari. L: Impossibile! F: Costruita tra il 1462 -68 fu tra i primi e più bei edifici rinascimentali di Milano voluta da Pigello Portinari procuratore a Milano del Banco Mediceo di Firenze come cappella gentilizia, sopperisce a questo scopo unitamente all’ospitare la tomba del santo martire domenicano Pietro, ucciso nei pressi di Seveso nel 1252. 18
L: Che architettura, sembra di stare a Fi- renze! F: L’architetto, probabilmente un lombar- do influenzato dai modi di Michelozzo è infatti riuscito a coniugare le due visioni dell’architettura riuscendo in uno schema squisitamente rinascimentale a sottolinea- re, soprattutto esternamente, le qualità decorative del cotto lombardo. L: Ma gli affreschi poi! Sono meravigliosi! F: Capolavori del bresciano Vincenzo Fop- pa e coevi alla costruzione della cappella, fanno di questo luogo il punto pittorico più alto del ‘400 milanese prima dell’arrivo di Leonardo. Nota in particolare gli scorci dei quattro finti oculi che ospitano i Dottori della Chiesa, sembra di vederli effettivamente dal di sotto con il soffitto pro- nunciato. Alla prospettica e ben organizzata gestione delle architetture dipinte Foppa aggiunge, nel raccontare le storie del santo domenicano e non solo, tutto il realismo lombardo e la capacità narrativa di cui si fa portatore. L: Ma vogliamo parlare della bellissima arca?! F: Capolavoro dello scultore toscano Giovanni di Balduccio, fu realizzata tra il 1336 e il 1339, poggiata sulle figure delle virtù, ha scolpiti sui lati le storie del martire, intervallate da santi il tutto sormontato da un coperchio con cuspide formata da Madonna, santi, angeli e Cristo. E’ la degna eredità dell’opera dei Pisano e una delle massime opere scultoree di tutto il ‘300 italiano. L: Vedo che c’è anche un piccolo museo? F: Sì, si tratta di una piccola quadreria e la sa- grestia monumentale e il biglietto è necessario per vedere la Cappella Portinari, ma include anche la visita al sot- terraneo cimitero paleocristiano posto qua sotto. Orari: Lun-Dom: 10-18 Samuele 19
LA PAROLA DEL PAPA 53ª GIORNATA MONDIALE DELLA PACE - 1 gennaio 2020 LA PACE COME CAMMINO DI SPERANZA: DIALOGO, RICONCILIAZIONE E CONVERSIONE ECOLOGICA 1. La pace, cammino di speranza di fronte agli ostacoli e alle prove La pace è un bene prezioso, oggetto della nostra speranza, al quale aspira tutta l’umanità. Sperare nella pace è un atteggiamento umano che contiene una ten- sione esistenziale, per cui anche un presente talvolta faticoso «può essere vissuto e accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammi- no».1 In questo modo, la speranza è la virtù che ci mette in cammino, ci dà le ali per andare avanti, perfino quando gli ostacoli sembrano insormontabili. La nostra comunità umana porta, nella memoria e nella carne, i segni delle guer- re e dei conflitti che si sono succeduti, con crescente capacità distruttiva, e che non cessano di colpire specialmente i più poveri e i più deboli. Anche intere na- zioni stentano a liberarsi dalle catene dello sfruttamento e della corruzione, che alimentano odi e violenze. Ancora oggi, a tanti uomini e donne, a bambini e an- ziani, sono negate la dignità, l’integrità fisica, la libertà, compresa quella religiosa, la solidarietà comunitaria, la speranza nel futuro. Tante vittime inno- centi si trovano a portare su di sé lo strazio dell’umiliazione e dell’esclusione, del lutto e dell’ingiustizia, se non addirittura i traumi derivanti dall’accanimento si- stematico contro il loro popolo e i loro cari. Le terribili prove dei conflitti civili e di quelli internazionali, aggravate spesso da violenze prive di ogni pietà, segnano a lungo il corpo e l’anima dell’umanità. Ogni guerra, in realtà, si rivela un fratricidio che distrugge lo stesso progetto di fratellanza, inscritto nella vocazione della famiglia umana. La guerra, lo sappiamo, comincia spesso con l’insofferenza per la diversità dell’altro, che fomenta il desiderio di possesso e la volontà di dominio. Nasce nel cuore dell’uomo dall’egoismo e dalla superbia, dall’odio che induce a di- struggere, a rinchiudere l’altro in un’immagine negativa, ad escluderlo e cancellarlo. La guerra si nutre di perversione delle relazioni, di ambizioni e- gemoniche, di abusi di potere, di paura dell’altro e della differenza vista come ostacolo; e nello stesso tempo alimenta tutto questo. Risulta paradossale, come ho avuto modo di notare durante il recente viaggio in Giappone, che «il nostro mondo vive la dicotomia (divisione in 2 parti contrap- posti) perversa di voler difendere e garantire la stabilità e la pace sulla base di una falsa sicurezza supportata da una mentalità di paura e sfiducia, che finisce 20
per avvelenare le relazioni tra i popoli e impedire ogni possibile dialogo. La pace e la stabilità internazionale sono incompatibili con qualsiasi tentativo di co- struire sulla paura della reciproca distruzione o su una minaccia di annientamento totale; sono possibili solo a partire da un’etica globale di solida- rietà e cooperazione al servizio di un futuro modellato dall’interdipendenza e dalla corresponsabilità nell’intera famiglia umana di oggi e di domani».2 Ogni situazione di minaccia alimenta la sfiducia e il ripiegamento sulla propria condizione. Sfiducia e paura aumentano la fragilità dei rapporti e il rischio di violenza, in un circolo vizioso che non potrà mai condurre a una relazione di pa- ce. In questo senso, anche la dissuasione nucleare non può che creare una sicurezza illusoria. Perciò, non possiamo pretendere di mantenere la stabilità nel mondo attraverso la paura dell’annientamento, in un equilibrio quanto mai instabile, sospeso sull’orlo del baratro nucleare e chiuso all’interno dei muri dell’indifferenza, dove si prendono decisioni socio-economiche che aprono la strada ai drammi dello scarto dell’uomo e del creato, invece di custodirci gli uni gli altri. 3 Come, allora, costruire un cammino di pace e di riconoscimento reciproco? Come rompere la logica morbosa della minaccia e della paura? Come spezzare la dinamica di diffidenza attualmente prevalente? Dobbiamo perseguire una reale fratellanza, basata sulla comune origine da Dio ed esercitata nel dialogo e nella fiducia reciproca. Il desiderio di pace è pro- fondamente inscritto nel cuore dell’uomo e non dobbiamo rassegnarci a nulla che sia meno di questo. 2. La pace, cammino di ascolto basato sulla memoria, sulla solidarietà e sulla fraternità Gli Hibakusha, i sopravvissuti ai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasa- ki, sono tra quelli che oggi mantengono viva la fiamma della coscienza collettiva, testimoniando alle generazioni successive l’orrore di ciò che accadde nell’agosto del 1945 e le sofferenze indicibili che ne sono seguite fino ad oggi. La loro testimonianza risveglia e conserva in questo modo la memoria delle vitti- me, affinché la coscienza umana diventi sempre più forte di fronte ad ogni volontà di dominio e di distruzione: «Non possiamo permettere che le attuali e le nuove generazioni perdano la memoria di quanto accaduto, quella memoria che è garanzia e stimolo per costruire un futuro più giusto e fraterno».4 Come loro molti, in ogni parte del mondo, offrono alle future generazioni il ser- vizio imprescindibile della memoria, che va custodita non solo per non commettere di nuovo gli stessi errori o perché non vengano riproposti gli schemi illusori del passato, ma anche perché essa, frutto dell’esperienza, costi- tuisca la radice e suggerisca la traccia per le presenti e le future scelte di pace. Ancor più, la memoria è l’orizzonte della speranza: molte volte nel buio delle 21
guerre e dei conflitti, il ricordo anche di un piccolo gesto di solidarietà ricevu- ta può ispirare scelte coraggiose e persino eroiche, può rimettere in moto nuove energie e riaccendere nuova speranza nei singoli e nelle comunità. Aprire e tracciare un cammino di pace è una sfida, tanto più complessa in quan- to gli interessi in gioco, nei rapporti tra persone, comunità e nazioni, sono molteplici e contradditori. Occorre, innanzitutto, fare appello alla coscienza mo- rale e alla volontà personale e politica. La pace, in effetti, si attinge nel profondo del cuore umano e la volontà politica va sempre rinvigorita, per aprire nuovi processi che riconcilino e uniscano persone e comunità. Il mondo non ha bisogno di parole vuote, ma di testimoni convinti, di artigia- ni della pace aperti al dialogo senza esclusioni né manipolazioni. Infatti, non si può giungere veramente alla pace se non quando vi sia un convinto dialogo di uomini e donne che cercano la verità al di là delle ideologie e delle opinioni diverse. La pace è «un edificio da costruirsi continua- mente»,5 un cammino che facciamo insieme cercando sempre il bene comune e impegnandoci a mantenere la parola data e a rispettare il diritto. Nell’ascolto re- ciproco possono crescere anche la conoscenza e la stima dell’altro, fino al punto di riconoscere nel ne- mico il volto di un fratello. Il processo di pace è quindi un impegno che dura nel tempo. È un lavoro paziente di ricerca della ve- rità e della giustizia, che onora la memoria delle vittime e che a- pre, passo dopo passo, a una speranza comune, più forte della vendetta. In uno Stato di diritto, la democrazia può essere un paradigma significativo di questo processo, se è basata sulla giustizia e sull’impegno a salvaguardare i diritti di cia- scuno, specie se debole o emarginato, nella continua ricerca della verità.6 Si tratta di una costruzione sociale e di un’elaborazione in divenire, in cui ciascuno porta responsabilmente il proprio contributo, a tutti i livelli della collettività lo- cale, nazionale e mondiale. Come sottolineava San Paolo VI, «la duplice aspirazione all’uguaglianza e alla partecipazione è diretta a promuovere un tipo di società democratica […]. Ciò sottintende l’importanza dell’educazione alla vita associata, dove, oltre l’informazione sui diritti di ciascuno, sia messo in luce il loro necessario corre- lativo: il riconoscimento dei doveri nei confronti degli altri. Il significato e la pratica del dovere sono condizionati dal dominio di sé, come pure l’accettazione delle responsabilità e dei limiti posti all’esercizio della libertà dell’individuo o del gruppo».7 Al contrario, la frattura tra i membri di una società, l’aumento delle disugua- glianze sociali e il rifiuto di usare gli strumenti per uno sviluppo umano integrale 22
mettono in pericolo il perseguimento del bene comune. Invece il lavoro pazien- te basato sulla forza della parola e della verità può risvegliare nelle persone la capacità di compassione e di solidarietà creativa. Nella nostra esperienza cristiana, noi facciamo costantemente memoria di Cri- sto, che ha donato la sua vita per la nostra riconciliazione (Rm 5,6-11). La Chiesa partecipa pienamente alla ricerca di un ordine giusto, continuando a servire il bene comune e a nutrire la speranza della pace, attraverso la trasmissione dei valori cristiani, l’insegnamento morale e le opere sociali e di educazione. 3. La pace, cammino di riconciliazione nella comunione fraterna La Bibbia, in modo particolare mediante la parola dei profeti, richiama le co- scienze e i popoli all’alleanza di Dio con l’umanità. Si tratta di abbandonare il desiderio di dominare gli altri e imparare a guardarci a vicenda come persone, come figli di Dio, come fratelli. L’altro non va mai rinchiuso in ciò che ha potuto dire o fare, ma va considerato per la promessa che porta in sé. Solo scegliendo la via del rispetto si potrà rompere la spirale della vendetta e intraprendere il cammino della speranza. Ci guida il brano del Vangelo che riporta il seguente colloquio tra Pietro e Gesù: «“Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?”. E Gesù gli rispose: “Non ti dico fino a sette vol- te, ma fino a settanta volte sette”» (Mt 18,21-22). Questo cammino di riconciliazione ci chiama a trovare nel profondo del nostro cuore la forza del perdono e la capa- cità di riconoscerci come fratelli e sorelle. Imparare a vivere nel perdono accresce la nostra capacità di diventare donne e uomini di pace. Quello che è vero della pace in ambito sociale, è vero anche in quello politico ed economico, poiché la questione della pace permea tutte le dimensioni della vita comunitaria: non vi sarà mai vera pace se non saremo capaci di costruire un più giusto sistema economico. Come scriveva Benedetto XVI, dieci anni fa, nella Lettera Enciclica Caritas in veritate: «La vittoria del sottosviluppo richiede di agi- re non solo sul miglioramento delle transazioni fondate sullo scambio, non solo sui trasferimenti delle strutture assistenziali di natura pubblica, ma soprattutto sulla progressiva apertura, in contesto mondiale, a forme di attività economica caratterizzate da quote di gratuità e comunione» (n. 39). 4. La pace, cammino di conversione ecologica «Se una cattiva comprensione dei nostri principi ci ha portato a volte a giustifi- care l’abuso della natura o il dominio dispotico dell’essere umano sul creato, o le guerre, l’ingiustizia e la violenza, come credenti possiamo riconoscere che in tal modo siamo stati infedeli al tesoro di sapienza che avremmo dovuto custodi- re».8 23
Di fronte alle conseguenze della nostra ostilità verso gli altri, del mancato rispet- to della casa comune e dello sfruttamento abusivo delle risorse naturali – viste come strumenti utili unicamente per il profitto di oggi, senza rispetto per le co- munità locali, per il bene comune e per la natura – abbiamo bisogno di una conversione ecologica. Il recente Sinodo sull’Amazzonia ci spinge a rivolgere, in modo rinnovato, l’appello per una relazione pacifica tra le comunità e la terra, tra il presente e la memoria, tra le esperienze e le speranze. Questo cammino di riconciliazione è anche ascolto e contemplazione del mon- do che ci è stato donato da Dio affinché ne facessimo la nostra casa comune. Infatti, le risorse naturali, le numerose forme di vita e la Terra stessa ci sono af- fidate per essere “coltivate e custodite” (Gen 2,15) anche per le generazioni future, con la partecipazione responsabile e operosa di ognuno. Inoltre, abbia- mo bisogno di un cambiamento nelle convinzioni e nello sguardo, che ci apra maggiormente all’incontro con l’altro e all’accoglienza del dono del creato, che riflette la bellezza e la sapienza del suo Artefice. Da qui scaturiscono, in particolare, motivazioni profonde e un nuovo modo di abita- re la casa comune, di essere presenti gli uni agli altri con le proprie diversità, di celebrare e rispettare la vita ricevuta e condivisa, di preoccuparci di condizioni e modelli di società che favoriscano la fioritura e la permanenza della vita nel futuro, di sviluppare il bene comune dell’intera famiglia umana. La conversione ecologica alla quale facciamo appello ci conduce quindi a un nuovo sguardo sulla vita, considerando la generosità del Creatore che ci ha donato la Terra e che ci richiama alla gioiosa sobrietà della condivisione. Tale conversione va intesa in maniera integrale, come una trasformazione delle rela- zioni che intratteniamo con le nostre sorelle e i nostri fratelli, con gli altri esseri viventi, con il creato nella sua ricchissima varietà, con il Creatore che è origi- ne di ogni vita. Per il cristiano, essa richiede di «lasciar emergere tutte le conseguenze dell’incontro con Gesù nelle relazioni con il mondo».9 5. Si ottiene tanto quanto si spera10 Il cammino della riconciliazione richiede pazienza e fiducia. Non si ottiene la pace se non la si spera. Si tratta prima di tutto di credere nella possibilità della pace, di credere che l’altro ha il nostro stesso bisogno di pace. In questo, ci può ispirare l’amore di Dio per ciascuno di noi, amore liberante, illimitato, gra- tuito, instancabile. La paura è spesso fonte di conflitto. È importante, quindi, andare oltre i nostri timori umani, riconoscendoci figli bisognosi, davanti a Colui che ci ama e ci at- 24
tende, come il Padre del figlio prodigo (cfr Lc 15,11-24). La cultura dell’incontro tra fratelli e sorelle rompe con la cultura della minaccia. Rende ogni incontro una possibilità e un dono dell’amore generoso di Dio. Ci guida ad oltrepassare i limiti dei nostri orizzonti ristretti, per puntare sempre a vivere la fraternità universale, come figli dell’unico Padre celeste. Per i discepoli di Cristo, questo cammino è sostenuto anche dal sacramento della Riconciliazione, donato dal Signore per la remissione dei peccati dei battezzati. Questo sacramento della Chiesa, che rin- nova le persone e le comunità, chiama a tenere lo sguardo rivolto a Gesù, che ha riconciliato «tutte le cose, avendo pacifi- cato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli» (Col 1,20); e chiede di depor- re ogni violenza nei pensieri, nelle parole e nelle opere, sia verso il prossimo sia verso il creato. La grazia di Dio Padre si dà come amore senza condizioni. Ricevuto il suo per- dono, in Cristo, possiamo metterci in cammino per offrirlo agli uomini e alle donne del nostro tempo. Giorno dopo giorno, lo Spirito Santo ci suggerisce at- teggiamenti e parole affinché diventiamo artigiani di giustizia e di pace. Che il Dio della pace ci benedica e venga in nostro aiuto. Che Maria, Madre del Principe della pace e Madre di tutti i popoli della terra, ci accompagni e ci sostenga nel cammino di riconciliazione, passo dopo passo. E che ogni persona, venendo in questo mondo, possa conoscere un’esistenza di pace e sviluppare pienamente la promessa d’amore e di vita che porta in sé. Papa Francesco 25
LO SAPEVI CHE…? Il tempo vola Il calendario adottato nella maggior parte del mondo deriva da quello in uso nell'antica Roma. Anche molti nomi come i mesi dell'anno e i giorni della set- timana hanno una radice latina; lo stesso vocabolo calendario viene da Kalendae, cioè il primo giorno del mese. Nonostante la comprensibile evolu- zione delle festività e delle ricorrenze segnate nel calendario, dovute al susseguirsi di eventi storici o personalità politiche in grado di influenzarne l'organizzazione, si riscon- tra nella sua struttura una certa fissità, che ripro- pone nei secoli la medesima suddivisione dell'an- no in giorni marcati da un preciso carattere reli- gioso, che ne determina anche l'andamento civile e politico. La rappresentazione più comune del calendario romano è quella di una lista, apparen- temente semplice, di lettere e numeri: colonne separate tra loro indicano i mesi dell'anno, mentre una serie di lettere-simbolo, parallele alla lista dei mesi, segnano i singoli giorni, informando il citta- dino sia sul loro statuto civile che sulle eventuali attività commerciali o ricor- renze religiose in esso celebrate. I calendari romani mostrano sempre i mesi da sinistra a destra in colonne verticali, in cima alle quali si può leggere il no- me del mese, mentre nella parte inferiore viene riportato il numero dei giorni che compongono il mese, che possono variare da 28 a 31. Le origini. Un primo tentativo di ripartire il lasso di tempo fra gli eventi ciclici legati al cambio delle stagioni fu un anno di 10 mesi, la cui lunghezza com- plessiva era di 304 giorni. L'anno cominciava il primo marzo come in effetti indica la denominazione numerica dei mesi che si è mantenuta fino ai giorni nostri, nonostante la cifra non corrisponda più alla posizione nel calendario: settembre, ottobre, novembre, dicembre ora non occupano più evidente- mente la settima, ottava, nona e decima posizione, come il loro nome lascerebbe intendere, ma slittano di due posizioni, quelle cioè relative ai mesi successivamente aggiunti. Questo schema, forse già in uso al tempo della fondazione di Roma, era ovviamente impreciso; per tale ragione, un numero 26
di giorni veniva poi aggiunto in modo che attività che necessitavano di essere svolte a tempo debito, come la semina o il raccolto, potevano essere condot- te a termine con sufficiente regolarità. È al secondo re di Roma, Numa Pompilio (700 a.C. circa), che va il merito di aver aumentato di due il numero dei mesi, allungando l'anno a 355 giorni. Questo anno cominciava sempre col mese di marzo: una parte dei mesi avevano nomi che richiamavano quelli del- le divinità alle quali erano sacri, mentre altri erano chiamati in conseguenza del loro ordine numerico. Anno bisestile. Quest'organizzazione creava ancora disaccordo tra l'anno ci- vile e quello solare, e così si tentò di rimediare al problema col metodo dell'intercalazione, cioè l'inserimento, ogni due anni, di un periodo di 22 o 23 giorni dopo la festa dei Terminalia, il 23 febbraio. In origine, in effetti, l'inter- calazione non fu automatica ma venne lasciata alla discrezione dei pontefici che non esitarono a manipolare il calendario romano per interessi politici, an- nunciando feriae, pubblici ringraziamenti per vittorie militari, intercalazioni, riducendo o aumentando i tempi dell'attività giuridico-legislativa o della du- rata dei contratti, fino ad arrivare a situazioni paradossali, come quando nel 46 a.C. l'inizio del nuovo anno coincise col 14 ottobre di quello vecchio! Si rendeva nuovamente necessario un intervento dell'autorità competente di cui, questa volta, si incaricò Cesare: la riforma, elaborata con l'aiuto di filosofi e matematici, abolì l'antico mese intercalare e fissò la durata del nuovo anno a 365 giorni con l'introduzione, ogni quattro anni, a febbraio, di un ulteriore giorno, ottenuto ripetendo il 24 febbraio: secondo le modalità di calcolo dei Romani, il 24 febbraio era il sesto giorno prima delle calende di marzo e quando ogni due anni veniva ripetuto quell'anno era definito bissextus, dai cui il nostro "bisestile". In seguito a questa riforma, il calendario fu chiamato Giu- liano, da Giulio Cesare; per lo stesso motivo il mese Quintilis fu rinominato Iulius, in suo onore. Alla fine del I secolo a C, durante il regno di Ottaviano Au- gusto, il primo imperatore di Roma, anche Sextilis fu trasformato in Augustus. Il calendario giuliano, con minimi ritocchi, è ancora in vigore ai nostri giorni nostri. I 10 giorni persi. Il 4 ottobre 1582 la gente si coricò la sera di giovedì 4 ottobre e si risvegliò… venerdì 15 ottobre. Di colpo vennero cancellati 10 giorni. Persi non letteralmente, ma saltati con l'introduzione del calendario gregoriano, voluto da Papa Gregorio XIII, per aggiustare il calendario giuliano che nel corso dei secoli aveva accumulato un ritardo di 10 giorni sull’anno solare. Da- 27
to che un anno effettivo dura 365 giorni + 5 ore e 48 minuti, nei secoli questo scarto aveva fatto cadere l’equinozio primaverile l’11 marzo, con un anticipo di 10 giorni. Per andare in pari fu presa questa misura drastica. Ma il calenda- rio gregoriano è comunque sbagliato! Tutti i calendari sono nati per misurare il tempo in base a fenomeni astronomici ciclici, l'alternanza del giorno e della notte, le fasi della Luna, il susseguirsi delle stagioni. Ma tutti hanno un pro- blema: non sono precisi, perché la durata effettiva di un'orbita della Terra attorno al Sole è di 365,2564 giorni. Una frazione di giorno in più che richiede periodici aggiustamenti del calendario. Nel 46 a.C. Giulio Cesare rimise in pari le date rispetto alle stagioni e per sistemare la differenza iniziale stabilì che il 46 a.C. avesse 445 giorni. Anche il calendario gregoriano non è preciso (ha un errore di 6 giorni ogni 10.000 anni), ma è il più preciso tra quelli che abbiamo avuto. Europa. Paesi cattolici come l'Italia, la Spagna, il Portogallo e la Polonia a- dottarono il calendario gregoriano immediatamente, così come la parte cattolica dei Paesi Bassi. I Paesi a maggioranza protestante, invece, rifiuta- rono il cambiamento. Le zone protestanti della Germania e dei Paesi Bassi hanno adottato il nuovo calendario solo nel 1700. L'astronomo Keplero arrivò ad osservare che questi Paesi preferivano “essere in disaccordo con il Sole che essere in accordo con il papa”. I Paesi ortodossi hanno adottato il calendario gregoriano solo all'inizio del XX secolo. In Russia, ad esempio, il nuovo calen- dario venne introdotto nel 1918. In Europa, gli ultimi Paesi ad adottare il calendario gregoriano sono stati la Grecia, nel 1923, e la Turchia, nel 1926. Prima in queste regioni si seguiva il calendario musulmano, che ha base luna- re. “Il calendario è una progressione matematica di sorprese arbitrarie.” (P. Scott) Vale 28
ARCHIVIO PARROCCHIALE BATTESIMI Sono entrati nella comunità cristiana, la Chiesa, con l’impegno dei loro genitori e dei padrini a credere in Cristo e nella fede cat- tolica: 39 Benedetta di Barbaglia Federico e Zerboni Federica 40 Ivana di Dell’Acqua Davide e Perilli Agnese DEFUNTI La nostra preghiera di suffragio interceda presso Dio, perché, nella sua misericordia e perdono, conceda la vita eterna: 85 Frontini Franca di anni 87 86 Vignati Dorotea di anni 66 87 Allieri Giuseppe di anni 89 88 Donigallia Giuliano di anni 57 89 Ronchi Giovanni di anni 77 UN GRAZIE PER CHI SI È RICORDATO DELLA PARROCCHIA: SACRAMENTI: S.messe, Battesimi, Funerali,visita ammalati € 2080 DEL CENTRO GIOVANILE Sezione calcio € 1.200 per nuovo DAE - € 3.500 sostituzione boiler 29
SPAZIO APERTO Scrivi alla redazione Aspettiamo le vostre riflessioni, pensieri, fotografie e suggerimenti circa eventi o iniziative all’indirizzo della redazione (redazione.svo@gmail.com) che do- vranno arrivare entro il 24 Gennaio per poter essere pubblicati sul numero Febbraio 2020. Questo mese ci ha scritto Antonello e Dino Meda: Voglio ringraziare con tanto affetto don Davide Bertocchi che è stato per noi sanvittoresi una guida speciale. Inoltre voglio augurare ai miei “confratelli” chierichetti buon lavoro; perché il nostro servizio a Dio. Ricci Antonio (Lello) UL NATAL DA QUANDU SEU FIÖ IL NATALE DI QUANDO ERO BAMBINO Sa ricordu che a Natal Mi ricordo che a Natale al faseva tantu fregiu, faceva tanto freddo, gheva la nee, neve da tutte le parti e i vedar cun e i vetri di casa i stei da giass con le stelle di ghiaccio Ghera ul camin C’era il camino e la stua sempar pisa e la stufa sempre accesa cun süra con sopra i pel da mandarin le bucce d mandarino par profumà per profumare la cà la casa La leterina piena da brilantiti La letterina piena di brillantini scundü sota al piatü dal papàcun tanti nascosta sotto il piatto del papà prumess con tante promesse ca duravan menu d’un dì che duravano meno di un giorno La püesia La poesia imparà a memoria imparata a memoria la serviva anca cume scusa serviva anche come motivo par andà a trüaa i parenti per andare dai parenti cun la speransa da ciapaa con la speranza di ricevere un quei franchin qualche liretta 30
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