La città occupata. Nasce la RSI - Abbiate fiducia nel nuovo Governo

Pagina creata da Nicolo Cirillo
 
CONTINUA A LEGGERE
La città occupata. Nasce la RSI
                     Abbiate fiducia nel nuovo Governo

Cesena fu occupata la notte del 12 settembre. Dalla colonna, proveniente da
Forlì e diretta verso Rimini, che attraversò la città, si staccarono una sessantina
di uomini, che si installarono immediatamente nelle caserme rimaste
abbandonate.

Io mi ricordo quando passarono dei carri armati tedeschi (...) mi ricordo che io mi nascosi (...) vidi
passare questi soldati e anche dei carri armati che andavano verso Rimini. Io, come se mi dovessero
fare del male a me. Era verso sera e mi nascosi di dietro le colonne del bar Guidazzi [oggi bar
Roma] andavano verso Rimini. Andavano giù dritto, passavano il centro della città perché loro
facevano prima. (Roberto Rocchi - 2004)

Il mattino dopo, la notizia si diffuse immediatamente per tutta la città, che restò
in attesa della loro prima mossa. Arrivando di notte e senza incontrare la
benché minima resistenza, i soldati tedeschi poterono sbrigare velocemente i
loro compiti, senza dar mondo ai cittadini di accorgersi di quanto stava
accadendo. Questo il motivo per cui, a Cesena, non ci furono le scene di panico
che due giorni prima, si erano viste a Forlì.

[Forlì] 10 [settembre] = Alle 10,30, scesi da un apparecchio e saliti al Comando dell’Aeroporto,
quattro aviatori tedeschi imponevano la resa, ottenendola. Con l’aiuto dei camerati di stanza, fugati
gli avieri italiani solo con un cenno, si impossessavano degli uffici, delle caserma, degli “hangars”,
dell’officina: venti soldati stanno ora vigilando l’insieme del campo. Gli avieri nostri, parte in vesti
borghesi, portatisi in città al grido di “sono arrivati i tedeschi”, seminavano frattanto il panico. Forlì
era in preda allo scompiglio: uomini, donne, fuggivano come pazzi, si trascinavano bestie,
masserizie, ovunque un ingorgo di veicoli, un urlare indemoniato, un agitarsi frenetico, un dirigersi
senza meta, al pari dei soldati che abbandonavano le caserme per non cadere prigionieri offrivano
uno spettacolo miserando. Adunati costoro dal comandante interinale dell’11° fanteria della
“Caterina Sforza”, si erano sentiti rivolgere un discorso di questo genere: “Si è ricostituito un
governo nazionale fascista: fra poco i tedeschi occuperanno le caserme, chi non vorrà inquadrarsi
nei loro reparti verrà messo nei campi di concentramento quale prigioniero di guerra”. Ciò udito si
disperdevano in furia abbandonando la divisa per guadagnare il largo, chi in camicia, chi in vesti
miste, chi con le giubbe rivoltate. Frattanto si spargeva la diceria che i tedeschi avanzavano sulla
città facendo uso delle mitragliatrici, senza riguardo a donne e a bambini, che pugnalavano gli
inermi, laddove un reparto modesto, dai volti sorridenti, transitava per la piazza al suono di
fisarmoniche diretto al settentrione. (Dal diario di Antonio Mambelli - Forlì)

L’occupazione di Cesena è preceduta, nel pomeriggio, da un lancio di volantini
lasciati cadere da aerei tedeschi che volano a bassa quota. E’ da questi che i
cittadini vengono a conoscenza della ricostituzione di un nuovo governo fascista,
appoggiato dai tedeschi.

La Patria è in pericolo! ... Il Governo che avete avuto fin’ora ha tradito l’Italia; ha capitolato senza
condizioni! (...) Il nuovo Governo, appoggiato dalle imponenti forze armate Tedesche e dalla più
grande parte delle fedeli truppe, le quali sono decise a combattere e sicure della vittoria, cambierà il
vostro destino. Proteggete le vostre donne dai negri, ebrei ed altri popoli ausiliari degli Alleati.
Abbiate fiducia nel nuovo Governo. (Volantino diffuso dai tedeschi, riportato da don Leo Bagnoli
nel suo diario.)

L’idea di ricostituire un nuovo governo fascista in Italia, era stata di Adolf
Hitler, coadiuvato da un gruppo di ex gerarchi fuggiti in Germania dopo il 25
luglio (Roberto Farinacci, Alessandro Pavolini, Renato Ricci, Giuseppe Preziosi
e altri). Idea che ebbe il suo coronamento nella liberazione di Mussolini, che di
questo nuovo governo avrebbe dovuto tornare ad essere il capo. Mussolini, dopo
l’arresto, era stato spostato più volte nel timore che i servizi segreti tedeschi
tentassero di liberarlo. Dormì due notti nella caserma degli allievi carabinieri di
Roma, quindi, il 27, fu fatto partire per Gaeta, dove arrivò all’alba del giorno
successivo e immediatamente imbarcato su una nave diretta a Ponza. A Ponza
restò dieci giorni. Il 6 agosto venne trasferito alla Maddalena e vi rimase sino al
28. Quindi, su di un aereo della Croce rossa, fu trasferito alla base idrovolanti di
Bracciano e da qui a Campo Imperatore, sul Gran Sasso, scortato da 250
carabinieri che poi rimasero sul posto per impedire qualsiasi tentativo di
evasione. I tedeschi, che erano sulle sue tracce e avevano già preparato un piano
per liberalo alla Maddalena, riusciti nuovamente ad individuarlo, lo liberarono
il pomeriggio del 12 settembre. 120 paracadutisti, scesero con dodici alianti nel
piano antistante l’albergo dove era alloggiato Mussolini, mentre un altro
gruppo, via terra, occupava la stazione di partenza della funivia, uccidendo i
due carabinieri che erano di guardia. Dei 12 alianti ne atterrarono otto, uno si
fracassò e gli altri tre furono dati per dispersi. Dal primo aliante che toccò terra
i carabinieri di guardia videro uscire un ufficiale italiano che gridava “Non
sparate! Non sparate!”. Sembra che lo stesso Mussolini, che in quel momento
stava assistendo alla scena dalla finestra, alla vista dell’ufficiale abbia invitato i
carabinieri ad abbassare le armi. Era il generale Fernando Soleti, prelevato dai
tedeschi a Roma, al ministero degli interni e costretto a seguirli, proprio perché
la vista di un generale in divisa avrebbe determinato nei difensori l’incertezza
necessaria ai paracadutisti per avvicinarsi. Pochi attimi, che bastarono al
commando tedesco per avere la meglio. Mussolini, fatto salire su un piccolo
aereo da ricognizione al seguito degli alianti, fu condotto all’aeroporto di
Pratica di Mare, dove già lo stava aspettando un trimotore diretto Vienna. Due
giorni dopo era a Rastenburg, al quartier generale del Führer.
15 settembre - Passano da Cesena soldati tedeschi verso Rimini, ma soprattutto verso Forlì. Ordine
perfetto. Nessuna angheria da parte dei nuovi padroni. Mussolini si trova al Quartier Generale di
Hitler, così la radio. (Dal diario di don Pietro Burchi - Gattolino)

I tedeschi ormai padroni di tutto il nord ed il centro Italia sono anch’essi in
attesa degli eventi. A Cesena cercano di farsi vedere il meno possibile,
limitandosi a liberare i fascisti fermati dopo il 25 luglio e ancora rinchiusi nelle
carceri. Nel giro di pochi giorni la vita ritornò quasi alla normalità. Ogni tanto
aerei tedeschi gettavano qualche volantino rivolto alla popolazione per invitarla
a collaborare o ai soldati italiani per spingerli ad unirsi alle forze
d’occupazione.

Verso le ore 13, 30 [del 12 settembre], i detenuti delle carceri, accortisi che i militari ivi di
sentinella si erano eclissati, si sono messi in subbuglio. Venti detenuti comuni ed un fermato
fascista sono evasi. Più tardi e cioè verso le ore 17,30 si sono presentati al carcere alcuni militari
tedeschi, che hanno proceduto alla liberazione dei rimanenti sei fascisti fermati e di quattro donne
detenute per reati comuni. (Dalla segnalazione del Commissariato di polizia di Cesena alla R.
Questura di Forlì. 16 settembre 1943 - ISRFC 10/B1 0793)

Era subentrata una gran calma, tanto più che in città non si vedeva più una divisa militare. I tedeschi
erano impegnati in centri più importanti. La guerra ormai sembrava un lontano ricordo. Si circolava
liberamente ad ogni ora e la vita aveva ripreso a scorrere liberamente come in tempo di pace.
(Ricordi / di Salvatore Resi - dattiloscritto 1998)

La situazione era tanto tranquilla che ricominciarono anche i saccheggi nelle
caserme.

Io mi trovai, per esempio, dopo due o tre giorni... perché eravamo da mattina alla sera nella caserma
[Decio Raggi]... perché portavamo via armi e tutto quello che potevamo trovare. Io non guardavo
l’altra roba. Dopo ho incominciato anch’io a portar via coperte, teli, i teloni per... come si chiama... i
teli da tenda, eccetera. E quindi, praticamente, la caserma... il maneggio, lì dove adesso c’è la
polizia, là (...) io e Rinaldi Dino, mi ricordo bene che avevamo un coso di ferro. Un palanchin a
giami, no? Con quello lì riuscimmo ad aprire e portammo via un’infinità di cose. Fori era pieno di
gente così! E caricava e andar a portar via. Andet ad fora e u ngn’ era piò gnint. Per dire. Quindi
nella caserma abbiamo durato per molto tempo, eravamo sei o sette, d’accordo, quando era pieno di
gente così, per mandarla via dicevamo con uno due (...) “Dite che vengono i tedeschi”. Venivano
dentro “I ven i tedesch!”. Via tutti. E noi eravamo i padroni della caserma. E’ Andata avanti il mese
di settembre-ottobre. Da settembre a metà ottobre a portar via sempre della roba. E poi col camion
la notte. I carabinieri di Porta Fiume... che portarono via anche loro... portavano via teli da tenda e
tutto quello che capitava. Noi a Porta Fiume avevamo tutti gli sci. Che era pieno anche di sci no?
Quindi abbiamo continuato molto. Poi misero fuori un manifesto che bisognava portare indietro
quello... altrimenti... a glj avam ancora da purtè (...) [Poi arrivarono i tedeschi?] Eravamo lì.
Presero uno che rimase in prigione, Rino, che rimase in prigione per sei o sette giorni, qui a Cesena
no? Dopo si fermò tutto perché presero possesso loro praticamente. (Dino Amadori - 1999)

I tedeschi non si facevano vedere, ma era chiaro che chi comandava erano loro.
Ben presto anche a Cesena si venne a conoscenza dell’ordinanza emanata dal
maresciallo Albert Kesserling, affissa il 12 settembre, in cui si comunicava che il
territorio occupato era dichiarato zona di guerra e su di esso vigeva la legge
marziale tedesca, che ogni forma di sciopero era proibita e che gli organizzatori
di scioperi, i sabotatori e i franco-tiratori sarebbero stati fucilati e si invitavano
le autorità italiane a collaborare con gli uffici tedeschi e ad impedire ogni forma
di sabotaggio o di resistenza passiva.

26 settembre - A Cesena, si dice, ci sono 60 tedeschi e tengono in soggezione tutti. La città in
apparenza è completamente calma. (Dal diario di don Pietro Burchi - Gattolino)

C’erano [i tedeschi] ma pochi. U ngn’ era nisun! [Fu] Qualche giorno dopo che vennero davanti al
Leon D’oro, con le loro camionette con la bandiera uncinata sopra. Eran dei bei giovani. U s’ ved
che j i miteva i mei! Poi, dopo, cominciarono ste giornate un po’ strane e gli allarmi aerei. (Guido
Mattei – 2003)

Dopo l’occupazione tedesca, anche i fascisti ritornarono allo scoperto, però
senza troppa convinzione.

13 settembre - I fascisti alzano la cresta; a Bologna bastonano. Qui a Gattolino un certo Bonci gira
armato di coltello, pistola e accetta. (Dal diario di don Pietro Burchi - Gattolino)

[Forlì] 14 [settembre] = Fino da ieri gli squadristi si sono rimessi in giro per la città; un autocarro
ne trasportava un gruppo in camicia nera lungo il borgo Ravaldino, cantanti a squarcia gola l’inno
“Giovinezza”. Due delle locali squadre d’azione, conosciute coi nomi o nomignoli di “Paris” e
“Maciarol”, passeggiavano stamane in pazza Saffi con pistoloni alla cintola: nessuna violenza a
danno degli avversari. (Dal diario di Antonio Mambelli - Forlì)

28 settembre 1943 - Due settimane fa si sono ritrovati assieme i più incalliti fascisti. Il geom.
Forlivesi ha rifiutato di ridiventare Segretario Politico. Ha accettato un certo Pilade Ferrara,
forestiero, impiegato del Registro. (Dal diario di don Leo Bagnoli - Cesena)

Il 16 settembre 1943 alle ore 12 e 15 un comunicato radiofonico dell’Agenzia
Stefani rese noto che Benito Mussolini aveva ripreso la direzione del fascismo in
Italia. Nel corso della giornata, sempre attraverso la radio, vennero trasmesse le
sue prime disposizioni dettate direttamente da Monaco:

N.1) Ai fedeli camerati di tutta Italia. Da oggi 15 settembre 1943, assumo nuovamente la suprema
direzione del fascismo in Italia.
N. 2) Nomino Alessandro Pavolini alla carica provvisoria di segretario del Partito nazionale fascista
che, da oggi si chiamerà Partito fascista repubblicano.
N. 3) Ordino che tutte le autorità militari, politiche, amministrative e scolastiche, nonché tutte
quelle che vennero esonerate dalle funzioni da parte del governo della capitolazione riprendano
immediatamente i loro posti e i loro uffici.
N. 4) Ordino l’immediato ripristino di tutte le istituzioni del partito con i seguenti compiti:
a)di appoggiare efficacemente e cameratescamente l’esercito germanico che si batte sul territorio
italiano contro il comune nemico;
b)di dare al popolo immediata, effettiva assistenza morale e materiale;
c)di riesaminare la posizione dei membri del partito in rapporto al loro contegno di fronte al colpo
di stato della capitolazione e del disonore, punendo esemplarmente i traditori.
N. 5) Ordino la ricostituzione di tutti i reparti e le formazioni speciali della Milizia volontaria per la
sicurezza nazionale. (…)
Completando gli ordini del giorno precedenti ho incaricato il luogotenente generale Renato Ricci
del comando in capo della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale. (...)
Il PFR libera gli ufficiali delle forze armate dal giuramento prestato al re, il quale, capitolando alle
condizioni ben note e abbandonando il suo posto, ha consegnato la nazione al nemico e l’ha
trascinata nella vergogna e nella miseria. (Da: La repubblica di Salò / Silvio Bertoldi. – Milano :
Compagnia Generale Editoriale, [s.d.])

I comunicati passarono quasi sotto silenzio, o meglio, quasi nessuno sembrò
farci caso. Molti pensarono ad un trucco dei tedeschi. Molto più credito aveva la
voce che il duce fosse morto.

Voce ripetuta della morte di Mussolini ovvero di una sua malattia grave: trova credito poiché egli,
non ha parlato alla radio, si parla anzi di una cassa inumata di notte nel cimitero di S. Cassiano in
Pennino. (Dal diario di Antonio Mambelli - Forlì)

A Forlì, il 17 settembre, riaprono i locali della federazione provinciale del
partito fascista.

Verso le 10 il trentenne mutilato reduce di Russia, Leonetti, qui residente, sceso da un’”Aprilia” in
compagnia di due tedeschi in piazza Saffi, si recava dall’Intendente di Finanza a ingiungere la
consegna delle chiavi di palazzo Littorio; entratovi dal borgo Ravaldino ne prendeva possesso in
qualità di commissario “in nome del duce”. Ancora l’altro ieri gli squadristi “Paris” e Bondanini
avevano compiuto il tentativo di penetrarvi in unione a un soldato tedesco, senza riuscire. (Dal
diario di Antonio Mambelli - Forlì)

I vecchi fascisti però non rispondono con lo slancio che si era previsto. I militi
della MVSN (milizia volontaria per la sicurezza nazionale) non si fanno trovare.
Si presentano solo i più facinorosi, vecchi picchiatori squadristi e giovani teste
calde.

[Forlì] 18 [settembre] - Non si conosce il numero degli aderenti al neo partito e si dice che l’ex
federale Nardi abbia rinunciato a riassumere la carica.
[Forlì] 19 [settembre] - Parecchi sono i militi fascisti in giro d’ispezione per la città; qualcuno
tuttavia confessa d’essere stato indotto dal bisogno a vestire la divisa, giacché la disoccupazione
dilaga.
[Forlì] 21 [settembre] - Diversi militi, dopo alcuni giorni di servizio, si sono dimessi o allontanati
senza avvertire il comando. (Dal diario di Antonio Mambelli - Forlì)

Anche gli appelli di presentarsi ai comandi tedeschi, fatti ai militari, per
riprendere la lotta comune hanno poco esito.

17 settembre - ... Ieri Radio-Roma in lingua tedesca [?], ha ordinato a tutti i militari di presentarsi
al più vicino comando tedesco in uniforme. L’ordine non è punto chiaro, e vale per tutti i territori
italiani controllati (...) e quali sono esattamente questi territori? e quali sono questi militari obbligati
a presentarsi “immediatamente”? quali classi? anche i riformati? (dicono) in uniforme; ma
nemmeno uno è tornato in uniforme..., tutto è stato gettato via... Difatti, nessuno ancora si presenta e
si prevede che i nostri giovani tornati a casa dopo tanti mesi di “Naia” e con la guerra perduta, si
daranno piuttosto alla macchia. (Dal Diarium n. 2 del Cronicon parrocchiale di San Zaccaria, tenuto
dall’arciprete Giuseppe Fabbri)

Il duce parlò alla radio da Monaco, il 18 settembre, narrando la storia della sua
cattura e della sua liberazione e motivando nel tradimento della monarchia la
necessità di costituire un nuovo governo fascista e repubblicano. Il 23 rientrò in
Italia, a casa sua, a Rocca delle Caminate. Parlò di nuovo il 27, da Roma, per
ritornare lo stesso giorno alla Rocca delle Caminate, dove incontrò il ministro
degli esteri tedesco Joachim von Ribbentropp e l’ambasciatore del Giappone.
La voce del duce non fece buona impressione, la gente continuava dubitare e in
ogni caso l’incanto ormai era spezzato, il 25 luglio e l’8 settembre avevano
aperto gli occhi alla maggioranza degli italiani e i fascisti, anche quelli più in
vista, nonostante i ripetuti appelli e le minacce continuarono a non rispondere
alle chiamate e anche se risposero, molti lo fecero perché costretti e di mala
voglia.

28 settembre - Ieri sera alle 8,30 il duce ha fatto un breve discorso alla radio di Roma. C’è chi
dubita che sia stato proprio lui e che sia davvero tornato a Roma. (dal diario di don Pietro Burchi -
Gattolino)

28 settembre 1943 - Ieri sera alle ore 20.30 alla radio (la nostra Telefunken l’abbiamo prontamente
rimessa in funzione) ha pronunciato un breve discorso alla radio Roma il Duce. La sua voce era
quasi irriconoscibile e in tanti dubitiamo che sia stato proprio lui a parlare e che sia tornato
realmente a Roma.
1° ottobre 1943 - Sono tornato in città. La seconda quindicina di settembre è trascorsa - come s’è
visto - confusa. Qui come altrove, è tutto un incrociarsi di voci e commenti sussurrati a mezza voce.
Mussolini, è vivo o no? E’ lui che parla alla Radio? L’incubo di rappresaglie tedesche domina tutto.
Cominciano i fascisti di un tempo a riunirsi: sono pochi e incerti. Rinunciano anche a rappresaglie
pel momento. Si parla dell’instaurazione di un nuovo regime repubblicano. Le caserme cittadine
continuano ad essere depredate. I carabinieri rimasti, non hanno più forza né autorità, né armi. Alla
caserma Masini confluiscono numerose truppe tedesche. Davanti alla porta, una sentinella con elmo
teutonico, cammina grave. Gli ultimi avanzi del nostro esercito si sono squagliati. Ha comandato
per una settimana il settore di Cesena, un caporal maggiore tedesco con alcuni soldati. In città,
perfetta calma. I capi-partito e molti antifascisti sono latitanti. Nelle campagne tutto è
apparentemente tranquillo. (Dal diario di don Leo Bagnoli - Cesena)
Puoi anche leggere