L'Umbria tra declino strutturale, crisi e rinascita economica - AGEI
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Luca Ferrucci L’Umbria tra declino strutturale, crisi e rinascita economica Summary: UMBRIA BETWEEN STRUCTURAL DECLINE, CRISIS AND ECONOMIC REVIVAL The situation of Umbria has changed starting from that regionalism that hypothesized the existence of unique models and exalted the specificities of the territories, often generating “closures” with the near territories and bonding opportunities and contaminations. In fact, in some moments the vision of an Umbrian model, different compared to that of central Italy, has emerged clearly, especially with respect to contiguous regions which it had shared several fundamental social, cultural and political aspects with on the plan Historical. Nevertheless, in the end, an Umbria of “rebirth” is possible and necessary and passes for the mobilization of all the best cultural, institutional, entrepreneurial and youth energies of the region. Keywords: Regionalism, Umbrian Model, Economy. Spesso il regionalismo italiano ha spinto il di- te a quanto riferibile alle Marche, alla Toscana o battito politico, culturale ed economico ad esal- all’Emilia Romagna. Insomma, i distretti tessili tare le specificità dei propri territori, arrivando a di Prato, calzaturieri di Fermo, conciari di Santa ipotizzare l’esistenza di veri e propri modelli uni- Croce sull’Arno o della maglieria di Carpi e così ci, non riproducibili e non omologabili a quelli via non sono riconducibili alle configurazioni pre- presenti in altre aree del nostro Paese (Bracalen- senti, sul piano locale, in Umbria. Ciò non signi- te, 1986). Non vi è regione italiana che, perlome- fica che non esistono piccole imprese o che non no in alcuni periodi della storia, non sia caduta vi sono localismi manifatturieri ma che, al con- in questa interpretazione che spesso tende a reci- trario di queste regioni contigue, prevalgono mo- dere legami con altri territori regionali, nonché a delli produttivi diversificati o, comunque, privi di “chiudersi” in una sorta di isolamento “culturale” quell’addensamento di numerose piccole imprese che inibisce azioni cooperative inter-regionali e (tanto per citare un esempio, nel distretto tessile l’assimilazione di best practices ed esperienze mu- di Prato vi sono circa 7000 imprese specializzate) tuabili da altre realtà. Insomma, a fianco dei tanti presenti altrove. C’è dunque evidentemente una pregi di una visione regionalista, essa ha generato storia manifatturiera umbra che la rende diffe- qualche volta “chiusure” che hanno limitato op- rente da quella riferibile all’Italia centrale, nono- portunità e contaminazioni auspicabili (Segatori, stante vi siano rintracciabili alcune omogeneità, 2010). dal ruolo storico assunto da specifiche forme di In questo loop cognitivo collettivo, anche l’Um- conduzione del patrimonio fondiario (mezzadria bria – in alcune circostanze della storia – ha of- e piccola proprietà contadina) all’età dei Comuni ferto la sua visione, parlando di modello umbro, nel Rinascimento sino all’omogeneità politico- eterodosso rispetto a quello dell’Italia centrale, amministrativa (le famose regioni “rosse” del pas- in particolare rispetto a regioni contigue con le sato), come evidenziato nella letteratura economi- quali aveva condiviso diversi fondamentali aspetti ca e sociale (Bagnasco, 1988). sociali, culturali e politici sul piano storico. La diversità del modello umbro è dunque più Sul piano economico, in effetti, l’Umbria non nelle piattaforme manifatturiere contemporanee è mai stata una regione composta da distretti in- che non in taluni fondamentali connotati sociali, dustriali marshalliani (Becattini, 2000; Ferrucci, storici e istituzionali. Ciò non significa necessaria- Varaldo 1997; Becattini, Bellandi, Propris 2009). mente che si possa parlare di un modello umbro, Quell’addensamento localistico di numerose pic- ma sicuramente esso presenta connotati di etero- cole imprese manifatturiere, specializzate in una dossia rispetto a quello prevalente nelle regioni sola lavorazione ma compenetrate tra loro dal contigue del centro Italia. punto di vista della filiera produttiva, non si ri- Ma c’è stato un periodo storico durante il qua- leva nelle varie aree dell’Umbria, contrariamen- le, anche a livello nazionale, l’Umbria è stata vi- AGEI - Geotema, 55 45
sta e interpretata come un modello auspicabile al imprese manageriali private. Sembra che, quasi quale far riferimento? come un paradosso della Storia, il fatto che l’Um- È assai verosimile che la Golden Age dell’Um- bria non avesse originariamente un tessuto mani- bria sia riconducibile al periodo storico tra la fine fatturiero distrettuale, con quelle economie ester- degli anni Settanta e la prima metà degli anni ne di agglomerazione identificate da Marshall, ha Ottanta. Il dualismo territoriale umbro, tra l’area indotto il sistema ad un processo di selezione evo- ternana – contraddistinta dalla presenza di gran- lutiva maggiormente penetrante, influenzando di imprese manifatturiere legate alla siderurgia e inducendo, pena la sopravvivenza, percorsi di e alla chimica – e quella perugina – fondata su crescita dimensionale e organizzativa delle singo- un’industrializzazione “leggera” di piccole impre- le imprese che altrove potevano non riscontrarsi. se – sembra costituire all’epoca un bilanciamen- Un sistema industriale la cui crescita è stata to “perfetto” capace di assecondare la crescita resa possibile anche dalla presenza di un diffuso economica e occupazionale di queste aree. Le e capillare sistema di banche locali, dalle casse di grandi imprese della conca ternana costituiscono risparmio alle banche popolari sino alle banche due poli di specializzazione manifatturiera unici di credito cooperativo, presenti, come assetti pro- nel panorama italiano legati alla filiera chimica prietari e come processi decisionali, all’interno del polipropilene e della siderugia con gli assetti dei singoli localismi manifatturieri. Un’Umbria, proprietari statali. Nell’area del perugino, invece, infatti, dove la presenza di banche esogene era imprese dinamiche – espressione di un capitali- praticamente assente mentre dominavano istituti smo familiare – si muovono nei mercati interna- di credito fondati storicamente in ogni piccola cit- zionali dell’epoca (ovvero nord-America e Europa tà di questa regione. occidentale) con una capacità di marketing e di Queste imprese manifatturiere sono state “cre- innovazione di prodotti particolarmente ammi- atrici” di una ricchezza economica diffusa in tutta revole. Basti citare brand come la Buitoni-Peru- l’Umbria, contribuendo anche a processi di inur- gina nell’alimentare, la Primigi nelle calzature da bamento delle principali città. Ci sono stati interi bambino, l’Ellesse nell’abbigliamento sportivo, quartieri urbani che sono nati e cresciuti – qual- la Luisa Spagnoli nell’abbigliamento femminile, che volta in modo caotico – per soddisfare le esi- la Sangemini nelle acque minerali, la Spigadoro genze di flussi migratori dalla campagna o dalle nella pasta alimentare, la Mignini e la Petrini nei regioni del sud Italia orientati ad andare a lavo- mangimifici. Imprese capaci di fare investimen- rare nelle imprese umbre. Ciò ha dato una spinta ti per esportare su mercati esteri, per innovare alla crescita, per induzione, di imprese legate alla prodotti o per sviluppare strategie qualificanti di filiera delle costruzioni e dell’edilizia, comparto marketing in modo da conseguire profitti rischio- che irrobustitosi inizialmente in questo periodo si e, di conseguenza, garantire un’occupazione grazie agli investimenti privati delle imprese e del- qualificata e crescente e pagare salari dignitosi le famiglie andrà, come vedremo successivamen- ai propri dipendenti e collaboratori. Un’alleanza te, a costituire un’ossatura del tessuto economico virtuosa tra profitti rischiosi e salari dignitosi se- regionale, con implicazioni non sempre virtuose condo la teoria neoclassica di ricardiana memo- sul piano della competitività strutturale regio- ria alla base del modello umbro di questi anni. nale. Un tessuto imprenditoriale, dunque, diversifica- La ricchezza economica generata da questi “lo- to, composto da famiglie capitalistiche locali che comotori” industriali appare in tutta la sua impor- hanno saputo assecondare la crescita delle pro- tanza anche in altri ambiti della vita sociale, cul- prie imprese, superando rapidamente quella sca- turale e istituzionale della regione. I centri storici la di piccola dimensione che spesso caratterizza il sono luoghi di consumo per servizi commerciali nanismo imprenditoriale italiano. Insomma, per qualificati (dai bar ai ristoranti sino ai negozi di certi aspetti, l’assetto manifatturiero perugino si abbigliamento); le istituzioni universitarie benefi- fonda, sin dalla fine degli anni Settanta, su medie ciano di un’attrazione di popolazione universita- imprese, quando ancora nelle regioni contigue ria dal sud Italia, grazie alla buona qualità della prevalgono modelli distrettuali fondati sulla pic- vita che si riscontra in queste città e alle opportu- cola dimensione (Ferrucci, 2008). In altri termini, nità di lavoro, per i futuri laureati, che vi sono nel- l’Umbria, nell’area del perugino, è stata pioniera le medie e grandi imprese manifatturiere; la vita di quel “quarto” capitalismo, di cui la letteratu- culturale e sociale è alimentata da eventi (non è ra economica parla solo negli ultimi anni (Colli, casuale che l’Umbria sia pioniera in Italia di gran- 2002), alternativo a quello delle piccole imprese, di manifestazioni culturali come Umbria Jazz o il delle imprese di proprietà pubblica o delle grandi Festival dei Due Mondi a Spoleto o il Festival delle 46 AGEI - Geotema, 55
Nazioni a Città di Castello) nonché da stagioni te- gionale della popolazione studentesca. In alcuni atrali di particolare qualità; l’agonismo sportivo casi, addirittura, la stessa fabbrica è progressiva- vede l’Umbria protagonista in diverse discipline mente venuta meno, lasciando solamente la me- a livello nazionale; l’innovazione politica e isti- moria collettiva del passato e un brand oggetto di tuzionale esprime una capacità di riforme nel acquisizione (come Ellesse ma, per taluni aspetti, campo sociale e della sanità di particolare pregio anche Primigi), senza più di fatto un valore ag- (basti pensare che l’Umbria è stata la prima re- giunto nell’economia regionale. Una competitivi- gione nella quale si è implementato il modello di tà strutturale quindi sempre più dipendente dal abrogazione delle strutture manicomiali secondo costo del lavoro operaio e sempre meno legata a le indicazioni di Basaglia); e così via. Insomma, fattori immateriali che, però, nella moderna com- un capitale economico, un capitale sociale, un petizione internazionale, costituiscono fonti rile- capitale culturale e un capitale istituzionale che vanti del valore economico dei prodotti e dei ser- coevolvono assieme e che vanno a comporre l’im- vizi. In un certo qual modo, con l’inizio del ciclo materialità del modello umbro di allora. In altri storico della globalizzazione all’inizio degli anni termini, l’Umbria può definirsi, in questi anni, Novanta, e quindi con la necessità di potenziare un vero e proprio modello virtuoso sul piano eco- i fattori competitivi immateriali legati alla capaci- nomico, sociale, culturale e istituzionale. Un’Um- tà di fare internazionalizzazione in altre aree del bria sicuramente piccola nelle dimensioni ma par- mondo diverse dall’Europa e dal nord America e ticolarmente “visibile”, come best practices, nella innovazione, fondata su design, marketing, R&S, percezione collettiva nazionale. logistica e retailing, il capitale umano qualificato Purtroppo, a partire dalla seconda metà degli umbro si restringeva a favore di altre città e luo- anni Ottanta, i “locomotori” industriali sia terna- ghi italiani o europei dove magari risiedono gli ni che perugini si sono “inceppati” e i processi di headquarters delle holding industriali. acquisizione talvolta hanno costituito le uniche A fianco di un’economia manifatturiera etero possibilità di “salvezza”. Le crisi industriali dei diretta, negli stessi anni si attivano processi di grandi complessi della siderurgia e della chimica acquisizione e di concentrazione del sistema ban- si sono associate a cambiamenti, anche radicali, cario umbro alimentano la perdita di autonomia negli assetti proprietari, trasferendo altrove i ri- gestionale e decisionale dei preesistenti istituti di ferimenti decisionali e gli headquarters (spesso credito locali (dalle casse di risparmio alle ban- tra la Germania e gli USA). Nel perugino, molte che popolari). I nuovi poli decisionali bancari si medie imprese (con i grandi nomi dell’imprendi- situano fuori dall’Umbria, spesso nel nord Italia, torialità privata) hanno smesso di correre, hanno contribuendo a generare una situazione di “al- cessato o sono stati ceduti ad altri. Errori gestiona- lungamento” anche temporale dei processi deci- li e strategici, limitazioni del capitale finanziario sionali nella concessione del credito alle imprese, per sostenere la crescita, problemi di successione di maggiore burocratizzazione delle relazioni e di familiare e così via sono stati fattori alla base del minore capacità di monitorare il valore intangibi- tramonto di diverse dinastie perugine (Braca- le dell’imprenditorialità locale ai fini degli affida- lente, 1989). I processi di acquisizione esogeni menti. Non solo, in taluni casi, lo stesso supporto hanno contribuito nel breve periodo a “salvare” finanziario provenienti dalle banche locali e fina- queste imprese ma, nel lungo periodo, hanno di lizzato al sostegno di eventi culturali storicamente fatto generato un’economia regionale etero diret- presenti in questa regione tende a ridursi, limitan- ta (visti gli assetti proprietari non umbri e spesso do di fatto la reputazione e l’attrattività turistica stranieri), attivando strategie di ristrutturazione dei medesimi. Il tutto costituendo un secondo fat- che in diversi casi hanno trasformato l’impresa in tore di etero direzionalità dell’economia umbra. una fabbrica composta essenzialmente da operai, Così, l’Umbria è entrata nel ciclo storico del- mentre l’occupazione a maggior valore aggiunto la globalizzazione, all’inizio degli anni Novanta, legata a funzioni come quella del marketing, della con un sistema produttivo relativamente fragile, e finanza, della R&S o dell’innovazione di prodot- quindi incapace di cogliere le opportunità emer- to si sono trasferite altrove (Ferrucci, Zazzerini, genti ma “vittima” economica di questi destabi- 2007). In altri termini, il management di queste lizzanti processi economici internazionali (dai imprese ha attinto sempre meno al capitale uma- flussi di capitali e di imprese sino alla mobilità no qualificato generato nelle scuole e nelle istitu- delle persone). E il preesistente modello umbro zioni universitarie locali, contribuendo a ridurre va perdendo la sua capacità propulsiva comples- in modo indiretto la vivacità del mercato del la- siva, delineando l’inizio di un percorso di decli- voro per i laureati e la stessa attrattività extra re- no e di trasformazione strutturale. Basti pensare, AGEI - Geotema, 55 47
che il Pil pro capite regionale dal 1995 ad oggi do le tendenze imprenditoriali verso la “cattura” è progressivamente diminuito rispetto alla media della rendita economica, anziché perseguire inve- nazionale, ma anche comparativamente a regio- stimenti per realizzare profitti rischiosi (e quindi ni come Toscana e Marche. Come dire, il declino pagare salari dignitosi). Una rendita economica economico dell’Umbria non è di oggi (o degli ul- fondata su valori di prossimità relazionale e su timi anni, legati alla crisi economica recente) ma attività economiche subordinate a processi auto- risale alla fine degli anni Ottanta. rizzatori pubblici (come nel caso della filiera del- Come fronteggiare questo cambiamento econo- le costruzioni e dell’edilizia o dei grandi centri mico? Tra gli anni novanta e i primi anni duemila commerciali artificiali). A dimostrazione di ciò, l’economia regionale si è riposizionata a favore è sufficiente ricordare come l’Umbria, comples- di un’economia dove il settore pubblico, in senso sivamente, presenti una specializzazione nella fi- allargato, diveniva particolarmente significativo liera delle costruzioni e dell’edilizia superiore a (Bracalente, 2010). Il crowdiing out dall’econo- quanto rilevabile nelle statistiche medie naziona- mia manifatturiera preesistente ad un’economia li e che gli indicatori statistici sulla presenza di pubblica emergente è l’espressione sia del declino medie e grandi strutture commerciali la posizioni della prima che dell’avanzare della seconda. E as- tra le regioni italiane con la maggiore intensità sai plausibilmente non è neppure l’espressione di (Ferrucci, Picciotti 2012). Non solo, la stessa agri- una vera e propria progettualità “sostitutiva” ma, coltura, grazie alle significative risorse finanziarie per un’insieme di fattori, il sentiero delineato dal- europee, ha goduto e gode da anni di un sostegno la Storia ha portato in questa direzione evolutiva. particolarmente rilevante, con colture come il ta- Tuttavia, il potenziamento, intenzionale o meno, bacco che, addirittura per decenni, hanno potuto del settore pubblico allargato ha portato ad allon- beneficiare passivamente di tale contribuzione tanarsi dalle esigenze di innovazione, potenzian- pubblica. E, per converso, l’economia umbra da do quelle forze sociali, culturali ed economiche allora registra un tasso di internazionalizzazione, della conservazione e del protezionismo. La cre- intenso come rapporto tra export e Pil regionale, scita del settore pubblico in senso allargato, in ef- inferiore a quello medio nazionale, dimostrando fetti, non ha seguito logiche neo-keynesiane, con- che il manifatturiero non solo ha perso incidenza nesse al perseguimento di investimenti pubblici relativa sulle statistiche complessive, ma addirit- produttivi, capaci di stimolare in modo indiretto tura è maggiormente home-oriented rispetto ad nuovi sentieri di crescita dell’economia privata, altre regioni. Ancora, da anni, la R&S e l’innova- ma piuttosto si è fondata su occupazione pubbli- zione, misurata sulla base di diversi indicatori sta- ca diretta o indiretta alimentata da spesa pubbli- tistici, in Umbria sono essenzialmente alimentate ca corrente o da investimenti pubblici di dubbia da risorse finanziarie pubbliche, piuttosto che da qualità, produttività e efficacia (che talvolta ap- imprese manifatturiere. C’è stata dunque una parivano essere maggiormente utili alle imprese metamorfosi lenta ma significativa nell’economia che realizzavano talune opere, anziché alla stes- regionale: dai profitti rischiosi alla rendita econo- sa cittadinanza). L’occupazione pubblica diretta, mica. Imprese, ma anche professionisti presenti grazie all’amministrazione statale (basti pensare nelle diverse attività, hanno sviluppato un orien- agli organi presenti istituzionalmente in un capo- tamento alla “cattura” della spesa pubblica piut- luogo di regione, dalla magistratura alle forze di tosto che una capacità di rendersi competitivi su polizia oppure alle istituzioni universitarie stata- mercati nazionali o, addirittura, internazionali. li), regionale (con le varie ramificazioni, sino alla La rendita economica di queste diverse fonti ha sanità) e municipale è solo una parte del sistema consentito di “galleggiare” all’economia regiona- economico pubblico in senso allargato. Altre atti- le ma non di ritrovare vie per una rigenerazione vità private quali quelle dei servizi professionali, (Covino, 2007). Di fatto, le rendite economiche quelle connesse a specifici regimi autorizzatori hanno “avvitato” il sistema economico in un circu- pubblici oppure dipendenti dall’erogazione di ito al “ribasso” pernicioso e talvolta consociativo. sussidi finanziari strutturali pubblici ed, infine, Ma questo sistema tendeva a dipendere sempre quelli legati ad appalti di lavori e servizi pubblici più da una fonte finanziaria extra-regionale: le sono un’altra parte rilevante dell’economia pub- risorse statali e comunitarie. Le uniche davvero blica regionale. in grado di poter finanziare importanti opere edi- Diverse imprese umbre, di settori assai diffe- lizie (che in qualche caso potevano sembrare più renti, hanno optato, nei fatti, per privilegiare un utili a chi le realizzava che non a coloro che le relazionamento con gli attori istituzionali pubbli- dovevano utilizzare, i cittadini), supportare e sus- ci, nei loro diversi livelli decisionali, accentuan- sidiare le produzioni agricole, aiutare giustamen- 48 AGEI - Geotema, 55
te la ricostruzione post-sismica del 1997 (Segatori, l’Antitrust, a fronte di operazioni societarie na- 2007) e intervenire, anche in modo rilevante, per zionali di Unicredit e Intesa San Paolo impose la le ristrutturazioni delle grandi imprese industria- cessione di sportelli in Umbria – e non in altre li in crisi e per la riconversione economica dei regioni – a favore di altri operatori bancari per territori (l’esperienza dell’area ternana è emble- evitare situazioni di abuso di potere di mercato), matica). vi è stata anche la gestione discutibile di alcune In questo percorso, si è rafforzata l’idea che l’e- banche del centro Italia (per esempio, Banca conomia regionale, in attesa di ritrovare proprie Marche, Banca Popolare dell’Etruria, Monte dei endogene condizioni di sviluppo e di crescita, po- Paschi di Siena, Banca Popolare di Spoleto). Non tesse fondarsi su questa nuove fonte di “salvatag- certo la situazione migliore, per l’Umbria e per gio” delle imprese e dei consumi familiari. L’in- gli umbri, di difendersi dagli effetti negativi del- vecchiamento della popolazione, in atto da anni, la crisi. Insomma, se l’Umbria ha avvertito un ef- ha tra l’altro garantito a diversi nuclei familiari, fetto amplificato della crisi economica nazionale, grazie ai trasferimenti statali indotti dalle varie c’erano tutte le ragioni, dalle rendite economiche forme di previdenza, un’ulteriore forma di “gal- in alcuni settori alla dipendenza maggiore delle leggiamento” dell’economia regionale e dei relati- imprese da mercati domestici sino al comporta- vi consumi privati. mento di alcune banche. Ma è evidente che, per tutto questo, l’econo- Ma quali insegnamenti ci lascia questo percor- mia umbra ha evidenziato una nuova forma di so storico dell’Umbria economica? governo etero diretto, dopo quello già rilevato La prima cosa riguarda la miopia di poter in- in precedenza ossia quello riferibile alle imprese travedere un futuro economico di un territorio industriali e alle banche, ossia quello dipendente se ci ancoriamo prevalentemente alla rendita dall’erogazione di risorse finanziarie pubbliche economica e non ai profitti. In questa linea, reci- statali o europee. In altri termini, uno sviluppo diamo i legami con l’innovazione, con altri spazi economico sempre meno autonomo e fondato su economici internazionali, pensiamo solo alla con- forze endogene e sempre più dipendente da fat- servazione di piccoli privilegi e all’avvitamento al tori esogeni (sui quali le istituzioni regionali e le ribasso di sistemi di relazioni inconsistenti e per- forze economiche e culturali locali possono inci- niciose. Credo che la Storia ci lasci questo impor- dere poco ai fini decisionali). tante insegnamento e, pertanto, tutti gli sforzi, di Siamo entrati nella crisi economica del 2008 ve- tutti i protagonisti e gli attori sociali e istituzio- nendo da questa Storia, deboli all’inizio della glo- nali dovrebbero mirare verso questo sforzo col- balizzazione, piuttosto malati alla vigilia di questa lettivo straordinario: ridare centralità ai profitti crisi. Ma questa crisi ha fatto anche “scoprire” la rischiosi (e ai salari dignitosi) e ridimensionare debolezza strutturale dell’equilibrio pernicioso gli spazi della rendita economica. Ecco, quindi, verso il quale stavamo tendendo, con la polarità la necessità di riposizionare il sistema produttivo attrattiva della rendita. Le imprese che avevano regionale nella direzione di conseguire profitti ri- investito nella rendita delle relazioni, che avevano schiosi. Negli anni della crisi, abbiamo visto che, mirato a fare attività di rent seeking, che si era- anche in Umbria, vi sono importanti imprese re- no “adagiate” nel mercato domestico – pubblico e silienti, di tutte le dimensioni (artigianali, picco- privato –, sono state le prime a soffrire, ad uscire le, medie, grandi), che hanno saputo crescere in dal mercato, ad abbandonare. Certo, la cessazio- termini di fatturato, di occupazione, di valore ag- ne delle imprese si porta dietro problemi dram- giunto e di export (Ferrucci, Guelpa, 2015). Sono matici, come la chiusura di altre imprese (magari le imprese che hanno accettato, quando molte al- fornitori delle prime) o di nuovi disoccupati privi tre negli anni Novanta e nella prima metà degli di un futuro. Il costo sociale ed economico è sta- anni Duemila pensavano alla convenienza della to enorme. La drammaticità della crisi in Umbria rendita economica, la sfida di investire rischiando è stata maggiore che altrove anche per l’opera- nell’internazionalizzazione e nell’innovazione. re, qualche volta truffaldino, di banche aventi la Esse hanno saputo avere prodotti di qualità, di re- sede legale nella nostra regione oppure in aree lazionarsi con clienti esteri, di conseguire brevetti limitrofe. E quando una banca è gestita male, la o di aprirsi a nuovi mercati lontani e ostici. Sono prima soluzione che i dirigenti applicano è spesso le imprese che hanno creduto nel profitto che vie- la rarefazione del credito alle imprese e l’innal- ne dal rischio imprenditoriale e non dalle relazio- zamento dei tassi di interesse praticati. Insomma, ni privilegiate (Segatori, 2008). Sono le imprese in una regione dove la concentrazione bancaria che, proprio per questo, hanno potuto garantire era già a livelli massimi (Ferrucci, 2008; perfino occupazione qualificata e salari dignitosi. Il pro- AGEI - Geotema, 55 49
fitto rischioso (e non la rendita economica) è la settori economici (dall’agroalimentare all’indu- migliore garanzia, nel lungo periodo, dei salari stria all’high tech al commercio al turismo), frut- dignitosi e non è l’espressione demoniaca di un to dell’intelligenza e della capacità innovativa dei capitalismo selvaggio. Le imprese resilienti sono giovani capaci e meritevoli. Il rinnovamento e il quelle che, meglio di chiunque altro, sanno fare rafforzamento della capacità competitiva regiona- internazionalizzazione e possono accompagnare le avviene infatti anche tramite la nascita di nuo- in questo percorso altre imprese umbre. Sono ve imprese. In ogni settore dell’economia, giovani le imprese che meritano la fiducia della comu- capaci e meritevoli sono in grado di portare avan- nità regionale e delle istituzioni competenti sul ti nuove idee imprenditoriali, con una forte carica piano delle politiche industriali. In quali settori innovativa. L’Umbria deve dare fiducia a questa prevalenti si trovano queste imprese resilienti? nuova generazione di imprese, capaci di innestare Meccanica, agroalimentare e tessile costituiscono nuovi business model all’interno di ogni settore tre traiettorie settoriali dove si rinvengono nume- e di contribuire alla rinascita e al rinnovamento rose imprese umbre aventi performance partico- di settori, di mestieri e di professioni. Dobbia- larmente significative. Si tratta di imprese forte- mo divenire una regione capaci di far coltivare mente radicate nei territori, che attingono alle le migliori opportunità imprenditoriali ai nostri competenze dei lavoratori e dei fornitori locali, giovani di talento, evitando di essere cronicamen- consapevoli che buona parte del loro vantaggio te una terra di emigranti per le nostre migliori competitivo risiede nel territorio, prima ancora e talentuose risorse umane qualificate. Tutto ciò, che all’interno dei confini della propria impresa ovviamente, richiede una capacità di sviluppare (Becattini, 2009; Ferrucci, Picciotti 2017). È su una politica industriale regionale insieme ai di- questa scia che molte di esse divengono paladine versi attori presenti in Umbria e che lavorano al di un’identità territoriale (basti pensare ad alcu- fianco dei nostri migliori giovani, dalle istituzioni ni prodotti agroalimentari, come alcuni vitigni culturali e scientifiche alle filiere della formazio- riconducibili all’area di Montefalco oppure nel ne tecnico-professionale sino al ruolo strategico tessile a Cucinelli SpA) e quindi perseguono com- delle banche e delle associazioni di categoria im- portamenti socialmente responsabili finalizzati a prenditoriale. generare un binomio forte e virtuoso tra territo- Insomma, un’Umbria della “rinascita” è possi- rio e corporate identity. bile e necessaria e passa per la mobilitazione delle Ma il legame con il territorio si manifesta rile- migliori energie culturali, istituzionali, imprendi- vante anche per altre due traiettorie di sviluppo toriali, del lavoro e giovanili della nostra regione. presenti in Umbria. Da un lato, nella green eco- nomy si sono generate nuove realtà imprendito- riali particolarmente dinamiche e che operano Bibliografia nella chimica verde, nelle energie rinnovabili o nella cosiddetta economia circolare. Si tratta di Bagnasco A., La costruzione sociale del mercato. Studi sullo sviluppo una proiezione multisettoriale particolarmente di piccola impresa in Italia, Il Mulino, Bologna, 1988. importante anche perché capace di intercettare e Becattini G., Il distretto industriale. Un nuovo modo di interpretare il cambiamento economico, Torino, Rosenberg & Sellier, 2000. di rispondere ad una domanda crescente e qualifi- Becattini G., A Handbook of Industrial Districts, co-edited with M. cata presente in tutti i paesi del mondo. Dall’altro Bellandi and L. De Propris, Cheltenham, Elgar, 2009. lato, il territorio è, come è sempre stato, un valore Becattini G., Ritorno al territorio, Bologna, Il Mulino, 2009. tangibile e intangibile per l’attrattività turistica. I Bracalente B., Il modello industriale dell’Umbria, Il Mulino, Bolo- beni storici, artistici, paesaggistici e architettoni- gna 1986. Bracalente B., L’Umbria nel modello di industrializzazione diffusa, ci dell’Umbria, insieme agli eventi culturali che in Covino R., Gallo G. (a cura di), Storia d’italia. Le Regioni da sempre si tengono in molte città, costituisco- dall’Unità ad oggi, Einaudi, Torino 1989. no leve per l’attrattività di un turismo particolar- Bracalente B., Caratteri strutturali e scenari di sviluppo regionale. mente qualificato. Purtuttavia, l’Umbria sconta L’Umbria verso il 2020, Franco Angeli Editore, Milano, 2010. Colli A., Il quarto capitalismo: un profilo italiano, Marsilio Editore, ancora oggi un problema di raggiungibilità e di 2002. accessibilità che ancora limita le potenzialità di Covino R., Tra due secoli. L’Umbria dell’ultimo ventennio, Crace, sviluppo di questo settore. 2007. Infine, vi è la necessità di credere, asseconda- Ferrucci L, Picciotti A., I distretti industriali italiani tra strategie re, promuovere e accompagnare la nascita di una di international outsourcing e strategie di back-reshoring, Piccola Impresa, 2017. nuova generazione di imprese giovanili. Si tratta Ferrucci L., Guelpa F., Le imprese resilienti: possibili leve per una di stimolare, con gli strumenti della politica indu- crescita futura, in AA.VV., L’Umbria nella lunga crisi. Scenari e striale regionale, la natalità di imprese, in tutti i dinamiche, AUR, Perugia, 2015. 50 AGEI - Geotema, 55
Ferrucci L., Picciotti A., Le dinamiche di terziarizzazione delle regio- e logiche di impresa, in collaborazione conVaraldo R. (a cura ni italiane tra post-industriale e neo-industriale, Economia dei di), F. Angeli, Milano, 1997. Servizi, n. 3, 2012. Segatori R., La ricostruzione post-sismica in Umbria come modello di Ferrucci L., La metamorfosi dell’industria manifatturiera in Umbria, governance, in S. Sacchi (a cura di), Oltre la ricostruzione. Pro- in Agenzia Umbria Ricerche, Rapporto Economico e Sociale, Den- fili economici e dimensioni sociali in un processo di cambiamento, tro L’Umbria, Perugia, 2008. Regione Umbria, Quattroemme, Perugia, 2007. Ferrucci L., Zazzerini G., Le multinazionali estere in Umbria: la Segatori R., Eccellenze e parabole nella tradizione industriale dell’Um- R&D, i brevetti e l’innovazione, AUR&S, 2007. bria, in “Diomede”, III, 9, 20 agosto 2008. Ferrucci L., Il settore bancario in Umbria tra concentrazione e effetti Segatori R., Le debolezze identitarie del regionalismo italiano, in sul mercato del credito, AUR&S, n. 10/2008. «Istituzioni del Federalismo», nn. 5-6, settembre/dicembre Ferrucci L., Varaldo R., Il distretto industriale tra logiche di sistema 2010. AGEI - Geotema, 55 51
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