Il potere di sostituzione in via normativa nella legge n. 131 del 2003 - Gino Scaccia

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Il potere di sostituzione in via normativa
nella legge n. 131 del 2003

di GINO SCACCIA

     La disciplina del potere sostitutivo recata dal secondo comma
dell’art. 120 della Costituzione ha immediatamente suscitato il vivace
interesse della dottrina, che non ha faticato a cogliere l’importanza
sistematica di tale disposizione e la cruciale rilevanza della questione
relativa alla natura del potere da essa conferito al Governo ai fini
della stessa configurazione dell’autonomia costituzionale di Regioni
ed enti locali1. Sul punto si è animato un largo dibattito scientifico
che ha visto contrapporsi coloro che limitano la possibilità di un in-
tervento sostitutivo alla funzione amministrativa a quanti ammettono
una sostituzione in via legislativa, nelle forme di un decreto legge
«atipico» perché vincolato a presupposti diversi da quelli indicati
nell’art. 77 della Costituzione2. La legge 5 giugno 2003, n. 131, re-

     1 Cfr. C. MAINARDIS, I poteri sostitutivi statali: una riforma costituzionale con
(poche) luci e (molte) ombre, in questa Rivista, 6, 2001, 1357.
     2 La tesi che limita la possibilità di un intervento sostitutivo alla funzione ammi-
nistrativa è stata argomentata da C. MAINARDIS, op. cit., 1387 ss.; G.U. RESCIGNO, At-
tuazione regionale delle direttive comunitarie e potere sostitutivo dello Stato, in questa
Rivista 2002, 735, nt. 10; S. MANGIAMELI, La riforma del regionalismo italiano, Torino
2002, 150-151; S.P. PANUNZIO, Audizione innanzi alla I Commissione permanente del
Senato della Repubblica, in Costituzione, Regioni e Autonomie locali. Atti dell’indagine
conoscitiva sugli effetti nell’ordinamento delle revisioni del Titolo V della parte II della
Costituzione, Roma 2002, I, 127; R. TOSI, La legge costituzionale n. 3 del 2001: note
sparse in tema di potestà legislativa e amministrativa, in questa Rivista 2001, 1241; A.
ANZON, I poteri delle regioni dopo la riforma costituzionale. Il nuovo regime e il model-
lo originario a confronto, Torino 2002, 217; G. MARCHETTI, Le autonomie locali fra
Stato e Regioni, Milano 2002, 187; F. PIZZETTI, L’evoluzione del sistema italiano fra
«prove tecniche di governance» e nuovi elementi unificanti. Le interconnessioni con la
riforma dell’Unione europea, in questa Rivista 2002, 691; A. CORPACI, Revisione del
Titolo V della Parte seconda della Costituzione e sistema amministrativo, in questa Ri-
vista 2001, 1323; L. PRINCIPATO, I diritti costituzionali e l’assetto delle fonti dopo la ri-

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cante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repub-
blica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, nel dare attua-
zione all’art. 120 Cost., ha apertamente sposato la tesi della sostitu-
zione normativa. Si legge infatti nell’art. 8 che «Nei casi e con le mo-
dalità previsti dall’art. 120, secondo comma, della Costituzione, il
Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro com-
petente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti lo-
cali, assegna all’ente interessato un congruo termine per adottare i
provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il
Consiglio dei Ministri, sentito l’organo interessato, su proposta del
Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei Ministri,
adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un
apposito commissario». La disposizione si completa con la previsione
secondo la quale «Alla riunione del Consiglio dei Ministri partecipa
anche il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata
al provvedimento»3.

forma dell’art. 117 della Costituzione, in Giur. cost. 2002, 1186-1187; A. LOIODICE, Os-
servazioni al disegno di legge per l’adeguamento alla legge costituzionale n. 3/2001. Vin-
coli internazionali e poteri sostitutivi, in www.federalismi.it; A. RUGGERI, Note minime,
«a prima lettura», a margine del disegno di legge La Loggia, in www.federalismi.it; G.
VERONESI, Il regime dei poteri sostitutivi alla luce del nuovo art. 120, comma 2, della
Costituzione, in Le istituzioni del federalismo, 5, 2002, 742-743.
      Ammettono una sostituzione in via legislativa M. LUCIANI, Le nuove competenze
legislative delle regioni a statuto ordinario. Prime osservazioni sui principali nodi pro-
blematici della l. cost. n. 3 del 2001, in www.associazionedeicostituzionalisti.it; A.
CERRI, Alla ricerca dei ragionevoli principi della riforma regionale, in AA.VV., Problemi
del federalismo, Milano 2001, 211; E. GIANFRANCESCO, Il potere sostitutivo, in La Re-
pubblica delle autonomie. Regioni ed enti locali nel nuovo Titolo V, a cura di T. GROP-
PI e M. OLIVETTI, II ed., Torino 2003, 239; C. PINELLI, I limiti generali alla potestà le-
gislativa statale e regionale e i rapporti con l’ordinamento internazionale e con l’ordina-
mento comunitario, in Foro it. 2001, V, 194 ss.; G.M. SALERNO, La disciplina legislati-
va dei poteri sostitutivi tra semplificazione e complessità ordinamentale, in
www.federalismi.it; F. GIUFFRÈ, Note minime su poteri sostitutivi e unità della Repub-
blica alla luce della recente legge 131 del 2003 (cd. Legge «La Loggia»), in
www2.unife.it/forumcostituzionale; D. PICCIONE, Gli enigmatici orizzonti dei poteri so-
stitutivi del Governo: un tentativo di razionalizzazione, in Giur. cost. 2003, 1207 ss. e
spec. 1211 ss.; P. CARETTI, L’assetto dei rapporti tra competenza legislativa statale e re-
gionale, alla luce del nuovo Titolo V della Costituzione: aspetti problematici, in questa
Rivista 2001, 1229. Lo stesso CARETTI, Principio di sussidiarietà e funzione legislativa,
in Quad. reg. 2002, 451, aveva esplorato la possibilità di desumere dall’art. 120 una
autorizzazione al Parlamento ad esercitare la funzione legislativa in sostituzione delle
Regioni, sulla base di esigenze di sussidiarietà. In senso dubitativo L. ELIA, Introdu-
zione, in T. GROPPI e M. OLIVETTI (a cura di), La Repubblica delle autonomie. Regio-
ni ed enti locali nel nuovo Titolo V, Torino 2001, 20.
      3 Per i primi commenti della disposizione in esame v. V. CERULLI IRELLI, in Leg-
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     Per l’ipotesi di «violazione della normativa comunitaria», il se-
condo comma dispone che gli atti e provvedimenti sostitutivi «sono
adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri o del
Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro competente per
materia» e procede all’abrogazione dell’art. 11 della legge 9 marzo
1989, n. 86, che definiva le procedure per la sostituzione fondata sul-
l’inadempimento di obblighi comunitari derivante da inattività ammi-
nistrativa di una Regione o Provincia autonoma.
     Il quarto comma del medesimo art. 8, con formulazione ripresa
quasi testualmente dall’art. 5, terzo comma, del d.lgs. 31 marzo 1998,
n. 1124, statuisce a sua volta che nei casi di assoluta urgenza, qualora
l’esercizio del potere sostitutivo non sia differibile senza mettere in
pericolo le finalità tutelate dall’art. 120 della Costituzione, il Consi-
glio dei Ministri, su proposta del Ministro competente, e anche su
iniziativa delle Regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti ne-
cessari, che sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-
Regioni o alla Conferenza Stato-città e autonomie locali, allargata ai
rappresentanti delle Comunità montane, che possono chiederne il
riesame.
     La prima tipologia di intervento passata in rassegna, quella de-
scritta nei commi 1 e 2, corrisponde all’archetipo della sostituzione,
che ha a suo fondamento l’inadempimento regionale in relazione ad
un atto giuridicamente dovuto, e ricalca il modello di surrogazione
delineato dalla giurisprudenza costituzionale, che ne ha indicato anali-
ticamente i presupposti: a) la previsione da parte della legge; b) l’affi-
damento dei poteri relativi a un’autorità di governo; c) la strumentali-
tà rispetto all’adempimento di obblighi o al perseguimento di interessi
tutelati costituzionalmente come limiti all’autonomia regionale; d) il ri-
spetto del principio di leale collaborazione, il quale esige una previa
messa in mora della regione inattiva, mediante diffida ad adempiere
entro un determinato termine; e) il riferimento ad attività sottoposte a
termini perentori o la cui mancanza porrebbe in serio pericolo la cura
di interessi affidati alla responsabilità finale dello Stato5.

ge «La Loggia» – Commento alla legge 5 giugno 2003, n. 131 di attuazione del Titolo
V della Costituzione, a cura di F. BASSANINI, Rimini 2003, 172 ss.; C. MAINARDIS,
Commento all’art. 8, in Stato, regioni ed enti locali nella legge 5 giugno 2003, n. 131,
a cura di G. FALCON, Bologna 2003, 157 ss.; A. PAPA, Commento all’art. 8, in Il
nuovo ordinamento della Repubblica, a cura di T. MIELE et al., Milano 2003, 521 ss.
    4 Sul quale v. il commento di M. CAMMELLI, Poteri sostitutivi, in questa Rivista
1998, 492 ss.
    5 Cfr., ex plurimis, le sentt. nn. 408 del 1998; 116 del 1994; 21 e 49 del 1991;
85 del 1990; 177 del 1988; 294 del 1986; 81 del 1979.
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    Diversa è la fattispecie dell’art. 8, quarto comma, che autorizza
un intervento sostitutivo «in prevenzione», immediato, salva la richie-
sta di riesame da parte della Conferenza Stato-Regioni o Stato-città.
    In entrambi i casi il riferimento alla natura «anche normativa»
dei provvedimenti da adottare rende evidente come il potere sostitu-
tivo possa sospingersi fino al livello della normazione primaria; ed è
proprio tale conclusione a sollevare i più rilevanti problemi interpre-
tativi.
    Sembra innanzitutto da scartare la possibilità di fare ricorso alla
delegazione legislativa. Di una legge di delega che, magari con ca-
denza annuale, autorizzasse in via generale la surrogazione, difette-
rebbero infatti alcuni dei presupposti costituzionali e precisamente:
la definizione dei principi (e criteri direttivi), che è preclusa allo Sta-
to nelle materie di potestà residuale delle Regioni (se non nell’eserci-
zio di competenze funzionali) e l’oggetto, che non potrebbe essere
così generico da abbracciare, indefinitamente, tutte le materie in cui
la Costituzione conferisce una competenza legislativa alle Regioni.
    La sostituzione normativa dovrebbe avvenire dunque nelle forme
del decreto legge, come era stato ipotizzato in dottrina6, e tuttavia,
almeno con riferimento alla sostituzione di cui al primo comma (la
sostituzione-inadempimento) lo svolgimento di una procedura prepa-
ratoria, con la messa in mora e la fissazione di un termine per prov-
vedere, appare incompatibile con l’essenza stessa di un provvedimen-
to che si giustifica solo sull’assunto della indifferibilità dell’interven-
to. In ogni caso l’inutile decorso del termine e l’audizione dell’orga-
no interessato vanno ad aggiungersi, quali ulteriori presupposti pro-
cedimentali, ai requisiti cui è subordinato il ricorso al decreto legge e
quindi ne alterano lo schema formale descritto dalla Costituzione.
    Neppure la sostituzione «preventiva» del quarto comma dell’art.
8, prevista per i «casi di assoluta urgenza, qualora l’intervento sosti-
tutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tu-
telate dall’art. 120 della Costituzione», ricalca il modello delineato
nell’art. 77. In esso si inserisce infatti una variante: una richiesta di
riesame da parte della Conferenza Stato-Regioni o Stato-città e auto-

     6 Si vedano gli autori citati in nota 2. Anche G.U. RESCIGNO, Note per la costru-
zione di un nuovo sistema delle fonti, in Dir. pubbl. 2002, 816-817, pur contrario alla
sostituzione in via normativa, ritiene che, ad ammettere la possibilità di intervenire
con decreto legge, si dovrebbero aggiungere ai presupposti dell’art. 77 quelli dell’art.
120 e comunque rileva che tale decreto legge sarebbe caratterizzato da una doppia
provvisorietà: «provvisorio in attesa della legge di conversione; provvisorio in attesa
dell’esercizio da parte della Regione della competenza legislativa supplita».
IL POTERE DI SOSTITUZIONE IN VIA NORMATIVA 887

nomie locali, allargata ai rappresentanti delle Comunità montane.
Nulla si dice di tale richiesta nell’articolo in commento, che tuttavia
riproduce fedelmente sul punto la previsione dell’art. 5, terzo com-
ma, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, il quale, a sua volta, per definire i
termini e gli effetti del riesame, fa rinvio all’art. 8, terzo comma della
legge 15 marzo 1997, n. 59. Da tale disposizione si trae la previsione
che i provvedimenti adottati dal Consiglio dei Ministri in caso di ur-
genza devono essere sottoposti all’esame delle Conferenze nei succes-
sivi quindici giorni e che «il Consiglio dei Ministri è tenuto a riesa-
minare i provvedimenti in ordine ai quali siano stati espressi pareri
negativi».
     Un procedimento di questo tipo funziona perfettamente quando
l’atto sostitutivo abbia natura amministrativa. Se invece ipotizziamo
che sia stato adottato in via sostitutiva un decreto legge, l’effetto giu-
ridico del riesame si mostra di problematica analisi e definizione. La
lettera della disposizione consente di escludere che esso, al pari del
rinvio presidenziale delle leggi (o, nel vigore del vecchio art. 127, di
quello governativo delle delibere legislative regionali) blocchi l’entra-
ta in vigore dell’atto. Il Consiglio dei Ministri, «nei casi di assoluta
urgenza» e «qualora l’intervento sostitutivo non sia procrastinabile»,
è infatti autorizzato ad adottare i «provvedimenti necessari», che sa-
ranno immediatamente esecutivi, come opportunamente prevede
l’art. 5, terzo comma, del decreto legislativo n. 112 del 1998, e che
dovranno soltanto essere comunicati senza indugio alla Conferenza
Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-città.
     D’altro canto parrebbe arrischiato, in assenza di una espressa
previsione al riguardo, riconoscere all’istanza di riesame effetto so-
spensivo di un atto fonte di rango legislativo, tanto più che così opi-
nando sarebbero messe a repentaglio proprio le finalità alla cui tutela
è preordinato l’intervento d’urgenza. Il decreto legge sostitutivo, in-
somma, dovrebbe entrare immediatamente in vigore. Per conservare
rilievo giuridico e valore procedimentale all’istanza di riesame senza
risolverla in un generico appello al Consiglio dei Ministri ad abroga-
re il decreto legge già vigente, si potrebbe allora ipotizzare che la ri-
chiesta debba assumere la veste formale di una proposta emendativa,
anche di tipo puramente soppressivo, che il Governo sarebbe vinco-
lato a presentare in sede di discussione sul disegno di legge di con-
versione del decreto legge adottato in via surrogatoria7. Per quanto la

     7 La soluzione prospettata si assimila al procedimento descritto dall’art. 2 del
d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281. Tale disposizione, al fine di garantire la partecipazione
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soluzione sia indubbiamente artificiosa, essa si rende necessaria per
conservare un contenuto giuridico, e non meramente politico, al-
l’istanza di riesame, che viene però in tal modo a determinare un ag-
gravamento del procedimento di conversione. È chiaro infatti che
sulla stessa non potrebbe mancare una deliberazione assembleare,
con la conseguenza che non porla in votazione o non presentare af-
fatto l’emendamento che la incorpora dovrebbe, a rigore, rilevare
come vizio procedimentale della legge di conversione.
     Da quanto fin qui argomentato si desume come in entrambi i
casi contemplati dall’art. 8 della legge n. 131 del 2003 sia stato istitu-
ito dalla legislazione ordinaria un atto normativo con forza di legge
che si discosta dal modello disegnato dall’art. 77 della Costituzione:
nel caso di «sostituzione-sanzione» per i diversi presupposti di ado-
zione (si richiede infatti l’inutile decorso del termine per l’adempi-
mento regionale); in quello di «sostituzione preventiva» per l’intro-
duzione di un ulteriore elemento nello schema formale della legge di
conversione.
     A questo punto diviene necessario chiedersi se l’inosservanza di
tali requisiti procedimentali possa dare corpo a un vizio di legittimità
costituzionale dei decreti legge «sostitutivi». Ragionando in termini
di pura teoria delle fonti, il quesito meriterebbe una risposta di se-
gno negativo, giacché è pacifico che solo fonti di rango costituzionale
possono definire il procedimento di formazione degli atti aventi forza
di legge. In passato, del resto, quando si aprì la questione dell’effica-

delle regioni a tutti i processi decisionali di interesse regionale, interregionale e in-
fraregionale, prevede: nel terzo comma, che la Conferenza Stato-Regioni sia «obbli-
gatoriamente sentita in ordine agli schemi di disegni di legge e di decreto legislativo
o di regolamento del Governo nelle materie di competenza delle regioni o delle Pro-
vince autonome di Trento e di Bolzano»; nel quarto comma che la Conferenza «è
sentita su ogni oggetto di interesse regionale che il Presidente del Consiglio dei Mi-
nistri ritiene opportuno sottoporre al suo esame, anche su richiesta della Conferenza
dei presidenti delle regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano»; nel
quinto comma che, quando il Presidente del Consiglio dichiara che ragioni di urgen-
za non consentono la consultazione preventiva, la Conferenza è consultata successi-
vamente e il Governo «tiene conto dei suoi pareri»: a) in sede di esame parlamenta-
re dei disegni di legge o delle leggi di conversione dei decreti-legge; b) in sede di
esame definitivo degli schemi di decreto legislativo sottoposti al parere delle com-
missioni parlamentari. La soluzione proposta nel testo mira a «procedimentalizzare»
il dovere di «tener conto» del parere della Conferenza Stato-Regioni, facendo assu-
mere ad essa la forma di un emendamento al disegno di legge di conversione (e non
di una semplice richiesta al Governo di revocare il provvedimento adottato), al fine
di rendere più agevole, in sede giurisdizionale, la rilevazione della violazione del
principio di leale collaborazione.
IL POTERE DI SOSTITUZIONE IN VIA NORMATIVA 889

cia giuridica dei vincoli apposti alla decretazione d’urgenza dall’art.
15 della legge 23 agosto 1988, n. 400, la dottrina largamente preva-
lente, con l’avallo della giurisprudenza costituzionale8, negò che una
legge ordinaria potesse imporre limiti di legittimità ulteriori rispetto
a quelli costituzionalmente prescritti dall’art. 779.
    Nel nostro caso, tuttavia, per opporre un ostacolo al fisiologico
operare del criterio della lex posterior, che consentirebbe al decreto

     8 Cfr. la sent. n. 391 del 1995, nella quale la Corte ha statuito che è «sprovvista
della forza costituzionale» la previsione di un vincolo rispetto ai contenuti del decre-
to-legge, introdotto con l’art. 15, terzo comma, della legge 23 agosto 1988, n. 400,
ove, «ad integrazione dell’art. 77 Cost., si stabilisce che i decreti-legge “devono con-
tenere misure di immediata applicazione ed il loro contenuto deve essere specifico,
omogeneo e corrispondente al titolo”».
     9 Di diverso avviso F. MODUGNO, Validità (dir. cost.), in Enc. giur., XLVI, Mila-
no 1993, 61 ss., nonché F. MODUGNO, A. CELOTTO, Rimedi all’abuso del decreto leg-
ge, in Giur. cost. 1994, 3249 ss., i quali riconoscono alla legge n. 400 il rango di nor-
ma sostanzialmente costituzionale, in grado di porre parametri ulteriori di legittimità
della decretazione d’urgenza. Lo stesso F. MODUGNO, Appunti dalle lezioni sulle
Fonti del Diritto, Torino 2002, 60, è tornato sul tema, delimitando l’ambito della sua
originaria tesi. Scissa l’unitaria figura del decreto legge in due sottotipi: il decreto
legge «ordinario», adottato come usuale mezzo di normazione in casi di relativa ne-
cessità e il decreto legge «“straordinario”, adottato in casi di necessità assoluta, indif-
feribile», l’A. ha sostenuto che solo in relazione al primo sottotipo una legge formale
ordinaria potrebbe stabilire limiti ulteriori di legittimità.
     Le tesi finora ricordate, pur minoritarie, sono state alla base del messaggio del
29 marzo 2003 con il quale il Presidente della Repubblica, ai sensi dell’art. 74, pri-
mo comma, della Costituzione, ha rinviato alle Camere la legge di conversione del
decreto legge 25 gennaio 2002, n. 4, recante disposizioni urgenti per fronteggiare il
fenomeno dell’encefalopatia spongiforme bovina. Nel denunciare la disomogeneità
degli emendamenti introdotti in sede di conversione rispetto al testo originario del
decreto, il Capo dello Stato ha infatti assunto a norma di riferimento del suo vaglio
preliminare l’art. 15, terzo comma, della legge n. 400, che testualmente prevede: «I
decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve
essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo»; e ha precisato poco oltre che
«questo modo di procedere configura uno stravolgimento dell’istituto del decreto-
legge non conforme al principio consacrato nel ricordato art. 77 della Costituzione e
alle norme dettate in proposito dalla legge n. 400 del 1988 che, pur essendo una leg-
ge ordinaria, ha valore ordinamentale in quanto è preposta all’ordinato impiego del-
la decretazione d’urgenza e deve quindi essere, del pari, rigorosamente osservata».
Per un commento del messaggio in discorso v. A. CELOTTO, Un rinvio rigoroso ma...
laconico. Linee-guida per una riflessione, in Rass. parl. 2002, 810 ss., nonché il dibat-
tito animato sul forum di Quad. cost. (http://www2.unife.it/forumcostituzionale/
index.html) da A. RUGGERI, Verso una prassi di leggi promulgate con «motivazione»...
contraria?; N. MACCABIANI, La mancata conversione di un decreto-legge per effetto del
rinvio presidenziale; G. D’AMICO, Gli argini della Costituzione ed il «vulcano» della
politica. Brevi considerazioni a riguardo del rinvio presidenziale della legge di conver-
sione del decreto-legge 25 gennaio 2002, n. 4 e del suo «seguito» governativo.
890   G. SCACCIA

legge sostitutivo di derogare alle prescrizioni procedimentali poste
dall’art. 8 della legge ordinaria in esame, è sufficiente rilevare che
l’ultima frase del secondo comma dell’art. 120 della Costituzione ri-
serva alla legge la definizione delle «procedure atte a garantire che i
poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidia-
rietà e del principio di leale collaborazione». Per effetto di tale riser-
va l’art. 8, in quanto specifica, in diretta attuazione dell’art. 120 della
Costituzione, le condizioni procedimentali in cui trova espressione il
principio costituzionale di leale collaborazione, viene elevato al rango
di norma interposta nel giudizio di legittimità costituzionale sugli atti
di sostituzione in via legislativa. Così, nello schema ipotetico che stia-
mo descrivendo, un decreto legge «sostitutivo» che, in contrasto con
l’art. 8, primo comma, fosse adottato prima del decorso del termine
fissato alla Regione per l’adempimento o senza aver «sentito» il Con-
siglio regionale sarebbe incostituzionale, per violazione mediata del-
l’art. 120 e del principio di leale collaborazione.
     Quanto finora detto è valso a dimostrare che i requisiti procedi-
mentali fissati nell’art. 8 sono condizioni di legittimità degli atti sosti-
tutivi che esso autorizza il Governo ad adottare. Con specifico ri-
guardo agli atti di sostituzione «legislativa», ciò vuol dire che la legge
n. 131 del 2003 ha istituito decreti legge «atipici», ossia atti integrati-
vi dell’elenco costituzionale delle fonti normative di rango primario;
ma è insegnamento tradizionale e pressoché incontrastato che il prin-
cipio di tassatività delle fonti primarie preclude alla legge ordinaria la
possibilità di istituire fonti a sé concorrenziali senza un’autorizzazio-
ne costituzionale, quanto meno implicita10. La legittimità costituzio-
nale della disposizione in commento, o meglio della parte di essa che
autorizza interventi sostitutivi anche di livello legislativo, viene a di-
pendere così dalla risposta che si offre al quesito se una simile auto-
rizzazione sia davvero desumibile in via interpretativa dall’art. 120,
secondo comma, della Costituzione.
     La formulazione letterale della disposizione, in verità, non forni-
sce argomenti risolutivi, potendo prestarsi ad avvalorare ipotesi rico-
struttive addirittura opposte. A favore della tesi della sostituzione
normativa si potrebbe ad esempio rilevare: che la genericità del rife-

    10 V. per tutti V. CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, Padova 1984, 126.
Contra: F. MODUGNO, Appunti cit., 59, secondo il quale «Può ben darsi [del resto,]
che la legge istituisca fonti a sé concorrenziali o comunque – autolimitandosi o ren-
dendosi dispositiva – finisca per escludere sé medesima dalla disciplina di determi-
nate materie (si pensi alla delegificazione) purché ciò non contrasti con specifiche ed
espresse disposizioni costituzionali (per es. con l’art. 77)».
IL POTERE DI SOSTITUZIONE IN VIA NORMATIVA 891

rimento agli «organi» di regioni ed enti locali da sostituire autorizza
interventi nei confronti del Consiglio regionale, titolare della funzio-
ne legislativa; che il carattere facoltativo e non obbligatorio della so-
stituzione («il Governo può sostituirsi») sembrerebbe consentire una
surrogazione non vincolata nell’an, quale tipicamente si presenta la
surrogazione legislativa; che la previsione secondo la quale i poteri
sostitutivi possono «prescindere dai confini territoriali dei governi lo-
cali» potrebbe alludere all’adozione di atti emancipati dal limite ter-
ritoriale che grava su tutti gli atti amministrativi e normativi della Re-
gione, dunque anche di atti normativi generali dello Stato. Invocando
un argomento storico-genetico, si potrebbe osservare infine che le
formule impiegate nell’art. 120 della Costituzione sono parzialmente
identiche a quelle dell’art. 72, secondo comma, n. 3 del Grundgesetz
(nel testo anteriore alla revisione del 199411), cioè alla disposizione

      11 Nella sua versione originaria tale disposizione, nota con il nome di «clausola
di bisogno» (Bedürfnisklausel) prevedeva che il Bund, nell’ambito della legislazione
concorrente, avesse il potere di legiferare nel caso lo richiedessero «la tutela dell’uni-
tà giuridica o economica, ed in particolar modo la tutela dell’uniformità delle condi-
zioni di vita, prescindendo dai confini territoriali di ogni singolo Land». Una formu-
la tanto lasca non poteva che incontrare difficoltà applicative (sui problemi relativi
alla giustiziabilità della clausola v., ex plurimis, H.W. ARNDT, Zur verfassungsrechtli-
chen Problematik der Herstellung einheitlicher Lebensverhältnisse in der Bundesrepu-
blik Deutschland, in Juristische Schulung 1993, 360 ss.; C. CALLIESS, Der Justitiabilität
des Art. 72 Abs. 2 GG vor dem Hintergrund von kooperativen und kompetitiven
Föderalismus, in Die öffentliche Verwaltung 1997, 889 ss.; D. MAJER, Ist die verfas-
sungsrechtliche Prüfung der Voraussetzungen der konkurrierenden Gesetzgebung des
Bundes sinnvoll und möglich?, in Europäische Grundrechte Zeitung 1980, 98 ss.). La
valutazione relativa all’esigenza, genericamente intesa, di una disciplina uniforme ri-
cadeva infatti fatalmente nello spazio delle scelte politiche insindacabili della Federa-
zione, come lo stesso Tribunale costituzionale federale aveva dovuto riconoscere in
BVerfGE 13, 230, 233 ss. Nel 1994 l’articolo in esame è stato così oggetto di una re-
visione costituzionale, per effetto della quale esso recita attualmente: «Il Bund in
questo ambito ha potestà legislativa, se e nella misura in cui sia necessario per stabi-
lire condizioni di vita uniformi in ambito federale o tutelare l’unità giuridica o eco-
nomica nell’interesse generale». La riforma è stata completata con l’introduzione del
numero 2 nel primo comma dell’art. 93 del Grundgesetz, il quale afferma che il Bun-
desverfassungsgericht decide «se una legge corrisponda alle condizioni dell’art. 72,
secondo comma, su istanza del Bundesrat, del Governo o dell’organo di rappresen-
tanza popolare di un Land». Sparito il riferimento all’ambito di applicazione territo-
riale, è comparso il richiamo all’interesse generale e, soprattutto, alla “necessità” del-
l’intervento (la clausola è stata infatti ribattezzata Erforderlichkeitsklausel), che appa-
riva concetto giuridicamente più stringente della nozione, alquanto vaga, di Bedürf-
nis e sembrava aprire l’accesso ad un controllo imperniato sul divieto di misure ec-
cessive (Übermaßverbot). In effetti con una pronuncia del 24 ottobre 2002 il tribuna-
le costituzionale tedesco, superando il precedente indirizzo, ha costruito un modello
892   G. SCACCIA

che reca la clausola di esercizio della konkurrierende Gesetzgebung e
quindi è chiaramente riferibile all’attività di produzione normativa.
     Nella prospettiva polarmente opposta, d’altro canto, basta osser-
vare che, per poter autorizzare una sostituzione nell’esercizio dell’at-
tività legislativa, l’art. 120 dovrebbe far riferimento allo Stato, e non
al Governo, e che comunque dovrebbe distinguere, fra i soggetti pas-
sivi del potere sostitutivo, le Regioni e le Province autonome, titolari
della potestà legislativa, dagli altri enti territoriali che di tale potestà
non dispongono. Si potrebbe finalmente soggiungere che la Costitu-
zione ha inteso disciplinare un potere sostitutivo di natura normativa
nel quinto comma dell’art. 117, in relazione all’inadempimento degli
obblighi internazionali e comunitari, sicché, ove si accedesse alla tesi
della sostituzione legislativa anche per l’art. 120, secondo comma, la
parte di esso che autorizza l’intervento governativo «nel caso di man-
cato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa co-
munitaria», sarebbe inutilmente ripetitiva dell’anzidetto art. 117 della
Costituzione12.
     A mio sommesso avviso, in presenza di una disposizione che per
il suo tenore letterale si presta ad accreditare con pari forza persuasi-
va soluzioni interpretative così diverse, dovrebbe risultare decisiva la
considerazione di ordine sistematico che, allorquando la Costituzione
ha conferito poteri normativi primari al Governo, ha sempre ribadito
con la massima enfasi la natura eccezionale del conferimento. La ne-
gazione con cui si aprono gli artt. 76 (L’esercizio della funzione legi-
slativa non può essere delegato al Governo) e 77 (Il Governo non
può, senza delegazione delle Camere) non è frutto di mero accidente
e suggerisce, anzi impone di interpretare le norme costituzionali at-
tributive di poteri normativi al Governo nel senso conforme alla re-
gola secondo la quale esso (soggetto lessicale dell’art. 120 Cost.) non
è abilitato ad esercitare funzioni di rango legislativo se non in pre-
senza di una espressa, inequivoca autorizzazione costituzionale.
Un’autorizzazione che – lo dimostra proprio la divisione registrata in
dottrina circa la definizione dei contenuti del potere sostitutivo –

di verifica giudiziale dei presupposti della konkurrierende Gesetzgebung (sul punto v.
E. BUOSO, L’art. 72, comma 2, GG davanti al Bundesverfassungsgericht, in questa
Rivista 2003, 959 ss.).
      12 Traggono argomento dal coordinamento dell’art. 120, secondo comma, con
l’art. 117, quinto comma, della Costituzione per sostenere che la sostituzione possa
avvenire solo in via amministrativa C. MAINARDIS, I poteri sostitutivi cit., 1392; G.U.
RESCIGNO, Attuazione regionale cit., 735, nt. 10; S. MANGIAMELI, La riforma cit.,
151; A. CORPACI, Revisione del Titolo V cit., 1323; G. VERONESI, Il regime dei poteri
sostitutivi cit., 742; A. RUGGERI, Note minime cit.
IL POTERE DI SOSTITUZIONE IN VIA NORMATIVA 893

non è certo rinvenibile ictu oculi nell’art. 120, secondo comma, della
Costituzione.
    A fondamento della sostituzione legislativa in discorso non varreb-
be neppure invocare l’art. 5 della Costituzione13. La proclamazione
dell’unità e indivisibilità della Repubblica, in effetti, può forse giustifi-
care un recupero delle istanze unitarie che anteriormente alla revisio-
ne del Titolo V si puntualizzavano nella formula sintetica dell’interes-
se nazionale e che oggi paiono piuttosto assumere configurazioni plu-
riformi in diverse disposizioni costituzionali (art. 117, secondo com-
ma, lett. e), m), s); 118, primo comma; 119, quinto comma), ma appa-
re comunque una base costituzionale insufficiente per fondare un atto
con forza di legge non inquadrabile nei tipi che la Costituzione, tassa-
tivamente, definisce. Per poter imporre in via di «interpretazione au-
tentica» dell’art. 120 della Costituzione una soluzione che l’analisi te-
stuale e sistematica non autorizzano a ricavare da esso sarebbe stato
dunque necessario fare ricorso ad una legge costituzionale.
    Sulla scorta dei rilievi finora svolti, è arduo sfuggire alla conclu-
sione che l’art. 8 della legge in commento si esponga a gravi censure
di incostituzionalità, per la parte in cui autorizza interventi sostitutivi
legislativi. Una interpretazione della disposizione che ne limitasse la
portata alla potestà regolamentare, peraltro, non varrebbe a rimuove-
re le ragioni di perplessità che si sono finora evidenziate. L’attribuzio-
ne di una potestà regolamentare «sostitutiva» al Governo contravvie-
ne infatti alla rigida regola di riparto posta nell’art. 117, sesto com-
ma, della Costituzione poiché consente allo Stato di intervenire in
ambiti affidati alla potestà legislativa concorrente o residuale e perciò
riservati dalla Costituzione al regolamento regionale. Quand’anche lo
si voglia limitare al piano regolamentare14, dunque, il potere sostituti-
vo previsto dall’art. 8 introduce comunque una deroga alla disciplina
costituzionale delle competenze che per potersi considerare legittima
richiederebbe un fondamento più saldo di quello offerto dalla poco
perspicua formulazione dell’art. 120 della Costituzione.
    Non meno serie sono, del resto, le perplessità che suscita la disci-
plina del potere sostitutivo, quando si considerino gli effetti sistema-

     13 È questa la tesi sostenuta da G. VERONESI, Il regime dei poteri sostitutivi cit.,
741, che peraltro nega che la base costituzionale della sostituzione in via legislativa
possa essere l’art. 120, secondo comma.
     14 Anteriormente alla revisione del Titolo V della Costituzione, la Corte costitu-
zionale aveva ritenuto legittima la sostituzione in via regolamentare, sia pure defi-
nendo cedevoli le norme statali rispetto a quelle regionali successive (cfr. per tutte le
sentt. n. 81 del 1979 e n. 425 del 1999).
894   G. SCACCIA

tici che essa determina sui delicati equilibri che il Titolo V delinea
nella distribuzione della funzione di produzione normativa fra Stato,
Regioni ed enti locali.
     In presenza di una previsione costituzionale che attribuisce la po-
testà legislativa generale residuale alle Regioni (art. 117, quarto com-
ma), sarebbe irrealistico e ingenuo non attendersi un qualche riequili-
brio a favore dello Stato. È ragionevole supporre, ad esempio, che gli
elenchi delle materie statali siano oggetto di una interpretazione
estensiva, che possa essere valorizzato il ruolo dei titoli di competenza
funzionale, che lo stesso interesse nazionale, solo nominalmente eclis-
satosi sull’orizzonte della riforma, possa riproporsi in forme originali
e secondo inedite modalità di esercizio. Di certo, però, la legge n. 131
del 2003 non sembra offrire al problema la soluzione migliore. L’attri-
buzione al Governo di un potere normativo primario in via sostitutiva
suona infatti come una stabile autorizzazione a derogare agli elenchi
di materie dell’art. 117 della Costituzione. Alla disciplina del riparto
delle competenze legislative viene infatti a sovrapporsi, fino a privarla
di effettività, la clausola di esercizio del potere sostitutivo «legislati-
vo», che consente al Governo di occupare ambiti affidati alla potestà
concorrente o residuale regionale ogni qual volta sia possibile invoca-
re una delle indeterminate esigenze (si pensi alla «unità giuridica ed
economica» o al «pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pub-
blica») indicate nell’art. 120, secondo comma della Costituzione.
     La sostituzione legislativa non potrebbe trovare neppure una giu-
stificazione per così dire «funzionale» nell’esigenza di rimediare alla
rigidità della formula di riparto dell’art. 117, terzo comma, ultima
frase, della Costituzione che preclude, secondo l’opinione prevalente,
l’adozione di normativa di dettaglio cedevole in materie di potestà ri-
partita15. L’esercizio dei poteri sostitutivi, infatti, non è diretto solo

     15 Cfr. P. CARETTI, L’assetto dei rapporti cit., 1223 ss.; G. FALCON, Modello e
transizione nel nuovo Titolo V della Parte seconda della Costituzione, in questa Rivi-
sta 2001, 1247 ss.; F. PIZZETTI, Le nuove esigenze di governance in un sistema poli-
centrico «esploso», in questa Rivista 2001, 1153 ss.; A. D’ATENA, La Consulta parla...
e la riforma del Titolo V entra in vigore, in Giur. cost. 2002, 2027 ss.; S.P. PANUNZIO,
Audizione innanzi alla I Commissione permanente del Senato della Repubblica, in
www.associazionedeicostituzionalisti.it. Nel senso che lo Stato possa tuttora dettare
norme suppletive di dettaglio in materie di potestà ripartita: A. RUGGERI, La riforma
costituzionale del Titolo V e i problemi della sua attuazione, con specifico riguardo alle
dinamiche della normazione ed al piano dei controlli, in AA.VV., Il nuovo Titolo V del-
la parte II della Costituzione: primi problemi della sua attuazione 2002, 51 ss.; L. AN-
TONINI, Sono ancora legittime le normative statali cedevoli? Intorno ad una lacuna
«trascurata» del nuovo Titolo V, in www.associazionedeicostituzionalisti.it.; R. MAN-
IL POTERE DI SOSTITUZIONE IN VIA NORMATIVA 895

ad evitare che i principi fondamentali della legislazione statale siano
resi inoperanti per effetto dell’inerzia regionale nella predisposizione
della normativa di attuazione, ma trova fondamento nell’esigenza di
tutelare interessi (l’unità giuridica o economica, il rispetto dei livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali), che
naturaliter interferiscono su materie affidate alla competenza legislati-
va residuale delle Regioni.
    Per effetto dell’interpretazione che ne fornisce la legge n. 131 del
2003, il potere sostitutivo diviene così la chiave di volta dell’intero
quadro delle competenze legislative, operando, peraltro in un conte-
sto sistematico del tutto disomogeneo, in modo non dissimile dalla
konkurrierende Gesetzgebung dell’esperienza tedesca e con l’ulteriore
aggravante che la possibilità di attivare una competenza legislativa sta-
tale derogatoria della riserva costituzionale di competenza a favore
delle Regioni è affidata al Governo e non, come in Germania, alle As-
semblee rappresentative. Né varrebbe replicare che gli atti di sostitu-
zione legislativa assumono la forma di decreti legge e sono soggetti, in
quanto tali, a conversione: in assenza di una Camera rappresentativa
delle entità regionali, è lecito supporre che i rischi di un abuso dello
strumento in funzione antiautonomista sarebbero molto elevati16.
    Anche a tacere della sua illegittimità formale, insomma, la trasfi-
gurazione della disciplina costituzionale della sostituzione ammini-
strativa in un meccanismo generale di riallocazione politica delle
competenze legislative non appare la soluzione più adatta a contem-
perare ragionevolmente, nel rinnovato assetto del regionalismo italia-
no, istanze autonomistiche e interessi unitari.

FRELLOTTI, La sussidiarietà nella riforma del Titolo V della Costituzione: dal dibattito
politico alle soluzioni normative. Riflessi sul sistema delle fonti, in AA.VV., Il diritto
costituzionale comune europeo. Principi e diritti fondamentali, Napoli 2002, 352 ss.
Dubitativamente L. ELIA, Introduzione cit., 7 ss., 14; R. BIN, Le potestà legislative re-
gionali dalla Bassanini ad oggi, in A. RUGGERI, G. SILVESTRI (a cura di), Le fonti del
diritto regionale alla ricerca di una nuova identità: seminario di Messina, 6 aprile
2001, Milano 2001, 141-142; B. CARAVITA DI TORITTO, La Costituzione dopo la rifor-
ma del Titolo V, Torino 2002, 90 ss.; M. OLIVETTI, Le funzioni legislative regionali, in
T. GROPPI, M. OLIVETTI (a cura di), La Repubblica delle autonomie cit., 93-94; M.
CARLI, I limiti alla potestà legislativa regionale, in questa Rivista 2002, 1357 ss., il
quale propone di corredare la legge cornice statale di una delega al Governo a porre
la normativa di dettaglio nel caso in cui entro un certo termine, variabile a seconda
della complessità della materia, le Regioni non abbiano legiferato.
      16 Rischi che avverte, del resto, lo stesso E. GIANFRANCESCO, Il potere sostituti-
vo cit., 240, pur propenso a riconoscere la legittimità di una sostituzione normativa
con decreto legge.
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