MARIA MONTESSORI E BISOGNI SPECIALI GIUSTIZIA - Paola Trabalzini a cura di - LinaFurfaro.it
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MARIA MONTESSORI GIUSTIZIA E BISOGNI SPECIALI a cura di Paola Trabalzini Edizioni Opera Nazionale Montessori
Indice Introduzione 5 Paola Trabalzini La Early Child Education tra paradigmi di ricerca e politiche educative 7 Gabriella Agrusti Giustizia «educativa» e bambino «universale» 21 nella pedagogia montessoriana Giuseppe Tognon Ellen Key e Maria Montessori nel rinnovamento 39 della pedagogia del Novecento Tiziana Pironi Maria Montessori giustizia e bisogni speciali Il bambino tra deviazioni psichiche e processo di normalizzazione 51 a cura di Raniero Regni Paola Trabalzini Montessori, disabilità e disagio sociale: 63 © Edizioni Opera Nazionale Montessori ritorno alle origini con uno sguardo al presente via di San Gallicano 7 - 00153 Roma Paola Trabalzini Tel. 06584865 - fax 065885434 www.montessori.it info@montessori.it La proposta educativa montessoriana 79 per l'inclusione scolastica di bambini con DSA Il volume è pubblicato con il contributo dell'Università LUMSA di Roma, Ingeborg Mueller-Hohagen Gruppo di Ricerca “Early Childhooh Education. Il caso Montessori e la pedagogia italiana dell'infanzia”. Montessori e DSA: risultati di una prima ricerca 89 Annamaria Bianconi Il volume è stato sottoposto a doppio referaggio anonimo. In copertina Maria Montessori in occasione Il metodo Montessori e le difficoltà nella lettura 97 della Laurea Honoris Causa, Università di Durham, 1923. Silvia Dubovoy, Annabeth Jensen Copertina e grafica: Massimo Novelli Metacognizione e psicopedagogia Montessori: motivi di riflessione 119 Stampa: Legatoria BVP - Città di Castello (PG) Nicoletta Rosati ISBN: 9788888227450 La formazione Montessori in Cina: un’esperienza 131 Tutti i diritti riservati. Anna Allerhand Vietata la riproduzione con qualsiasi mezzo effettuata se non previa autorizzazione dell’Editore. Usi di storia e questioni lessicali: 139 il cambiamento della scuola e le sue rappresentazioni Vincenzo Schirripa
Maria Montessori, giustizia e bisogni speciali Usi di storia e questioni lessicali: il cambiamento della scuola e le sue rappresentazioni Vincenzo Schirripa Ricercatore di Storia dell’educazione, Università LUMSA Roma Quale storia, quale lessico in un anno di dibattito Le sorti della scuola sono state discusse, lungo tutto il 2017, con una certa ani- mazione. Con il cinquantesimo anniversario della morte di don Lorenzo Milani e del- l’uscita di Lettera a una professoressa (1967) ha ripreso consistenza un filone polemico sulla “scuola di una volta” e sulla sua presunta decadenza di cui è ormai possibile ricostruire (Roghi, 2017 ma anche, “dall’interno”, Mastrocola, 2017) una genealogia piuttosto cristallizzata (cfr. almeno Milner, 1984; Russo, 1998; Mastro- cola, 2004). Una lettera aperta del 4 febbraio (Gruppo di Firenze, 2017) ha raccolto numerose e qualificate sottoscrizioni pronunciandosi Contro il declino dell’italiano a scuola; ne è seguita fra l’altro una singolare chiamata in causa di Tullio De Mauro (Galli della Loggia, 2017), scomparso appena un mese prima, il 5 gennaio. Il tema è riemerso in più occasioni finché, a dicembre, un Appello per la scuola pubblica (Ca- rosotti et al., 2017) ha raccolto centinaia di adesioni a partire dalla distinzione fra un’idea di scuola delineata dalla Carta costituzionale e un suo processo di destruttu- razione orientato in senso economicista. Il documento pone in termini un po’ liqui- datori alcune questioni didattiche, discutendole a partire dai loro fraintendimenti più diffusi (cui documenti ministeriali e altre fonti autorevoli dei saperi professionali e dei doveri amministrativi dei docenti non sono estranee) ma senza riconoscerli come tali, prendendoli invece sul serio come riferimenti polemici; offre, al di là delle inten- zioni, un utile inventario degli equivoci e ha suscitato fra i suoi stessi fautori alcune proposte di integrazione. Le richieste dell’appello consistevano, fra l’altro, in una mo- ratoria sull’obbligo di compiere percorsi di alternanza scuola lavoro nell’ambito del- l’istruzione superiore, sull’insegnamento di contenuti disciplinari in lingua straniera (Clil), sull’uso dei dispositivi Invalsi per la valutazione degli esiti scolastici. I due appelli possono essere presi come estremi cronologici di un dibattito che, al netto delle sfumature attraverso le quali ciascuno ha eventualmente valutato la propria adesione individuale, ha evidenziato come minimo qualche difficoltà fra i va- riamente addetti ai lavori nel trovare un linguaggio comune e, di conseguenza, nel 139
Maria Montessori, giustizia e bisogni speciali Maria Montessori, giustizia e bisogni speciali comunicare fra di loro e con la pubblica opinione. dinanza vs. scuola per il mercato, tanto per richiamarne alcune. Ci si può spingere Man mano che la discussione si protrae, la scuola appare infatti sempre più come oltre, chiedendosi le ragioni della difficoltà di tradurre un patrimonio di esperienze quel pachiderma di cui leggiamo nel Canone pali (Udana VI, 4): il racconto, classifi- laboratoriali, di cui anche il paesaggio educativo italiano è ricco, in termini tali da cato secondo il sistema Aarne, Thompson e Uther al n. 1317, The Blind Men and the rendere più esplorativo, più adatto a prefigurare scenari diversi, più competente il Elephant, ha numerose varianti. I protagonisti della parabola, o perché ciechi o perché nostro confrontarci pubblicamente sulla scuola. tratti a toccare l’elefante in un ambiente buio, si convincono ciascuno di una imma- gine dell’intero animale costruita a partire dalla propria particolare esperienza: l’ele- La scuola raccontata dagli insegnanti riformatori fante è simile a una colonna per chi ne ha tastato le zampe, a una fune per chi ne ha avuto in mano la proboscide e così via. Nella versione più nota – quella raccolta da Non è facile trasferire il fermento di tante esperienze pedagogiche che animano Tolstoj – i ciechi, chiamati dal re a descrivere l’elefante, finiscono per accapigliarsi: il nostro paesaggio educativo nel confronto pubblico fra diverse visioni della scuola: tutti hanno ragione, a modo loro, ma prendere atto della parzialità del proprio punto forse per la resistenza con cui certe modalità di dibattito (“maschili”, se vogliamo: di vista e dell’utilità di quello altrui non è un’operazione immediata. Formenti, 2009, p. 327), da cui abbiamo saputo almeno iniziare a prendere le distanze Allo stesso modo alcune affermazioni apodittiche caratterizzanti l’una o l’altra presa nel lavoro educativo e sociale, continuano a sembrarci ancora le più congruenti di posizione sulle sorti della scuola tradiscono una certa difficoltà a trattarla come va quando il confronto si sposta sul piano della politica (Sclavi, 2016). È un aspetto che trattato un oggetto complesso. Certo, strumenti di espressione e mobilitazione come va al di là dei limiti di queste pagine: sia sufficiente in proposito il riferimento alle ri- l’appello o la lettera aperta tendono per loro natura a polarizzare le questioni. D’altra flessioni e alle pratiche del movimento di “autoriforma gentile” della scuola (Cosen- parte può indurre alla prudenza (e alla curiosità) la constatazione che il nostro è uno tino, 2016; Armellini, Cosentino, Lelario, 1998). Non sarà superflua invece, di fronte sguardo di osservatori scolarizzati, esposti in quanto tali alle suggestioni, variamente ai sintomi di consunzione ormai evidenti che la parola “riforma” dimostra, una pre- orientate, che caratterizzano questa potente esperienza di socializzazione. Certe riela- cisazione terminologica. La realtà si è ampiamente occupata di ridimensionare tante borazioni mitopoietiche sulla serietà della scuola di un tempo possono essere accolte velleità di riformare dall’alto o dall’esterno, senza il consenso e l’investimento pro- o respinte in blocco oppure, in modo forse più proficuo, interrogate in questa pro- attivo di tutti gli attori interessati, sistemi complessi come quelli scolastici. Gli ultimi spettiva: il prestigio dell’istituzione scolastica, che è sempre incombente anche e a governi a utilizzare il termine “riforma” ne hanno più che altro ricavato l’effetto di maggior ragione quando sosteniamo che sia venuto meno, si presta a proiezioni re- coagulare contro un bersaglio identificabile motivi eterogenei di opposizione, come trospettive cui rischiamo di riconoscere troppo facilmente dignità di storia, anche del resto erano eterogenei i provvedimenti assunti (Pazzaglia, 2016; Tocci, 2015). quando rispondono più che altro a nostri bisogni di autorappresentazione collettiva. Nel vocabolario comune agli insegnanti “riforma” si riferisce ormai per lo più all’ac- L’abuso di storia che caratterizza certe costruzioni polemiche (Roghi, 2017) può canirsi, coerente o casuale, dei poteri ministeriali sul corpo di una scuola esausta. sollecitare domande stimolanti su quale sapere storico sia più vantaggioso coltivare Gioverebbe invece tornare al termine riforma per riferirsi al potere dell’insegnante, per rispondere ai bisogni degli educatori e di un sempre più largo uditorio interessato che ne sia cosciente o meno, e ancor meglio degli insegnanti organizzati collettiva- all’educazione e alla cura dell’età evolutiva, alla cui attenzione il mercato dei prodotti mente, di determinare sul campo le politiche scolastiche vigenti: utilizzando spazi di culturali (non senza implicazioni predatorie: Laffi, 2014) non fa mancare un’offerta discrezionalità che restano nonostante tutto piuttosto ampi, sono gli insegnanti a di diseguale qualità. Chi studia storia dell’educazione può trarne considerazioni molto dare corpo, volto e voce all’istituzione scolastica, determinando le azioni e le posture convenienti pro domo sua. L’inadeguatezza di analisi formulate in termini di aut-aut, attraverso le quali le parole d’ordine della pedagogia accademica, ministeriale o mi- che appaiono tanto più insoddisfacenti quanto più lo sguardo si allarga sulla varietà litante vengono incarnate e sviluppate o assimilate e neutralizzate. di fattori che diversificano i sistemi educativi e delle domande che, in ultima analisi Non si tratta solo dell’allineamento fra forme dell’azione educativa e sociale e quasi tutte legittimamente, urgono sull’istituzione scolastica, risalta ancora di più forme del confronto politico, che è un problema generalmente avvertito dagli inse- alla luce di un approccio diacronico. Uno sguardo ai processi di scolarizzazione così gnanti disponibili a percepirsi, secondo la formula freiriana di H. A. Giroux (1985), come si sono manifestati nel tempo induce a declinare in termini meno netti certe «as transformative intellectuals». I contesti educativi scontano una separatezza dal- formule binarie che si sono lette o rilette in questi mesi: istruzione di qualità vs. in- l’esterno che è condizione necessaria perché la soggettività di chi vi partecipa possa clusione sociale, contenuti disciplinari vs. metodologia didattica, scuola per la citta- svilupparsi al riparo da troppe attenzioni. Chi lavora con la prima infanzia, soprattutto 140 141
Maria Montessori, giustizia e bisogni speciali Maria Montessori, giustizia e bisogni speciali attraverso il filtro della sensibilità montessoriana, ne è ben consapevole. La natura si esprime, più che nella narrativa, nel rapporto fra impegno politico e ricerca storico quasi iniziatica del “noviziato” dell’educatore montessoriano (Pironi, 2014), fondato educativa in ambito accademico. sull’osservazione, sull’ascolto e su un percorso autoriflessivo ininterrotto, ha a che Non si presta ad essere inquadrato in questo filone, per ragioni intrinseche e per fare anche con l’apprezzamento delle soglie attraverso le quali un ambiente viene la complessità della sua ricezione, la Lettera a una professoressa (1967) degli allievi istituito come contesto educativo. Se vi è una soglia oltre la quale quel che un gruppo di don Lorenzo Milani, da leggersi alla luce di Esperienze pastorali (1957). Sul terreno di giovani fa con uno o più adulti è scuola, l’educatore è sollecitato a collocarsi in che questi autori circoscrivono dall’esterno (Milani) o dall’interno si distinguono con- modo congruente sia all’interno che all’esterno: egli impara dall’esperienza a sele- tributi in cui la scuola è laboratorio di una socialità artificiale rappresentativa del zionare modalità di presenza e di azione più pertinenti all’uno o all’altro contesto. Ciò mondo intorno, occasione perché l’insegnante possa interrogare, descrivere, solle- non implica che sia anche in grado di raccontarlo. Rappresentare in modo intellegibile citare il cambiamento di ambienti sociali per lui estranei. Prendono vita dalla sua all’esterno quel che avviene dentro un ambiente scolastico può richiedere una me- marginale ma non brevissima (1949-1957) esperienza di maestro le Cronache sco- diazione narrativa complessa. lastiche di Leonardo Sciascia, che con altro titolo escono in volume nel 1956. Le Sottoinsieme di una vastissima narrativa a tema scolastico, c’è un filone letterario parrocchie di Regalpetra assumono la scuola come pretesto per un sondaggio nel- che meglio rappresenta la ricerca che diversi insegnanti hanno intrapreso per rispon- l’Italia profonda che rientra in un canone consolidato – ed è nelle corde del catalogo dere alla propria esigenza di esplorare, come ha ricordato De Mauro (2004) in una dell’editore Laterza – ma soprattutto anticipa i temi della sua futura produzione come prefazione a una duplice riedizione di Albino Bernardini (1968), «un modo nuovo di se questa, scriverà egli stesso in Premessa a un’edizione successiva (1967), potesse porsi nella scuola e della scuola nella società». Il fiorire di una simile letteratura pe- tutta ricondursi a un unico «libro sulla Sicilia […] che viene ad articolarsi come la dagogico narrativa (Meirieu, 2011, p. 21) è concepibile soprattutto dalla seconda storia di una continua sconfitta della ragione e di coloro che nella sconfitta furono metà dell’Ottocento. Si tratta di un effetto collaterale del costituirsi dei professori personalmente travolti e annientati». Resta nel solco della tradizione meridionalista come vasta categoria sociale che, a fronte di stipendi non particolarmente generosi il Diario di una maestrina di Maria Giacobbe, che esce l’anno successivo (1957) per e di condizioni di lavoro a volte più agevoli, altre volte decisamente disagiate, ha po- lo stesso editore con prefazione, per l’appunto, di Umberto Zanotti Bianco: anche tuto disporre di una certa istruzione e di una relativa disponibilità di tempo: l’una e qui la voce narrante si fa acuta osservatrice di ambienti e dinamiche sociali nella Sar- l’altro sono state talvolta investite in varie forme di lavoro intellettuale che muove degna interna; il fare della maestra in aula viene dato per lo più per scontato. Con dalla scuola, descrivendone spesso limiti e sconfitte, utilizzandola raramente come Un anno a Pietralata di Albino Bernardini (1968) abbiamo invece qualche occasione teatro di una propria pedagogia e, più facilmente, come osservatorio privilegiato sulla in più per osservare il farsi del suo mestiere di maestro nell’urto con un sottoprole- società. tariato urbano che mette in tensione la sua moralità professionale e la sua soggettività Nel caso italiano un periodo particolarmente significativo è il secondo dopo- di osservatore partecipante: quasi un ponte fra diversi modi possibili di raccontare guerra. Una stagione che si apre con la pubblicazione einaudiana de I quaderni di la scuola e la città. San Gersolè (1959), successiva di qualche anno al fiorire della scuola della maestra In questo filone – la scuola raccontata dagli insegnanti militanti – la scelta di met- Maria Maltoni come caso pedagogico. L’intervento di Gigliola Venturi e il contenuto tere in scena uno sguardo impegnato sulla società e, in minor misura, sulla propria della prefazione di Italo Calvino, che sottrae alla retorica e restituisce a una didattica pedagogia porta con sé esiti a metà strada fra il saggistico e il narrativo. A questo il lavoro della maestra sull’osservazione e sul lessico dei bambini, potrebbero bastare quadro, per quanto abbozzato, non deve mancare un cenno ad alcuni contributi di a fornire le coordinate culturali in cui si colloca la sua rilettura. A farne quasi un uni- tutt’altro tenore. Senza muovere da intenti di riforma dell’istruzione o della società cum contribuisce il suo carattere di raccolta di materiale didattico – scritti e disegni scolastica, vi sono autori che approdano a descrizioni insostituibili dell’ecosistema dei bambini – assurta a libro di larga diffusione. Da una più articolata esperienza di scolastico, delle relazioni umane che lo innervano, persino del rapporto fra retoriche associazionismo professionale riformista scaturisce la produzione di Mario Lodi a pedagogiche, cultura organizzativa e costume professionale: è il caso de Il maestro partire dal racconto Cipì (1961) e da I quaderni di Piadena (1962). Lodi fa parte del di Vigevano (1962), ambientato in un angolo della operosa provincia lombarda (og- freinetiano Movimento di cooperazione educativa, come Bernardini, come Alberto getto di una trilogia di romanzi: Il calzolaio di Vigevano, 1959; Il meridionale di Vi- Manzi, come Arturo Arcomano: in quest’ultimo caso l’incontro di un maestro del Sud gevano, 1964) ricco di piccole fabbriche a conduzione familiare. Lucio Mastronardi con una rete nazionale e internazionale di impegno per il rinnovamento della scuola lascia i bambini decisamente sullo sfondo nel descrivere la disfatta morale del pro- 142 143
Maria Montessori, giustizia e bisogni speciali Maria Montessori, giustizia e bisogni speciali tagonista e le miserie, molto più che gli splendori, di un aggregato depresso e cinico del modo in cui parole e teorie diventano pratiche e relazioni, offrono una rappre- di docenti spiazzati dallo scarso riconoscimento sociale mentre cresce loro attorno sentazione incisiva attraverso la leva dell’umorismo (Fillioley, 2016, che fra le righe il benessere volgarmente ostentato di un piccolo mondo ansioso di lasciarsi la po- cita Bateson) o della satira (Raimo, 2015). In quest’ultimo ritrovo, ripresa caricatu- vertà dietro le spalle. ralmente, l’immagine del professor Keating che sale sui banchi in L’attimo fuggente L’elenco potrebbe continuare e l’analisi dovrebbe spingersi oltre, fino a dar conto (Dead poets society, USA 1989). L’ambigua fortuna di questo film spiega meglio di della ricchezza di esperienze cui diede luogo il dialogo degli insegnanti con queste tanti esempi in quali trappole possa esser caduta tanta parte del potenziale riforma- fonti. In questo canone così rapidamente tratteggiato si possono rintracciare gli an- tore degli insegnanti senza riferimenti che potessero sostenerne l’orientamento al- tecedenti di diversi tentativi di rappresentare la scuola (e la sua crisi) nei decenni im- l’innovazione; in quali debolezze si vadano impantanando molti propositi di riforma mediatamente successivi. Occorrerebbe una periodizzazione adeguata a mettere in dall’alto e dal basso; su quali fondamenti paradossali abbia tratto consenso un’opi- relazione queste rappresentazioni con i termini del dibattito sui sistemi d’istruzione nione progressista che mette la pedagogia sul banco degli imputati in nome della a cavallo fra XX e XXI secolo. Da un altro punto di vista, c’è da interrogarsi sulla cir- scuola di tutti. L’ambizione di ripensare la scuola fa parte del corredo etico e moti- colazione di questa narrativa fra gli insegnanti e sul suo utilizzo in contesti di aggior- vazionale degli insegnanti; lasciata alle sue implicazioni contraddittorie può manife- namento professionale, come mi è capitato di sperimentare proponendo una lettura starsi in forme velleitarie (Scotto di Luzio, 2013) che non lasciano sprovviste di strutturata di questi libri in gruppi di docenti che hanno scelto di costruirvi attorno qualche fondamento sensato le critiche, “da destra” o “da sinistra”, all’innovazione occasioni di riflessività professionale. pedagogica sic et simpliciter. Anche questo è un risvolto della distanza che resta fra i termini del dibattito pub- Senso comune pedagogico e pubblica opinione blico, la cultura professionale degli insegnanti e la ricchezza di alcune tradizioni pe- dagogiche le cui soglie di accesso pongono intrinseche carenze di comunicabilità. L’isolamento sperimentato da molti insegnanti che in questi anni hanno coltivato Non si tratta solo di attrezzarsi per intercettarne i segnali più tenui: sarà altrettanto una prospettiva proattiva di cambiamento nella scuola ha alcuni risvolti curiosi. So- necessario un approccio in grado di ricomprendere, come parte della stessa storia, prattutto quando alcune loro intuizioni, pratiche e parole d’ordine sono state assunte fraintendimenti e meccanismi assimilatori con cui la nostra cultura professionale dalla retorica ministeriale attraverso la curiosità di intermediari intelligenti, l’osmosi consolidata metabolizza, minimizzandone le dissonanze, i dati che potrebbero met- con la pedagogia accademica o l’influenza di ambienti esterni all’istituzione scolastica: terla in discussione. in quest’ultimo caso gli effetti sono ancor più paradossali. Un esempio fra tanti: il La necessità di coltivare un mutamento nel costume pedagogico diffuso come fatto che il mercato, per così dire, abbia trovato utile occuparsi di gestione dei conflitti condizione di sostenibilità del lavoro di poche avanguardie educative è tema radicato o di comunicazione non violenta, a lungo ambiti di nicchia nelle scienze umane e nel pensiero illuminista e ben presente alla pedagogia otto e novecentesca. È parti- nella pratica pedagogica, ha aperto a queste prospettive strade sicuramente più colarmente esplicito in Montessori, come risulta comprensibile se ne contestualiz- ampie, probabilmente più eterodosse, ma ne ha anche esposto i cultori all’accusa di ziamo il pensiero nel quadro dei fenomeni culturali di massa e dell’alfabetizzazione intelligenza col nemico. È comprensibile che nel lavoro educativo strumenti e para- scolastica tendenzialmente universale che vi è strettamente connessa. L’arcipelago digmi “nuovi” (che di solito lo sono molto meno di quanto comunemente si creda), del rinnovamento educativo che si sviluppa nell’Europa a cavallo del Novecento e quando si affermano e vengono accreditati, subiscano traduzioni infedeli. Spesso nell’entre-deux-guerres è strettamente legato a questi presupposti, sia che intenda vengono semplicemente applicati su larga scala secondo schemi operativi che non rinnovare la scuola dall’interno sia che ambisca a modificarla dal di fuori. Gli sviluppi possono farli funzionare, che non mobilitano ma frustrano l’attivazione degli inse- e la ricezione del pensiero di Maria Montessori appartengono, in un modo del tutto gnanti necessaria a svilupparle. Per non dire della voracità con cui il senso comune peculiare ma non isolabile dal suo contesto, a una stagione relativamente circoscritta pedagogico fa proprio il lessico dell’innovazione, vestendone le posture più consuete della storia dell’educazione in cui l’allargamento tendenzialmente universale della e consumando fino all’osso il significato delle parole: ne aveva scritto con felice leg- scolarizzazione si combina con le dinamiche tipiche della cosiddetta società di massa. gerezza Frassineti (1989). Anche fra i libri degli ultimi anni, accanto a contributi che Ne deriva fra l’altro un più articolato gioco di specchi fra teorici, addetti ai lavori si pongono esplicitamente sul solco della tradizione della cooperazione educativa (sempre più numerosi e qualificati) e una opinione pubblica più largamente interes- (Lorenzoni, 2014), ve ne sono altri che di quel che avviene negli ecosistemi scolastici, sata dai problemi dell’educazione e della scuola. In più occasioni (ad esempio nel 144 145
Maria Montessori, giustizia e bisogni speciali Maria Montessori, giustizia e bisogni speciali passaggio di Il segreto dell’infanzia ripreso da ultimo in Montessori, 2014) l’autrice Frassineti A. (2014). Storia del Movimento di cooperazione civica. In Id. Vita vita vita. Edizioni dell’Asino: torna su un tema chiave comune a tanta letteratura pedagogica novecentesca: con Roma. Galli della Loggia E. (2017). La disfatta della lingua italiana (c’entra anche Tullio De Mauro). «Corriere parole non sue, potremmo definirlo il tema della società competente. È come se vi della Sera», 7 febbraio 2017. fosse un triangolo che vede a un vertice la soggettività del bambino, riconosciuto Giacobbe M. (1957). Diario di una maestrina. Laterza: Bari. nella sua competenza come autore del proprio percorso di vita. A un secondo vertice Giroux H. A. (1985). Teachers as Transformative Intellectuals. «Social Education», n. 5, pp. 376-79. possiamo far corrispondere l’educatore. Si tratta, come sappiamo, di un educatore Gruppo di Firenze (2017). Contro il declino dell’italiano a scuola. Lettera aperta di 600 docenti universitari. Gruppodifirenze.blogspot.it. iniziato, forte di un tirocinio di osservazione e di ascolto che imprime marcati caratteri Laffi S. (2014). La congiura contro i giovani. Crisi degli adulti e riscatto delle nuove generazioni. Feltrinelli: di professionalizzazione alla sua relazione con i bambini. E che gli offre cornici inter- Milano. pretative non banali per osservarsi in situazione e per rappresentare contesti culturali Lodi M. (1963). C’è speranza se questo accade al Vho. Pagine di diario. Edizioni Avanti!: Milano. altri: possiamo leggerne un saggio nel diario della maestra Lina Sarri (2016), inviata Lodi M. (1970). Il paese sbagliato. Diario di un’esperienza didattica. Einaudi: Torino. Lorenzoni F. (2014). I bambini pensano grande. Cronaca di una avventura pedagogica. Sellerio: Palermo. dall’Animi in Calabria negli anni della Grande guerra. Maltoni M. (1959). I quaderni di San Gersolè. Einaudi: Torino. Al terzo vertice c’è un contesto culturale, sociale e storico che è interlocutore pri- Mastrocola P. (2004). La scuola raccontata al mio cane. Guanda: Parma. vilegiato della teoria montessoriana sull’infanzia. Come altri ma con particolare inci- Mastrocola P. (2011). Togliamo il disturbo. Saggio sulla libertà di non studiare. Guanda: Parma. sività, l’autrice mette a fuoco una condizione senza la quale né l’approccio educativo Mastrocola P. (2017). Uscire dal donmilanismo. «Il Sole 24 ore», 26 marzo 2017. Mastronardi L. (1962). Il maestro di Vigevano. Einaudi: Torino. più illuminato, né il sapere professionale più raffinato possono consolidare nuovi Meirieu Ph. (2004). Faire l’Ecole, faire la classe. ESF: Paris. Tr. it. (2014). Fare la scuola, fare scuola. De- equilibri dinamici: nessun rinnovamento della scuola, su questo i testi sono espliciti, mocrazia e pedagogia. FrancoAngeli: Milano. né dell’educazione familiare costituisce una conquista stabile senza un profondo mu- Milani L. (1957). Esperienze pastorali. Libreria editrice fiorentina: Firenze. tamento del modo socialmente convenuto di guardare ai bambini, del costume e del Milani L. (2017). Tutte le opere. Dir. A. Melloni. (a cura di F. Ruozzi, A. Carfora, V. Oldano, S. Tanzarella). 2 voll. Mondadori: Milano. linguaggio, del senso comune pedagogico. Questo modo di inquadrare le condizioni Milner J.C. (1984). De l’école. Seuil: Paris. contestuali dell’educazione chiama in causa il sapere professionale degli operatori: Montessori M. (2014). Impariamo dai bambini a essere grandi. Garzanti: Milano. chiede loro di farsi carico della separatezza del sistema culturale in cui operano e dei Pazzaglia L. (2016). La buona scuola. Una riforma incompiuta?. La Scuola: Brescia. relativi conflitti. Questo sapere professionale può essere rielaborato in modo tale da Pironi T. (2014). Maria Montessori e la formazione degli insegnanti per una nuova scuola. «Metis. Mondi educativi. Temi indagini suggestioni», a. IV, n. 2. risultare leggibile anche all’esterno, favorendo una presa di coscienza socialmente Pontecorvo C., Fatai A., Stancanelli A. (a cura di) (2016). È tempo di cambiare. Nuove visioni dell’inse- diffusa, a condizione di assumere, in una prospettiva dialogica, che l’interlocutore gnamento/apprendimento nella scuola secondaria. Valore italiano: [Roma]. sia in grado di comprendere i fenomeni educativi. Raimo Ch. (2015). Tranquillo prof, la richiamo io. Einaudi: Torino. Raimo Ch. (2017). Tutti i banchi sono uguali. La scuola e l’uguaglianza che non c’è. Einaudi: Torino. Bibliografia Roghi V. (2017). La lettera sovversiva. Da don Milani a De Mauro, il potere delle parole. Laterza: Roma- Arcomano A. (2013). Scuola e società nel Mezzogiorno. Clueb: Bologna. Bari. Armellini G., Cosentino V., Lelario A. (1998). Buone notizie dalla scuola. Fatti e parole del movimento di Russo L. (1998). Segmenti e bastoncini. Dove sta andando la scuola? Feltrinelli: Milano. autoriforma. Pratiche: Milano. Sarri L. (2016). Diario Annuale 1816-1818 Ferruzzano. (a cura di L. Furfaro). Brumar: Bovalino. Bateson G. (1972). Steps to an ecology of mind. Ballantine Books: New York 1972. Tr. it. (2013). Verso Schön D. (1983). The reflective practitioner. How professionals think in action. Basic books: New York. un’ecologia della mente. Adelphi: Milano. Sciascia L. (1956). Le parrocchie di Regalpetra. Laterza: Bari. Bernardini A. (1968). Un anno a Pietralata. La Nuova Italia: Firenze. Sclavi M., Giornelli G. (2014). La scuola e l’arte di ascoltare. Feltrinelli: Milano. Carosotti G. et al. (2017). Appello per la Scuola Pubblica. Un documento sulla Scuola e sull’Istruzione. Sclavi M. (2016). Per un approccio sperimentale al governo della società. A partire dalla scuola. «Sentieri Da leggere, pensare e sottoscrivere. Sites.google.com/site/appelloperlascuolapubblica. urbani», a. VIII, n. 21, pp. 44-47. Colombo M. (2017). Gli insegnanti in Italia. Radiografia di una professione. Vita e pensiero: Milano. Scotto di Luzio A. (2013). La scuola che vorrei. Bruno Mondadori: Milano. Cosentino V. (2016). Scuola: sembra ieri, è già domani. L’autoriforma come trasformazione della vita Scuola di Barbiana (1967). Lettera a una professoressa. Libreria editrice fiorentina: Firenze. pubblica. Moretti e Vitali: Bergamo. Tocci W. (2015). La scuola, le api e le formiche. Come salvare l’educazione dalle ossessioni normative. De Mauro T. (2004). Prefazione ad A. Bernardini. Un anno a Pietralata. La scuola nemica. Ilisso: Nuoro. Donzelli: Roma. Fillioley M. (2016). Lotta di classe. Diario di un anno da insegnante in prova. Minimum fax: Roma. Formenti L. (2009). Epilogo. In Id. (a cura di). Attraversare la cura. Relazioni, contesti e pratiche della scrittura di sé. Erickson: Gardolo. 146 147
Finito di stampare nel mese di febbraio 2018 presso la Legatoria BVP - Città di Castello (PG).
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