L'ISTAT racconta Disneyland

Pagina creata da Gaia Genovese
 
CONTINUA A LEGGERE
L'ISTAT racconta Disneyland
L’ISTAT racconta Disneyland

16 dicembre 2011

Dal sito ISTAT:
Condizioni di vita dopo la separazione Le donne che hanno vissuto una separazione
hanno un rischio di povertà più alto (24%) degli uomini (15,3%)
Periodo dei dati: Anno 2009
Data di pubblicazione: mercoledì 7 dicembre 2011
Argomento: Popolazione
Tipo di documento: Comunicato stampa

Proviamo ad analizzare gli ultimi dati pubblicati dall’ISTAT
Il documento in versione integrale http://www.istat.it/it/archivio/47539 non chiarisce il
campione utilizzato per le rilevazioni. Viene citato il dato complessivo delle persone
interessate da separazioni e divorzi (3.115.187), ma non quanti di questi tre milioni ed oltre
siano oggetto della ricerca.
Inoltre, diversamente dalla consuetudine ISTAT, non sono attualmente reperibili sul sito
merito e metodo dell’indagine: non è noto quindi nemmeno lo strumento utilizzato, vale a
dire se siano state analizzate le misure erogate in tribunale, un questionario cartaceo,
delle interviste telefoniche o altro. La differenza è sostanziale
In caso di analisi delle misure previste in sentenza si hanno dati certi, oggettivi e
verificabili; in caso di interviste telefoniche ci si deve invece limitare a dati soggettivi, privi
di qualunque riscontro.
Il campione numerico è un’altra caratteristica essenziale per valutare l’attendibilità di
qualsiasi dato statistico. L’Istituto non specifica di aver analizzato milioni di sentenze,
centinaia di migliaia di questionari, decine di migliaia di interviste. L’unico dato reperibile si
evince da alcuni prospetti, in cui compare più volte la dicitura stima corrispondente ad una
numerosità campionaria fra le 20 e le 49 unità.

Una forbice compresa fra 20 o 49 unità, con una media di 35, rapportata al totale di oltre
tre milioni di individui, costituisce la percentuale dello 0,001%.
Francamente un po’ poco per identificare nell’intero Paese le condizioni di vita dopo la
separazione.
Un esiguo gruppetto di persone che oscilla al di sotto dei 50 somiglia ad una riunione di
condominio, non certo ad un campione rappresentativo della popolazione italiana.
Potrebbe andare bene per una ricerca scolastica di IV elementare, dal colosso ISTAT è
lecito attendersi di più.
Inoltre non è dato di sapere quale sia il campione non compreso nella forbice 20-49.
Il totale è estremamente dettagliato, l’ISTAT parla di 3.115.187 persone, non di “circa 3
milioni”.
L'ISTAT racconta Disneyland
Però non c’è una sola riga che specifichi quanti cittadini e cittadine siano stati oggetto di
indagine, oltre la nicchia 20-49.

Sarebbe interessante sapere come l’ISTAT è riuscita a rilevare tali dati.
Come già detto, sul sito non c’è nulla di direttamente riferibile alla pubblicazione condizioni
di vita dopo la separazione, classificata come comunicato stampa.
Con una accurata e complessa ricerca, tuttavia, è possibile risalire ad altre pubblicazioni
ISTAT che potrebbero avere avuto dei riflessi sul comunicato stampa del 7 dicembre.

Il documento Geo Demo ISTAT, Demografia in Cifre con 50 tavole pdf, scaricabile al link
http://demo.istat.it/altridati/separazionidivorzi/index.html

L’indagine europea “Statistics on Income and Living conditions" (Eu-Silc), un documento di
191 pagine scaricabile in versione integrale al link
http://www3.istat.it/dati/catalogo/20081013_02/

un sunto dell’indagine Eu-Silc Indagine sulle condizioni di vita 2009, scaricabile al link
http://siqual.istat.it/SIQual/visualizza.do?id=5000170
con i links di 4 questionari scaricabili
SILC/09/FAM per la replicazione del 21/09/2009                21 pagine
SILC/09/IND per la replicazione del 21/09/2009                45 pagine
SILC/09/REG per la replicazione del 21/09/2009                 7 pagine
SILC/09/RIL per la replicazione del 21/09/2009                 1 pagina

Visto il riferimento al 2009 è presumibile – ma non viene espressamente citato, quindi non
è certo – che alcuni dati dell’indagine Eu-Silc siano serviti a dedurre le proiezioni da cui
prende vita il comunicato stampa del 7 dicembre 2011.
Nemmeno nelle 191 pagine del file pdf integrale, tuttavia, esiste una valutazione
quantitativa del campione. Esistono i questionari, ma nessuna nota su quante persone li
abbiano compilati.
Dovizia di particolari sulle strategie di raccolta-dati, sulla fase preparatoria attraverso l’invio
di lettere alle famiglie-campione da parte dell’ISTAT e del sindaco del Comune
interessato, sulle componenti trasversali e longitudinali, dubbi sulla possibilità di
raccogliere dati veritieri attraverso questionari anonimi, e tanto altro ancora.
Ma nulla sul numero delle famiglie prese in esame, dalle quali nasce l’intero lavoro.

Pur con tutte le perplessità in merito alle modalità di raccolta-dati, è il caso di analizzare i
risultati quantomeno bizzarri che emergono.
In particolare per quanto riguarda il capitolo “casa”

Casa. A seguito dello scioglimento dell’unione, l’abitazione è assegnata dal giudice o
tramite altro accordo più frequentemente alla donna (40,8%), meno spesso all’uomo
(34,6%), raramente ai figli (6,3%); la casa in cui vivevano i coniugi non è destinata né a
loro, né ai figli nel 16,8% dei casi. La donna è più spesso assegnataria dell’abitazione se
al momento dello scioglimento dell’unione sono presenti figli (45,3%) e quando risiede nel
Nord (43,1%), ma ancor più quando l’immobile era di sua proprietà (86,5%, mentre per gli
uomini proprietari si arriva al 69,4%) o di proprietà congiunta con l’ex-partner (54,7%) –
prospetto 5

si rileva come, secondo l’ISTAT, il coniuge donna ottenga l’assegnazione della ex casa
coniugale nel 40,8% dei casi, percentuale che sale al 45,3% se è anche madre.
Il coniuge uomo invece ottiene l’assegnazione nel 25,8% dei casi quando è
comproprietario, nel 7,6% quando la casa è della moglie, nel 69,4% quando è proprietario
esclusivo.

Mah … forse a Disneyland … non è certo la realtà italiana.
Una giurisprudenza consolidata smentisce clamorosamente le affermazioni dell’ISTAT.
Centinaia di migliaia di sentenze, non 49 opinioni.
Qualunque avvocato, da decenni, ha il compito di dissuadere il proprio cliente di genere
maschile quando questi chiede se ha la possibilità di non perdere la casa di proprietà dopo
la separazione.
L’immancabile risposta è che la casa viene, da qualunque tribunale, data in assegnazione
al coniuge che ottiene la custodia dei figli.
Prima della riforma del 2006 era il genitore affidatario, dopo è diventato il genitore
collocatario; ma sempre della madre si tratta.
Scoprire che secondo l’ISTAT circa il 70% degli uomini proprietari mantiene l’uso della
casa anche dopo la separazione è uno scoop eccezionale, contrario a qualsiasi analisi
della realtà.
Il fronte degli avvocati è compatto: giovani o esperti, donne o uomini, singoli professionisti
o costituiti in associazioni forensi, concordano immancabilmente nel considerare
l’assegnazione della casa al padre una chimera inutile persino da chiedere, tanto nessun
giudice la concederà mai.
Indipendentemente dal titolo di proprietà: vale a dire che l’abitazione può essere del
marito, della moglie o di entrambi, può essere un’eredità dei genitori, può essere
interamente saldata o gravata da 20 anni di mutuo… in ogni caso il padre separato dovrà
allontanarsene entro 30 giorni asportando solo gli effetti personali, perché l’assegnazione
andrà alla ex che vive con i figli.
Forse solo i legali dell’esiguo campione ISTAT possono vantare una casistica diversa, in
ogni caso è mistificatorio spacciare tali anomalie come media nazionale.
Anche in merito alle percentuali di affidamento della prole emergono dati, per così dire,
curiosi.
La pubblicazione del 7 dicembre 2011 dice che, a fine 2009, i figli di genitori separati o
divorziati risultavano essere affidati (figura 5)

   •   alla madre in via esclusiva, nel 58% dei casi
   •   al padre in via esclusiva, nel 9% dei casi
   •   ad entrambi i genitori (condiviso, congiunto, alternato), nel 33% dei casi
   •   ad altri nello 0%

ancora una rilevazione che sembra essere effettuata nel Paese dei Balocchi o comunque
in un luogo immaginario, distante anni-luce dalla concreta realtà italiana.

Primo elemento: l’ISTAT sostiene che in Italia nel 2009 non esisteva alcun bambino
affidato ai servizi sociali e collocato in casa famiglia, la percentuale “altri” è allo 0%.
Nella realtà i bambini in istituto sono decine di migliaia, oggetto di inchieste giornalistiche
ed interrogazioni parlamentari.
O il campione è talmente deficitario ed insignificante da non comprendere alcun affido
eterofamiliare (ma l’ISTAT non rende nota l’entità del campione), o i dati sono raccolti
attraverso dichiarazioni non corrispondenti al vero.
Delle due una, non esiste una terza ipotesi.

Secondo elemento: altri dati, curiosamente sempre di fonte ISTAT, contraddicono la
pubblicazione del 7 dicembre: dal 2006 l’affido ad entrambi i genitori viene dato
costantemente in aumento.

dati ISTAT 2009, pubblicati a luglio 2011

 AFFIDO                  2007                       2008                       2009
CONDIVISO
165 tribunali
              SEPARAZIONI         66%     SEPARAZIONI        78%     SEPARAZIONI         86%
  italiani
DIVORZI         50%       DIVORZI         62%        DIVORZI         71%

Poi a dicembre la smentita: l’affido condiviso ed alternato nelle separazioni e nei divorzi,
sommati, scende al 33%
Qual è il dato reale?
Entrambi sono reali, poiché la pubblicazione di dicembre è doppiamente fuorviante
1) comprende anche separazioni e divorzi preesistenti, quindi arrivati a sentenza prima
   del 2009, ma nella presentazione iniziale cita “periodo dei dati: anno 2009”
2) non è basata su dati oggettivi (sentenze) ma su dati soggettivi e non verificabili
   (dichiarazioni spontanee ed anonime)

Ancora: la percentuale di affido esclusivo alla madre, considerato ormai una misura
residuale alla luce della normativa in vigore ormai da 6 anni, supera invece largamente la
maggioranza assoluta raggiungendo il 58%.
Anche questo dato risulta essere contraddittorio rispetto ad altre pubblicazioni ISTAT, ove
l’affido esclusivo ad un solo genitore - madre o padre, senza distinzioni - è in caduta libera
in maniera inversamente proporzionale all’aumento dell’affido condiviso.
Anche qui, qual è il dato reale?
Presumibilmente lo sono entrambi.
La mancanza di chiarezza nasce dalla rilevazione Eu-Silc che non chiedeva notizie in
merito ai procedimenti esauriti nel 2009, ma la situazione maturata fino al 2009.
Le risposte, pertanto, dovrebbero in teoria comprendere (il condizionale è d’obbligo,
l’ISTAT non chiarisce) anche separazioni e divorzi precedenti al 2006, quando l’affido
condiviso ancora non esisteva ed imperavano percentuali bulgare di affido esclusivo.

Una cronica mancanza di trasparenza; perché costringere cittadine e cittadini ad elaborate
acrobazie interpretative?

Criteri di rilevazione non uniformi, metodi quantomeno dubbi, dati fuorvianti e non
comparabili, campione irrisorio o addirittura sconosciuto…. Fino a quando l’ISTAT
continuerà a raccontarci Disneyland?

                                                                                Fabio Nestola
Puoi anche leggere