Il Primo Natale di Harry - Una storia di Natale dei Malandrini Di G. Norman Lippert Dedicato a Tom Grey e supportstacie.net

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Il Primo Natale di Harry - Una storia di Natale dei Malandrini Di G. Norman Lippert Dedicato a Tom Grey e supportstacie.net
Il Primo Natale di Harry

Una storia di Natale dei Malandrini
Di G. Norman Lippert
Dedicato a Tom Grey e supportstacie.net
“Devi ammettere.” Disse il giovane uomo, alzando il mento in approvazione e guardando
fuori verso la strada affollata, “la città è bella nelle vacanze.”
         “Puoi ammetterlo quanto vuoi.” La donna dai capelli ramati accanto a lui tirò su con il naso,
scavalcando una pozzanghera oleosa sul marciapiede. “Non vuol dire che sia vero. Puoi darmi un
Natale nelle colline della campagna del Berkshire quando vuoi. Ma non riuscirò mai a sentirmi festiva
pensando a un pupazzo di neve di polistirolo impalato su un’antenna del taxi.”.
         “Le luci sono belle,” commentò l’uomo, imperturbato. “E il senso di gran da fare. È some se
fossimo al polo nord, e tutti fossero gli elfi di Babbo Natale.”
         “E io non ho conosciuto molti elfi che pensano che quello sia molto festivo, James.” Tirò il suo
cappello di lana più giù sulla sua testa, e rabbrividì. “E come fa a fare così freddo senza nevicare?”
         L’uomo sorrise e le diede un giocoso colpo di fianco. “Coraggio, Lil. È la prima volta che
usciamo di casa da soli da mesi. Non sarà una passeggiata su una carrozza incantata attraverso il Paese
delle Meraviglie, ma è sempre Natale. E qualcuno che conosco adorerà quello che c’è in questo
sacco.”. L’uomo alzò una piccola busta bianca con Dolci Nozioni, Diagon Alley stampato sopra in
lettere rosso scuro. La donna sorrise un po’ di traverso, e gli levò il pacchetto dalle mani.
         “È troppo piccolo per anche solo sapere cosa sono gli scaldapiedi. Tutto quello che sa è che
tengono i suoi piedini caldi la notte.”.
         “Non parlavo di lui.” James rispose piano, mettendo un braccio introno alle spalle di Lily, e
abbracciandola mentre camminavano. Lei fece un piccolo sospiro e si sistemò accanto a lui.
         “Lo adoro in qualsiasi modo si vesta. Ma il verde risalterà il verde dei suoi occhi, non credi?”.
         James roteò gli occhi in modo teatrale. “Lo pensavo anche le altre tre volte che me lo hai
chiesto, dentro al negozio. Non ho cambiato idea, se vuoi chiedermelo di nuovo.”
         “Non ti fa male viziarmi, al meno adesso che ne abbiamo solo uno. Aspetta che ne abbiamo una
casa piena.”
         “Come quella famiglia nella sezione dei saldi da Dolci Nozioni?” James rispose, urtato. “Non ci
scherzare neanche. Non ho mai visto così tanti capelli rossi in vita mia. E sono sicuro che uno di quegli
‘adorabili bambini’ abbia provato a mettere una delle bombe puzzolenti di Zonco nella tasca della mia
giacca. Il mascalzone non poteva avere più di otto anni.”
         “Oh, ma non hai visto I gemelli? Allora, quello sarebbe fantastico, non credi?”.
         “Adesso mi stai prendendo in giro. Facciamo pratico con un bambino per un po’, poi possiamo
parlare di sfornarne una dozzina. Va bene?”
         Lily non rispose. Concesse al piccolo pacchetto di dondolare al suo fianco mentre camminava, e
i suoi occhi erano pensierosi. James le diede un’occhiata di sbieco.
         “Non sei ancora preoccupata, vero?” chiese a voce bassa.
         Lily scosse la testa delicatamente, non esattamente in diniego, e scrollò le spalle. Fece un
sospiro poco profondo, e disse, “Come potrei non esserlo?”
         James fece un respiro profondo mentre si fermavano a un incrocio affollato. Un autobus
ricoperto di sudiciume gli passò davanti, trascinandosi dietro un pennacchio di gas di scarico. James si
girò a guardare la moglie. “Hai sentito il Preside, Lil. Anche se questa profezia è vera, siamo
perfettamente al sicuro. Come ha detto lui, se diventerà necessario potremmo scegliere un Custode
Segreto e restare fuori di vista finché non passa il pericolo. Se non ci si può fidare del fatto che Silente
sappia di cosa sta parlando, beh…”.
         Lily guardò James negli occhi, scrutandoli, con le sopracciglia leggermente aggrottate. Dopo un
momento, allontanò lo sguardo. “Forza,” disse, tirandolo per la mano e scendendo dal marciapiede.
         Attraversarono la strada e camminarono per un po’ in silenzio. La folla di Babbani si muoveva
intorno a loro come un fiume intorno a una roccia, teso e torvo, tirandosi dietro i loro pacchi e
chiamando i taxi. Lily alzò gli occhi, verso le finestre degli appartamenti sopra la strada gremita di
gente. Conosceva questa zona abbastanza bene, nonostante il suo manifesto disgusto per la città. Una
delle sue migliori amiche di scuola, Anastasia Troika, viveva al terzo piano dal lato opposto della
strada . Lily osservò il palazzo e trovò facilmente la finestra dell’appartamento di Stasia; delle luci
colorate filtravano attraverso le tende di merletto. I Babbani avrebbero pensato si trattasse della
televisione, ma Lily sapeva la verità. Stasia decorava il suo albero di Natale con luminuccelli Russi
vivi; le loro piccole ali scintillanti illuminavano l’albero mentre costruivano i loro piccoli nidi
immacolati tra i suoi rami. Lily l’aveva aiutata a decorare un albero molto simile nel Dormitorio delle
ragazze di Rifondono durante il loro terzo anno, finché Silente non aveva suggerito che venisse
smontato perché le luci vivaci e le canzoni tintinnanti creavano difficoltà per le ragazze che volevano
dormire nelle stanze vicine. Lily aveva sempre sospettato che fosse stata Cristiana Corsica ad essersi
lamentata con Silente, e non perché gli uccellini le disturbassero il sonno. Cristiana era solo acida e
vanitosa, e tendeva a odiare qualsiasi cosa potesse essere descritto come più bello di lei. Questa,
almeno, era la forte convinzione di Lily, se non un fatto provato. Stranamente, Cristiana ora viveva in
un attico con il suo inquietante gemello, Chrystophan. Nessuno dei sue lavorava, per quanto ne sapesse
la rete degli amici scolastici di Lily, ma la famiglia Corsica era ricca, e tutti sospettavano che l’attico
fosse fornito dal loro solitario padre.
        Mentre camminava accanto a James, Lily si chiese quanti degli appartamenti sulla strada
fossero di famiglie di maghi, o quanti dei negozi sulla strada stipata di gente fossero segretamente
gestiti da streghe o maghi. Diagon Alley e i suoi dintorni segreti erano molto vasti, ma Lily sapeva che
molti dei negozi fuori dal distretto magico avevano anche stanze sul retro, e uffici ai piani superiori, per
prendersi cura delle migliaia di visitatori magici che attraversavano la zona ogni giorno; suo padre, in
tono affettuoso, li aveva sempre chiamati i “fuggitivi di Diagon Alley”. Alcuni dei negozi di magia
segreti vendevano economico cibo magico, o gingilli, come il terribile orologio a cucù che James le
aveva regalato l’anno scorso, ma alcuni si occupavano di servizi più misteriosi. Per nessuna ragione,
Lily pensò di nuovo ai Corsica e il loro misterioso attico. Era possibile che fossero, in realtà, coinvolti
in qualche attività, e che usassero il loro attico come base? Lily scosse la testa, sorridendo un po’ di
sbieco. Solo perché non ti piace, pensò tra se, non ti da una scusa per immaginartela alla testa di
un’oscura congiura.
        Decise di non raccontare a James dei suoi pensieri. Lui aveva fortemente odiato il Tassorosso
Chrystophan, e probabilmente avrebbe avuto il pover’uomo mentalmente arrestato e condannato ad
Azkaban prima che fossero arrivati davanti alla porta di casa a Godric’s Hollow.
        Mentre si avvicinavano al prossimo angolo, un magro Babbo Natale che sembrava alquanto
infelice stava suonando una campana, lodando per chiunque si fermasse ad ascoltarlo i pregi degli
affari sorprendenti che si sarebbero potuti trovare nel negozio alle sue spalle. Mentre James e Lily lo
passavano, James prese il gomito di Lily e la tirò rapidamente dietro l’angolo, entrando in una stretta
stradina secondaria.
        “Dove andiamo?” Lily chiese, guardando male suo marito.
        “Non voglio causarti allarme, amore, quindi basta che camminiamo un po’ più in fretta e
teniamo gli occhi bene aperti.”
        “Di cosa stai parlando?”
        “Non lo so per certo, ma credo di essermi mosso furtivamente per abbastanza tempo da
riconoscere qualcuno che si muove furtivamente. Credo che qualcuno ci stia seguendo.”
        Lily prese fiato velocemente, ma James parlò prima che lei potesse dare voce alla sua paura.
“Non ti preoccupare, Lil, chiunque sia, ha la nostra età, e non è neanche lontanamente bravo quanto me
e Felpato a pedinare la gente. L’ho notato quando ci siamo fermati all’angolo prima. Si è girato e verso
una vetrina di un negozio di scarpe e la guardava come se volesse contare gli stivali.”.
“Dovremmo Smaterializzarci e andare a casa.” Lily bisbigliò ansiosamente. “Perché lo stiamo
portando in un vicolo buio?”
        “Perché,” James rispose in tono rilassato, guardando di lato per vedere i riflessi nelle vetrine di
un negozio, “Voglio vedere chi è.”
        “James, no!” Lily sussurrò, guardandolo. “È stupido!”
        “Resta dietro di me.” James le disse, e Lily si irritò quando si accorse che suo marito si stava
alquanto divertendo.
        Lui giro di nuovo, di scatto, tirando Lily in un vicolo cieco molto stretto. All’istante, la spinse a
un lato, su per alcuni scalini e dentro la buia arcata di una porta. Stava in piedi davanti a lei, con la sua
bacchetta che sporgeva dalla sua mano. Abilmente, la fece roteare tra le dita – un trucco che lui e Sirius
avevano perfezionato durante quasi tutto il loro quinto anno, pensando che li facesse apparire
affascinanti e furbi. Lily roteò gli occhi.
        Dei passi fecero fracasso sul marciapiede, e apparve un’ombra. Un momento dopo, una forma
corse intorno all’angolo e dentro il vicolo. La figura era magra, vestita in un lungo mantello nero. Il
cappuccio era sceso, rivelando capelli neri e un lungo naso. Lily riconobbe la figura immediatamente, e
prese fiato per fermarlo, ma James fu più veloce. Saltò giù dalle scale, bloccando l’apertura del vicolo,
e alzò la bacchetta.
        “Levicorpus.” comandò, ma la sua voce fu sovrastata da quella del nuovo arrivato, che fu di un
millesimo di secondo più veloce con il suo incantesimo di Disarmo. Ci fu una luce, e la bacchetta di
James roteò fuori dalla sua mano, finendo in un cassonetto nel retro del vicolo.
        “Forza, Potter,” il nuovo arrivato strascicò le parole. “Dovresti imparare dei nuovi incantesimi.”
        “Severus!” Lily gridò, muovendosi oltre James, mettendosi fra loro. “Cosa stai facendo?”
        “Non quello che stai probabilmente pensando, Evans. Quella barca è partita. Oltre a quello, non
ho intenzione di spiegarmi.”.
        “Ci stavi seguendo.” Dichiarò James, raggiungendo il fianco di sua moglie. “Non esattamente il
comportamento che ci si aspetterebbe dal Maestro di Pozioni di Hogwarts.”
        “E camminare senza protezione lungo strade affollate non è esattamente quello che ci si aspetta
da due persone che sono state avvertite di possibili attacchi.”
        Gli occhi di James si strinsero. “Come faresti tu a saperlo?”
        Piton sospirò drammaticamente. “Sei molto sospettoso, per essere un Grifondoro, Potter.
Veramente, quale Maestro di Pozioni di Hogwarts, mi sono state fatte alcune confidenze. Diciamo solo
questo.”
        Lily studio gli occhi di Piton. “Severus, perché ci seguivi?”
        Piton guardò Lily negli occhi per un momento, poi distolse lo sguardo, abbassando la bacchetta.
Sembrò combattere con se stesso per un momento, poi indicò James, lanciandogli un’occhiataccia.
        “Perché, Evans, quest’uomo a cui ti sei legata, è abbastanza arrogante e stupido da pensare che
nessuno lo possa toccare. Non ti può proteggere. E se lui non adempirà quel compito, qualcuno
dovrà.”.
        “D’accordo.” James disse piano. “Ho sentito abbastanza. Andiamo, Lily.”
        “Severus,” Lily disse a bassa voce, facendo un passo verso la figura scura. “Cosa sai di questo?
Sai più di quello che dici, no? Lo sento.”
        “Lil, non ti puoi fidare di lui.” James disse, tirandola per il gomito. “Per quanto ne sappiamo lui
potrebbe essere mischiato fino al collo con quelli che sono contro di noi.”
        Piton distolse lo sguardo. “Vai.” La sua voce era vuota. “Più a lungo state qui, in più pericolo
siete.”
        James si girò verso Lily, incontrando il suo sguardo. “Aspettami qui. Torno subito.” Lei annuì
leggermente, con la fronte aggrottata. James guardò Piton, ma l’uomo dai capelli scuri guardava altro,
rifiutandosi di guardare James negli occhi. James scosse la testa in disgusto e camminò oltre lui,
andando verso i bidoni nel fondo del vicolo. Mentre cercava la sua bacchetta, sentiva Lily e Piton
parlare a bassa voce. Piton era sicuramente stupido e unto, ma, malgrado tutto, James era praticamente
sicuro che fosse innocuo. Imprecò mentre cercava tra i bidoni arrugginiti per la sua bacchetta. La trovò
finalmente incastrata in un angolo sopra un giornale ammuffito. La prese e se la strofinò sui jeans
mentre camminava verso l’entrata del vicolo. Si fermò all’improvviso e alzò lo sguardo, esaminando i
palazzi ai suoi lati. Lentamente giro per mettersi di faccia verso il vicolo cieco. Un sorriso gli apparve
in faccia.
        “Sapevo che questo vicolo era famigliare” si disse. Avrebbe dovuto dirlo a Sirius quando fosse
tornado a casa. Quanto tempo era passato da quella sera? Quattro, cinque anni? Impossibile. Sirius
avrebbe probabilmente riso e chiesto se le tracce della sua moto fossero ancora bruciate sul pavimento.
Remus non si sarebbe divertito. Era un tipo superstizioso: probabilmente questo era parte di quella che
chiamava la sua “maledizione”. Essere incastrati nello stesso vicolo una volta dalla polizia Babbana e
poi da Mocciosus, era il genere di coincidenza cosmica che Remus avrebbe definito “infausta”. James
decise di dirglielo comunque.
        “Andiamo, Lil.” Disse, avvicinandosi a lei e dando le spalle a Piton. “Gli altri staranno
aspettando, La scorsa volta che abbiamo lasciato il bambino con Remus e Minus hanno provato a dargli
una ciotola di Gelatine Tutti Gusti + 1sbriciolate.”
        “James.” Lily sussurrò, con i suoi occhi ancora su Piton. “Severus non ha un posto dove andare
per Natale.”
        James si fermò a guardarla. “Non puoi dire sul serio.” Borbottò. “Non sul serio.”
        “E invece sì, bruto insensibile. E so che farai la cosa giusta.”
        James tirò un lungo sospiro e si guardò oltre la spalla. Piton aveva rimesso la bacchetta in tasca,
e aveva rialzato il cappuccio. Mentre lo guardava, Piton lo sorpassò, andando verso la strada.
        “Hey, Severus.” James lo chiamò, sforzandosi di mantenere la sua voce normale. “Er, mi
dispiace di averti attaccato. Forse è vero che stavi solo cercando di aiutare. Forse ti faresti ripagare
venendo a cena da noi, eh? Lil ha fatto l’anatra, e Sirius, Remus e Peter saranno li. Sarà come ai vecchi
tempi.”
        “I vecchi tempi, eh?” Piton lo schernì, non esattamente girandosi. Sospirò. “Non hai nessuna
idea di cosa hai davanti, vero? Mi inviteresti a casa vostra, facendomi vedere esattamente dove vivete,
malgrado tutto quello che vi abbia detto il Preside. Ho ragione?”
        “Beh,” James rispose, e la sua faccia si scurì un po’. “Se stai cercando di dirmi che non ci si può
fidare di te dopotutto,”.
        “Sto tentando di dirti che non ci si può fidare di nessuno, Potter. Non ora. Voi avete Silente, e il
vostro cerchio. Speriamo che abbiate scelto bene i vostri amici, anche se ho i miei dubbi. Ma dovete
capire che coloro che vi cercano non si fermeranno davanti a nulla. Non ci penseranno due volte prima
di uccidere o torturare. Finché non capite la gravità del pericolo in cui siete continuerete a renderlo
facile per quelli che vi cercano di trovarvi. Questo potrebbe essere il vostro ultimo avvertimento.”.
        “Come sai così tanto?” Disse James, stringendo gli occhi e uscendo in strada per fronteggiare
Piton. “Silente non ha detto niente di omicidi. Ci ha detto solo di una profezia che potrebbe causare
l’interesse di Colui Che Non Deve Essere Nominato e dei suoi inutili leccapiedi in nostro figlio, e ci ha
avvertito di essere prudenti. Ha detto che ci avrebbe avvertito se il pericolo di fosse aggravato. Perché
dovremmo credere a te?”
        “Da dove credi che il Preside prenda quelle poche informazioni che ha, Potter?” Piton
improvvisamente sibilò, muovendosi verso James così che erano quasi naso contro naso nell’oscurità.
“Questi sono tempi terribili, tempi che necessitano di rischi e sacrifici che una persona come te non
avrebbe la speranza di capire. Alcuni di noi sono disposti a avventurarsi nelle ombre per gli ingrati
come te. Alcuni di noi accettano responsabilità che altri evitano. E perché lo facciamo? Beh…” Piton si
bloccò, guardando Lily con la coda dell’occhio, mentre lei li guardava con occhi spalancati. Fece un
passo indietro e si girò. “Non importa. L’importante è che ascoltiate gli avvertimenti che avete già
ricevuto, Potter. Tutto quello che importa è che capiate a cosa state andando contro. Dopo di che, il
destino è nelle vostre mani.”.
        James studio l’altro uomo, con gli occhi ancora stretti. Finalmente, fece un passo indietro e
prese Lily dal gomito. “Buon Natale anche a te, Severus.” Disse.
        Un momento dopo, un forte crack rimbalzò per la lunghezza del vicolo deserto. Piton alzò lo
sguardo e vide che James e Lily erano spariti, smaterializzatisi a casa. Negligente e incurante, ma Piton
non era sorpreso. Scosse la testa lentamente, arrabbiato e confuso alle emozioni contrastanti che si
combattevano dentro il suo cuore. Aveva corso un rischio enorme nel seguirli, nel proteggerli, ma non
sembrava che lo potesse evitare. Forse era l’ora di un’altra conversazione con il Preside. Non ora, ma
presto. Non avrebbe detto tutto a Silente; solo abbastanza da proteggere Lily. I Mangiamorte potevano
avere James, ma non lei. Era rischioso, ma Piton si stava abituando al rischio. Quale sarebbe stata la
cosa peggiore che gli sarebbe capitata? Se lo avesse scoperto, il Signore Oscuro lo avrebbe solo ucciso.
In qualche rispetto, pensò Piton, poteva anche essere un sollievo.
        Pensando questo, si giro e cominciò a camminare lungo la strada, andando verso nessuna meta
in particolare.

       Anche a Godric’s Hollow non c’era la neve.
        Peter Minus sentì l’allarme attivarsi in cucina e saltò, quasi lasciando cadere il libro che stava
sfogliando.
        “Tocca a te, Codaliscia.” Disse Remus. “Io ho unto la cosa la scorsa volta. Meglio che tu vada lì
prima che quell’orologio del cavolo canti e svegli il bambino.”.
        “Vado.” Minus brontolò, alzandosi in piedi e attraversando il salotto. Faceva troppo caldo in
quella casa, specialmente in cucina, e lo irritava. Da quando aveva perfezionato le sue abilità di
animagus, aveva scoperto che le temperature normali nelle case lo facevano soffocare. Nella sua forma
di ratto, preferiva i passaggi freschi tra i muri, gli angoli ammuffiti delle cantine, la libertà degli spifferi
degli attici. Minus non lo aveva mai ammesso con nessuno, ma la sua forma di ratto sembrava essersi
espansa anche nel suo corpo umano. Un giorno, pensò, si sarebbe trasformato in un ratto e sarebbe
rimasto così. La vita era facile da ratto. Non c’erano tutte quelle competizioni e gelosie del mondo
umano. Solo mangiare, dormire, scorrazzare e squittire.
        In cucina, aprì il forno e guardò l’enorme uccello dorato. Gli sembrava cotto, ma che ne sapeva
lui? Tentò di ricordarsi cosa avesse detto Lily prima di uscire, ma lei aveva detto così tanto che era
stato facile per lui ignorarla. Doveva girare l’anatra e cambiare il bambino, o l’opposto?
        Sopra la stufa, un grande orologio a cucù suonò, lanciando quell’allarme che lo aveva disturbato
quando stava in salotto. Il cucù uscì dale porte, ondeggiando nell’aria davanti al viso di Minus. “Anatra
Arrosto con Salsa all’Arancia!” canto il cucù. “Mancano venti minuti! Tempo di ungere! Tempo di
ungere! A nessuno piace la carne asciutta!”
        “E che ne pensi di un cucù fritto in fretta?” Minus ringhiò, tirando fuori la sua bacchetta.
        Il cucù guardò Minus. “Non c’è bisogno di prendersela,” lo rimproverò, e poi rientrò nella sua
casa, chiudendo le porte prima che Minus potesse rispondere.
        Minus unse l’uccello alla bell’è meglio, non esattamene sicuro di come si usasse lo strano
oggetto tubulare con un bulbo di gomma sulla punta. Accidenti a questa cucina Babbana. James aveva
promesso di farla aggiornare il posto quando lui e Lily si erano trasferiti li, ma era così occupato
adesso, tra il bambino e Lily e la sua bella vita in mezzo al nulla. Minus odiava la campagna. Era
cresciuto a Londra, e ne aveva amato ogni angolo. Era anche cresciuto in una situazione agiata. Non
ricco, certo, o al meno non in confronto a Sirius, ma avevano avuto alla meno una completa cucina
magica. Chiuse la stufa rumorosamente.
Remus lo chiamò dal salotto. “L’anatra sta combattendo?”
        “Scusa.” Minus gli rispose velocemente. “Mi è scivolata. Ho le dita unte da questo coso per
ungere.”.
        “Beh, fai silenzio. Se svegli il bambino ci saranno pannolini da cambiare.”.
        “D’accordo, Remus.”
        In piedi nella cucina, Minus ribolliva. Era arrabbiato spesso, di questi tempi, e non aveva mai
capito il perché. Remus, Sirius e James erano I suoi migliori amici, però sempre più spesso voleva
urlargli contro invece di ridere con loro. Naturalmente, non urlava, ma questo peggiorava solo le cose.
L’ingraziante accondiscendenza nella sua voce lo disgustava. Stai zitto, Remus, voleva gridare. Non
darmi ordini. Che ne sai tu? Seduto la tutto presuntuoso e pieno di te. Chi è il lupo mannaro in questa
stanza? Me? No, io sono quello che ha passato anni a perfezionare il mio animagus per correre dietro
a te quando cambi, proteggendo te dal mondo, e il mondo da te. È così che dimostri la tua gratitudine?
Dandomi ordini come se fossi un elfo domestico con deficienza mentale?
        Minus si mosse alla finestra, guardando attraverso il proprio riflesso alla luna oltre gli alberi
magli. Sospirò, calmandosi. Certo che Remus non pensava così. Remus aveva dimostrato la sua
gratitudine molte volte. Tutti trattavano Minus molto bene, gran parte del tempo, no? Nella finestra, il
suo riflesso annuì piano. Ma Minus sapeva la verità. Nessuno di loro lo ammetteva, ma sapevano che
lui era fuori posto. Non era mai sicuro e rilassato come loro. Provava così tanto a essere come loro, a
muoversi attraverso la vita come loro, con le facce al vento, uno scintillio negli occhi, e mai con
rimpianti. In fondo, però, Minus sapeva che quello che in loro era coraggio in lui era finto. Quella che
era nobiltà in James, Remus e Sisius era codardia in lui. E con questa conoscenza, la più grande paura
di Minus era che un giorno gli altri lo avrebbero visto per quello che era: un ratto in forma umana, e
non vice versa.
        La settimana prima, Sirius aveva preso Minus da parte. Stava guidando quella sua assurda moto,
e si era offerto di dare a Minus un passaggio, così che potessero parlare in privato. Minus aveva paura
della moto, e quella paura gliela faceva odiare. Aveva balbettato qualcosa sul fatto di dovere tornare al
suo appartamento, e Sirius aveva mosso una mano in segno di incuranza, con il suo rilassato, facile
modo di fare, come se tutto il mondo potesse essere fermato con un gesto della mano. E forse, Peter
aveva pensato gelosamente, per Sirius era vero.
        “A James e Lily servirà un Guardiano Segreto, prima o poi.” Sirius aveva detto silenziosamente,
a cavallo della sua moto e guardando la strada davanti a lui. “Pensavo a chi sarebbe stato meglio per il
posto, Codaliscia. Pensavo di suggerire che fossi tu. Che dici?”
        Minus sapeva che molta gente sarebbe stata adulata dalla proposta. Era un grande onore, no?
Ma Minus non si sentiva onorato. Sentiva rabbia e vergogna. Sirius non glielo stava chiedendo perché
era il più fidato o onesto. Che ridere. Sirius suggeriva lui, Codaliscia, perché tutti sapevano che era
innocuo. Altri avrebbero potuto avere la forza o l’audacia oppure il semplice coraggio di tradire, ma
non Minus. Era un ratto, che è, quando arrivi al punto, solo un grosso, grasso topo. Minus sarebbe stato
un perfetto Guardiano Segreto, non perché era l’uomo migliore, ma perché era il più debole e il più
timido. Non avrebbe mai tradito i Potter perché, semplicemente, non ne aveva il coraggio.
        La settimana scorsa c’era stata la luna piena. Come al solito, loro quattro si erano trasformati
insieme, fuggendo attraverso il retro della casa e fuori nel bosco vicino: Remus il Lupo, James il Cervo,
Sirius il Cane, e dietro di loro, sforzandosi per tenere il passo, come al solito, Minus, il ratto. Nel tempo
che ci avevano messo per entrare nel bosco, Minus si era trovato più indietro del solito. Forse gli altri
correvano più veloce, con meno interesse nell’aspettare che il ratto li raggiungesse, o forse Minus
stesso aveva rinunciato a rincorrerli. Forse – e anche se era vero Minus non ne era cosciente – era
rimasto indietro per vedere se gli altri si sarebbero accorti della sua assenza. Se quella era stata la sua
motivazione, ora doveva essere molto deluso; entro pochi secondi il rumore delle zampe dei suoi amici
si persero nel denso coro della notte.
Ma Minus non era stato completamente ignorato. Qualcuno lo aveva voluto trovare lì.
        Nella cucina, guardando il suo riflesso, Peter non se lo ricordava. Spesso, le memorie del
periodo in cui era un ratto erano confuse, ma questo ricordo aveva la sensazione distinta di qualcosa di
nascosto di proposito, forse eliminato. Girava nella sua testa come una nuvola di moscerini, senza mai
fermarsi. C’erano stati uomini, tutti in nero, che si muovevano segretamente nella foresta, cercando
qualcosa. O qualcuno. Uno di loro aveva riconosciuto Codaliscia per quello che era, e gli erano
piombati addosso ansiosamente. Codaliscia era stato terrificato; stava per essere ucciso, e nella sua
forma di ratto. Poi, una delle figure gli aveva parlato, dolce, rasserenante, delicata. Da ratto, Codaliscia
si era dovuto concentrare per capire il significato delle parole, ma lo capiva bene abbastanza da sapere
una cosa: questo uomo era malvagio, la peggiore specie di malvagio immaginabile. Però, ed era
seducente, questo uomo vedeva qualcosa di valore in Codaliscia.
        “Non sei apprezzato, non è vero?” la voce setosa bisbigliò al ratto. “Lo vedo, Lo sento. I tuoi
‘amici’, loro non capiscono il tuo potenziale. Oh, ma io sì. Sì, io ti vedo per quello che sei veramente,
amico mio. Mi servirebbe un mago come te. Mi cercherai, e io ti aiuterò a diventare grande. Tu, amico
simil-ratto, potresti diventare più importante di quanto nessuno dei tuoi ‘amici’ avrebbe pensato. Tu lo
vuoi, vero? Sì… sì, lo vuoi … più di qualsiasi cosa…”
        “Torturalo.” Suggerì un’altra delle forme. “Facciamocelo dire ora, questa notte. Sappiamo che
vivono in questa zona.”
        “Così frettoloso.” La voce setosa lo rimproverò, sorridendo. “Così frettoloso, Lucius, ma così
maldestro. Non hai delicatezza. Questo qui potrebbe essere di più valore di quanto pensi. Per lui,
guarderemo… e aspetteremo.”.
        Le parole irritarono Codaliscia, come un prurito al centro del cervello. Lo terrificavano, e aveva
paura che sarebbe stato ucciso comunque. Ma poi, all’improvviso, le figure non c’erano, scomparse in
turbini di fumo nero; la loro ricerca era stata abbandonata, annullata.
        Minus pensava di sapere chi era stata la persona nel bosco. Pensava di sapere cosa stessero
cercando. Non avrebbe mai cercato quella voce, naturalmente. Mai. Malgrado tutto, Minus non avrebbe
mai voluto – non avrebbe mai potuto – tradire i suoi amici.
        Ma Coda liscia, d’altra parte…

        In quel momento, la porta principale si aprì, spingendo un soffio di aria fredda dentro la piccola
casa. La voce di Lily venne con lui.
        “È solo incompreso, James, ” stava dicendo. “E forse ha ragione su di te. Sei molto sospettoso.”
        “Chi è incompreso?” disse Remus, chiudendo il suo libro e guardandoli.
        “Abbiamo incontrato Mocciosus fuori Diagon Alley. Te lo racconterò quando arriva Felpato.
Voglio vedere le vostre facce allo stesso tempo quando vi dirò quello che ha detto. Dov’è, a
proposito?”
        “È andato a fare una corsa per i giardini della strada.” Remus rispose, roteando gli occhi. “Non
legge molto, sai. Era agitato già solo un’ora che ve ne eravate andati, ma tornerà in qualsiasi
momento.”.
        “Come sta la mia anatra?” chiese Lily, marciando verso la cucina e passando Minus mentre
usciva.
        “Chiedi al cucù, se vuoi saperlo per certo,” rispose. “Ma io direi che la possiamo mangiare
anche adesso.”
        “Uh oh,” Remus disse, alzandosi. “Qualcuno sa che siete a casa.”
        “Deve aver sentito la porta,” James disse, guardando su per le strette scale verso il suono del
vigoroso pianto di un bambino.
        “Vado io.” Annunciò Lily, apparendo nell’ingresso della cucina.
“Oh, no, non lo farai.” James le disse, girandosi velocemente per le scale. “Dovrà essere
cambiato prima, e quello vuol dire tempo di papà. Togli l’uccello dal forno, e poi è tutto tuo.”.
         Remus sorrise. “Che bravo papà.”
         “Oh, se fossimo Babbani, preferirebbe andare all’opera che cambiare un pannolino.” Lily disse,
roteando gli occhi e tirando fuori la sua bacchetta. “Hagrid ci ha regalato uno di quei nuovi calderoni
per pulire i pannolini. Ha la forma di un Ottogatore, e loro due ridono come matti tutte le volte che il
pannolino esce dalla sua bocca caldo e pulito.”.
         “Sembra divertente.” Commentò Minus, afflosciandosi su un divano.
         “Ti serve aiuto lì dentro?” Chiamò Remus, avvicinandosi alla porta della cucina.
         “Credo di essere in grado di far lievitare una papera fuori dal – no, aspetta!”
         Ci fu il suono di una porta sbattuta, e il rumore di zampe su piastrelle. Remus si spostò
abilmente da un lato mentre una forma nera corse oltre di lui, attraverso il salotto e si per le scale, con
dietro una scia di fredda aria da fuori.
         “Sirius!” Lily lo chiamò, arrabbiata. “Mi hai quasi fatto cadere la – e guarda che casino fangoso
che hai combinato sul pavimento della mia cucina!”
         “Ci penso io.” Remus disse, trattenendo un sorriso. Tirò fuori la sua bacchetta e entrò in cucina.
Minus sedette sulla poltrona e ascoltò ai rumori della casa: Remus e Lily che parlavano in cucina,
Sirius e James che ridevano di sopra. Dopo un minuto, i due uomini scesero le scale, Sirius in testa,
vestito con pantaloni neri e una maglietta nera con STYX stampata inspiegabilmente sopra in lettere
bianche, e James dietro, con un bambino in braccio.
         “Parlando di regali,” disse Sirius, “Ho lasciato un regalino nel giardino della vostra vicina.”
         “Sirius!” Lily lo rimproverò di nuovo dalla cucina.
         “Cosa? Era uno gnomo da giardino. Non uno vero, naturalmente, solo una di quelle piccole
statue. Pensavo le piacessero quelle cose.”
         “Continua a scherzare così, e non ti lascerò tenere un cambio di vestiti in casa mia.” Lily
chiamò, solo leggermente placata.
         “Era anche un bel nano da giardino.” Borbottò Sirius, sporgendosi verso James. “L’ho preso da
quel odioso vecchio alla fine della strada.”
         “Tutto cambiato e pulito” James disse, posando il bambino nelle braccia di Minus e lanciandosi
su una sedia lì vicina. Minus tenne il bambino goffamente, e tentò si sorridergli. Nel suo maldestro
abbraccio, il bambino si contorse e lo guardò. Con fare pensoso, la piccola figura succhio il proprio
labbro, e strinse il mignolo di Minus nel suo piccolo pugno.
         “Eccolo.” Lily tubò, apparendo dalla cucina e pulendosi le mani su una pezza. “Ecco il mio
piccolo Harry. Gli zii sono stati bravi con te?”
         “Bravi come si merita un bel bambino addormentato.” Remus disse, unendosi a James e
guardando in giù verso il fagotto tra le mani di Minus. Minus li guardò con un sorriso timido.
         “Tutti dicono che lui ha gli occhi di Lily.” James commentò, sorridendo a suo figlio. “Ma il
resto del suo bell’aspetto è puro Potter.”
         “Non lo so.” Sirius disse, sedendosi sul sofà accanto a Minus e sporgendosi sopra il bambino.
“È molto semplice. Gli serve qualcosa. Una voglia, o un tatuaggio, come il suo Padrino Sirius.
Qualcosa di distintivo.”
         “Stai zitto, tu.” Lily disse, prendendo il bambino tra le sue braccia con affetto. “È perfetto, dalla
testa ai piedi. Non è vero? Sì che lo sai. Il mio perfetto piccolo Harry. Hai fame? Hmm?”
         Harry strillò con un felice grido da bambino tra le braccia di sua madre. Era troppo piccolo per
saperlo, ma era contento. Tutto andava bene nel mondo. Tutto intorno a lui c’erano face familiari e
rumori affettuosi. Era caldo e meraviglioso il cottage che era il suo mondo, e la sua pancia stava per
essere piena. Il tempo non voleva dire niente per un bambino così piccolo, ed era un bene. Quello che
importava era il momento, e il momento, finché durava, prima che il mondo cambiasse di nuovo, era
assolutamente perfetto. Per quanto importasse a Harry, il momento poteva durare per sempre.
        Mentre Lily dava da mangiare al suo bambino, mentre l’anatra sedeva a raffreddarsi sulla stufa
della cucina, aspettando, secondo la tradizione, che Remus la tagliasse, ripensò alla serata. Era difficile
non preoccuparsi. Per quanto fosse difficile immaginabile, c’erano persone lì fuori, guidate dal terribile
Signore Oscuro, che apparentemente volevano fare del male al suo perfetto piccolo bambino. Con
l’aiuto dell’Ordine, avevano messo un incantesimo di Disillusione sulla casa, ma non era lontanamente
perfetto. Presto avrebbero dovuto prendere misure più drastiche, o per Lily sarebbe stato difficile
dormire la notte. Però, nonostante il disgusto di James verso il povero, incompreso Severus, era
segretamente grata che lui si stesse preoccupando per loro. Era un uomo confuso e triste, e Lily si
sentiva in colpa per tutto quello che era (e non era ) successo tra loro, ma lei aveva fiducia in lui. Non
importava con chi o cosa era coinvolto – e Lily davvero non voleva sapere i dettagli di questi
coinvolgimenti – sapeva che lui non avrebbe mai permesso che qualcosa di brutto succedesse a lei o a
suo figlio.
        “Se ti importa davvero di me,” gli aveva bisbigliato nel vicolo, quando James era andato a
cercare la sua bacchetta, “allora ti ricorderai questo.”
        E aveva aperto il sacchetto bianco, tirando fuori il piccolo pigiama. Lo aveva teso verso
Severus, come se avesse voluto che lui li toccasse. Lui non lo aveva fatto.
        “Ti ricorderai che questo è quello a cui tengo di più in vita mia.” Aveva bisbigliato, studiando la
sua faccia, i suoi occhi neri. “Puoi odiare le scelte che ho fatto, ma non odiare quello che amo. Usa
quello che sai per proteggerlo. Non mi devi niente, ma se mi hai mai davvero voluto bene, sposta
quell’affetto su di lui. Gli potrebbe servire più si quanto sia mai servito a me. Per favore, Severus.”
        Severus non aveva risposto, ma non ce ne era stato bisogno. Lily aveva rimesso il piccolo
pigiama nel sacchetto, e Severus aveva guardato, con occhi imperscrutabili. Non era perfetto, ma gli
importava, anche se si odiava per questo.
        Severus avrebbe fatto quello che poteva. Poteva essere un piccolo conforto, ma per adesso
bastava.
        Il piccolo Harry alzò gli occhi verso sua madre, felice e contento. Era il suo primo Natale, e era
bello.
        Fuori, silenziosamente e perfettamente, la neve cominciò a cadere.

       Fine.
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