Il circuito politico-mediale - Ed. Angelo Mellone

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Il circuito politico-mediale

                                             Ed. Angelo Mellone
                                     (Rubbettino editore, Rome, 2002)

                                                      Chapter 3

                                   Un circolo virtuoso?
      L’impatto di partiti e mezzi di informazione sulla partecipazione politica nelle
                                  campagne postmoderne

                                                    Pippa Norris

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un acuirsi delle tensioni tra gli ideali delle istituzioni
democratiche e la percezione generale della loro performance [Norris 1999, Pharr, Putnam, 2000]. Se,
infatti, non possiamo parlare di "crisi della democrazia", c’è allo stesso modo chi ritiene che esistano
una serie di problemi riguardo alla relazione tra istituzioni e corpo politico. Gran parte di queste
analisi preoccupate negli Stati Uniti si riferisce al diffuso cinismo nei confronti delle istituzioni e dei
leader politici, che alimenta il timore del disimpegno civico e di una partecipazione elettorale ormai
scesa alla metà degli aventi diritto [Nye, Zelikow e King, 1997; Ladd, Bowman, 1998; Putnam, 2000].
È opinione diffusa che il pubblico americano sia "disconnesso", sappia poco, non si interessi delle
questioni pubbliche e preferisca "restare a casa".
Preoccupazioni analoghe echeggiano in Europa. Gli opinionisti [Hayward, 1995; Eliassen, 1996]
hanno parlato di una crisi di legittimità conseguente al forte accrescimento di poteri e competenze
dell’Unione europea, nonostante il disinteresse del pubblico verso scelte cruciali di politiche
pubbliche. La crescita del numero di cittadini critici è fatta oggetto di numerose interpretazioni, che
abbiamo preso in esame in uno studio precedente [Norris, 1999].
Uno dei tentativi esplicativi più ricorrenti attribuisce il disinteresse del pubblico alla comunicazione
politica, in special modo al ruolo dei partiti e dei mezzi di informazione nelle campagne elettorali. La
letteratura politologica sul "malessere mediale" o "videomalessere", che ha avuto origine negli anni
Sessanta, si è sviluppata in una serie di contributi accademici negli anni Settanta successivi al "caso
Watergate", e alla fine è divenuta una sorta di "luogo comune" per la cultura popolare del giornalismo
e della politica, fino a generare negli anni Novanta una vera e propria alluvione di pubblicazioni sul
tema. Il coro dei critici è più forte negli Stati Uniti, ma anche in Europa possono essere ascoltati gli
echi di questa impostazione critica.
Le teorie del videomalessere affermano che la comune routine delle campagne partitiche e dei mezzi di
informazione ostacola l'impegno civico, vale a dire la conoscenza delle questioni pubbliche, la fiducia
nel governo e l'attivismo politico.1 Le teorie del malessere mediale condividono due assunti di fondo:
1) che il processo delle comunicazioni politiche eserciti un impatto significativo sull'impegno civico; e
2) che questo impatto sia in direzione negativa.
Non c'è nulla di particolarmente nuovo in queste affermazioni. Lungo tutto l'arco dell'Ottocento,
quando i giornali si erano già diffusi su larga scala, molti critici avevano espresso timore per gli effetti
della stampa popolare sul declino morale [Curran, Seaton, 1991]. Il fenomeno della yellow press
nell'ultimo decennio del secolo destò preoccupazione per i suoi possibili effetti negativi sulle questioni
pubbliche. Negli anni Venti e Trenta, le prime teorie sulla propaganda di massa si basavano
sull'assunto che i regimi autoritari potessero fuorviare e guidare il pubblico manipolando i bollettini e

1
  Questo studio prende in esame gli effetti del giornalismo informativo e per tale ragione esclude le teorie sociologiche
dirette invece ad esaminare in primo luogo l'impatto della visione dell'entertainment televisivo su questioni come il legame
sociale, l'impegno comunitario e il volontariato. Per una discussione v. Putnam [1995].

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i notiziari radiofonici [Lowery, DeFleur, 1995]. In epoche recenti abbiamo assistito a ripetute crociate
contro la supposta influenza negativa della musica pop, del cinema e degli spot pubblicitari [Starker,
1991].
Se negli ultimi tempi non si registrano novità sostanziali nelle basi strutturali di queste ipotesi, ciò
che oggi è cambiato, invece, è il loro notevole grado di diffusione "ortodossa". Esaminiamo ora le
diverse teorie del malessere mediale e, poi, prendiamo in considerazione alcuni dati che a tali teorie
fanno da base.

1. Le teorie del malessere mediale
Un punto di vista comune a diversi osservatori europei attribuisce il problema del disinteresse civico
in primo luogo all'utilizzo del marketing professionale da parte di partiti, candidati e governi. Uno dei
fatti che più vengono evidenziati in molti Paesi è l'importanza decrescente della campagna
"premoderna", fatta di comizi locali di partito, di propaganda "porta a porta" e di contatto diretto tra
elettore e candidato. L'origine della campagna "moderna" si caratterizza per il ricorso su larga scala
alle tecniche del marketing politico [Swanson, Mancini, 1996; Butler, Ranney, 1992; Bowler, Farrell,
1992]. La comunicazione strategica è una parte della "professionalizzazione" della campagna, che
attribuisce un ruolo maggiore ai tecnici esperti in pubbliche relazioni, gestione delle notizie,
pubblicità, speech-writing e ricerche di mercato.2
La crescita del marketing politico è stata ampiamente criticata ed accusata di accrescere il cinismo
del pubblico nei confronti dei leader e delle istituzioni. Il tema centrale è che le tecniche di "spin",
vendita e persuasione possano aver incrinato la credibilità dei leader politici.3 Se qualunque cosa in
politica viene progettata per essere attraente per il pubblico, allora può diventare difficile avere
fiducia nei messaggi o in chi se ne fa portatore.
Seppure sprovvisto di dati empirici sull'opinione pubblica, Bob Franklin [1994]offre una delle
declinazioni più chiare di questa tesi, denunciando «il confezionamento [packaging] della politica».
Molti altri hanno espresso il timore di una "americanizzazione" delle campagne elettorali in Gran
Bretagna, Germania e Scandinavia, e del possibile impatto che questo può produrre sulla fiducia del
pubblico nei confronti dei partiti politici [Pfetsch, 1996; Siune, 1998; Negride, Papathanassoloulos,
1996].
Il ripetuto ricorso alla pubblicità "negativa" o di attacco da parte di partiti e candidati ha anche
sollevato un certo numero di preoccupazioni sul fatto che questa consuetudine possa demobilitare
l'elettorato [Ansolabehere, Iyengar, 1995; Kaid, Holz-Bacha, 1995; Jamieson, 1984 e 1992; Johnson-
Cartee, Copeland, 1991].
Un approccio vicino a quello precedente, ma distino da esso, mette in relazione il problema del
disinteresse civico, piuttosto che con il processo del marketing politico in sé, con il modo in cui i
mezzi di informazione effettuano abitualmente la copertura delle campagne.
Negli anni Sessanta, Kurt e Gladys Lang [1966] sono stati i primi a mettere in connessione la crescita
dei network informativi con la diffusione dei sentimenti di distacco dalla politica americana. I
programmi televisivi - sostengono - alimenta il cinismo pubblico enfatizzando a dismisura il conflitto
politico e dando scarso spazio all'attività quotidiana di policy making a Washington. Questo processo
- hanno ipotizzato i Lang - esercita un impatto significativo su un "pubblico disattento", che si
imbatte casualmente nei fatti politici perché le capita di stare davanti alla televisione quando vengono
trasmessi i notiziari, ma che fondamentalmente è priva di interesse ed anche di un minimo di
conoscenza delle questioni pubbliche.4 All'epoca i Lang rappresentarono una voce isolata,

2
  Per un'analisi di questo processo in Gran Bretagna v. Norris, Curtice, Sanders, Scammell, Semetko [1999], e Norris
[1997].
3
  V. ad es. Jones [1995], Rosenbaum [1997].
4
  Secondo i Lang [1966] «lo stile televisivo di copertura degli eventi politici può influenzare l'orientamento generale
dell'elettore nei confronti del governo [...] I media, sosteniamo, possono stimolare negli individui delle reazioni difensive a
causa dell'enfasi posta sulla crisi ed il conflitto anziché sulla chiarificazione dei normali processi di decision-making».

2
essenzialmente perché l'opinione dominante nel campo della comunicazione politica era che i mass
media esercitassero effetti di scarso di rilievo sull'opinione pubblica.
L'idea prese piede alla metà degli anni Settanta, quando parve potesse offrire una spiegazione
plausibile della crescente alienazione del pubblico nell'era post-Vietnam e post-Watergate. Michael
Robinson [1976] per primo ha reso popolare il termine di "videomalessere" per descrivere il legame tra
la fiducia nel giornalismo televisivo americano e i sentimenti di cinismo politico, sfiducia sociale e
assenza di efficacy politica. Robinson sostiene che una maggiore esposizione alle notizie televisive,
con il suo "negativismo", le sue ricostruzioni di taglio conflittuale e il ricorso a temi anti-istituzionali,
genera disaffezione politica, frustrazione, cinismo, insicurezza e malessere. Secondo Robinson questo
processo si fa più evidente nel corso delle campagne elettorali, quando l'interesse degli spettatori
viene smorzato dall'enfasi posta dalla Tv sulla "corsa di cavalli" anziché sui problemi reali, dall'analisi
piuttosto che dall'informazione fattuale, e dalle eccessive "cattive notizie" sui candidati [Robinson,
Sheenan, 1983].
Molti altri [Becker, Sobowale e Casey, 1979; Becker e Whitney, 1980; McLeod, Brown, Becker e
Ziemke, 1977; Miller, Goldenberg e Erbring, 1979] hanno riproposto queste tesi nel corso degli anni.
Durante gli anni Novanta, goccia dopo goccia, le denunce sul ruolo dei mezzi di informazione sono
diventate un'inondazione e, quindi, un'idea estremamente diffusa a livello popolare. Secondo Entman
[1989], la stampa indipendente rispetta nella prassi ben pochi dei propri ideali etici, lasciando gran
parte degli americani nell’ignoranza e nel distacco nei confronti della politica. A giudizio di Neil
Postman [1985] i principali network, messi sotto pressione dall'emorragia di spettatori verso la tv via
cavo, hanno ceduto alla televisione scandalistica, a scapito di una seria copertura degli avvenimenti
politici. Ancora, secondo il parere di Roderick Hart [1994, 1996], la televisione produce un'illusione di
partecipazione politica, in qualche modo cloroformizzando l'America. Neil Gabler [1998] sostiene che
il processo politico è stato riconfezionato in una formula da show business.
Per Thomas Patterson [1993, 1996], la stampa, nel suo ruolo di gatekeeper delle elezioni, è divenuta
un'istituzione «con un ruolo sbagliato», risultando out of order nel sistema politico. Cappella e
Jamieson [1996, 1997] rilevano che le strategie di presentazione delle notizie politiche attivano una
forma di cinismo nei confronti della politica. Dautrich e Hartley giungono alla conclusione che i mezzi
di informazione «respingono gli elettori americani». James Fallows [1996] ritiene che le logiche di
accaparramento delle fasce più basse di mercato abbiano prodotto una rincorsa senza fine di tutto
ciò che è sensazionalistico, superficiale e populista.
L'elenco delle accuse non si ferma certo qui. I mezzi di informazione – e in particolare i notiziari
televisivi - vengono accusati di essere degli incubatori di malattie politiche. La messe dei critici si è
estesa ben oltre le mura delle accademie. Il Committee of Concerned Journalists, guidato da Tom
Rosentell e Bill Kovach [1999], ha discusso a lungo di potenziali riforme per l'intera professione.5
In Europa si possono udire voci dello stesso tenore, sebbene queste tesi di solito pongano
maggiormente l'enfasi sui mutamenti strutturali nella fabbrica delle notizie. Jay Blumler ipotizza che
«una crisi della comunicazione civica» abbia colpito l'Europa occidentale [Blumler, Gurevitch, 1995; v.
anche Blumler, 1990, e Blumler, 1997]. In molti temono che la competizione crescente da parte dei
canali commerciali abbia rovinato la qualità e la diversità del servizio pubblico televisivo [Achille,
Bueno, 1994]. Dahlgren sostiene che la sostituzione del servizio pubblico televisivo con i canali
commerciali abbia impoverito la sfera pubblica [Habermas, 1984, 1998; Dahlgren, Sparks, 1995;
Weymouth, Lamizet, 1996]. Schulz [1997, 1998] afferma che in Germania il declino del servizio
televisivo pubblico e la crescita dei canali commerciali, che danno risalto agli aspetti più
sensazionalistici e negativi delle notizie politiche, hanno probabilmente accresciuto il cinismo
pubblico. Kaase [2000] si dice preoccupato del fatto che tali mutamenti possano produrre pubblici
segmentati in base alla quantità di informazione politica a cui sono esposte, rafforzando con ogni
probabilità il knowledge gap.
Nel settore della carta stampata, l'idea più diffusa è che l'aumento di competizione per accaparrarsi
nuove quote di lettori abbia accresciuto la pressione sugli standard tradizionali di produzione delle
notizie, portando alla "tabloidizzazione" o "infotainment". Lo yellow journalism dell'ultimo decennio

5
    Cfr. The Pew Research Center for the People & the Press [1999].

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dell'Ottocento sbatteva abitualmente in prima pagina le debolezze morali e le inclinazioni sessuali dei
ricchi e famosi.
Il sensazionalismo, il crimine e lo scandalo sulle pagine dei giornali non sono certo una novità, in
quanto rappresentano l'alternativa popolare alla monotonia della vita politica [Gabler, 1998: 61]. Ma
oggi le notizie di routine e le prime pagine dei quotidiani dedicate agli scandali governativi appaiono
con frequenza decisamente maggiore rispetto ai decenni precedenti - possa essere la scarsa moralità
del governo in Gran Bretagna, Tangentopoli in Italia, Recruit e Sawaga in Giappone o l'affare
Lewinsky negli Stati Uniti [Lull, Hinerman, 1997]. È opinione comune che questa modalità di
copertura dei fatti corroda quei legami di fiducia che sono alla base delle relazioni sociali e
dell'autorità politica.
In molti sperano che Internet possa rappresentare la via di uscita per questi problemi, ma altri invece
temono che questo nuovo media possa rafforzare il cinismo politico. Owen e Davis [1998: 185]
giungono alla conclusione che Internet offre nuove fonti di informazione per coloro che sono già
interessati alla politica ma che, dati i livelli ineguali di accesso, ci sono buone ragioni per essere
scettici circa il potenziale innovativo di Internet sul terreno della partecipazione politica. Murdock e
Golding [1989] sono dell'idea che il nuovo medium possa semplicemente riprodurre, od anche acuire,
gli attuali squilibri nella partecipazione politica. Hill e Hughes [1998: 44] ritengono che Internet non
cambi la gente, ma che più modestamente permetta loro di fare le stesse cose in modo diverso.
Tirando le somme di quanto detto, ci accorgiamo che esistono delle differenze tra gli studiosi sulle
interpretazioni che vengono offerte del videomalessere.
Le interpretazioni centrate sulla campagna elettorale pongono l'enfasi sulla crescita del marketing
politico, con il suo lungo strascico di spin-doctors, consulenti pubblicitari e sondaggisti, che riducono
i contatti personali tra i cittadini e i loro rappresentanti.
Gli approcci strutturali mettono l'accento sui mutamenti istituzionali nei mezzi di informazione
comuni a molte società post-industriali come, ad esempio, le pressioni di tipo economico che
spingono la fabbrica delle notizie in basso verso i mercati più popolari, l'erosione del servizio televisivo
pubblico, e l'affermazione di un ambiente televisivo più frammentato e caratterizzato dalla
proliferazione di canali in reciproca competizione.
Al di là di queste importanti differenze, ciò che questi diversi approcci hanno in comune è per
definizione la credenza che il distacco del pubblico dalla politica sia dovuto, almeno in parte, al
processo della comunicazione politica in generale e, in particolare, al processo di comunicazione delle
campagne elettorali.
Di certo nella letteratura esistono anche ipotesi contrarie e il numero degli scettici che contestano
l'esistenza del videomalessere negli ultimi anni è cresciuta. In miei studi precedenti avevo riscontrato
che, contrariamente alla tesi del videomalessere, sebbene la visione della Tv fosse correlata ad un
certo numero di fenomeni di apatia, l'attenzione nei confronti dei mezzi di informazione era legata a
indicatori positivi di impegno civico, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, oltre che in altri Paesi
[Norris, 1996, 1997a, 2000a; Norris, Curtice, Sanders, Scammell e Semetko, 1999]. Kenneth Newton
[1997, 1999] ha mostrato che in Gran Bretagna la lettura di un giornale popolare e la visione di un
buon quantitativo di notizie televisive sono associate ad una maggiore conoscenza della politica, un
maggiore interesse e una maggiore comprensione della politica stessa. Cristina Holz-Bacha [1990] ha
messo in luce modelli simili associati all'attenzione nei confronti dei mezzi di informazione in
Germania, mentre Curtice, Schmitt-Beck e Schrott [1998] hanno riportano conclusioni positive di
taglio analogo in uno studio condotto in cinque nazioni sulle elezioni nei primi anni Novanta.6
L'esame più recente dei dati degli americani National Election Studies (NES) da parte di Stephen Earl
Bennett e dei suoi collaboratori [Bennett, Rhine, Flickinger e Bennett L., 1999], ha rilevato che
fiducia nella politica e fiducia nei mezzi di informazione vanno di pari passo, senza trovare neppure
una prova del fatto che la fruizione dei mezzi di informazione fosse correlata al cinismo politico.

6
 Questo studio ha riscontrato che coloro che in Gran Bretagna, Giappone, Spagna e negli Usa sono più assidui nella visione
delle notizie televisive o nella lettura dei giornali è più probabile che si dimostrino politicamente interessati ed impegnati.

4
Tuttavia, fino ad oggi le tesi contrarie al videomalessere sono state pubblicate in riviste diffuse solo a
livello accademico e, per questa ragione, vengono soffocate in partenza dal potere coro di lamenti
rivolti contro il modo in cui oggi si svolgono le moderne campagne.
Prima di fari trascinare sul carro dei sostenitori del videomalessere, dobbiamo chiederci quale sia, se
c'è, la solidità delle prove che sostengono questa ipotesi. In questa sede vogliamo prendere
brevemente in considerazione due fonti di dati che rendono scettici riguardo alla plausibilità di
alcune delle idee principali che fondano la tesi del videomalessere, nello specifico (nella Parte II) gli
indicatori aggregati delle principali tendenze strutturali che influenzano le campagne partitiche e i
mezzi di informazione nell'era successiva alla Guerra fredda, e (nella Parte III) i risultati delle ricerche
circa il tipo di impatto - a livello individuale - che viene esercitato sull'impegno civico dall'attenzione
presta alle campagne e ai media.

Parte II: le tendenze strutturali nella comunicazione politica
Al livello più generale, possiamo definire le campagne come un insieme organizzato di iniziative per
informare, persuadere e mobilitare. Utilizzando un semplice modello sistemico, la campagna include
tre elementi distinti: i messaggi che l'organizzazione di campagna sta cercando di comunicare, le
forme di comunicazione dirette e mediate che vengono impiegate da queste organizzazioni, e l'impatto
di questi messaggi sul loro pubblico specifico (v. la fig.1). Questo processo ha luogo all'interno di un
più vasto ambiente sociale e politico. Le campagne davvero efficaci comprendono anche un circuito
dinamico di retroazione, grazie al quale le organizzazioni di campagna apprendono informazioni dal
loro pubblico specifico e, di conseguenza, modificano i loro scopi e i loro obiettivi. Le campagne,
volendo schematizzare, riguardano l'interazione tra le organizzazioni di campagna, i mezzi di
informazione - come principali intermediari - e l'elettorato, per cui uno studio approfondito richiede
l'analisi di tutti e tre questi livelli.
Figura 1
I partiti e i candidati rappresentano le principali organizzazioni di campagna durante le elezioni, ma
tra gli attori politici che ricorrono alle campagne troviamo anche le organizzazioni comunitarie, i
gruppi di interesse tradizionali, le organizzazioni non governative, e i nuovi movimenti sociali nella
società civile, i mezzi di informazione - quando cercano di influenzare il processo politico - oltre alle
agenzie governative. Le campagne possono assumere diversi modelli e diverse forme, che vanno dalle
storiche battaglie pubblicitarie tra Coca e Pepsi, alle campagne di prevenzione sull'Aids messe in
campo dalle autorità sanitarie, ai tentativi di conquistare il sostegno emotivo del pubblico nella
"battaglia di Seattle". Le campagne possono essere considerate "politiche" quando il principale
obiettivo dell'organizzazione è quello di influenzare il processo e l'esito della governance.
Il primo impatto può essere informativo, se le campagne riescono a far prendere coscienza del
problema al pubblico e favorirne la conoscenza, possa essere una questione come i pericoli del fumo o
i problemi legati al buco nell'ozono. Oppure l'effetto di una campagna può essere quello della
persuasione, nel senso di rafforzare o modificare atteggiamenti e valori, come, ad esempio, i livelli di
sostegno per i principali partiti o la popolarità dei leader. O, ancora, le campagne possono esercitare
un qualche effetto sulla mobilitazione, termine con cui indichiamo forme di comportamento come la
partecipazione al voto. Da questo punto di vista, le campagne per le elezioni generali, in cui partiti e
candidati cercano di guidare l'opinione pubblica e influenzare il comportamento di voto,
rappresentano una particolare sotto-categoria, ma l'intensità, il volume degli sforzi, e la battaglia sui
messaggi in questi contesti sono spesso atipici in confronto ad altri tipi di campagne.
Mentre le forme e le tecniche della comunicazione politica si sono senza dubbio trasformate negli
ultimi cinquant'anni, il suo impatto sui contenuti dei messaggi non è stato ancora ben chiarito, e
ancora meno è stata chiarita l'influenza che la comunicazione politica esercita sul pubblico in
generale.
I mutamenti strutturali nelle campagne
Non c'è dubbio che le campagne in molti Paesi siano state trasformate mediante l'adozione su larga
scala delle tecniche del marketing politico. Alcuni case study ipotizzano che determinati Paesi non

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abbiano semplicemente importato l'intero armamentario della prassi delle campagne americane, ma
che i politici in Stati diversi tra loro come Israele, Argentina e Gran Bretagna appaiono dare sempre
più attenzione a congegni formali di retroazione come i sondaggi e i focus group, con una conseguente
espansione del ruolo dei professionisti delle campagne, provenienti dal mondo del marketing e delle
relazioni pubbliche. Ricerche comparate [Plassner, Scheucher e Senft, 1999] hanno messo in luce
che, in una sorta di "modello shopping", i partiti adottano qualunque tecnica che gli appaia efficace
nel loro particolare ambiente, integrando le vecchie forme di attività elettorale ma non rinunciando
mai del tutto a queste. Anche in America, le tradizionali forme di contatto con la base degli elettori
sono state mantenute, ad esempio in New Hampshire, accanto a forme più innovative di
comunicazione della campagna come i siti web.
In un lavoro precedente ho sostenuto che le campagne elettorali hanno seguito una evoluzione in tre
stadi principali (v. figura 2):
Figura 2
Le campagne pre-moderne presentano di solito tre caratteristiche fondamentali: l'organizzazione di
campagna si basa su forme dirette e attive di comunicazione interpersonale tra i candidati e i
cittadini a livello locale, con una pianificazione di breve termine e ad hoc da parte della leadership del
partito. Nel campo dei mezzi di informazione, la stampa partigiana agisce come principale
intermediario tra i partiti e il pubblico, e l'elettorato è legato da forti affiliazioni partitiche. In questa
fase storica, i partiti locali selezionano i candidati, suonano alle porte delle case, mettono i volantini
nelle cassette delle poste, individuano i quartieri da battere palmo a palmo, pianificano le risorse, e in
genere forniscono l'intera struttura di collegamento tra elettori e candidati. Per i cittadini il modello è
essenzialmente di tipo locale-attivo, intendendo dire con questo che il grosso dell'attività campagna è
concentrato all'interno delle comunità locali, condotto attraverso attività politiche energicamente più
dispendiose come i comizi, il porta a porta e le riunioni di partito.
Le campagne moderne vengono definite come quelle in cui un'organizzazione partitica coordinata più
attentamente al livello centrale da parte dei leader politici si dota della supervisione di consulenti
professionali esterni alla struttura come i sondaggisti. Nel campo dei mezzi di informazione, la
televisione diviene il principale luogo pubblico in cui si svolgono gli eventi della campagna -
un'esperienza più distante per la maggioranza degli elettori - integrando l'azione degli altri media. E
l'elettorato progressivamente comincia a svincolarsi dalle vecchie fedeltà di partito e di gruppo.
Consulenti professionisti professionisti conducono per conto dei politici sondaggi, progettano spot
pubblicitari, programmano il tema del giorno, i tour dei leader, le conferenze stampa e i servizi
fotografici, negoziano con la stampa e lottano per occupare una posizione di primo piano nei
telegiornali della sera. Di norma, per i cittadini, l'esperienza della campagna elettorale diviene
maggiormente passiva, nel senso che il luogo principale in cui si svolge la campagna sono gli studi
televisivi, così che gli elettori in maggioranza diventano spettatori più distanti e disimpegnati nel
processo complessivo della campagna.
Infine, le campagne post-moderne possono essere definite quelle campagne in cui il gruppo ristretto di
consulenti professionisti di pubblicità, opinione pubblica, marketing e news management diviene un
attore del processo con uguale peso dei politici, assumendo un ruolo più influente nel governo della
"campagna permanente", oltre a coordinare l'attività locale in stretta connessione con la base
militante. I mezzi di informazione si frammentano in un ambiente più complesso e meno intellegibile
in cui si moltiplicano canali, sbocchi e livelli. E l'elettorato diviene ancora più disallineato nelle sue
scelte partitiche. L'elezione può rappresentare il ritorno ad alcune delle forme di impegno politico
tipiche dello stadio pre-moderno, mentre i nuovi canali di comunicazione consentono una maggiore
interattività tra elettori e politici. Gli stili post-moderni della comunicazione possono essere
ricompresi concettualmente in un punto che sta tra la dimensione locale-attiva delle campagne
tradizionali e la campagna nazionale-passiva propria delle elezioni dominate dal mezzo televisivo.
Ovviamente ci si aspetta che le caratteristiche essenziali di questo modello possano cambiare a
seconda del contesto che viene preso in esame. Piuttosto che affermare una sorta di inevitabile
addensamento di tutte le campagne contemporanee nella categoria post-moderna, si può continuare
ad ordinare i differenti contesti dalla categoria pre-moderna a quella post-moderna, in base alla
diversa influenza esercitata da una serie di condizioni intermedie come il sistema elettorale,

6
l’apparato legislativo che regola le campagne e le risorse organizzative. Anche negli Stati Uniti si fa
ancora ricorso a tutte le diverse forme di attività di campagna, dalla politica faccia a faccia,
circoscritta ed altamente relazionale, delle primarie del New Hampshire, alla campagna capital-
intensive, guidata da sondaggi e spot pubblicitari, della California.
È importante quindi tenere ben presente che le nuove forme di comunicazione essenzialmente
integrano quelle precedenti, piuttosto che sostituirle in toto. Oggi il modello dell'attività di campagna è
potenzialmente più denso, con l'informazione che si sviluppa e corre attraverso canali più complessi e
differenti tra loro. La figura 3 rappresenta le tendenze dell'attivismo nelle campagne elettorali nelle
elezioni presidenziali statunitensi, evento per cui disponiamo della serie più lunga di rilevamenti
elettorali. Il modello mostra che in molti degli item considerati, piuttosto che evidenziare un declino di
alcuni di essi, dal 1952 al 1996 vi sono delle fluttuazioni prive di una tendenza chiara ed univoca. Il
declino più evidente riguarda la proporzione di americani disposti ad indossare un distintivo o un
adesivo propagandistico, ma in entrambi i casi si tratta di attività di importanza relativa ormai
passate di moda. A partire dagli anni Sessanta si assiste anche ad una lieve decrescita di lungo
termine dell'attivismo di partito, sebbene la proporzione di militanti sia oggi simile alla situazione
degli anni Cinquanta. La proporzione di americani impegnati in altri generi di attività di campagna,
come il contributo finanziario o la presenza alle riunioni politiche, rimane pressoché stabile. Internet
offre nuovi canali di comunicazione - ad esempio, il ricorso ai siti web da parte dei candidati per la
raccolta di fondi o il networking - ma i precedenti formati delle campagne continuano ad essere
utilizzati.
Figura 3
La tab.1 mostra come i modelli di comunicazione delle campagne varino da Paese a Paese anche nel
caso di eventi comuni a più nazioni come le elezioni per il Parlamento europeo, con differenti livelli di
discussione interpersonale e di comunicazioni dirette e indirette tra partito ed elettori. Mentre i mass
media risultano le fonti di informazione più comuni nella maggior parte dei Paesi, in ogni caso le
discussioni personali, i manifesti e i depliant elettorali continuano ad essere menzionati da molti
elettori come fonte primaria di informazione.
Tab. 1: Attivismo durante la campagna elettorale (elezioni del Parlamento europeo
1989)
                 Interpersonale  Comunicazione diretta partito-elettore.          Comunicazione mediata partito-elettore
(% di «sì»)        Ho Ho cercato       Ho          Ho   Ho letto  Ho letto   Ho letto Ho letto un            Ho        Ho
             parlato          di parlato partecipato materiale         un        una       servizio   ascoltato guardato
                  con convincere     a un        a un elettorale manifesto pubblicità giornalistico          un        un
              amici,   qualcuno militante    incontro inviato a elettorale     su un          sulla programma programma
            familiari   a votare        di pubblico o      casa             giornale      elezione radiofonico  televisivo
                     o            partito      ad un                                                      sulla      sulla
             colleghi                         comizio                                                  elezione  elezione
                    di
              lavoro
Belgio             19          4        4           3        11        17         16            14            9        30
Danimarca          42          6        6           3        14        17         25            33           18        58
Francia            39          8        5           3        18        25         14            26           19        51
Germania           40          4        9           7        16        35         23            32           19        61
Grecia             53          4        6          13        11        11         10            46           28        47
Irlanda            36          3       11           4        25        18         17            30           23        48
Italia             47          8        8          11        10        27         17            19            8        48
Lussemburgo        40          0        7           7        21        29         21            36           27        43
Olanda             37          3        4           3        14        14         15            34           12        47
Portogallo         26          2        3           4          5       16           8           15           11        55
Spagna             31          2        3           3        13        15         10            17           20        48
Regno Unito        32          7        4           1        32        11         15            30           18        50
EU12               38          6        6           5        17        22         16            26           16        51

Nota: D.: «Quale delle seguenti cose ha fatto nelle ultime due o tre settimane prima delle elezioni
europee?»
Fonte: Eurobarometro 31QA European Elections N.11819 EU12 Giugno-Luglio 1989.

                                                                                                                    7
I risultati di una serie di case study condotti in Europa suggeriscono che, invece di parlare di uno
sviluppo specificamente "americano" delle campagne, caratterizzato per esempio dal ricorso alla
pubblicità negativa, dalla personalizzazione della politica o da ingenti spese per la campagna -
pratiche che dovrebbero essere esportate di conseguenza in altri Paesi - sembra più appropriato
inquadrare i mutamenti nelle attività di campagna come parte del processo di modernizzazione che
ha la sua origine negli sviluppi tecnologici e politici comuni a molte società post-industriali.
Anziché condannare la "magia nera degli spin doctors", la professionalizzazione della comunicazione
politica può essere considerata come un'estensione del processo democratico se queste tecniche
contribuiscono a rendere i partiti più sensibili ai problemi che stanno a cuore all'elettorato. La
questione-chiave non è tanto l'accrescimento dell'impiego di tecniche di marketing in quanto tali -
fatto indiscutibile - quanto i loro effetti su politici ed elettori. È quest'ultimo il problema da tenere
nella dovuta considerazione.7
I cambiamenti strutturali nei mezzi di informazione
Anche la fabbrica delle notizie ha certamente modificato la sua fisionomia in conseguenza dei grandi
sviluppi tecnologici, socio-economici e politici del periodo successivo alla Guerra fredda. A partire
dagli anni Cinquanta abbiamo assistito ad una crescita della concentrazione proprietaria nel mondo
della carta stampata e, quindi, ad una diminuzione delle voci giornalistiche indipendenti disponibili
per i lettori. Al tempo stesso, tuttavia, buona parte delle tesi del videomalessere si dice preoccupata
del fatto che le vendite dei giornali abbiano subito un declino costante nelle società post-industriali.
Questo, però, non è vero. Come viene mostrato nella figura 3, nell'era post-Guerra fredda è cresciuta
la percentuale di spettatori televisivi ma, nello stesso periodo la vendita di giornali nei Paesi dell'Ocse
è rimasta stabile. Negli anni Ottanta la televisione pubblica, sottoposta ad un regime di monopolio
statale nella maggior parte dei Paesi dell'Europa occidentale, ha subito una accresciuta concorrenza
in seguito alla proliferazione di nuovi canali televisivi terrestri, via cavo, satellitari, digitali e a banda
larga. Dalla metà degli anni Novanta, l'esplosione di Internet ha posto una sfida diretta al predominio
del mezzo televisivo, una forma di conflitto che si trova ad uno stadio particolarmente avanzato in
Scandinavia e nell'America del nord.
Figura 4
Il risultato complessivo di queste dinamiche è una maggiore frammentazione e diversificazione di
formati, livelli e pubblico tra le diverse fonti di notizie disponibili. L'esame dei dati comparati in
nostro possesso suggerisce l'esistenza di cinque importanti trend, ciascuno denso di implicazioni per
le basi strutturali su cui poggiano le teorie del videomalessere.
In primo luogo, il consumo generale di notizie è in crescita. Negli ultimi trent'anni la proporzione di
europei che leggono regolarmente un quotidiano è quasi raddoppiata, e la proporzione di coloro che
guardano giornalmente le notizie dei telegiornali è salita dal 50% del 1970 a quasi il 75% nel 1999 (v.
tab.2). Un insieme di trend sociali - ivi comprese le caratteristiche associate ad un maggiore livello di
alfabetizzazione, ricchezza e tempo libero - ha quasi certamente contribuito a questa forma di
mutamento.
Tab.2: La crescita nella dimensione dei fruitori di notizie in cinque Paesi europei

% giornaliera                                           1970                           1999             Differenza
Leggere giornali                                           27                             45                  +18
Guardare notizie                                           49                             72                  +23
televisive
                                                           44                             46                   +2
Ascoltare notizie alla
radio

7
    Per una ampia trattazione del problema, cfr. Norris, Curtice, Sanders, Scammell e Semetko [1999].

8
Nota: Per la grande quantità di dati temporali comparati la fruizione mediale è comparata solo in
Belgio, Francia, Italia, Olanda e Germania. La fruizione mediale in tutti i 15 Stati dell’Unione europea
nel 1999 era superiore di circa 5-8 punti percentuali rispetto a questi dati.
Fonte: Rilevazioni Eurobarometro 1970, 1999
Secondo, la struttura della fabbrica delle notizie varia sensibilmente nei diversi Stati dell'Ocse e non in
tutte le società la televisione ha preso il posto dei giornali come fonte principale di notizie. Siamo
spesso portati a generalizzare, basandoci sulla letteratura americana ma facendovi ricorso in chiave
comparata per esaminare altre società post-industriali, il fatto che gli Stati Uniti presentino un tasso
particolarmente basso di consumo di giornali e notiziari televisivi (v. fig.5 e tab.3). Invece, altri Paesi
come la Svezia, l'Austria e la Germania sono consumatori ben più assidui della stampa, mentre ci
sono proporzioni molto più alte di fruitori sia di giornali che di notizie televisive in Finlandia, in
Olanda e, in misura minore, nel Regno Unito.

Tab. 3: Variazioni nelle fonti regolari di notizie in Europa e Stati Uniti, 1999
Paese                      Regolare lettura di        Regolare fruizione            Regolare ascolto            Utenti on-line
                         giornale (% di chi “lo   televisiva (% di chi “la   radiofonico (% di chi “la   (% dotati di accesso)
                           legge ogni giorno”)        vede ogni giorno”)        ascolto ogni giorno”)
Austria                                     54                         63                          67                      11
Belgio                                      30                         66                          42                      11
Danimarca                                   56                         76                          65                      44
Finlandia                                   69                         82                          49                      39
Francia                                     26                         58                          37                       9
Germania                                    63                         68                          56                       8
Grecia                                      17                         80                          19                       7
Irlanda                                     44                         66                          64                      14
Italia                                      29                         82                          23                      14
Lussemburgo                                 53                         71                          60                      22
Olanda                                      61                         76                          56                      32
Portogallo                                  16                         62                          27                       5
Spagna                                      27                         70                          32                       8
Svezia                                      58                         63                          47                      61
Regno Unito                                 49                         71                          45                      22
Usa                                         34                         53                          29                      49
Europa del Nord                             60                         71                          57                      48
Europa occidentale                          48                         70                          52                      17
Europa meridionale                          22                         74                          25                       9
EU15                                        45                         71                          47                      20

Note: Regolari lettori di giornali: legge le notizie sui giornali «ogni giorno». Regolare fruitore di notizie
televisive: vede la televisione «ogni giorno». Regolare ascoltatore radiofonico: ascolta le notizie alla
radio «ogni giorno». Europa del Nord: Danimarca, Finlandia e Svezia. Europa occidentale: Austria,
Belgio, Francia, Germania, Irlanda, Lussemburgo, Olanda e Regno Unito. Europa meridionale: Grecia,
Italia, Portogallo e Spagna.
Fonte: Eurobarometro 51.0 Primavera 1999; American National Election Study, 1998.

Figura 5

Inoltre, i formati e gli "sbocchi" delle notizie si sono diversificati. Di norma negli anni Sessanta gli
spettatori ricevevano l'informazione dai principali notiziari della sera, tra loro standardizzati, e dai
consueti programmi dedicati alle questioni pubbliche. Oggi questi format vengono integrati da
notiziari "24 ore su 24", giornali radio orari, riviste televisive e talk show, a cui va aggiunta la
panoplia di fonti di notizie on-line. Il numero di utenti di Internet è aumentato numericamente in
maniera incredibile in molte società post-industriali. A partire dagli ultimi anni Novanta, circa un
quinto degli europei, e la metà di americani e scandinavi, naviga on-line. La raccolta delle notizie

                                                                                                                            9
rappresenta una delle forme di utilizzo più diffuse di Internet negli Stati Uniti e in Europa. Il risultato
di questo insieme di mutamenti è che oggi è diventato molto più semplice che in ogni altra epoca
imbattersi, anche accidentalmente, nelle notizie.
In parte come conseguenza di ciò, negli ultimi decenni il substrato sociale del pubblico delle notizie si è
ampliato, specialmente per quanto riguarda la stampa. Le tabelle 4 e 5 mostrano dei modelli di
regressione che prevedono il substrato sociale dei lettori regolari di giornali e degli spettatori dei
telegiornali, facendo uso delle ricerche Eurobarometro in cinque Paesi nel 1970 e nel 1999. Il
risultato dei coefficienti standardizzati mostra che il numero di lettori è cresciuto in termini di livello
di istruzione, di genere e di classe, senza alcuna modifica del profilo di età dei lettori.

Tab.4: Modelli predittivi del numero di lettori dei giornali nel 1970, 1980 e 1999, EUS

                        Predittori dei lettori Sig.   Predittori di lettori di        Predittori di lettori di
                                  di giornali                        giornali                        giornali
                                        1970                            1980                            1999
DATI DEMOGRAFICI
Educazione                               .16   **                         .16    **                       .04    *
Genere: maschile                         .25   **                         .15    **                       .08    **
Età (in anni)                            .16   **                         .13    **                       .15    **
Ideologia di dx/sx                      -.04   **                        -.04    **                       .01
SES                                      .08   **                         .04    **                       .08    **
Reddito familiare                        .09   **                         .10    **                       .12    **
Urbanizzazione                           .02                              .10    **                       .01
FRUIZIONE DELLE
NOTIZIE
Fruizione di                             .11 **                           .19 **                          .18 **
telegiornali
Fruizione di giornali                    .15 **                           .12 **                          .16 **
radio
NAZIONE
Belgio                                  -.17   **                        -.07 **                         -.21    **
Francia                                 -.12   **                        -.25 **                         -.23    **
Italia                                  -.14   **                        -.27                            -.16    **
Olanda                                  -.01   **                        -.01 **                         -.05    *
Costante                                 .56                              .63                             .74
R2                                       .22                              .24                             .25
N.                                     8567                             6521                            6218
Note: La Tabella riporta i coefficienti beta standardizzati di predizione della frequenza della lettura di
giornali, basati sui modelli di regressione ordinaria ai minimi quadrati. Le variabili dipendenti sono
scale a 5 punti che misurano la frequenza della fruizione di giornali e notizie televisive, in cui
5=”fruizione quotidiana” e 1=”nessuna fruizione”. Sig. P. **>.01 *>.05

10
Tab. 5: Modelli di predizione del numero di ascoltatori di notizie televisive nel 1970,
1980 e 1999, EU5
                             Predittori di fruizione Sig.      Predittori di fruizione di Sig.           Predittori di fruizione di Sig.
                               di notizie televisive                   notizie televisive                        notizie televisive
                                               1970                                 1980                                      1999
DATI DEMOGRAFICI
Educazione                                     -.07 **                              -.03    **                               -.03
Genere: maschile                                .04 **                               .01    *                                 .00
Età                                             .16 **                               .09    **                                .14 **
Ideologia    di    destra-                     -.01                                  .05    **                                .04 *
sinistra                                        .01                                 -.05    **                                .01
SES                                             .08                                  .01    **                                .01
Reddito familiare
FRUIZIONE               DI
NOTIZIE                                              **                              .21 **                                   .21 **
Notizie televisive                             .13                                   .16 **                                   .08 **
Notizie radiofoniche                           .01
NAZIONE
Belgio                                        -.13 **                               -.02    *                                 .01
Francia                                       -.11 **                               -.06    **                               -.04 *
Italia                                        -.18 **                                .15    **                                .12 **
Olanda                                         .01                                  -.03    *                                 .05 *
Costante                                       3.3                                 3.25                                     3.65
R2                                             .08                                   .12                                      .11
N.                                           8567                                  8827                                     6218
Note: la tabella riporta i coefficienti beta standardizzati di predizione della frequenza della lettura di
giornali, basata sui modelli di regressione ordinaria ai minimi quadrati. Le variabili dipendenti sono
le scale a 5 punti che misurano la frequenza della fruizione di giornali e notizie televisive, in cui
5=”fruizione quotidiana” e 1=”nessuna fruizione”. Sig. P. **>.01 *>.05 Per i dettagli cfr. la Tab.3
Fonte: European Community Study 1970; Eubarometro 13.0, Aprile 1980….; Eurobarometro 50.1
Aprile 1999 ….
Infine, il nuovo ambiente dell'informazione ha sensibilmente aumentato le opportunità di essere
informati sulle questioni pubbliche su differenti canali, programmi, formati e livelli. Dagli anni
Settanta, la quantità di notizie e di trasmissioni sulle questioni pubbliche di attualità trasmesse dal
servizio pubblico televisivo è più che triplicata (v. la tab.6). E certamente questa stima non tiene in
considerazione lo sviluppo di nuovi servizi commerciali di notizie "24 ore su 24" come Sky e la Cnn.
Tab.6: L’espansione nella televisione pubblica dei notiziari, 1971-96
Paese                                             Cambiamento nel numero di ore nelle                 Cambiamento nel numero di ore di
                                                  trasmissioni informative e di attualità        trasmissioni di intrattenimento 1971-96
                                                                       politica 1971-96
Australia                                                                           +931                                            +42
Austria                                                                           +2489                                           +5105
Belgio                                                                              -507                                          +2321
Corea del sud                                                                     +2751                                           +5195
Danimarca                                                                            +21                                          +1391
Finlandia                                                                         +1051                                           +2474
Francia                                                                             -464                                          +6448
Grecia                                                                            +2709                                           +5324
Irlanda                                                                             +592                                          +4655
Italia                                                                            +7300                                          +12945
Norvegia                                                                            -115                                          +1342
Olanda                                                                              +963                                          +2243
Polonia                                                                           +4195                                           +3698
Portogallo                                                                        +2634                                          +12051
Repubblica ceca                                                                   +2648                                           +5848
Spagna                                                                              -238                                          +2469
Svezia                                                                             -1069                                           +992
Svizzera                                                                          +4251                                           +8315
Turchia                                                                           +7259                                          +14699
Ungheria                                                                          +3412                                           +2296
UE15
Totale Ocse

                                                                                                                                       11
Ma queste tendenze strutturali hanno fatto venire meno gli standard tradizionali nella copertura degli
eventi politici? Molti opinionisti hanno espresso il timore di un declino delle notizie "serie" di lungo
termine, come la copertura della politica internazionale, delle questioni di public policy e dei dibattiti
parlamentari. Gli stessi affermano che al loro posto le notizie si sono ridotte a trasformarsi in
"infotainment", concentrato su storie di debolezze umane legate allo scandalo, alla celebrità e al
sesso. I giornali "scandalistici" in Gran Bretagna, la boulevard press in Germania, e i notiziari
televisivi locali negli Usa, condividono un gran numero di caratteristiche.
Piuttosto che parlare di un'inesorabile crisi e decadenza dei principi del giornalismo responsabile,
sembra più corretto dar conto di queste tendenze degli anni Ottanta e Novanta inquadrandole
nell'ottica di una diversificazione del mercato in termini di livelli, formati e argomenti. Le notizie
"leggere" e l'"infotainment" sono certamente cresciuti in alcune fasce di mercato, ma anche la
disponibilità di una copertura seria degli eventi politici, delle questioni internazionali e delle notizie
finanziarie è dovunque notevolmente aumentata. I dibattiti interminabili al Senato mandati in onda
su C-Span coesistono oggi con le altrettanto interminabili discussioni su sesso e relazioni personali al
Jerry Springer Show. Si può trovare The Sun messo in edicola accanto a The Economist.
News.bbc.co.uk è accessibile tanto facilmente quanto i siti pornografici di Amsterdam.
Quando parliamo di "diversificazione" non intendiamo certo dire che l'intera società sia stata
progressivamente "trascinata verso il basso" dalle tendenze dei mezzi di informazione. Dando risalto
solo agli aspetti deteriori delle strategie di ampliamento delle fasce di mercato, come la visione del
desolante cicaleccio senza fine dei talk show sulle reti via cavo americane o il «se sanguina, attira»*8
che anima i notiziari locali delle televisioni americane, trascuriamo mutamenti altrettanto
fondamentali, ovvero la possibilità di assistere ai dibattiti legislativi dal vivo, di essere testimoni in
tempo reale di disastri naturali come le inondazioni in Mozambico, oppure di trovare informazione on-
line sui servizi offerti dall'amministrazione locale. Potenzialmente la diversificazione può portare ad
un altro pericolo, ovvero ad una maggiore divaricazione tra haves ed haves-not dell'informazione. Ma,
come abbiamo visto, negli ultimi venticinque anni il pubblico delle notizie si è notevolmente espansa
di dimensione e socialmente si è allargata, e non ristretta.
Le prove di altri supposti cambiamenti di lungo termine nella news culture restano limitate. Abbiamo
bisogno di dati più sistematici per stabilire, ad esempio, se c'è stata davvero una crescita nella
copertura negativa dei politici nel corso delle campagne elettorali, o se si sia davvero sviluppato un
rapporto più conflittuale tra i giornalisti e i governi. Ad ogni modo, gli studi attualmente disponibili
affermano in modo convincente che i mutamenti nella copertura degli eventi politici sono spesso
fortemente particolaristici e contestuali, anziché rappresentare nel loro insieme una tendenza
omogenea nelle società post-industriali. Ad esempio, la comparazione più esauriente delle culture
mediali in ventuno Paesi, basata su indagini condotte sui giornalisti, non ha riscontrato alcun
consenso riguardo ai ruoli professionali, i valori etici e le norme giornalistiche.9 Piuttosto che parlare
dell'affermazione di un singolo modello prevalente di giornalismo, basato sulle norme americane, ciò
suggerisce una considerevole diversità tra i singoli contesti a livello mondiale.
III: l'impatto sull'impegno civico
Arriviamo così alla questione che sta al centro del dibattito, ovvero se esista una dimostrazione
convincente del fatto che i mutamenti nella comunicazione politica abbiano spinto in direzione del
disimpegno civico. Le teorie del "malesseremediale" sostengono che l'esposizione ai messaggi della
campagna, in generale, e in particolare la copertura degli eventi politici da parte dei mezzi di
informazione, disincentiva il pubblico ad essere informato sulla politica, erode la fiducia nei leader

*
  L'espressione americana in rima if it bleeds it leads non può essere resa efficacemente nella nostra lingua [ndT].
9
  Le ricerche condotte sui giornalisti non hanno riscontrato un consenso generale riguardo a quanto sia importante fornire
una copertura analitica dei fatti, agendo come “cani da guardia” del governo, offrendo un reale servizio pubblico, e
riportando le notizie in modo accurato e oggettivo. Ad esempio, la proporzione dei giornalisti che pensano che il loro ruolo
di “cani da guardia” del governo sia “molto” o “estremamente” importante varia dal 33% in Germania, e il 66% negli Stati
Uniti, all’88% in Gran Bretagna. Cfr. Weaver [1998].

12
politici e nelle istituzioni governative e scoraggia la mobilitazione politica. Il risultato complessivo,
concludono i sostenitori di tali teorie, è che c'è stato un declino nella cittadinanza democratica attiva.
Un'eccessiva mole di dati non può essere presentata nel breve spazio di un saggio, ma altri miei lavori
[Norris 2000] dimostrano che le rilevazioni effettuate in una serie di ricerche condotte negli Stati Uniti
e in Europa, oltre che esperimenti condotti nel Regno Unito, ci portano a nutrire molti dubbi su
questo genere di conclusioni negative.
I risultati delle analisi mostrano che, contrariamente all'ipotesi del malessere mediale, l'attenzione nei
confronti delle campagne dei partiti e la fruizione dei mezzi di informazione sono entrambe
positivamente associate con un'ampia gamma di indicatori di conoscenza, fiducia e mobilitazione
politiche.
La gente che presta attenzione alle campagne elettorali, guarda più notiziari televisivi, legge più
giornali e naviga in Rete è decisamente più preparata, fiduciosa nel governo e partecipativa.
Tale relazione resta significativa anche dopo aver introdotto un insieme di controlli nei modelli di
regressione multivariata. Ad esempio, la tab.7 mostra il modello predittivo dell'attivismo di campagna
negli Stati Uniti, basandosi sui dati NES del 1998. Il risultato conferma che l'attenzione verso
giornali, notiziari televisivi e notizie della campagna elettorale disponibili su Internet è associata in
misura significativa con l'attivismo durante la campagna, anche dopo aver controllato il substrato
sociale.

Tab.7: Predittori dell’attivismo di campagna
                             Attivismo di campagna (i) Sig.         Attivismo di campagna (ii) Sig.
STRUTTURALE
Educazione                                          .13   **                                .04
Genere: maschile                                    .09   **                                .04
Età                                                 .08   *                                 .03
Reddito familiare                                   .08   *                                 .15 **
ATTITUDINALE
Discussione politica                                .12 **                                  .11 **
Ideologia lib.-cons.                                .01                                     .06
FRUIZIONE DEI MEZZI
DI INFORMAZIONE
Fruizione dei mezzi di
informazione                                        .13 **
Giornali
Notizie nazionali                                                                           .08 *
Notizie locali                                                                              .11 *
Notizie radiofoniche                                                                       -.01
Notizie della campagna                                                                      .05
in rete                                                                                     .12 *
Costante                                           -.82                                   -1.01
R2                                                  .10                                     .08
Note
Lungi dall'essere un caso di "eccezione americana", ritroviamo questo modello in Europa e negli Stati
Uniti. Si riscontrano relazioni positive simili in Europa, facendo ricorso ad indicatori di conoscenza
delle questioni pubbliche e di fiducia politica [per i dettagli v. Norris 2000]. La tab.8 mostra come
l'attenzione nei confronti della campagna partitica, dei notiziari televisivi e dei giornali sia
positivamente associata con i tassi di partecipazione elettorale nelle elezioni per il Parlamento
europeo nel 1989 e nel 1994, anche dopo aver sottoposto i dati al controllo incrociato dei fattori che
caratterizzando il pubblico delle notizie, come il loro substrato educativo e l'interesse politico. Ripetuti
test, che hanno fatto ricorso a differenti insiemi di dati, in diversi Paesi, in differenti periodi durante
gli ultimi venticinque anni, confermano questa relazione.

                                                                                                         13
Tab.8
Le prove in nostro possesso indicano decisamente che il pubblico non è un semplice ricettore passivo
del flusso di comunicazione politica a cui viene sottoposto - come presupporrebbe un più che datato
modello "stimolo-risposta" - ma, al contrario, vaglia criticamente ed attivamente, scarta e interpreta
l'informazione che gli viene messa a disposizione. Un pubblico più istruito e colto è in grado di
utilizzare l'insieme più complesso di nuove fonti e messaggi partitici per trovare il tipo di informazioni
di cui ha bisogno per compiere le proprie scelte politiche. I risultati delle ricerche mostrano che
l'esposizione alle notizie non è in alcun modo correlata al disimpegno civico né in America né,
tantomeno, in Europa.

IV: Conclusioni: un circolo virtuoso?
Per quale ragione dovremmo riscontrare una correlazione positiva tra impegno civico e attenzione ai
mezzi di informazione? Esistono tre possibili risposte, che non possono essere trattate
esaurientemente in questa sede.
Una spiegazione è quella degli effetti di selezione. In base a questo tipo di spiegazione, coloro che sono
(per qualsiasi ragione) maggiormente predisposti alla partecipazione politica potrebbero certamente
essere più interessati a tenersi informati sulle notizie che riguardano le questioni pubbliche, così la
direzione della causazione dovrebbe essere unidirezionale, dalle precedenti attitudini all'utilizzo dei
mezzi di informazione. Questo punto di vista è coerente con la letteratura sugli "usi e gratificazioni",
che sostiene che le abitudini nel consumo mediale riflettano predisposizione pregresse nel pubblico:
quelli che amano il football vanno a cercare i risultati sportivi, quelli che investono a Wall Street
controllano le pagine economiche, e la gente interessata alla politica legge gli editoriali sul governo e
le politiche pubbliche [Blumler, Katz, 1974.] Ma se prendiamo per buono un modello che presuppone
semplicemente un effetto di selezione unidirezionale, questo implica che, pur facendo ampio consumo
di notizie sugli affari pubblici, non apprendiamo praticamente alcunché di nuovo da questo processo,
una proposizione che appare subito assolutamente non plausibile.
Una risposta alternativa potrebbe essere quella degli effetti dei media. In questa forma differente di
spiegazione, si afferma che il processo che consiste nel vedere o leggere di affari pubblici (per
qualunque ragione) con buona probabilità accresca il nostro interesse per - e la nostra conoscenza de
- il governo e la politica, rappresentando in questo modo uno stimolo alla partecipazione politica.
Secondo questa interpretazione, più noi guardiamo o leggiamo, più siamo in grado di apprendere. Le
abitudini di fruizione delle notizie possono essere indotte da un certo numero di fattori come i modelli
di tempo libero e i programmi di informazione: la gente può "impossessarsi" delle notizie poiché segue
una famosa sit-com, o perché le stazioni radio mandano in onda le notizie tra un brano musicale e
l'altro, o ancora perché una famiglia sottoscrive un abbonamento con consegna a domicilio ad un
giornale. In quest'ottica, la direzione di causalità dovrebbe di nuovo essere unidirezionale, ma in
questo caso che si muove dalle precedente abitudini di consumo mediale ai conseguenti atteggiamenti
politici.
Entrambi i punti di vista trovano plausibilità in base al tipo di associazioni che noi poniamo in
essere. L'uno o l'altro potrebbero essere corretti. Non è possibile, in questo caso ancora più che in
altri, risolvere la direzione di causalità in base a sondaggi cross-sectional dell'opinione pubblica
condotti in un preciso momento temporale.
Ma sembra più plausibile e convincente assumere un processo interattivo bi-direzionale o circolo
virtuoso. Attraverso una ripetuta esposizione di lungo periodo, simile al processo di socializzazione nel
nucleo familiare o nel luogo di lavoro, può venirsi a creare un "circolo virtuoso" in cui i mezzi di
informazione e le campagne partitiche svolgono la funzione di attivazione di chi è attivo (to activate
the active). Coloro che sono maggiormente interessati e bene informati prestano più attenzione alle
notizie politiche. Il venire a conoscenza di un numero ulteriore di informazioni riguardo alle questioni
pubbliche (le posizioni politico-programmatiche dei candidati e dei partiti, l'attività del governo, la
gravità dei problemi sociali ed economici che la nazione si trova a dover affrontare) riduce gli ostacoli
ad un ulteriore impegno civico. In questa impostazione teorica, la "ruota cingolata" del rafforzamento
spinge in una direzione che si rivela salutare per la democrazia.

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