Guardian Angels: le donne ranger che proteggono gli animali in Sudafrica - GLOBElife

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Guardian Angels: le donne ranger che proteggono gli animali in Sudafrica - GLOBElife
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Guardian Angels: le donne ranger che proteggono gli animali in
Sudafrica
Yenzekile Mathebula 28 anni, Nocry Mzimba 26, Qolile Mathebula 26, Naledi Malungane 19, Tsakane Nxumalo 25. Non sono
modelle, ma ranger, sergenti, modelli di vita. Vegliano sugli animali della Balule Natural Reserve, nella Greater Kruger Area, in
Sudafrica. E lottano contro i bracconieri che devastano la fauna per una promessa di giovinezza, un capriccio e quant’altro
taluni, troppi, ancora cercano nel corno di un rinoceronte, nel mantello di un ghepardo, nella testa orgogliosa di un leone... Sono
le donne della Black Mambas Antipoaching Unit – creata nel 2013 da Craig Spencer di Transfrontier Africa NPC (società senza
scopo di lucro che gestisce aree protette) e che proteggono tutti i confini della riserva, 62mila ettari. Spencer qui ci racconta lo
spirito e le azioni della Black Mamba Antipoaching Unit, i cui membri (alcuni) sono protagonisti dello shooting realizzato dal
celebre fotografo sudafricano Pieter Hugo per il numero di Vogue Italia di gennaio 2021.

Da dove è nata l'idea di creare la Black Mamba Antipoaching Unit? Nel 2012, i bracconieri hanno avuto un impatto
devastante sulla popolazione di rinoceronti in libertà. Avevamo bisogno di un nuovo approccio, era evidente che le tradizionali
tecniche anti-bracconaggio non avevano creato resilienza per il paesaggio protetto. Le dinamiche erano cambiate, dal punto di
vista socio-politico ed economico, e così pure il paesaggio, con la terra tribale all’interno delle aree, nessun confine netto con i
vicini, molti più varchi di accesso per il turismo, copertura di telefoni cellulari nella maggior parte dei luoghi ... Siamo stati colti
alla sprovvista.

L’idea di avvicinarsi alle comunità tribali che vivono all’interno dei nostri confini, chiedendo loro di aiutarci a selezionare giovani
donne da formare contro il bracconaggio, è nata una notte, intorno al fuoco del campo. Avevamo bisogno di una finestra sulla
comunità. Avevamo bisogno di alleati sui nostri confini. Più che mai, avevamo bisogno di un investimento a lungo termine che
costruisse un paesaggio di area protetta resiliente, instillando una serie di valori nelle comunità tribali.

Le giovani donne sono le prime a prendersi cura delle comunità, ed è proprio investendo su di loro che possiamo ottenere un
vantaggio multi-generazionale. Sono vitali all’interno del loro gruppo e portano con sé valori che dovevamo immettere
nell’arena della conservazione: il senso del prendersi cura, dell’educare, e una bussola morale.

Qual è l’obiettivo che si è posta la Black Mamba Antipoaching Unit sin dalla sua fondazione, nel 2013? Costruire modelli
di ruolo. Modelli di comportamento a cui i giovani possano guardare. Cerchiamo di sviluppare un atteggiamento patriottico nei
confronti della fauna selvatica e del paesaggio, investendo appunto nelle persone il cui ruolo è prendersi cura, e nei bambini
piccoli. L’obiettivo immediato era quello di individuare chi potesse rilevare e segnalare il bracconaggio e comportamenti
antisociali, ben prima che i rinoceronti fossero perduti, quindi il parco doveva essere il più possibile indesiderabile o non
redditizio per i bracconieri: giocando d’anticipo, si può dare una risposta rapida e bloccare così i loro piani.

I bracconieri non vogliono essere scoperti o arrestati. Pertanto, i Mambas pattugliano i punti più probabili di incursione al confine
dell’area protetta, che chiamiamo "zona cuscinetto". Una presenza visiva di giorno e di notte funge da deterrente e ogni
potenziale minaccia viene identificata precocemente. I bracconieri pianificano e spendono soldi per soddisfare la domanda di
corna di rinoceronte. Devono pagare un informatore, il tradizionale guaritore, magari noleggiare un’arma, un veicolo e un
autista... Se tornano a casa a mani vuote, perché i rischi erano troppo alti… ecco, noi ci siamo guadagnati la giornata, li abbiamo
costretti a cambiare strategia, a utilizzare tempi e aree meno ottimali per il bracconaggio: non possono più approfittare della
luna piena o effettuare una rapida cattura.

Come è organizzata questa unità? Quali sono i compiti dei suoi membri ogni giorno? I Mamba sono divisi in quattro unità,
per coprire un vasto territorio. Ogni unità trova una postazione adatta, dalla quale il pattugliamento sia facile. Ognuna è
articolata secondo dei ranghi e riporta direttamente alla propria Sala Operativa. Le pattuglie iniziano all’alba, a piedi; poi al
tramonto, con dei veicoli questa volta, per il rischio di imbattersi in animali selvatici. Una piccola squadra armata è sempre
pronta nelle vicinanze.

Vanno alla ricerca delle trappole dei bracconieri, ispezionano edifici o campi. Un altro aspetto importante del loro lavoro sono i
blocchi stradali all'interno delle aree protette, per perquisiti i veicoli in entrata e in uscita. La notte, alcune squadre si
posizionano in punti strategici, per osservare e ascoltare i colpi di arma da fuoco o le luci dei bracconieri.

Le unità Mamba fanno parte di una strategia più ampia e lavorano in di concerto con altre iniziative anti-bracconaggio.

Perché l’idea di un’unità femminile? C’erano già altri esempi? E cosa ha di speciale il lavoro delle donne? Black Mamba
è stata la prima unit nel suo genere. Ne siamo orgogliosi. Le donne portano un diverso insieme di valori nelle loro comunità e
una bussola morale che crediamo importante per la difesa della fauna selvatica. Offrono poi molto di più del semplicistico un
approccio maschilista alla conservazione, e non hanno bisogno di stampelle per l’ego come le ultime 4x4 o grandi distintivi e
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gadget. Fanno semplicemente il loro lavoro, per il bene delle loro famiglie e per la propria gratificazione.

Da quando è nata la Unit, ci sono stati cambiamenti? Abbiamo iniziato con un piccolo team di 6 Mamba nel 2013. Da allora
abbiamo avuto quattro assunzioni e ora siamo a 36, in diverse zone. C’è una squadra di pattuglia K9 e specialisti come
conducenti 4x4, ufficiali di pronto soccorso, operatori K9, ecc. Ora hanno un quartier generale, con i propri workshops, piazza
d’armi e strutture per l’addestramento. C'è una fattoria di ortaggi Mamba nel quartier generale, dove ci impegniamo per la
sicurezza alimentare nelle loro famiglie.

Grande importanza ha la pattuglia della comunità e del team educativo. Questa squadra raggiunge 1300 bambini della scuola
primaria ogni settimana e lavora con 10 scuole primarie nelle tre comunità target. Gestisce il proprio centro di risorse della
comunità, dove ai bambini vengono insegnate abilità come l'agricoltura e la cura degli animali (per i loro asini e animali
domestici). Per lo più, i Mamba ora si gestiscono da soli.

Delle Mambas ho letto che hanno “un approccio comunitario alla protezione della fauna selvatica concentrato
sull’educazione e l’empowerment delle persone delle comunità locali”…Sì, il loro ruolo è sia nell’ambito della
conservazione della fauna selvatica, sia nelle loro case. Investiamo in entrambi. Questo crea un modello di ruolo desiderabile
per i giovani e i loro coetanei. Oltre all’azione nelle scuole, hanno identificato le famiglie più bisognose e le sostengono, anche
ora, durante la crisi del COVID-19, assicurando che abbiano accesso ai bisogni primari come acqua e cibo.; inoltre, hanno
creato orti comunitari e si prendono cura degli animali domestici che hanno un ruolo vitale nelle loro comunità.

Ben consolidati piani scolastici per i bambini garantiscono la continuità nel loro investimento nella comunità. Il loro centro risorse
è strategicamente posizionato per eventi tribali e consente ai giovani di costruire la sicurezza alimentare e diventare parte di
una collettività globale.

Le Mambas sono le "ragazze di riferimento", hanno capacità e risorse che ne fanno figure importanti per i loro vicini e amici.

Quali sono i risultati raggiunti da quando Black Mamba Anti-poaching Unit è nata? La prima zona in cui i Mambas sono
stati schierati, nel 2013, era pesantemente presa di mira dai bracconieri di carne di boscaglia. Molti animali come leoni,
rinoceronti neri, elefanti e persino ghepardi vi erano stati catturati. Dal loro arrivo, il bracconaggio con le trappole è diminuito di
oltre il 90% nel primo anno e continua su questa strada.

Oltre a questo, la Unit ha permesso il rilevamento di circa il 70% delle incursioni attraverso i confini nelle sue aree di
dispiegamento. Nove campi di bracconieri sono stati distrutti e molti sono stati gli arresti. Il loro ruolo è sempre il rilevamento
precoce e la segnalazione accurata, che consente un rapido follow-up.

Com’è stato lavorare con il mondo della moda e Vogue Italia? Dal mio punto di vista, come Managing Director, ha rafforzato
la loro fiducia e li ha proiettati come modelli di ruolo nella loro cerchia di amici e colleghi. Per loro è stata una meravigliosa
opportunità di sperimentare un’altra parte del loro Paese, di viaggiare e diventare parte della comunità globale. Hanno sentito
che il mondo le ha notate e questo ne ha aumentato l’autostima. Un vero privilegio per chi è cresciuto in un villaggio tribale
impoverito al confine del Kruger National Park.

Ecco alcune immagini tratte dal servizio di Pieter Hugo.

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Tsakane Nxumalo. Giacca smanicata, Paria/Farzaneh; abito di satin, Jil Sander by Lucie and Luke Meier.
Pieter Hugo

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Naledi Malungane. Top e pantaloni di cotone con ricamo “Fleurs Pietro Ruffo”, camicia di popeline, Dior.
Pieter Hugo

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Giacca, top e cappello di cotone, Kenzo.
                                   Pieter Hugo

                                   Crediti moda: Photography by Pieter Hugo Styling by Raphael Hirsch In tutto il servizio: gioielli, Alighieri, Dior e Susan Caplan.
                                   Special thanks to David Sessions

                                   Sfogliate il servizio fotografico sul numero di gennaio di Vogue Italia, in edicola dal 7 gennaio

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