GIORGIO AGAMBEN CHE COS'È REALE?

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GIORGIO AGAMBEN CHE COS'È REALE?
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GIORGIO AGAMBEN
CHE COS'È REALE?
 LA SCOMPARSA DI MAJORANA

         NERI POZZA
         I COLI BRl
«Decidendo, quella sera di marzo del 1938,
 di sparire nel nulla e di confondere ogni traccia
sperimentalmente rilevabile della sua scomparsa,
   [Majorana] ha posto alla scienza la domanda
       che aspetta ancora la sua inesigibile
e, tuttavia, ineludibile risposta: che cos'è reale?»

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                                    ISBN: 978-88-545-1407-2

                                   9 788854 514072
Quarant'anni dopo il libro di Sciascia, il
mistero della scomparsa di Ettore Majo­
rana, avvenuta il 25 marzo 1938, è rimasto
immutato. Com'è possibile che il più pro­
mettente e geniale fra i fisici riuniti intorno           I COLIBRi
a Enrico Fermi sia sparito senza lasciare
traccia? Sciascia aveva ipotizzato che la de­
cisione di scomparire e di abbandonare
la fisica fosse stata presa da Majorana nel
momento in cui si era reso precocemente
conto che le ricerche di Fermi avrebbero
portato alla bomba atomica, ma la sua
ipotesi è stata sempre smentita dai fisici.
Agamben in questo libro affaccia un'altra
e più persuasiva ipotesi.
Analizzando attentamente un articolo po­
stumo di Majorana sul Valore delle leggi sta­
tistiche nella fisica e nelle scienze sociali, che
dimostra che nella fisica quantica la realtà
deve dissolversi nella probabilità, Agamben
suggerisce che Majorana, scomparendo
senza lasciare tracce, ha fatto della sua per­
sona la cifra stessa dello statuto del reale
nell'universo probabilistico della fisica con­
temporanea e ha posto alla scienza una do­
manda che aspetta ancora la sua risposta:
che cos'è reale?

In copertina: Alberto Savinio, Le /empiefoudroyé, 1931.
Collezione privala, courtesy Farsettiarte, Pralo

Grafica: Corrado Bosi, cdf�ittica.it
Dello stesso autore:
Il Regno e la Gloria                               GIORGIO AGAMBEN
La potenza del pensiero
Altissima povertà
L'uso dei empi
                                                   CHE COS'È REALE?

                                                    La scomparsa di Majorana

© 2016 Neri Pozza Editore, Vicenza
ISBN 978-88-545-1407-2
                                                          NI RI POZZA

Il nostro indirizzo internet è: www.neripozza.it
1. La sera del 25 marzo 1938, alle 22.30, Etto­
re Majorana, considerato fra i fisici più dotati
della sua generazione, s'imbarcò da Napoli, dove
da un anno ricopriva la cattedra di Fisica teori­
ca, su un piroscafo della società Tirrenia diretto
a Palermo. Da quel momento, a parte notizie e
ipotesi non confermate, del «giovane professore
di anni trentuno, alto metri 1.70, snello, coi
capelli neri, occhi scuri e una lunga cicatrice sul
dorso di una mano» - come recita l'annuncio
pubblicato il 17 aprile sulla rubrica Chi l'ha
visto? de «La Domenica del Corriere» - si perse
ogni traccia. Malgrado ricerche a cui si interes­
sarono le autorità di polizia e, su pressione di
Fermi, lo stesso capo del Governo, Ettore Majo­
rana era scomparso per sempre. I familiari non
accettarono mai l'ipotesi, di cui la polizia sem­
brava invece convinta, del suicidio e non solle­
citarono la dichiarazione di morte presunta cui
si ricorre in casi del genere. Di qui il diffonder­
si di leggende incontrollabili sulla fuga dello
GIORGIO AGAMBEN                                                                                CHE COS'È REALE

scienziato in Argentina o nella Germania nazista,      ricordo almeno fino alle undici di questa sera, e
sul suo ritiro in un convento e sulla sua ricom­       possibilmente anche dopo».
parsa negli anni Settanta come barbone in Sici­            Majorana si riferisce ali'atto che sta compien­
lia e a Roma.                                          do come alla «mia improvvisa scomparsa» e non
    I soli documenti certi da cui deve partire ogni    come a un suicidio, e precisa subito dopo che
riflessione sulla scomparsa di Majorana sono le        ricorderà gli amici dell'Istituto di fisica «fino alle
lettere che egli ha scritto il giorno stesso della     undici e possibilmente anche dopo». Lintenzio­
partenza e in quello successivo. Un esame atten­       ne di suggerire spiegazioni discordanti è già evi­
to dei testi mostra che Majorana, nel momento          dente: «fino alle undici» può, infatti, riferirsi a
stesso in cui ha deciso di scomparire, sembra          un presagio di morte, ma com'è stato osservato,
suggerire per il suo gesto spiegazioni divergenti,     è affatto improbabile che, avendo tutta la notte
come se volesse confondere le tracce, lasciando­       davanti a sé, egli intendesse gettarsi in mare solo
lo intenzionalmente aperto a interpretazioni           mezz'ora dopo la partenza, quando i marinai e
contrastano.                                           i passeggeri ancora desti sui ponti lo avrebbero
    Il giorno stesso della partenza scrive a Carrel­   certamente visto. Ancora più fuorviante è, da
li, suo collega nell'università di Napoli, la lette­   questo punto di vista, il «possibilmente anche
ra seguente:                                           dopo», che sembra smentire, anche se in via ipo­
    «Caro Carrelli,                                    tetica, ogni idea di suicidio. Da notare, inoltre,
    ho preso una decisione che era ormai mevi­         l'affermazione della motivazione assolutamente
tabile. Non vi è in essa un solo granello di egoi­     non soggettiva ( «non vi è in essa un solo gra­
smo, ma mi rendo conto delle noie che la mia           nello di egoismo») della sua decisione. E che, in
improvvisa scomparsa potrà procurare a te e agli       realtà, Majorana non pensasse a un suicidio,
studenti. Anche per questo ti prego di perdonar­       sembra provato dall'unico altro dato sicuro: pri­
mi, ma soprattutto per aver deluso tutta la fidu­      ma di partire, egli aveva ritirato una cospicua
cia, la sincera amicizia e la simpatia che mi hai      somma di denaro e portato con sé il passaporto.
dimostrato in questi mesi. Ti prego anche di               La lettera che egli lascia all'albergo per i geni­
ricordarmi a coloro che ho imparato a conosce­         tori suona, invece, come un annuncio di suici­
re e ad apprezzare nel tuo Istituto, particolar­       dio, anche se la morte è curiosamente evocata
mente a Sciuti; dei quali tutti conserverò un caro     solo attraverso le sue conseguenze sul vestiario:

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«Ho un solo desiderio: che non vi vestiate di         parsa, l'accento è messo sulle motivazioni non
nero. Se volete inchinarvi all'uso, portate pure,     psicologiche della rinuncia («non mi prendere
ma per non più di tre giorni, qualche segno di        per una ragazza ibseniana, perché il caso è dif­
lutto. Dopo ricordatemi, se potete, nei vostri        ferente»). "Il caso è differente": si tratta quindi
cuori e perdonatemi».                                 - questo Majorana suggerisce implicitamente
   Il 26 marzo, Carrelli ricevette un laconico        all'amico - di comprendere quale sia la natura
telegramma che smentiva la lettera appena invia­      particolare del "caso" in questione.
ta e ne prometteva una nuova: «Non allarmarti.           Il comportamento di Majorana smentì pun­
Segue lettera. Majorana». La nuova lettera, data­     tualmente anche il contenuto di questa lettera.
ta "Palermo 26 marzo 1938-XVI" (notare la data­       Benché alla compagnia di navigazione il bigliet­
zione col riferimento all'era fascista, come se si    to di ritorno risultasse utilizzato e un'infermiera
trattasse di un documento ufficiale) annunciava       che lo conosceva dichiarasse di averlo intravisto
infatti l'imminente ritorno dello "scomparso":        in una via di Napoli, Majorana non ricomparve
   «Caro Carrelli,                                    all'albergo Bologna né si presentò all'Università
   spero che ti siano arrivati insieme il telegram­   per dimettersi dall'insegnamento. Era ora vera­
ma e la lettera. Il mare mi ha rifiutato e ritor­     mente scomparso - e per sempre.
nerò domani all'albergo Bologna, viaggiando               Una prima conclusione che si può trarre
forse con questo stesso foglio. Ho però intenzio­     dall'esame delle lettere è che la realtà dei fatti
ne di rinunciare all'insegnamento. Non mi pren­       non corrisponde mai puntualmente a quella in
dere per una ragazza ibseniana, perché il caso è      esse evocata, la quale si presta, d'altra parte, a
differente. Sono a tua disposizione per ulteriori     interpretazioni divergenti, di cui l'autore non
dettagli».                                            poteva non essere consapevole. Majorana non è
   Ancora una volta, l'accenno a un rifiuto da        sparito dopo la prima lettera, che annunciava il
parte del mare può suggerire un proposito             suo definitivo congedo, e non è ricomparso dopo
abbandonato di suicidio (ma anche di un viaggio       la seconda, che comunicava la sua ricomparsa.
per mare); alla decisione di scomparire, si sosti­    Né si è ucciso, come sembrava implicito dalla
tuisce, però, ora quella, presentata in qualche       lettera ai familiari. La sola cosa certa, tuttavia, è
modo come equivalente, di rinunciare all'inse­        che egli è effe�tivamente e irrevocabilmente
gnamento. Come nella prima lettera per la scom-       scomparso e ha altrettanto irrevocabilmente

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rinunciato all'insegnamento di Fisica teorica,       ducevano sulla radioattività potevano portare
ma, in entrambi i casi, non nelle modalità sug­      alla scissione dell'atomo di uranio. «Majorana
gerite dalle lettere.                                era secondo Fermi un genio. E perché dunque
   La scomparsa di Majorana è, cioè, altrettanto     non avrebbe potuto vedere o intuire quel che gli
certa quanto improbabile (nel senso letterale del    scienziati di terzo, secondo e primo rango anco­
termine: essa non può essere in alcun modo pro­      ra non vedevano o non intuivano? Peraltro già
vata e accertata sul piano dei fatti). Costante è    nel 1921, parlando delle ricerche atomiche di
soltanto l'affermazione delle motivazioni non        Rutherford, un fisico tedesco aveva avvertito:
psicologiche né soggettive tanto della scomparsa     "Viviamo su un'isola di fulmicotone"; ma aggiun­
che della rinuncia. Il suo "caso" è in ogni senso    geva che, grazie a Dio, ancora non avevano tro­
davvero "differente".                                vato il fiammifero per accenderla (è evidente che
                                                     non gli passava per la testa di non accendere il
                                                     fiammifero una volta trovato). Perché quindici
2. Alle possibili motivazioni della scomparsa di     anni dopo un genio della fisica, trovandosi di
Majorana, Leonardo Sciascia ha dedicato nel          fronte alla virtuale, anche se non riconosciuta,
1975 un libro esemplare, che ha giustamente          scoperta della fissione nucleare, non potrebbe
richiamato l'attenzione su un caso troppo singo­     aver capito che il fiammifero c'era già ed esser­
lare per poter essere dimenticato. Sciascia rico­    sene allontanato - poiché mancava di buon sen­
struisce con cura la personalità di Majorana, le     so - con sgomento, con terrore?» 1•
sue inclinazioni filosofiche e letterarie (secondo      Sciascia ha buon gioco nel ricordare che Fer­
la testimonianza di Amaldi, leggeva appassiona­      mi e i suoi collaboratori, bombardando l'atomo
tamente Shakespeare e Pirandello), i suoi diffi­     di uranio con dei neutroni, avevano realizzato
cili rapporti con Fermi, l'incontro fecondo con      senza accorgersene la fissione nucleare e che una
Heisenberg a Lipsia nel 1933. Lipotesi di Scia­      chimica tedesca, Ida Noddack, in un breve arti­
scia è che il giovane scienziato - che lo stesso     colo del 1934 che Majorana poteva aver letto,
Fermi definiva un genio come Galilei e Newton,
ma privo di buon senso - avesse visto quel che
Fermi nel 1934 non era riuscito a vedere - e         1. L. Sciascia, La scomparsa di Majorana, Adelphi, Milano,
cioè che gli esperimenti che i fisici romani con-    2004, p. 42.

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aveva suggerito che ciò che risultava da quell'e-       del tutto i rapporti con Fermi e l'Istituto di fisi­
     .                             .
spenmento non erano - come nteneva erronea-             ca e esce raramente di casa. «Scriveva per ore,
mente Fermi - dei nuovi elementi transuranici,          per molte ore del giorno e della notte: e che
ma la disgregazione dell'atomo di uranio in più         scrivesse di fisica o di filosofia, il fatto è che di
frammenti di una certa grandezza. Di qui a              tutte quelle carte restarono due soli, brevi scrit­
intravedere le possibili, disastrose conseguenze        ti» 3. Il primo, dedicato alla Teoria simmetrica
della scissione il passo era breve e Sciascia cita      dell'elettrone e del positrone, fu pubblicato da
la testimonianza della sorella di Majorana, secon­      Majorana nel 1937, il secondo, da cui Sciascia
do la quale il fratello avrebbe detto più volte         trae la sua citazione e di cui ci occuperemo qui
con amarezza che «la fisica è su una strada sba­        in particolare, fu pubblicato nel 1942, quattro
gliata». Il libro si conclude con la visita in un       anni dopo la misteriosa scomparsa dello scien­
convento certosino, nel quale lo scienziato -           ziato, nel numero di marzo della rivista «Scien­
questa è l'ipotesi che Sciascia propone non come        tia» col titolo Il valore delle leggi statistiche nella
una certezza fattualmente verificabile, ma come       · fisica e nelle scienze sociali.
«un'esperienza metafisica» 2 - si sarebbe ritirato          L'analogia fra le leggi statistiche della fisica e
fino alla morte.                                        quelle delle scienze sociali suggerita dal titolo ha,
                                                        nel testo, degli svolgimenti su cui vale la pena
                                                        di riflettere. L'articolo contiene, infatti, una
3. A un certo punto del libro, Sciascia cita un         riflessione sulla trasformazione della fisica in
passo di un articolo di Majorana, scritto negli         conseguenza dell'abbandono del determinismo
anni successivi al ritorno dalla Germania (1933)        della meccanica classica a favore di una conce­
e prima della cattedra a Napoli (1937), la cui          zione puramente probabilistica della realtà. Que­
conclusione gli pare, anche se curiosamente             sta trasformazione della concezione della natura
omette di darne le ragioni, «profondamente sug­         nella fisica quantistica implica un cambiamento
gestiva, nel senso dell'inquietudine, della paura».     anche del carattere delle leggi statistiche di cui
In quel periodo, Majorana ha interrotto quasi           essa si serve. Mentre, nella fisica classica, queste

2. lvi, p. 46.                                         3. lvi, p. 29.

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si fondavano sulla rinuncia a conoscere in tutti         atomico esercita su di esso una perturbazione
i particolari le condizioni iniziali dei sistemi fisi­   finita che non può essere, per ragioni di princi­
ci e non mettevano in questione il determinismo          pio, eliminata o ridotta. Il risultato di qualunque
delle leggi naturali, la meccanica quantistica           misura sembra pèrciò riguardare piuttosto lo sta­
implica una mutazione radicale nella stessa              to in cui il sistema viene portato nel corso dell'e­
nozione di legge, che Majorana esprime con               sperimento stesso che non quello inconoscibile
queste parole:                                           in cui si trovava prima di essere perturbato».
    «Non esistono in natura leggi che esprimano              È da questa impossibilità di descrivere con
una successione fatale di fenomeni; anche le leg­        esattezza lo stato di un sistema atomico che Hei­
gi ultime che riguardano i fenomeni elementari           senberg faceva derivare la necessità di introdurre
(sistemi atomici), hanno carattere statistico, per­      leggi statistiche nella meccanica dei quanti. In
mettendo soltanto di stabilire la probabilità che        ogni caso, è appunto il nuovo significato di que­
una misura eseguita su un sistema preparato in           ste leggi e la loro analogia con quelle della sta­
un dato modo dia un certo risultato, e ciò qua­          tistica sociale che Majorana cerca di compren­
lunque siano i mezzi di cui disponiamo per               dere.
determinare con la maggior esattezza possibile lo            Egli esemplifica quest'analogia con le leggi
stato iniziale del sistema. Queste leggi statistiche     probabilistiche che riguardano il "tasso di mor­
indicano un reale difetto di determinismo e non          talità" degli atomi che si trasformano nei pro­
hanno nulla di comune con le leggi statistiche           cessi radioattivi. Queste trasformazioni non
classiche nelle quali l'incertezza dei risultati deri­   dipendono dall'età dell'atomo e hanno un carat­
va dalla volontaria rinunzia, per ragioni pratiche,      tere puramente probabilistico che esclude ogni
a indagare nei più minuti particolari le condi­          determinismo causale. «È stato possibile verifi­
zioni iniziali dei sistemi fisici».                      care, mediante dirette rilevazioni statistiche e
    Laltro aspetto della meccanica quantistica su        applicazioni del calcolo delle probabilità, che i
cui Majorana si sofferma è quello che aveva por­         singoli atomi radioattivi non subiscono alcuna
tato Heisenberg a definire il principio di inde­         influenza reciproca o esterna per quanto riguar­
terminazione, che Majorana formula in questi             da l'istante della trasformazione; infatti il nume­
termm1:                                                  ro delle disintegrazioni che hanno luogo in un
    «Qualunque esperienza eseguita in un sistema         certo intervallo di tempo è soggetto a fluttuazio-

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ni dipendenti esclusivamente dal caso, cioè dal          punto di vista strettamente scientifico che impe­
carattere probabilistico della legge individuale di      disca di considerare come plausibile che all'ori­
trasformazione». Anche se a prima vista sembra           gine di avvenimenti umani possa trovarsi un
che non esista qui un'analogia con i fatti (per          fatto vitale egualmente semplice, invisibile e
esempio le tavole di mortalità in una determi­           imprevedibile. Se è così, come noi riteniamo, le
nata popolazione) di cui si occupano le statisti­        leggi statistiche delle scienze sociali vedono accre­
che sociali, Majorana suggerisce al contrario che        sciuto il loro ufficio, che non è soltanto quello
la corrispondenza è qui non meno stringente di           di stabilire empiricamente la risultante di un
quella che in qualche pagina prima aveva dimo­           gran numero di cause sconosciute, ma soprattut­
strato per le leggi statistiche della fisica classica.   to di dare della realtà una testimonianza imme­
   «Lintroduzione nella fisica di un nuovo tipo          diata e concreta. La cui interpretazione richiede
di legge statistica, o meglio semplicemente pro­         un'arte speciale, non ultimo sussidio dell'arte di
babilistica, che si nasconde, in luogo del suppo­        governo».
sto determinismo, sotto le leggi statistiche ordi­          Occorre riflettere con estrema attenzione su
narie» non soltanto non obbliga a escludere l'a­         questo passo. Importante è qui innanzitutto il
nalogia con le leggi statistiche sociali, ma forni­      corsivo che sottolinea il termine "comandatà':
sce a queste un ulteriore fondamento. Lobiezio­          «Bastano quindi comuni artifici di laboratorio
ne secondo cui la disintegrazione di un atomo            per preparare una catena complessa e vistosa di
radioattivo è, a differenza dei fatti sociali, un        fenomeni che sia comandata dalla disintegrazio­
fenomeno isolato e imprevedibile, che può avve­          ne accidentale di un solo atomo radioattivo». È
nire dopo migliaia di anni non è, infatti, insor­        possibile leggere qui qualcosa di più che un
montabile. «La disintegrazione di un atomo               accenno alla fissione nucleare che porterà qual­
radioattivo può obbligare un contatore automa­           che anno dopo l'équipe diretta da Oppenheimer
tico a registrarlo con effetto meccanico, reso pos­      e Fermi alla costruzione della prima bomba ato­
sibile da adatta amplificazione. Bastano quindi          mica. Ciò che Majorana sembra, però, suggerire
comuni artifici di laboratorio per preparare una         è che proprio il carattere esclusivamente proba­
catena complessa e vistosa di fenomeni che sia           bilistico dei fenomeni in questione nella fisica
comandata · dalla disintegrazione accidentale di         quantistica autorizza un intervento dello speri­
un solo atomo radioattivo. Non vi è nulla dal            mentatore che gli permette di "comandare" il

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fenomeno stesso in una certa direzione. Il prin­      sussidio dell'arte di governo») acquista in questa
cipio di indeterminazione rivela qui il suo vero      prospettiva un significato particolare: come le
significato, che non è quello di porre un limite      leggi probabilistiche della meccanica quantistica
alla conoscenza, ma quello di legittimare come        mirano non a conoscere, ma a "comandare" lo
inevitabile l'intervento dello sperimentatore. Se     stato dei sistemi atomici, così le leggi della sta­
l'esperienza e la misurazione di un sistema ato­      tistica sociale mirano non alla conoscenza, ma
mico esercita su di esso una perturbazione ine­       al "governo" dei fenomeni sociali. La statistica
liminabile, allora in questione nell'esperimento      è, in entrambi i casi, «un'arte speciale, non ulti­
non è tanto la conoscenza del sistema stesso,         mo sussidio dell'arte di governo».
quanto innanzitutto la modificazione che esso             È possibile, allora, che l'ipotesi di Sciascia
subisce attraverso gli strumenti di misurazione.      sulle motivazioni che hanno spinto Majorana ad
Nelle parole di Majorana: «Il risultato di qua­       abbandonare la fisica vada corretta e integrata
lunque misura sembra perciò riguardare piutto­        nel senso che, se non è certo che Majorana aves­
sto lo stato in cui il sistema viene portato [cor­    se intravisto le conseguenze della scissione dell'a­
sivo nostro] nel corso dell'esperimento che non       tomo, è invece sicuro che egli avesse visto con
quello inconoscibile in cui ·si trovava prima di      chiarezza le implicazioni di una meccanica che
essere perturbato». E si capisce perché questo        rinunciava a ogni concezione non probabilistica
aspetto della meccanica quantistica sia definito      del reale: la scienza non cercava più di conosce­
da Majorana «più inquietante [... ] che non la        re la realtà, ma - al pari della statistica nelle
semplice mancanza di determinismo»: è proprio         scienze sociali - soltanto di intervenire su di essa
il difetto del determinismo della fisica classica     per governarla.
che permette, anzi obbliga lo sperimentatore a
"comandare" e "determinare" in misura inaudita
lo stato del sistema.                                 4. Nei primi mesi del 1941, un anno prima
    Tanto più significativa è, a questo punto, l'a­   della pubblicazione dell'articolo di Majorana,
nalogia che Majorana stabilisce con le procedu­       Simone Weil comincia a scrivere a Marsiglia un
re della statistica sociale. La frase in apparenza    saggio dal titolo La science et nous, che è essen­
enigmatica che conclude l'articolo («La cui inter­    zialmente una critica della fisica quantistica. Le­
pretazione richiede un'arte speciale, non ultimo      terogeneità di questa rispetto alla fisica classica

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è affermata drasticamente nell'esordio: «All'inizio           cità» 5 • Alla nozione di energia così definita, la
di questo secolo è avvenuta per noi, gente dell'oc­           fisica classica aggiunse con altrettanta necessità
cidente, una cosa ben strana: abbiamo perduto                 il principio dell'entropia. «Questa necessità deri­
senza accorgercene la scienza, o quanto meno                  va dal tempo stesso e consiste in ciò che esso ha
ciò che da quattro secoli definivamo con questo               una direzione, in modo che, qualunque cosa
nome. Ciò che ora possediamo sotto questo                     accada, il senso di una trasformazione non è
nome è un'altra cosa, radicalmente un'altra cosa,             indifferente. Noi sperimentiamo questa necessità
e non sappiamo che cosa» 4 •                                  non soltanto attraverso l'invecchiamento, che ci
   La scienza classica, secondo Simone Weil, si               costringe progressivamente senza mai abbando­
è costituita considerando ogni fenomeno della                 narci, ma anche attraverso gli eventi quotidiani.
natura alla luce di una nozione unica, diretta­               Un momento e uno sforzo minimi sono suffi­
mente derivata da quella di lavoro, la nozione                cienti a far cadere un libro da un tavolo, a spar­
di energia. Se voglio compiere un lavoro, ad                  pagliare delle carte, a macchiare un vestito o
esempio spostare un corpo da un luogo ad un                   spiegazzare un lenzuolo, a bruciare un campo di
altro, dovrò impiegare una certa quantità di                  grano o uccidere un uomo. Sono necessari sfor­
energia; il corpo in questione, d'altra parte, dovrà          zi e tempi assai più grandi per rimettere il libro
necessariamente passare attraverso tutti gli stati            sulla tavola, mettere in ordine le carte, pulire il
intermedi fra lo stato iniziale e quello finale.              vestito o stirare il lenzuolo; un anno di fatica e
«Lagrange, fondandosi sui risultati delle ricerche            di cure sono necessari per produrre un altro rac­
di Bernoulli e D'Alembert, riusci, attraverso il              colto nel campo e non si resuscita un uomo
calcolo differenziale, a definire con una formula             morto»6 •
unica tutti gli stati possibili di equilibrio e di                Ciò significa che in ogni fenomeno in cui si
movimento di un qualsiasi sistema di corpi sot­               produce una trasformazione dell'energia, non è
tomessi a una forza qualsiasi, formula che si                 possibile, una volta il fenomeno compiuto, rista­
riferisce soltanto a delle distanze e a delle forze           bilire esattamente lo stato iniziale. Il secondo
o, che è lo stesso, a delle masse e a delle velo-

                                                              5. lvi, pp. 126-27.
4. S. Weil, Sur la science, Gallimard, Paris, 1966, p. 121.   6. lvi, p. 128.

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principio della termodinamica, formulato da            è l'ipotesi dei quanta che l'ha così decapitata» 8 •
Clausius, diede forma matematica a questa realtà       Nella fisica classica, «l'energia è una funzione del­
attraverso la finzione di una nozione - l'entropia     lo spazio e lo spazio è continuo, è la continuità
- che in ogni sistema in cui avviene un cambia­        stessa; è il mondo considerato dal punto di vista
mento, aumenta necessariamente, in modo che,           della continuità, le cose in quanto la loro giu­
se non intervengono fattori esterni, l'energia si      stapposizione implica il continuo» 9 • La formula
degrada e passa dall'ordine al disordine. «Fu que­     di Planck, con la sua costante, ha introdotto la
sto il coronamento della scienza classica, che si      discontinuità nell'energia, cioè proprio là dove,
ritenne pertanto capace, attraverso calcoli, misu­     secondo Simone Weil, essa non può aver luogo.
razioni ed equivalenze numeriche, di leggere nei       Di fatto, l'apparizione del discontinuo nella fisi­
fenomeni che si producono nell'universo delle          ca è legato all'indagine dei sistemi atomici, che
semplici variazioni dell'energia e dell'entropia in    rivelano così di sottostare a leggi affatto diverse
conformità di una legge semplice» 7 • E queste         da quelle dei sistemi macroscopici; e l'introdu­
variazioni erano dei processi necessari e continui,    zione del discontinuo ha implicato, secondo la
in modo che alla base della scienza classica sta­      Weil, quella della probabilità. «Discontinuo,
vano la stessa necessità e la stessa continuità con    numero, piccolezza: ce n'è abbastanza per far
cui siamo confrontati ogni volta che compiamo          apparire l'atomo e l'atomo è tornato fra di noi
un lavoro.                                             col suo corteggio inseparabile, cioè il caso e la
   È questa corrispondenza fra le leggi della fisi­    probabilità. Lapparizione del caso nella scienza
ca e l'immagine del mondo fondata sull'espe­           ha fatto scandalo; ci si è chiesti da dove venisse
rienza del lavoro che la teoria dei quanta revoca      e non si è riflettuto che a portarlo era stato l'a­
radicalmente in questione. «La scienza del XX          tomo; si è dimenticato che già nell'antichità il
secolo è la scienza classica, a cui è stato sottrat­   caso accompagnava l'atomo e non si è pensato
to qualcosa. Sottratto, non aggiunto [... ] È stata    che non poteva essere altrimenti» 10 •
sottratta l'analogia fra le leggi della natura e le
condizioni del lavoro, cioè il principio stesso; ed
                                                       8. lvi, p. 147.
                                                       9. lvi, p. 148.
7. lvi, p. 130.                                        1 O. lvi, p. 150.

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    Nelle pagine che immediatamente seguono, il           tà di stabilire attraverso la nozione di probabili­
fattore decisivo che ha portato alla fisica quan­         tà un ponte tra il mondo che ci è dato e il
tistica non è tanto la discontinuità, quanto lo           mondo ipotetico e puramente meccanico degli
stesso calcolo delle probabilità. Con un singola­         atomi non li ha messi in imbarazzo; le conse­
re rovesciamento, la probabilità non è funzione           guenze della teoria dei quanta, che ha la sua
della discontinuità dei sistemi atomici, ma que­          origine nello studio della probabilità, li hanno
sta deriva da quella. Dall'esame degli scritti di         spinti a situare la probabilità negli atomi stes­
Planck, che Simone Weil cita più volte, «appare           si» 1 3 • Ed è sull'esame di questo concetto che
chiaramente che ciò che ha introdotto la discon­          Simone Weil concentra a questo punto la sua
tinuità, non è affatto l'esperienza [...] ma unica­       attenzione.
mente l'uso della nozione di probabilità» 1 1 • In
un articolo pubblicato nei Cahiers du Sud nel
dicembre 1942, questo primato genealogico del­            5. Essa comincia col riportare il concetto di caso
la probabilità è ulteriormente ribadito: «Si è ten­       a quello di necessità. «Ci si inganna spesso sul
tati di chiedersi se non è la natura stessa del           caso (hazard) . Il caso non è il contrario della
calcolo delle probabilità, che ha il suo punto di         necessità e non è incompatibile con questa. Al
partenza nel gioco dei dadi, e per conseguenza            contrario esso appare sempre e soltanto in rela­
delle relazioni numeriche, che ha condotto                zione ad essa. Se si suppone un certo numero
Planck a introdurre dei numeri interi nella sua           di cause distinte che producono effetti secondo
formula» 1 2• E poche pagine dopo: «Quando gli            una rigorosa necessità e se in questi effetti com­
scienziati si sono imbattuti nel discontinuo, non         pare un insieme che ha una certa struttura, si
hanno per questo rinunciato a ricondurre tutto            avrà il caso, se non si possono raggruppare le
a delle variazioni di energia; hanno messo sem­           cause in un insieme della stessa struttura. Un
plicemente la discontinuità nella stessa energia,         dado, per via della sua forma, ha soltanto sei
togliendole così ogni significato [ ...] . La difficol-   modi di cadere; vi è invece una varietà illimita­
                                                          ta nel modo di gettarlo. Se getto mille volte un

1 1 . lvi, p. 1 55 .
1 2. lvi, p. 1 93.                                        1 3. lvi, p. 204.

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dado, le sue cadute si ripartiranno in sei classi        tanto queste categorie hanno tutte l'identico rap­
che hanno fra di esse dei rapporti numerici; i           porto all'insieme delle cause che è loro indiffe­
getti non possono ripartirsi nello stesso modo.          rente. È quanto esprimo dicendo che esse sono
Per il resto, io non immagino il sia pur minimo          tutte ugualmente probabili. La nozione di pro­
difetto nel tessuto della necessità meccanica che        babilità implica sempre una ripartizione fra pro­
determina ogni volta il movimento del dado. Se           babilità uguali [...] Quanto al rapporto fra la
getto una volta il dado, ignoro quale sarà il risul­     probabilità e l'esperienza, esso è analogo a quel­
tato, non per via di una indeterminazione nel            lo fra la necessità e l'esperienza. Lesperienza pre­
fenomeno, ma perché si tratta di un problema             senta un'immagine di necessità quando, facendo
di cui ignoro in parte i dati [ ...] In questi gio­      variare una causa, si ottengono effetti che varia­
chi, l'insieme delle cause ha la potenza del con­        no secondo una funzione; essa presenta un'im­
tinuo, il che significa che le cause sono come i         magine di probabilità, quando la ripartizione
punti di una linea; l'insieme degli effetti si defi­     degli effetti fra le categorie si avvicina sempre
nisce invece attraverso un piccolo numero di             più alle proporzioni indicate dal calcolo man
possibilità distinte» 14 •                               mano che gli effetti si accumulano» 1 5 •
    Se il caso è inseparabile, in questo senso, dal­         Weil ricostruisce a questo punto come Planck
la necessità, la probabilità è a sua volta insepa­       fu indotto a introdurre, attraverso la sua costan­
rabile dal caso, che, grazie ad essa, diventa una        te, la probabilità e la discontinuità nella teoria
grandezza sperimentalmente controllabile.                fisica e come questo principio venne genéraliz­
«Quando, nei giochi di azzardo, io considero             zato nella meccanica quantistica. «Vi è una tran­
l'insieme continuo delle cause e il piccolo nume­        sizione naturale tra la nozione di entropia e quel­
ro di categorie nelle quali si ripartiscono gli effet­   la di probabilità, per il fatto che se un sistema,
ti, affermo che, benché ogni effetto consegua            che si suppone isolato dall'esterno, può passare,
rigorosamente da una causa, non vi è nulla               attraverso una qualsiasi catena di intermediari,
nell'insieme delle cause che corrisponda a queste        dallo stato A allo stato B, ma non viceversa, ciò
categorie: affermare il caso, significa questo. Per-

14. lvi, pp. 1 50-5 1 .                                  15. lvi, p. 152.

                                                                                  27
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significa che lo stato B è più probabile di A» 1 6 •   binazioni di atomi sono, come si dice, discrete
Proprio al momento in cui Planck elaborava             e che la loro quantità è un numero» 1 7 •
queste concezioni, il caso appariva nella sfera           È evidente che Simone Weil critica qui deci­
dell'atomo. L'osservazione del movimento               samente l'idea secondo cui le leggi statistiche
browniano mostrava, infatti, che un fluido che         della fisica quantica non sono conseguenza di
appare in equilibrio a livello macroscopico, non       una incompletezza nella conoscenza dei dati sul­
lo è affatto a livello microscopico e che, in gene­    lo stato di un _certo sistema, ma rimandano, nel­
rale, a un sistema definito in un certo modo           le parole di Majorana, a un difetto di determi­
necessario sul primo livello, corrisponde, a livel­    nismo nella realtà. Il paradigma della necessità
lo molecolare, una pluralità di combinazioni           e del rapporto causa-effetto . resta per èssa valido
possibili. «Se si prova a trasferire la necessità      ed è proprio su questo che riposa la superiorità
nella sfera atomica, allora la relazione tra due       della fisica classica: «Ciò che vi è di purificante
stati di un sistema definito a livello macroscopi­     nello spettacolo e nella prova della necessità,
co non è più una necessità, ma una probabilità         alcuni stupendi versi di Lucrezio bastano a farlo
e questo non in conseguenza di una lacuna nel­         sentire; la sventura ben sopportata è una purifi­
la causalità, ma soltanto per effetto dell'oscilla­    cazione di questo genere e allo stesso modo la
zione del pensiero tra i due livelli, con un pro­      scienza classica è una purificazione, se se ne fa
cesso analogo a quello del gioco dei dadi. Un          buon uso, perché essa cerca di leggere attraverso
movimento naturale del pensiero indusse a assi­        tutte le apparenze questa necessità inesorabile
milare le due probabilità che si presentavano si­      che fa del mondo un mondo in cui non contia­
multaneamente alla mente - quella legata ali'en­       mo nulla, un mondo in cui si lavora, un mon­
tropia e quella legata agli atomi - e a considerarle   do indifferente al desiderio, alle aspirazioni e al
come una sola e identica probabilità [... ] Poiché,    bene; perché essa studia quel sole che brilla
però, il calcolo delle probabilità è un calcolo        indifferentemente sui malvagi e sui buoni» 1 8 •
numerico, si ammise - e questo è il punto del­            Rinunciando alla necessità e al determinismo
la rottura con la scienza classica - che le com-

                                                       17. lvi, p. 156.
16. lvi, p. 155.                                       18. lvi, p. 13 1.

                                                                                29
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in nome della probabilità, la meccanica quanti­          di corpuscolo, ma non lasciava ad esse che una
stica aveva, secondo Weil, puramente e sempli­           sorta di esistenza fantomatica, senza cercare di
cemente rinunciato alla scienza. Se la causa del­        riunirle, come io cercavo di fare, nel quadro di
la rottura col modello continuo della fisica clas­       una rappresentazione spazio-temporale chiara. Il
sica era stato il carattere numerico del calcolo         corpuscolo non ha più in essa né posizione, né
delle probabilità, come mai, essa chiede a questo        velocità, né traiettoria ben definita. Può soltanto
punto, gli scienziati, invece di cambiare da cima        rivelarsi, quando si fa un'osservazione o una
a fondo la teoria fisica, non hanno scelto piut­         misura, come avente tale posizione, tale energia
tosto di lavorare sulla nozione stessa di probabi­       o tale quantità di mqvimento. Possiede per così
lità, per elaborare un modello di calcolo non            dire a ogni istante tutta una serie di posizioni e
fondato sulla discontinuità, ma sul continuo? 1 9        di stati possibili di movimento, che possono
                                                         attualizzarsi al momento della misura secondo
                                                         una certa probabilità. A fianco di questo corpu­
6. Critiche al carattere probabilistico della fisica     scolo dall'aspetto fuggitivo che non è più un
quantica erano state proposte dagli stessi scien­      · oggetto definito nello spazio e nel tempo, anche
ziati che avevano contribuito a porne le basi.           l'onda regolare non ha più il carattere di . una
Così Louis De Broglie, a cui si deve la teoria           realtà fisica che possedevano le onde della fisica
del carattere insieme corpuscolare e ondulatorio         classica: non è più che una funzione matemati­
delle particelle quantiche, aveva tentato di dare        ca che serve a rappresentare le probabilità rispet­
di questo dualismo un'interpretazione non pro­           tive dei diversi risultati delle osservazioni o misu­
babilista, più conforme nelle sue grandi linee alle      re fatte sul corpuscolo» 20 •
concezioni della fisica classica, ma essa era stata         Anche Einstein, che aveva dato un contribu­
rifiutata dall'interpretazione prevalente, che face­     to decisivo alla teoria dei quanta, mantenne fino
va capo a Niels Bohr, Max Born, Heisenberg e             all'ultimo delle riserve sulla sua interpretazione
Dirac. Quest'ultima interpretazione, scriveva De         esclusivamente in termini probabilistici. Nel
Broglie, «conservava insieme le idee di onda e

                                                       20. L. De Broglie, Nouve!les perspectives en microphysique,
1 9. lvi, p. 1 57.                                     Albin Michel, Paris, 1 9 56, p. 1 94.

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maggio del 1935, egli pubblicò sulla «Physical         carattere probabilistico della fisica quantistica
Review», insieme a B. Podolsky e N. Rosen, un          non era che una conseguenza della teoria gene­
articolo dal titolo Can Quantum-Mechanical             rale della relatività: «Questa nuova struttura del­
Description ofPhysical Reality Be Considered Com­      la filosofia naturale implica una revisione del
plete?, in cui argomentava che, dal momento            nostro atteggiamento rispetto alla realtà fisica,
che, nella meccanica quantistica, in presenza di       che può essere messa in parallelo con la fonda­
due quantità fisiche, la conoscenza dell'una pre­      mentale modificazione di tutte le idee sul carat­
clude la conoscenza dell'altra (è il principio di      tere assoluto dei fenomeni fisici che risulta dalla
complementarità enunciato da Bohr), o la descri­       teoria generale della relatività» 2 1 • Ma era proprio
zione della realtà fornita dalla funzione d'onda       questa modificazione in senso statistico della
non è completa, o le due quantità esistono si­         reale�, la difficoltà di cui Einstein, la cui mente
multaneamente. L'articolo, che si concludeva           non era certo priva di contraddizioni, non riusd
affermando la possibilità di una teoria fisica         per tutta la vita a venire a capo.
completa, provocò l'immediata reazione di Bohr             Pochi mesi dopo la polemica fra Einstein e
sulla stessa rivista, che fondava il principio di      Bohr, quello dei fondatori della meccanica quan­
complementarità - secondo cui non è possibile          tistica che aveva forse la migliore formazione
assegnare valori definiti a due variabili canoni­      filosofica, Erwin Schrodinger intervenne propo­
camente coniugate, ad esempio la posizione e la        nendo un esperimento che doveva diventare
velocità di una particella - sul principio quan­       noto come il "paradosso del gatto". Egli comin­
tistico che vuole che l'interazione tra gli stru­      cia col ribadire che, secondo l'interpretazione
menti di misura e l'oggetto in esame implica la        dominante, non è possibile descrivere gli ogget­
necessaria rinuncia all'idea classica di casualità:    ti come nella fisica classica e se ne deve pertan­
nella meccanica quantistica, le leggi naturali non     to dare una rappresentazione puramente proba­
conducono mai a una completa determinazione            bilistica. Prima che l'osservatore intervenga a
di ciò che accade nello spazio e nel tempo e ogni
accadere è rimesso al gioco del caso e della pro­
babilità. Proprio alla fine del suo articolo, ricor­   2 1. N. Bohr, Can Quantum-Mechanical Description of
da - con qualche malignità, ma non senza ragio­        Physical Reality Be Considered Complete?, in «Physical
ne - che ciò che Einstein intendeva criticare nel      Review», October 15, 1935, vol. 48, p. 702.

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misurarle, le variabili di un sistema fisico non       la funzione che ne esprime lo stato probabilisti­
hanno alcun valore definito e misurarle non            co) esprimerebbe ciò col fatto che in essa il gat­
significa accertare il valore che esse oggettiva­      to vivo e _il gatto morto (sit venia verbo) sono
mente hanno. Loperazione di misura modifica            mescolati o pasticciati in parti uguali» 22 • Solo
irrevocabilmente il sistema, ma, prima di essa,        l'apertura della scatola potrebbe permettere
nella rappresentazione probabilistica, la particel­    all'osservatore di costringere il sistema (il gatto)
la da osservare si trova per così dire contempo­       a passare definitivamente in uno dei due stati (il
raneamente in tutte le posizioni che può assu­         vivo o morto).
mere o, nel caso di due stati distinti, in una            Appare evidente che i paradossi in questione
qualsiasi loro combinazione.                           nella meccanica quantistica risultano, come sug­
   E qui Schrodinger introduce il "caso farsesco"      geriva Simone Weil, dall'assunzione incondizio­
di un gatto che si deve presumere essere con­          nata di concezioni probabilistiche, alle quali non
temporaneamente vivo e morto: «Si possono              fa riscontro una riflessione adeguata sulla natura
anche costruire casi del tutto farseschi. Si rin­      stessa della nozione di probabilità. Tanto per i
chiuda un gatto in una scatola d'acciaio insieme       fautori della teoria ortodossa che per i loro cri­
alla seguente macchina infernale (che occorre          tici, lo stato del sistema prima e dopo l'osserva­
proteggere dalla possibilità di essere afferrata       zione non è uno stato reale, ma uno stato pro­
direttamente dal gatto): in un contatore Geiger        babilistico; di questo stato essi sembrano, però,
si trova una minuscola porzione di sostanza            farsi una rappresentazione, ragionando come se
radioattiva, così poca che nel corso di un'ora         la probabilità fosse una realtà molto speciale, che
forse uno dei suoi atomi si disintegrerà, con pro­     si può pensare soltanto in modo paradossale (ad
babilità pari a quella che non ne decada nessuno.      esempio, come se una particella si trovasse con­
Se accade, il contatore aziona su un relais un         temporaneamente nello stato A e nello stato B).
martellino che frantuma una fialetta con acido         Ma è legittimo rappresentare il probabile come
prussico. Se si è lasciato a sé questo intero siste­
ma per un'ora, si dirà che il gatto è ancora vivo,
se nel frattempo nessun atomo è decaduto. Il           22, E. Schrodinger, Die gegenwartige Situation in der Quan­
primo decadimento atomico invece lo avvelene­          tenmechanik, in «Die Naturwissenschaften», 1935, n. 23,
rebbe. La funzione psi del sistema intero (cioè        p. 8 12.

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se fosse qualcosa di esistente? In questione è,           Il "principio fondamentale" (principale funda­
cioè, un problema di ontologia del probabile, o        mentum) nel gioco dei dadi è l'uguaglianza di
del possibile, poiché la probabilità non è che una     condizioni (aequalitas), non solo tra i giocatori,
possibilità qualificata in un certo modo. Sarà         che è bene non siano troppo dissimili per poten­
pertanto necessario a questo punto, seguendo il        za, denaro e fortuna, ma innanzitutto nei dadi
suggerimento di Simone Weil, concentrare la            stessi, che non devono essere adulterati. È nel
nostra attenzione sulla nozione stessa di proba­       cap. IX, De unius aleae iactu (Sul getto di un
bilità.                                                dado), che Cardano si avvicina a qualcosa come
                                                       una definizione della probabilità. «Il dado ha sei
                                                       facce; nel giro di sei getti (in sex revolutionibus)
7. Il calcolo delle probabilità è stato elaborato      tutti i singoli punti dovrebbero avvenire (eveni­
per il gioco dei dadi. Il trattato De ludo aleae,      re deberent)» 23 • Ciò significa che, se il dado non
composto da Gerolamo Cardano nel 1575 , ma             è adulterato e la condizione di aequali tas è
pubblicato solo dopo la sua morte nel 1663, ne         rispettata, la probabilità per ciascun punto è di
enuncia per la prima volta i fondamenti. Egli          1/6; ma Cardano scrive "dovrebbero", perché sa
comincia col distinguere i giochi di agilità, come     che di fatto può accadere che lo stesso numero
la palla, e quelli di forza, come il disco o la lot­   si presenti più volte (ciò ha spinto alcuni stu­
ta, dai giochi di fortuna, a cui appartengono i        diosi ad affermare che egli aveva in qualche
dadi e le carte. Cardano era un giocatore acca­        modo intuito la legge dei grandi numeri, su cui
nito e, nella sua autobiografia, confessa di aver      si fonda ogni calcolo statistico). Il cap. XIV
giocato ai dadi ogni giorno per venticinque anni,      enuncia cosl quella che può essere considerata
«dilapidando insieme reputazione, tempo e dena­        una definizione più esplicita della probabilità:
ro»; tuttavia egli suggerisce che l'esperienza gli     «Vi è una regola generale, cioè che dobbiamo
ha mostrato che proprio il gioco dei dadi è uti­       considerare l'intero circuito (il circuito è per
le contro il dolore e la morte: «Negli affanni più     Cardano l'insieme dei risultati possibili) e il
gravi e nei dolori non solo è lecito giocare, ma       numero dei lanci che rappresenta in quanti
giova [ . . . ] una volta che durante una lunga
malattia pensavo la morte imminente, giocare
assiduamente ai dadi mi aiutò non poco».               23. H. Cardani, Opera omnia, vol. I, Lione, 1 663, p. 264.

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modi il risultato favorevole può avvenire e com­       il rapporto fra gli eventi in esame (la caduta dei
parare questo numero al resto del circuito e          dadi) e la loro causa (i lanci) è assolutamente
secondo questa proporzione si dovrebbero fare         indifferente, ciò si può esprimere dicendo che
le scommesse» 24 . Una volta stabilito che il         tali eventi sono tutti ugualmente probabili. Di
numero del circuito è, nel caso di due dadi, 36       qui la conseguenza, osservata da Poincaré, che
(216 per tre dadi), .Cardano può calcolare in         la definizione della probabilità è circolare, per­
apposite tavole le probabilità dei vari punti (ad     ché contiene il termine da definire: «la probabi­
esempio, poiché il punto tre si può ottenere in       lità di un evento è la proporzione dei casi favo­
un solo modo (2+ I ) e il punto dieci in due          revoli a questo evento alla totalità dei casi pos­
modi 5+5 e 6+4), le probabilità saranno nei due       sibili, purché questi siano tutti ugualmente pro­
casi differenti.                                      babili» 26.
                                                          Questa circolarità implica che la nozione di
                                                      probabilità non si riferisce mai a un certo even­
8. Benché Cardano, dopo aver elaborato queste         to reale (un determinato getto dei dadi in atto),
tavole, affermi che è impossibile eliminare dai       ma solo all'evento considerato nella sua pura
dadi la fortuna, «che fa sl che alcuni traggano       possibilità. La probabilità presuppone cioè la
vantaggio da casi inaspettati e altri siano impo­     facoltà della mente umana di considerare un
veriti da ciò che si aspettavano» 25 , una lettura    evento come possibile e, inoltre, come ugual­
attenta del suo breve trattato permette di estrar­    mente possibile rispetto alla classe di eventi in
ne i primi lineamenti di una teoria della proba­      questione. È questa la convenzione senza la qua­
bilità. Innanzitutto, come aveva intuito Simone       le il calcolo delle probabilità non è pensabile.
Weil, la nozione di probabilità presuppone una        Resta, però, che il calcolo non può riguardare il
ripartizione fra probabilità uguali (è il principio   singolo caso, ma solo un ente di ragione che
di aequalitas che Cardano enuncia in modo             chiamiamo "caso probabile".
ancora confuso). Se si ammette il caso, cioè che          Sia l'esempio, evocato da Poincaré, della rou-

24. Ivi, p. 266.                                      26. H. Poincaré, La science et l'hypothèse, Flammarion,
25. Ivi, p. 270.                                      Paris, 1 902, p. 2 1 5 .

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  lette, in cui un quadrante è diviso in un gran            caso in questione, ma solo a un "caso probabi­
  numero di sezioni uguali, alternativamente rosse          le" che non coincide se non "casualmente" con
  e nere, sulle quali è lanciata una pallina. La pro­       quello.
  babilità che la pallina si arresti sul rosso è ½.            Se la probabilità che l'aereo che io devo pren­
  Questo non autorizza però in alcun modo a rite­           dere precipiti è 1/1000, allora che proprio
  nere che il risultato di un determinato lancio sarà       quel!'aereo precipiti è un "caso poco probabile",
· rosso, anche se il nero fosse uscito sei, dieci o         che resterà tale anche dopo che l'aereo sia effet­
  venti volte di seguito. Solo dopo un gran nume­           tivamente precipitato. Il mondo, nelle parole di
  ro di lanci, si potrà costatare che la media dei          Wittgenstein, è solo «ciò di cui è il caso» e la
  risultati si ripartirà secondo la probabilità prevista    probabilità non può pertanto mai esistere come
  di ½. È questo il senso della legge dei grandi            tale, perché essa non è che quello stesso mondo,
  numeri, enunciata nel 1713 da Bernoulli nella             la cui realtà viene sospesa, per poterlo governare
  sua Ars coniectandi, che fa sistema con quella            e prendere decisioni su di esso. Ciò che chia­
  dell'uguaglianza delle probabilità e conferma il          miamo "caso" è la finzione che il probabile e il
  principio che la probabilità non riguarda un              possibile "cadano" nella realtà, mentre è vero il
  evento reale determinato, ma solo il tendere              contrario: è il reale che, considerato in un certo
  all'infinito del numero dei campioni esaminati.           modo, sospende la sua realtà e può, in questo
      Il principio che regge il calcolo è, cioè, la         modo, cadere in se stesso in quanto meramente
  sostituzione o la sovrapposizione della sfera del­        probabile.
  la probabilità a quella della realtà. Chi agirà
  tenendo conto della probabilità si atterrà a que­
  sta sovrapposizione e dovrà ammettere più o                9. Forse in nessun altro testo lo scopo e la natu­
  meno tacitamente che essa, pur non determi­                ra del calcolo delle probabilità appaiono con
  nando mai un singolo caso reale, può tuttavia,             maggior chiarezza che nello scambio di lettere
  malgrado l'evidente paralogismo, influenzare in            fra Pascal e Fermat nel 1654. Antoine Gom-
  una certa misura le sue scelte rispetto alla realtà.     . bault, cavaliere De Méré, aveva proposto a Pascal
  La scienza moderna - e, con essa, ogni singolo             il problema che si suole designare come proble­
  uomo - orienta le sue decisioni secondo un                 ma della "partita incompiutà': se una partita a
  criterio che non può riferirsi direttamente al             dadi viene interrotta prima della definitiva vit-

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toria di uno dei due giocatori, come ripartire         pistole a metà e datemi, oltre a ciò, le mie 32
equamente fra di essi la posta in gioco? La solu­      pistole che mi sono assicurate". Egli avrà, dun­
zione di Pascal si fonda sulla possibilità di tro­     que, 48 pistole e l'altro 16» 27 •
vare, attraverso un calcolo del rischio (il termine       Ci si è spesso soffermati sugli esempi sempre
di cui Pascal si serve è hasard e non probabilité,     più complessi di calcolo che Pascal esamina nel
che riserva alla teologia) il «giusto valore di ogni   corso delle lettere, che hanno certamente influen­
partita» (la )uste valeur des parties).                zato i trattati successivi sulla probabilità. Si è
   «Ecco pressappoco come faccio per saper il          cosi perso di vista lo scopo che Pascal si propo­
valore di ciascuna delle partite, quando due gio­      neva con la sua risoluzione del problema: per­
catori giocano, per esempio in tre partite, e cia­     mettere una decisione sulla realtà attraverso una
scuno ha puntato 32 pistole al gioco. Poniamo          esatta valutazione probabilistica delle possibilità.
che uno ne abbia vinte due e l'altro una; essi         Come suggerito dallo stesso termine "partita
giocano ancora una partita la cui sorte è tale         incompiutà', si trattava di sospendere la partita
che se il primo vincesse, egli avrebbe tutto il        reale per sostituire ad essa un calcolo dei rischi,
danaro che è in gioco, cioè 64 pistole; se vin­        che rendesse possibile decidere la spartizione del­
cesse l'altro ci sarebbero due partite contro due      la posta più equa o più utile in questa prospet­
partite e, di conseguenza, se vogliono separarsi,      tiva. Lespressione " se hasarder sans jouer' è par­
bisogna che ciascuno ritiri quanto ha puntato,         ticolarmente significativa: colui che calcola la
cioè 32 pistole.                                       probabilità si affida al rischio senza di fatto
   Considerate dunque, Signore, che se il primo        rischiare, esce dalla realtà e, nello stesso tempo,
vince a lui ne toccano 64; se egli perde, gliene       trasforma il caso - l'hasard - in principio di
toccano 32. Quindi se non vogliono rischiare           decisione sulla realtà. Ciò significa che la proba­
questa partita e rischiarsi senza giocarla (s'ils ne   bilità non si realizza mai puntualmente come
veulent point hasarder cette partie et se hasarder     tale né riguarda un singolo evento reale, ma,
sans la jouer), il prim,o dovrebbe dire: "Sono         come aveva compreso Majorana, permette di
sicuro di avere 32 pistole, in quanto anche per­
dendo le ottengo; ma le altre 32 le potrei avere
io o le potreste avere voi: il rischio è uguale (le    27. B. Pascal, Les lettres de Blaise Pascal, Crès, Paris, 1922,
hasard est égal); dividiamo dunque queste 32           p. 193.

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