IL CASO ILVA TRA SOCIETÀ, AMBIENTE E LAVORO - Un caso irrisolto Marco Legnaro - Unipd

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IL CASO ILVA TRA SOCIETÀ,
     AMBIENTE E LAVORO
             Un caso irrisolto

               Marco Legnaro
                     Matricola: 618141
Sommario
INTRODUZIONE ......................................................................................................... 2

COME NASCE L’ILVA ............................................................................................... 3

GLI INIZI DELLA VICENDA DELL’ILVA............................................................... 4

LA VICENDA ILVA FINO AI NOSTRI GIORNI. IL DIBATTITO POLITICO....... 6

ILVA COME CASO LIMITE DI LAVORO E AMBIENTE ...................................... 9

CASO ILVA E INCLUSIONE AMBIENTALE, LAVORATIVA E SOCIALE....... 12

BIOBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA ......................................................................... 15

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INTRODUZIONE
In questo elaborato viene trattato il caso Ilva nei suoi vari aspetti. Lo stabilimento
siderurgico Ilva di Taranto è al centro di una lunga e complessa vicenda giudiziaria che
lo ha visto protagonista dell’attività produttiva dannosa per l’ambiente e per la salute
dei lavoratori e della popolazione ubicata nei quartieri Tamburi e Borgo. L'Ilva è stata
una delle maggiori aziende siderurgiche italiane del XX secolo. L'atto di costituzione
dell'Ilva avvenne a Genova il 1 febbraio 1905 dalla fusione delle attività siderurgiche
Elba e Terni, con la famiglia romana Bondi. Negli anni più recenti la crescente
sensibilità dell’opinione pubblica in tema ambientale alimenta il dibattito sulla nocività
delle emissioni dello stabilimento di Taranto, dibattito che culminerà con il sequestro
della sede nel luglio 2012. Nella prima parte di questo elaborato viene esposta la
vicenda storica di come è nata l’azienda Ilva e in seguito viene raccontata la cronaca
fino ai giorni nostri. Particolare riferimento si è voluto dare al confronto tra le varie
parti politiche che negli anni si sono susseguite. In un secondo momento l’elaborato
tratta della situazione Ilva come caso limite tra ambiente e lavoro. In questo caso ci si
sofferma nel considerare il cambiamento e la tutela del lavoro e della salute come due
aspetti che devono essere presi in considerazione quando si parla di Ilva. Il caso Ilva è
l’emblema della situazione e presenta le caratteristiche di una inevitabile malattia socio
culturale. Ci si può chiedere infatti: si può difendere un lavoro che uccide? Qual è la
società che può permettere che questo avvenga?
In conclusione l’elaborato ha voluto trattare il caso Ilva in riferimento ai concetti di
inclusione sociale, ambientale e lavorativa. Ci si è soffermati infatti a discutere
sull’idea che la società civile, le istituzioni politiche e tutti i soggetti coinvolti
dovrebbero ambire a creare una realtà inclusiva che tuteli i diritti umani e i principi di
solidarietà, rispetto reciproco e sostenibilità.

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COME NASCE L’ILVA
L'Ilva, o alle origini Italsider, è stata una delle maggiori aziende siderurgiche italiane
del XX secolo. L'atto di costituzione dell'Ilva avvenne a Genova il 1 febbraio 1905
dalla fusione delle attività siderurgiche Elba e Terni, con la famiglia romana Bondi.
Ilva trae quindi origine dal complesso sistema di relazioni che le società ha instaurato
nel corso del primo decennio del ’900. Nel 1905 nasce, come si è detto, la Società
Anonima Ilva e, nel 1911, il Consorzio Ilva, attraverso il quale le società Elba, Alti
Forni, Fonderie e Acciaierie di Piombino, Ferriere Italiane, Siderurgica lavorano parte
della produzione nazionale di ghisa e il 58% della produzione di acciaio fuso.
Per sfruttare le opportunità offerte dalla prima guerra mondiale, l'Ilva si integrò e
acquisì aziende cantieristiche ed aeronautiche. Lo scoppio della guerra e il conseguente
aumento del fabbisogno di prodotti siderurgici, infatti, inducono l'Ilva a stringere
legami più stretti con altre aziende. Questo richiese ingentissimi investimenti e
conseguenti debiti, che a guerra finita, misero l'Ilva in gravi difficoltà finanziarie.
Inoltre la crisi del ’20 e il conseguente crollo dei valori azionari e la contrazione della
domanda inducono la Banca Commerciale Italiana, il maggior creditore dell’Ilva, a
rilevarne la proprietà assieme a quella di numerose imprese siderurgiche minori. In
seguito con la crisi del 1929 l'azienda Ilva finisce prima alla Sofindit e successivamente
all’IRI, che ne diviene il principale azionista nel 1934. Con la nascita dell'IRI la società
è passata quindi sotto il controllo pubblico creando stabilimenti a Genova-Cornigliano,
Taranto e Napoli-Bagnoli.
Il 2 luglio 1937 l’IRI costituisce la Società Finanziaria Siderurgica - Finsider per
meglio gestire il patrimonio economico e finanziario dell’ILVA e delle sue controllate
e partecipate. L’IRI e la Finsider, dopo la seconda guerra mondiale, si impegnano a
riparare i danni e a riconvertire la produzione alle nuove esigenze della società Ilva. In
quegli anni a seguito dell'aumento del consumo di acciaio, e dallo sviluppo
dell’industria automobilistica e per la continua riduzione dei costi di produzione,
vengono costruiti nuovi centri siderurgici, tra cui quello di Taranto.
Negli anni sessanta l'Ilva diventa la maggior azienda siderurgica italiana e fra e prime
in Europa.

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Alla fine degli anni ottanta, con la crisi dell'acciaio, la società ebbe diverse
problematiche economico finanziarie, e fu rilevata, con l'originario nome di ILVA, dal
gruppo siderurgico Riva.
Con gli anni novanta è iniziata la laboriosa opera di dismissione degli impianti
produttivi e una riconversione delle aree precedentemente occupate dagli insediamenti
siderurgici.
Negli anni più recenti la crescente sensibilità dell’opinione pubblica in tema ambientale
alimenta il dibattito sulla nocività delle emissioni degli stabilimenti di Genova e
Taranto, dibattito che culminerà con la chiusura dell’area a caldo di Genova, nel 2005,
e al sequestro di quella di Taranto, nel luglio 2012. Tuttavia, pochi mesi dopo, il
governo, disponendo il commissariamento dell’azienda, autorizza la ripresa
dell’attività, nel rispetto dei vincoli imposti dall’Autorizzazione Integrata Ambientale
(AIA). Se sotto il profilo produttivo questo comporta un sensibile ridimensionamento
dell’attività, tuttavia segna, come dichiarato dalla stessa azienda, l’inizio di una fase di
profonda ristrutturazione che lancia l’azienda verso un futuro sostenibile.

GLI INIZI DELLA VICENDA DELL’ILVA

l'Ilva nata dalla dismessa ITALSIDER è il più grande polo siderurgico italiano e molto
importante in Europa i cui stabilimenti principali sono stabiliti in Liguria e Puglia.
Tale realtà industriale costruita nel 1961 impiegava 17000 dipendenti con un indotto
stimato in Puglia per 310 milioni di euro, a Taranto lo stabilimento è inserito tra due
quartieri popolosi; uno di questi è il quartiere Tamburi. La scelta di ubicare la realtà
industriale in questa zona sembra essere stata una scelta folle, insensibile ai problemi
della salute e del territorio e attenti soltanto al relativo guadagno.
Con gli anni 2000 a Genova e Taranto sono istruiti processi per inquinamento
ambientale sulla base di studi epidemiologici le cui evidenze rendevano la produzione
industriale responsabile di inquinamento e del forte sviluppo di patologie tumorali e
neurologiche.

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Nel 2012 il Tribunale di Taranto sequestra gli impianti per continuata attività
inquinante degli stabilimenti con una stima di 11550 morti in 7 anni per cause
respiratorie e cardiovascolari o ricoveri con aumenti esponenziali nei quartieri Tamburi
e Borgo. Parallelamente la forza operaia e i sindacaci in Puglia manifestano a favore
della produzione dello stabilimento, a dispetto delle evidenze di malessere ambientale
e sanitario in cui versa la zona prossima all’azienda.
Il decreto legge 3 dicembre 2012 n. 207 "disposizioni urgenti a tutela della salute,
dell’ambiente e dei livelli di occupazione, in caso di crisi di stabilimenti industriali di
interesse strategico nazionale" tratta delle problematiche legate alla situazione
ambientale di Taranto dato lo stabilimento siderurgico ILVA. Come citato da Giuseppe
Arconzo nella rivista “Diritto Penale Contemporaneo”, nel luglio 1997 l'ILVA di
Taranto è dichiarata "area a elevato rischio di crisi ambientale" dal Consiglio dei
Ministri. Questo porta all'intervento della Magistratura alla fine anni'90. I media
evidenziano una emergenza sanitaria in città e provincia di Taranto. È altissima
intensità di morti per tumore. Studi e perizie evidenziano come la responsabilità sia
legata alle emissioni nocive date dallo stabilimento Ilva.
Solo nel luglio 2010 la Procura ionica stabilisce per i responsabili Ilva il reato di
disastro ambientale, di rimozione e omissione dolosa di cautele e salvaguardia della
salute dei lavoratori, di avvelenamento di sostanze destinate all’alimentazione.
Nell’agosto 2012 il Governo adotta il decreto legge n° 129, contemporaneamente il
Tribunale attua il sequestro preventivo senza rendere possibile all’Ilva l'uso delle aree
inquinanti dello stabilimento.
Il 10 agosto con un nuovo decreto, il GIP conferma il provvedimento del sequestro
preventivo senza facoltà d’uso ed inoltre sollecita l’azienda ad adottare tutte le misure
necessarie per scongiurare il protrarsi delle situazioni di pericolo. Pochi giorni dopo, a
seguito di alcune pubblicazioni di intercettazioni si evidenzia come i dirigenti Ilva
coprirono i dati sulle emissioni inquinanti dell'acciaieria. Il Ministro dell'ambiente
annuncia così di provvedere ad una revisione dell’Autorizzazione Integrata
Ambientale. L'Ilva continua a produrre anche durante il sequestro concesso senza la

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facoltà d'uso, chiedendo la revoca di tale provvedimento. Ma gli organi giudiziari
respingono la richiesta dell’azienda.
Nel novembre 2012 l’Ilva dichiara di non poter formulare impegni; ma nei giorni
successivi presenta al Ministero dell’ambiente un piano operativo chiedendo il
dissequestro in modo da poter attuare le azioni stabilite con AIA (Autorizzazione
Integrata Ambientale).
La situazione si evolve quando il 26 novembre il GiP, emana un nuovo provvedimento
di sequestro preventivo, questa volta anche su tutti i lavori prodotti successivamente al
sequestro degli impianti (emanato a luglio). Tali prodotti infatti vengono considerati
profitto di attività illecita e l’Ilva non avrebbe potuto produrli con un sequestro in atto.
IL Governo, però, considerata la priorità strategica di interesse nazionale approva un
decreto legge per garantire la continuità produttiva di ILVA.

LA VICENDA ILVA FINO AI NOSTRI GIORNI. IL DIBATTITO POLITICO

Come già citato in precedenza nel luglio 2012 la Procura di Taranto sequestra senza
facoltà d'uso gli impianti dell'area a caldo dello stabilimento ILVA a causa delle
emissioni inquinanti nell’area. Nel dicembre 2012 il Ministro Clini ferma i magistrati
con l'adozione del decreto 207.
Il decreto 207/2012 stabilisce per la società ILVA la gestione responsabile per il lavoro
degli impianti, autorizza la produzione e la vendita. Inoltre introduce un meccanismo
sanzionatorio qualora l’Ilva non rispetti il piano di investimenti e di risanamento, oltre
al sistema di controllo dell'AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) già istituito in
precedenza.
Nel giugno 2013 il nuovo Governo Letta decide che per ILVA vi è la sola soluzione
del commissariamento straordinario, in quanto la chiusura dello stabilimento avrebbe
avuto un impatto economico negativo di 8 miliardi per anno. Il nuovo commissario
straordinario indicato da Letta fu Enrico Bondi che pochi mesi prima era stato scelto
proprio dalla famiglia Riva come amministratore delegato dell’Ilva. Bondi ottenne dal

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Governo il potere di aumentare il capitale dell’Ilva chiedendo al gruppo Riva di
partecipare alla società.
Nell’agosto 2013 attraverso un emendamento al D.L. "Terra dei fuochi" è concesso a
ILVA di smaltire i rifiuti della produzione nelle discariche interne lo stabilimento.
Il Governo Renzi, fin dall’inizio del suo mandato, auspica una privatizzazione dell’Ilva
da trasferire a investitori privati, individuati negli indiani ArcelorMittal e affiancati da
Marcegaglia spa.
Solo dal 10 gennaio 2016 il siderurgico è ufficialmente in vendita anche se continua ad
essere di proprietà dei Riva.
L’attuale posizione in merito alla vicenda Ilva da parte degli odierni partiti politici si
può evincere da alcune dichiarazioni fatta da singoli esponenti. Dal blog del
Movimento Cinque Stelle si comprende che secondo la loro opinione: “la trattativa sul
futuro occupazionale degli operai del polo siderurgico si sta svolgendo in assenza di
una ben definita linea contrattuale, di un piano ambientale, sanitario e di riconversione
economica del territorio. Questa è la triste conclusione di un percorso criminale durato
12 decreti legge che prevede: l’immunità penale per i Commissari e i futuri affittuari e
acquirenti, anche in caso di accertamento di danno; l’autorizzazione all’attività di
discariche di rifiuti speciali senza le normali procedure AIA; un rischio sanitario
accertato che rimarrebbe, anche in caso di realizzazione di tutte le prescrizioni previste
per il 2023, per oltre 12.000 cittadini; la possibilità per l’affittuario/acquirente di ridurre
investimenti per salvaguardare salute e ambiente in caso di mancato raggiungimento
del profitto; l’esonero totale dei debiti antecedenti al trasferimento aziendale; la
mancanza di tutele sui redditi e sui diritti dei lavoratori, i quali verranno in ogni caso
decurtati di un numero non inferiore alle 4000 unità; nessuna quantificazione della
spesa per la decontaminazione del territorio. Queste sono solo alcune delle numerose
criticità della vertenza ILVA. A conti fatti, questa trattativa è stata condotta dai vari
Governi che si sono susseguiti in maniera dilettantistica, fallimentare, infischiandosene
dei diritti dei cittadini e dei lavoratori. Questa è una verità ormai sotto gli occhi di tutti:
il contratto sottoscritto dal Governo pregiudica il presente e il futuro di Taranto e per
essere approvato occorre solo la firma dei sindacati e il via libera dell’antitrust europeo.

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Non è ancora scaduto il tempo per invertire la rotta: occorre una pianificazione
   attraverso un accordo di programma che preveda la graduale chiusura delle fonti
   inquinanti, la bonifica con l’impiego delle maestranze in forza allo stabilimento e una
   riconversione economica del territorio.” Il Movimento Cinque Stelle inoltre ha
   annunciato l’intenzione di invitare le forze sindacali ad un tavolo di discussione a
   Taranto.
   A queste parole l’ex Ministro dello sviluppo economico Calenda, risponde in una
   lettera aperta al Corriere della Sera. Rispetto la posizione del Movimento Cinque Stelle,
   l’ex Ministro evidenzia le posizioni e le cose realizzate dal Partito Democratico.
   Secondo l’ex Ministro il governo, infatti, è intervenuto proponendo un accordo Ilva.
   “Questi sono i punti salienti:
1. 10.000 assunti dalla nuova Ilva allo stesso livello salariale, inquadramento e diritti
   attuali;
2. 1.500 persone in carico alla società mista costituita da Invitalia e Amministrazione
   straordinaria per svolgere per la nuova Ilva i servizi esternalizzati e le bonifiche;
3. incentivo volontario all’esodo per 2.000 persone con una combinazione di 5 anni di
   cassa e 100.000 euro di bonus;
4. Garanzia finale, da parte della Società per Cornigliano e di quella per Taranto, di
   assunzione delle persone eventualmente rimaste senza prospettive alla fine del piano.”
   Nello stesso articolo l’ex Ministro dichiara che nessun dipendente avrebbe perso il
   lavoro, il salario e l’inquadramento. Tutti avrebbero avuto la certezza di un posto di
   lavoro a tempo indeterminato. Inoltre l’ex Governo (Gentiloni) prevedeva un anticipo
   degli interventi ambientali; un piano bonifiche; un rafforzamento del monitoraggio sul
   rischio sanitario; una tutela dell’indotto; un fondo sociale.
   Ad ogni ciò che sottolinea l’ex Ministro Calenda sono gli obiettivi positivi raggiunti:
   le aumentate assunzioni da parte di Mittal, da 10.000 al numero di lavoratori
   attualmente impiegati al netto della cassa integrazione; inoltre si ha la garanzia di Mittal
   sull’assunzione    delle   persone     eventualmente      rimaste    nell’amministrazione
   straordinaria alla fine del piano industriale (2023).

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Vista la posizione del capo politico Di Maio e in seguito quella dell’onorevole Calenda,
è necessario chiedersi quali sono le possibili svolte che il caso Ilva potrà avere con la
nascita del nuovo governo Conte (unione Lega e Movimento Cinque Stelle). Secondo
un articolo di Lorenzo Torrisi in “il sussidiario.net” probabilmente il contratto di
Governo tra Lega e Movimento 5 Stelle non parlerà in specifico del caso Ilva.
Secondo quanto dichiarato da alcuni esponenti del Movimento 5 Stelle, tuttavia, l'Ilva
di Taranto va semplicemente chiusa. Per Rosa D'Amato infatti, eurodeputata M5s, nel
mese di maggio 2018 ha dichiarato: "Noi restiamo della convinzione che l'Ilva vada
chiusa e che le risorse per la città siano indirizzate a una grande opera di riconversione
industriale, con precisi impegni per il sostegno e la formazione dei lavoratori". Al
contrario la Lega mostra idee diverse dal Movimento Cinque Stelle. Basti pensare che
in Liguria, il gruppo siderurgico ha uno stabilimento a Cornigliano e Giovanni Toti,
Governatore forzista vicino al Carroccio, ritiene che sia "un patrimonio industriale e
produttivo non solo del territorio ma dell'intero Paese". Inoltre Matteo Salvini ha
dichiarato in più occasioni l’impegno, da parte del suo partito, a salvaguardare i posti
di lavoro per i dipendenti del gruppo.
Questo ci può far capire che il Governo giallo-verde dovrà lavorare molto per trovare
una posizione comune rispetto il caso Ilva.
Come dichiarato nella testata Today.it, nel mese di giugno 2018 i sindacati chiedono
incontro a Di Maio (Ministro del Mise) urgente sul dossier Ilva, spiegando che, negli
ultimi mesi hanno partecipato a diversi incontri con il gruppo InvestCo e che in questa
fase delicata l’incontro serviva a illustrare la loro posizione e conoscere le azioni che
il nuovo governo intendeva (e intende) mettere in campo.

ILVA COME CASO LIMITE DI LAVORO E AMBIENTE

Secondo quanto scritto da Massimiliano Martucci per rassegna Sindacale il 19
dicembre 2017 il cambiamento e la tutela del lavoro e della salute sono due aspetti che
devono essere presi in considerazione quando si parla di Ilva.

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La vertenza Ilva sembrava ormai una grossa matassa fumosa della quale non si
comprende né il capo né la coda. Molti sono i soggetti coinvolti in questa vicenda, e
molti sono i protagonisti che hanno degli interessi particolari, alcuni a favore del
mantenimento del gruppo Ilva, altri che seppur interessati al perdurare dell’azienda
mettono in luce quelle che sono le condizioni ambientali e di salute del territorio
tarantino. A partire da Governo, dalla Regione Puglia e dal Comune di Taranto; ci sono
inoltre Arcelor Mittal, assegnataria dell’azienda, i sindacati che attendono ancora il
piano industriale e quello dell’ambientalizzazione. Nello stesso modo anche le
associazioni ambientaliste e la Confindustria tarantina sono interessate a questi aspetti.
Infine partecipano alla questione anche l’Unione Europea, con l’Antitrust e la Cassa
depositi e prestiti (Cdp).
Sembra quindi essere complessa la situazione, da un lato per la moltitudine dei soggetti
coinvolti e degli interessi da loro manifestati. È necessario affrontare la situazione
aggravata dal numero dei lavoratori coinvolti e dalla necessità di risanare e
ambientalizzare l’acciaieria, a cominciare dalla copertura dei parchi minerali che
diffondono una polvere letale. Come dichiarato dal segretario generale della Cgil
jonica, Paolo Peluso, è necessario mettere al centro quelli che sono gli interessi dei
lavoratori. Questo vuol dire cercare di creare un giusto equilibrio tra lavoro e ambiente.
“Ambiente è lavoro”, potrebbe essere la sintesi, perché il cambiamento può avvenire
solo dall’interno della fabbrica.
Dalla testata online Today.it in un pezzo dal titolo “Che cosa ne sarà dell'Ilva di
Taranto, un'unica certezza non può chiudere" dell’8 giugno 2018 si evince che il nuovo
Ministro dell’ambiente Sergio Costa parlando del futuro per l’Ilva di Taranto, che la
valutazione dell'impatto ambientale dell'area e che qualsiasi riconversione e qualsiasi
linea venga proposta non può non tenere conto della linea ambientale. Inoltre il
Ministro sottolinea come sia necessario per il nuovo acquirente del gruppo Ilva tenere
in considerazione primariamente la tutela dell'ambiente e del territorio.
L’aspetto ambientale, fino adesso trattato, risulta critico se si va ad analizzare la salute
della popolazione tarantina. Altro aspetto critico che incide sulla salute delle persone è
la condizione lavorativa. Il caso Ilva è l’emblema della situazione e presenta le

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caratteristiche di una inevitabile malattia socio culturale. Ci si può chiedere infatti: si
può difendere un lavoro che uccide? Qual è la società che può permettere che questo
avvenga?
L'Ilva, come già dichiarato sopra, è il più grande polo siderurgico italiano con fabbriche
concentrate in Puglia e Liguria. Nello specifico a Taranto la fabbrica è sita, per una
scelta folle, nei pressi di un centro abitato a scapito della salute e del territorio. Una
enorme ricchezza produttiva ma non priva di conseguenze per la popolazione.
Da sottolineare nuovamente che studi epidemiologici hanno evidenziato come la
produzione industriale sia responsabile di vasto inquinamento con aumento di
patologie tumorali e neurologiche.
Si calcola in 7 anni 11550 persone morte per cause cardiovascolari e respiratorie dovute
alle emissioni e ricoveri per cause cardiache, respiratorie e cerebrovascolari.
Paradossale in Puglia cittadini, operai e sindacati hanno svolto manifestazioni in difesa
del diritto al lavoro, difendendo così la causa della morte.
Come dichiarato da Anastasio G. e da Benelli C. nella rivista Psicoanalisi
Neofreudiana; il caso dell'Ilva di Taranto ci porta al significato del lavoro per l'uomo.
L’uomo deve lavorare per vivere, ma il lavoro per l’uomo non è soltanto una necessità,
è un’attività che lo separa dalla natura e lo rende essere sociale e indipendente
sviluppandone la personalità. Il problema scaturisce quando il lavoro fa male. Ed è
facile pensare, in questo caso, ai dirigenti Ilva solo interessati al processo di
quantificazione. Tutto infatti viene contabilizzato, numerato, messo a bilancio; ma in
questo modo l’uomo sparisce e la vita degli operai anche, mettendo a discapito la salute
e il benessere. Tutto è rivolto all’aspetto materiale quantitativo ed economico. Il caso
Ilva ha messo in luce come un uomo senza lavoro è un escluso, un fallito agli occhi
della società. Per questo alcuni cittadini, operai e sindacati hanno manifestato a favore
di questo lavoro degradante per la popolazione e il territorio tarantino. Perché privi di
questo lavoro si sentono soggetti a una forma di esclusione sociale e sono disposti a
morire per il lavoro e far morire chi abita attorno nel territorio.

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CASO ILVA E INCLUSIONE AMBIENTALE, LAVORATIVA E SOCIALE

In questo ultimo capitolo si vuole affrontare il tema dell’inclusione. Potrebbe risultare
difficile trovare un collegamento al caso Ilva e ai temi dell’inclusione. Ma se si va a
rintracciare la definizione di inclusione troviamo che una società inclusiva è basata sul
rispetto reciproco e sulla solidarietà, garantisce pari opportunità e un tenore di vita
dignitoso per tutti e considera la diversità come un elemento di forza e non di divisione.
Se si va a rileggere la storia e la cronaca del caso Ilva, si può trovare che questi elementi
di pari opportunità, tenore di vita dignitoso e solidarietà sono mancati, almeno
inizialmente. Un primo aspetto riguarda quello dell’inclusione sociale.
Nella vicenda tarantina, infatti, si sono susseguiti e hanno prevalso negli anni gli
interessi soggettivi di alcuni attori istituzionali, sociali o economici e spesso l’interesse
collettivo è stato sottovalutato o messo in secondo piano. In particolare quelli dei
lavoratori e della popolazione ubicata nei pressi dello stabilimento Ilva, sono interessi
poco ascoltati e che trovano voce soltanto attraverso i canali mediatici.
Sebbene dal 2012 l’impianto di Taranto risulti sequestrato dalla magistratura, le opere
di bonifica si svolgono lentamente. Ogni intervento a risoluzione dei problemi sembra
essere parziale o non pianificato. Un esempio di interessi messi in secondo piano o
emersi solo dopo l’intervento dei media si trova nelle carenze sul piano della sicurezza,
dove sono gli operai stessi soggetti a rischio di morte per cause tumorali. Quando è
stata verificata la tossicità delle emissioni Ilva anche le istituzioni giudiziarie si sono
mosse a favore della tutela della salute e dell’ambiente; ma interessi più rilevanti come
quelli economici e politici hanno inciso nella vicenda. L’Ilva, infatti, è lontana dallo
standard di un’azienda che convive con l’ambiente. Inoltre è sommersa da un ulteriore
grosso problema che è quello dei debiti accumulati. Alcuni pensano che i debiti sono
la conseguenza di tutti i freni che la magistratura ha posto in questi anni ai processi
produttivi dell’azienda. I provvedimenti presi erano però quanto mai necessari per
tutelare la salute dei cittadini di Taranto. D'altronde i danni sarebbero difficilmente
reversibili e gli interventi necessari altamente costosi. La Magistratura ha infatti sempre

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agito secondo i principi di realizzazione di un ambiente inclusivo. Cioè di un ambiente
che tuteli le risorse presenti e l’umanità futura. Le risorse naturali presenti in un
territorio infatti sono dei beni comuni che devono essere protetti e salvaguardati per le
generazioni attuali e future. Se consideriamo che le risorse naturali della Terra sono
essenziali per la sopravvivenza e lo sviluppo della popolazione umana, bisognerebbe
averne cura e garantire quello che viene descritto come sviluppo sostenibile. Infatti lo
sviluppo sostenibile si propone di mantenere o magari aumentare il patrimonio
disponibile per le generazioni future.
In questo contesto possono coesistere situazioni ed elementi di coesione socio culturali
e ambientali come ad esempio uso sapiente della cultura locale, la valorizzazione delle
risorse, dei beni culturali e del territorio e del paesaggio culturale. Un esempio è stato
fatto dal Museo Nazionale Archeologico di Taranto, dove si è cominciata
una collaborazione per avviare un programma di attività finalizzato alla conoscenza e
alla diffusione del processo di riqualificazione ambientale e allo stesso tempo alla
valorizzazione    del     sistema   culturale   in   una   prospettiva     di        “sviluppo    e
crescita intelligente”.    Un   percorso    pensato    con   l’obiettivo        di     “rafforzare
la conoscenza” del territorio delle comunità locali per l’inclusione sociale attraverso
una progettazione a rete, l’obiettivo ultimo, quello di integrare sapientemente questi
valori con quelle aree compromesse ed attualmente in fase di recupero in
precedenza propulsori di sviluppo e custodi iniziali di ricchezza territoriale.
Mentre per quando riguarda il tema del lavoro, una cittadina tarantina ad un giornalista
di Repubblica a proposito della chiusura degli impianti dell'area a caldo dello
stabilimento dell’Ilva di Taranto risponde: “meglio morire di tumore che di fame”. A
Taranto si produce il 92% della diossina italiana e l'8,8% di quella europea, ognuno dei
duecentomila abitanti, ogni anno, respira 2,7 tonnellate di ossido di carbonio e 57,7
tonnellate di anidride carbonica. Per il forte rischio di entrare in contatto con le polveri
sottili, i bambini non possono giocare nei giardini pubblici. Ma la vera tragedia della
questione Ilva è che a protestare non sono i cittadini minacciati dal rischio ambientale
ma i lavoratori che difendono l’industria anche a costo di veder minacciata la propria
salute. La paura infatti di non avere più lavoro preoccupa di più rispetto al timore di un

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venir meno della propria salute. Questo sembra essere il paradosso di un impianto
industriale figlio di un’epoca in cui non c’era la cultura del rispetto dell’ambiente, della
salute e del benessere del lavoratore. Perché per questi uomini morire di lavoro è
meglio che morire per la perdita del lavoro. Il lavoro, l’ambiente, la salute e la vita:
quale di questi valori diventa allora il più importante? Questi valori sono in realtà tutti
prioritari e non si dovrebbe scegliere tra uno di questi. La prospettiva a cui la società
dovrebbe aspirare è all’idea di inclusione, oltre che ambientale e sociale anche
lavorativa. Come realtà che tutela i lavoratori in tutti i contesti di lavoro, a partire dalla
sicurezza per arrivare a costruire un clima organizzativo che abbia come obiettivo il
benessere dell’individuo.

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BIOBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA
-   http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2018/5/12/CONTRATTO-
    LEGA-M5S-Cosa-ne-sara-di-Ilva-Alitalia-e-Mps-/820494/
-   http://www.today.it/economia/ilva-taranto-governo-conte.html
-   http://www.rassegna.it/articoli/ilva-lambiente-e-il-lavoro
-   https://www.industriaitaliana.it/ilva-tira-molla-arcelor-mittal-ci-portera-alla-rovina/
-   https://www.corriere.it/politica/18_giugno_10/calenda-vicepremier-spinga-l-intesa-
    sull-ilva-se-mittal-rinuncia-f5ba6408-6cb4-11e8-8fe1-92e098249b61.shtml
-   Rivista psicoanalisi neofreudiana
-   http://atlanteitaliano.cdca.it/conflitto/ilva-di-taranto
-   http://www.laringhiera.net/ambiente-e-cultura-per-rilanciare-taranto/
-   www.sociale.it (Tutti i problemi dell’Ilva)
-   http://www.propostalavoro.com/benessere-e-lavoro/legislazione-e-sicurezza/operai-
    dellilva-quando-il-posto-di-lavoro-e-piu-importante-della-salute
-

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