ESMO 2020 - Carcinoma mammario triplo-negativo e recettori ormonali positivi in stadio precoce - Carcinoma mammario triplo-negativo e recettori ...
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REPORT - Domenica 20 settembre 2020 ESMO 2020 - Carcinoma mammario triplo-negativo e recettori ormonali positivi in stadio precoce A cura di Benedetta Conte, U.O. Oncologia Medica 2, Ospedale Policlinico San Martino IRCCS, Genova Domenica 20 settembre all’ESMO 2020 sono stati presentati gli studi che hanno implicazioni importanti nel trattamento del carcinoma mammario triplo-negativo (TNBC) e recettori ormonali positivi (HR+) in stadio precoce. I risultati dello studio IMpassion031 hanno apportato ulteriori evidenze sull’efficacia della chemio- immunoterapia come trattamento neoadiuvante del TNBC. Questo studio, di fase III in doppio cieco, ha randomizzato 333 pazienti con TNBC e stadio clinico II-III, a ricevere in setting neoadiuvante 12 cicli di nab-paclitaxel settimanale + atezolizumab/placebo bisettimanale alla dose di 840 mg, seguiti da 4 cicli di doxorubicina e ciclofosfamide + atezolizumab/placebo bisettimanali, sempre alla dose di 840 mg. Dopo la chirurgia, le pazienti allocate al braccio sperimentale hanno proseguito il mantenimento con ulteriori 11 cicli trisettimanali di atezolizumab alla dose di 1200 mg. Il disegno statistico iniziale prevedeva come unico endpoint primario la risposta completa patologica (pCR) nella popolazione globale di studio. In seguito alla pubblicazione dei risultati dello studio IMpassion130, che hanno mostrato un beneficio con atezolizumab solo nelle pazienti con TNBC metastatico PD-L1- positivo (PD-L1+), lo studio è stato emendato per includere la pCR nelle pazienti PDL1+ come endpoint co-primario. La positività di PD-L1 è stata definita sulla base del riscontro alla biopsia di un’espressione di PD-L1 ³1% da parte dell’infiltrato immunitario peritumorale. La randomizzazione delle pazienti è stata stratificata in base allo stadio di malattia (stadio II vs stadio III) e allo stato di PD-L1. ©Accademia Nazionale di Medicina
Nello studio è stata arruolata solo una minoranza di pazienti con carcinoma mammario localmente avanzato propriamente detto (stadio III, 23% delle pazienti arruolate), mentre la maggioranza (76%) aveva un tumore di stadio II. Il 46% delle pazienti aveva un carcinoma mammario PD-L1+, mentre il 56% era PD- L1-. Nella popolazione generale, la pCR è risultata essere del 57,6% nel braccio con atezolizumab vs 41,1% nel braccio di controllo, con un beneficio assoluto del 16,5%, statisticamente significativo (p=0,0044). Nella popolazione PD-L1+ (46% della popolazione totale), la pCR è risultata del 68,8% nel braccio con atezolizumab e del 49,3% nel braccio di controllo (beneficio assoluto: 19,5%, p=0,021). Nelle pazienti PD- L1- (il 54% della popolazione totale), la pCR nel braccio con atezolizumab è risultata essere del 47,7 vs 34,4% nel braccio di controllo. Il follow-up è ancora immaturo per osservare eventuali differenze significative negli outcomes di sopravvivenza; tuttavia, sembra emergere un trend a favore del braccio con atezolizumab. ©Accademia Nazionale di Medicina
Nella stessa sessione sono stati presentati i risultati dello studio PARADIGM, uno studio osservazionale olandese che, utilizzando i dati del Netherlands Cancer Registry, ha analizzato la correlazione tra prognosi a lungo termine e TIL (tumour infiltrating lymphocytes) in pazienti giovani con TNBC non trattate con terapia sistemica (neo)adiuvante. Lo studio ha dimostrato che la stratificazione prognostica delle pazienti sulla base dei TIL è in grado di identificare tre gruppi a rischio di ricaduta differente. Le pazienti i cui tumori sono caratterizzati da un ampio infiltrato immunitario (TIL ³75%) hanno un’ottima sopravvivenza anche in assenza di chemioterapia (neo)adiuvante (sopravvivenza globale (OS) ©Accademia Nazionale di Medicina
a 15 anni del 93%; confidence interval CI, 88–98%), mentre le pazienti con più bassa espressione di TIL (
I dati di questo studio confermano ancora una volta la necessità di includere i TIL tra i parametri prognostici del TNBC. Gli autori concludono inoltre che questi risultati costituiscono evidenze importanti per lo sviluppo di studi di de-escalation in pazienti giovani con TNBC con alta espressione di TIL. Il carcinoma mammario HR+ è stato invece il protagonista indiscusso della seconda parte di questa giornata di ESMO 2020. Per la prima volta sono stati presentati i dati di efficacia nel setting adiuvante degli inibitori di CDK4/6, con esiti contrastanti. Lo studio PALLAS ha randomizzato 5600 pazienti con carcinoma mammario HR+ operato, con stadio patologico II-III, a ricevere la terapia endocrina adiuvante associata o meno a palbociclib per due anni. Il tipo e la durata della terapia endocrina erano a discrezione dello sperimentatore. Lo switch da tamoxifene a inibitore dell’aromatasi era consentito, e la soppressione ovarica era prevista per le pazienti in premenopausa in trattamento con inibitore dell’aromatasi. Endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da malattia invasiva (iDFS). Endpoints secondari erano sopravvivenza libera da carcinoma mammario, sopravvivenza libera da recidiva a distanza (dRFS), sopravvivenza libera da recidiva loco-regionale e OS. A un follow-up mediano di quasi 24 mesi, lo studio è risultato negativo: la iDFS è risultata essere dell’88,2% nel braccio con palbociclib, e dell’88,5% nel braccio con sola terapia endocrina (HR=0,93, CI 0,76–1,15, p=0,51). Analogamente, non sono state riscontrate differenze statisticamente significative in dRFS tra i due bracci di trattamento: HR=1,00, CI 0,79–1,27, p=0,99. È importante sottolineare che una percentuale significativa di pazienti è andata incontro a una sospensione del trattamento e/o a riduzione della dose previste dal protocollo a seguito di tossicità ematologica (prevalentemente neutropenia G3), con un possibile effetto detrimentale sui dati di efficacia dello studio. ©Accademia Nazionale di Medicina
Lo studio MonarchE, presentato in sessione plenaria, ha arruolato un profilo di pazienti più ad alto rischio rispetto allo studio PALLAS: erano eleggibili per lo studio solo le pazienti con almeno quattro linfonodi ascellari metastatici, o da uno a tre linfonodi ascellari metastatici e con tumori ³5 cm, e/o di alto grado (G3), e/o con un Ki-67 ³20%. Nello studio PALLAS le pazienti con almeno quattro linfonodi ascellari metastatici rappresentavano il 38% della popolazione di studio vs il 59% nello studio MonarchE. Il MonarchE ha randomizzato 5637 pazienti a ricevere la terapia endocrina adiuvante associata o meno ad abemaciclib per due anni. Analogamente allo studio PALLAS, il tipo e la durata dell’endocrinoterapia erano a discrezione dello sperimentatore. ©Accademia Nazionale di Medicina
Endpoint primario era la iDFS. Endpoints secondari erano la dRFS, l’OS, e la safety. I risultati presentati in sessione plenaria a ESMO 2020 sono relativi all’analisi ad interim a due anni, e da considerarsi quindi ancora immaturi. Abemaciclib ha dimostrato di ridurre in maniera statisticamente significativa il rischio di iDFS a due anni del 26% (HR=0,747, CI 0,59–0,93) con un beneficio assoluto del 3,5%. Analogamente, il rischio di dRFS a due anni è risultato significativamente ridotto nel braccio con abemaciclib: HR=0,71 (CI 0,55–0,92), con beneficio assoluto del 3,3%. ©Accademia Nazionale di Medicina
In sede di congresso sono state discusse le possibili motivazioni del differente esito degli studi PALLAS e MonarchE: - differenza nel disegno dei due studi. Rispetto allo studio PALLAS, lo studio MonarchE ha arruolato pazienti a più alto rischio di ricaduta, e ciò ha permesso di osservare un beneficio significativo dall’aggiunta dell’inibitore di CDK4/6; - differenze nell’aderenza alla terapia con l’inibitore di CDK4/6. Nonostante il buon profilo di tollerabilità di palbociclib, il 42% delle pazienti arruolate nello studio PALLAS ha interrotto e/o ridotto la dose del farmaco come previsto dal protocollo, vs il 16% delle pazienti nello studio MonarchE; - differenza nel profilo di efficacia dei due farmaci. La schedula di somministrazione continua di abemaciclib potrebbe essere più efficace rispetto all’assunzione intermittente. Inoltre, i due farmaci hanno selettività diversa per CDK4 e CDK6. Per quanto incoraggianti, i dati di efficacia di abemaciclib a 24 mesi sono ancora preliminari. È necessaria la pubblicazione dei dati definitivi per confermare l’efficacia nel ridurre il rischio di ricaduta e per osservare un eventuale beneficio in sopravvivenza. ©Accademia Nazionale di Medicina
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