EFFETTI DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI SULLA DEMOGRAFIA DELLA FAUNA SELVATICA: LA DINAMICA DEL CERVO NELLE ALPI COZIE - POLITesi

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EFFETTI DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI SULLA DEMOGRAFIA DELLA FAUNA SELVATICA: LA DINAMICA DEL CERVO NELLE ALPI COZIE - POLITesi
SCUOLA DI INGEGNERIA CIVILE AMBIENTALE E TERRITORIALE
 CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA PER L'AMBIENTE E IL TERRITORIO

 EFFETTI DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI
 SULLA DEMOGRAFIA DELLA FAUNA SELVATICA:
 LA DINAMICA DEL CERVO NELLE ALPI COZIE

Relatore:
Prof. Paco Melià

 Tesi di laurea magistrale di:
 Andrea Scialabba
 Matricola: 858294

 Anno Accademico 2016–2017
EFFETTI DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI SULLA DEMOGRAFIA DELLA FAUNA SELVATICA: LA DINAMICA DEL CERVO NELLE ALPI COZIE - POLITesi
II
EFFETTI DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI SULLA DEMOGRAFIA DELLA FAUNA SELVATICA: LA DINAMICA DEL CERVO NELLE ALPI COZIE - POLITesi
Sommario

I territori alpini di alta quota sono luoghi ricchi di biodiversità e sono molto sensibili ai
cambiamenti climatici: mostrano, infatti, un tasso di aumento delle temperature superiore
alla media globale. La risposta più evidente delle specie alpine ai cambiamenti climatici è
uno spostamento delle popolazioni verso quote più elevate. Le specie che occupano quote
maggiori sono quindi più vulnerabili perché l'habitat disponibile si restringe all'aumentare
della quota. Lo studio della demografia della fauna selvatica alpina e della sua dipendenza
dalle principali variabili ambientali è quindi cruciale per valutare la vulnerabilità di queste
specie nel prossimo futuro.
In questo lavoro di tesi sono stati sviluppati modelli di dinamica di popolazione per tre
popolazioni di cervo (Cervus elaphus) nelle Alpi Cozie italiane, con l'obiettivo di indagare il
ruolo del cambiamento climatico sulla dinamica demografica di questa specie. A tale scopo
sono stati utilizzati i dati di censimenti condotti a partire dagli anni ‘80 in tre Parchi (Parco
del Gran Bosco di Salbertrand, Parco Orsiera-Rocciavrè e Parco della Val Troncea) e forniti
dall'Ente di Gestione dei Parchi delle Alpi Cozie. È stato testato un ampio insieme di modelli
dinamici in cui i parametri demografici sono stati espressi in funzione della densità e dei
principali fattori meteorologici (temperatura, precipitazioni, altezza del manto nevoso).
L'identificazione dei modelli migliori (in termini di capacità predittive e di parsimonia) è stata
effettuata utilizzando due diversi criteri di model selection (l’Aikake’s Information Criterion e
il Bayesian Information Criterion). I modelli selezionati incorporano il ruolo dell’altezza della
neve e della precipitazione cumulata nell’influenzare le dinamiche della specie. Questi fattori
ambientali, insieme alla densità di popolazione, interagiscono nel determinare la demografia
di tutte e tre le popolazioni, nonostante la presenza di alcune importanti differenze tra una
popolazione e l'altra.
I modelli calibrati tramite la ricostruzione degli andamenti storici delle tre popolazioni sono
stati poi utilizzati per predire la dinamica demografica futura mediante simulazione
stocastica (Monte Carlo). I modelli sono stati forzati tramite serie temporali sintetiche delle
variabili ambientali corrispondenti a diversi possibili scenari di cambiamento climatico (in
particolare, gli scenari RCP 4.5 e RCP 8.5 prodotti dall’IPCC). I risultati delle simulazioni in
avanti non evidenziano rischi rilevanti per due delle tre popolazioni (Gran Bosco di
Salbertrand e Orsiera-Rocciavrè). Per la terza (Val Troncea), invece, le previsioni ottenute
con entrambi gli scenari indicano un livello di rischio elevato. È opportuno notare, tuttavia,
che il modello relativo alla popolazione della Val Troncea è stato ricavato sulla base di una
serie storica più breve (14 anni, contro i 33 e 22 anni delle altre due serie) e potrebbe quindi
risultare meno affidabile. È inoltre da considerare che nessuna delle tre popolazioni è chiusa
dal punto di vista biologico, quindi lo scambio di individui tra i tre parchi e il territorio
circostante (non quantificato in questo lavoro) potrebbe costituire un ulteriore elemento di
incertezza.

 I
EFFETTI DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI SULLA DEMOGRAFIA DELLA FAUNA SELVATICA: LA DINAMICA DEL CERVO NELLE ALPI COZIE - POLITesi
II
Abstract

The high-altitude alpine territories are rich in biodiversity and very sensitive to climate
change: in fact, they show an increase in temperatures above the global average. The most
obvious response of Alpine species to climate change is a shift of populations to higher
altitudes. Therefore, species that occupy higher elevations are more vulnerable due to a
narrowing in the availability of habitats as the altitude increases. In order to assess the
vulnerability of these species in the future, it is crucial to study the demography of alpine
wildlife and its dependence on the main environmental variables.
In this thesis, population dynamics models were developed for three deer populations
(Cervus elaphus) in the Italian Cottian Alps, with the aim of investigating the role of climate
change on the demographic dynamics of these species. For this purpose, census data from
the 80’s have been collected in three different parks (the Gran Bosco di Salbertrand, Orsiera-
Rocciavrè and the Val Troncea) and provided by the Parks Management Authority of the
Cottian Alps. The assessment was based on a large set of dynamic models in which the
demographic parameters were expressed as a function of density and the main
meteorological factors (temperature, precipitation, snow depth). The selection of the best
models (in terms of predictive capacity and parsimony) was carried out using two different
model selection criteria (the Aikake's Information Criterion and the Bayesian Information
Criterion). The selected models incorporate the role of snow depth and cumulative
precipitation in influencing the dynamics of the species. These environmental factors,
together with population density, interact in determining the demographics of all three
populations, despite the presence of some important differences between one population
and another.
The models calibrated through the reconstruction of the historical trends of the three
populations were then used to predict the future demographic dynamics through stochastic
simulations (i.e. Monte Carlo simulations). The models were forced by means of synthetic
time series of environmental variables corresponding to different possible climate change
scenarios (i.e. RCP 4.5 and RCP 8.5 scenarios produced by the IPCC). The results of the future
simulations do not show significant risks for two of the three populations (Gran Bosco di
Salbertrand and Orsiera-Rocciavrè). For the third (Val Troncea), however, the forecasts
obtained with both scenarios indicate a high level of risk. It should be noted, however, that
the model relative to the population of the Val Troncea was obtained on the basis of a
shorter historical series (14 years, against 33 and 22 years of the other two series) and could
therefore be less reliable. It is also to be considered that none of the three populations is
closed from the biological point of view, so the exchange of individuals between the three
parks and the surrounding territory (not quantified in this work) could represent a further
element of uncertainty.

 III
IV
INDICE
SOMMARIO ......................................................................................................................................I
ABSTRACT ......................................................................................................................................III
NOTAZIONI ................................................................................................................................... VII
LISTA DELLE FIGURE ....................................................................................................................... IX
INTRODUZIONE ............................................................................................................................... 1
 1.1. CONSERVAZIONE E GESTIONE DEGLI UNGULATI SELVATICI .............................................................. 1
 1.2. GLI EFFETTI DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI ................................................................................... 3
 1.2.1 Le Alpi: proprietà e vulnerabilità ....................................................................................4
 1.2.2. Effetti sulla fauna alpina .................................................................................................5
 1.3. OBIETTIVI E STRUTTURA DELLA TESI .......................................................................................... 6
AREA DI STUDIO E SPECIE D’INTERESSE............................................................................................ 9
 2.1. I PARCHI DELLE ALPI COZIE ..................................................................................................... 9
 2.1.1. Il Parco Naturale del Gran Bosco di Salbertrand ............................................................10
 2.1.2. Il Parco Naturale Orsiera Rocciavrè ................................................................................11
 2.1.3. Il Parco Naturale della Val Troncea ................................................................................12
 2.2. SPECIE D’INTERESSE – IL CERVO ............................................................................................. 13
 2.2.1. Status ..............................................................................................................................13
 2.2.2. Distribuzione ecologica ..................................................................................................13
 2.2.3. Riproduzione ..................................................................................................................13
 2.2.4. Stato di conservazione ...................................................................................................14
DATI DEMOGRAFICI E VARIABILI AMBIENTALI ............................................................................... 15
 3.1. DATI DEMOGRAFICI SULLE POPOLAZIONI DI CERVO ..................................................................... 16
 3.1.1. Il cervo del Gran Bosco di Salbertrand ...........................................................................16
 3.1.2. Il cervo dell’Orsiera Rocciavrè ........................................................................................19
 3.2. VARIABILI AMBIENTALI ......................................................................................................... 24
MODELLI DEMOGRAFICI ................................................................................................................ 29
 4.1. MODELLI UTILIZZATI ............................................................................................................ 31
 4.1.1. Modello esponenziale ....................................................................................................31
 4.1.2. Modello di Ricker ...........................................................................................................32
 4.1.3. Modello di Beverton-Holt ...............................................................................................32
 4.2. SELEZIONE DEI MODELLI ....................................................................................................... 33
 4.2.1. Il problema di stima ........................................................................................................34
 4.2.2. Scelta del miglior modello ..............................................................................................35
 4.2.3. Valutazione dei modelli ..................................................................................................37
RISULTATI E DISCUSSIONE ............................................................................................................. 39
 5.1. SIMULAZIONI STORICHE ....................................................................................................... 42
 5.1.1. Gran Bosco di Salbertrand ..............................................................................................42
 5.1.2. Orsiera-Rocciavrè ...........................................................................................................45
 5.1.3. Val Troncea .....................................................................................................................46
 5.2. SIMULAZIONI A LUNGO TERMINE ............................................................................................ 48
 Osservando la Tabella 5.6, si nota che tutti i modelli hanno residui distribuiti come una
 normale con media nulla e varianza nota, ad eccezione del modello RT1...............................48
 5.2.1. Gran Bosco di Salbertrand ..............................................................................................49

 V
5.2.2. Orsiera-Rocciavrè ...........................................................................................................52
 5.2.3. Val Troncea .....................................................................................................................55
CONCLUSIONI E SVILUPPI FUTURI .................................................................................................. 57
BIBLIOGRAFIA ............................................................................................................................... 61
RINGRAZIAMENTI .......................................................................................................................... 67

 VI
NOTAZIONI

 Bt tasso di natalità
 C capacità portante dell’ambiente
 Dt tasso di mortalità
 Et tasso di emigrazione
 It tasso di immigrazione
 K lunghezza del vettore dei parametri
 k numero variabili esplicative
 mj modelli candidati
 M set di modelli candidati
 n numero di osservazioni
 N0 abbondanza iniziale di una popolazione
 Nt abbondanza di popolazione al tempo t
 Pt precipitazione cumulata nell’anno t
 r tasso intrinseco di crescita
 R2 coefficiente di determinazione
 R!! coefficiente di determinazione aggiustato
 St altezza media della neve tra novembre dell’anno t e novembre dell’anno t+1
 Tmaxt temperatura massima media nell’anno t
 Tmint temperatura minima media nell’anno t
 Tt temperatura media nell’anno t
 X matrice disegno (n x k)
 y dati osservati
 !! stime prodotte da un modello
 y! valore medio delle osservazioni

Simboli greci

 α costante di crescita
 β forza della competizione interspecifica
 β0 parametro costante
 βi parametro della variabile ambientale i
 ε vettore degli errori
 θ vettore dei parametri
 ! vettore delle stime dei parametri
 λ massimo tasso di crescita in assenza di competizione

 VII
Simboli e abbreviazioni

AIC Aikake’s Information Criterion
AICbest minimo valore dell’AIC
AICc Aikake’s Information Criterion del secondo ordine
BIC Bayesian Information Criterion
BICbest minimo valore del BIC
ERA-Interim data-set di rianalisi climatica
IFS Integrated Forecasting System
IPCC Intergovernmental Panel on Climate Change
LS least square
MLE maximum likelihood estimation
RCP Representative Concentration Pathways
SSE sum of square errors

 VIII
Lista delle Figure

Figura 1.1: Cambiamenti osservati in (a) temperatura superficiale media globale, (b) livello
 medio globale del mare (blu) e satellite (rosso), (c) copertura nevosa dell'emisfero
 settentrionale nel periodo marzo-aprile e (d) missioni antropogeniche annuali e globali
 di anidride carbonica (CO2)……………………………………………………………………………………………3
Figura 1.2: Effetti attesi di diversi fattori nel modificare la biodiversità per l'anno 2100. Il
 riquadro (a) è una media delle stime per ciascun bioma, fatta in relazione al massimo
 cambiamento; la figura (b) riporta solo gli effetti sul bioma alpino. Adattato da (Sala et
 al., 2000)……………………………………………………………………………………………………………………….4
Figura 2.1: Inquadramento territoriale dei Parchi delle Alpi Cozie……………………………………….10
Figura 3.1: Censimenti primaverili e al bramito effettuati all’interno del Parco del Gran Bosco
 di Salbertrand nel periodo 2002-2016……………………………………………………………………..….17
Figura 3.2: Censimenti primaverili e cervi abbattuti nel periodo 1982-2015 all’interno del
 Parco del Gran Bosco di Salbertrand……………………………………………………………………………17
Figura 3.3: Andamento temporale delle tre specie presenti all’interno del Parco del Gran
 Bosco di Salbertrand nel periodo 1983-2015……………………………………………………………….18
Figura 3.4: Cervi censiti nel periodo primaverile all’interno del Parco Orsiera-Rocciavrè
 (1986-2007)………………………………………………………………………………………………………………...19
Figura 3.5: Andamento temporale delle tre specie presenti all’interno del Parco Orsiera-
 Rocciavrè nel periodo 1997-2007………………………………………………………………………………..20
Figura 3.6: Censimenti al bramito sulla specie cervo del Parco della Val Troncea nel periodo
 2002-2015……………………………………………………………………………………………………………………21
Figura 3.7: Andamento temporale delle tre specie presenti all’interno del Parco della Val
 Troncea nel periodo 2002-2015…………………………………………………………………………………..21
Figura 3.8: Andamento temporale delle tre popolazioni di cervo presenti all’interno delle
 aree considerate………………………………………………………………………………………………………….22
Figura 3.9: Andamento temporale delle densità delle tre popolazioni nel periodo 2002-
 2007…………………………………………………………………………………………………………………………….23
Figura 3.10: Temperatura media annuale nei tre Parchi (1982-2016), elaborazione su dati
 ERA-Interim…………………………………………………………………………………………………………………25
Figura 3.11: Altezza media della neve (novembre-maggio) nei tre Parchi (1982-2015),
 elaborazione su dati ERA-Interim………………………………………………………………………………..25
Figura 3.12: Precipitazione cumulata annua nei tre Parchi (1982-2016), elaborazione su dati
 ERA-Interim…………………………………………………………………………………………………………………25
Figura 3.13: Confronto tra le temperature media annuali ERA-Interim e dati osservativi del
 Lago Pilone (Parco del Gran Bosco di Salbertrand) nel periodo 1990-2015………………….26
Figura 3.14: Dati sulla popolazione totale del cervo del Parco della Val Troncea e altezza
 media della neve calcolata come la media tra novembre dell’anno t e maggio dell’anno
 t+1……………………………………………………………………………………………………………………………….26
Figura 3.15: Proiezioni meteorologiche nell’area dei Parchi delle Alpi Cozie (dati IPCC).
 (a) Temperatura media annuale; (b) altezza media della neve al suolo tra novembre
 dell’anno t e maggio dell’anno t+1; (c) precipitazione cumulata annua……………………….28
Figura 4.1: Schema dei fattori principali che influenzano lo stato di una
 popolazione…………………………………………………………………………………………………………………29

 IX
Figura 5.1: Simulazioni dell'abbondanza di popolazione di cervo nel Parco del Gran Bosco di
 Salbertrand ottenute utilizzando i 6 migliori modelli selezionati………………………………….43
Figura 5.2: Simulazioni sull'abbondanza di popolazione di cervo del Gran Bosco di
 Salbertrand ottenute utilizzando i 2 migliori modelli selezionati………………………………….44
Figura 5.3: Simulazioni dell'abbondanza di popolazione di cervo nel Parco Orsiera-Rocciavrè
 ottenute utilizzando i 6 migliori modelli selezionati…………………………………………………….46
Figura 5.4: Simulazioni dell'abbondanza di popolazione di cervo nel Parco della Val Troncea
 ottenute utilizzando i 2 migliori modelli selezionati…………………………………………………….47
Figura 5.5: Simulazioni a lungo termine dell'abbondanza di popolazione eseguite utilizzando i
 6 migliori modelli selezionati per il Parco del Gran Bosco di Salbertrand. Proiezioni
 ottenute utilizzando i valori medi storici delle variabili ambientali d’interesse…………….49
Figura 5.6: Simulazioni a lungo termine dell'abbondanza di popolazione eseguite utilizzando i
 6 migliori modelli selezionati per il Parco del Gran Bosco di Salbertrand. Proiezioni IPCC
 con scenario di cambiamento climatico RCP 4.5………………………………………………………….50
Figura 5.7: Proiezioni future dell’abbondanza della popolazione del Parco del Gran Bosco di
 Salbertrand utilizzando due dei migliori modelli e le proiezioni meteorologiche fornite
 dall’IPCC con scenario di cambiamento climatico RCP 4.5……………………………………………50
Figura 5.8: Simulazioni a lungo termine dell'abbondanza di popolazione eseguite utilizzando i
 6 migliori modelli selezionati per il Parco del Gran Bosco di Salbertrand. Proiezioni IPCC
 con scenario di cambiamento climatico RCP8.5…………………………………………………………..51
Figura 5.9: Proiezioni future sull’abbondanza della popolazione del Parco del Gran Bosco di
 Salbertrand utilizzando due dei migliori modelli e le proiezioni meteorologiche fornite
 dall’IPCC con scenario di cambiamento climatico RCP 8.5……………………………………………51
Figura 5.10: Simulazioni a lungo termine dell'abbondanza di popolazione eseguite utilizzando
 i 6 migliori modelli selezionati per il Parco Orsiera-Rocciavrè. Proiezioni ottenute
 utilizzando i valori medi storici delle variabili ambientali d’interesse…………………………..52
Figura 5.11: Simulazioni a lungo termine dell'abbondanza di popolazione eseguite utilizzando
 i 6 migliori modelli selezionati per il Parco Orsiera-Rocciavrè. Proiezioni IPCC con
 scenario di cambiamento climatico RCP 4.5…………………………………………………………………53
Figura 5.12: Proiezioni future dell’abbondanza della popolazione del Parco Orsiera-Rocciavrè
 utilizzando due dei migliori modelli e le proiezioni meteorologiche fornite dall’IPCC con
 scenario di cambiamento climatico RCP 4.5…………………………………………………………………53
Figura 5.13: Simulazioni a lungo termine dell'abbondanza di popolazione eseguite utilizzando
 i 6 migliori modelli selezionati per il Parco Orsiera-Rocciavrè. Proiezioni IPCC con
 scenario di cambiamento climatico RCP 8.5…………………………………………………………………54
Figura 5.14: Proiezioni future dell’abbondanza della popolazione del Parco del Gran Bosco di
 Salbertrand utilizzando due dei migliori modelli e le proiezioni meteorologiche fornite
 dall’IPCC con scenario di cambiamento climatico RCP 8.5……………………………………………54

 X
CAPITOLO 1
 Introduzione

1.1. Conservazione e gestione degli ungulati selvatici

Negli ultimi decenni l’espansione del popolamento degli ungulati selvatici ha rappresentato
uno dei più considerevoli mutamenti del quadro faunistico italiano. Le profonde
trasformazioni culturali, socio-economiche e normative avvenute a partire dalla metà del
secolo scorso hanno determinato condizioni favorevoli a una progressiva riconquista degli
antichi areali e oggi gli ungulati hanno ripopolato una considerevole parte del territorio
nazionale, dopo che per almeno tre secoli l’azione dell’uomo aveva provocato la loro
sostanziale scomparsa. Essi sono tornati dunque a svolgere un importante ruolo strutturale e
funzionale nelle biocenosi italiane, con indubbie ricadute positive anche per la
conservazione di altre specie e in particolare dei grandi carnivori (Toso, 2013).
Grazie alla diffusione degli ungulati avvenuta negli ultimi tre decenni, sono state sviluppate
modalità di gestione basate sul principio della sostenibilità dell’utilizzo di questa risorsa nelle
sue diverse forme. Malgrado questo processo presenti ancora lacune, discontinuità e una
diffusione disomogenea in ambito nazionale ed europeo, esso ha rappresentato un chiaro
elemento di crescita culturale, con evidenti ripercussioni positive che non riguardano solo un
uso ecologicamente compatibile delle popolazioni degli ungulati, ma che investono
l’approccio generale alla conservazione della fauna selvatica.
Gli ungulati, che in Italia comprendono cervo, capriolo, camoscio, muflone, stambecco,
cinghiale e daino, sono di fondamentale importanza per il loro ruolo dominante nella
struttura e nelle dinamiche ecologiche degli ecosistemi naturali (Putman, 2004) e vengono
considerati sia come risorsa, estetica o economica, che come fonte di problemi derivanti
dall’impatto che la loro presenza determina sull’agricoltura, i boschi e la sicurezza stradale.
Molte specie si nutrono, infatti, in maniera molto selettiva e, di conseguenza, possono

 1
modificare la composizione e l'abbondanza delle diverse componenti della vegetazione, così
come la loro struttura fisica (Putman, 1986, 2004). A causa dell’impatto sulla componente
vegetale, questi grandi erbivori possono condizionare fortemente le comunità animali e in
particolare gli insetti, gli uccelli e la piccola fauna, con effetti a catena sulla popolazione di
predatori, i quali dipendono fortemente dalla disponibilità di prede come gli ungulati
(Putman, 1986,1994; Putman et al., 1989; Petty and Avery, 1990; Fuller, 2001; Flowerdew
and Ellwood, 2001; Suominem and Danell, 2006). Gli ungulati non sono però importanti
soltanto perché prede naturali del lupo e della lince, ma anche perché rappresentano
un'alternativa alla predazione sugli animali domestici (Meriggi & Lovari, 1996), una delle
principali cause degli attuali conflitti tra i grandi carnivori e l’uomo (Gazzola et al., 2008).
E’ riconosciuto inoltre che la presenza stabile di popolazioni di grandi erbivori in territori
occupati dall’uomo può entrare in conflitto con gli obiettivi che quest’ultimo ha sull’uso del
suolo e le sue risorse (Motta, 1998; Putman & Moore, 1998; Ammer, 1996). In passato il
principale danno causato dagli ungulati avveniva in agricoltura (Putman & Kjellander, 2003),
oggi, invece, i boschi e le foreste sembrano subire l’impatto più rilevante (Mayer &
Charlesworth, 1991; Welch et al., 1991, 1992; van Hees et al., 1996; Reimoser, 2000). A
causa del brucamento e dell’asportazione della corteccia dagli alberi, in aree con un’alta
densità di ungulati si può verificare una riduzione delle possibilità di rigenerazione naturale
di ampie zone boschive (Remoser & Gossow, 1996; van Hees et al., 1996; Vera et al., 2006),
con implicazioni negative sull’intero ecosistema.
Storicamente, il sovrasfruttamento, la predazione, le malattie e i cambiamenti nell'uso del
suolo hanno ridotto il numero di molte specie di ungulati (Teer, 1996; Danz, 1997). Tuttavia,
in diverse zone del mondo alcune specie hanno beneficiato dei cambiamenti climatici e delle
trasformazioni nell’uso del suolo, accrescendo il loro numero e la loro distribuzione su vasti
territori. La riduzione del prelievo da parte dell’uomo e la mancanza di predatori ha portato
dunque a una situazione tale da dover assicurare che il loro numero non incida su altri
obiettivi di uso del suolo, compresi l'agricoltura e la silvicoltura, e non influisca
negativamente sugli ecosistemi in generale (Cederlund et al., 1998; McShea, Underwood &
Rappole, 1997).
La conservazione dei grandi erbivori selvatici, intesa nel senso più ampio del termine,
includendo anche la gestione attiva attraverso il prelievo, rappresenta oggi una delle attività
più rilevanti per gli organismi gestori e le loro scelte di carattere normativo, programmatico
ed operativo devono essere fondate su solide basi scientifiche e tecniche. La gestione di
queste popolazioni di ungulati deve quindi basarsi su un'approfondita conoscenza scientifica
dell'ecologia e delle dinamiche demografiche di queste specie e dei sistemi più ampi di cui
fanno parte.

 2
1.2. Gli effetti dei cambiamenti climatici

I cambiamenti climatici si riferiscono a un mutamento nello stato del clima che può essere
identificato (ad esempio utilizzando test statistici) modificando la media e/o la variabilità
delle sue proprietà e che persiste per un periodo prolungato, tipicamente lungo decenni o
più. Si riferisce a qualsiasi cambiamento climatico nel corso del tempo, causato dalla
variabilità naturale o come risultato dell'attività umana (IPCC, 2007). Il riscaldamento del
sistema climatico è inequivocabile e, a partire dagli anni '50, molti dei cambiamenti osservati
sono senza precedenti. L'atmosfera e l'oceano si sono riscaldati, le quantità di neve e
ghiaccio sono diminuite e il livello del mare è aumentato (vedi Figura 1.1).
Le emissioni antropogeniche di gas serra sono aumentate dall'era preindustriale, trainate in
gran parte dalla crescita economica e demografica, e ora sono più alte che mai. Ciò ha
portato a concentrazioni atmosferiche di anidride carbonica, metano e protossido di azoto
che non hanno precedenti negli ultimi 800.000 anni. I loro effetti, insieme a quelli di altre
forzanti antropogeniche, sono stati rilevati in tutto il sistema climatico ed è estremamente
probabile che siano stati la causa principale del riscaldamento osservato dalla metà del XX
secolo (IPCC (AR5), 2014). Tale cambiamento sta avendo effetti significativamente
impattanti sui sistemi naturali. In molte regioni, il cambiamento delle precipitazioni o lo
scioglimento di neve e ghiaccio stanno alterando i sistemi idrologici e influenzando le risorse
idriche in termini di quantità e qualità. Molte specie terrestri, di acqua dolce e marine hanno
modificato le preferenze degli habitat, le attività stagionali, le abbondanze e le interazioni
tra le specie, in risposta ai cambiamenti climatici in corso.

 (d)

Figura 1.1: Cambiamenti osservati in (a) temperatura superficiale media globale, (b) livello medio globale del
mare (blu) e satellite (rosso), (c) copertura nevosa dell'emisfero settentrionale nel periodo marzo-aprile e (d)
missioni antropogeniche annuali e globali di anidride carbonica (CO2). Tutte le modifiche sono relative alle
medie corrispondenti per il periodo 1961-1990. Le curve arrotondate rappresentano valori medi decennali
mentre i cerchi mostrano valori annuali. (Fonte IPCC, 2007, WG1-AR4).

 3
1.2.1 Le Alpi: proprietà e vulnerabilità

Le regioni montane rappresentano circa il 20-24% della superficie terrestre e sono
caratterizzate da diversi tipi di clima e, anche se la ricchezza di specie diminuisce con
l'altitudine, l’ambiente montano è caratterizzato da molti ecosistemi diversi e presenta
quindi una delle più grandi ricchezze di specie a livello globale (Väre et al., 2003; Moser et
al., 2005; Spehn & Körner, 2005). Tra le regioni montane, le Alpi sono di particolare interesse
poiché ospitano una grande quantità di specie endemiche e sono perciò considerate tra le
regioni più importanti per la conservazione della biodiversità in Europa (Theurillat & Guisan,
2001; Korner & Spehn, 2002).
Tuttavia le regioni montane, e in particolare quelle europee, sono molto vulnerabili ai
cambiamenti climatici e ai disturbi antropogenici (Fischlin et al., 2007). In queste regioni,
infatti, si possono riscontrare aumenti di temperatura più elevati rispetto alle regioni
circostanti. Nelle Alpi la temperatura sta aumentando a un ritmo circa doppio rispetto alla
media globale osservata nell’ultimo secolo (Auer et al., 2007).
L’attuale configurazione dell'ambiente alpino è il risultato dell’interazione tra condizioni
naturali e secoli di cambiamenti dovuti all’azione dell’uomo. Ad esempio, il recente
abbandono dei pascoli alpini, insieme ai cambiamenti climatici, ha causato un'espansione dei
boschi e uno spostamento verso l'alto della linea degli alberi (Schweiger et al., 2012), con
conseguenti ripercussioni negative sulla biodiversità locale (Dirnböck et al., 2003; Laiolo et
al., 2004; Martin & Possingham, 2005).
Uno studio di Sala et al. (2000) ha dimostrato che, mentre a livello mondiale il principale
driver della perdita di biodiversità prevista per l'anno 2100 è il cambiamento di uso del suolo
(vedi Figura 1.2 (a)), sul bioma alpino è previsto un maggiore impatto dovuto al
cambiamento climatico, come riportato nella Figura 1.2 (b). Gli ecosistemi alpini sono
caratterizzati, infatti, da basse temperature e ospitano organismi altamente specializzati che
vivono vicino al limite delle loro tolleranze fisiologiche (Mignatti, 2014), e per questo motivo
dovrebbero mostrare gli effetti del cambiamento climatico in anticipo e in modo più
evidente rispetto ad altri ecosistemi (IPCC, 2007a; Pauli et al., 2007; Pickering et al., 2008).
 1,2 0,6
 Relative effect of drivers

 1
 Relative biodiversity change

 0,5
 0,8
 0,6 0,4
 0,4
 0,3
 0,2
 0 0,2

 0,1

 0
 1 2 3 4 5
 (a) A livello mondiale (b) Bioma alpino

Figura 1.2: Effetti attesi di diversi fattori nel modificare la biodiversità per l'anno 2100. Il riquadro (a) è una
media delle stime per ciascun bioma, fatta in relazione al massimo cambiamento; la figura (b) riporta solo gli
effetti sul bioma alpino. Adattato da Sala et al. (2000).

 4
1.2.2. Effetti sulla fauna alpina

Le specie che vivono in ambienti montani possono essere particolarmente sensibili ai
cambiamenti climatici (Post et al. 1999) e possono andare incontro a un incremento del
rischio di estinzione (Derocher & Stirling 1995, 1998). Gli effetti registrati e attesi del
riscaldamento globale sulla fauna sono principalmente legati a cambiamenti nella fisiologia,
fenologia e distribuzione spaziale. Teoricamente, la risposta della fauna alle trasformazioni
ambientali può essere più veloce rispetto alla risposta della vegetazione, perché le specie in
costante movimento non hanno bisogno di aspettare fino alla generazione successiva per
cambiare posizione o distribuzione sul territorio. Questa caratteristica aumenta, quindi, la
plasticità della nicchia ecologica degli animali e li rende più efficienti nel rispondere agli
eventi estremi.
Tra i mammiferi, i maschi dello stambecco alpino hanno mostrato, nel Parco Nazionale
Svizzero, un aumento dell'altitudine estiva di circa 250 metri in diciannove anni (Herfindal et
al., 2012), aumentando così la sovrapposizione tra i territori occupati dai maschi e dalle
femmine. In tale situazione è probabile che aumenti la competizione intraspecifica
all’interno della specie stessa e si abbia, di conseguenza, una riduzione della sopravvivenza o
della fertilità. Sulla stessa specie, lo stambecco alpino, sono stati condotti molti studi per
indagare e approfondire il ruolo del clima sulle dinamiche demografiche della popolazione
del Parco Nazionale del Gran Paradiso (GPNP), in Italia (ad esempio Jacobson et al., 2004;
Lima & Berryman, 2006). Il risultato di questi studi ha identificato come principale effetto
una diminuzione della sopravvivenza invernale associata ad una elevata profondità media
della neve durante l’inverno.
Le regioni alpine di alta quota sono caratterizzate da una grande importanza ecologica e una
forte sensibilità alle condizioni climatiche. Il cambiamento climatico sta interessando il biota
di montagna in diversi modi: in modo diretto, ad esempio attraverso l'aumento delle
temperature e la variazione del regime di precipitazione e, in maniera indiretta, attraverso la
variazione delle componenti abiotiche dell'ambiente (ad esempio la riduzione dei ghiacciai).
Le risposte ecologiche a queste pressioni dipendono dalle caratteristiche specifiche di
ciascuna specie e le risposte di ogni singola specie possono portare a una variazione
nell'interazione tra diverse specie allo stesso livello o a diversi livelli trofici, e a una
variazione più generale delle comunità ecologiche.
Generalmente si ritiene che il rigido clima invernale influenzi la sopravvivenza degli individui
giovani attraverso una combinazione di maggiori costi di termoregolazione e una
diminuzione della disponibilità di foraggio a causa della presenza di neve al suolo
(Forchhammer et al., 1998b; Loison & Langvatn, 1998; Portier et al., 1998). E’ quindi
essenziale testare la capacità dei modelli di dinamica di popolazione, non soltanto di
spiegare gli andamenti demografici storici, ma anche di prevedere i cambiamenti futuri
(Forchhammer et al. 1998a), basati sulle proiezioni climatiche.

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1.3. Obiettivi e struttura della tesi

La comprensione di quali fattori determinano l'aumento, la diminuzione o la stabilità delle
popolazioni di ungulati selvatici è di fondamentale importanza per acquisire informazioni
utili alla gestione delle stesse. Molti studi ecologici a lungo termine sulla dinamica della
popolazione di questi grandi erbivori hanno fornito una comprensione dettagliata degli
effetti di alcuni fattori nel determinare la dimensione e la composizione di una popolazione
(Saether 1997; Gaillard, Festa-Bianchet & Yoccoz 1998; Gaillard et al., 2000). Questi studi si
sono concentrati sulle relazioni tra densità di popolazione, condizioni meteorologiche e tassi
di sopravvivenza individuale di diverse classi di sesso/età (Gaillard, Festa-Bianchet & Yoccoz
1998, Gaillard et al., 2000) e hanno evidenziato che gli impatti di entrambi gli effetti, sia
dipendenti sia indipendenti da densità, sono sostanzialmente correlati con il sesso/struttura
di una popolazione. Ciò è dovuto al fatto che la sopravvivenza di individui di diverso
sesso/età non è ugualmente influenzata dall'abbondanza di risorse e dai fattori
meteorologici. In generale, gli adulti sono relativamente insensibili alla densità e agli effetti
meteorologici, mentre i giovani (e forse gli individui senescenti) sono molto suscettibili a
entrambi (Gaillard, Festa-Bianchet e Yoccoz 1998; Gaillard et al., 2000; Coulson et al., 2001).
La dinamica delle popolazioni di ungulati è pertanto fortemente determinata sia dalla
dipendenza da densità, sia dai driver ambientali (Forchhammer et al., 2002; Lande, 1993;
Post et al., 1997; Sæ ther & Saether, 1997), che possono operare in modo sinergico (Gaillard
& Yoccoz, 2003).
L’obiettivo di questa tesi è lo studio della dinamica delle popolazioni di ungulati alpini in un
contesto in cui le variabili ambientali, in particolare quelle climatiche, possono influenzare la
dinamica temporale di queste specie e condizionarne le modalità di gestione future. Nello
studio è stata sfruttata l’insolita opportunità di avere a disposizione i dati delle serie
temporali di tre popolazioni di cervo per testare la capacità di una serie di modelli di
prevederne la dinamica demografica.
Per riprodurre le dinamiche di popolazione e fare previsioni nel prossimo futuro, sono stati
proposti diversi modelli. Un approccio semplice ma robusto è stato proposto in passato da
Jacobson et al. (2004), che ha esplorato diverse possibili relazioni tra la crescita della
popolazione totale di stambecchi nel Parco Nazionale del Gran Paradiso (GPNP) e la
profondità della neve nel periodo invernale. Nel presente studio, i modelli proposti da
Jacobson et al. (2004) sono stati modificati nella loro struttura e ampliati grazie
all’introduzione di altre variabili ambientali. Innanzitutto sono stati stimati gli effetti
indipendenti delle variabili meteorologiche e della densità sui cambiamenti annuali delle
dimensioni delle tre popolazioni di cervo che occupano i territori dei Parchi delle Alpi Cozie,
in Italia. Una volta dimostrato che queste variabili influenzano la dinamica di popolazione, è
stato sviluppato un modello che tiene conto contemporaneamente di tutti i fattori.
Successivamente, è stato valutato il potere predittivo a lungo termine di questo modello.

La tesi si articola nei seguenti capitoli:

 • il capitolo 1 spiega il contesto in cui è stato svolto lo studio, specificando le
 problematiche relative alla presenza di ungulati in ambiente alpino;

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• il capitolo 2 descrive l’area di studio su cui sono state svolte le indagini, con una
 descrizione generale della specie in esame;

• il capitolo 3 riporta le modalità di acquisizione e di elaborazione dei dati demografici
 e meteorologici utilizzati nello studio;

• il capitolo 4 esamina le dinamiche temporali e gli effetti non lineari delle variabili
 climatiche sui parametri demografici e la loro relazione con la densità di popolazione.
 Particolare attenzione è stata posta sull’identificazione delle strutture del modello e
 delle variabili ambientali più influenti. Questa analisi, detta model selection, include
 la formulazione delle ipotesi ecologiche, la loro traduzione in modelli matematici,
 l’identificazione del modello (o calibrazione dei parametri) e la scelta del miglior
 modello (o dei migliori modelli);

• il capitolo 5 mostra i risultati delle analisi, con particolare attenzione agli scenari di
 cambiamento attesi per il futuro;

• Il capitolo 6 contiene le conclusioni a cui si è giunti a seguito delle analisi condotte
 nell’ambito dello studio e si fa riferimento ai possibili sviluppi futuri.

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CAPITOLO 2
 Area di studio e specie d’interesse

2.1. I Parchi delle Alpi Cozie

L’area esaminata dal presente studio è situata nel territorio alpino della Regione Piemonte,
nel nord-ovest dell’Italia (vedi Figura 2.1), e comprende tre dei quattro Parchi Naturali
amministrati dall’Ente di Gestione dei Parchi delle Alpi Cozie. Istituiti nel 1980, questi Parchi
si estendono per una superficie complessiva di oltre 18.000 ettari e coprono un territorio
vasto che dalla pianura sale fino a superare i 3.500 m s.l.m.. Si tratta di un parco d'acqua
(Parco naturale dei Laghi di Avigliana) e di tre parchi naturali di montagna (Parco naturale
della Val Troncea, Parco naturale dell'Orsiera Rocciavré e Parco naturale del Gran Bosco di
Salbertrand).
I Parchi naturali Val Troncea, Orsiera Rocciavré e Gran Bosco di Salbertrand tutelano
ambienti tipicamente alpini, ricchi di fauna selvatica, e rappresentano, dunque, territori
adatti allo studio della dinamica delle popolazioni di ungulati selvatici che occupano queste
aree protette. Al contrario, all’interno del Parco naturale dei Laghi di Avigliana non è
presente alcuna popolazione di ungulati. Quest’ultimo Parco si occupa principalmente della
tutela delle zone umide e del ripristino delle condizioni idrobiologiche dei laghi e, per questo
motivo, il territorio di questa area protetta non è stato oggetto d’indagine del nostro studio.
Dall’1 gennaio 2012 i Parchi naturali dei Laghi di Avigliana, Orsiera Rocciavrè, Gran Bosco di
Salbertrand e Val Troncea sono stati unificati nell'Ente di Gestione delle Aree Protette delle
Alpi Cozie. Grazie a questo accorpamento, le modalità di monitoraggio degli ungulati dei tre
Parchi sono state standardizzate, con ripercussioni positive sia dal punto di vista della
gestione di tali popolazioni, sia per quanto riguarda la conservazione delle stesse.

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FRANCIA

 ITALIA

Figura 2.1: Inquadramento territoriale dei Parchi delle Alpi Cozie.

2.1.1. Il Parco Naturale del Gran Bosco di Salbertrand

L'Area Protetta del Parco naturale del Gran Bosco di Salbertrand (45°03′58.53″N
6°55′21.64″E) occupa una superficie di 3.774,74 ettari e si estende sulla destra
orografica della Val di Susa (Alpi Cozie Settentrionali), dai 1.000 m fino a raggiungere i 2.700
m s.l.m.. Il Parco del Gran Bosco è stato istituito al fine di tutelare un nucleo forestale tra i
più interessanti delle Alpi piemontesi, sia per la varietà della composizione dendrologica, sia
per la sua produttività, sia ancora per lo stato di conservazione che sottintende un notevole
valore paesaggistico e naturalistico per quanto riguarda la vegetazione.
Il Gran Bosco presenta una zonazione altitudinale completa e tipica di ambienti forestali
alpini. La fauna è particolarmente ricca: conta, infatti, la presenza di quattro specie di
ungulati (camoscio, cinghiale, cervo e capriolo). Dal 1997, anno in cui per la prima volta è
stata accertata la presenza di un branco di lupi all’interno dell’area del Gran Bosco, si sono
susseguiti numerosi progetti di studio e monitoraggio finanziati dalla Comunità Europea, che
oggi proseguono con il personale del Parco, sotto la direzione dei ricercatori del Centro
Grandi Carnivori del Parco Alpi Marittime.
All’interno del Parco il problema di maggiore rilievo non è dato dall'impatto antropico, che
potrà però diventare più marcato nel prossimo futuro, ma dal carico di ungulati selvatici,
soprattutto dei cervi (Perco, 1995), la cui massiccia presenza crea problemi di conservazione
del soprassuolo forestale. Infatti, per sopperire alle esigenze alimentari dei mesi invernali, i
cervi si nutrono di giovani piantine di abete, mentre sulle piante adulte, in particolare sulle
latifoglie, sfregando il proprio trofeo, creano delle scortecciature giungendo anche a causare
lesioni a livello cellulare. L’elevata presenza di cervi, di introduzione artificiale, in un
ambiente antropizzato e privo, fino a pochi anni fa, di predatori, costituisce una minaccia per
l’ecosistema, a causa dell'eccessiva quota di produzione primaria consumata.

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Le conseguenze, anche a breve e medio termine, del persistere dell'attuale carico di ungulati
all'interno del Parco possono risultare di estrema gravità. Anche nelle zone che attualmente
sono meno danneggiate si prevede nei prossimi anni, in seguito ai danneggiamenti da
ungulati, una riduzione di accrescimento, una perdita di qualità delle produzioni legnose e la
perdita di numerosi giovani alberi, che potrebbero contribuire al miglioramento del
patrimonio genetico del bosco. Inoltre la selettività delle preferenze alimentari dei cervidi
comporterà verosimilmente sul medio-lungo periodo una variazione della composizione
floristica dello strato arboreo a tutto vantaggio delle specie meno appetite che però non
sono sempre quelle cui tende la successione naturale (Quaglino & Motta, 1987).
Tra gli altri danni all'ecosistema legati alla presenza del cervo e accertati nelle indagini
condotte sul territorio in esame, occorre sottolineare anche una sensibile diminuzione della
nidificazione del gallo forcello (Tetrao tetrix L.), dovuta alla distruzione di buona parte dello
stato arbustivo necessario alla vita di questa specie e comunque al disturbo ad essa arrecato
durante alcune fasi delicate del ciclo biologico quali il canto primaverile, la nidificazione e
l'allevamento della prole.
I danni rilevati sul patrimonio forestale e ambientale del Parco Naturale del Gran Bosco di
Salbertrand risultano quindi decisamente superiori al limite sopportabile dell'ambiente. Sulla
base di quanto affermato risulta evidente che ogni azione intesa al miglioramento del
patrimonio forestale e ambientale del Gran Bosco (ed oggi dell'intera Valle di Susa) trova nel
sovraccarico di ungulati forti ostacoli alla sua applicazione.
Da più anni il Parco effettua piani di abbattimento nei confronti del cervo, ai fini di ridurre i
danni all'ecosistema, mediante una diminuzione della sua consistenza in foresta. Tuttavia i
risultati non hanno portato sinora alla soluzione del problema dei danni, bensì a una
diminuzione della presenza del cervo, tale però da non sortire effetti benefici per la
vegetazione, principalmente perché analoghi provvedimenti sono stati adottati
tardivamente all'esterno dell'area protetta (Perco, 1995). Nell'ottica generale del Parco
bisognerà dunque trovare un equilibrio tra la gestione del bosco e la presenza dei cervi nel
territorio, evitando la regressione e la scomparsa di formazioni boschive non riscontrabili in
altri settori del Piemonte e di estremo interesse naturalistico e scientifico in generale.

2.1.2. Il Parco Naturale Orsiera Rocciavrè

Il Parco Naturale Orsiera Rocciavrè (45°03ʹ03.57″N 7°12ʹ43.77″E), i cui confini si trovano
mediamente a una quota altimetrica di 1.400 m, si estende per 10.928 ettari nelle Alpi Cozie
Settentrionali, su territori di pertinenza delle Valli Chisone, Susa e Sangone.
Nel Parco sono presenti sei specie di ungulati selvatici: stambecco, camoscio, capriolo, cervo,
muflone e cinghiale. Fra tutte solamente il camoscio è sempre stato presente nell'area
protetta e nei territori limitrofi, mentre le altre specie sono state oggetto di immissioni
artificiali. Cervo e capriolo devono la loro attuale presenza all'espansione demografica dei
nuclei costituiti con le operazioni di reintroduzione effettuate nel periodo 1962-1965 nel
Gran Bosco di Salbertrand.
L’ambiente preferito da questi cervidi è rappresentato da spazi aperti alternati a bosco, ma
si adattano molto bene anche all'alta montagna, dove prediligono i pascoli al limite della

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