DSM V - E LA PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO - Unife
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DSM V – E LA PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO CHE COSA E’? COSA VI ASPETTATE E CHE IDEA AVETE? A CHI PENSATE? QUESTA BUSSOLA CI GUIDERA’ PER TUTTE LE LEZIONI Metodologia: lezioni aperte guidate da slide basate su criteri diagnostici tratti da DSM V e sui testi: Manuale di Psicopatologia dell’infanzia, Psicopatologia dello sviluppo, DSM V, guide Erickson (ADHD …e scuola). Creeremo correlazioni costanti tra conoscenze pratiche, esempi portati da voi (tramite i film e i materiali che vi ho segnalato) o esempi portati da me che in base ai quadri che presenteremo ci potranno venire alla mente. A tal fine utilizzeremo esempi clinici, della realtà quotidiana del passato o attuali, filmati, musiche e griglie/tabelle di osservazioni, foto di strumenti utilizzabili.
• La psicolopatologia dello sviluppo: • Si differenzia da Psicopatologia Medica (attenta alle manifestazioni sintomatologiche e alle loro connessioni con il substrato neurobiologico) e dalla Psicopatologia Psicoanalitica che enfatizza il ruolo delle dinamiche intrapsichiche nella genesi e nell’espressione sintomatologica. • Pur accogliendo in contributi di tali disciplina la Psicopatologia dello Sviluppo pone al centro della sua teorizzazione la DIMENSIONE EVOLUTIVA. Con Dimensione Evolutiva non ci si riferisce solo ad infanzia e adolescenza ma ALL’INTERO CICCLO VITALE che comporta fasi di cambiamento /transizione come anche l’emergere di nuove capacità e strategie. • Inoltre non si riferisce solo alle espressioni psicopatologiche dell’infanzia,adolescenza e dell’età adulta, ma SOPRATTUTTO ALLE TEORIE DELLO SVILUPPO NORMALE/TIPICO che rappresentano le CORNICI DI RIFERIMENTO PER COMPRENDERE LE EVOLUZIONI A RISCHIO e PSICOPATOOGICHE. • NOVITA’ DSM V: Abolita la divisione fra disturbi dell’ infanzia e dell’ età adulta La diagnosi si estende all’intero corso della vita La sintomatologia varia durante il corso della vita •
DI COSA PARLIAMO… • La Psicopatologia dello sviluppo studia il normale sviluppo dell’individuo e le sue deviazioni a differenza dei sistemi diagnostici più utilizzati (DSM V) e la classificazione dei disturbi Psichici e comportamentali (ICD-10) che non hanno una teoria sul funzionamento psichico normale. • Obiettivo principale: riconoscere la CONTINUITA’ nei PERCORSI comportamentali ADATTATIVI e DISADATTATIVI che collegano gli aspetti precoci dello sviluppo ai disturbi dello sviluppo ai disturbi dell' età evolutiva e dell’età adulta • Concetto cardine: CONTINUITA’ nel MODELLO EVOLUTIVO Infanzia Età adulta RELAZIONE A DOPPIO LEGAME Normalità Patologia • Prospettiva evolutiva - longitudinale che considera ogni momento dell’itinerario di sviluppo come espressione del reciproco bilanciamento fra fattori di protezione e fattori di vulnerabilità aggiuntiva. • Percorsi Comportamentali ADATTIVI /DISADATTIVI • Bambini diversi possono reagire in modo del tutto differente di fronte allo stesso tipo di fattori di rischio in funzione del grado di vulnerabilità personale allo stress e dell’eventuale presenza di fattori di rischio o mediatori di rischio • FACCIAMO DEGLI ESEMPI…….
• Associazione causale tra fattori ambientali e sviluppo dei disturbi mentali (Michael Rutter, 2005 a) • Distinzione tra INDICATORI di RISCHIO (“campanelli di allarme di allarme )” e MEDIATORI di RISCHIO (fattori coinvolti direttamente nel processo causale) • Es.1 : Rischio omportamento antisociale • separazione familiare (INDICATORE di RISCHIO) e conflitti intra- familiari (INDICATORE di RISCHIO) • Es. 2: Rischio Disturbo depressivo in età adulta • morte di un genitore (INDICATORE di RISCHIO) e mancanza di accudimento (MEDIATORE INDICATORE di RISCHIO). • Potete aggiungere qualche esempio?
La resilience • Il concetto di resilience non è unidimensionale, in quanto non è una caratteristica psicologica generale capace di prevenire un qualsiasi esito negativo (Luthar, Doernberger, e Ziegler 1993), ma rappresenta piuttosto una caratteristica anche temporaneamente attiva nell’individuo che gli consente di mostrare delle competenze in alcune situazioni “a rischio”. • La resilience è una qualità dinamica che si costruisce attraverso l’esperienza e si modifica nel diverso intrecciarsi degli avvenimenti di vita. • Significato del termine resilienza: • Capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi. • In psicologia, la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà.
Sentirsi amati, protetti e riconosciuti nella prima infanzia cosi come sperimentarsi abili e capaci di controllare il proprio ambiente di vita riuscendo, nel tempo a perseguire con successo i propri progetti e i propri scopi contribuisce ad accrescere la fiducia che gli individui hanno di se stessi. Allo stesso modo sperimentare a partire dall’infanzia la solitudine emotiva nelle difficoltà, non sentirsi riconosciuti dall’altro, non trovare nell’altro le tracce empatiche del riconoscimento delle emozioni/sentimenti/bisogni provati è il terreno sul quale prosperano i sentimenti di inadeguatezza e di scarsa fiducia in sé e nel mondo circostante, con la conseguenza che ogni successiva situazione difficile verrà vissuta con maggiore stress, rendendo la persona più vulnerabile. La capacità di resistere e di far fronte alle difficoltà, quindi, è vista soprattutto come un competenza che si sviluppa nella dimensione relazionale e che si fortifica in tutte le esperienze che favoriscono una buona autostima, un sentimento di efficacia personale e di valorizzazione del sé (Rutter 1990
• Lo stesso Rutter paragona la capacità di superare sfide difficili, ma non impossibili da fronteggiare, agli effetti di un vaccino sulle difese immunitarie. Attraverso la vaccinazione vengono iniettate piccole dosi di sostanze nocive per creare anticorpi e rinforzare il sistema immunitario contro infezioni/malattie future. Per analogia egli definisce queste sfide esperienze che “rinforzano”, piccole “iniezioni di coraggio” che preparano l’individuo ad affrontare diverse sfide, anche più esigenti che si presenteranno in futuro.
Vulnerabilità e Resilience Capacità di reagire in maniera adeguata, o meno, alla comparsa dell’evento stressante e di saperlo affrontare in modo adeguato capacità di un individuo di : 1. superare esperienze di cronica avversità ed esposizione a traumi severi e/o prolungati 2. adattarsi alle richieste dell’ambiente 3. funzionare in maniera competente 4. sviluppare nuove competenze a partire dalle difficoltà 5. NON una funzione statica MA processo dinamico 6. risultato di un’interazione dinamica fra l’individuo e l’ambiente + Temperamento: aspetti e caratteristiche specifiche del bambino: Facile: bambini descritti come tranquilli, che non danno problemi, che aiutano e maturi per la loro età; sono curiosi verso tutto ciò che di nuovo si presenta loro, socievoli, allegri e affettuosi. Difficile: bambini spesso capricciosi, poco accomodanti, polemici e pronti a discutere ogni regola data dai genitori; hanno difficoltà ad inserirsi in un gruppo di coetanei e spesso sono descritti dagli insegnanti come problematici.
PSICOLOGIA CLINICA DELLO SVILUPPO o Lo sforzo di descrivere i disturbi psicologici dell’infanzia ha una storia relativamente breve: i primi tentativi di descrivere e classificare sistematicamente i diversi disturbi infantili risale agli inizi del ‘900. o Il motivo principale risiede nel fatto che le anomalie del comportamento infantile sono più difficili da definire rispetto a quelle tipiche del comportamento adulto. o A causa dei normali processi di sviluppo, i bambini sono sempre in fase di crescita e cambiamento. o La contestualizzazione del comportamento infantile rappresenta il primo criterio demarcativo tra ciò che ciò che è da ritenersi appropriato e ciò che è da considerare patologico per lo sviluppo di un bambino di una certa età. CRISI TRANSITORIA (costituita da problematiche tipiche dello sviluppo) DISTURBO (caratterizzato da una serie di elementi che si ripropongono con intensità e frequenza eccessiva) ETA’ DEI SOGGETTI PROBLEMI COMPORTAMENTALI 1,5-2 anni Sfuriate d’umore, rifiuto di fare le cose quando richieste, richiesta costante di attenzione, iperattività, timori specifici, disattenzione. 3-5 anni Sfuriate d’umore, rifiuto di fare le cose quando richieste, richiesta costante di attenzione, iperattività, paure specifiche, falsità, ipersensibilità, negativismo. 6-10 anni Sfuriate d’umore, iperattività, paure specifiche, falsità, ipersensibilità, problemi scolastici, eccessiva riservatezza. 11-14 anni Sfuriate d’umore, ipersensibilità, gelosia, problemi scolastici, eccessiva riservatezza, malinconia. 15-18 anni Problemi scolastici, assenze da scuola, imbrogli agli esami, abuso di droghe, trasgressioni, taccheggio e altre violazioni minori della legge
DSM : Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali • Nato nel 1952 è arrivato alla sua ultima revisione nel 2013, il DSM-5 è l’ultima versione di un importante strumento diagnostico diffuso in tutto il mondo, edito dall’American Psychiatric Association (APA). Pensato come guida per la pratica clinica in ambito medico, il DSM-5 è utilizzato in diversi contesti e ambiti disciplinari e garantisce un linguaggio comune e un più efficace scambio di informazioni (Blashfield, 2014). • Obiettivo: Classificare le malattie utilizzando "categorie" o "dimensioni". Utilizzare categorie significa suddividere le malattie mentali appunto in categorie diagnostiche (schizofrenia, depressione, ansia, ecc.), in linea con la tradizione della medicina e della psichiatria kraepeliniana e neo-kraepeliniana. • Utilizzare dimensioni invece significa distribuire le malattie secondo variazioni quantitative (relative alla gravità del disturbo, alla personalità, alla percezione, alla cognizione, alla tonalità dell'umore, ecc.) distribuite in un continuum che va fino alla normalità. I DSM dalla loro prima edizione e certamente fino al DSM IV hanno optato per l'approccio categoriale, perché più pratico. • Il DSM V ha Promosso un approccio dimensionale per migliorare la validità delle diagnosi. Di fatto però vista la complessità viene mantenuta una impostazione di tipo categoriale. • Potenziato il concetto di spettro connettore fra patologie contigue con limiti sfumati, spesso identificate tramite l’individuazione di cluster di sintomi
Disturbi solitamente diagnosticati per la prima volta nell’infanzia, nella fanciullezza o nell’adolescenza (DSM IV) sono divenuti Disturbi del neurosviluppo (DSM V); Disturbo di Asperger è stato integrato all’interno dei Disturbi dello spettro autistico; fuoriuscito dal capitolo dei Disturbi d’Ansia il Disturbo Ossessivo-Compulsivo è in un capitolo a sé stante insieme ai Disturbi correlati; il disturbo d'ansia di separazione era incluso nei disturbi solitamente diagnosticati per la prima volta nell'infanzia, nella fanciullezza o nell'adolescenza (DSM-IV-TR, APA 2000). Nel DSM-5 il disturbo viene invece incluso nei disturbi d'ansia anche se la diagnosi rimane attribuita più frequentemente in età evolutiva.
PSICOPATOLOGIA DELLO SVILUPPO DISTURI DEL NEUROSVILUPPO(DSM 5) 1. Disabilità intellettiva o Disturbo dello sviluppo intellettuale 2. Disturbi della comunicazione 3. Disturbi dello spettro autistico 4. Disturbo da deficit di attenzione/iperattività 5. Disturbo di apprendimento specifico 6. Disturbi del movimento -
ALTRI DISTURBI CLINICI CON INSORGENZA A QUALSIASI ETÀ Disturbi da comportamento dirompente, del controllo degli impulsi e della condotta Disturbi dell’evacuazione: enuresi e encopresi - Disturbi della nutrizione e dell'alimentazione: anoressia e bulimia - schizofrenia e disturbo bipolare -Disturbi d'ansia: ansiada separazione, fobia specifica e il mutismo selettivo -Disturbi depressivi
Disturbo dello sviluppo intellettuale (disabilità intellettiva) È un disturbo con esordio nel periodo dello sviluppo che comprende deficit del funzionamento sia intellettivo che adattivo negli ambiti concettuali, sociali e pratici. DEVONO ESSERE SODDISFATTI I SEGUENTI TRE CRITERI: A - Deficit della funzione intellettive come ragionamento, problem solving, pianificazione, pensiero astratto, capacità di giudizio,apprendimento scolastico e apprendimento dall’esperienza confermati sia dalla valutazione clinica che dalla somministrazione da test di intelligenza individualizzato, standardizzati. B - . Deficit nel funzionamento adattivo consistente in un mancato raggiungimento degli standard di sviluppo e socioculturali per l’indipendenza personale e la responsabilità sociale. Senza supporto continuativo i deficit adattivi limitano il funzionamento in una o più attività della vita quotidiana, quali la comunicazione, la partecipazione sociale e la vita indipendente, in più ambiti diversi, come la casa, la scuola, il lavoro e la comunità. C - Insorgenza dei deficit intellettivi e adattivi nell’età evolutiva: durante periodo di sviluppo Si può parlare di disabilità intellettiva solo se compare prima dei 18 anni I VARI LIVELLI DI GRAVITA’ SONO DEFINITI SULLA BASE DEL FUNZIONAMENTO ADATTIVO E NON DEI PUNTEGGI DEL QI PERHCè IL FUNZOANEMTNO ADATTIVO CHE DETERMINA IL LIVELLO DI ASSISTENZA RICHIESTO. Il Quoziente intellettivo deve essere inferiore a 70 QI = età mentale/età cronologica
Disturbo dello sviluppo intellettuale (disabilità intellettiva) Io sono Mateusz che cosa ci racconta? Che riflessioni vi ha scuscitato? Quale rischio nel fare diagnosi? Quale ruolo ha educatore? Rispetto al bambino? Rispetto alla famiglia?
Forrest Gump: Il protagonista, nato negli Usa a metà degli anni ’40, è un uomo dotato di uno sviluppo cognitivo inferiore alla norma • 00:7:25 normalità e Q.I. spiegato dal preside
Nel DSM 5 la gravità è determinata dal funzionamento adattivo piuttosto che dal QI • Per ESEMPIO un bambino con un QI superiore a 70 può avere problemi talmente gravi del comportamento adattivo nel giudizio sociale, nella comprensione sociale e in altri ambiti di funzionamento adattivo che il funzionamento effettivo della persona risulta paragonabile a quello di individui con QI più bassi. Pertanto, è necessario il giudizio clinico per poter interpretare i risultati dei test QI e grande esperienza clinica.
Forrest Gump: Il protagonista, nato negli Usa a metà degli anni ’40, è un uomo dotato di uno sviluppo cognitivo inferiore alla norma • 00:12:06 osservazione comportamento e gravità
NOVITA’ • Ritardo mentale del DSM IV diventa disabilità intellettiva (o disordine dello sviluppo intellettivo nei primi anni di vita) • Enfatizza la necessità di usare valutazioni cliniche e standardizzate nella diagnosi di Disabilità Intellettiva basando la severità dell’impairment sul funzionamento adattivo piuttosto che solamente sul QI (il funzionamento adattivo determina il livello di supporto necessario) • Rimuove dai criteri diagnostici i punteggi ottenuti ai test per il QI, ma incoraggia ad inserire tale dato nella descrizione del profilo cognitivo del soggetto, permettendo così che i punteggi dei test non vengano utilizzati come fattore di definizione delle abilità generali di un soggetto senza considerare in maniera adeguata i livelli di funzionamento
EPIDEMIOLOGIA • • Prevalenza disabilità itellettiva (nei paesi occidentali): 1 – 3% della popolazione (con QI < 70) • con QI < 75, la prevalenza è di circa il 10% • L’incidenza varia con l’età: è massima nel periodo scolare le richieste scolastiche sono infatti un rivelatore di un deficit cognitivo lieve • Rapporto maschi-femmine: da 1,3:1 a 1,9:1
Livelli di gravità Secondo il DSM-IV: • Lieve (QI 50/55-70) 85% • Medio (QI 35/40- 50/55) 10% • Grave (20/25-35/40) 3-4% • Profonda (< 20/25) 1-2% • Ad essa si associano spesso altri handicap (es. motorio), problemi medici e disturbi psichici (problemi d’ansia, antisocialità, autolesionismo, schizofrenia). • Alcune di queste problematiche possono attenere al ritardo, altre possono essere la conseguenza del ritardo.
EZIOLOGIA • FATTORI AMBIENTALI (deprivazioni precoci, ambiente disagiato) possono costituire causa ci basso funzionamento intellettivo, talvolta irreversibile. • FATTORI BIOLOGICI a seconda del genotipo sottostante si possono trovare profili comportamentali differenti
Tecniche utilizzabili • Il disabilità intellettiva necessita spesso di un trattamento medico e farmacologico perché è frequentemente associato ad alterazioni neurologiche e somatiche. Tale intervento è spesso finalizzato anche a contenere e ridurre comportamento problematici associati, quali aggressività, autolesionismo, movimenti stereotipati e stati di disattenzione e iperattività. • La riabilitazione nel ritardo mentale di tipo cognitivo, invece, ha l’obiettivo di introdurre e/o rinforzare quelle abilità che a causa dell’handicap non si sono sviluppate e consolidate spontaneamente: capacità attentive, linguaggio, apprendimenti e abilità che favoriscano l’autonomia. Nel trattamento di persone con questa condizione risultano particolarmente utili tecniche cognitive e comportamentali, quali l’analisi funzionale, il rinforzo positivo, l’estinzione, la token economy, il chaining, il prompting, il contenimento e altre. • Unitamente alla riabilitazione cognitiva, recenti studi mettono in evidenza la necessità da parte dei terapeuti che lavorano con pazienti con disabilità intellettiva di prendere in considerazione ulteriori variabili relative alla personalità quali motivazione, concetto di sé, temperamento, elementi di comunicazione, influenze familiari e fattori ambientali. Al di là del tipo di approccio usato, comunque, in generale la maggior parte dei ricercatori e clinici concorda sul fatto che la psicoterapia con pazienti con disabilità intellettiva lieve o moderata possa permettere loro l’instaurarsi di una relazione sicura con il terapeuta e favorire l’aumento dell’autostima, l’espressione delle emozioni e l’apprendimento di strategie comportamentali più adeguate soprattutto a livello sociale. • Si è sviluppato un consenso informale per cui la Terapia Cognitivo Comportamentale può essere molto efficace, in casi selezionati, come mezzo per affrontare problemi di salute mentale nelle persone di limitata capacità cognitiva: questo dato è stato avvalorato anche da studi che hanno dimostrato la capacità di questi pazienti di auto riferire i propri stati emotivi e al crescente accordo che sia il focus sulle risorse del paziente, e non sui suoi deficit, a promuovere il cambiamento positivo. • A questo scopo sembrano utili gli interventi educativi nell’ambito delle emozioni (come ad esempio l’Educazione Razionale Emotiva) e delle abilità sociali (Social Skills Training). • Inoltre, interventi di Parent Training o di tipo psico-educazionale per genitori di adolescenti e bambini con ritardo mentale (disabilità intellettiva) risultano utili e hanno l’obiettivo di aumentare la consapevolezza dei limiti del figlio, la competenza nel sostenerlo e aiutarlo e la capacità di gestire gli stati emotivi negativi (sentimenti di colpa, disperazione, angoscia e rabbia) riguardo alla condizione del paziente e alle prospettive future della sua vita.
• a) Tecnica dell'aiuto/suggerimento (prompting) e attenuazione dell'aiuto (fading) • Per facilitare l'emissione di una determinata risposta si può ricorrere all'introduzione di stimoli aggiuntivi, i quali, per le loro caratteristiche, rendono più probabile il verificarsi della performance desiderata. La tecnica dell'aiuto, da un punto di vista teorico, consiste nel fornire all'individuo uno o più stimoli discriminati sotto forma di aiuti (prompt). I prompt sono di solito sintetici, percettivamente evidenti (introducono cioè un elemento realmente nuovo nella situazione) e, soprattutto, vengono proposti al momento esatto in cui dovrebbe verificarsi la prestazione. Esistono vari tipi di prompt in grado di aiutare un soggetto ad avviare una risposta (Kazdin, 1975, Foxx, 1982); questi possono essere rappresentati da: • - suggerimenti verbali; • - indicazioni gestuali; • - guida fisica. • I suggerimenti e gli ordini verbali rappresentano degli aiuti molto naturali che vengono sempre utilizzati dall'educatore allo scopo di facilitare la comprensione del compito. Gli aiuti gestuali, molto semplicemente, consistono in particolari gesti che l'educatore utilizza per stimolare l'emissione di comportamenti ricercati o la riduzione di altri ritenuti inadeguati (ad esempio: alzare la mano per indicare che si deve sospendere un compito; indicare con l'indice o con lo sguardo particolari direzioni che l'allievo deve percorrere; ecc.) • L'aiuto fisico presuppone un contatto materiale (fisico), tramite il quale l'educatore guida il soggetto nell'effettuazione delle prestazioni programmate. Aiuto fisico, però, non significa sostituirsi completamente all'individuo impegnato in compiti di apprendimento. • I prompt fisici trovano larga applicazione nei training di apprendimento di abilità di autonomia. • Ad esempio: l'educatore aiuta l'allievo prendendo le sue mani e guidandole leggermente nell'intento di insegnargli ad indossare i pantaloni. L'utilizzo massivo di stimoli aggiuntivi, se da un lato facilita sensibilmente l'effettuazione dei compiti e quindi accelera il processo di apprendimento, dall'altro può far sorgere alcune difficoltà. Il pericolo più concreto è rappresentato dalla dipendenza dall'aiuto, cioè dalla possibilità che l'allievo subordini l'effettuazione di una determinata prestazione solo alla presenza di prompt. Questi, come abbiamo sottolineato, sono indispensabili nella prima fase dell'apprendimento, ma poi vanno necessariamente ridotti o eliminati allo scopo di favorire l'inserimento definitivo dell'abilità nel repertorio comportamentale dell'individuo
• In altre parole, una volta consolidato il comportamento è necessario che questo dipenda esclusivamente dagli stimoli naturali, cioè da quegli stimoli che sono parte dell'ambiente e non risultano artificialmente introdotti dall'educatore. Per ottenere un simile controllo naturale è necessario attenuare progressivamente gli aiuti forniti attraverso una strategia denominata fading. Tale tecnica determina delle modificazioni che non interessano il comportamento in sé, ma le condizioni in cui questo deve avvenire. Il fading, chiaramente, presenta delle caratteristiche differenti in relazione alla tipologia di prompt a cui si riferisce. La riduzione dell'aiuto verbale può consistere nel diminuire il numero di parole che compongono l'ordine e nell'abbassare il tono della voce con cui è pronunciato. L'aiuto gestuale si attenua diminuendo l'ampiezza del gesto o sostituendolo con un altro meno appariscente (ad esempio: invece di indicare con l'indice lo si può fare con lo sguardo). • Nei confronti di prompt fisici possono essere usate le seguenti quattro strategie (Meazzini e Fagetti, 1985, Cottini, 1993): 1. - ridurre gradualmente l'area del corpo toccata (ad esempio: se all'inizio l'allievo veniva toccato con tutta la mano, in un secondo momento lo si tocca solo con alcune dita, poi con un solo dito ed infine con la punta del dito); 2. - ridurre gradualmente la pressione esercitata sulla parte del corpo dell'allievo implicata nella prima fase del prompt; 3. - spostare gradualmente la presa dalla zona iniziale del corpo dell'allievo a zone via via più distanti; 4. - usare all'inizio del trattamento tutte e tre le diverse categorie di prompt ed eliminare per primi i prompt fisici, in quanto quelli verbali e gestuali risultano più facilmente riducibili. • Le tecniche del prompting e fading rappresentano due momenti di un'unica metodologia didattica e quindi vanno sempre programmate ed usate insieme. Il loro utilizzo richiede una buona dose di competenza che consenta di individuare gli aiuti più efficaci e di comprendere quando un certo aiuto ha esaurito la propria funzione stabilizzando adeguatamente un comportamento e bisogna cominciare ad attenuarlo.
Prompting in inglese significa “suggerimento, aiuto”
Uso il prompt: • Quando devo insegnare • Quando il qualcosa di nuovo bambino/ragazzo non risponde all’istruzione ESEMPIO: VOGLIO INSEGNARE A GIADA data o pur essendo AD INCASTRARE DUE PEZZI DI LEGO; capace di fare quanto LA GUIDO COMPLETAMENTE A FARE L’AZIONE richiesto non lo mette in atto ESEMPIO: GIADA SA INCASTRARE I LEGO, MA COMINCIA A TRASTULLARSI CON I PEZZI SENZA INCASTRARLI. INTERVENGO AIUTANDOLA A FINIRE L’AZIONE.
Perché uso il suggerimento anche quando il bambino/ragazzo è in grado di “fare le cose”? • Per evitare frustrazione • Perché la memoria di un’attività ben “riuscita” costituisce un precedente di incoraggiamento • Perché intervenire tempestivamente plasmando subito risposte corrette consente il mantenimento di un ritmo di lavoro adeguato e positivo
Tipi di suggerimento: • Totale o parziale • Intrusivo o meno intrusivo • Fisico • Verbale • Imitativo • Di posizione • Di indicazione • Prompt traccia
Parziale o totale? • Chiedo a Luca di battere le mani; luca non lo sa fare; prendo le sue mani e lo guido a batterle l’una contro l’altra; es: “Batti batti le manine che stasera vien papà e ti porta le chicchine che Luca si mangerà, si mangerà” • Chiedo a Chiara di lavarsi i denti, la aiuto a prendere lo spazzolino guidandola fisicamente, poi lascio che faccia da sola; • Maria deve colorare il sole, la guido fisicamente a completare l’attività per tutta la durata dell’attività stessa.
Intrusivo o non intrusivo? • Valentina sta • Valentina sta disegnando, morde la disegnando, morde la matita invece di matita invece di completare il disegno, si completare il disegno, si distrae di continuo; distrae di continuo; intervengo intervengo indicandole INTRUSIVAMENTE il foglio su cui prendendole la mano e continuare a disegnare guidando l’azione
Suggerimento fisico • Agisco fisicamente sul corpo del bambino/ragazzo aiutandolo a portare a termine il compito. • Un prompt fisico può essere intrusivo o meno intrusivo (diverso toccare il gomito di qualcuno o tenergli la mano per farlo scrivere!)
Suggerimento verbale • Si utilizza chiaramente quando le abilità del bambino/ragazzo lo consentono; • È l’aiuto che posso dare con le parole al fine di guidare la risposta corretta. ESEMPI: CHIEDO A LUCA DI TROVARE UNA PENNA BLU; LUCA LA CERCA INCVANO; GLI SUGGERISCO DI PROVARE A GUARDARE NELL’ASTUCCIO; CHIEDO A STEFANIA DI DIRMI QUANTI ANNI HA, LA BAMBINA NON RISPONDE E SUGGERISCO L’INIZIALE DELLA PAROLA (“SET..”);
Suggerimento imitativo • Presuppone che il bambino/ragazzo sia in grado di imitare; • Può essere fisico o verbale; ESEMPI: CHIEDO A FRANCESCO DI TOCCARSI LA TESTA, FRANCESCO NON LO FA, METTO LE MIE MANI SULLA TESTA E MI FACCIO IMITARE; INSEGNO A PAOLA AD ALLACCIARSI LE SCARPE FACENDOMI IMITARE PASSO DOPO PASSO NELL’OPERAZIONE
Suggerimento di posizione • Facilito l’esecuzione del compito grazie alla posizione degli oggetti da prendere, usare o nominare ESEMPI: MARINA DEVE LAVARSI IL VISO; POSIZIONO IMMEDIATAMENTE ACCANTO A LEI IL SAPONE; SUL TAVOLO CI SONO DEGLI OGGETTI, CHIEDO A LUISA DI PRENDERE IL BICCHIERE, POSIZIONADOLO PIU’ VICINO A LEI RISPETTO AGLI ALTRI OGGETTI; LEO DEVE COMPLETARE IL PUZZLE; DISPONGO I PEZZI IN POSIZIONE TALE CHE POSSA PRENDERLI IN ORDINE E COLLOCARLI CORRETTAMENTE
Indicazione • Indico l’oggetto da usare, la direzione in cui muoversi, la cosa da fare.. ESEMPI: MAURO DEVE CERCARE LA MATITA SUL TAVOLO, LA INDICO; DICO A MATTEO DI ANDARE IN BAGNO, GLI INDICO LA PORTA DEL BAGNO; CHIEDO A LUCIA DI ACCENDERE LA LUCE, INDICANDO L’INTERRUTTORE
Prompt traccia • Lascio una traccia della risposta corretta in modo da facilitarla ESEMPI: CHIEDO A LUCA DI RIMETTERE A POSTO I GIOCHI LASCIANDO INBELLA VISTA LA SCATOLA VUOTA IN CUI RIPORLI; CHIEDO A SARA DI RIPETERMI IL NOME DEI TRE OGGETTI CHE ERANO PRESENTI SUL TAVOLO E CHE HO NASCOSTO PER ESERCITARE LA MEMORIA; LA AIUTO LASCIANDO SUL TAVOLO TRE CARTONCINI BANCHI SU CUI GLI OGGETTI ERANO POSIZIONATI
Al fine di garantire un’acquisizione reale delle abilità e indipendenza nelle risposte, devo essere in grado di SFUMARE IL SUGGERIMENTO Fading
Sfumare il suggerimento significa passare da risposte dipendenti a risposte indipendenti diminuendo il mio livello di suggerimento fino a rinforzare risposte autonome
a) Tecnica dell'aiuto (prompting) e attenuazione dell'aiuto (fading) • Potete provare ad utilizzarla? • Cosa vi viene in mente? • Quando potrebbe essere utile? • Pensate ad azioni che fate con bambini, giovani, che potrebbero beneficiare di questa tecnica. Cosa vi viene in mente? • ……………………………………
Il modellaggio o shaping • è una tecnica tramite la quale è possibile ampliare i repertori di capacità dei soggetti, facilitando la costruzione di nuove abilità. Si basa essenzialmente sul rinforzo di comportamenti dell'allievo che progressivamente si avvicinano a quello ricercato (comportamento-meta). Attraverso tale tecnica possono essere insegnati diversi tipi di abilità (motorie, cognitive, linguistiche, ecc.), anche a soggetti con problematiche consistenti. A questo proposito lo shaping viene considerato "uno degli strumenti clinici più utili prodotti dall'approccio comportamentale" (Bijou e Baer, 1978, p.82). Va sottolineato che solitamente tale tecnica viene utilizzata in associazione ad altre e principalmente al prompting e fading. Le caratteristiche fondamentali che informano un programma di modellaggio possono essere riassunte in tre punti: 1. - individuazione dell'abilità che si intende costruire (definizione del comportamento-meta) e selezione del comportamento iniziale, cioè di un comportamento già presente nei repertori del soggetto che abbia qualche attinenza con il comportamento-meta; 2. - delineazione di una serie di approssimazioni successive, cioè di comportamenti che, partendo da quello iniziale, si avvicinino sempre più a quello meta; 3. - predisposizione di opportuni programmi di rinforzamento per far si che il soggetto possa progressivamente padroneggiare i vari comportamenti fino a raggiungere quello meta.
Il modellaggio o shaping • Dal racconto di una educatrice: • Durante il mio intervento educativo con un bambino con ritardo mentale, iperattività e una forma non specifica di disturbo pervasivo dello sviluppo, mi sono posta l’obiettivo di insegnargli ad allacciarsi autonomamente la cintura di sicurezza della macchina, data la frequenza dei nostri spostamenti in auto. Il bambino in questione aveva una bassa capacità di coordinazione oculo-manuale e una bassa tolleranza alla frustrazione. In parole più semplici il bambino aveva difficoltà nel utilizzare entrambe le mani per finalizzare i movimenti e si arrabbiava appena si sentiva in difficoltà. • Per raggiungere il mio obiettivo educativo, ho utilizzato proprio la tecnica del modellaggio. Ho scomposto l’obiettivo di allacciare le cinture in piccoli sotto-obiettivi, rinforzando il bambino con un energico “bravo!!” e con un grande sorriso ogni volta che riusciva a raggiungere un piccolo passo. Inizialmente, quindi, mi complimentavo con lui quando riusciva solo ad afferrare la cintura con la mano, successivamente, una volta acquisita tale abilità, lo rinforzavo quando riusciva a tirarla per allungarla, poi ancora quando riusciva anche ad afferrare con la mano il gancio per poi tenerlo con l’altra mano, e infine, quando riusciva anche a inserire il gancio nell’apposito aggancio. • Il bambino attraverso tale tecnica è riuscito, quindi, ad acquisire tale nuova abilità in modo graduale all’interno di una relazione positiva che gli restituiva la sua competenza anziché la sua incapacità. Nello stesso tempo, i suoi miglioramenti rinforzavano anche me andando a incrementare la positività della relazione educativa.
Shaping in inglese significa “plasmare”
Insegno con lo shaping a nuotare, pronunciare correttamente una parola, pedalare.. Si tratta di abilità che non sono controllate dalla suddivisione in piccoli obiettivi, ma che comportano una serie di approssimazioni successive fino al raggiungimento dell’obiettivo finale
Esempio di utilizzo di shaping • Scelgo il comportamento da raggiungere, ad es. insegnare a Francesco a tagliare con il coltello la carne • Scelgo un comportamento iniziale da rinforzare non troppo lontano dal mio obiettivo, ad es. che Francesco impugni correttamente il coltello. “Mettiamolo nel cuoricino della manina….” • Scelgo il rinforzo da usare. Rinforzo il comportamento iniziale fino a quando non verrà emesso ad alta frequenza • Rinforzo delle approssimazioni successive al comportamento da raggiungere, ad es. rinforzo quando posiziona il coltello sulla carne • Rinforzo del comportamento raggiunto • Rinforzo intermittente del comportamento raggiunto
Concatenamento ( chaining ) • Il concatenamento (chaining) è una particolare strategia utilizzata per l'insegnamento di abilità complesse costituite da sequenze di comportamenti ben delineabili. E' il caso delle abilità di autosufficienza (vestirsi, svestirsi, ecc. ) e di molte abilità professionali che richiedono un regolare susseguirsi di fasi. • Secondo alcuni autori ( Kozloff, 1974), la tecnica del chaining si adatta bene anche per la strutturazione da parte dell'allievo in situazione di handicap di alcuni aspetti del linguaggio e per l'apprendimento di parti del programma scolastico che richiedono precisi algoritmi (ad esempio la soluzione di operazioni aritmetiche). • La predisposizione di un programma di chaining richiede un procedimento articolato in tre fasi: 1. a) suddivisione dell'abilità in componenti ( task-analysis); 2. b) costruzione della catena comportamentale; 3. c) strutturazione di un programma di concatenamento delle componenti attraverso il rinforzo gradino per gradino. In concreto si delineano le parti componenti di un'abilità complessa (ad esempio: per vestirsi bisogna infilarsi le calze, lo slip, ecc.) e si insegna all'allievo ad eseguirle in successione fino al completamento del compito. Il concatenamento delle componenti dell'abilità avviene attraverso un particolare programma di rinforzamento gradino per gradino. E' questo l'aspetto che maggiormente caratterizza la tecnica e la differenzia da tutte le altre. Tale concatenamento si svolge nel seguente modo: non appena il comportamento descritto nella prima componente è stato compiutamente e stabilmente appresso, si passa a rinforzare il gradino successivo soltanto se il comportamento previsto viene emesso insieme, congiuntamente, in sequenza a quello precedente: la prima componente da sola non viene più rinforzata. Apprese e concatenate le prime due componenti, si passa alla terza che sarà oggetto di rinforzamento soltanto se il comportamento descritto a tale livello viene emesso in sequenza ai due precedenti e così di seguito.
Chaining significa “concatenazione”
Uso la concatenazione per insegnare abilità che possono essere suddivise in steps (micro-obiettivi) Rinforzo uno degli steps per cominciare e rendo indipendenti e rinforzabili gli altri uno per volta
Esempio: fare un puzzle Completare il puzzle è l’attività che Alessandra deve imparare a fare in maniera indipendente; Pretendere che impari a fare il puzzle senza suddividere in steps l’attività appare pretenzioso; Inizio dal pretendere che Alessandra collochi un solo pezzo e solo quando sarà riuscito a farlo passerò a fargliene collocare due e così via, fino alla totale acquisizione dell’attività.
Chaining in avanti e all’indietro • IN AVANTI • ALL’INDIETRO Per insegnare l’abilità Per insegnare l’abilità parto dall’inizio parto dall’ultima azione dell’attività stessa da compiere dell’attività stessa ESEMPIO: DEVO INSEGNARE A ESEMPIO: DEVO INSEGNARE A CRISTIAN A FARE UNA COLLANA CLAUDIA A LAVARE I DENTI, DI MACCHERONI , PARTO DAL PARTO DAL PRENDERE LO FARGLI INFILARE L’ULTIMA PERLA SPAZZOLINO
Perché è preferibile utilizzare il chaining all’indietro: • Perché diamo al bambino/ragazzo la possibilità di vedere l’attività finita e di venire rinforzato nel momento in cui l’attività finisce; • Perché evitiamo la frustrazione di un’attività troppo lunga e difficile; • Perché rinforzando sempre alla fine dell’attività rinforziamo l’azione indipendente oltre a quella in acquisizione
La capacità di dividere un’abilità in micro- obiettivi • Dobbiamo essere in grado di scrivere una task analysys; • Dobbiamo concordare cosa rendere indipendente prioritariamente, dove e come rinforzare, • Ogni equipe deve ovviamente agire in maniera uniforme
Esempio di task analysys: insegno a Giorgio a sfilarsi un maglione • Incrociare le braccia • Appoggiare entrambe le mani sull’orlo del maglione • Fare scorrere le mani lungo la schiena oltre la testa • Quando tutto il maglione ha oltrepassato la testa disincrociare le braccia tenendo ancora il maglione nelle mani (se con bottoni) • Avvicinare la mano sinistra al lembo dell’indumento con le asole all’altezza del primo bottone • Tirare leggermente con la stessa mano l’indumento • Nel frattempo, avvicinare la mano destra al primo bottone • Far passare il bottone attraverso l’asola • Ripetere questa sequenza per ogni bottone dell’indumento • Con la mano destra far passare dal petto a dietro la spalla sinistra • Con la mano sinistra far passare la maglia dal petto a dietro la spalla destra • Stendere entrambe le braccia dietro la schiena • Avvicinare la mano destra al braccio sinistro • Prendere un lembo dell’indumento e farlo scivolare lungo il braccio • Lasciare il tessuto • Portare le braccia davanti al corpo • Avvicinare la mano sinistra al braccio destro • Prendere un lembo dell’indumento e farlo scivolare lungo il braccio • Prendere il tessuto anche con la mano destra • Avvicinarsi ad un piano d’appoggio • Appoggiare con entrambe le mani l’indumento
Estinzione • La frequenza e/o la durata e/o l'intensità di un comportamento-problema tendono a decrescere (il comportamento si estingue) se questo non viene seguito da nessun rinforzatore. Certi comportamenti di disturbo, aggressivi, ecc., sono molte volte sostenuti, nell'ambiente scolastico, dall'attenzione (anche se non benevola) rivolta dall'insegnante al bambino che li emette (Carr e Meazzini, 1984; Foxx, 1985). • L'adozione della procedura di estinzione prevede, in questi casi, che l'educatore ignori sistematicamente l'allievo intento a compiere certe prestazioni, mantenendo un atteggiamento calmo e impassibile. L'estinzione, dall'esempio riportato, potrebbe apparire come una tecnica di facilissimo impiego (non bisogna far nulla, basta ignorare il comportamento). Al contrario, esistono diverse complicazioni che possono rendere difficoltosa l'applicazione della procedura e ridurne l'efficacia. Fra queste, le più importanti sono la difficoltà ad evidenziare il rinforzatore che sostiene il comportamento (si deve eseguire una attenta analisi funzionale) e la mancanza di coerenza che spesso l'ambiente tende a manifestare.
Time out • è un termine che gli amanti del basket sicuramente conoscono. Sta ad indicare una sospensione del gioco, della durata di un minuto, che può essere richiesta da uno degli allenatori. Nell'ambito del trattamento dei comportamenti fortemente problematici, tale dizione sentenzia ugualmente una sospensione, ma non del gioco, bensì da qualsiasi agente rinforzante. • Il bambino che presenta un comportamento inadeguato viene privato di ogni rinforzatore e spesso isolato in un'altra stanza per il tempo sufficiente alla cessazione dell'azione pericolosa per sé o per gli altri. L'educatore costretto a ricorrere a questa tecnica non dovrà mai perdere la calma, né alterare il tono della sua voce. Il time out non può costituire un metodo abituale di insegnamento: viene infatti utilizzato solo in alcune situazioni estreme per il controllo di comportamenti aggressivi verso gli altri e distruttivi nei confronti dell'ambiente. Presenta numerose controindicazioni ed effetti collaterali e può pesantemente alterare il rapporto affettivo educatore-bambino.
Contenimento • Il contenimento verbale-relazionale: Riuscire a contenere la rabbia, le esplosioni, l’agitazione motoria e psichica attraverso le risorse di holding “mentale”, riuscire ad elaborare gli elementi beta scagliati dal paziente attraverso la propria funzione alfa. • Il contenimento farmacologico Ridurre l’agitazione della “fase critica” dell’aggressività con l’aiuto di una terapia farmacologica. E’ utile per permettere al paziente di recuperare uno stato di maggiore possibilità di accesso al dialogo. • Il contenimento “fisico” Contenere, e proteggere, paziente, operatori e ambiente attraverso un contenimento dei movimenti volti ad aggredire, con una sorta di “holding” fisica, a volte stretta e forzata; esperienza molto grave; deve giungere al momento giusto, dopo aver tentato ogni altra possibile soluzione; ha il senso di aiutare il paziente ad assumere gradualmente il controllo di Sé.
La token economy • La strategia della token economy (economia simbolica) consiste in un particolare sistema di rinforzamento per meglio gestire i problemi comportamentali ed aiutare l’allievo ad interagire in un contesto di gruppo. Si basa sul corretto utilizzo dei rinforzatori simbolici o token (gettoni, fiches, ecc.), i quali acquistano valore rinforzante in quanto possono essere scambiati per assicurarsi vari privilegi. Questi token si guadagnano emettendo le prestazioni richieste, ma possono essere anche persi nel caso in cui si dia vita a comportamenti identificati precedentemente come inadeguati. La token economy è una procedura sofisticata e molto strutturata, difficile da condurre per l'educatore inesperto. La raccomandazione, quindi, è quella di predisporre simili programmi solo quando altre procedure (rinforzamento semplice, rinforzamento differenziale, estinzione) si siano dimostrate inefficaci. • Inoltre, è bene non protrarre l'intervento per un tempo eccessivo, sostituendolo appena possibile (quando i comportamenti si sono stabilizzati) con condizioni più naturali. I vari autori che si sono interessati di questa procedura (Thomas, Beker e Armstrong, 1968; O'Leary e Drabman, 1971; Kozloff, 1974; Meazzini, 1978) hanno elencato alcuni principi fondamentali da rispettare per far sì che la stessa risulti efficace. Riassumendo queste posizioni, possono essere individuate sei caratteristiche: • - stabilire esattamente le attività da premiare con token. Si può decidere di dare rinforzatori simbolici nel momento in cui il soggetto porta a termine il lavoro su compiti programmati oppure quando si astiene per un certo tempo dall'emissione di comportamenti inadeguati; • - compilare un elenco di ricompense di sostegno adeguate. Si tratta di stilare una graduatoria di oggetti e privilegi particolarmente graditi all'allievo, il quale, se li vuole ottenere, deve accumulare un certo numero di token; • - fissare il costo di ogni ricompensa di sostegno. La graduatoria approntata permette di capire quali sono le ricompense più ambite; queste, naturalmente, devono essere anche le più costose; • - decidere quanti token il soggetto riceverà per le attività positive. E' questo un momento particolarmente importante del trattamento, da programmare con la massima attenzione e precisione. La regola generale, valida in ogni caso, è che i comportamenti deboli (quelli che vengono emessi con bassa frequenza) vanno stimolati con l'elargizione di un maggior numero di token; • - stabilire le modalità di scambio dei token con le ricompense. Nelle prime fasi del trattamento gli scambi dovranno essere frequenti; in seguito possono anche essere dilazionati maggiormente nel tempo; - registrare esattamente il comportamento del bambino. E' ovvio che la conduzione del programma richiede un continuo monitoraggio da parte dell'educatore, anche per apportare modifiche se i risultati non risultassero essere quelli previsti. La token economy è stata originariamente concepita per agire attraverso incentivazioni positive sul comportamento dell'allievo; in seguito sono state inserite anche contrattazioni con contingenze negative (O'Leary e Drabman, 1971; Williams e Anandam, 1973). Tale tipo di contingenza va sotto il nome di costo della risposta e prevede che vengano sottratti gettoni all'allievo quando emette dei comportamenti inadeguati. Il costo della risposta è la forma preferibile di sottrazione dei rinforzatori, in quanto possiede una notevole efficacia senza, nel contempo, ingenerare ripercussioni emozionalmente negative. Il principio alla base di tale procedura, quindi, è che ogni comportamento inadeguato produce una turbativa che ha un suo "costo", per il quale il soggetto viene reso responsabile (Meazzini, 1978).
La token economy
• L’utilizzo di strumenti per comunicare: apparecchiature informatiche,: tablet, computer, supporti visivi (cartoline, faccine…), usare oggetti/gioco, simboli WLS , sbattere occhi. …
• Proviamo ad esercitarci in un piccolo laboratorio…..
QUALI DISTURBI DELLA COMUNICAZIONE CONOSCETE? • MI FATE DEGLI ESEMPI ? • CHI AVETE IN MENTE? • COME PARLAVA? • CHE DIAGNOSI AVETE IN MENTE POTREBBERO RIENTRARE NEI DISTURBI DI COMUNICAZIONE?
TAPPE DI SVILUPPO ATTESE
I disturbi della comunicazione • Comprendono 3 grandi aree : 1. deficit del linguaggio (comprende forma, funzione e utilizzo di un sistema convenzionali e di simboli (es: parole pronunciate, linguaggio gestuale, parole scritte, immagini) 2. dell’eloquio (produzione espressiva di suoni e comprende articolazione, fluenza, voce e qualità di risonanza di un individuo ) 3. e della comunicazione(qualsiasi comportamento verbale o non verbale (intenzionale o non intenzionale ) che influenza il comportamento, le idee e le attitudini un altro individuo. Tali valutazioni delle tre aree devono tenere conto del CONTESTO CULTURALE e della LINGUA in particolare per bambini che crescono in contesti BILINGUI.
DISTURBI DELLA COMUNICAZIONE Includono: • 1. Disturbo del linguaggio • 2. Disturbo del suono vocale (fonazione) • 3. Disturbo della fluidità verbale ad esordio infantile (balbuzie) • 4. Disturbo sociale della comunicazione (pragmatica) • 5 disturbo della comunicazione n.a.s.
Disturbo del linguaggio A - Disturbo di linguaggio: persistente difficoltà nell'acquisizione e nell'uso di diverse modalità di linguaggio (linguaggio parlato, scritto, gestuale o di altro tipo) dovute a deficit della comprensione o della produzione che comprendono: 1. lessico ridotto, 2. limitata strutturazione delle frasi (capacità di costruire frasi basandosi su regole sintattiche e morfologiche) 3. compromissione delle capacità discorsive (capacità di usare parole o di connettere frasi tra loro per descrivere un argomento o sostenere una conversazione). B. Le capacità di linguaggio sono al di sotto di quelle attese per età in maniera significativa e quantificabile, portando a limitazioni funzionali dell’efficacia della comunicazione, della partecipazione sociale, dei risultati scolastici o delle prestazioni professionali, individualmente o in qualsiasi combinazione. C. L’esordio dei sintomi avviene nel periodo precoce dello sviluppo (dall’età di 4 anni le differenze individuali diventano più stabili, più facili da misurare e altamente predittive degli esiti successivi, è probabile che il disturbo del linguaggio diagnosticato dai 4 anni rimanga stabile e tipicamente persista nell’età adulta, sebbene il particolare profilo dei punti di forza e debolezza del linguaggio possa cambiare nel corso dello sviluppo. D. Le difficoltà non sono attribuibili a compromissione dell’udito o ad altra compromissione sensoriale, a disfunzioni motorie o ad altre condizioni mediche o neurologiche e non sono meglio spiegate da disabilità intellettiva (disturbo dello sviluppo intellettivo ) o ritardo globale dello sviluppo.
Disturbo del linguaggio Le caratteristiche del disturbo del linguaggio sono le difficoltà nell’acquisizione e nell’uso del linguaggio dovute a deficit della comprensione o della produzione del lessico, della struttura della frase e del discorso. I deficit del linguaggio sono evidenti nella comunicazione parlata, scritta o nel linguaggio gestuale. L’ apprendimento e l’uso del linguaggio dipendono sia dalla abilità ricettiva sia da quella espressiva. L’ abilità espressiva si riferisce alla produzione di segnali vocali, gestuali o verbali; L’ abilità ricettiva si riferisce al processo di recezione e comprensione dei messaggi linguistici. È necessario valutare le abilità linguistiche sia espressive che ricettivi in quanto possono essere diversamente compromesse. Esempi: un ragazzo può avere un linguaggio espressivo gravemente compromesso, mentre il suo linguaggio ricettivo può esserlo appena. Il disturbo del linguaggio in genere interessa il lessico e la grammatica, e questi effetti limitano poi la capacità discorsiva. È probabile che le prime parole e frasi del bambino abbiano un esordio ritardato; l’ estensione del vocabolario è più limitata e meno variegata di quella attesa, le frasi sono più brevi e meno complesse , con errori grammaticali, soprattutto nei verbi coniugati al passato. I deficit della comprensione del linguaggio sono frequentemente sottostimati, in quanto i bambini possono essere bravi a utilizzare il contesto per dedurre il significato di quanto ascoltano. Possono esservi problemi nel trovare le parole, definizioni verbali impoverite, scarsa comprensione dei sinonimi o di giochi di parole appropriati per età e cultura, problemi ne l ricordare parole e frasi nuove si manifestano con la difficoltà nel seguire istruzioni di crescente lunghezza, difficoltà di riprodurre sequenze di informazioni verbali( per es: ricordare un numero telefonico o lista della spesa) e difficoltà nel ricordare nuove sequenze di suoni, una capacità che può essere importante per apprendimento di nuove parole. Le difficoltà nel discorso sono rappresentate da una ridotta capacità di fornire informazioni adeguate riguardo a eventi rilevanti e di raccontare una storia in maniera coerente.
TAPPE DI SVILUPPO ATTESE
Disturbo del linguaggio L’ acquisizione del linguaggio è segnata da cambiamenti a partire dall’esordio nei primi anni di vita fino a livello di competenza adulto che si manifesta durante l’adolescenza. Il disturbo del linguaggio emerge precocemente durante il periodo dello sviluppo; ma vi è una notevole variabilità nella prima acquisizione del vocabolario e nelle e prime combinazioni di parole, e le differenze individuali non sono , come indicatori autonomi, altamente predittivi di esiti successivi. Dall’età di 4 anni le differenze individuali nella abilità di linguaggio sono più stabili, con migliore accuratezza di misurazione, e sono altamente predittive degli esiti successivi. È probabile che il disturbo del linguaggio diagnosticato dai 4 anni rimanga stabile nel tempo e tipicamente persista nell’età adulta, sebbene il particolare profilo dei punti di forza e di debolezza del linguaggio possa cambiare nel corso dello sviluppo. I bambini con compromissioni del linguaggio ricettivo hanno una prognosi peggiore e sono più resistenti al trattamento, e sono frequentemente osservate difficoltà di comprensione della lettura.
Disturbo fonetico-fonologico A – Persistente difficoltà nella produzione dei suoni dell’eloquio che interferisce con l’ intelleggibilità dell’eloquio o impedisce la comunicazione verbale dei messaggi B. L’alterazione causa limitazioni dell’efficacia della comunicazione che interferiscono con la partecipazione sociale, il rendimento scolastico o le prestazioni professionali, individualmente o in qualsiasi combinazione. C. L’esordio dei sintomi avviene nel periodo precoce dello sviluppo D. Le difficoltà non sono attribuibili a condizioni congenite o acquisite, come paralisi cerebrale, palatoschisi, sordità o ipoacusia, danno cerebrale da trauma o ad altre condizioni mediche o neuorlogiche. IMPARARE A PRODURRE SUONI DELL’ELOQUIO SONO abilità legate allo sviluppo. L’ articolazione dei suoni segue un modello di sviluppo, che si riflette nei valori normativi per l’età dei test standardizzati. Non è insolito per i bambini con sviluppo regolare utilizzare processi evolutivi per accorciare parole e sillabe nel periodo in cui imparano a parlare, ma la loro progressione nel gestire la produzione dei suoni dovrebbe portare a un eloquio per lo più comprensibile ENTRO L’ETA’ DEI 3 ANNI. I bambini con disturbo fonetico-fonologico continuano a utilizzare processi immaturi di semplificazione Fonologica anche dopo aver superato l’età in cui la maggior parte dei bambini è in grado di produrre parole in modo chiaro. La maggior partre delle parole dovrebbe essere pronunciata con precisione (ma con variabilità) intorno ai 7/8 anni. I suoni più frequentemente errati tendono anche ad essere appresi più tardi: c, l, r, s z, gl, gn… La maggior parte dei bambini con disturbo fonetico-fonologico risponde bene ai trattamenti e le difficoltà migliorano con il tempo e spesso il disturbo non è permanente. Esercizi di foniatria: https://www.youtube.com/watch?v=nD_GG57UBJ8
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