DIMENSIONI E DEFINIZIONI DEL POPULISMO - San Niccolò 25 Settembre 2018 Report A cura di Luca Verzichelli & Sergio Martini
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3° WORKSHOP TEMATICO DIMENSIONI E DEFINIZIONI DEL POPULISMO San Niccolò 25 Settembre 2018 Report A cura di Luca Verzichelli & Sergio Martini 1
Introduzione Questo rapporto riepiloga i risultati del terzo Workshop dipartimentale nell’ambito del progetto di Eccellenza 2018-2022. Lo studio del populismo, in tutte le sue definizioni è stato indicato nel progetto dipartimentale come un tema centrale nell’agenda di molte discipline – la storia contemporanea, la teoria politica normativa, la scienza politica empirica, la sociologia della comunicazione, per fare solo alcuni esempi – ma anche come la fonte di una serie di puzzles che possono essere affrontati seguendo una prospettiva inter-disciplinare. A cominciare dalla più semplice domanda sulla definizione (“che cosa è il populismo?”), oggi al centro di molti lavori, le implicazioni e gli stimoli per un’audience di studiosi assai vasta e composita come quella del DISPOC sono ben evidenti: si tratta di un’ideologia (o di una contro-ideologia) dei nostri tempi o dobbiamo studiarla in prospettiva diacronica? Si tratta di una deriva recente dovuta alla crisi dei modelli di cosa pubblica sviluppati nel XX secolo, oppure di una modalità latente della politica? Si tratta di un fenomeno che attiene maggiormente alla sfera comunicativa – ad esempio il linguaggio politico, le campagne elettorali, l’uso pubblico dei media e dei new media – oppure è necessario approfondire anche la sfera dell’agire politico – vale a dire il rappresentare, governare e rispondere in modo “populista”? Queste sono solo alcune delle questioni emerse da una rassegna iniziale della letteratura, confermando la rilevanza ma anche la complessità di un progetto incentrato appunto sul concetto di populismo. Il workshop si è articolato in due fasi principali. Durante la prima (Parte 1), con un approccio frontale e l’ausilio di una serie di presentazioni multimediali, si sono succeduti cinque interventi di circa dieci minuti ciascuno, allo scopo di presentare succintamente alcune possibili azioni di ricerca sul tema individuato. Tali proposte sono tutte connesse all’agenda di ricerca complessiva del DISPOC e rappresentano un campione dei progetti sviluppati autonomamente dai singoli ricercatori e dai gruppi di ricerca: l’approccio politologico declinato in chiave di studio dell’opinione pubblica (Angelucci) o in quella dei partiti e del discorso politico (Borri), l’approccio della linguistica comparata (Bianchi), l’approccio storico secondo la prospettiva dei media-studies (Gozzini) e in quella della storia dei partiti e delle istituzioni europee (Pasquinucci). Tuttavia, ognuno dei contributi ha rappresentato e in qualche modo avviato alcune proposte autenticamente inter-disciplinari verso altri membri del DISPOC. In taluni casi, sono stati presentati i frutti di una collaborazione già avanzata tra vari membri del dipartimento. Questo è il caso, per esempio, del contributo di Valentina Bianchi, la quale ha presentato un lavoro empirico svolto su dati già disponibili presso il DISPOC e basati sulla collaborazione tra vari approcci di analisi linguistica e analisi socio-politologica. Altre relazioni hanno proposto, invece, una lettura inter-disciplinare di ulteriori dati e fonti disponibili sul tema, cercando di coinvolgere nel dibattito le altre discipline. Tra queste, Gozzini ha offerto vari quesiti alle componenti semiotiche e antropologiche del dipartimento, nonché ai sociologi della comunicazione. In aggiunta, sia la presentazione di Angelucci sia quella di Pasquinucci hanno richiamato la proficua sinergia che può nascere tra storici e cultori della scienza sociale empirica nella ricostruzione del fenomeno populista, affrontando temi come la valutazione (positiva o negativa) delle ondate di populismo, oppure approfondendo concetti già indagati 2
da molti studiosi a cavallo tra le discipline, come quelli di ‘Euroscetticismo’ o di ‘vincolo esterno’. Anche le tre dimensioni del ‘sovranismo’ analizzate da Borri possono senza dubbio costituire un richiamo per una discussione interdisciplinare, pensando ad esempio alle implicazioni che i concetti di ‘nativismo’, ‘patriottismo’, ‘esterofilia’ (oppure ‘xenofobia’) o anche di ‘cospirazionismo’, considerato dalla relazione di Gozzini, possono avere nelle agende di ricerca di molte discipline. La seconda parte (Parte 2) è stata dedicata alla discussione dei temi presentati nella prima, utilizzando il modo di procedere bottom-up e gli strumenti del design thinking già sperimentati negli incontri precedenti. In aggiunta, la riflessione collettiva è stata arricchita da un esercizio metodologico per la valutazione della coerenza tra una serie di indicatori tesi a misurare le attitudini populiste dei cittadini ed alcune dimensioni appartenenti al medesimo concetto. In questo senso i circa trenta partecipanti al Workshop sono stati chiamati a giudicare l’utilità di ventiquattro domande selezionate dalla letteratura sul tema e potenzialmente utili per l’inchiesta di opinione attualmente in fase di progettazione presso il DISPOC e che si realizzerà con l’ausilio del panel telematico GFK nel periodo 2019-2021. In breve, il compito per tutti i partecipanti alla palestra concettuale è stato quello di selezionare gli items che secondo loro costituivano le domande più rilevanti e di individuare le dimensioni corrispondenti, raggruppandoli secondo le quattro grandi categorie suggerite nel corso della discussione, oppure promuovendo essi stessi nuove proposte di dimensioni attraverso commenti individuali. Il presente rapporto presenta i contenuti emersi durante le due fasi del workshop. Gli interventi di Davide Angelucci, Valentina Bianchi, Giovanni Gozzini, Daniele Pasquinucci e Rossella Borri sono riassunti nella Parte 1. Ogni presentazione è stata corredata da un set di slides, e da un breve abstract in inglese che viene tradotto in questo rapporto e pubblicato in entrambe le lingue nelle pagine web destinate dal DISPOC a questo progetto. Le slides degli interventi della Parte 1 sono disponibili sullo spazio Cloud di archiviazione di Unisi (nuvola.unisi.it). L’accesso è consentito ai membri del DISPOC e a tutti coloro che fossero interessati, previa richiesta. I commenti e le direzioni di ricerca futura, presentati in forma sinottica al termine del rapporto, riassumono i numerosi interventi in sede di discussione e sono presentati nella Parte 2. Questi interventi hanno collegato osservazioni critiche e stimoli ai contenuti delle presentazioni formali della prima parte, oppure hanno commentato la batteria di domande proposte durante la seconda parte, o infine hanno aggiunto nuove tematiche di ricerca o nuovi interrogativi a quelli sviluppati durante le presentazioni. Parte 1. Contenuti degli Interventi Nella prima parte, dopo una breve introduzione di Alessandro Innocenti e di Luca Verzichelli sui temi affrontati e sull’agenda del Workshop, si sono succeduti i brevi interventi elencati di seguito. Lo scopo non era tanto di riportare dei risultati “consolidati” delle singole ricerche ma piuttosto di fornire una serie di spunti concreti alla discussione in modo da innescare dei processi collaborativi e dialettici, tra i membri del DISPOC. In ordine cronologico, i sei interventi sono stati i seguenti: 3
1. Populismo e Antipopulismo: l’evoluzione del dibattito, Davide Angelucci (con Maria Giovanna Sessa e Gianluca Piccolino) 2. Aspetti sintattici e pragmatici del dibattito online su minoranze e immigrazione, Valentina Bianchi (con Alison Duguid). 3. Populismo, cascate informative e fake news, Giovanni Gozzini. 4. L’uovo e la gallina. Populismo contemporaneo e l’ondata euroscettica, Daniele Pasquinucci. 5. Le dimensioni del sovranismo populista, Rossella Borri (con Linda Basile e Luca Verzichelli) I contenuti di ciascun intervento sono brevemente riassunti di seguito, con l’aiuto degli abstract e del materiale fornito dai relatori e circolati per tempo tra i membri del dipartimento. 1. Davide Angelucci (con Maria Giovanna Sessa e Gianluca Piccolino) Populismo e Antipopulismo: l’evoluzione del dibattito, Il paper mira a contribuire alla crescente ricerca scientifica dedicata al populismo, facendo luce sui significati attributi al termine nel dibattito pubblico. Data la natura preliminare dell’esplorazione, e consapevoli dei limiti della nostra analisi, offriamo in questo lavoro una ricognizione prevalentemente descrittiva, che apre tuttavia un ragionamento sulla comprensione del fenomeno o dei fenomeni di volta in volta indicati come “populismo”. Lontano dal voler fornire conclusioni definitive, proviamo piuttosto ad offrire alcune provvisorie interpretazioni dei dati. I nostri risultati preliminari suggeriscono che il populismo è in generale usato come un termine dispregiativo e questo risultato vale oramai per un periodo temporale abbastanza lungo. Infatti, nonostante alcune rilevanti variazioni tra i diversi paesi, il modello è rimasto abbastanza stabile, come mostra l’analisi comparata, nelle ultime cinque elezioni. Tuttavia, abbiamo trovato differenze rilevanti per gli attori in genere etichettati come populisti. Mentre i riferimenti a specifici attori politici sono diminuiti nel corso del tempo, è evidente una crescente tendenza ad utilizzare l’etichetta “populismo” in termini generali. Questo risultato apre a due possibili, e non necessariamente esclusive, interpretazioni. In primo luogo, i riferimenti al populismo in generale suggeriscono che gli attori politici che sono potenzialmente “autorizzati” ad essere etichettati come populisti potrebbero essere cresciuti nel tempo, come è evidente per esempio in alcune realtà europee. Secondariamente, la perdita dei confini del populismo potrebbe suggerire che il valore analitico del termine si sta restringendo. 2. Valentina Bianchi (con Alison Duguid) Aspetti sintattici e pragmatici del dibattito online su minoranze e immigrazione,. L’obiettivo di questo intervento è abbozzare una metodologia di analisi linguistica del dibattito online su minoranze e immigrazione, allo scopo di individuare le strategie discorsive 4
proprie del dibattito online, e di enucleare alcuni tratti linguistici che evidenziano il ricorso a stereotipi o a meccanismi di “othering” rispetto al gruppo target. Le analisi si articolano su tre livelli: (a) annotazione delle Question Under Discussion (QUD, Djalali et al. 2011), delle domande informative e retoriche; (b) analisi di specifici elementi grammaticali (NOI+nome, VOI+nome, QUEST*+nome umano; (c) analisi delle keywords lessicali e dei loro collocates. La metodologia per i punti (a)-(b) è stata testata su un piccolo corpus di 144 post, tratti dai materiali del progetto E-voice (Olmastroni 2017). L’annotazione delle QUD e delle loro relazioni gerarchiche ha permesso di formulare alcune ipotesi di partenza, e di individuare alcuni elementi o costrutti grammaticali che correlano con la QUD. Il corpus di discussione E-voice per i tre paesi, che risulta appena sopra i 100.000 segni (Regno Unito 11.522; Italia 77.893; e Francia 11.629), è stato comparato con i corpus generali nelle tre lingue a partire dal database di Sketch Engine. Le parole chiave che sono emerse sono state analizzate, raccolte, collocate, e l’analisi portata a termine. I risultati preliminari indicano diverse differenze nel discorso. Nonostante le differenze nella dimensione del corpus, abbiamo trovato un andamento similare nelle principali parole chiave dei tre data sets che rispecchiano sia l’argomento che le strategie retoriche. Possiamo distinguere un discorso noi e loro, un discorso sull’immigrazione, alcune strategie retoriche di negazione e smentita che sono comuni a tutti e tre. Ulteriori analisi qualitative mostrano nei dati francesi “l’altro” della classe politica con una serie di insulti preceduti da “ces”: (ces incapables di socialos, ces idiots, ces débiles, ces enarques, ces lecheurs de cul, ces voyoux, ces politicards, ces voleurs) ma anche immigrés, refugiés e popolations che potrebbero suggerire l’utilizzo dei migranti come capro espiatorio. Nei dati italiani l’utilizzo della deissi indica più chiaramente tendenze populiste con l’assegnazione di valutazioni negative alle ‘altre’ posizioni prese da politici, al ricorso di altre figure dell’élite come capri espiatori, così come la popolazione migrante. L’ostilità verso la classe politica è più pronunciata, su 133 esempi di questi abbiamo trovato che il 30% comprende forti critiche alla classe politica per incompetenza, cattiva gestione, oppure anche disonestà e politiche volte al proprio tornaconto personale. Aperta ostilità verso i migranti è evidente in solamente il 7% degli esempi. L’utilizzo di questi come un deittico, tuttavia nei dati del Regno Unito nel contesto della crisi migratoria è spesso con una prosodia neutrale o favorevole, esprimendo prevalente compassione per l’esperienza dei rifugiati. Riguardo la scelta lessicale delle parole chiave per i dati italiani (in confronto con It tenten) contengono un numero ragguardevole di oggetti riferiti ad una valutazione negativa, invettiva, accuse, con un alto livello di iperbole (pessimo, ridicolo, stupido, figuraccia, misero, miseria, parassitario, egoismo, schifo, vergognare, vergognoso, vergogna, catastrofe, martoriare, corrotto, corruzione, parassita, arricchire, inganno, fregare, speculare, criminale, crimine, spaccio, furbo, furbetti, sfasciare, razzolare, lassismo, permissivismo, delinquere, delinquente, ladro, impunemente). Questo lessico saliente rivela una considerevole ostilità verso la classe politica con l’accusa di disonestà, malafede ed attività criminose, suggerendo il tema della mancanza di fiducia nella gestione dell’economia e paure in riferimento alla sicurezza. Politica 5
è una parola chiave nei dati italiani, ed è possibile vedere come le percezioni maggiormente negative e le emozioni siano collegate alla classe politica. Sia nel caso italiano che francese i moderatori sono intervenuti chiedendo ai partecipanti di accettare gli standard di intervento. Non ci sono simili oggetti di valutazione negativa nelle parole chiave nel Regno Unito. Sembra essere espressa una meno ostile visione del mondo là. 3. Giovanni Gozzini Populismo, cascate informative e fake news In questo paper propongo una riflessione generale su cascate informative e fake news. Più in dettaglio, la mia analisi muoverà da alcuni recenti studi, in particolare quelli basati sui dati delle elezioni presidenziali americane del 2016, per valutare le preoccupazioni da molti autori sollevate sugli effetti delle storie inventate che hanno successo sulla rete e sulle immagini circolate attraverso i social media. Tra le implicazioni più rilevanti promosse dalla letteratura, in particolare, è utile soffermarsi su una evidenza che per alcuni costituisce una autentica sfida alle democrazie: i social media sembrano infatti costituire delle fonti sempre più importanti (sebbene non necessariamente dominanti nella discussione quotidiana e nelle campagne elettorali) relativamente alle elezioni. Questo tipo di evidenza è già stata sufficientemente analizzata nel contesto del sistema politico USA e in particolare in occasione della elezione del Presidente Trump. Tuttavia, questo tipo di interpretazione può essere estesa a molti casi rilevanti. In linea con questo ragionamento, l’analisi vira verso la discussione di diversi dati e diverse fonti, che mostrano appunto l’impatto crescente dei nuovi media. Lo scopo è quello di discutere, utilizzando diversi filoni di ricerca, le implicazioni dell’uso distorto delle cascate informative e dell’introduzione di fake news in termini di qualità democratica. Infatti, i sondaggi annuali del Pew Research Center documentano come i social media stiano diventando la principale fonte di informazione politica, e come il loro pubblico sia sempre più orientato a visitare soltanto le fonti on line che confermano e rafforzano opinioni già radicate. Dunque, il principale effetto è quello di mettere in discussione la democrazia nel suo fondamentale significato di forum rappresentativo delle diverse visioni. Il principale risultato emerso sino ad ora da questi studi conferma dunque che le fake news tendono a consolidare il consenso di un dato attore, invece di spostare il consenso da un attore all’altro. Infatti, la gente tende a credere nelle storie che mettono in buona luce il loro candidato preferito, specialmente se possono contare su network mediatici ideologicamente segretati. Ognuno può dunque trovare giustificazione alla propria tesi. I dati presentati illustrano un impatto crescente di tali fenomeni, e questo provoca il rischio che le cascate informative possano minare la credibilità e la affidabilità della democrazia, riproducendo l’uso che dei media fecero i regimi totalitari del XX secolo. Si tratta di un rischio non necessariamente alto nel breve periodo ma non per questo da sottovalutare. 4. Daniele Pasquinucci L’uovo e la gallina. Populismo contemporaneo e l’ondata euroscettica 6
Non vi sono molti studiosi al lavoro sul legame tra populismo ed euroscetticismo. Per citare Marianne Kneuer, vi è un vuoto di comunicazione tra le due aree di ricerca che si occupano di quei due temi. La lacuna è tanto più significativa qualora si consideri che l’elemento unificante che connota tutti i partiti populisti di successo in Europa è il loro crescente euroscetticismo, unito a nuove istanze nazionalistiche. D’altronde, è intuitivo che la critica all’Europa sia basata sulle (e alimentata dalle) argomentazioni del populismo. Quest’ultimo è notoriamente un concetto di difficile definizione. Tuttavia, ognuno può concordare su una descrizione minima come la seguente: “… il populismo si riferisce ad un insieme di istanze politiche che enfatizzano il ruolo del “popolo” e spesso lo contrappongono alle “elite””. Questa definizione basilare getta le fondamenta per una sorta di connessione naturale tra euroscetticismo e populismo, dato che il primo ha da subito accusato la Comunità europea di essere l’esito di un processo guidato dalle elite. Basterà qui ricordare come per Jean Monnet – uno dei padri fondatori della CEE – sarebbe stato “sbagliato consultare i popoli d'Europa sulla struttura di una Comunità della quale essi non hanno alcuna esperienza pratica”. In realtà, l’integrazione europea non è affatto stata un progetto pensato dell’ élite “contro il popolo”, oppure (variante dell’argomentazione euroscettica) una cospirazione tedesca per dominare l’Europa attraverso politiche monetarie ed economiche. Tuttavia, la precedente citazione prefigura - a prima vista – qualche legame tra il “progetto sovranazionale e la “rivolta populista ed euroscettica”. Al tempo stesso, l’approccio elitario promosso da Jean Monnet può essere un buon punto di partenza per approfondire l’intuizione circa la relazione tra euroscetticismo e populismo. Per raggiungere questo scopo, l’Italia può costituire un caso di studio rilevante. In questo paese, sin dalla fase iniziale di adesione alle Comunità, la membership è stata spiegata (e giustificata) essenzialmente come un “vincolo esterno”, che la classe dirigente vedeva come strumento decisivo per introdurre nella società italiana una serie di ordinamenti che essa, da sola, non sarebbe stata in grado di imporre. Attraverso la retorica del vincolo esterno, la classe dirigente ha perciò favorito l’idea di una Europa “altro da noi”. Ma questa idea si sarebbe poi trasformata in un potente argomento per i movimenti e i partiti euroscettici. Mentre i cittadini non possono controllare l’Europa – che è altro (ed è lontana) da loro – l’Unione Europea prende decisioni che riguardano le loro vite. Da questo punto di vista, si potrebbe affermare che il modo in cui l’Italia ha concepito la propria partecipazione alle varie fase dell’integrazione europea ha posto alcune importanti premesse tanto per la contemporanea rivolta populista quanto per l’ondata euroscettica. È difficile dire chi sia nato prima tra l’uovo (il populismo contemporaneo) e la gallina (l’euroscetticismo come un fenomeno di massa). Ma certamente, in Italia, un certo modo di intendere l’europeismo ha accudito entrambi, fino a farli sbocciare. 5. Rossella Borri (con Linda Basile e Luca Verzichelli) Le dimensioni del sovranismo populista, Negli ultimi anni, servendosi di un messaggio iper-semplificato, incentrato principalmente su una costruzione binaria che oppone un virtuoso “popolo sovrano”, entità indefinita ma del tutto omogenea, non attraversata da conflitti, ad un analogamente imprecisato gruppo, quello delle “corrotte élite”, alcuni partiti sono riusciti ad intercettare un consenso trasversale 7
nell’elettorato di molti paesi dell’Unione Europea ed oltre i confini dell’Unione. Questi controversi attori politici sono comunemente qualificati come “populisti”. Si tratta, in realtà, di una categoria alquanto eterogenea, popolata da orientamenti ed obiettivi politici anche molto distanti fra loro. In questo intervento sosteniamo che l’appello ad una rottura radicale, volta a “riprendere il controllo” delle decisioni politiche – come recita il famoso slogan della campagna per la Brexit: “Let’s take back control” – in nome di un popolo sovrano, definisca la forma (o meglio, la formula) alla base della “esile” ideologia populista (Mudde 2004). Ma sosteniamo anche che il contenuto di tale ideologia possa essere articolato in diversi modi a seconda delle differenti concezioni del popolo di riferimento o, più precisamente, dei confini di quello che lo studioso Paul Taggart chiama “populist heartland” (Taggart 2004), ovvero quel territorio virtuoso, ideale e idealizzato entro il quale la sovranità del popolo dovrebbe essere ristabilita (Ibid.). Tali confini possono infatti essere tracciati in maniera diversa: in termini di classe, identità o “perdenti di diversa natura” (Kriesi, 2014, p. 369). Possiamo dunque affermare che è la rivendicazione critica di particolari forme di sovranità, ovvero diverse forme di “sovranismo”, a distinguere la “sostanza” della retorica populista, come “giustificazione primaria, diagnosi e piano d’azione per il futuro” (Kallis 2018, p. 286). Sulla base di dati di diversa natura su dieci paesi europei (tratti dalle inchieste sull’opinione pubblica e sulle élite politiche effettuate nell’ambito del progetto EUengage negli anni 2016 e 2017 1 e dalla Chapel Hill Expert Survey del 2017 (Polk et al. 2017) riguardante i partiti politici) abbiamo impiegato una tecnica statistica “di riduzione delle informazioni” al fine di individuare l’esistenza di diverse concezioni di sovranità adottate da differenti partiti, élite politiche e gruppi dell’opinione pubblica. In linea con quanto teorizzato in precedenti studi (Meny and Surel 2000, Kriesi 2014) l’analisi fattoriale ha isolato tre principali declinazioni della rivendicazione sovranista, perfettamente coincidenti per le diverse categorie di attori in esame e riconducibili a tre principali dimensioni della sovranità popolare: quella cultuale, quella politica e quella economica. In particolare, i dati analizzati mostrano come la retorica sovranista, benché non estranea ai partiti mainstream, sia di primaria importanza per quelle formazioni politiche definibili come populiste. Infatti, quei partiti che, secondo l’analisi effettuata, enfatizzano in modo più marcato la contrapposizione tra popolo ed élite, sono gli stessi che si appellano più radicalmente alla necessità di recuperare una qualche forma di sovranità dalle inaffidabili élite (in particolar modo da quelle sovranazionali). Lo stesso risultato si conferma per quanto riguarda gli orientamenti dei supporters di tali partiti politici. L’analisi indica l’esistenza di un meccanismo che opera a geometrie variabili. Ma se, di fatto, nessun degli attori presi in esame può essere ricondotto ad una esclusiva forma di sovranismo, da un lato, i dati mostrano come l’appello alla dimensione culturale della sovranità, incentrata su una definizione “esclusivista” del concetto di popolo, intesa, secondo una interpretazione prettamente identitaria, nativista, dunque profondamente anti- immigrazione, prevalga nettamente nel caso dei partiti populisti di destra. Dall’altro lato, un'interpretazione più strettamente politica della rivendicazione sovranista, benché non aliena ad alcune formazioni della destra radicale, sembra caratterizzare più distintamente i partiti con un opposto orientamento politico. È questo il caso dei cosiddetti partiti populisti di sinistra (e i loro supporters), impegnati per lo più nella critica al malfunzionamento dei 1 Per maggiori informazioni: http://www.euengage.eu/ 8
meccanismi tradizionali della rappresentanza democratica e nella promozione di nuove pratiche più dirette di partecipazione, compatibili con una costruzione ben più inclusiva del popolo sovrano, o meglio, dei confini di quel luogo (il c.d.“heartland”) entro il quale la sovranità del popolo dovrebbe, idealmente, realizzarsi. Allo stesso tempo, però, i nostri dati indicano anche come il recupero della sovranità economica nazionale sembri essere un tema trasversale ai diversi orientamenti politici, accomunati, dalla critica nei confronti delle élite economiche internazionali e sovranazionali. Guardando alla “sostanza” del fenomeno del populismo, l’analisi del modo e della misura in cui diverse organizzazioni partitiche si appellano alle distinte forme di sovranità e su come tali appelli “risuonino” nell’opinione pubblica, può aiutare a far luce sul complesso e ancora oscuro meccanismo che lega le dimensioni dell’offerta e della domanda politica “populista”. Parte 2. Commenti e direzioni future Dopo una breve pausa, i lavori sono ripresi con una seconda fase dedicata alla discussione della quale Luca Verzichelli e Sergio Martini ne hanno spiegato agli intervenuti le finalità. Come prima attività i partecipanti al Workshop hanno realizzato un esercizio metodologico per la valutazione della coerenza tra una serie di indicatori tesi a misurare le attitudini populiste dei cittadini ed alcune dimensioni appartenenti al medesimo concetto. L’esercizio ha avuto l’obiettivo di esaminare, attraverso un gruppo composito di esperti, la rilevanza di una serie di domande selezionate dai più recenti contributi metodologici sul tema e la loro corrispondenza con alcune dimensioni chiave del concetto di populismo. Questo ha consentito di stimolare la riflessione sull’analisi teorica, strutturale and empirica del concetto di populismo, valutando la coerenza tra alcune misure e aspetti del concetto (Goertz 2006) ed informando la definizione di una batteria di domande sulle attitudini populiste da inserire nel questionario per l’inchiesta di opinione che il DISPOC condurrà sul tema all’interno del progetto d’eccellenza. La tabella 1 presenta la lista degli items utilizzati durante la palestra concettuale e scelti in seguito ad un’attenta ricognizione degli articoli di Hawkins et al. (2012), Akkerman et al. (2014), Castanho et al. (in corso di pubblicazione) e Shultz et al. (2017). 2 Tabella 1: Lista degli items sottoposti ai partecipanti durante la palestra concettuale. Numero Testo item 1 I politici dovrebbero sempre ascoltare attentamente i problemi delle persone. 2 I funzionari eletti parlano troppo e agiscono troppo poco. 3 Anche se gli italiani sono molto diversi tra loro, la pensano tutti in modo simile, quando si parla di politica. 4 Quello che la gente chiama "compromesso" in politica in realtà è solo un modo per vendere i propri principi al miglior offerente. 5 La differenza politica tra la gente comune e le élite è molto maggiore della differenza tra due persone comuni. 6 La popolazione dovrebbe essere interpellata in tutte le decisioni importanti. 7 Le persone con cui non vado d’accordo politicamente sono solo disinformate. 8 Preferisco essere rappresentato da un cittadino comune che da un politico con esperienza. 9 Le persone come me non hanno alcun potere sulle azioni del governo. 10 La politica è essenzialmente una lotta tra bene e male. 11 I politici non devono passare il tempo tra la gente comune per fare un buon lavoro. 12 La gente normale è unita da un carattere buono e genuino. 13 La volontà del popolo dovrebbe essere il principio più importante della politica di questo paese. 14 Le persone con cui non vado d’accordo politicamente non sono cattive. 15 Il popolo, e non i politici, dovrebbero prendere le nostre decisioni politiche più importanti. 2 Le risposte vengono solitamente raccolte su una scala Likert a 5 o a 7 punti. 9
16 La gente normale condivide valori e interessi comuni. 17 La popolazione dovrebbe avere l'ultima parola in merito alle questioni politiche più importanti tramite dei referendum. 18 I funzionari di governo cercano con il loro potere di migliorare la vita alle persone. 19 Il potere di alcuni interessi speciali impedisce al nostro paese di fare progressi. 20 Parecchie persone che stanno al governo sono disoneste. 21 Puoi dire se una persona è buona o cattiva dalle sue idee politiche. 22 I rappresentanti in parlamento perdono velocemente il contatto con la popolazione. 23 La gente normale persegue gli stessi obiettivi. 24 Il governo è gestito da pochi grandi interessi che pensano solo al proprio tornaconto. Tutti gli articoli presi in esame si riferiscono alla definizione di populismo di Cas Mudde (2007) 3 e considerano, seppure con interpretazioni differenti, alcuni aspetti fondamentali per una sua completa definizione. Questi aspetti, suggeriti dagli autori, corrispondono a quattro dimensioni utilizzate nell’esercizio, che sono, nello specifico: 1) la Sovranità del popolo; 2) l’anti-elitismo; 3) la visione manichea della politica; 4) l’omogeneità e la virtù del popolo. La Tabella 2 mostra la lista degli items raggruppati secondo le dimensioni come si evince dagli articoli presi in esame. La definizione degli items, delle dimensioni e della loro corrispondenza viene realizzata dai vari studi attraverso tecniche per l’analisi di dimensioni latenti come, per esempio, l’analisi fattoriale. Tabella 2: Lista degli items ordinati secondo le dimensioni come dagli articoli presi in esame. Sovranità Visione Numero Anti- Omogeneità e Testo del manichea item elitismo virtù del popolo popolo della politica 1 I politici dovrebbero sempre ascoltare X attentamente i problemi delle persone. 2 I funzionari eletti parlano troppo e agiscono X troppo poco. 3 Anche se gli italiani sono molto diversi tra loro, X la pensano tutti in modo simile, quando si parla di politica. 4 Quello che la gente chiama "compromesso" in X politica in realtà è solo un modo per vendere i propri principi al miglior offerente. 5 La differenza politica tra la gente comune e le X élite è molto maggiore della differenza tra due persone comuni. 6 La popolazione dovrebbe essere interpellata in X tutte le decisioni importanti. 7 Le persone con cui non vado d’accordo X politicamente sono solo disinformate. 8 Preferisco essere rappresentato da un cittadino X comune che da un politico con esperienza. 9 Le persone come me non hanno alcun potere X sulle azioni del governo. 10 La politica è essenzialmente una lotta tra bene e X male. 11 I politici non devono passare il tempo tra la X gente comune per fare un buon lavoro. 12 La gente normale è unita da un carattere buono X e genuino. 13 La volontà del popolo dovrebbe essere il X principio più importante della politica di questo paese. 3Secondo l’autore il populismo può essere definito come una: “thin-centered ideology that considers society to be ultimately separated into two homogeneous and antagonistic groups, the pure people versus the corrupt elite, and which argues that politics should be an expression of the volonté générale (general will) of the people" (Mudde, 2007, p. 23) 10
14 Le persone con cui non vado d’accordo X politicamente non sono cattive. 15 Il popolo, e non i politici, dovrebbero prendere X le nostre decisioni politiche più importanti. 16 La gente normale condivide valori e interessi X comuni. 17 La popolazione dovrebbe avere l'ultima parola X in merito alle questioni politiche più importanti tramite dei referendum. 18 I funzionari di governo cercano con il loro X potere di migliorare la vita alle persone. 19 Il potere di alcuni interessi speciali impedisce al X nostro paese di fare progressi. 20 Parecchie persone che stanno al governo sono X disoneste. 21 Puoi dire se una persona è buona o cattiva dalle X sue idee politiche. 22 I rappresentanti in parlamento perdono X velocemente il contatto con la popolazione. 23 La gente normale persegue gli stessi obiettivi. X 24 Il governo è gestito da pochi grandi interessi X che pensano solo al proprio tornaconto. Il compito per i partecipanti era di raggruppare quanti più items possibile secondo le quattro dimensioni suggerite dai contributi presi in esame, scrivendo il numero dell’item su dei post-it da riporre sotto una delle dimensioni corrispondenti e presentate su una lavagna messa a disposizione per l’esercizio. La tabella 3 presenta i risultati dell’esercizio mostrando le risposte dei partecipanti secondo le dimensioni. In altre parole, il numero sotto ogni dimensione corrisponde al numero di volte che quell’item è stato associato a quella dimensione. La prima cosa che si può notare è l’elevato grado di sovrapposizione tra la scelta dei partecipanti e la proposta dei contributi metodologici analizzati. Ben in 19 casi su 24 la corrispondenza tra item e dimensione è come quella suggerita dalla letteratura analizzata. Inoltre, solo in 2 casi sui 5 posizionati in maniera differente (items 2 e 8), la corrispondenza tra item e dimensione riporta una frequenza complessiva elevata (totale) e la gran parte delle risposte dei partecipante si concentra solo su una dimensione. Negli altri 3 casi, invece, o l’item mostra una bassa frequenza complessiva (totale) (items 11 e 14) o la corrispondenza tra item e dimensione riporta una frequenza non marcatamente differente rispetto ad altre soluzioni (item 4 ‘anti-elitismo’ versus ‘visione maniche del mondo’), rivelando una più elevata indecisione da parte dei partecipanti nell’assegnare l’item in questione ad una dimensione precisa. Infine, tra gli items posizionati come in letteratura ce ne sono alcuni per cui l’operazione di matching sembra essere stata più agevole mostrando una frequenza totale più elevata e le risposte si concentrano marcatamente su una opzione specifica (items 15, 5, 6, 13, 16). Tabella 3: Risposte dei partecipanti secondo le dimensioni Numero Sovranità del Anti- Visione manichea della Omogeneità e virtù del Totale item popolo elitismo politica popolo 1 14 7 0 3 24 2 0 21 2 0 23 3 2 0 1 18 21 4 2 10 8 2 22 5 3 22 2 6 33 6 19 8 1 3 31 7 2 0 8 2 12 11
8 9 21 0 4 34 9 3 12 4 1 20 10 0 1 17 3 21 11 1 5 3 0 9 12 1 2 2 22 27 13 21 2 1 6 30 14 1 1 4 7 13 15 22 7 0 5 34 16 2 2 1 25 30 17 23 2 0 4 29 18 1 3 2 1 7 19 1 15 3 0 19 20 0 18 2 0 20 21 0 1 18 0 19 22 2 23 2 2 29 23 1 0 0 22 23 24 0 10 5 0 15 In sintesi, l’esercizio metodologico è stato particolarmente vantaggioso confermando, da una parte, la corrispondenza tra la maggioranza degli indicatori scelti e le dimensioni individuate e dando la possibilità, dall’altra, di valutare l’opportunità di operare un’ulteriore selezione di un insieme più ristretto di domande, elemento questo fondamentale per l’efficacia del questionario che si andrà a realizzare nell’inchiesta DISPOC-GFK. L’esercizio è stato utile, inoltre, per avviare la discussione finale i cui commenti sono riportati nella Tabella 4. Nella stessa è’ indicato, oltre al contenuto dei commenti, anche l’autore e il tema o l’intervento della Parte 1 a cui questo si riferisce. Tabella 4. Proposte di approfondimento e commenti Tema o Intervento Commento e Autore Populismo e Rizzi: Particolarmente rilevante per questi studi empirici è il problema della Antipopulismo: definizione di populismo (vedi commenti generali sotto). l’evoluzione del dibattito Davide Angelucci (con Bianchi: Nel caso italiano, alla tradizionale contrapposizione verso le élites politiche se ne è aggiunta una nuova, che corrisponde all'introduzione del Maria Giovanna Sessa e termine denigratorio ‘buonisti’, molto frequente in rete, che meriterebbe uno Gianluca Piccolino) studio specifico. Il termine include tutti coloro che hanno un atteggiamento pro-immigrazione ed identifica forse una élite culturale contrapposta alla "volontà del popolo". Vi rientrano ONG, parroci impegnati (includendo financo il papa), politici e attivisti di sinistra. Gli stereotipi sui buonisti sono: ipocrisia; l’uso di sole parole e nessun aiuto concreto ai migranti; tornaconto personale o della propria parte politica; atteggiamento anti-italiano; disinteresse per i problemi degli italiani bisognosi; distacco dalla realtà; distacco dalla volontà del popolo. Aspetti sintattici e Verzichelli: Il concetto di ‘othering’ che emerge come “invenzione” del pragmatici del dibattito linguaggio (populista e xenofobo) dei nostri giorni, è forse il punto di online su minoranze e collegamento di potenziali e utili ricerche inter-disciplinari. Sono interessato a immigrazione sapere dai linguisti a quali espressioni e a quale livello di elaborazione culturale si lega di più. Ma si possono immaginare domande più ampie e che Valentina Bianchi (con possono coinvolgere altri studiosi su cosa spiega l’attitudine all’othering. Alison Duguid). Populismo, cascate Verzichelli: Approccio affascinante. Vedo singole implicazioni che già Giovanni 12
informative e fake news ha menzionato (i semiologi per lo studio di espressioni e immagini, i filosofi Giovanni Gozzini. per le implicazioni etiche, ecc.) ma anche un’agenda di ricerca autenticamente inter-disciplinare. Soprattutto, vedo bene le competenze di Giovanni (e di altri) per avviare un programma disseminativo di “diagnosi-cura” rispetto ai danni da “superinformazione” che il DISPOC dovrebbe sviluppare in termini di pratiche di civic engagement (vedi commenti generali). Paul Corner potrebbe essere un partner importante per il suo lavoro attuale (sta scrivendo un manuale sulla diffusione di pregiudizi tipo “si stava meglio quando si stava peggio”). La presentazione era volutamente “saltabeccante” e provocativa. Da politologo mi piacerebbe discutere di più dell’ipotesi iniziale (come le cascate informative minano la democrazia) tirando appunto alcuni fili specifici (e quindi rimanendo tra USA ed Europa) per trovare dimostrazioni sistematiche. Battente: Il populismo essendo un contenitore assai vasto e sfumato per non dire ambiguo e generalizzato necessita di categorie semplici e facilmente gestibili per rivolgersi ad un 'ampia platea che vi si possa riconoscere. Un po' come le televisioni generaliste, in cui c'è tutto ed il suo contrario (il paragone non è del tutto casuale a ben pensarci). Un vettore in cui alcuni valori cardine e il populismo spesso si sono mossi è, ad esempio, lo sport che semplificando riesce ad accomunare l'idea di popolo, di passione di unione. L'uso politico dello sport associato al populismo potrebbe essere altro elemento di interesse potenziale. Populismo/euroscettici Cutolo: Interessante la prospettiva comparata con realtà come quelle africane. smo in prospettiva Il caso della Costa D’Avorio, dove gli studi antropologici e politologici mettono storica, in evidenza un approccio che in Europa giudicheremo populista ma che in Daniele Pasquinucci. quella realtà giudichiamo semplicemente anti- o post-colonialista. Bianchi: L'assunzione del popolo come aggregato sociale omogeneo, portatore di valori stabili, viene fatta anche (o forse: soprattutto) attraverso meccanismi di stereotipizzazione e di othering di gruppi identificati come estranei. Posso contribuire su questo punto con una specificazione dei meccanismi linguistici in gioco (alcuni c'erano nei materiali che ho presentato: ‘NOI’ generico, “LORO” generico, ‘QUESTA GENTE’; un altro meccanismo linguistico, molto studiato, è la creazione di termini denigratorio, come, ad esempio: ‘sinistroidi’, “PDioti”) Battente: Potrebbe essere interessante capire se chi oggi è definito come populista o si definisce tale ha la consapevolezza di cosa sia populismo. Nello specifico, in una prospettiva diacronica spesso si accosta l'idea di populismo con il nazionalismo o con il fascismo per rimanere al caso italiano. Ebbene non necessariamente il nazionalismo storico aveva caratteristiche che si sposerebbero con quello che oggi viene definito populismo. Quindi una riflessione in tale direzione (ovviamente è molto generica formulata in tal modo) potrebbe essere utile. Le dimensioni del Lumer: Il sovranismo di coloro che si scagliano contro le élite, il sapere, la sovranismo populista scienza, etc. ha una sola dimensione. Rossella Borri (con Linda Bianchi: Mi interesserebbe capire meglio come avete identificato i macro-temi Basile e Luca Verzichelli) attraverso l'analisi fattoriale: vedo un collegamento possibile con la mia annotazione delle “Question Under Discussion”. L'assunzione del popolo come aggregato sociale omogeneo, portatore di valori stabili, viene fatta anche (o forse soprattutto) attraverso meccanismi di stereotipizzazione e di othering di gruppi identificati come estranei. Posso contribuire su questo punto con una specificazione dei meccanismi linguistici in gioco (alcuni c'erano nei materiali che ho presentato: ‘NOI’ generico, ‘LORO’ generico, “QUESTA GENTE”; un altro meccanismo linguistico, molto studiato, è la creazione di termini denigratorio, come, ad esempio: ‘sinistroidi’, ‘PDioti’) Nel caso italiano, alla tradizionale contrapposizione alle élites politiche se ne è aggiunta una nuova, che corrisponde all'introduzione del termine denigratorio 13
‘BUONISTI’, molto frequente in rete, che meriterebbe uno studio specifico. Il termine include tutti coloro che hanno un atteggiamento pro-immigrazione ed identifica forse una élite culturale contrapposta alla "volontà del popolo". Vi rientrano ONG, parroci impegnati (includendo financo il papa), politici e attivisti di sinistra. Gli stereotipi sui buonisti sono: ipocrisia; l’uso di sole parole e nessun aiuto concreto ai migranti; tornaconto personale o della propria parte politica; atteggiamento anti-italiano; disinteresse per i problemi degli italiani bisognosi; distacco dalla realtà; distacco dalla volontà del popolo. Generale/ altri temi Sulla definizione di populismo Rizzi: Il punto centrale è verso dove spingere la nostra definizione di populismo. Quali sono i fenomeni realmente definibili come tali? Questo intervento apre un ampio dibattito: Isernia: si tratta di un essentially contested concept (De Galie 1955). Mugnaini: è necessario distinguere le definizioni diverse adottate nel tempo e nei differenti contesti. Le dimensioni che abbiamo analizzato nell’esercizio sono relative ad una concezione contestuale e contemporanea che non tiene conto della storia e delle culture. Come possiamo distinguere tra una nozione di populismo fortemente denigratoria da un concetto non riprovevole e da analizzare in modo più laico? Bonini concorda con Fabio Mugnaini sulla necessità di uno sguardo storico sul fenomeno del populismo, per poterne dare una definizione che tenga in conto delle molteplici forme assunte nel tempo. Le definizioni di populismo sono cambiate nel corso del novecento, il populismo come fenomeno storicamente ricorrente, potremmo quasi parlare di "populistic waves". Da una verifica su Google Ngram Viewer (il motore di ricerca di Google che fa ricerche per parole chiave all'interno di una biblioteca di milioni di libri digitalizzati: https://books.google.com/ngrams) si vede come la parola ‘populism’ abbia avuto una crescita costante tra gli anni '60 e '90, per poi decrescere fino al 2008. Il dato sembra in contro-tendenza rispetto all'analisi del contenuto sulla stampa degli ultimi vent'anni, mostrataci dai due ricercatori. In sintesi, se a prima vista il populismo sembra un fenomeno in crescita, adottando uno sguardo di "lunga durata", ne scopriamo la sua dimensione ciclica. Sulle dimensioni della misurazione del populismo Nannini: Intervento sui limiti di uno studio empirico da condurre solo attraverso i sondaggi di fenomeni così complessi. Uso di approcci alternativi come l’analisi del contenuto di discussioni online e nelle reti sociali. Lumer: Le nostre quattro dimensioni sono sovrapponibili. Inoltre, dove collocare il populismo come critica all’epistemologia? Il popolo come detentore della verità non necessita della conoscenza scientifica: allora i populisti sono anti-scientisti? Questo ridurrebbe molto il loro perimetro. Del Panta: la visione Manichea, centrale nella letteratura del populismo, è in realtà nel nostro schema una sottodimensione dell’essere “anti- establisment”. Marzi: una caratteristica dei così detti attori “populisti” in politica è l’attitudine a non confondersi con gli altri attori politici. Questo è un effetto della dimensione “anti-élite” o “anti-establishment” ma in taluni esempi (vedi M5S) una precisa scelta a non accettare il compromesso (e quindi il concetto di ‘concertazione’, ‘coalizione’, ‘consensus-sharing’). Questo aspetto potrebbe essere affrontato da alcune domande? 14
Berti: nel nostro schema mancano i “valori”. Vi sono dei contro-valori, in positivo a cui la galassia dei populisti fa affidamento? Altri commenti Battente: Vi sono molte aree ed “oggetti” connessi alla tematica del populismo che possiamo condividere. Personalmente, per interessi di ricerca mi sento ovviamente più vicino ai temi di Daniele e Giovanni. Per questo individuo (vedi commenti sopra) delle possibili aree di ricerca comuni ma l’approccio interdisciplinare applicato a temi come populismo e sport, oppure populismo e nazionalismo interessa ovviamente molti altri studiosi. Qui mi limito a dei commenti finalizzati alla ricerca di dimensioni e definizioni di un progetto già strutturato ma spero che vi siano spazi per ulteriori linee autenticamente condivise. Verzichelli: Il DISPOC avrà in un lasso di tempo breve un materiale unico e le competenze interdisciplinari per parlare a larghe audience di cosa è oggi il populismo nelle sue varie accezioni, in modo asettico e avalutativo. Ma studiando le dimensioni critiche e le conseguenze del populismo possiamo anche isolare i dati che mostrano le derive autoritarie, i punti di contatto con il giustificazionismo ed il negazionismo, la propaganda antiscientista ecc. Il DISPOC deve sviluppare un programma di civic engagement nel quale far convergere le attività di quanti più ricercatori possibile, per mostrare che è possibile trovare un accordo “tra cittadini” su alcun valori, da proporre “fuori” alla comunità reale. Post firmato: Tra i temi dell’indagine aggiungerei i rapporti tra populismo e dimensione epistemica. Gli studi su fake news presentati mi sembrano solo in chiave di critica politica (il popolo contro le élite, le fake news e i cospirazionisti, l’uso non democratico dei social media). Vi è anche il convincimento di una diversa capacità epistemica: la verità della “maggioranza” contro la scienza, contro il sapere codificato. Conclusioni Quello dell’analisi delle cause, delle conseguenze, e delle “vie di uscita” dal populismo è un autentico banco di prova per la ricerca interdisciplinare, come mostrano anche gli studi che si sono succeduti negli ultimi anni e come le tante “calls” internazionali per il finanziamento della ricerca richiedono. Benché il passaggio verso una dimensione realmente interdisciplinare della ricerca richieda azioni ben più convincenti ed impegnative, il Workshop ha dimostrato l’esistenza di uno spazio di ricerca e di confronto molto ampio, e soprattutto la fattiva volontà di cooperazione all’interno della piccola comunità del DISPOC. Il primo elemento da porre al centro del progetto comune di collaborazione concerne il lavoro necessario di analisi e di “riduzione della complessità” attorno al concetto di populismo e ad altri ad esso collegati. In questa direzione, la discussione in corso del DISPOC sulla definizione di populismo e delle sue proprietà attraverso un lavoro approfondito sulle dimensioni è prova di un livello di interazione già sperimentato e promettente. Questa discussione può proseguire seguendo altre linee fondamentali, tra le quali: • Un approfondimento dei significati che il termine ‘populismo’ ha assunto nella storia e a livello comparato per l’individuazione delle proprietà chiave assunte nell’epoca 15
odierna e se tale concetto può essere applicato a sistemi politici differenti. Questo compito richiederà inevitabilmente la collaborazione per esempio tra le differenti componenti storiche, sociologiche, politologiche e linguistiche del DISPOC. • Un approfondimento della letteratura metodologica sul tema, accumulando evidenza ulteriore su come tali proprietà sono state trasformate in indicatori da utilizzare nelle indagini di opinione. Il Workshop ha suggerito già alcune criticità nelle dimensioni proposte dai contributi analizzati durante l’esercizio metodologico svolto nella seconda parte. In questo senso il panel telematico GFK darà la possibilità di valutare quantitativamente le diverse dimensioni a livello individuale. Un secondo elemento centrale nel progetto comune circa le attitudini populiste dei cittadini concerne tanto le loro determinanti così come le loro conseguenze a livello sociale e politico. In questo senso è necessario l’avvio di un ampio dibattito sui potenziali correlati sociali economici e politici. Inoltre, è importante valutare se e in quali forme i media abbiano un ruolo nel favorire queste attitudini. In questo senso, di nuovo, il panel telematico GFK potrà essere d’aiuto, consentendo la raccolta dei consumi mediali dei partecipanti all’inchiesta che verranno poi successivamente combinati con quelli d’opinione. Inoltre, per quanto riguarda le azioni e le strategie da condividere, la discussione durante il Workshop ha messo in evidenza le seguenti proposte e prospettive, ad esempio, la necessità di avviare: • Una discussione collettiva dei readings e del materiale necessario da condividere al fine di perfezionare il quadro di riferimento teorico di alcune linee di ricerca emerse nel dibattito (analisi delle concezioni di populismo nella storia; analisi comparata del suo significato in contesti e culture diversi; etc.). • Una discussione collegiale sui dati relativi ai fenomeni collegati alla nozione di populismo (successo elettorale dei partiti populisti, diffusione del discorso populista, etc.). • Una condivisione più ampia possibile rispetto alla compilazione del questionario che sarà alla base dell’inchiesta DISPOC-GFK sul tema e che si svolgerà nel periodo 2019- 2021 in tre rilevazioni distinte. • Una condivisione di basi di dati e di fonti con il fine di sviluppare lavori con un taglio inter-disciplinare su estensione e portata dei fenomeni in oggetto (es. analisi del discorso populista, ‘othering’, atteggiamenti connessi a logiche cospirazioniste, diffusione delle fake news, etc.) Le proposte appena discusse e le direzioni di ricerca contenute nello scambio costituiscono soltanto un primo tentativo di interazione. A sostegno di ulteriori iniziative sarà anche necessaria una piena collaborazione all’interno del DISPOC rispetto alla condivisione di metodologie e approcci per l’analisi del tema ‘populismo’ e l’organizzazione di nuovi incontri e seminari per lo scambio di conoscenze tra le varie componenti del dipartimento. 16
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