DEMOCRAZIA DI BILANCIO E GOVERNO DELLE FINANZE PUBBLICHE NELLA STORIA DEL BUDGETING PUBBLICO

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                                                                                                      No 752
Società italiana di
                                                                                                   aprile 2020
economia pubblica

      DEMOCRAZIA DI BILANCIO E GOVERNO DELLE FINANZE PUBBLICHE
               NELLA STORIA DEL BUDGETING PUBBLICO

                              Antonio Di Majo, Università Roma Tre

       JEL Classification: H61

       Keywords: Istituzioni di bilancio, Politiche di bilancio, democrazia di bilancio

                                     società italiana di economia pubblica

                      c/o dipartimento di scienze politiche e sociali – Università di Pavia
Democrazia di Bilancio e Governo delle Finanze pubbliche

                                    nella storia del Budgeting pubblico

                                                   Antonio Di Majo*

                                                       Sommario

        Il saggio ripercorre i caratteri salienti della storia delle Finanze Pubbliche del mondo occidentale con
particolare riguardo al processo di formazione, stesura e approvazione dei Bilanci Pubblici al fine di spiegare
l’evoluzione generale del “Budgeting pubblico” (nei suoi aspetti procedurali e sostanziali). La trattazione
diacronica si incentrerà sulla complessa interazione tra situazione economica, scelte di politica di bilancio e
sintesi degli interessi provenienti dalla società civile, utilizzando opportune chiavi di lettura a seconda delle
diverse priorità attribuite al bilancio nel corso del tempo. Il saggio si conclude con una riflessione sulla recente
importanza della Fiscal Consolidation e sul relativo significato in termini di politiche macroeconomiche di
bilancio.

        JEL-Codes: H61

        Keywords: Istituzioni di bilancio, Politiche di bilancio, democrazia di bilancio

* Professore Emerito di Scienza delle Finanze, Dipartimento di Economia, Università degli Studi Roma Tre.
Email: antonio.dimajo@uniroma3.it. Indirizzo: Via Silvio D'Amico, 77, 00145 Roma RM.
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1.      Introduzione

       L’utilizzo di risorse economiche attraverso meccanismi di decisione diversi da quelli
di mercato caratterizza la vita delle comunità umane. La condivisione collettiva di questo
tipo di decisioni (nell’ambito di organismi territoriali dotati di sovranità) si evolve nel corso
di un lungo periodo di tempo (con ritmi e modalità spesso diversi da paese a paese) a partire
dal Medio Evo, e si compie, dal punto di vista delle regole della partecipazione generalizzata
dei cittadini degli Stati democratici, nel secolo scorso. La organizzazione di questo tipo di
scelte motiva la nascita del Tax State 2 che si fa coincidere simbolicamente con la
concessione, nel Duecento, della Magna Carta da parte del sovrano inglese.

       Si tratta della storia delle Finanze Pubbliche del mondo occidentale 3 che, con la
graduale estensione dei poteri di decisione, ha sperimentato l’evoluzione di procedure
sempre più complesse di regolazione dell’attività finanziaria pubblica - in particolare la
formazione, la stesura e l’approvazione dei Bilanci Pubblici - che quelle decisioni riassumono
e classificano nei loro valori monetari: le connesse regole (di natura, o quantomeno di
origine, legislativa) ne disciplinano i molteplici aspetti4riassumibili in borrowing, taxing
and spending5.

       In un recente volume di ricerche storiche sulle Finanze Pubbliche si enfatizza la
necessità di più approfondite indagini “on the relationship between public finances, fiscal
administration and politics…” poiché “public finances serve as a “hinge” between the state,
the economy and society”6. Questo “cardine” (hinge) indica che la storia dei cambiamenti
della Tassazione, della Spesa e del Debito pubblico può essere compresa solo assumendo
una prospettiva di analisi simultaneamente economica, politica e sociale, e considerando i
mutamenti demografici e tecnologici.

       Oggetto delle riflessioni di questo lavoro è l’evoluzione generale del Budgeting
pubblico (nei suoi aspetti procedurali e sostanziali), le cui caratteristiche variano, tra l’altro,

2 Schumpeter J. (1918).
3 Mirabilmente analizzata in dettaglio in Webber C., Wildavsky A. (1986).
4 Come viene illustrato, tra l’altro, nei manuali di Scienza delle Finanze e di Contabilità Pubblica,

rispettivamente con ottiche diverse, cui si rimanda.
5 Webber C., Wildavsky A. (1986, p.18) osservano anche: “Budgeting is concerned with translating financial

resources into human purposes. Since funds are limited and have to be spent on different purposes,
budgetary processes are mechanisms for making economic and political choices.”
6 Buggeln M., Daunton M., Nutzenadel A. (2017), p.25.

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nell’interazione con la politica i cui obiettivi sono connessi con la crescita e le “rivoluzioni”
del sistema produttivo e anche con le mutazioni delle preferenze e dei rapporti di forza sulla
distribuzione delle risorse tra individui e ceti sociali.

       Si può tentare di individuare, nell’arco di una lunga storia, diverse fasi, con rilevanti
sovrapposizioni, nell’evoluzione del Public Budgeting, spiegate dalla dinamica di alcune
determinanti principali:

       1) La costruzione della “democrazia di bilancio”, che si realizza gradualmente, ma
anche con “salti rivoluzionari”, tra il Medio Evo e il primo ventennio del 1900, con la
divisione dei poteri (principalmente tra esecutivo e legislativo), in presenza di una continua
crescente influenza degli apparati amministrativi (la “burocrazia del bilancio”).

       2) La scoperta, la teorizzazione e l’attuazione della “Fiscal Policy”, ossia l’utilizzo di
rilevanti relazioni macroeconomiche tra il governo della Finanza Pubblica e l’andamento
non solo ciclico del sistema economico, approssimativamente tra gli anni Trenta e la prima
metà degli anni Settanta del Novecento.

       3) La ricerca di meccanismi di allocazione e amministrazione efficiente (anche
attraverso regole di budgeting), che assume particolare rilevanza anche economica a partire
degli anni Sessanta del Novecento, quando la spesa pubblica, per la prima volta, supera, in
tempo di pace, il terzo del PIL in tutti i paesi sviluppati dell’Occidente. Da allora si
diffondono varie e diversificate riforme nelle normative e nell’amministrazione del bilancio
pubblico per cercare di garantire una più efficiente allocazione complessiva delle risorse del
sistema economico, oltreché offrire metodi (PPBS, Zero-Based Budgeting, ecc.) validi anche
per un miglior governo amministrativo del settore pubblico. Il potere della “burocrazia del
bilancio”, fondato in buona parte sul possesso delle informazioni finanziarie dettagliate su
spese, entrate e debiti pubblici, diventa sempre più decisivo nell’orientare le scelte di
bilancio dei Governi e dei Parlamenti. I tentativi di adottare metodi “pseudo oggettivi” di
valutazione dell’efficienza e dell’efficacia delle variazioni delle poste del bilancio si rivelerà
in larga misura deludente negli esiti (rispetto alle attese teoriche), contribuendo a far
prevalere nei tempi più recenti, nel governo delle Finanze pubbliche, la ricerca prioritaria
di risultati misurati da valori delle grandezze complessive (totale della spesa, del prelievo
tributario, saldi) del bilancio e dello stock di debito pubblico.

       4) Negli anni Settanta del secolo scorso (con l’abbandono del sistema monetario
voluto a “Bretton Woods” nel 1944, le crisi petrolifere, la liberalizzazione dei movimenti
finanziari internazionali) si delinea, nei paesi sviluppati dell’Occidente, secondo la
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definizione di un recente studio 7 , una “New Fiscal Constitution”, che sembra chiudere,
almeno in tema di priorità politiche, il tragitto che (prescindendo dai debiti pubblici in ogni
epoca connessi con la Finanza di guerra) dal “Tax State”, passando attraverso il “Debt
State”, per ora sbocca, come si vedrà, in quello che viene definito il “Fiscal Consolidation
State”8.

         Negli effetti, la “Fiscal Consolidation” è talvolta associata (in particolare per i paesi
della UE) al ruolo assegnato alla Finanza pubblica dall’Economia Sociale di Mercato, ma in
realtà le motivazioni e le esigenze cui risponde sono, come si vedrà, più ampie. Più di recente,
le conseguenze della crisi finanziaria internazionale del 2008 si fanno sentire nell’utilizzo
del Bilancio pubblico e nelle discussioni sulle riforme del Budgeting. Si può ritenere che sia
in discussione il “Myth of Fiscal Control” delle democrazie rappresentative9: i poteri delle
Assemblee rappresentative in materia di bilancio sarebbero stati diffusamente ridotti,
attraverso l’evoluzione dell’ultimo secolo, in favore dei Governi, ma anche delle burocrazie
del budget, che “di fatto” li esercitano concretamente in vasta e varia misura.

        Questo lavoro percorre le vicende storiche del Budgeting pubblico nei suoi aspetti
concernenti i rapporti esecutivo/legislativo (avendo presenti, ma non affrontando, la
parallela evoluzione degli altri poteri, principalmente la “burocrazia”, ma anche, ad esempio,
le lobbies) nell’interazione con le esigenze del governo macro delle Finanze pubbliche.

7 Buggeln M., Daunton M., Nutzenadel A. (2017), p.16 ss.
8 Definizione di Streeck W. (2014), p.143-164. Blyth M. (2013), nell’Introduzione a un suo recente libro, osserva
che “growth friendly fiscal consolidation” (espressione usata in comunicati ufficiali di organismi
internazionali) “is a fancy way of saying austerity”, come si vedrà più avanti.
9 Wehner J. (2010).

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2.Il governo della Finanza pubblica nell’età moderna: gli stati assoluti e i
prodromi della “democrazia di bilancio”

       Se si eccettuano i casi di alcune città–stato europee (ad esempio il Comune di
Firenze 10 ), la partecipazione diffusa alle decisioni di finanza pubblica non è altrove
conosciuta nel periodo medioevale. Se si passa all’età moderna, con la formazione delle
grandi monarchie l’accentramento dei poteri nel sovrano si esercita in maniera assoluta nel
campo finanziario11. La raccolta di informazioni sulle entrate e sulle spese pubbliche e la
compilazione di documenti contabili sono presenti, ma solo per l’esigenza fondamentale di
informazione e rendicontazione, da parte degli esecutori finanziari, nei confronti del
“sovrano”. Il potere del Re di prelevare coattivamente risorse (power to tax) incontra il solo
limite delle reazioni dei contribuenti, che potrebbero sfociare in ribellioni. I governi
“assoluti” temono soprattutto gli aristocratici che vogliono partecipare, per mantenere o
accrescere i loro privilegi, alle scelte di prelievo e di spesa delle risorse collettive. In
Inghilterra, con l’approvazione nel 1215 della Magna Carta, in epoca medioevale
l’aristocrazia conquista il “diritto al bilancio”, ma in forma molto limitata: le esigenze di
tassazione del sovrano devono confrontarsi con gli interessi dei baroni, che hanno il potere
di approvarle o respingerle sulle base di scarne informazioni: si è molto lontani dai moderni
“processi di bilancio”. In altri paesi assemblee di rappresentanti di sudditi “privilegiati”
vengono gradualmente costituite (gli Stati generali e i Parliaments dell’Ancien Régime, le
Cortes, ecc.). Esse hanno in realtà funzioni poco più che consultive e si riveleranno, per molti
secoli, assai poco conflittuali nei confronti dei sovrani assoluti, legittimando “a comando” (e
quando, talvolta solo per evitare possibili ribellioni, sono convocate) le scelte di prelievo e di
spesa del sovrano. La loro composizione, anche quando è estesa oltre la nobiltà e il clero, è
decisa dal sovrano e i loro membri sono resi docili con vari mezzi, inclusa in Francia la loro
“nobilitazione” con il privilegio dell’esenzione dai tributi.

       In questa epoca, quindi, il budgeting riguarda i rapporti tra il sovrano e i funzionari
incaricati di eseguire il bilancio, che debbono solo a lui fornire le informazioni necessarie.
Come osserva Puviani12: “Mancò per lungo tempo l’uso di metodi adatti alla formazione di
uno specchio unitario e regolare delle entrate e delle spese pubbliche … E’ bensì vero che

10 Ricca Salerno G. (1910), p.100.
11 “Political absolutism is synonymous with centralization. No longer peripatetic feudal monarchs
successfully asserted power over peripherical elements in society to enhance their control” (Webber C.,
Wildavsky A., 1986, p.235)
12 Puviani A. (1973, originariamente 1903), p. 56 ss.

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assai di buon’ora chi amministra il pubblico denaro è sottoposto a norme speciali, ha
l’obbligo di tenere nota in appositi libri dei fatti amministrativi compiuti, è sottoposto al
controllo di autorità gerarchiche. Ma manca la pratica di riassumere e di ordinare in un
generale prospetto le entrate e le spese.” Le tecniche contabili evolvono secondo le esigenze
del Principe: vengono gradualmente limitate le autonomie delle numerose casse in cui è
ripartita la gestione del danaro “pubblico”, ma si mantiene la pratica di presentare i conti al
netto (entrate disponibili al Principe al netto di spese non solo di riscossione, ma anche di
carattere locale e di interesse dei potentati locali) e non si conosce l’attribuzione delle entrate
e delle spese ad un esercizio finanziario. Un connotato fondamentale dei conti pubblici è la
loro segretezza, tanto più apprezzata dal Principe quanto più siano accurati13. In Francia gli
Stati generali, a fine Cinquecento, provarono, ad opera del Terzo Stato, a chiedere
formalmente che le spese e le entrate fossero ciascun anno approvate per capitoli e articoli
(per ragioni di trasparenza), ma ovviamente senza alcun risultato 14 . I monarchi non
costituzionali ritenevano loro privilegio disporre dei tributi dei sudditi, spendendo a loro
piacimento il danaro raccolto e questa attività finanziaria non doveva essere conosciuta, nel
suo complesso e nelle sue articolazioni: “…una piena notizia dei conti pubblici nel loro
complesso, prima della proclamazione delle moderne Costituzioni, fu impedita da un gran
numero di istituti e pratiche; e tali furono: il metodo contabile della pluralità delle casse e
poscia la confezione incompleta del conto generale colla produzione delle entrate al netto e
colla loro ripartizione in esercizi di incerta estensione; il segreto imposto agli ufficiali … e ai
loro addetti; … la corruzione dei membri incaricati di consentire le imposte; il privilegio di
questi membri e dei corpi incaricati del controllo; la mancanza di un’organizzazione
unitaria fra questi ultimi ;… infine i divieti fatti di occuparsi con stampe di cose finanziarie
e le punizioni a coloro che si opponessero alla politica tributaria del Principe”.15

        Come si è detto, con l’approvazione della Magna Carta nel regno inglese venne
formalizzata la sottomissione del Sovrano al Parlamento (dei Lords) in materia di finanza
pubblica: “by establishing the principle that the king must obtain his subjects consent
before he could levy new taxes, the barons declared that, like all other men, the king was

13 “Chi maneggiava il denaro pubblico e chi controllava la gestione finanziaria ebbe l’obbligo di mantenere il
segreto su ciò che vedeva” (Puviani A.,1973, p.63).
14 “Il Re aveva sentito la necessità di compilare uno “stato” di tutte le spese annuali e ne aveva incaricato l’ufficio

del controllo generale delle finanze, dove erano centralizzati più o meno completamente i documenti contabili.
Poi, lo “stato” preparato dall’ufficio del controllo generale era esaminato dal Consiglio del re; una volta
approvato da questo in modo definitivo, diveniva ciò che si chiamava état du vrai e faceva legge per le camere,
che erano obbligate a conformarvisi” (idem, p.67)
15 Puviani A. (1973), p. 79, corsivo mio.

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subject to law”16. La limitazione riguardava formalmente solo il power to tax17 e i re inglesi,
come gli altri sovrani europei, per alcuni secoli riuscirono ad evitare il controllo diretto sulle
loro spese (che comprendevano indistintamente quelle private del sovrano e quelle che oggi
definiamo pubbliche, ossia dello Stato, ad esempio per la difesa) finanziandole anche con il
ricorso al credito, nella consapevolezza che, quando si sarebbe dovuto rimborsarlo, il
Parlamento sarebbe stato convinto ad autorizzare il necessario aumento dei tributi. Trovare
finanziatori si rivelava normalmente agevole, poiché “lending to the kings was profitable
business when from 25 to 50 per cent interest was repaid with the principal” 18 . Il
finanziamento in debito (oltre che con la limitata creazione di moneta allora possibile) era
una pratica molto diffusa presso i governi del tardo medioevo e dell’età moderna19.

       Gli effetti pratici del sistema della Magna Carta sul controllo parlamentare dei poteri
finanziari del sovrano inglese erano molto limitati, rispetto a quanto sarebbe avvenuto in
epoche più recenti, ma il “power to tax” rappresentò il passo necessario per la crescita del
potere parlamentare in materia di finanza pubblica, e delle connesse e sempre più complesse
procedure del moderno budget dello Stato, e da allora è connotato fondamentale dello Stato
democratico.

       3. Le conseguenze delle “grandi” rivoluzioni borghesi europee

       Nel regno inglese, “nobles’ control of the state’s financial apparatus weekened
during seventeenth-century Puritan Revolution”                20   , ma una decisa (per i tempi)
democratizzazione delle Finanze pubbliche si ottiene solo con la Glorious Revolution, che
nel 1689 riaffermò inequivocabilmente il potere del Parlamento sul prelievo coattivo e
consentì di estenderlo gradualmente a tutti gli aspetti della finanza pubblica. La
“Rivoluzione” (che precedette di un secolo quella molto più violenta in Francia) costrinse i

16 Webber C., Wildasky A. (1986) p.175.
17 Nelle parole della Magna Carta: “No scutage or aid may be levied in our kingdom without its general
consent” (Wehner J., 2010, p.3).
18 Idem, p.193.
19 “Foretelling the future, the north Italian communes financed government partly by borrowing, then funded

and managed their debt in an orderly fashion” (idem, p.203).
20 Webber C., Wildavsky A. (1986), p. 210.

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sovrani, William III e Mary II, a emettere il Bill of Rights che stabiliva “That levying money
for or to the use of the Crown by pretence of prerogative, without grant of Parliament, for
longer time, or in other manner than the same is or shall be granted, is illegal”. Qualche
anno più tardi, nel 1698, il Parlamento approvò il Civil List Act, che stabilì che la “Corona”
fosse finanziata con 700 mila sterline annue (prelevate dal gettito tributario) per far fronte
ai costi “of civil government and the royal establishment”21, ossia le spese (diverse da quelle
per la difesa) del governo centrale e quelle di mantenimento della famiglia reale. Nel corso
del secolo successivo il Parlamento inglese raramente respinse le ulteriori richieste di
finanziamento dei Sovrani. Tuttavia, “by requiring the king’s ministers to come before
it…the legislature maintained the principle of independence and guarded its autonomy
against resurgence of royal absolutism” 22 . La conquista piena della “democrazia di
bilancio” nella monarchia britannica richiese molto tempo: il Parlamento conquistò
gradualmente gli strumenti per potere esercitare il completo control delle spese pubbliche.
Nel corso del Settecento venne spezzata la diffusa consuetudine di legare il gettito di certi
tributi a particolari spese. Con la creazione, nel 1787, del “Consolidated Fund” si stabilì il
principio, ora rispettato in tutte le democrazie, dell’unità delle voci del bilancio dello Stato.
Nel periodo dominato dallo spirito della “Glorious Revolution” (seconda metà del Seicento,
prima parte del Settecento) le nuove tendenze favorirono la spontanea formazione di
funzionari esperti nel campo delle finanze pubbliche che, tra l’altro, sperimentarono nuove
procedure23. In particolare: “By drawing up estimates of expenditures and balancing them
against proposals for taxes, William Loundes…effectively created the first parliamentary
budget”24. Va ricordato che nella prima metà del Settecento (1742) si ebbe il primo voto di
sfiducia parlamentare (dei Commons) contro Sir Robert Walpole (colui che per primo
ricoprì la carica di Primo Ministro del Regno), in materia diversa dal Budget, ma che avrà
conseguenze durature sul budget process di questo Paese.

        Un secolo dopo, la Rivoluzione Francese, con cruda violenza, rovescia la Monarchia
e instaura una Repubblica, le cui caratteristiche hanno influenzato, in varia misura,
l’evoluzione successiva di molti Stati. In materia di Finanza pubblica, l’Assemblea
Costituente rivoluzionaria approva nell’ambito della “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e
del cittadino” il principio secondo cui: “Tutti i cittadini hanno il diritto di constatare, da loro

21 Wehner J. (2010), p.4.
22 Webber C., Wildavsky A. (1986), p.286.
23 “Sidney Godophin-First Lord of the English Treasury under four monarchs before and after the Glorious

Revolution-represents the pragmatic administrator who implements new programs.” (Idem, p.243).
24 Idem.

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stessi o mediante i loro rappresentanti, la necessità della contribuzione pubblica, di
consentirla liberamente, di seguirne l’impiego e di determinarne la quantità, la ripartizione,
l’esazione e la durata” e inoltre: “la società ha il diritto di chiedere conto a tutti gli agenti
pubblici della loro amministrazione” 25 . Questi caratteri fondanti individuano un primo
obiettivo dell’organizzazione dei bilanci e dei loro processi di approvazione e controllo,
quello di consentire scelte finanziarie alla generalità dei cittadini, ove possibile informati e
consapevoli. Come si è osservato per il Regno inglese, le tecniche contabili alla base dei
bilanci pubblici avevano vissuto una lunga evoluzione: si è rilevato che “when early-modern
state officials talked of budgets they often meant proposals for taxes”26, ma già nel Seicento
e Settecento i funzionari si riferiscono, con il termine budgeting, anche alle procedure di
tenuta, esposizione e cura dei registri delle finanze del governo.

        Nel complesso, le acquisizioni permanenti dell’epoca delle principali rivoluzioni
“borghesi” nella finanza pubblica sono legate alle conquiste fondamentali del governo
costituzionale: “the idea of the control of the purse emerged concurrently with legislative
restriction of the sovereign…. The most important idea that emerged… was that state
finance should be public finance”27.

         Oltre un secolo dopo, Nitti può constatare che: “un buon ordinamento del bilancio
non si è raggiunto che lentamente e solo in modo limitato. Or esso ha la più grande
importanza non solo dal punto di vista costituzionale, ma anche dal punto di vista
economico” 28 . Molti furono gli ostacoli da superare perché quell’obiettivo si potesse
considerare sufficientemente avvicinato, tra cui la definizione dei criteri di partecipazione
dei cittadini alle scelte collettive pubbliche. Da questo punto di vista si noti che quasi cinque
secoli sono stati necessari affinché, dopo la Magna Carta, si arrivasse in Inghilterra, con la
ricordata Glorious Revolution, ad avere una Finanza pubblica decisa con l’accordo, non della
totalità e nemmeno della maggioranza, dei “sudditi” di un Regno costituzionale, ma della
maggioranza dei rappresentanti della parte “borghese” del Paese. Lo sviluppo della
democrazia di bilancio richiederà la “conquista” di Camere rappresentative elette con un
suffragio elettorale che si estenderà molto lentamente, limitato da criteri, oltre che di
maggiore età, di censo e/o di istruzione e di sesso, rimossi completamente, in Europa e in

25Traduzione    italiana presa dal sito: unipv.it/storiadoc.
26 Webber C., Wildavsky A. (1986), p.283.
27 Idem, p.296 (corsivo mio).
28 Nitti F.S. (1907), p. 641.

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altri paesi a democrazia liberale, solo nel corso del Novecento 29; questo processo, lungo e
discontinuo, ebbe conseguenze anche sulle dinamiche del livello e della struttura della
tassazione e della spesa pubblica30. La conquista del “diritto al bilancio” comportò anche
una scelta istituzionale fondamentale, quella tra democrazia diretta e democrazia
rappresentativa (entrambe possibili in un assetto democratico dei poteri) nelle scelte di
Finanza pubblica. Anche se ha prevalso, per varie ragioni (anche di praticità, in paesi con
popolazione non esigua) la democrazia rappresentativa, non sono mancati i casi di scelte di
finanza pubblica sottoposte a criteri di democrazia diretta (si pensi alla Confederazione
svizzera e allo Stato della California negli USA)31 . Un’altra Rivoluzione settecentesca (in
realtà nata come guerra di indipendenza), quella nordamericana, è strettamente connessa
con la questione del potere in materia di Finanza pubblica, in particolare di “Tax Power” (No
Taxation without representation è l’imperativo dell’indipendenza dal Re e dal Parlamento
inglese, che non ammette tra le sue file i rappresentanti dei colonists americani). Nel
prossimo paragrafo si vedrà che la costruzione di una “democrazia di bilancio” assumerà
negli USA caratteristiche diverse (che ancora tali permangono in maniera significativa) da
quelle delle democrazie nate dalle Rivoluzioni europee.

29 In Italia solo nel 1945 le donne sono ammesse al voto, diritto che eserciteranno per la prima volta nel
referendum del 1946 che condusse alla nascita della Repubblica.
30 Di Majo A. (2018), cap.3 e la bibliografia ivi indicata.
31 Se la scelta generale, specialmente per le decisioni finanziarie, andò nella direzione della democrazia

rappresentativa, ci sono casi di ricorso a forme di democrazia diretta, come il referendum sulla legislazione
adottata o proposta da assemblee legislative, e in qualche Paese, la formazione di leggi in maniera
complementare, ma in certi stati alternativa, a quella parlamentare, con l’iniziativa e l’approvazione popolare.
In Svizzera l’iniziativa legislativa diretta dei cittadini trova un limite nella possibilità che il Parlamento
risponda con proposte alternative e il risultato finale è normalmente un compromesso tra la proposta dei
cittadini e quella dei loro rappresentanti. Lo Stato della California rappresenta il caso più emblematico della
sopravvivenza di significative forme di democrazia diretta in materia di bilancio pubblico (alternative rispetto
al voto parlamentare) in Stati di non esigua dimensione. Negli anni Settanta del Novecento queste prerogative
popolari originarono una crisi di Finanza pubblica: la possibilità di ballot-box budgeting (approvazione
diretta di leggi di finanza pubblica da parte degli elettori) fu utilizzata nel 1978 con la Proposition 13, che
riguardava la property tax, la principale fonte di entrata degli enti sub statali (le contee e le municipalità). La
legge approvata, su iniziativa e con il voto dei cittadini (non emendabile dall’assemblea dei rappresentanti),
abbassò sia l’aliquota nominale dell’imposta (dal 2,6 all’1 percento) sia gli imponibili (il valore attribuibile agli
immobili a fini tributari), con il risultato che gli enti locali andarono in disavanzo e lo Stato della California
dovette sostituire con trasferimenti il mancato gettito. L’iniziativa, ripetuta in materia di spesa pubblica negli
anni successivi, comportò un disavanzo del bilancio dello Stato, che secondo la Costituzione avrebbe dovuto
mantenere il pareggio, anche perché l’approvazione degli aumenti di imposta, in base alla stessa Proposition
13, avrebbe richiesto da allora in poi una maggioranza dei due terzi dei membri di entrambe le Camere del
Parlamento. Con molta difficoltà nei decenni successivi le finanze statali, ripetutamente andate in disavanzo,
sono state risanate. La riforma del metodo delle Propositions (democrazia diretta) su imposte e spese
pubbliche viene ripetutamente auspicata, come, più limitatamente, la regola dei due terzi dei voti per gli
aumenti di imposta, ma a tutt’oggi la disciplina legislativa dello Stato della California è rimasta immutata.

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4. La formazione e le vicende della democrazia di Bilancio negli Stati
Uniti d’America.

        Conquistata l’indipendenza nel 1776, gli Stati Uniti non hanno un vero Stato centrale
(“federale”) dotato di un sistema appropriato di Finanza pubblica, che verrà realizzato solo
con la Costituzione del 1788. Nel periodo intercorrente tra la conquista dell’indipendenza e
l’approvazione della Costituzione, il Congresso dei Rappresentanti, principalmente a causa
della indisponibilità di poteri tributari, non riusciva né ad affrontare il problema del debito
pubblico accumulato in seguito agli eventi bellici, né a trovare finanziamenti per i progetti
di investimento (strade, ecc.) di portata eccedente quelli deliberabili e gestibili con i poteri
dei singoli stati federati: “Congress continued to ask for voluntary payments from the
states” 32 , ma i trasferimenti degli stati allo Stato centrale erano diminuiti, dopo la
conclusione della guerra, fino al quasi annullamento nel 1787. Nelle discussioni sulla
Costituzione,     nel    corso     della   Convenzione        di   Philadelphia,       si   fronteggiarono,
sull’organizzazione del nuovo Stato, le proposte dei “Federalisti” di Hamilton e quelle dei
Republicans di Jefferson: prevarranno i primi e il Congresso diventerà l’Assemblea
legislativa di un vero Stato, dotato del power to tax (con dazi e imposte indirette), della
possibilità di contrarre debito pubblico e della esclusività nella creazione di moneta. Si
risolve anche il problema della divisione dei poteri dello Stato federale: prevale l’idea che un
“independent executive” è “the very essence of tyranny”33: la guerra di indipendenza era
stata vissuta come una Rivoluzione contro un potere esecutivo sovrano, quello del Re di
Inghilterra.

        Bisognava, però, definire in concreto gli strumenti di governo della finanza federale.
Si ripresentò la divisione tra Hamilton, diventato il 1° Ministro del Tesoro, che aspirava ad
una centralizzazione nell’esecutivo della politica di Finanza pubblica (con la formazione e la
redazione del bilancio) e i Republicans che, oltre a preferire un conferimento di più ampi
poteri ai singoli stati federati, difesero, vincendo questa volta, la “parlamentarizzazione” del
processo di bilancio federale, unica garanzia di realizzazione di una “democrazia di
bilancio”34: “It took over a century before the concept of executive responsibility for budget

32 Brownlee W.E. (2016), p.27.
33 Lo Stato federale venne costruito sul principio “Executive power… nothing more than an institution for
carrying the will of the legislature into effect” (Webber C., Wildavsky A., 1986, p. 389).
34 “The best vantage point for observing the struggle between adherents of executive versus legislative control

of government is in the appropriation process. The nation’s early history records innumerable efforts to
make the Executive dependent on Congress (or at least its committees)” (Webber C., Wildavsky A. 1986, p.
392).
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preparation and execution was largely, though not entirely, accepted”35. Il bilancio veniva
formalmente approvato dal Congresso, in assenza sia del Presidente degli Stati Uniti sia del
Segretario (Ministro) del Tesoro. Le discussioni sulla “sede” della preparazione del bilancio
durarono per tutto l’Ottocento. La legge istitutiva del Treasury Department sanciva che il
Segretario del Tesoro doveva raccogliere le stime annuali dei Dipartimenti di spesa, per
assemblarle e trasferirle al Congresso, senza alcuna variazione e nessun commento. Nel
corso del tempo, con difficoltà, il Governo conquistò qualche potere, come nel 1820, quando
il Presidente fu autorizzato a eseguire alcuni trasferimenti di fondi tra diverse poste del
bilancio; questa pratica, invece di limitarsi a poche eccezioni, si estese talmente, che il
Congresso non riusciva ad esaminare accuratamente le richieste in tempi ragionevolmente
brevi, per cui nel 1842 i capi dei dipartimenti governativi furono autorizzati dal Parlamento
ad effettuare direttamente, con certe eccezioni, questo tipo di operazioni36. Altri poteri in
materia di bilancio furono ottenuti dal Governo, ma non tali da stravolgere il principio che
la preparazione (e non solo l’approvazione) del bilancio restava un compito parlamentare37.
Si trattava, nella comparazione con altri paesi democratici (europei), del cosiddetto Budget
Exceptionalism statunitense.

       Questa “eccezionalità” fu ripetutamente messa in discussione nel corso della seconda
parte dell’Ottocento, ma solo una Commissione nominata dal Presidente Taft, il cui rapporto
(The Need for a National Budget) fu ultimato nel 1912, giunse a una proposta concreta di
cambiamento, contenente l’invito al Presidente degli USA a presentare un progetto di
Budget per l’anno 1914. Il Congresso manifestò il suo timore per la possibile usurpazione di
potere da parte dell’esecutivo e invitò i Dipartimenti governativi a inviare, come al solito, le
stime di Bilancio direttamente alle competenti Commissioni parlamentari. Il conflitto tra
Presidente e Congresso venne evitato sia perché le elezioni del 1912 comportarono la
sostituzione del Presidente Taft con Woodrow Wilson, sia per le successive vicende
belliche38. Solo nel 1921 le Camere approvarono il “Budget and Accounting Act” che inaugurò
un lungo periodo di presidential dominance 39 . I Dipartimenti (Ministeri) furono così
obbligati a inviare le loro stime di entrate e spese direttamente al Bureau del Budget, una
nuova istituzione posta sotto il controllo diretto del Presidente: nessuno stanziamento di
bilancio avrebbe potuto essere effettuato senza l’approvazione sia del Presidente sia dei due

35 Idem, p.392.
36 “When in 1842, department heads received authority to transfer surplus funds from one item to some
other… the battle against transfers was lost” (idem, p.395).
37 Idem, pp.399-400.
38 Idem, p.413.
39 Wehner J. (2010), p.131.

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(uno per il Senato e l’altro per il Camera dei rappresentanti) Appropriation Committees. A
parte gli aspetti tecnici, ci si può chiedere se la riforma incise sulla separazione dei poteri
statali. Si sostiene:” Creation of a new layer in the budget process did not modify the
separation of powers nor the federal system”40; mi sembra che questa conclusione non
possa essere condivisa solo perché nel periodo che va dagli anni Venti agli anni Settanta del
Novecento, di crisi economica e di eventi bellici, non si sono manifestati rilevanti conflitti
tra i due poteri. Infatti, la conclusione della guerra del Vietnam, nel 1973, aprirà un periodo
di pace e immediatamente si manifesterà un conflitto tra esecutivo e legislativo in materia
di governo delle Finanze pubbliche, che si concluderà con una modifica del Budget Act del
1921. Nel 1973 Nixon viene eletto Presidente per la seconda volta consecutiva e, al contrario
del quadriennio precedente, il Congresso è a salda maggioranza repubblicana. Nel corso del
mandato precedente erano state approvate molte leggi di spesa con maggioranze
“bipartisan”: nella nuova situazione la Presidenza non era disposta ad accettare maggiori
spese (diverse da quelle militari). L’executive budget per il 1974 proponeva stanziamenti di
spese molto minori di quelli desiderati dalla maggioranza del Congresso. Quando i Comitati
Parlamentari (Appropriation Committees) aumentarono gli stanziamenti, rispetto alle
proposte governative, Nixon rifiutò di trasformarli in spese effettive, ricorrendo alla
procedura di impoundment 41 , che cercò di imporre come prerogativa presidenziale di
riduzione della spesa, invece che occasionale e neutrale semplificazione dei conti pubblici. Il
Congresso reagì approvando il Congressional and Impoundment Act, che rese
l’impoundment una procedura proponibile dal Presidente, ma adottabile solo dal Congresso,
i cui poteri furono quindi rafforzati relativamente a quelli dell’esecutivo (in controtendenza
con quanto stava accadendo in altre democrazie occidentali). In quella occasione fu anche
formalizzato il ruolo del Congressional Budget Office (loyal to the institution of Congress42)
e furono istituiti e regolati i Budget Committees delle due Camere. Inoltre furono previste

40 Webber C., Wildavsky A. (1986), p.413. In conclusione di questo period, questi autori (idem, p. 427),
riferendosi alla rilevanza dei compiti redistributivi del Budget, osservano:” It took a quarter century past
American entry into the Second World War for a revived sectarian regime to alter budgetary understandings
(…) in order to raise spending for redistributive purposes. American exceptionalism in budgeting would still
exist - hierarchy, hence executive budgeting would be weaker and spending, though growing, would be
smaller than elsewhere- but it would no longer present so stark a contrast with European democracies.
American exceptionalism had come to an end. From this time on, the United States would lag behind, but
would not fundamentally differ from, the welfare states of Western Europe”.
41 Quando i fondi stanziati “could not be spent usefully and immediately, the executive did not have to spend

it…Indeed…Impounding based on tacit consent was an informal safety valve for keeping spending under
control. Congress would not have to vote the repeal of funding; the president…would merely refuse the funds
to the affected agency.” (Wildavsky A., Caiden N., 2001, p.76). Questa cancellazione (impoundment
letteralmente significa confisca) dei fondi era stata in precedenza usata in casi non controversi e quindi non
messa in discussione nel Congresso. Ora Nixon “tried to change this tradition of informal understanding in
special cases to a general presidential prerogative” (idem).
42 Idem, p.78.

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procedure di Resolution e Reconciliation tra Presidente e Congresso nel caso di opinioni
diverse sulle decisioni di bilancio. Non si può dire che si sia ritornati al Congressional
Budget del periodo precedente il 1921, ma sicuramente il budgeting si è complicato43 e, in
definitiva, il power of purse risulterà regolato dalle votazioni parlamentari, non influenzabili
da “voti di fiducia” di proposta governativa, come in Europa, ma solo da negoziazioni
politiche tra i membri di due poteri indipendenti (l’esecutivo e il legislativo), che possono
essere molto dure, come dimostrano i casi di sospensione di spese federali (con conseguenti
chiusure di uffici del governo federale) verificatisi nel corso degli anni (l’ultima volta, per
ora, nel 2018).

        La spesa pubblica totale (di tutti i livelli di governo) degli USA è attualmente pari a
circa il 37 per cento del Prodotto interno lordo. Quella del governo federale si aggira intorno
al 21 per cento; questa ultima è quella regolata dal tipo di Budgeting fin qui considerato. La
rimanente parte, più del quaranta per cento della spesa totale, è amministrata dagli Stati
federati e dalla finanza locale. Gli Stati federati hanno separati poteri legislativi ed esecutivi,
la cui ripartizione, in materia di Bilancio, può essere diversa dal modello federale 44 . In
generale il progetto di “Executive budget” viene presentato alle Assemblee legislative, che
hanno, in molti casi, vasti poteri di modifica. In 41 stati (su 50), il Governatore ha potere di
veto sui singoli capitoli del bilancio, veto che può essere annullato dall’Assemblea legislativa
mediante l’approvazione del Bilancio con maggioranza dei due-terzi. I Budget process sono
differenziati sotto molti aspetti45. Dal punto di vista macroeconomico si deve ricordare che
in 44 stati il Governatore deve presentare all’Assemblea legislativa un progetto di Bilancio
in pareggio e in 41 stati l’Assemblea ha l’obbligo di approvare un bilancio in pareggio. Nella
maggior parte degli stati il potere dell’esecutivo appare istituzionalmente più forte (rispetto
al legislativo) di quanto avviene a livello federale. Anche per gli Stati federati la disciplina
del Bilancio pubblico si è evoluta nel tempo, con percorsi diversi per i singoli Stati, e quello
qui accennato è solo il punto di arrivo del sistema americano di organizzazione federata delle
scelte di Finanza pubblica46.

43 “A Congressional Budget, or Merely More Budgeting?” (Idem, p.81).
44 “The extent of a governor’s authority in the budget process varies among states” (NASBO, 2015, p.39)
45 Idem. Si veda in particolare il capitolo 2 su “Requirements, Authorities and Limitations” (pp.39-60)
46 Sull’evoluzione del sistema statunitense, dalle organizzazioni finanziarie “pubbliche” dei colonists in poi,

rimando a Brownlee (2016) e alla “Historiography and Bibliography” (pp. 295-320) in esso riportata.
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5. La realizzazione della democrazia di bilancio negli Stati europei, dal
Congresso di Vienna alla 1a guerra mondiale.

           Il periodo che intercorre tra la Restaurazione post-napoleonica e la Prima guerra
mondiale è caratterizzato dall’alternarsi di tentativi atti a far rivivere regimi assolutistici
ovvero ad avviare durature democrazie costituzionali                      47   . Di conseguenza, anche la
costruzione della “democrazia di bilancio” subisce molti stop and go; solo tra la fine del
secolo diciannovesimo e l’inizio del ventesimo si può dire che la fine del vecchio ordine
politico si è compiuta: nella maggior parte dei paesi occidentali (sostanzialmente europei) si
stabilirono regimi costituzionali di governo, apparentemente duraturi Questo processo
assunse tempi e caratteristiche diverse nei vari paesi e se è accettabile l’opinione sull’assetto
complessivamente raggiunto nei primi due decenni del Novecento, più variegata deve essere
la descrizione dell’intero periodo.

           La democratizzazione della Finanza pubblica, attraverso un processo di bilancio
basato sull’attività di rappresentanze parlamentari e secondo prescrizioni costituzionali,
avviene seguendo un percorso accidentato, per molte ragioni. Rispetto a quanto si è visto
per gli Stati Uniti d’America, i paesi europei debbono superare difficoltà aggiuntive perché
si tratta di Stati di antica formazione, spesso con eredità feudali ancora vive, se non nelle
forme giuridiche nella concreta concezione dell’esercizio del potere, e con complesse
articolazioni di ceti o classi sociali. La diversificazione degli interessi per le modalità di
organizzazione delle decisioni di Finanza pubblica è quindi molto più ampia rispetto a
quanto visto per gli USA.

           Per analizzare questo periodo conviene soffermarsi sul Regno Unito, che segue un
percorso che conduce, in materia di budgeting, a un esito, sotto rilevanti aspetti, opposto a
quello degli Stati Uniti, esito così duraturo che ancora oggi i processi di bilancio degli Usa e
del Regno Unito vengono considerati i due estremi entro cui si situano quelli degli altri Stati
democratici sviluppati48. La storia di questo paese dimostra come il ruolo del Parlamento,
come limitatore del potere finanziario del governo, sia stato formalmente mantenuto

47   Si vedano gli scritti di Storia contemporanea; ad esempio, posso rimandare a Villari R. (1971), capitoli V-IX.
48   Si veda Lienert I. (2005).
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(government may not spend more than authorized in law or for other than authorized
purposes49), avendone perduto de facto gran parte del contenuto.

        Il processo di democratizzazione parlamentare delle scelte di Finanza Pubblica si può
considerare concluso nel Regno britannico con la decisione di Gladstone (Cancelliere dello
scacchiere) di avviare nel 1852 l’accentramento del controllo dei conti pubblici nel Treasury,
convincendo i Commons ad istituire un Committee of Public Accounts e collocando presso
l’ Exchequer l’autorizzazione ai pagamenti dei vari Dipartimenti (Ministeri), così come il
controllo successivo delle spese, con la dichiarata intenzione di consentire al Parlamento di
verificare che le spese siano state quelle previste e, comunque, mantenute entro il valore
“minimo indispensabile”.

        Nel corso della seconda metà dell’Ottocento i Commons frequentemente emendano
le proposte governative di entrata e di spesa, ma la crescita del loro potere fa venir meno il
loro ruolo originario, di limitatore del potere di spesa dell’esecutivo: “The House of
Commons –now that it is the true sovereign, and appoints the real executive- has long
ceased to be the checking, sparing, economical body it once was. It is now more apt to
spend money than the Minister of the day” 50 . Questa reputazione di fiscal profligacy
(prodigalità) del corpo legislativo non caratterizza solo il Parlamento inglese, ma viene
percepito in molti altri paesi europei51. D’altro canto, l’esistenza, in Gran Bretagna, di un
ramo parlamentare la cui composizione era (e ancora in parte è) ereditaria (House of Lords),
condizionava le decisioni di Finanza pubblica: i Commons avevano aperto la discussione sui
poteri dei Lords “to amend tax and spending bills” già alla fine del Settecento. La rimozione
del potere di veto dei Lords fece seguito al rifiuto della Camera Alta di approvare il Finance
Bill del 1909; si approvò quindi, nel 1911, una legge che tolse loro il potere in materia di
“money bills” (legislazione di contenuto finanziario). Il Governo aveva avviato nel 1872
l’erosione del potere parlamentare, introducendo molte limitazioni nei tempi e nelle
modalità di discussione delle leggi di iniziativa governativa; inoltre nei primi anni del
Novecento, il Governo cominciò a ritenere gli emendamenti del Parlamento alle sue
proposte di Budget inammissibili sfide al suo potere finanziario. Alla fine, anche per le
polemiche suscitate da alcuni episodi particolari (di valore monetario non rilevante, come il
rifiuto di finanziare nel 1919 un secondo bagno nella residenza del Lord Chancellor), nel 1921
l’esecutivo riuscì a far passare la regola secondo cui any amendament would be tantamount

49 Wehner J. (2010), p.8.
50 Bagehot W. (1867), p.154.
51 Wehner J. (2010), p.7.

                                                                                            16
to a vote of no confidence, con conseguente crisi di governo e, solitamente, nuove elezioni.
Da allora il Governo è diventato l’effettivo “dominus” del Budget pubblico britannico, senza
alcun potere autonomo (diverso dal mero negoziato politico) del Parlamento (a parte il voto
contrario sul complesso del Budget equivalente a sfiducia del governo) nell’allocazione delle
spese pubbliche e nelle scelte tributarie.

        La centralizzazione delle decisioni di Finanza pubblica fu decisa in Francia con leggi
approvate nel decennio della Restaurazione (tra il 1817 e il 1827), ma le vicende politiche del
secolo ne determinarono solo una parziale applicazione. La regolamentazione del processo
di bilancio rispettoso dei principi democratici fu, con difficoltà varie, cercata in diversi paesi
europei, comprese l’Italia e la Germania, paesi in cui, dopo l’unificazione, “budgeting still
followed earlier patterns, controlled by an autocratic executive with power to override a
weak legislature”52.

        Alla fine del periodo considerato in questo paragrafo, i “processi di bilancio” dei vari
paesi europei assumono alcune caratteristiche comuni53, le più rilevanti delle quali sono così
sintetizzate da Webber e Wildavsky (mia traduzione e sintesi):

        “1. Ogni Ministero sottopone al Tesoro le previsioni di spesa per l’anno successivo.

         2. Il Tesoro raccoglie e consolida le previsioni di spesa in documento unico.

         3. Il Tesoro formula previsioni di entrate per tributi e per indebitamento sufficienti
a coprire le spese e il servizio del debito accumulato in anni precedenti.

         4. Il Parlamento dibatte le proposte…approva il Bilancio…, cioé una legge che
stabilisce i valori e le specificità delle spese previste. Nel rispetto nelle norme di economia
che governano il processo, un bilancio in pareggio è obbligatorio (a balanced budget is
mandatory).

         5. Nei tempi dovuti i tributi vengono introitati e i fondi allocati ai Ministeri e spesi.

         6. Infine, per stabilire se le spese effettuate corrispondono al mandato legislativo,
tutte le entrate e le spese contabilizzate dai Ministeri vengono esaminate dal Tesoro”54.

        Nella quarta caratteristica comune dei Budget di fine Ottocento è compreso il
“pareggio del bilancio”, qualificato come “obbligatorio”. Questa affermazione merita alcune

52 Webber C., Wildavsky A. (1986), p.327.
53 Mi permetto di rimandare a Di Majo A. (2018), cap.4, in cui si ricordano i cosiddetti “principi del bilancio”,
condivisi attualmente dalle democrazie sviluppate dell’OECD.
54 Webber C., Wildavsky A. (1986), p.327-8.

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precisazioni: 1) Il pareggio di bilancio non viene ovviamente rispettato nei periodi bellici (e
negli anni successivi ancora caratterizzati dalle conseguenze delle guerre), quando i Debiti
pubblici “esplodono” e si accetta la necessità di far fronte alle spese per il servizio del Debito;
2) non è mai ben chiaro come definire il “pareggio di bilancio”, anche in tempi normali,
essendo molto differenti e imprecise le norme contabili dei vari Paesi; 3) ai fini della
misurazione del saldo del bilancio, è discutibile se occorra tener conto (e in quale misura)
delle spese extra-bilancio e dei cosiddetti “Budget straordinari”.

         Il “pareggio” viene esplicitamente considerato solo una regola di “buona
amministrazione”, e non si ritiene necessario ricorrere ad alcuna teoria economica per
giustificarlo. Infine, secondo le “regole” accettate, il bilancio di previsione, per facilitare il
rimborso del debito, deve sempre destinare ogni anno un certo ammontare di risorse a un
“sinking fund earmarked for debt retirement”55, il che conferma la normalità dell’esistenza
del Debito Pubblico.

         Le norme contabili non erano univoche (anche internazionalmente) nel trattamento
delle diverse poste del Bilancio, in particolare delle spese di investimento 56 , e non v’era
sufficiente trasparenza nel processo di bilancio, problema con il quale bisognerà sempre
convivere. I conflitti esterni e le instabilità interne “led governments to violate these norms,
in ways we might still recognize, in continental nations especially, the extraordinary
budget and the supplemental appropriation were common features of financial
management throughout the century”57.

         Il “pareggio”, quindi, non obbediva a un principio di teoria economica generale
(come nel pensiero degli economisti “classici”58). Lo si considerava, oltre che necessario alla
buona amministrazione, un disincentivo alla crescita della spesa pubblica, in un contesto in
cui il “peso” di questa non superava (comprese le spese di investimento) il 10 per cento del
prodotto interno lordo 59 . L’ottimismo sui risultati raggiunti nel “secolo d’oro” della
costruzione della democrazia di bilancio, in un contesto di teoria economica dominata
dall’idea dell’efficienza del mercato (guidato dalla “mano invisibile”, il meccanismo del
mercato di perfetta concorrenza attribuito, forse senza giustificazione, ad Adam Smith da
economisti dei tempi successivi), portava a considerare, in un contesto di analisi economica

55 Idem, p.331.
56 Si pensi alla classificazione, in vigore in Italia fino al 1964, che ripartiva le spese in effettive, movimenti di
capitale e partite di giro, e non rendeva di immediata comprensione il saldo (finanziario e di competenza) del
Bilancio dello Stato oscurando, in particolare, la distinzione tra spese correnti e spese di investimento.
57 Idem, p.332.
58 Sinteticamente ricordato in Di Majo A. (2018), pp. 25-26.
59 Di Majo A. (1998).

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neo-classica, il processo di bilancio (with its consultation over estimates and public debate
over alternative expenditures), come equivalente alla “mano invisibile” del mercato
competitivo e, quindi, idoneo (se ben congegnato) ad assicurare una efficiente allocazione
delle risorse, anche in presenza di beni pubblici e di altre spese pubbliche60.

        Nel corso del secolo precedente la prima guerra mondiale si esaurì, nei paesi europei
con Assemblee legislative elettive, la lunga storia della conquista parlamentare della
sovranità sulla Finanza pubblica. Nel contempo erano iniziati i tentativi (spesso riusciti) di
far convivere la “democrazia di bilancio” con un maggior potere dell’esecutivo. Questo
processo inizia prima di avere ottenuto una piena estensione dell’elettorato attivo e passivo,
elettorato che è molto limitato (per censo, istruzione, sesso) in tutto l’Ottocento. Non è
questa la sede per discutere questi aspetti, ma va ricordato che la “governabilità” della
Finanza pubblica era allora resa più agevole dal suffragio ristretto che limitava la
disomogeneità dell’elettorato attivo, ma anche quella tra questo e i rappresentanti eletti.
Erano così attenuate le divergenze tra le preferenze degli elettori e tra queste e quelle degli
eletti, riducendo gli “inconvenienti” nella formazione delle decisioni collettive, molto
enfatizzati nella letteratura più moderna sulle scelte politiche, che non mette in discussione
il suffragio universale.           Non v’è dubbio che nelle decisioni di Finanza pubblica la
trasmissione delle preferenze degli elettori diventa molto più problematica con l’estensione61
del suffragio, con conseguenze sull’evoluzione non solo delle “forme”, ma anche dei
“contenuti” delle scelte pubbliche.

        La “democrazia di bilancio” all’inizio del ventesimo secolo viene, anche se con qualche
ironia, sintetizzata da Amilcare Puviani: “Viene finalmente il momento, nel quale è
riconosciuto in modo pieno e solenne a tutti i cittadini il diritto di votare l’imposta e di
conoscerne gli impieghi; viene il momento, in cui una suprema magistratura è incaricata,
non solo di controllare l’opera contabile di tutti gli agenti dell’amministrazione, ma ancora
di invigilare a che la legge di bilancio, votata dai rappresentanti del popolo, riceva dal potere
esecutivo precisa attuazione; viene il momento in cui le discussioni finanziarie sono fatte
pubblicamente e commentate in ogni angolo del paese dalla stampa…”                                  62 .   L’obiettivo

60  Webber C., Wildavsky A. (1986), p.332. Pantaleoni (1883) sosteneva che le scelte del Parlamento
rispecchiavano la valutazione media sull’utilità della spesa pubblica confrontata con il costo del finanziamento,
assimilandole alle scelte (più o meno) efficienti del mercato. Com’è noto, l’equilibrio generale con beni pubblici
fu dimostrato teoricamente possibile da Samuelson solo negli anni cinquanta del Novecento, come ricordato
in ogni libro di testo di Finanza pubblica (mi permetto di rimandare a Di Majo A., 2018, cap. 2).
61 Per questi aspetti si rinvia alla letteratura sintetizzata nei testi di Scienza delle finanze (ad esempio, Cullis J.,

Jones P., 2009, cap.4).
62 Puviani A. (1973), p. 80.

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