Dal 14 maggio al 13 giugno - cinema ambiente natura esplorazione - Filmstudio 90

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Dal 14 maggio al 13 giugno - cinema ambiente natura esplorazione - Filmstudio 90
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  cinema
 ambiente
  natura
esplorazione

dal 14 maggio
 al 13 giugno
Dal 14 maggio al 13 giugno - cinema ambiente natura esplorazione - Filmstudio 90
“Di Terra e di Cielo” è un progetto
         in partenariato con

         in collaborazione con

              promosso da

         e la partecipazione di

          Segreteria organizzativa:
Filmstudio 90, Via De Cristoforis, 5 - Varese
  Tel. 0332.830053 | www.filmstudio90.it
              Di Terra e di Cielo 2021
Dal 14 maggio al 13 giugno - cinema ambiente natura esplorazione - Filmstudio 90
TERRA2O                                                           I luoghi

                                                                                                              Il programma potrebbe subire variazioni per cause indipendenti dalla volontà dell’organizzazione.
                                                                                della
              C I E LO21                                                        rassegna
ORGANIZZAZIONE                                                                  VARESE
                                                                                Giardini Estensi, via Sacco
Renato Aldeni, Sara Basaglia, Maddalena Campello,
Giovanna Caserta, Dario Cecchin, Marilena Codispoti,                            Sala Filmstudio 90,
Maris Croci Torti, Laura Di Bacco, Jin Feng Goh , Simona                        via De Cristoforis 5
Ghiraldi, Gianfranco Gorla, Alessandro Leone, Fabrizio
Maroni, Valentina Minazzi, Adriano Martinoli, Reto                              Cinema Nuovo,
Medici, Giuseppe Muti,                                                          viale dei Mille, 39
Marco Rampi, Stefania Villa, Lino Zaltron
                                                                                BALERNA (SVIZZERA)
REDAZIONE CATALOGO E UFFICIO STAMPA                                             Sala ACP,
Giulio Rossini, Gabriele Ciglia, Marta Crivelli                                 via San Gottardo 102

                                                                                GALLARATE
MEDIA PARTNER
                                                                                (Cascinetta) Oratorio
Cinequanon, VareseNews                                                          Via Don G. Frippo, 11

FOTOGRAFIA DI COPERTINA                                                         LOZZA
Alessandro Zoccarato                                                            Palatennistavolo,
                                                                                Via V. Veneto 1
PROIEZIONI E ASSISTENZA TECNICA
Martino Babandi, Samuele Danini, Gabriele Ciglia,                               TERNATE
Angelo Sacco, Paolo Matteazzi, Altera snc                                       Parco Berrini,
                                                                                ingresso da via Roma
IMPAGINAZIONE
                                                                                TRAVEDONA MONATE
FLAI Graphic Design
                                                                                Cinema Sant’Amanzio,
                                                                                via Santa Caterina 32
STAMPA
Flyeralarm srl, Bolzano                                                         VEDANO OLONA
                                                                                Parco Fara Forni,
SI RINGRAZIANO                                                                  Via Papa Innocenzo XI
Tutti i volontari che hanno contribuito all'organizzazione
e alla gestione della rassegna

Gli orari di GIUGNO sono frutto... della speranza che sia modificato l’orario
del coprifuoco. In caso contrario gli orari potrebbero subire variazioni.

Con riferimento alle normative sul distanziamento fisico legato all’emergenza Covid e dato
il numero limitato dei posti, per la sala Filmstudio 90 è consigliato prenotare scrivendo a
prenotazioni@filmstudio90.it.
Per le serate in programma ai Giardini Estensi è possibile acquistare i biglietti in prevendita su
www.liveticket.it/filmstudio 90 a partire da 48 ore prima della proiezione.
Saranno osservate tutte le prescrizioni ministeriali per garantire la sicurezza del pubblico.
Dal 14 maggio al 13 giugno - cinema ambiente natura esplorazione - Filmstudio 90
Ritornare alla natura
Ritornare alla natura, in questo secondo anno segnato dalla pandemia, per Di terra e di cielo
(giunta alla 14.ma edizione), non è un vuoto slogan, ma il segno di un sentimento preciso, quello
che ha dato vita nel 2004 a un progetto che sembrava effimero e che invece piano piano si è
conquistato una continuità ed una valenza di primo piano. Il bisogno di raccontare il mondo
nelle sue contraddizioni tra spinte alla modernità e valori antichi, di affrontare l’emergenza
ambientale, di guardare in modo appassionato ma critico la vita attorno a noi, ha costruito
nel tempo un percorso di conoscenza ricco di stimoli, di immagini, di emozioni da condividere.

Nonostante l’emergenza sanitaria, siamo riusciti a riunire anche quest’anno tante forze,
per realizzare una manifestazione che, dopo qualche serata al chiuso, in giugno si sposta
anche in spazi all’aperto, sempre nell’osservanza di tutte le normative ministeriali, sperando
sia spostato l’orario del coprifuoco per consentire le proiezioni ai Giardini Estensi o al Parco
Fara Forni. Ci sarebbe dispiaciuto non poter effettuare l’edizione 2021 proprio nell’anno in
cui la pandemia ci ha chiuso nelle mura domestiche, riproponendo con drammatica evidenza
domande fondamentali che attendono risposte e strategie precise, e cioè come costruire,
oggi più che mai, il nostro futuro insieme alla natura sempre più ferita dalle attività umane.
Riportare l’economia a produzioni ecocompatibili, ridurre i consumi, cambiare radicalmente
stili di vita sono parole d’ordine necessarie per costruire nuovi modelli di sviluppo che
implicano la saldatura di scelte culturali e politiche coerenti nella salvaguardia dell’ambiente.

Ecco perché la rassegna prosegue nell’intento di mettere in rete cittadini, associazioni
ed enti locali e avvicinare tutto il territorio alla ricerca di una corretta informazione e
promozione culturale sui temi dell’ambiente e dell’ecologia, dove trovano posto film a
soggetto, documentari di grande impatto emotivo, testimonianze, reportages, spesso
alla presenza degli autori o di professionisti del settore. Un progetto davvero condiviso,
realizzato in partenariato con il Comune di Varese e il patrocinio dell’Università
degli Studi dell’Insubria (alcuni docenti introdurranno importanti serate), Comune di
Vedano Olona, Parco Del Campo Dei Fiori, Sondrio Film Festival e la partecipazione
del Parco Nazionale Val Grande e della Comunità Montana Valli del Verbano.

Promuovono il progetto Filmstudio 90, Legambiente Varese Onlus, Lipu Varese, Acli Terra,
Animal Trip, Tutela Anfibi Basso Verbano ODV, Africa&Sport, AIIG, Mondi Possibili Varese, ACP
Balerna, Yacouba, Fridays For Future Varese, Cineteatro Santamanzio: un variegato mondo
di associazioni attive sul territorio, che si mettono in rete con gli enti locali e l’Università per
dare forza a una progettualità aperta alle problematiche ambientali e davvero senza confini.

Uno sguardo al programma: la rassegna prende il via con Minari, premiato agli Oscar. Tre
giorni di proiezione al Cinema Nuovo di Varese, sala dove avremo l’opportunità di vedere anche
Honeyland e l’attualissimo I am Greta (proposto anche a Travedona). Alla Sala Filmstudio 90, in
anteprima nazionale, l’ultimo documentario del grande poeta per immagini Victor Kossakovsky,
Gunda, che vedrà la presenza del varesino Gianmarco Donaggio, che ha lavorato sul set.

Molti eventi della rassegna, in questo percorso improntato al rapporto tra globale e locale,
raccontano da vicino il nostro territorio, con i film di Eugenio Manghi e Annalisa Losacco,
Marco Tessaro (cui é dedicata una serata ai Giardini Estensi), mentre Moka Noir di Erik
Bernasconi, che sarà presente alla serata, disegna le zone d’ombra del rapporto tra
attività produttiva e ambiente a Omegna. Il cinema di impegno civile irrompe con forza con
Semina il vento di Danilo Caputo, con El Olivo di Iciar Bollain presentato da ACP a Balerna,
con Il magnifico La cordigliera dei sogni, di Patricio Guzman o con il monito lanciato da
Antropocene, viaggio in sei continenti per denunciare l’impatto dell’umanità sull’ambiente,
presentato a Lozza proprio nella Giornata della Terra il 5 giugno. A Varese, lo stesso giorno,
scopriremo il pensiero ecologico di André Gorz, filosofo e attivista la cui lezione è imperitura.

Dal Sondrio Festival arriva quest’anno a Vedano Olona un coinvolgente documentario,
Okavango, il fiume dei sogni (in un altra serata, sempre a ingresso libero, il poco conosciuto
Sarà un paese di Nicola Campiotti), mente a Balerna e Gallarate Amaranto racconta il
bisogno di buone pratiche in ambito ambientale. Grande chiusura, ai Giardini Estensi, in una
serata in collaborazione con Ubuntu Festival, con il concerto di Arsene Duevi cui seguirà
un’altra prima visione, Matares, alla presenza del regista algerino Rachid Benhadj.
Dal 14 maggio al 13 giugno - cinema ambiente natura esplorazione - Filmstudio 90
venerdì 14 maggio, ore 19
sabato 15 maggio, ore 16 e 19
domenica 16 maggio, ore 10, 16 e 19
ingresso euro 7,50/rid.6,00/rid. soci under 25 euro 3
Varese, Cinema Nuovo

MINARI di Lee Isaac Chung, USA 2021, 116’
Anni ‘80: Jacob e la sua famiglia, immigrati sudcoreani stanchi di sopravvivere grazie a lavori come il
sessaggio dei polli, si trasferiscono dalla California all’Arkansas. Jacob vuole avviare una coltivazione
in proprio e rivendere i prodotti del suo lavoro nelle grandi città. La sua ambizione richiede enormi
sacrifici e la moglie Monica è sempre meno disposta a concederne, specie per le complicazioni
cardiache del figlio David. Pur di mantenere la famiglia unita Jacob accetta che si trasferisca da
loro la suocera, Soonja: a differenza di Jacob, la donna è rimasta ancorata alle tradizioni coreane e
si di-mostra tutto fuorché corrispondente all’immagine tradizionale della nonna.
La collocazione temporale del quarto film di Lee Isaac Chung è solo in parte dovuta a un’esperienza
autobiografica. Sono anche gli anni del reaganismo e della deregulation, gli anni in cui i piccoli
agricoltori d’America soffrono, stritolati da un sistema spietatamente competitivo e sempre meno
propenso all’assistenza. Su Jacob però il sogno americano ha attecchito e per lui lo spirito dei pionieri
e il riscatto individuale procedono in maniera inscindibile. La sfida che questi ingaggia contro la
malasorte e la natura sa di Sisifo che spinge il fatidico masso o di - come il nome proprio suggerisce -
Giacobbe che sogna una scala verso Dio e le sue promesse, in un’ossessione che non conosce ostacoli
e finisce per contare più di quel che avviene al contorno.
Jacob vuole fornire un prodotto che restituisca il sapore della lontana patria a quei 30 mila coreani
che ogni anno arrivano negli Stati Uniti. Ma per intraprendere questo viaggio deve immergersi a
capofitto nelle contraddizioni d’America e del suo entroterra più isolato e impenetrabile, dove uomini
che interpretano la religiosità in senso quasi animista possono rivelarsi di buon cuore e ragazzini
apparentemente razzisti rivelarsi buoni amici. (Emanuele Sacchi, MyMovies)

Il film ha ottenuto 6 candidature e vinto un premio ai Premi Oscar, ha vinto un premio ai Golden
Globes, 6 candidature e vinto un premio ai BAFTA.
Dal 14 maggio al 13 giugno - cinema ambiente natura esplorazione - Filmstudio 90
giovedì 20 maggio, ore 19.30*
sabato 22 maggio, ore 16.30
domenica 23 maggio, ore 16.30
Varese, Sala Filmstudio 90
ingresso (riservato i soci) euro 6,00/rid. soci under 25 euro 3

GUNDA di Victor Kossakovsky, Norvegia/Stati Uniti, 2020, 93’
anteprima nazionale
Dalla sezione Encounters arriva invece Gunda di Victor Kossakovsky, il regista dei recenti ¡Vivan las
antipodas! e Aquarela. La protagonista del film è una scrofa, la vediamo che si prende cura dei suoi
piccoli, li allatta, li accompagna verso l’inizio della vita. Gunda si riposa al sole o al riparo in mezzo
al fieno, si avvicina alla telecamera, e sembra guardarla. Cosa pensa? Sa quale sarà il suo destino?
Cosa pensa di noi? Gunda è una delle diverse centinaia di milioni di maiali che abitano il pianeta:
dobbiamo ricordarci che gli animali sono più degli uomini, nel film vediamo anche due mucche che
muggiscono piene di grazia, nel mondo ci sono un miliardo di bovini; e ci sono anche 20 miliardi di polli,
che Kossakovsky rappresenta attraverso un pollo con una zampa sola, un pollo meraviglioso che
sembra inciampare nel mondo.
Gli animali si gettano nel fango, scacciano le mosche o cercano i vermi, sono loro gli eroi del film di
Victor Kossakovsky. Gunda è prodotto, tra gli altri, anche dall’attore Joaquin Phoenix, noto vegano
e attento agli animali e all’impronta degli esseri umani nel mondo. Kossakovsky osserva questo
mondo con minimalismo, sta attaccato agli animali, non dice nulla con le parole né con la musica,
non fa proclami ma ci mostra questo mondo nella sua semplicità. Gunda è un film che attribuisce
grandiosità ai perdenti, ci fa capire così l’ignoranza di noi esseri umani nel non comprendere lo stato
in cui vivono questi animali. L’unica risposta di noi spettatori non può che essere capire e lavorare
contro il consumo di carne. Ci fa pensare, e non è facile poi uscire dal cinema e imbattersi negli
odori di wurster e salsicce che invadono la zona del festival. (dal Festival di Berlino, Claudio Casazza,
Cinequanon.it)
D’altro canto la semplicità assoluta cui tende Kossakovsky (in questo senso Gunda assomiglia solo in
parte ad altre opere del regista, si pensi a ¡Vivan las Antipodas! o alla vita di San Pietroburgo narrata
in Russia from my Window) rende il film un monolito, magari inscalfibile ma allo stesso tempo mai
particolarmente teso alla costruzione di un senso dialettico. Non è possibile mettere in discussione
quello che accade sullo schermo, perché equivarrebbe a provare a smentire l’impressione, a
scartavetrare un acquarello: è ovvio, per chiunque abbia anche solo vaghissimi rudimenti di etologia,
o più prosaicamente abbia avuto modo di convivere con un animale domestico, che anche le altre
bestie diverse dall’uomo – in particolar modo i mammiferi – provino sentimenti, costruiscano affetti e
si prendano cura della prole. (Raffaele Meale, Quinlan.it)

*Sarà presente Gianmarco Donaggio, collaboratore alla fotografia nella realizzazione del film.
Dal 14 maggio al 13 giugno - cinema ambiente natura esplorazione - Filmstudio 90
venerdì 21 maggio,
ore 19.30
ingresso euro 7,50/rid.6,00/
rid. soci under 25 euro 3
Varese, Cinema Nuovo

LA PROVINCIA
                                          a seguire,
OPEROSA
di Eugenio Manghi                         MANDURIA,
e Annalisa Losacco, 42’
anteprima di Geo-Rai3
                                          TERRA GENEROSA
Sulle carte geografiche assomiglia        di Annalisa Losacco e Eugenio Manghi, 33’
a un vecchio sacco, stretto in alto       anteprima di Geo-Rai3
da un cordone: è la provincia di          Un tempo, un fitto bosco si estendeva da Taranto a
Varese e, proprio come il sacco           Lecce. Era conosciuto come Foresta Oritàna e oggi, ne
dei doni di Babbo Natale, è piena di      restano poco più di trentacinque ettari, vicino alla città
sorprese. In un Paese come il nostro,     di Manduria: è il Bosco Cuturi e ha una storia particolare,
conosciuto nel mondo per la sua           di generosità dei proprietari verso i cittadini e verso
geniale e instancabile operosità,         chiunque voglia visitarlo. Manduria è indubbiamente nota
questo territorio a cavallo tra le        per il suo vino Primitivo: questo vino è diventato una vera
Alpi e l’Insubria, punteggiato da mille   eccellenza internazionale. Tante sono le storie legate al
laghi, ne è la degna espressione. Tra     Primitivo. C’è addirittura chi lo usa per dipingere, con
le pieghe delle sue basse montagne...     una tecnica molto particolare, che viene definita “arte
nelle sue valli, vive gente che ha        enoica”. Manduria ha una storia antichissima, legata
interessanti storie da raccontare.        alla presenza dei Messapi e ancora oggi, si ricordano
Sono vite fatte di scelte talvolta        leggende che appartengono a quella tradizione. Come
difficili ma generose. Magari insolite,   quella delle mandorle d’oro, ora realizzate finemente
che riportano a un passato un po’         con la tecnica del gioiello tessile in punto chiacchierino.
romantico, caratterizzato però            Le storie di queste terre si alternano in un ambiente,
sempre da una grande concretezza;         che nel tempo è riuscito a tornare a una naturalità
scelte      ‘’giovani’’, entusiastiche,   sempre più apprezzata dai locali e dai tanti visitatori:
tese a una maggiore sostenibilità         dalle dune di Torre Colimena, coperte da una rigogliosa
e fatte anche di sacrificio. In ogni      e coloratissima macchia mediterranea; alla Salina dei
caso: dignitose e premianti. Tutte        Monaci, che ospita una popolazione di fenicotteri
contras-segnate da una grande             in continua crescita; alle spiagge dai colori caraibici
operosità. Storie che vogliamo            di Porto Cesareo, che nelle burra-scose giornate di
raccontare.                               Scirocco, attirano centinaia di surfisti. È un lembo di
Interverranno i registi Eugenio           Puglia speciale, soprattutto perché i suoi abitanti hanno
Manghi e Annalisa Losacco.                un profondo senso di comunità e di generosità.
Dal 14 maggio al 13 giugno - cinema ambiente natura esplorazione - Filmstudio 90
venerdì 21 maggio , ore 20.45
ingresso euro 5
Travedona Monate, Cinema Sant’ Amanzio

I AM GRETA – Una forza della natura
di Nathan Grossman, Svezia 2020, 97’ (versione italiana)
Tutti sanno chi è, ma in pochi la conoscono. Pur avendo raggiunto in tempi rapidissimi una popolarità
planetaria per il suo tenace impegno a favore del clima, Greta Thunberg ha infatti mantenuto un
grande riserbo sulla sua vita privata, trovandosi anche a fronteggiare il “lato oscuro” della popolarità.
Quello che, molto spesso, mette alla gogna chiunque passi dalle sue parti.
Il documentario I am Greta – Una forza della natura arriva proprio a scostare questo velo e a spazzare
via le maldicenze. E lo fa senza retoriche, cliché o toni celebrativi, ma mettendosi in soggettiva e
mostrandoci il mondo come appare agli occhi di Greta.
Scegliendo un tono pacato, ritmi lenti e musiche evocative, il regista svedese Nathan Grossman, che
ha seguito la giovane nel suo primo anno di attivismo, ci mostra il lato genuino e profondamente
umano di Greta. Una prospettiva che ci rivela la personalità celata dietro alla Greta guerriera che ci
siamo abituati a vedere in questi anni. Una giovane ragazza, pronta ad abbandonare la sua comfort
zone e a sopportare haters e scettici, in nome di un grande ideale.(Alice Zucchi, Lifegate.it)
Con un pudore non banale Grossman sta con Greta anche nei momenti più difficili, quando i dubbi sono
maggiori, come anche nei momenti in famiglia, negli scherzi, nelle risate. Secondo l’autore questo è
un documentario tanto su Greta quanto sull’Asperger e su come le persone affette da simili sindromi
possano condurre una vita normale. Grossman ha accumulato 200 ore di materiale da scremare,
compresi gli eventi più noti della campagna di Greta, come il discorso “How dare you”. Il momento
più clamoroso è quello del viaggio attraverso l’Atlantico in barca a vela. Un’impresa importante a
livello mediatico e significativa per un’attivista che protesta contro l’inquinamento dei voli aerei,
che Grossman ha compiuto con lei filmandola nei momenti più drammatici. È stato il culmine di un
anno a tratti incredibile che spiega il bisogno che esisteva ed esiste di una figura come Greta per
sensibilizzare l’opinione pubblica nella lotta ai cambiamenti climatici. (Gabriele Niola, Wired)
Presentazione a cura di Fridays for Future Varese.
info e prenotazioni: info@santamanzio.it

        replica
                          I AM GRETA – Una forza della natura
venerdì 28 maggio, ore 19.30
ingresso euro 6,50/rid.5,00/rid. soci under 25 euro 3
Varese, Cinema Nuovo
(versione originale con sottotitoli italiani)
Presentazione progetto Orto Sinergico Sociale in via Como a cura di Prospettive Vegetali e Covo.
Presentazione del film a cura di Fridays for Future Varese.
Dal 14 maggio al 13 giugno - cinema ambiente natura esplorazione - Filmstudio 90
sabato 22 maggio, ore 19.30
domenica 23 maggio, ore 19.30
ingresso (riservato i soci) euro 6,00/rid. soci under 25 euro 3
Varese, Sala Filmstudio 90

MONOS – Un gioco da ragazzi
di Alejandro Landes, Columbia 2019, 102’
Quando ci troviamo di fronte a film che arrivano dalle periferie del cinema, spesso tendiamo a leggerli
alla luce delle storie politiche dei paesi d’origine. A volte si pecca di superficialità ma per molti aspetti
è un metodo utile per codificare opere che piombano da noi come degli ufo provenienti da chissà
dove. Con il colombiano Monos – Un gioco da ragazzi (rappresentante locale agli Oscar 2020 per il
Miglior film straniero) è quasi automatico adottare una chiave di lettura del genere: la guerra civile
che ha devastato per anni la nazione funge da spunto, misura, allegoria del terzo film di Alejandro
Landes.
Landes ha la sapienza di costruire un grande racconto contemporaneo, che dialoga soprattutto
con la sua comunità ferita, utilizzando un paradigma mitico che lo rende un’affascinante e ipnotica
reinterpretazione di temi noti. Il signore delle mosche è il riferimento più facile, Apocalypse Now
il meno modesto. I ragazzi di Monos, smarriti nel cuore di tenebra (beh, chiaro, no?) della foresta
subtropicale, fanno parte di un esercito clandestino. Avrebbero l’età per vivere un’ultima guerra dei
bottoni o per scontrarsi lungo una locale via Pál, ma sono già in missione per conto di una misteriosa
Organizzazione che li sorveglia attraverso l’addestratore detto il Messaggero. Devono proteggere
una prigioniera, un’americana che chiamano la Dottoressa (sì, sono tutti funzioni che ambiscono al
portato iconico) e che, all’improvviso, scappa dal loro controllo: panico. Perché, dei Monos, lei non è
solo nemico ma anche figura materna.
Landes parte dal reale e respinge il realismo, lambisce il claustrofobico restando en plein air,
costruisce la tensione accumulando angoscia, paranoia, allucinazione. Sull’avamposto della fine di un
mondo ipotetico, i ragazzi lottano per permettersi un futuro nel mondo reale. Virtuosismi? Anche.
Tre gli accreditati al montaggio: indicativo. Lo sguardo liquido di Landes è l’accesso per comprendere
la confusione di un mondo in cui riesce a farti percepire l’umidità devastante, la mancanza d’aria,
il silenzio inquietante. Tutto incredibilmente puntellato dalle musiche di Mica Levi: quasi co-autrice.
(Lorenzo Ciofani, Cinematografo.it)
Dal 14 maggio al 13 giugno - cinema ambiente natura esplorazione - Filmstudio 90
domenica 23 maggio, ore 10 - lunedì 24 maggio, ore 19.30
Varese, Cinema Nuovo ingresso euro 7,50/rid.6,00/rid. soci under 25 euro 3

HONEYLAND di Tamara Kotevska, Ljubomir Stefanov, Macedonia 2019, 86’
E’ incontestabilmente vero quello che da più parti si è scritto a proposito di Honeyland - Il regno delle
api, confermato del resto dalle dichiarazioni d’intenti dei due registi Tamara Kotevska e Ljubomir
Stefanov: che il documentario ci racconta di come un esempio di equilibrio miracoloso e fragilissimo
tra presenza umana – Hatidze Muratova, carismatica custode di questo segreto – e mondo animale
(qui rappresentato dalle comunità selvatiche di api instancabilmente dedite alla produzione del
miele, non a caso considerato nella mitologia greca alimento di Zeus e degli dei) arriva a scontrarsi
con l’irruzione di comportamenti che non rispondono a una logica di convivenza riconoscente ma
di esplicito sfruttamento, al tempo stesso indotto da circostanze oggettive e brutale sia nelle sue
manifestazioni che nei suoi effetti.
Hatidze si muove con leggerezza e gentilezza nel suo quotidiano confronto con le api. Le rispetta
e, così come le sa circuire con le sue nenie e i suoi essenziali strumenti di lavoro per appropriarsi del
prodotto del loro lavoro, contemporaneamente divide con esse quest’ultimo (“metà a voi e metà
a me”): un gesto che rimanda alle origini lontanissime del genere umano, consapevole debitore
della propria sopravvivenza ad altri esseri viventi, degni per questo di essere continuamente
ringraziati e placati per la violenza che sono costretti a subire a tal fine. A sottolineare non soltanto
l’appartenenza profonda di Hatidze a questo sistema di riconoscimento ma anche la precarietà cui
esso è esposto sta la prima sequenza che ci mostra la donna raggiungere un favo selvatico sull’orlo
di un precipizio, muovendosi con la semplicità e la grazia di un animale selvatico eppure cosciente
di svolgere un’attività basata su conoscenza e tecnica tramandate di generazione in generazione,
necessaria alla sua economia di pura sussistenza.
(...) Dopo la partenza degli intrusi, nel cuore dell’inverno la vecchia madre muore. E non dimentichiamo
che di vera morte si tratta, poiché Honeyland - Il regno delle api è un documentario: i due registi
hanno vissuto in situazione per circa tre anni e il racconto che ci hanno donato è distillato da 400
ore di filmato. Una volta attraversato il momento del dolore, Hatidze è infine sola. Abbandona i luoghi
dove ha vissuto per tanti anni, risale un’ultima volta la montagna fino all’alveare che ci era stato
mostrato all’inizio, raccoglie il miele che le servirà per il viaggio e parte accompagnata dal cane. Le
immagini della sequenza conclusiva sono immerse in una luce trasparente come sa essere soltanto
la luce del cielo terso in inverno: Hatidze condivide con il suo cane il miele, cibo degli dei, e fissa il suo
sguardo nell’indeterminatezza del futuro. Uno sguardo che sorride. Un’anima libera.
(Adriano Piccardi, Cineforum)
Il film è stato candidato come Miglior Documentario e Miglior Film Internazionale per la Macedonia del Nord
ai Premi Oscar 2020. Presentazione di produttori locali di miele. In collaborazione con Associazione Sir Jhon.

         replica            HONEYLAND
giovedì 3 giugno, ore 20.45   ingresso euro 5
Travedona Monate, Cinema Sant’Amanzio per info e prenotazioni: info@santamanzio.it
giovedì 27 maggio, ore 20.45
ingresso euro 5
Travedona Monate, Cinema Sant’Amanzio

NOMAD – In cammino con Bruce Chatwin
di Werner Herzog, Gran Bretagna 2019, 85’
info e prenotazioni: info@santamanzio.it

Sono rimasti pochissimi i registi che sono sempre una garanzia, che sfornano ogni volta opere
interessanti, anche quando lavorano a ritmi molto intensi. È il caso di Werner Herzog, un autore già nel
mito che non ha bisogno di presentazioni. Pochi mesi fa è uscito l’ottimo Herzog incontra Gorbaciov
e ora arriva in sala Nomad – In cammino con Bruce Chatwin, dall’approccio e lo stile molto diverso e
ancora più imperdibile. Un documentario da non mancare per chi ama l’avventura, la geografia e il
cammino e, naturalmente, un cineasta che non ha corrispettivi. Il regista traccia la biografia di un
amico, con il quale condivise progetti e ideali, filtrando attraverso i propri ricordi la breve esistenza
(morì di Aids a soli 48 anni d’età nel 1989) di uno dei più celebri e amati scrittori di viaggi. Va nei luoghi
che gli furono cari, dalla Gran Bretagna alla Patagonia all’Australia, incontra testimoni a vario titolo,
ma ciò che prevale con più forza è il punto di vista personale e il sentimento di amicizia e di mancanza
ben percepibile.
Si parte da un pezzo di pelle di brontosauro (che poi si rivelò essere un bradipo gigante estinto circa
10.000 anni fa) a casa di sua nonna in Galles. Un reperto trovato da uno zio marinaio in Patagonia che
incuriosì il piccolo Bruce e gli instillò il fascino per la preistoria che lo accompagnò sempre: per caso
fu presente in Sudafrica nel 1984 quando fu scoperto la più antica traccia di uso del fuoco, risalente
a circa un milione d’anni fa.
Come in molti suoi documentari, a collegare ed accompagnare c’è la chiara e suadente voce del
regista: Chatwin non inventava, “abbelliva i fatti per renderli più reali”, chiarisce per rispondere alle
accuse di eccessiva libertà nei racconti. Incontra poi la vedova Elizabeth che spiega: “Bruce era un
nomade, ma poi tornava sempre tra le colline del Galles, le Black Hills, il paesaggio della sua anima”.
Chatwin cercava pure “le stranezze”, per questo gli piaceva Segni di vita (1968), il primo
lungometraggio di Herzog, nel quale “un soldato tedesco in ricognizione impazzisce quando vede una
valle con 10.000 mulini a vento”. I due si incontrarono per la prima volta in Australia nel 1983, mentre
uno preparava Dove sognano le formiche verdi e l’altro compiva ricerche sui canti aborigeni per Le
vie dei canti: entrambi erano affascinati dalla mitologia aborigena. Il passaggio sul modo di muoversi
e orientarsi degli indigeni australiani e il canto degli anziani, con i misteri sul loro significato, è una delle
parti più affascinanti del film.
(...) Il capitolo più emozionante del documentario è Lo zaino di Chatwin, nel quale il regista arriva a
commuoversi, con misura ma senza paura delle emozioni, rievocando il loro ultimo incontro, poco prima
che lo scrittore cadesse in coma. E spiega che nel successivo Grido di pietra (1991) il protagonista
Vittorio Mezzogiorno porta sempre lo zaino di Chatwin in una sorta di omaggio, per un film che aveva
a che fare con la morte dell’amico.
(Nicola Falcinella, Cinequanon)
venerdì 28 maggio, ore 20.45
ingresso a offerta libera
Balerna, Sala ACP

AMARANTO
di Emanuela Moroni e Manuela Cannone, Italia 2018, 80’
Prologo: il filosofo ed economista Serge Latouche e altri attivisti dei movimenti ecologici globali
ammoniscono a ripristinare un rapporto più equilibrato e rispettoso dell’uomo rispetto all’ambiente,
ma anche ad ispirarsi a nuovi approcci nella convivenza umana. A seguire, attraverso cinque segmenti
concatenati, altrettanti testimoni di stili di vita alternativi al consumismo più meccanico riferiscono la
loro esperienza, tra interviste posate e le immagini esemplificative delle proprie attività.
In “Venire al mondo” l’ostetrica e saggista Verena Schmid, attiva a Firenze, illustra i perché fisiologici e
filosofici del suo sostegno al parto naturale. In “Dare forma al mondo” il maestro elementare Franco
Lorenzoni espone i principi che ispirano il suo metodo educativo nella casa laboratorio Cenci ad
Amelia (Terni). In “Mettere radici” la contadina e utopista Etain Addey spiega come si è avvicinata
alla vita agricola, scoprendola occasione di condivisione anche sociale nella fattoria di Pratale, vicino
Gubbio. In “Coabitare” Alida Nepa dettaglia ostacoli e vantaggi del progetto di cohousing in atto a
Ferrara. In “Rinascere” vediamo all’opera Saviana Parodi, biologa e divulgatrice della permacultura,
disciplina di coltivazione sostenibile. (Raffaella Giancristofaro, MyMovies)

Amaranto è una storia fatta di relazioni, di partecipazione, di un ritrovato rapporto con la Natura.
Rapporto che alla lunga porta alla salute. Nei rapporti, nel lavoro, nell’alimentazione.”Il percorso
dove ci conducono le due registe Emanuela Moroni e Manuela Cannone si condensa in circa un’ora
e venti minuti di pellicola ed è straordinario come in così relativamente poco tempo le due riescano
a riversare efficacemente sul pubblico un lavoro durato tre anni, alla ricerca di frammenti di vita
e di testimonianze sulla possibilità di un’organizzazione diversa da come conosciamo oggi il lavoro, le
relazioni, l’economia, la famiglia e la gestione del territorio.” (anonimacinefili.it)

        replica

domenica 30 maggio, ore 20
ingresso gratuito
Gallarate, salone oratorio Giovanni Paolo II

AMARANTO
sabato 29 maggio, ore 20.45
ingresso a offerta libera
Balerna, Sala ACP

WONDERFUL LOSERS - a different world
di Arunas Matelis, Lituania/It./Svi./Bel./Lett./G.B./Irl./, Sp. 2017, 71’
Otto anni di lavoro in cui ha dovuto affrontare condizioni talora proibitive. Il lituano Arunas Matelis
ha infatti scelto un’impresa tutt’altro che semplice: misurarsi con uno sport che richiede spirito di
sacrificio e dedizione alla causa come nessun altro. L’ultima autorizzazione a girare un documentario
sul Giro d’Italia risale al 1973 di Stars and Watercarriers di Jorgen Leth. 40 anni fa. Ma per Matelis
non si tratta semplicemente di un documentario sul Giro d’Italia. Non si parla di campioni in lotta tra di
loro, di maglie rosa o ciclamino, né del doping che da decenni affligge le competizioni più prestigiose.
Il punto di vista scelto da Matelis è quello di chi costituisce l’ossatura dello sport stesso: i gregari.
Portatori di borracce, agnelli sacrificali destinati a far da battistrada per mettere il campione in scia
e a interpretare il cosiddetto “gioco di squadra”.
Nessuno ne canterà le lodi e a nessuno di loro toccherà il bacio della Miss al traguardo - tanto che, in
una esilarante sequenza, un gregario va a prenderselo da sé il bacio di una spettatrice bionda - ma
è qui che si può toccare concretamente la materia di cui è fatto il ciclismo su strada. In Wonderful
Losers i suoni e i rumori provengono dal basso, in continuazione, come dei disturbi radio in sottofondo.
A contare è ciò che avviene sulla strada, in genere nascosto dalle telecronache, ai margini del ciclismo
che conta.
E a emergere, nelle interviste a vari gregari italiani, è la matrice proletaria e contadina che
contraddistingue il più umile tra gli sport competitivi. Un tratto quest’ultimo che spinge più di ogni
altro l’appassionato ad amare e seguire il ciclismo su strada. Uno sport spesso sgradevole per tutti
e cinque i sensi, fatto di fango e sudore, poco adatto ai merletti di chi ama pavoneggiarsi con la
narrazione sportiva. Una faccenda di sputi, urla, cadute rovinose e soste collettive per fare la pipì en
plein air, sotto gli occhi di chiunque passi di lì. Wonderful Losers non risparmia niente di tutto questo,
anzi lo sottolinea. Perché il ciclismo appartiene a loro, a questi perdenti meravigliosi, che valgono mille
Lance Armstrong. (Emanuele Sacchi, MyMovies)

Il film è stato candidato dalla Lituania agli Oscar 2019 nella categoria Miglior Film in Lingua Straniera
e Miglior Documentario.
lunedì 31 maggio,
ore 19
ingresso euro 7,50/
rid.6,00/rid. soci               a seguire, SNOWPIERCER
under 25 euro 3                  di Bong Joon-Ho, Corea del Sud/USA/Francia
Varese, Cinema Nuovo             2013, 126’
                                 Oggi, mondo: aerei disperdono le famigerate scie chimiche nei
SCIENZE E NATURA.                nostri cieli per contrastare il surriscaldamento globale. La cosa
                                 ovviamente non funziona ed una nuova glaciazione stermina
QUATTRO SCELTE                   rapidamente gli abitanti del pianeta. Unici sopravvissuti i
PER IL FUTURO                    viaggiatori che si sono aggiudicati il biglietto dello Snowpiercer,
di Federico Timelli,             treno rompighiaccio che fa il giro del mondo grazie ad una
                                 locomotiva che procede per moto perpetuo. I biglietti non sono
Italia 2021, 8’                  ovviamente tutti uguali ma rispettano rigidissime classificazioni:
Un corto realizzato da un        spazi ampi nelle prime classi mentre i più poveri stretti stretti
giovane laureato in Scienze      nei vagoni di coda tipo trenord in orario pendolari. Qualche
Biologiche a Varese che ha       anno dopo, esattamente nel 2031, dalle carrozze di coda parte
svolto la propria attività con   una rivolta per ribaltare l’ordine costituito determinato dal
il team di ricerca UAGRA.        misterioso Wilford (Ed Harris), l’inventore mitologico del treno.
                                 In sociologia per mobilità sociale si intende il grado di difficoltà
                                 (o di facilità) con cui è possibile passare da uno grado sociale
                                 ad un altro all’interno della stratificazione di una società. Il
                                 microcosmo di Snowpiercer impedisce qualsiasi tipo di mobilità
                                 sociale: in nome di un equilibrio essenziale alla sopravvivenza
                                 i miserabili del treno devono accettare questa condizione
                                 senza opporre resistenza. Ma i pendolari di tutto il minimondo
                                 si uniscono e capeggiati dal loro leader Curtis (Chris Evans)
                                 avanzano imperterriti nel treno e nella loro condizione sociale
                                 guadagnando acqua, cibo di qualità e vari comfort. Questo
                                 procedere lineare si scontrerà ovviamente con i piani del
                                 creatore e proprietario del vapore Wilfort.
                                 (…) Snowpiercer, presentato come il film coreano piu’ costoso
                                 della storia, riduce in un unico micro-cosmo su rotaia un modello
                                 di società rigida e ipercontrollata che rimanda alle cupe visioni
                                 orwelliane, a tratti alla bizzarra e delirante società del Brazil di
                                 Gilliam. In più qui troviamo ottima azione e tanta violenza: sono le
                                 spranghe ed i bastoni gli strumenti di redenzione a disposizione
                                 dei disperati dei vagoni di coda. Una narrazione rigorosa che si
                                 stempera in un finale aperto che risulta essere poco armonico
                                 con il corpo complessivo del film. Unico neo per uno dei grandi
                                 film della stagione. (Massimo Lazzaroni, Cinequanon.it)
                                 Presentazione a cura di Filmhub90.
LE FOTO FINALISTE                                 DEL CONCORSO

Mario Mondini Lago di Varese, Cazzago Brabbia

Daniela Manfredi Vista del Monte San Giorgio, del Monte Orsa e del Lago di Lugano
dal Monte Generoso
LE FOTO FINALISTE                                     DEL CONCORSO

Ezio Riboni Parete nord della palestra di roccia al Campo dei Fiori con vista verso la Svizzera

Giancarlo Langini Regione di Landmannalaugar in Islanda
LE FOTO FINALISTE                                 DEL CONCORSO

Paola Ghiringhelli Intima contemplazione sulla cima del Mottarone

Tiziana Barbaro Cascate di Cuasso al Monte
LE FOTO FINALISTE                                      DEL CONCORSO

Clara Crivelli Vista del Gruppo Sella da Sass Pordoi, Trentino Alto Adige

Elisabetta Soresina Alpeggi di Pigra, Val di Intelvi

GRAZIE                 A      TUTTI              I     PARTECIPANTI!
giovedì 3 giugno, ore 20.30
ingresso euro 6,50/rid.5,00/rid. soci under 25 euro 3
Varese, Cinema Nuovo

MOKA NOIR – A OMEGNA NON SI BEVE PIÙ CAFFÈ
di Erik Bernasconi, Svizzera 2019, 93’
Andres Pfäffli, che ne è produttore, non ha avuto il tempo di vederlo in sala. Il co-fondatore di
Ventura Film se n’è andato lo scorso 16 agosto all’età di 66 anni, dopo aver fatto “parlare il cinema”
nelle più importanti rassegne, raccogliendone i premi. “Ci ha lasciati – questo l’intero virgolettato – ma
ha sempre voluto far parlare il cinema”, recita il comunicato che annuncia, ricordando Pfäffli, l’uscita
in Ticino di ‘Moka noir – A Omegna non si beve più caffè’, martedì 25 agosto alle 21 nel parco di Villa
Argentina a Mendrisio. Alla presenza del regista Erik Bernasconi, anche nei passi del detective che in
questo documentario-noir (lo dice il titolo) indaga sulla fine (o ‘scomparsa’, in termini investigativi) del
distretto casalingo sviluppatosi in pieno boom economico italiano intorno a Omegna, sul Lago d’Orta,
non troppo lontano dai nostri confini. Omegna il paese della moka, di Renato Bialetti che nel 1958 la
pubblicità aveva trasformato nell’omino coi baffi, stampato sulle sue caffettiere e reso icona dal
televisivo ‘Carosello’. L’omino e tutti gli annessi e connessi di un’epoca in cui in Italia, almeno al nord,
rischiava di esserci lavoro per tutti.
(…) È un thriller, ‘Moka noir’, ed è inutile chiedere al regista il finale in anticipo. «Il colpevole potrebbe
non essere uno soltanto. Le cause potrebbero essere multiple e, alla fine, le conosciamo tutti. Con
questo film cerchiamo di prenderne coscienza». Un docu-thriller in bianco e nero, per rispetto del
genere ma anche «per la volontà di farne un film unitario, possibilmente non databile. Quella delle
rivendicazioni dei diritti dei lavoratori è un’esperienza che in altri territori si sta vivendo solo adesso. E
quella di Omegna è la storia comune a molti altri distretti industriali, a volte solo traslata di decenni».
Storia scritta a quattro mani con Matteo Severgnini, di Omegna, giallista. «Che è uno dei motivi –
l’essere giallista – per cui abbiamo scelto insieme questo taglio. È lui che mi ha proposto le storie della
sua cittadina, che non conoscevo. È lui che mi ha portato nelle fabbriche abbandonate, e dalla gente
del posto». (Beppe Donadio, Laregione.ch)

Sarà presente il regista Erik Bernasconi.
Presentazione a cura Giuseppe Muti (Università degli Studi dell’Insubria).
In collaborazione con Legambiente Castronno, Associazione Sir Jhon, Associazione Italiana Insegnanti
di Geografia.

Flash mob: portate la vostra moka di casa (meglio se Bialetti) per diventare partecipi
di un progetto creativo collettivo... che resterà nella memoria.
venerdì 4 giugno , ore 21.15
ingresso gratuito
Vedano Olona, Parco Fara Forni

SARÀ UN PAESE
di Nicola Campiotti, Italia 2014, 77’
2 novembre 2014 - Quest’anno la tradizionale ricorrenza del 20 novembre - la giornata che in tutto
il mondo celebra l’approvazione della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza,
avvenuta il 20 novembre 1989 - si lega a un’opera cinematografica. L’UNICEF Italia ha infatti deciso di
celebrare il 25° anniversario della Convenzione con una serata-evento al Cinema Barberini di Roma,
nella quale sarà presentato “Sarà un paese”, il film del giovane regista Nicola Campiotti, al suo esordio
nel lungometraggio.
Al confine tra documentario e finzione, il film esplora e racconta l’Italia di oggi attraverso lo sguardo
curioso e indagatore di Elia, un bambino di 10 anni, alle prese con un Paese saturo di contraddizioni e
difficoltà ma anche colmo di speranze e propositi per un futuro migliore.
Il diritto al lavoro, l’amore per la terra, il paesaggio e l’ambiente che ci ospitano, il diritto di cittadinanza, il
senso del limite, il valore del coraggio e il rispetto delle regole, l’apertura alla conoscenza e all’incontro
di culture e credenze diverse, la Costituzione della Repubblica, gli esempi di buon governo. Questi sono
alcuni dei temi narrati con grande sensibilità ed efficacia da Nicola Campiotti, nonché le principali
tappe del cammino che il giovane protagonista Elia si troverà ad affrontare. (Unicef.it)

Si è detto che Sarà un paese è un film per ragazzi. Ciò è vero solo in parte, e comunque non in un’ottica
riduttiva. Più che rivolto a un pubblico specifico, genericamente identificabile con una fascia di età, il
film di Campiotti è infatti quella che si dice un’opera “a misura di bambino”: l’ottica della narrazione è
quella del piccolo Elia Saman, attore che offre una prova fresca e sorprendentemente ricca. Che il
film possa essere fruito da un pubblico più giovane, e che possa essere utilizzato in percorsi educativi
mirati (comunque da contestualizzare) è senz’altro vero: ma ciò che l’opera stimola è più che altro
una limpidezza di visione, il recupero di quell’attitudine alla semplicità nell’approccio ai temi (che non è
semplicismo) che è incarnata nel personaggio del piccolo protagonista. Una semplicità che parte da
quella comunicazione che il ragazzino, in modo embrionale, comprende essere chiave di volta per la
comprensione: lui e suo fratello, che nel film ha il volto dello stesso regista, si mettono semplicemente
in ascolto, con un atteggiamento puramente e squisitamente ricettivo. Ciò che ne ottengono sono
storie, racconti, vivide immagini: storie di vita vissuta, spesso drammatiche, ma filtrate da quel senso
di meraviglia, da quel bisogno di ascolto, e condivisione, che da sempre rappresentano la base per la
trasmissione della conoscenza. Il film si muove quindi, costantemente, sul doppio binario del racconto
realistico, tradotto nella sua natura più documentaristica, e della trasfigurazione fiabesca, incarnata
nella dimensione mitica del viaggio dei due protagonisti. (Marco Minniti, Movieplayer.it)

Saluto in video del regista. In collaborazione con LATI S.p.a.

Info e prenotazioni sul sito del Comune di Vedano Olona.
sabato 5 giugno, ore 20
ingresso gratuito - GIORNATA MONDIALE DELL’AMBIENTE
Lozza, Palatennistavolo

ANTROPOCENE
di Jennifer Baichwal, Nicholas de Pencier e Edward Burtynsky
Canada 2018, 87’
Una meditazione cinematografica sulla massiccia ricostruzione del pianeta da parte dell’umanità,
Antropocene – L’epoca umana è un film documentario che avuto una lavorazione di quattro anni
ad opera del pluripremiato team composto da Jennifer Baichwal, Nicholas de Pencier e Edward
Burtynsky.
Terzo in una trilogia che include Manufactured Landscapes (2006) e Watermark (2013), il film segue
la ricerca di un gruppo internazionale di scienziati, il gruppo di lavoro Anthropocene che, dopo quasi
10 anni di ricerca, sostiene la teoria secondo cui l’epoca dell’Olocene ha lasciato il posto all’epoca
dell’Antropocene a metà del XX secolo in seguito a profondi e duraturi cambiamenti.
Dalle pareti di cemento in Cina che ora coprono il 60% della costa continentale, alle più grandi macchine
terrestri mai costruite in Germania, alle psichedeliche miniere di potassio negli Urali russi, alle fiere di
metallo nella città di Norilsk, alla devastante Grande Barriera Corallina in Australia e surreali stagni
di evaporazione del litio nel deserto di Atacama, i cineasti hanno attraversato il globo usando valori
di produzione di fascia alta e tecniche fotografiche allo stato dell’arte per documentare le prove e
l’esperienza del dominio dell’uomo sul pianeta.
All’incrocio tra arte e scienza, Antropocene – L’epoca umana testimonia, attraverso l’esperienza e
non la didattica, un momento critico nella storia geologica - portando un’esperienza provocatoria e
indimenticabile dell’ampiezza e dell’impatto della nostra specie. (dal pressbook del film).

In questo excursus, Antropocene ci porta nella riserva di Ol Pejeta, in Kenia, dove si tenta di preservare
l’esistenza di rinoceronti ed elefanti, messa in serio pericolo dal bracconaggio. Qui assistiamo allo
straziante rituale della cremazione di migliaia di zanne di elefante, sottratte ai sanguinosi bottini della
criminalità. Un funereo falò che diventa il simbolo del documentario stesso, raccontando tutta la
miseria e il paradosso dell’avidità umana. Un’avidità che stermina e distrugge e a cui solo l’uomo stesso
può rimediare, invertendo la rotta delle proprie azioni. Dall’Africa ci spostiamo a Norilsk in Siberia, uno
dei luoghi più inquinati al mondo e noto come città del nichel, in cui tutto ruota attorno all’industria
dell’estrazione mineraria.
Da lì si va in Europa, in luoghi dove l’intervento umano ha ormai irrimediabilmente mutato l’aspetto
della superficie terrestre, come le cave di marmo di Carrara, dove oggi le macchine riescono
a strappare alla montagna in un giorno quello che una volta ne richiedeva manualmente almeno
quindici. (Alice Zampa, Lifegate.it)
sabato 5 giugno, ore 21
ingresso (riservato ai soci) euro 6,00/rid. soci under 25 euro 3
GIORNATA MONDIALE DELL’AMBIENTE
Varese, Sala Filmstudio 90

LETTRE À G. – RIPENSARE LA NOSTRA
SOCIETÀ CON ANDRÉ GORZ
di Charline Guillaume, Julien Tortora, Pierre-Jean Perrin, Victor Tortora,
Francia 2019, 72’ (versione originale con sottotitoli italiani)
Un film dedicato ad André Gorz, uno degli intellettuali più stimolanti del XXI secolo. Discepolo di Sartre,
fortemente influenzato da Ivan Illich, è stato al tempo stesso filosofo, giornalista impegnato, critico
economico, pensatore dell’ autonomia e pioniere dell’ecologia politica in Francia.
Manon, 26 anni, raggiunge la casa di famiglia a Vosnon, nella campagna dell’Auboise, per prendere le
distanze da Parigi, dove ha studiato. Laureata e senza un lavoro fisso, la prospettiva della precarietà
la soffoca. Mentre cammina nel paese della sua infanzia si imbatte in un camion della televisione
tedesca davanti a una casa vicina. Apprende per caso che un grande pensatore di ecologia politica è
vissuto lì per vent’anni e vi ha trascorso i suoi ultimi momenti: Andre Gorz. Manon decide di indagare
su questo misterioso filosofo di cui nessuno le ha mai parlato. Legge i suoi libri, si interessa alla sua vita
e le sue scelte quotidiane ne vengono stravolte.
Sotto forma di lettera immaginaria, si instaura un dialogo tra Manon e André Gorz sulla decrescita,
il lavoro, il reddito universale e l’autonomia. Manon scopre questo pensatore e decifra la società in
cui lei vive. Manon esprime i dubbi, i desideri e le domande della nostra generazione. Si interroga sul
significato dei nostri atti, in un contesto di crisi ecologica. Attraverso le sue letture e le interviste
filmate con Hervé Kempf, Dominique Bourg, Christophe Fourel, Willy Gianinazzi e Adeline Barbin,
Manon incarna il prisma attraverso il quale scoprire André Gorz: l’uomo e il teorico; il filosofo e il
giornalista; l’essere torturato che era fino a quando non ha trovato il suo posto accanto a Doreen,
la sua compagna.

Sarà in collegamento telefonico il regista Pierre-Jean Perrin, intervistato da Gabriele Ciglia e Gian
Marco Martignoni.
domenica 6 giugno, ore 9
Ternate, Parco Berrini

CORRI CON SAMIA – Lago di Comabbio Run
Una corsa (ma anche camminata, nordic walking e plogging) per riflettere e documentarsi sui temi
del-la migrazione, dell’integrazione e del vivere comune.
Iscrizioni: www.endu.net, info@africasport.it
domenica 6 giugno, ore 21.15
ingresso gratuito
Varese, Giardini Estensi

FLORA, FAUNA
E ALTRE VITE                                       a seguire,
di Marco Tessaro, 15’                              SERPENTI E UOMINI
Un viaggio che dal Ticino al lago di Varese e
al lago Maggiore, arriva fino alla Forcora,        DELLA VAL GRANDE,
realizzato in 4K, per conoscere i pregi e i
difetti dei nostri ecosistemi.Il documentario
                                                   INSOSPETTABILI COMPAGNI
è prodotto da Lipu ed è parte del piano di         DI VIAGGIO
comunicazione del progetto Corridoi Insubrici      di Marco Tessaro, Italia 2021,15’
– il network a tutela de capitale naturale
insubrico. Il progetto nasce per tutelare
                                                   prod. Parco Nazionale Val Grande.
                                                   Può suonare strano, ma l’uomo per secoli ha
e dare continuità ecologica ad alcuni dei
                                                   favorito i serpenti. La graduale colonizzazione
luoghi più rilevanti delle Prealpi varesine.
                                                   delle Alpi per l’inalpamento del bestiame ha
Il coordinatore del progetto è il Parco del
                                                   significato l’apertura di radure, prati da sfalcio
Campo dei Fiori, con il coinvolgimento di un
                                                   e pascoli. Un lento processo di trasformazione
partenariato composto da Provincia di Varese,
                                                   del paesaggio che ha diversificato l’ambiente
Comune di Varese, Comunità Montana Valli del
                                                   naturale, creando condizioni favorevoli di vita
Verbano, Università dell’Insubria, Lipu, Oikos,
                                                   per numerose specie e relazioni tutt’altro che
Legambiente, con il sostegno della Fondazione
                                                   scontate.
Cariplo.
                                                   Sarà presente Cristina Movalli, Parco Nazionale
“Le Prealpi varesine - dice Massimo Soldarini -
                                                   Val Grande.
sono un serbatoio di biodiversità unico grazie
a un’interazione di elementi naturali che crea
ambienti molto diversi tra loro. In una regione    PROGETTO DI
come la nostra, con una densità umana tra le
più elevate, mantenere la connessione delle
                                                   RIQUALIFICAZIONE
aree naturali significa consentire il flusso       FLUVIALE IDROLIFE
vitale di flora e fauna, che sono in perenne
movimento. Solo la tutela capillare di preziosi
                                                   di Marco Tessaro, Italia 2021, 15’
                                                   Pesci e gamberi di fiume sono i proganisti di
ecosistemi come laghi, paludi, selve castanili,
                                                   questo cortometraggio, prodotto da CNR ISE e
prati da sfalcio di pianura e pascoli in quota
                                                   Graia, su motivazioni e strategie del progetto
può portare ad un’effettiva salvaguardia
                                                   europeo LIFE IdroLife svolto tra Toce, Lago
della rete ecologica e degli elementi che la
                                                   Maggiore, Lago di Mergozzo e Parco Nazionale
popolano”.
                                                   Val Grande.
Presentazione a cura di Adriano Martinoli
                                                   Sarà presente il regista.
(Università degli Studi dell’Insubria) e Massimo
Soldarini (LIPU).
martedì 8 giugno, ore 21.30
ingresso euro 6,50/rid.5,00/rid. soci under 25 euro 3
Varese, Giardini Estensi

SEMINA IL VENTO
di Danilo Caputo, Italia/Francia/Grecia 2020, 91’
Semina il vento di Danilo Caputo racconta dei casi di xylella, il batterio che ha flagellato il Salento negli
ultimi anni. Siamo vicino all’Ilva, la più grande acciaieria europea che ha danneggiato l’ambiente della
regione per decenni. La protagonista è Nica, una giovane studentessa di agronomia che ritorna a
casa dei suoi genitori nel sud Italia dopo una lunga assenza. È profondamente legata alla terra di sua
nonna e ai suoi ulivi secolari, che non danno frutti da tre anni. Sono infestati da insetti che nessun
pesticida è stato finora in grado di sradicare. Nica è decisa a trovare una soluzione. Ma il tempo sta
scadendo perché i suoi genitori pensano solo al denaro e vogliono abbattere gli alberi.
Semina il vento è incentrato sul conflitto modernità-tradizione che tanto piace al cinema italiano
ambientato al Sud, il film è a tratti molto interessante ha il coraggio di prendere posizione ed è
decisamente un omaggio alla natura nel senso più assoluto. Quel che è problematico è l’accumulo
di troppi materiali, infatti il conflitto tra modernità e tradizione diventa presto anche uno scontro
familiare, ma anche ambiente contro malaffare, e scienza contro credenze pagane. Proprio per
questo eccesso di conflitti la costruzione e la sceneggiatura sono spesso zoppicanti, nonostante ciò
emerge con forza il personaggio di Nico, che sembra l’unica persona in grado di capire cosa bisogna
fare, ma l’ostilità e l’oscurità del paese sono fortissime, la sua lotta è un po’ la lotta di tutti noi: se
vogliamo cambiare questi tempi dobbiamo prendere delle posizioni. (Claudio Casazza, Cinequanon)
Berlino 2020, Panorama.

Semina il vento è dunque una parabola che fa davvero spavento, perché atterrisce quel che
mostra normalmente, anche al bordo di inquadrature che sembrano quadri per la composizione e
la cura cromatica. Gli alberi sono infatti creature sovrannaturali, data anche la loro longevità, che
solo l’inciviltà umana, istituzionalizzata come la criminalità, teme e cerca di distruggere. Dunque la
protagonista, novella prescelta, congiura con questi esseri dalla corteccia e dall’anima in percolo. Visto
L’albero del male? Bene, Semina il vento ne mantiene l’impianto e ne capovolge l’asse etico in termini di
sostenibilità ambientale e culturale. Il paradigma degli horror tradizionali è dunque ribaltato: le entità
arboree, di cui l’autore ci regala acute soggettive o ad esse si avvicina con movimenti suggestivi e
inquietanti, sono la controparte buona del racconto. E Nica la loro “indemoniata”, che sin dal principio
viene irretita e posseduta dall’ancestrale richiamo verso un mondo che sta scomparendo.
(Anton Giulio Mancino, Cineforum.it)

Prima del film, proiezione di un breve video realizzato da “Terre di Puglia - Libera Terra”
per raccontare la coltivazione delle olive in terreni confiscati alla mafia.
In collaborazione con Libera Varese.
Presentazione del film a cura di Alessandro Leone
giovedì 10 giugno, ore 21.30
 ingresso euro 6,50/rid.5,00/rid. soci under 25 euro 3
Varese, Giardini Estensi

LA CORDIGLIERA DEI SOGNI
di Patricio Guzman, Cile/Francia 2019, 84’
Le carrellate lente, talvolta combinate con un ralenti. La voce narrante pacata, quasi rassegnata, che
scandisce ogni parola in modo sommesso. Lo stile di Patricio Guzmán, celebre documentarista cileno
ormai vicino alla soglia degli ottant’anni - oltre la metà dei quali passati in esilio in Europa, dove si è
rifugiato dopo il golpe di Pinochet -, è riconoscibilissimo, fin dalle prime sequenze di “La cordillera de los
sueños”, terzo capitolo di una trilogia che mescola suggestioni geografiche alla storia tormentatissima
del Cile, funestato nell’ultima parte del Novecento da una spietata dittatura, che ancora oggi lascia
le sue scorie su quei cittadini che non vogliono e non riescono a voltare pagina. Una trilogia che ha per
oggetto proprio la memoria, il fardello di chi vuole conservarla, l’ipocrisia di chi vuole oscurarla. Una
trilogia accomunata dall’utilizzo, come pretesto narrativo, di tre elementi della geografia cilena, quelli
che contribuiscono a fondare l’isolamento di un Paese che costituisce, nelle nostre menti assuefatte al
planisfero eurocentrico, l’estrema propaggine Sud-occidentale del pianeta.
(...) Il resoconto è ovviamente quello della storia cilena dal 1973 in avanti, quella che inizia con il golpe che
pose fine all’utopia di Allende, dando il via a un regime di oppressione, di omicidi e di torture, di gente
scomparsa, gettata nell’Oceano (come si narrava in “El bóton de nácar”) o seppellita nel deserto (come
raccontava “Nostalgia de la luz”). Le Ande, tuttavia, hanno un ruolo più simbolico in “La cordillera de
los sueños”: sono testimoni della barbarie, ma non per qualche aspetto in particolare, o per qualche
episodio specifico legato agli anni della dittatura. Lo sono per definizione - afferma Guzmán - per la
loro posizione, per la loro storia millenaria di baluardi che avvolgono il territorio del Paese. La metafora
è calzante, quasi ovvia, ma non può che rappresentare un passo indietro rispetto alla più concreta
focalizzazione che il regista aveva saputo trasmettere nei suoi due precedenti lungometraggi,
dove l’elemento geografico diventava, per l’appunto, un fattore direttamente coinvolto nell’orrore
rappresentato. (Vincenzo Chieppa, Ondacinema.it)

Attraverso le conversazioni con gli amici artisti di Santiago, Guzmán porta in superficie un sentire
comune rispetto alla catena montuosa: l’idea che isoli il Cile dal resto del mondo, così come la sua
dittatura lo ha reso un caso, non unico, ma tragicamente singolare. E isolato, solitario, è anche lui
stesso, condannato ad un sogno ricorrente che si è fatto tormento, fantasma, condivisibile fino in
fondo solo con chi, come lui, ha dedicato la vita al lavoro duro del fare memoria.
(Marianna Cappi, MyMovies.it)

Presentazione a cura di Antonio Orecchia (Università degli Studi dell’Insubria)
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