CORONAVIRUS - COVID-19 COME DIFENDERSI DAL CONTAGIO - Luigi Gobio Casali - Al Barnardon

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CORONAVIRUS - COVID-19 COME DIFENDERSI DAL CONTAGIO - Luigi Gobio Casali - Al Barnardon
Luigi Gobio Casali

CORONAVIRUS                   SARS-CoV-2

          COVID-19
COME DIFENDERSI DAL CONTAGIO
    a cura di Alessandra Demonte

             E. Lui Editore
Il contenuto di questo volume è il
   risultato della preparazione di una
   conferenza sulla piattaforma web
   Zoom, che il Prof. Luigi Gobio Ca-
   sali ha tenuto venerdì 27 marzo
   2020 per il Rotary Club Mantova
   Castelli, di cui è membro e past
   president con due onorificenze
   “Paul Harris Fellow”.

          editing Alessandra Demonte
progetto grafico e impaginazione Alessia Petocchi

          © copyright 2020 E. Lui Editore
    viale XXV aprile, 31 • 42046 Reggiolo (RE)
        tel. 0522.972151 • fax. 0522.971929
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Luigi Gobio Casali

CORONAVIRUS                   SARS-CoV-2

          covid-19
Come difendersi dal contagio

    a cura di Alessandra Demonte

             E. Lui Editore
INDICE

Premessa                                             7
covid-19                                             9
Sintomi della malattia covid-19                     11
La questione del ricovero                           13
I tempi dell’insorgenza della malattia              17
Il problema della letalità                          19
La letalità italiana è maggiore di quella cinese?   23
Farmaci di uso domiciliare                          27
Il tampone naso-faringeo                            29
Portatori sani o infetti asintomatici               33
Soggetto in periodo d’incubazione                   35
I soggetti guariti                                  37
Come avviene il contagio                            41
Parliamo di mascherine                              47
L‘uso dei guanti                                    53
Cosa e come detergere in casa                       57
Come comportarsi con lo smaltimenti dei rifiuti     59
I mezzi di trasporto pubblici                       61
Le domande ancora senza risposta                    63
Strategie di uscita                                 67
Note                                                69
Curriculum Luigi Gobio Casali                       73
PREMESSA

        La grande maggioranza degli italiani è costretta dal-
le circostanze ad essere confinata in casa. All’inizio di que-
sta esposizione mi sembra perciò importante illustrare la
ragione scientifica che giustifica questa sorta di quarantena
generalizzata.

Per illustrarvela, vi ricordo che i virus non possiedono tut-
ti la stessa capacità infettante. Il virus esistente forse più
contagiante è il virus del morbillo. Ogni soggetto affetto
da morbillo ha infatti mediamente la capacità di contagiare
15 (7-29) individui non immuni e anche di più. Per contro,
il virus dell‘influenza stagionale è molto meno contagio-
so: ogni malato di influenza può contagiare mediamente 1
persona e mezza non immune verso quel virus influenzale.

Il coronavirus SARS-CoV-2, dal punto di vista della con-
tagiosità, sta in mezzo fra il virus influenzale e quello del
morbillo. Un malato da coronavirus può contagiare, infatti,
mediamente circa 2 persone e mezzo/3 fra coloro che non
hanno già avuto la malattia.

Il 10 marzo 2020 è uscito su “The Lancet”, una delle due
riviste scientifiche più autorevoli del mondo, un importan-
te articolo nel quale si fa riferimento a una situazione che
sembra la fotografia di quella italiana in questo momento.

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Nell’articolo si dice (come ha informato in TV il prof. Massi-
mo Galli, Direttore del Dipartimento delle Malattie Infettive
dell‘Ospedale Sacco di Milano), che:

“quando abbiamo un‘infezione nella quale ogni sin-
golo caso infetto ne infetta altri due e mezzo, se
non identifichiamo e non mettiamo in quarantena il
70% dei contatti, non abbiamo nessuna chance di
liberarcene entro tre mesi”.

È sulla base di studi scientifici, come quello citato, che i
provvedimenti del governo stanno tentando di farci uscire
dalla morsa di questa epidemia.
Speriamo di riuscirci, ma non avverrà in breve tempo e pa-
gheremo un prezzo altissimo, sia in termini di vite umane
sia in termini economici. Certezze assolute non ne abbia-
mo, dato che conosciamo troppo poco questo virus.
L’epidemia probabilmente sarà arrestata dalla immunità di
gregge, cioè si arresterà quando un numero sufficiente di
esseri umani avrà prodotto una quantità protettiva di anti-
corpi.
Questi anticorpi si possono produrre con due modalità:
1) talora, nel corso di una malattia bene evidente;
2) in altri casi, senza che ce ne rendiamo conto, a causa di
microcontagi ripetuti, sufficienti a indurre la produzione di
un tasso di anticorpi protettivo, ma insufficienti a provocare
una malattia clinicamente evidente. In ultima analisi, costo-
ro subiscono una sorta di vaccinazione naturale verso il
coronavirus.

8
COVID-19

         Il SARSCoV-2 è un ceppo di virus che, per la terza
volta in pochi anni, fa il salto di specie dal pipistrello all’uo-
mo e diviene perciò, a tutti gli effetti, un virus umano. Tutto
ciò, come è noto, si è verificato a Wuhan nella provincia di
Hubei in Cina. Era accaduto una prima volta con la SARS
(10.000 casi con tasso di letalità del 10%), insorta sempre in
Cina nel 2002-2003 e, dieci anni dopo, con la MERS (letalità
del 37%) nata in Giordania e Arabia Saudita, dove continua
a circolare.
I primi casi dovrebbero essersi verificati a novembre 2019,
il primo decesso ufficiale da coronavirus risale al 9 gennaio
2020; tuttavia solo il 20 gennaio le autorità cinesi dichiarano
al mondo la contagiosità umana del virus.
La Covid-19 e la SARS hanno entrambe in comune un an-
damento trifasico (fase di invasione, fase di risposta im-
munitaria, fase di grave lesione polmonare da polmoniti
primitivamente virali, che implicano una severa insufficien-
za respiratoria). Tale andamento ha periodi un pochino più
brevi nella Covid-19 rispetto alla SARS.
Nonostante questa analogia, i due tipi d’infezione presentano
differenze importanti: per letalità, contagiosità e incubazione.
-     La letalità nella Covid-19 è infatti 4 volte inferiore a
quella del coronavirus della SARS: 2-3% (OMS, nell’uomo
2,8% e nella donna 1,7%) per la Covid-19 e 10% per la SARS.
-     La contagiosità, tuttavia, è molto superiore nella Covid-19:

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un paziente ha una probabilità media di infettare 2,6-3,2
(Remuzzi, The Lancet, 13 marzo 2020) nuovi soggetti.
Quest’ultima caratteristica comporta il fatto che, se anche
la letalità è inferiore per la Covid-19, il numero di morti to-
tali sarà molto maggiore. Peraltro, si tenga presente che
una epidemia comincia a rallentare solo quando ognuno
dei soggetti infetti inizia a infettare meno di 1 altro indivi-
duo cioè, ad esempio, quando si verifica 1 nuova infezione
ogni 2 infetti.
-    Il periodo d’incubazione, infine, per la Covid-19 è
maggiore di quello della SARS ed equivale, nella maggio-
ranza dei casi, a 5-6 giorni, massimo 14 giorni. Secondo lo
pneumologo Sergio Alfonso Harari dell‘Ospedale San Giu-
seppe di Milano, però, in base a dati molto recenti, talora
può arrivare fino a 3 settimane.

10
SINTOMI DELLA MALATTIA COVID-19

Sono analoghi a quella di un‘influenza, con la quale può
essere scambiata:

-   febbre (da qualche decimo a febbre alta): il sintomo
    più frequente
-   astenia
-   tosse secca
-   rinite con scolo nasale
-   mal di gola
-   diminuzione di gusto e olfatto
-   dolori osteomuscolari (senso di bastonatura)
-   congiuntivite (raramente)
-   diarrea (raramente)
-   insufficienza renale (raramente)

    Nei casi più gravi: polmonite interstiziale bilaterale,
    con febbre elevata, dispnea, polipnea e, raramente,
    emoftoe (tracce di sangue nel catarro espulso).
    Nei casi estremi: morte.

La guarigione è abbastanza protratta: 8-15 giorni quando
la malattia è domiciliare; molto più lunga in caso di ricovero
ospedaliero.

                                                            11
LA QUESTIONE DEL RICOVERO

        Venendo a una decisione pratica molto importante,
cerchiamo di rispondere al quesito: quando è indispensa-
bile ricoverare il paziente?

È importante cogliere sul nascere l’ipotesi di una polmonite
per ospedalizzare tempestivamente il paziente e ricoverar-
lo quando ancora non è troppo tardi. Fra i vari metodi per
raggiungere questo risultato io ne privilegio due.

1) Il saturimetro
Il primo è rappresentato, per coloro che dispongono di un
saturimetro (ossimetro) da applicare al dito, dalla lettu-
ra del valore della saturazione dell’ossigeno nel sangue
dell’interessato.
Il saturimetro ha una forma simile a quella di una molletta
per appendere i panni e viene applicato sul dito del pazien-
te, previa pulitura dell’unghia da eventuale smalto.
Il valore di saturazione appare immediatamente sul display
del piccolo strumento, poco dopo l’applicazione al dito.
Il saturimetro, che ha un costo alla portata di molti (70 euro
circa), talora è persino svenduto in certi supermercati per
qualche decina di euro, ma si tratta di modelli scarsamente
attendibili. Anche i modelli migliori hanno un possibile er-
rore di +/- 2%. Ciò significa che, quando leggiamo un valore

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di saturimetria del 97%, il soggetto in realtà potrebbe avere
una saturazione dell’ossigeno nel sangue anche del 95%
così come del 99%.
I valori di saturazione normali sono compresi fra il 95% e
il 99%.
I valori di saturazione bassa sono quelli sotto il 95%: si parla
di lieve ipossia tra il 91 e il 95%, ipossia moderata (< /= 90)
e grave (< 85%).

Considerazione importante: se in un soggetto la saturi-
metria (nota all’esordio dei sintomi) scende, da un giorno
all’altro, di 4-5 punti percentuali (misurata con il medesi-
mo saturimetro) e va in ipossia (
2) La frequenza respiratoria
Veniamo al secondo metodo che si base sulla conta della
frequenza respiratoria: è un parametro clinico che, per es-
sere rilevato, richiede solo un orologio con la lancetta dei
secondi e una persona che proceda alla conta del numero
di atti respiratori.
Nell’adulto sano ha un valore compreso fra 14 e 20 atti re-
spiratori/minuto.
Essa è ben correlata alla saturazione dell’ossigeno nel san-
gue, nel senso che, se questa diminuisce, la frequenza re-
spiratoria aumenta.
Ciò premesso illustriamo come comportarsi in pratica.

All’esordio dei sintomi, mentre il paziente dorme, chi deve
eseguire la conta appoggia delicatamente la mano sul
ventre del soggetto, tra l’estremità inferiore dello sterno e
l’ombelico. Registra per 1 minuto esatto quante volte si sol-
leva il ventre. Quello è il valore della frequenza respiratoria
di quel soggetto in quel momento.
Dopo 2-3 minuti è opportuno eseguire una seconda conta
sempre per 1 minuto.
Se i due valori non si discostano oltre due atti respiratori
(es. 16 e 18/min.), si fa la media dei due valori e si considera
questa media (17/min. nel caso dell’esempio) la frequenza
respiratoria di quel giorno.
Se i due valori si discostano oltre il valore di due, bisogna
rifare tutta l’operazione da capo dopo 5-10 minuti.
Se invece le due conte non si discostano troppo, si registra
su un calendario il valore della frequenza respiratoria misu-
rata in quella data.
Poiché si è detto di eseguire la prima conta all’esordio dei
sintomi, è estremamente improbabile che esista già una
polmonite interstiziale bilaterale.

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Quindi quella conta corrisponde, in quel soggetto, a una si-
tuazione di scambi gassosi normali negli alveoli polmonari.
Si ripetono poi le due conte ogni giorno, sempre mentre il
paziente dorme.
Se, malauguratamente, si riscontrasse una media delle due
conte che, rispetto alle precedenti 24 ore è aumentata di
5-6 atti respiratori o anche più, questo sta a significare che il
paziente è andato in ipossia e/o ipercapnia (aumento della
anidride carbonica nel sangue).
Il paziente va ricoverato o comunque visitato rapidamente.

Il quadro radiologico della lastra, eseguita al momento del
ricovero, consente la diagnosi di polmonite interstiziale
bilaterale. Tuttavia, poiché il quadro radiologico può esse-
re molto variabile, non consente una diagnosi differenziale
tra infezione da coronavirus o da altri agenti infettanti. In
questo senso aiuta molto il tampone naso-faringeo, il cui
esito si può conoscere già 5-6 ore dopo l’esecuzione, se
non ci sono ostacoli organizzativi.

16
I Tempi dell’insorgenza della malattia

        Qual è il tempo intercorso fra l’inizio dei sintomi e il
ricovero?
Il tempo medio che intercorre fra l’inizio dei sintomi e la
comparsa di difficoltà respiratoria, che obbliga al ricove-
ro, è più spesso di 6/8 giorni (4 gg in Lombardia), ma talora
anche di 3 giorni. Poi, in 2-(3) gg, ma anche in poche ore il
paziente può talora aggravarsi per il sopraggiungere di una
polmonite interstiziale bilaterale, che richiede assistenza
in terapia intensiva e cioè:
-    con una ventilazione assistita non invasiva (CPAP). In
Lombardia in poche settimane le attrezzature CPAP sono
salite da 200 a 1700;
-    oppure con una ventilazione invasiva di tipo meccani-
co, previa intubazione orotracheale (IOT). In Lombardia la
disponibilità di ventilatori meccanici è in rapido progres-
sivo aumento e, fino ad ora, non si è quasi mai verificata
la indisponibilità di un ventilatore automatico per qualche
paziente che ne avesse assolutamente bisogno (Assessore
Giulio Gallera, 12 marzo 2020);
-    oppure infine con un‘ossigenazione del sangue extra-
corporea (ECMA) che viene eseguita solo in 15 centri italiani.

A questo punto è importante sottolineare la grande diffe-
renza fra queste polmoniti interstiziali e le polmoniti che
complicano la normale influenza.

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Pur essendo l’influenza un‘infezione virale, la grande mag-
gioranza delle polmoniti che la complicano sono polmoniti
batteriche e, in quanto tali, risentono molto favorevolmen-
te di una terapia antibiotica. Per contro, la polmonite in-
terstiziale bilaterale da coronavirus è primitivamente virale
e pertanto gli antibiotici sono inefficaci. Pare altresì, ma
la questione è oggetto di studio, che il danno agli alve-
oli polmonari sia dovuto più alla reazione immunitaria al
virus “esagerata” dell’organismo che non al virus stesso.
E questa è, forse, la ragione per la quale farmaci come il
Tolicizumab (capaci di ridurre gli effetti di tale reazione
immunitaria) possono essere efficaci nei soggetti che, ol-
tre alla polmonite interstiziale, hanno una interleuchina 6
(una sostanza che dà una misura dell‘infiammazione in atto)
elevata. Il paziente deve quindi essere in grado di guarire
con le proprie difese immunitarie ed, eventualmente, con
l’aiuto di cocktail di antivirali ancora sperimentali, ma qual-
che volta efficaci. L‘aiuto che può ricevere è quello di un‘in-
dispensabile ventilazione meccanica fino a quando sarà
nuovamente in grado di respirare autonomamente. Natu-
ralmente, affinché tutto ciò si verifichi, occorre un ventilato-
re meccanico disponibile.
Nel caso di numero insufficiente di ventilatori rispetto al nu-
mero dei malati che ne avrebbero bisogno, cosa che non
si è quasi mai verificato sino ad ora in Lombardia, i rianima-
tori, collegialmente, devono decidere a chi dare la priorità.
Si tratta di una decisione drammatica, ma in casi estremi
necessaria. É una decisione sempre collegiale che va presa,
sulla base di una valutazione clinica complessiva, sceglien-
do il paziente che ha maggiore probabilità di sopravvivere
con quel trattamento di respirazione artificiale.

18
IL PROBLEMA DELLA LETALITÀ

Qual è l‘evoluzione probabilistica della sintomatologia nei
malati?

Anche se i dati sono in continuo aggiornamento, su 100
ammalati da coronavirus:
-    80% guariscono spontaneamente nel corso di 12-30 giorni;
-    15-17% presentano una sintomatologia seria, con in-
teressamento polmonare, curabile in ospedale ma che, in
quasi la metà dei casi (cioè 7-10% circa del totale), necessi-
ta di terapia intensiva/subintensiva: CPAB, IOT;
-    2-3% decede.

La letalità, che è il rapporto % fra numero dei decessi e il
numero degli infetti, secondo l’OMS, è il 2-3%.
Il dato della letalità però varia molto in funzione del nume-
ro dei tamponi eseguiti in quell’area geografica. Tanti più
tamponi si eseguono, tanto maggiore è il numero dei sog-
getti infetti noti con vari gradi di severità, rispetto a quelli
ignoti, tanto più diminuisce la % dei soggetti che decedo-
no e inversamente.
Il reale numero dei soggetti infetti, rispetto a quelli noti,
può essere anche 6-10 volte maggiore (Bassetti), ma taluni
Autori (Ilaria Capua) ipotizzano persino che, a volte, possa
essere anche 100 volte maggiore.
In certe aree della Cina, superata l’epidemia, sono stati dosa-
ti, a tutti i soggetti di quell’area, gli anticorpi anti-coronavirus
                                                                 19
20
e si sono potuti identificare in questo modo tutti i soggetti
che, effettivamente, erano stati infettati dal virus.
Confrontando questo numero con quello dei soggetti che,
nella stessa area geografica, erano risultati positivi al tam-
pone si è potuto stabilire che, in quella zona, il numero rea-
le di coloro che si erano infettati era 27 volte più elevato del
numero risultato positivo al tampone naso-faringeo.
Nella Corea del Sud, dove il numero di tamponi eseguiti è
stato enorme, la letalità è risultata pari allo 0,8% (Prof. Galli).

Nel caso della normale influenza stagionale, pur essendoci
una grande variabilità, la letalità si assesta, per lo più, sullo
0,1% arrivando eccezionalmente quasi allo 0,8% (Prof. Bas-
setti). Cioè, solitamente, muore 1 malato su 1000.
Con il coronavirus, secondo l’OMS, la letalità è 20-30 volte
superiore: cioè muoiono 20-30 malati su 1000.
Si ribadisce tuttavia, ancora una volta, il concetto che i va-
lori di letalità variano moltissimo in funzione del numero
dei tamponi nasofaringei eseguiti.
Al fine di non diffondere un pessimismo ingiustificato, non
si dimentichi mai che quando ci si ammala, cioè quando
compaiono sintomi, si guarisce mediamente nel (97)-98%
dei casi. Se poi non esiste nel soggetto alcuna comorbi-
lità (cioè una malattia cronica preesistente), la guarigione
avviene addirittura nel 98,8% dei casi (Istituto Superiore di
Sanità).
Negli ultraottantenni, però, la sopravvivenza in caso di ma-
lattia si limita solo all’81-85% dei malati. In Lombardia la
letalità per gli over 80 è =19,7%.

Di fondamentale importanza è il dato che l’85-90% dei deces-
si si sia verificato in soggetti con oltre 70 anni (97% oltre i 60
anni; 99% oltre i 50 anni). Ciò deve indurre gli ultrasettantenni

                                                                21
a un autoisolamento rigoroso domiciliare prudenziale.
Provvedano i più giovani, sotto i 25 anni, agli approvvigio-
namenti indispensabili per i più anziani, come farmaci e ali-
menti. Costoro infatti, in caso di malattia, avrebbero una
probabilità di morte non superiore a 2 casi su 1000: il dop-
pio dell’influenza stagionale.
Se questo autoisolamento dei soggetti con oltre 70 anni
fosse generalizzato, è molto probabile che, dopo una la-
tenza di 10-14 giorni, diminuirebbero significativamente i
morti e si ridurrebbero molto i pazienti che devono ricorre-
re alle cure intensive con grandissimo vantaggio per l’intera
collettività.
In tutta Europa, solo in Inghilterra tardivamente, è stato
preso in considerazione questo tipo di ragionamento. Il 22
marzo 2020, infatti, il premier Boris Johnson ha comunicato
alla Nazione l’obbligo di quarantena, per 12 settimane, di
tutti gli over 70.

22
LA LETALITÀ ITALIANA
                   È MAGGIORE DI QUELLA CINESE?

        Il 12 marzo 2020 il 76% dei decessi si sono verificati
in Lombardia, a dimostrazione del fatto che, a livello mon-
diale, è soprattutto questa regione ad essere nell’occhio
del ciclone.
È stato adombrato il sospetto che questo sia dovuto a una
modifica del coronavirus presente il Italia rispetto a quello
cinese.
Giovanni Rezza, Direttore del Dipartimento di Malattie In-
fettive dell’Istituto Superiore di Sanità, fa presente a questo
proposito che:
1 dalle analisi virologiche eseguite nel nostro Paese il vi-
rus, anche se di tipo RNA (Acido Ribo Nucleico), che è il
tipo più incline a subire mutazioni anche di modesta entità,
fino ad ora non ha subìto modificazioni significative;
2 quando si valuta l’indice di letalità bisogna considerare
sempre il numero degli anziani presenti nella popolazione
e l’età media di questa popolazione, che in Italia è di 44,3
anni e in Cina è di 37,4 anni;
3 se si analizzano attentamente questi indici di letalità,
in Cina e in Italia, quelli italiani non sono significativamente
più elevati di quelli cinesi; se poi si esegue una compara-
zione dei dati, stratificati per fasce di età, quelli italiani, in
talune fasce, sono lievemente più bassi di quelli cinesi.

                                                                23
A proposito di letalità, io ritengo debbano essere fatte le
seguenti considerazioni:

1       La valutazione della letalità per fasce di età è im-
portantissima per rendersi conto dell‘enorme differenza di
rischio di morte, in caso d’infezione, fra chi ha meno di 50
anni e chi ha più di 60-70 anni. I soggetti fra 40 e 50 anni
hanno un rischio di morte “solo” del 4 per mille; quelli
fra i 30 e i 40 solo del 3 per mille, fra i 20 e i 30 solo del
2 per mille, in assenza di comorbilità. Sotto ai 10 anni di
età non sono segnalati casi di morte.
2       Spesso sono stati divulgate, in buona fede, infor-
mazioni sulla letalità ingiustamente allarmanti per la citta-
dinanza. Infatti nei telegiornali a un certo punto si è detto
riguardo a Milano: ci sono 20.000 contagiati noti e 2000
morti, dunque la letalità è del 10%. Niente di più falso e al-
larmante! La realtà è che i morti erano effettivamente 2000,
in quel momento, ma i contagiati reali, anche se non co-
nosciuti esattamente, non erano 20.000 ma almeno 10 volte
superiori, magari con sintomi lievi. Se ipotizziamo 200.000
contagiati (e forse è un’ipotesi riduttiva) la letalità non è più
il 10% ma l’1% (2000 morti su 200.000 contagiati, in gran
parte con sintomi lievissimi, in piccola parte con sintomi
medi, in piccolissima parte con sintomi gravi o mortali).
Non va infine dimenticato che solo l’1,2% dei decessi si è
verificato in soggetti senza comorbilità.

24
La conclusione rassicurante di tutto ciò è che chi non ha
patologie croniche in atto ha quasi il 99% di probabilità
di non morire qualora si infettasse.

    Fascia d’età             Deceduti (in%)               Letalità (%)
       (anni)
                 0-9                     0 (0%)                           0%
               10-19                     0 (0%)                           0%
               20-29                     2 (0%)                         0,1%
               30-39                 20 (0,2%)                          0,3%
               40-49                 89 (0,9%)                          0,7%
               50-59                369 (3,7%)                            2%
               60-69              1162 (11,6%)                          7,1%
               70-79              3456 (34,5%)                         19,8%
               80-89              3984 (39,7%)                         28,1%
               >=90                 393 (9,4%)                         26,3%
         Non noto                        5 (0%)                         2,2%
              Totale              10026 (100%)                           10,6

Il flusso ISS raccoglie dati individuali di casi con test positivo per SARS-COV-2
diagnosticati dalle Regioni/PPAA. I dati possono differire dai dati forniti dal
Ministero della Salute e dalla Protezione Civile che raccolgono dati aggregati.

                                                                              25
26
FARMACI DI USO DOMICILIARE

       Se un malato da coronavirus ha sintomi tali da poter-
si curare a domicilio, i farmaci sintomatici a cui fare ricorso
sono i seguenti.

-    Antipiretici: è opportuno utilizzarli solo quando la
febbre supera i 38,5°C ascellare o inguinale. Al di sotto di
questo valore il rialzo termico serve per combattere il virus
senza particolari sofferenze o danni per l’organismo che li
ospita. Sopra tale soglia, l’antipiretico di prima istanza è il
paracetamolo alla dose massima di 3gr/die (es. 1cp e mez-
za da 500mg 4 volte al dì o 2cp da 500mg 3 volte al dì. Ma
la dose può essere anche più bassa (es. 1cp da 500 mg 3-4
volte al dì).
-    Mucolitici: se la tosse è secca e stizzosa, seguendo le
dosi raccomandate dal bugiardino.
-    Antitosse: sono da utilizzare nei rari casi nei quali la
tosse divenisse veramente estenuante. Altrimenti è meglio
non sedare la tosse, che serve a favorire espulsione dei vi-
rus e, conseguentemente, a ridurre il rischio polmonite.
-    Immunomodulanti e Probiotici: non si hanno prove
che siano realmente efficaci, comunque chi ci crede li as-
suma pure. In medicina anche l’effetto placebo ha la sua
importanza.
-    Vitamina C: un supplemento non serve a nulla se si as-
sumono 3 porzioni di frutta e 2 di verdura, come consigliato
da molti anni.
                                                             27
-   Altri farmaci: per tutti (Avigan compreso) devono es-
sere ignorati i messaggi trovati sul web pubblicati, talora
persino in buona fede, da persone che non hanno alcuna
preparazione scientifica e che creano false illusioni o co-
munque danno solo informazioni false o distorte.

Per ogni farmaco è sempre necessaria una seria sperimen-
tazione scientifica che dimostri la sua reale efficacia e gli
eventuali effetti collaterali.
In questo frangente è possibile che le sperimentazioni
scientifiche possano individuare qualche farmaco efficace
contro la Covid-19 anche nel corso di poche settimane. Se
ciò avverrà, seguirà anche una pubblicazione immediata
sull’argomento su una rivista scientifica importante e una
comunicazione televisiva da parte di scienziati di fama na-
zionale o internazionale. È assolutamente ingenuo o illu-
sorio pensare a percorsi diversi da quello appena indicato.

28
IL TAMPONE NASO-FARINGEO

A chi dovrebbe essere fatto?
1) Secondo le raccomandazioni dell’OMS, viene fatto solo
in presenza concomitante di queste due condizioni:
A) quando il soggetto ha una sintomatologia compatibile;
B) quando il soggetto, su base anamnestica, è ritenuto a
rischio perché:
-       ha avuto contatti stretti con un soggetto positivo;
-       proviene da un focolaio epidemico o da una zona
        ad alto rischio;
-       ha eseguito la vaccinazione antinfluenzale e quindi
è improbabile che i sintomi siano riferibili alla normale in-
fluenza stagionale.

Perché questi criteri restrittivi?
-        Se lo si eseguisse con criteri più ampi non si avreb-
bero più tamponi per coloro che ne hanno più bisogno;
-        l’avere eseguito, per un certo tempo, il tampone a
molti soggetti senza la presenza di queste due condizioni è
stata criticata da autorevoli scienziati quali il Prof. Ricciardi,
il quale ritiene che questo comportamento abbia contribu-
ito a far nascere precocemente il “caso Italia”.
Opinione che però non trova concordi molti altri Autori, fra
cui il sottoscritto;
-        certamente questo test, pur avendo una buona sen-
sibilità, ha un discreto numero di “falsi positivi“, cioè la

                                                                29
30
specificità – come si dice in termini tecnici – non è molto
elevata. E ciò potrebbe creare falsi allarmi e comportare l’i-
solamento domiciliare per 14 giorni di persone per le quali
tale isolamento non era affatto necessario. Anche per que-
sto motivo il primo test positivo dovrebbe essere validato
da un secondo test, preferibilmente eseguito presso l’Isti-
tuto Superiore di Sanità.

Infine è opportuno ricordare che, talvolta, un tampone ese-
guito in fase precoce di malattia può risultare negativo, e
risultare invece positivo se ripetuto in fase più avanzata di
malattia.
Anche la sede in cui si esegue la ricerca del virus (secre-
zioni naso-faringee o liquido bronco-alveolare) può in-
fluenzare l’esito della ricerca. Nello stesso soggetto, cioè,
il tampone naso-faringeo può risultare negativo e, contem-
poraneamente, essere invece positiva la ricerca del corona-
virus nel liquido di lavaggio bronco-alveolare.

2) Il tampone viene poi eseguito, giustamente, su tutti i
pazienti ricoverati con insufficienza respiratoria per po-
ter decidere se inviarli nell’area Covid-19 positivi oppure
nell’area non infetta.

3) Il tampone dovrebbe essere eseguito a tutte le forze
dell’ordine, a tutti gli operatori sanitari, agli edicolanti e
alle cassiere dei supermercati perché costoro sono molto
esposti e operano in prima fila; ma anche per un altro moti-
vo importante di cui voglio fare un esempio.
Un medico si protegge con una mascherina FFP3. Se si in-
fetta e non lo sa, diviene – suo malgrado – una fonte d’in-
fezione importante. Infatti, mentre ausculta il cuore del suo
paziente, a distanza di 50 cm attraverso la valvola della sua

                                                            31
mascherina, butta fuori coronavirus verso il viso del sogget-
to giunto per farsi visitare, non per farsi infettare.
L’operatore infetto dovrebbe essere messo in quarantena
e dovrebbero altresì essere testati tutti coloro che hanno
avuto stretti rapporti con lui, sia in famiglia che sul luogo di
lavoro.
Infine gli operatori sanitari potrebbero infettarsi qualche
giorno dopo l‘esecuzione del tampone negativo, essendo
soggetti molto più a rischio di altri. Pertanto sarebbe op-
portuno, se possibile, ripetere i tamponi agli stessi opera-
tori ciclicamente ogni 5-7 giorni.

4) Oltremodo utile è poi l’esecuzione di due tamponi dopo
la guarigione dalla malattia. Vanno eseguiti a distanza di 24-
48 ore l’uno dall’altro, a circa 2 settimane dalla guarigione.
In questo modo, se i tamponi sono negativi, si è sicuri che i
convalescenti non contribuiscano a diffondere l’infezione.

5) Infine, se restano tamponi disponibili e se l’operazione
localmente è sostenibile dal punto di vista organizzativo,
potrebbero eseguire il tampone naso-faringeo anche a tutti
coloro che hanno una sintomatologia medio-lieve compa-
tibile, associata a una temperatura ascellare che supera i
37,4.

Non c’è alcun dubbio che sia difficilissimo realizzare tutto
ciò. La linea di tendenza dovrebbe comunque essere quella
appena esposta.

32
PORTATORI SANI O INFETTI ASINTOMATICI

        Nei casi di infezione più lieve – cioè quando si verifi-
ca una buona risposta del nostro apparato immunitario sia
innato che adattativo – la sintomatologia è assente (porta-
tori sani) o modesta (casi oligosintomatici).
I portatori sani sono cioè soggetti nei quali il virus circola
nel sangue e può essere presente in liquidi biologici, ma
non si localizza specificamente in alcun organo e non dà
alcuna sintomatologia. Il portatore sano quindi, anche se
sta apparentemente bene, è potenzialmente infettante,
ma meno frequentemente di un malato.
Da un lato va precisato che le sue capacità di infettare altri
soggetti sono minori di quelle di un malato in quanto non
tossendo né starnutendo, sparge meno virus a distanza.
Dall’altro, tuttavia, i portatori sani sono numerosi e peri-
colosi per gli altri poiché, non sapendo di essere infetti,
possono contagiare, direttamente o indirettamente (cioè
rendendo infetti gli oggetti poi toccati da altre persone),
una moltitudine di individui.
A questo proposito il virologo Andrea Crisanti di Padova
ha comunicato in prima mondiale (13 marzo 2020) – dopo
l’esecuzione “a tappeto” di moltissimi tamponi naso-fa-
ringei in soggetti sani con frequenti contatti con altri sog-
getti potenzialmente infetti come le forze di polizia e gli
operatori sanitari – che oltre il 50% (55%) degli esaminati
sani era positivo.

                                                              33
Facendo un tampone a tutti costoro – cioè attivando la
cosiddetta “sorveglianza attiva di massa” – è possibile
individuare moltissimi infetti asintomatici che sono una for-
midabile fonte di contagio. Isolandoli, come si è fatto a Vò,
si può ridurre a un decimo la % dei malati.
A Vò la % dei malati è passata infatti, mediante la sorve-
glianza attiva di massa, dal 3,2% allo 0,3% e gli infetti asin-
tomatici sono passati da 88 a 7.

34
SOGGETTO IN PERIODO D’INCUBAZIONE

         Il periodo d’incubazione va da 1 a 14 giorni con una
media di 5.
Secondo dati recentissimi, eccezionalmente, potrebbe pro-
trarsi fino a 3 settimane.
Questo soggetto, pur essendo infetto, non ha ancora sin-
tomi oppure presenta sintomi molto modesti per un certo
numero di giorni e conseguentemente si comporta svol-
gendo la propria attività come sempre. Tuttavia può, a sua
insaputa, infettare gli altri perché “produce, fin da subito,
una grande quantità di virus nelle alte vie respiratorie”
(Remuzzi). Quindi un soggetto infetto è contagiante già
2-(3) giorni prima della comparsa dei sintomi.
Tutto ciò non è successo per la SARS poiché, a diffondere
l’infezione, sono solo i malati più gravi e quindi facilmente
identificabili e isolabili.

                                                           35
36
I SOGGETTI GUARITI

        I malati per infezione da Covid-19, una volta gua-
riti, sono ancora contagiosi?
Questo è probabile, dato che si verifica in oltre il 50% dei
casi (Prof. Susanna Esposito, 21 marzo 2020).
Per saperlo l’ideale sarebbe eseguire, dopo la guarigione
clinica, almeno due tamponi naso-faringei a distanza di 24-
48 ore. Se risulteranno entrambi negativi il convalescente
potrà essere dichiarato non più contagioso. Tuttavia questa
procedura è raramente realizzabile, in questo periodo, per
ragioni organizzative.
A mio giudizio meglio attendere almeno 4-5 settimane
dal primo tampone positivo, eseguito all’inizio della malat-
tia, poiché, se pure di rado, i soggetti restano positivi anche
un mese dopo il primo tampone positivo.
Un esempio in questo senso ci è fornito dalla moglie del-
la prima coppia cinese ricoverata all‘Ospedale Spallanzani,
ventilata meccanicamente e poi guarita. Il tampone della
suddetta coppia cinese si è negativizzato dopo circa un
mese dal primo tampone positivo.
Se si considera invece il momento della guarigione, l’at-
tesa cautelativa per avere un’altissima probabilità di non
essere più contagiante è di 2 settimane secondo qualche
Autore (Prof. Bruno di Pavia). Io, per sicurezza, preferisco
indicare 3 settimane, soprattutto se la persona che si po-
trebbe infettare è anziana.

                                                             37
Coloro che si sono ammalati potrebbero riammalarsi?
Il fenomeno non si può escludere, anche se è pochissimo
probabile a medio termine, cioè 18 mesi (secondo il Prof.
Mantovani) o 3-4 anni (secondo il Prof. Pregliasco). Comun-
que, per ora, nessuno può dirlo con assoluta certezza, trat-
tandosi di un virus ancora non conosciuto. I casi noti di rein-
fezione sono solo un paio.
Esistono patologie, come l‘infezione da virus sinciziale respira-
torio o come il 20% dei soggetti che sono stati affetti da epa-
tite C, in cui questo fenomeno si può verificare (Prof. Burioni).
Infine, in certe patologie, come la Dengue, la reinfezione
può addirittura comportare una malattia più grave di quella
inerente la prima infezione (Prof. Burioni).

Perché certi si ammalano e altri sono solo portatori sani?
Tutto dipende da due fattori:
-   principalmente dall‘efficienza del proprio sistema im-
munitario;
-   in parte anche dall‘entità della carica infettante, cioè
dal numero di virus che, ad un certo punto, infettano il pa-
ziente.

Certamente gli immunodepressi (per es. da farmaci assun-
ti per motivi oncologici) e i soggetti con malattie croniche
come il diabete hanno un maggior rischio di infettarsi.

Gli anziani (per definizione i soggetti con oltre 65 anni) non
sembrano avere un rischio di infettarsi significativamente
maggiore dei soggetti tra i 40 e i 65 anni. Ma, se si ammalano:
-    hanno un maggior rischio di andare incontro a una ma-
lattia severa;

38
-     hanno altresì una letalità più elevata che, negli ultra ot-
tantenni, può avvicinarsi al 15 % (Cina) o al 20% (Lombar-
dia).

L’importanza della comorbilità è pure fondamentale per
quanto riguarda la letalità.
Da uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità risulta (21
marzo 20) che, tra le vittime del Covid-19, solo l’1,2% non
aveva altre patologie.
Emerge altresì che il numero medio di patologie osservate
nei deceduti è stato di 2,7 e che il 23,5%, ne aveva una, il
26,6% ne aveva due, il 48,6 tre o più.

                                                               39
40
COME AVVIENE IL CONTAGIO

Le modalità più frequenti sono due:
-    quella dovuta alle goccioline contaminate emesse
nell’aria con starnuti e tosse, o semplicemente parlando;
-    quella dovuta alle nostre mani che, se contaminate,
portano il virus agli occhi, al naso e alla bocca.
Ne esistono anche altre più rare, dovute a feci o urine in-
fette.

Entriamo più in dettaglio:

1   un soggetto infetto (che può essere: 1.1 un portatore
    sano, 1.2 un soggetto in incubazione, 1.3 un soggetto
    malato spesso oligosintomatico, 1.4 un soggetto gua-
    rito ancora contagiante) tossisce, starnutisce, anche
    semplicemente parla emettendo piccole goccioline
    contenenti il virus, che arrivano alle congiuntive dell’in-
    terlocutore o vengono da lui respirate.
    Questa è la modalità da cui ci si può proteggere più
    facilmente.

2   un soggetto infetto (che può essere una delle 4 even-
    tualità già esaminate) tossisce mettendo la mano da-
    vanti alla bocca, poi vi dà la mano o contamina, con la
    sua mano infetta, un oggetto che voi toccate in segui-
    to. Infine voi, con la vostra mano infetta, vi stropicciate
    gli occhi o vi grattate il naso e vi infettate.
                                                             41
Questa è la modalità di gran lunga più difficile da evi-
     tare.

Il virus sopravvive sull’oggetto inanimato non ore – sui gior-
nali non scientifici si è scritto di 9 ore – ma giorni (JAMA,
Journal of American Medical Association). A questo propo-
sito sarò più specifico nei capitoli successivi.
La buona notizia è che – detergendo le superfici sugli og-
getti con varie soluzioni (antisettiche, alcoliche, a base di
ipoclorito, a base di amuchina) il virus non sopravvive che
qualche minuto.

Come proteggersi da questi due tipi di contagio?
1) Il primo tipo di contagio avviene attraverso il respiro.
Dalle goccioline emesse nell‘aria dal soggetto infetto ci si
può proteggere in vari modi da applicare congiuntamente:

1.1 Mantenendo una certa distanza
Tale distanza è stata codificata nei decreti delle istituzioni
ufficiali in 1 metro. Tuttavia, dal punto di vista strettamente
tecnico, sarebbe più opportuno stare a 2-2,5 metri.

42
Con questa affermazione non si intende criticare il messag-
gio istituzionale. Il politico, che talora è anche legislatore,
deve sempre agire con buon senso. Il che significa mediare
fra varie istanze spesso contrapposte. In questo caso, da
un lato c’è l’istanza strettamente tecnica che indurrebbe al
consiglio di stare distanti anche 3 metri (poiché certe per-
sone hanno colpi di tosse o starnuti così potenti da consen-
tire che le loro goccioline infette giungano veramente a no-
tevoli distanze, anche se non a 4,5 metri come è stato scrit-
to in una fake news), dall’altro esiste l’esigenza di stabilire
una norma non solo teorica, ma realmente praticabile. Ecco
perciò che scaturisce una raccomandazione, sotto questo
profilo condivisibile, ma che non è la migliore possibile.

1.2 Proteggendo gli occhi
Con occhiali a tenuta, lavabili o disinfettabili, come quelli
che si usano per fare il bagno in piscina (esistono anche
modelli con lenti graduate personalizzabili), oppure quel-
li che si utilizzano sopra gli occhiali da vista quando si va
a sciare, infine ricorrendo a schermi protettivi trasparenti
come quelli usati dai dentisti. Naturalmente tutte queste
strutture di protezione devono essere accuratamente lava-
te con acqua e sapone o disinfettate con spray antisettici.

                                                             43
1.3 Usando opportune mascherine
Qui il discorso diviene più complesso e lo affronterò in un
capitolo apposito.
Schematicamente le mascherine si possono dividere in due
gruppi:
-   le mascherine chirurgiche
-   le mascherine protettive
Queste ultime sono appositamente studiate per consentire,
nel caso siano indossate ben aderenti alle gote e al naso,
che il soggetto aspiri meno del 95% o del 98% di particelle
inquinanti (es. PM 10, PM 2,5) presenti nell’aria o meno del
95% o del 98% di batteri e virus.

2) La seconda modalità di contagio è quella che si verifica
attraverso le mani. Essa è la modalità di contagio più fre-
quente ed è assai più difficile da evitare rispetto alla pre-
cedente. Consiste nel fatto che le nostre mani si possono
contagiare dando la mano a una persona che ha la mano
infetta, oppure toccando un oggetto già precedentemente
infettato e sul quale il virus può sopravvivere – se l’ogget-
to infetto non è lavato o disinfettato – anche per giorni. Il
numero dei giorni dipende dal tipo di superficie e dal fatto
che la superficie sia pulita o sporca. Ne parlerò in modo
esauriente più avanti.
Dopo che si è infettato le mani il soggetto, spesso inconsa-
pevolmente, si stropiccia gli occhi, si gratta il naso, si stru-
scia la bocca e si infetta.
Il rimedio più efficace per evitare che si realizzi questa mo-
dalità di contagio è quella di lavarsi spesso e bene le mani
con acqua e sapone. Il sapone è preferibile sia liquido. L’ac-
qua corrente meglio se calda. Il tempo di lavatura e di ri-
sciacquo deve di almeno 50-60 secondi. Lo strofinamento
delle mani insaponate deve avvenire sul dorso, sul palmo

44
e fra le dita. Meglio, infine, utilizzare anche uno spazzolino
per le unghie, immerso abitualmente in una soluzione an-
tisettica. L’asciugatura da preferire è con carta usa e getta
o con flusso d’aria calda. Ogni membro della famiglia deve
avere asciugamani personali.

                                                            45
PARLIAMO DI MASCHERINE

Le mascherine chirurgiche
Le mascherine chirurgiche sono così chiamate poiché uti-
lizzate abitualmente dal chirurgo mentre opera per evitare
che, parlando durante l’intervento chirurgico, emetta sul
campo operatorio goccioline della sua saliva contaminate
da eventuali batteri.
Queste mascherine non servono, se non molto marginal-
mente, per la protezione di un individuo sano dalle goc-
cioline emesse da un soggetto, infetto da Covid-19, che gli
tossisce in viso. Questo è ancor più vero se il soggetto non
ha, oltre alla mascherina, anche una protezione oculare.
Le mascherine chirurgiche servono invece ad evitare
che un soggetto infetto, tossendo o starnutendo, spar-
ga a distanza le sue goccioline infette.
Stando così le cose, quando i soggetti infetti sono rari,
l’OMS e il Ministero della Salute non consiglia a tutta la
popolazione di portare questo tipo di mascherina. Inol-
tre queste mascherine sono del tutto inutili se un sog-
getto cammina, corre o va in biciletta in solitario; non si
trova cioè di fronte ad alcun interlocutore.
Bisogna poi ricordare che si tratta di mascherine monou-
so che dovrebbero sempre essere sostituite ogni volta che
vengono tolte anche per poco tempo e, comunque, non
dovrebbero essere indossate continuativamente per oltre
4-5 ore.
                                                          47
Al momento della rimozione poi, bisogna toglierla come
se fosse contaminata e quindi non bisogna mai abbassarla
dalla parte della bocca, ma toccando solo gli elastici laterali
per evitare di contaminare le mani. Bisogna anche evitare
di toglierla quando si parla al telefono.
La mascherina, infine, può a volte infondere, nel soggetto
che la indossa, un falso senso di sicurezza che induce taluni
ad abbassare la guardia, dal punto di vista del rischio di
contagio, e a trascurare altri presidi difensivi più importanti
come il lavaggio delle mani.
Il discorso cambia quando il numero dei soggetti infetti
è elevato e questi, come avviene attualmente, possono
essere rappresentati da portatori sani, da soggetti in
fase di incubazione, da malati oligosintomatici o infine
da convalescenti ancora contagianti. In questa eventuali-
tà – che è quella attuale – è opportuno che tutti portino
la mascherina.
In questo modo, dato l’alto numero dei soggetti contagian-
ti apparentemente sani, diminuisce la probabilità che que-
sti contagino i soggetti che ancora non sono stati infettati.
Va inoltre considerato un altro aspetto di importanza pra-
tica non trascurabile: come può un professionista o il com-
messo di un negozio ragionevolmente pretendere che il
suo cliente abbia la mascherina se lui stesso non la indossa?
In conclusione, quando i soggetti contagianti sono nu-
merosi, è necessario che tutti indossino le mascherine
chirurgiche.
Al momento attuale, dato che nel recente passato non era-
no più prodotte in Italia, le mascherine sono di difficile re-
perimento, ma sembra che il problema, almeno per quelle
chirurgiche, venga in parte risolto a brevissimo termine.
Comunque, ove proseguisse la difficoltà di approvvigiona-
mento, piuttosto che non averla, è meglio riutilizzare una

48
mascherina già utilizzata in un giorno precedente, dopo
averla “sterilizzata” tramite l’esposizione solare, su ognuno
dei due lati, per qualche ora.

Le mascherine protettive
Le mascherine protettive hanno caratteristiche totalmente
diverse da quelle chirurgiche e, in base al grado di prote-
zione, sono identificate con sigle diverse.
Esistono due classificazioni delle mascherine protettive:
una anglosassone e una europea.

La classificazione europea utilizza le sigle: FFP1 (“anti-
polvere”), FFP2 e FFP3.
Queste ultime sono le più protettive e, obbligatoriamente,
devono essere dotate di filtro a valvola che facilita la respi-
razione e riduce la condensa.
Il filtro è capace a trattenere particelle fino a 0,6 μm e pro-
tegge teoricamente dai virus dell’influenza aviaria, influen-
za A/H1N1, SARS (che è un coronavirus).
La valvola ha un funzionamento tale da proteggere solo in
entrata, quindi tutte le mascherine con valvola (non solo le
FFP3 che la posseggono obbligatoriamente, ma anche le
FFP2 e FFP1 con valvola) non devono assolutamente essere
utilizzate dai soggetti infetti poiché la valvola “butta fuori”
il virus.
Poiché non si sa chi siano i soggetti infetti, ritengo molto
auspicabile che a tutti gli operatori sanitari vengano fatti
tamponi naso-faringei. Tali tamponi, però, dovrebbero es-
sere ripetuti ogni 5-8 giorni in modo sistematico e inde-
finito, compatibilmente con le possibilità organizzative. I
positivi dovrebbero essere messi in quarantena fino a che
2 tamponi, eseguiti a distanza di 24 ore, saranno risultati
negativi.

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Nel caso non si proceda in questo modo si rischia che un
operatore sanitario divenga positivo asintomatico (porta-
tore sano) e porti una mascherina FFP3 (che ha la valvola)
che a lui non serve più per proteggersi perché è divenuto
positivo, ma che (attenzione!) butta fuori i suoi virus con
aumento del rischio di contagio per chi gli sta di fronte.
Il fatto che la protezione con queste mascherine sia teorica
è connesso alla frequente difficoltà di ottenere una buo-
na aderenza fra la mascherina e la superficie del naso e
delle gote.
Chi ha la barba, ad esempio, non può usarle perché non è
realizzabile una buona aderenza al viso della mascherina.
Altrettanto vale per i bambini. Se si appannano gli occhiali,
l’aderenza della mascherina non è adeguata.
La sigla FFP sta per “FILTERNG FACE PIECE”.

La classificazione anglosassone utilizza, invece, le sigle
N95 e N99.
Le N95 e le N99 sono certificate per filtrare, almeno, rispet-
tivamente il 95% o il 99% delle particelle sospese nell’aria
incluso l’eventuale coronavirus. Approssimativamente, in
termini di efficacia, esse sono simili alle FFP3.
In realtà, tuttavia, sia le FFP3 che le N95 presentano una
serie di criticità tali da indurre il New Scientist ad affermare
che, nella migliore delle ipotesi, “indossare la mascherina
può aiutare, ma non garantisce una protezione totale”.
Comunque, abitualmente, le mascherine FFP3 sono desti-
nate, insieme a una protezione oculare a:
-    operatori sanitari addestrati quali ad esempio: medici,
farmacisti, infermieri volontari o professionali, ecc.
-    familiari o amici che assistono malati con infezione da
coronavirus.

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Va poi ribadito che non ha alcun senso indossare questi tipi
di mascherina, anche nel migliore dei modi, senza prote-
zione per gli occhi. Ciò nonostante, tale comportamento è
assai frequente. Ad esempio la maggioranza dei farmacisti
che svolgono la propria attività in farmacia sono spesso a
non più di 1- 1,5 m dal cliente, non infrequentemente ma-
lato, e talora infetto da coronavirus; pur indossando guanti
e mascherina FFP3, non hanno alcuna protezione oculare.

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L‘USO DEI GUANTI

L’uso di guanti monouso è discusso.
Il Prof. Andreoni è contrario e preferisce il solo lavaggio
delle mani, probabilmente temendo che l’uso dei guanti
disincentivi il frequente e doveroso lavaggio delle mani. Io
non sono dello stesso parere.
Concordo però assolutamente sul fatto che il baluardo
principale di difesa dalla modalità di contagio tramite le
proprie mani infette resta il ripetuto e accurato lavag-
gio delle stesse, che deve essere effettuato numerose
volte al giorno, anche 15-20.
Il punto di dissenso è il seguente: tutti sono concordi nel
dire di non portare le mani, potenzialmente infette, agli oc-
chi, al naso, alla bocca. Ma, a mio giudizio, mettere in pra-
tica davvero questo consiglio è difficilissimo per infrequenti
movimenti inconsapevoli delle nostre mani.
L’uso di guanti monouso, specie fuori casa, quando al su-
permercato si spinge il carrello, o quando si maneggiano
delle banconote, nella grande maggioranza dei casi ci ren-
de consapevoli di movimenti altrimenti compiuti incon-
sapevolmente.
Con i guanti, cioè, non ci stropicciamo gli occhi e non ci
grattiamo il naso senza rendercene conto. Arrivati a casa
poi i guanti sporchi dovranno essere tolti, con modalità tali
da diminuire al massimo la probabilità di contaminare le
proprie mani che, in ogni modo, dovranno essere subito

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accuratamente lavate. Per i più distratti, inoltre, la manovra
di togliersi i guanti può funzionare da promemoria per lavarsi
assolutamente subito le mani, non appena giunti a casa.

L’ultima manovra che mi sento di consigliare, dopo ave-
re acquistato confezioni chiuse di cibo o di qualsiasi al-
tro tipo, fossero anche dei toner o dei plichi di carta da
stampanti, è quella, più noiosa, costosa e onerosa anche in
senso temporale. Tutte queste confezioni possono essere
state contaminate dalle mani infette del commesso. Consi-
glio pertanto di appoggiare le confezioni su della carta
non infetta da coronavirus appoggiata sul pavimento anti-
stante la porta di casa. Quindi, dopo essersi lavati le mani e
avere indossato un nuovo paio di guanti monouso, con uno
spray antisettico si potranno spruzzare le superfici ester-
ne delle nostre confezioni.
Si lascia l’antisettico ad asciugare per alcuni minuti; intanto
in casa ci si toglie il secondo paio di guanti e ci si rilava ac-
curatamente le mani. Infine si portano le confezioni acqui-
state e disinfettate in casa e le si ripone negli appositi spazi.

Sulla base di uno studio scientifico in uscita sul NEJM (New
England Journal of Medicine, una delle due riviste di medi-
cina più autorevoli al mondo), la durata del virus vivo su
una superficie dipende dal tipo di superficie e dal fatto
che questa sia pulita o sporca.
Sulle superfici di cartone pulito il virus può vivere 1 giorno,
sulle superfici di acciaio la vita del virus può arrivare a 2
giorni, su quelle di plastica 3 giorni.
Se le superfici sono sporche la vita del virus è più lunga.

La pulitura delle superfici, di conseguenza, può essere ef-
fettuata con comuni detersivi e non necessariamente con
particolari antisettici.
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Queste informazioni consentono di semplificare le proce-
dure molto onerose di disinfezione dei prodotti acquistati,
che sono state esposte prima.
Infatti tutti i prodotti, che non è necessario mettere in fri-
go rapidamente o che non devono essere utilizzati entro 3
giorni, potranno essere lasciati nel sacchetto d’acquisto, in
auto o in garage, per 3-4 giorni senza alcuna disinfezione.
Solo allora potranno essere traspostati in casa e riposti ne-
gli appositi spazi.
La disinfezione potrà quindi essere limitata ai prodotti da
mettere in frigo o di immediato utilizzo.

Anche la suola delle scarpe può portare in casa germi e
virus di tutti i tipi che, come si è detto, hanno una vita più
prolungata nello sporco.
Un’ulteriore misura di igiene quando si entra in casa può
essere perciò quella di cambiarsi le scarpe indossando
quelle “da casa”.

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COSA E COME DETERGERE IN CASA

Cosa detergere
Sanitari, servizi igienici, telefoni cellulari, tablet, tastiere,
comodini, maniglie, tavoli, superfici venute a contatto con
sangue, feci, urine.

Come detergere
Per la pulitura/disinfezione utilizzare candeggina (1 parte
di candeggina e 99 parti di acqua) o amuchina (2 parti di
amuchina e 98 parti di acqua) e risciacquare. Oppure uti-
lizzare la soluzione idroalcolica secondo la composizione
dell’OMS (833ml di alcol denaturato + 125 ml di acqua di-
stillata o bollita fredda + 42 ml di acqua ossigenata al 3%).

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COME COMPORTARSI
                   CON LO SMALTIMENTI DEI RIFIUTI

Se non si è positivi
Proseguire con la raccolta differenziata, ma usare per scru-
polo due o tre sacchetti (uno dentro nell’altro) chiudendoli
bene con lacci sufficientemente validi.
Sempre per scrupolo consegnarli per lo smaltimento solo
dopo 3 giorni dal confezionamento.
Usare fazzoletti di carta se si è raffreddati, buttandoli poi
nella indifferenziata.
Smaltire nell’indifferenziata anche mascherine e guanti mo-
nouso.

Se si è positivi
Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, i rifiuti dovrebbero
essere smaltiti come quelli ospedalieri.
A casa seguire le indicazioni seguenti:
-    non differenziare più i rifiuti di casa tua;
-    utilizzare 2-3 sacchetti (uno dentro nell’altro) all’interno
del contenitore per la raccolta differenziata, possibilmente
a pedale;
-    tutti i rifiuti (carta, umido, metallo, vetro e plastica, ma
anche mascherine, fazzoletti, guanti) devono essere gettati
nello stesso contenitore utilizzato per l’indifferenziata;
-    indossando guanti monouso, chiudere bene i sacchetti
con validi lacci di chiusura;
-    una volta chiusi i sacchetti, i guanti monouso vanno

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pure smaltiti in altri sacchetti preparati per la raccolta diffe-
renziata e le mani vanno lavate accuratamente;
-    gli animali di compagnia non devono potere accedere
ai sacchetti dei rifiuti.

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I MEZZI DI TRASPORTO PUBBLICI

       Sui mezzi pubblici , spesso affollati, è difficile evitare
gli assembramenti e mantenere distanze di sicurezza. Per-
tanto chi è costretto ad usarli, suo malgrado, sappia che,
mediamente, il rischio di infettarsi aumenta di 6 volte.
Per ridurre il rischio, consiglio una protezione con occhiali
a tenuta, mascherina, guanti monouso. Ove possibile è op-
portuno fare il tragitto rivolgendo il viso verso il finestrino
chiuso e dando le spalle ai trasportati.
Giunti a destinazione, togliere i guanti e lavarsi accurata-
mente le mani.

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