CORONAVIRUS - COVID-19 COME DIFENDERSI DAL CONTAGIO - Luigi Gobio Casali - Al Barnardon
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
Luigi Gobio Casali CORONAVIRUS SARS-CoV-2 COVID-19 COME DIFENDERSI DAL CONTAGIO a cura di Alessandra Demonte E. Lui Editore
Il contenuto di questo volume è il risultato della preparazione di una conferenza sulla piattaforma web Zoom, che il Prof. Luigi Gobio Ca- sali ha tenuto venerdì 27 marzo 2020 per il Rotary Club Mantova Castelli, di cui è membro e past president con due onorificenze “Paul Harris Fellow”. editing Alessandra Demonte progetto grafico e impaginazione Alessia Petocchi © copyright 2020 E. Lui Editore viale XXV aprile, 31 • 42046 Reggiolo (RE) tel. 0522.972151 • fax. 0522.971929 info@eluieditore.it • www.eluieditore.it
Luigi Gobio Casali CORONAVIRUS SARS-CoV-2 covid-19 Come difendersi dal contagio a cura di Alessandra Demonte E. Lui Editore
INDICE Premessa 7 covid-19 9 Sintomi della malattia covid-19 11 La questione del ricovero 13 I tempi dell’insorgenza della malattia 17 Il problema della letalità 19 La letalità italiana è maggiore di quella cinese? 23 Farmaci di uso domiciliare 27 Il tampone naso-faringeo 29 Portatori sani o infetti asintomatici 33 Soggetto in periodo d’incubazione 35 I soggetti guariti 37 Come avviene il contagio 41 Parliamo di mascherine 47 L‘uso dei guanti 53 Cosa e come detergere in casa 57 Come comportarsi con lo smaltimenti dei rifiuti 59 I mezzi di trasporto pubblici 61 Le domande ancora senza risposta 63 Strategie di uscita 67 Note 69 Curriculum Luigi Gobio Casali 73
PREMESSA La grande maggioranza degli italiani è costretta dal- le circostanze ad essere confinata in casa. All’inizio di que- sta esposizione mi sembra perciò importante illustrare la ragione scientifica che giustifica questa sorta di quarantena generalizzata. Per illustrarvela, vi ricordo che i virus non possiedono tut- ti la stessa capacità infettante. Il virus esistente forse più contagiante è il virus del morbillo. Ogni soggetto affetto da morbillo ha infatti mediamente la capacità di contagiare 15 (7-29) individui non immuni e anche di più. Per contro, il virus dell‘influenza stagionale è molto meno contagio- so: ogni malato di influenza può contagiare mediamente 1 persona e mezza non immune verso quel virus influenzale. Il coronavirus SARS-CoV-2, dal punto di vista della con- tagiosità, sta in mezzo fra il virus influenzale e quello del morbillo. Un malato da coronavirus può contagiare, infatti, mediamente circa 2 persone e mezzo/3 fra coloro che non hanno già avuto la malattia. Il 10 marzo 2020 è uscito su “The Lancet”, una delle due riviste scientifiche più autorevoli del mondo, un importan- te articolo nel quale si fa riferimento a una situazione che sembra la fotografia di quella italiana in questo momento. 7
Nell’articolo si dice (come ha informato in TV il prof. Massi- mo Galli, Direttore del Dipartimento delle Malattie Infettive dell‘Ospedale Sacco di Milano), che: “quando abbiamo un‘infezione nella quale ogni sin- golo caso infetto ne infetta altri due e mezzo, se non identifichiamo e non mettiamo in quarantena il 70% dei contatti, non abbiamo nessuna chance di liberarcene entro tre mesi”. È sulla base di studi scientifici, come quello citato, che i provvedimenti del governo stanno tentando di farci uscire dalla morsa di questa epidemia. Speriamo di riuscirci, ma non avverrà in breve tempo e pa- gheremo un prezzo altissimo, sia in termini di vite umane sia in termini economici. Certezze assolute non ne abbia- mo, dato che conosciamo troppo poco questo virus. L’epidemia probabilmente sarà arrestata dalla immunità di gregge, cioè si arresterà quando un numero sufficiente di esseri umani avrà prodotto una quantità protettiva di anti- corpi. Questi anticorpi si possono produrre con due modalità: 1) talora, nel corso di una malattia bene evidente; 2) in altri casi, senza che ce ne rendiamo conto, a causa di microcontagi ripetuti, sufficienti a indurre la produzione di un tasso di anticorpi protettivo, ma insufficienti a provocare una malattia clinicamente evidente. In ultima analisi, costo- ro subiscono una sorta di vaccinazione naturale verso il coronavirus. 8
COVID-19 Il SARSCoV-2 è un ceppo di virus che, per la terza volta in pochi anni, fa il salto di specie dal pipistrello all’uo- mo e diviene perciò, a tutti gli effetti, un virus umano. Tutto ciò, come è noto, si è verificato a Wuhan nella provincia di Hubei in Cina. Era accaduto una prima volta con la SARS (10.000 casi con tasso di letalità del 10%), insorta sempre in Cina nel 2002-2003 e, dieci anni dopo, con la MERS (letalità del 37%) nata in Giordania e Arabia Saudita, dove continua a circolare. I primi casi dovrebbero essersi verificati a novembre 2019, il primo decesso ufficiale da coronavirus risale al 9 gennaio 2020; tuttavia solo il 20 gennaio le autorità cinesi dichiarano al mondo la contagiosità umana del virus. La Covid-19 e la SARS hanno entrambe in comune un an- damento trifasico (fase di invasione, fase di risposta im- munitaria, fase di grave lesione polmonare da polmoniti primitivamente virali, che implicano una severa insufficien- za respiratoria). Tale andamento ha periodi un pochino più brevi nella Covid-19 rispetto alla SARS. Nonostante questa analogia, i due tipi d’infezione presentano differenze importanti: per letalità, contagiosità e incubazione. - La letalità nella Covid-19 è infatti 4 volte inferiore a quella del coronavirus della SARS: 2-3% (OMS, nell’uomo 2,8% e nella donna 1,7%) per la Covid-19 e 10% per la SARS. - La contagiosità, tuttavia, è molto superiore nella Covid-19: 9
un paziente ha una probabilità media di infettare 2,6-3,2 (Remuzzi, The Lancet, 13 marzo 2020) nuovi soggetti. Quest’ultima caratteristica comporta il fatto che, se anche la letalità è inferiore per la Covid-19, il numero di morti to- tali sarà molto maggiore. Peraltro, si tenga presente che una epidemia comincia a rallentare solo quando ognuno dei soggetti infetti inizia a infettare meno di 1 altro indivi- duo cioè, ad esempio, quando si verifica 1 nuova infezione ogni 2 infetti. - Il periodo d’incubazione, infine, per la Covid-19 è maggiore di quello della SARS ed equivale, nella maggio- ranza dei casi, a 5-6 giorni, massimo 14 giorni. Secondo lo pneumologo Sergio Alfonso Harari dell‘Ospedale San Giu- seppe di Milano, però, in base a dati molto recenti, talora può arrivare fino a 3 settimane. 10
SINTOMI DELLA MALATTIA COVID-19 Sono analoghi a quella di un‘influenza, con la quale può essere scambiata: - febbre (da qualche decimo a febbre alta): il sintomo più frequente - astenia - tosse secca - rinite con scolo nasale - mal di gola - diminuzione di gusto e olfatto - dolori osteomuscolari (senso di bastonatura) - congiuntivite (raramente) - diarrea (raramente) - insufficienza renale (raramente) Nei casi più gravi: polmonite interstiziale bilaterale, con febbre elevata, dispnea, polipnea e, raramente, emoftoe (tracce di sangue nel catarro espulso). Nei casi estremi: morte. La guarigione è abbastanza protratta: 8-15 giorni quando la malattia è domiciliare; molto più lunga in caso di ricovero ospedaliero. 11
LA QUESTIONE DEL RICOVERO Venendo a una decisione pratica molto importante, cerchiamo di rispondere al quesito: quando è indispensa- bile ricoverare il paziente? È importante cogliere sul nascere l’ipotesi di una polmonite per ospedalizzare tempestivamente il paziente e ricoverar- lo quando ancora non è troppo tardi. Fra i vari metodi per raggiungere questo risultato io ne privilegio due. 1) Il saturimetro Il primo è rappresentato, per coloro che dispongono di un saturimetro (ossimetro) da applicare al dito, dalla lettu- ra del valore della saturazione dell’ossigeno nel sangue dell’interessato. Il saturimetro ha una forma simile a quella di una molletta per appendere i panni e viene applicato sul dito del pazien- te, previa pulitura dell’unghia da eventuale smalto. Il valore di saturazione appare immediatamente sul display del piccolo strumento, poco dopo l’applicazione al dito. Il saturimetro, che ha un costo alla portata di molti (70 euro circa), talora è persino svenduto in certi supermercati per qualche decina di euro, ma si tratta di modelli scarsamente attendibili. Anche i modelli migliori hanno un possibile er- rore di +/- 2%. Ciò significa che, quando leggiamo un valore 13
di saturimetria del 97%, il soggetto in realtà potrebbe avere una saturazione dell’ossigeno nel sangue anche del 95% così come del 99%. I valori di saturazione normali sono compresi fra il 95% e il 99%. I valori di saturazione bassa sono quelli sotto il 95%: si parla di lieve ipossia tra il 91 e il 95%, ipossia moderata (< /= 90) e grave (< 85%). Considerazione importante: se in un soggetto la saturi- metria (nota all’esordio dei sintomi) scende, da un giorno all’altro, di 4-5 punti percentuali (misurata con il medesi- mo saturimetro) e va in ipossia (
2) La frequenza respiratoria Veniamo al secondo metodo che si base sulla conta della frequenza respiratoria: è un parametro clinico che, per es- sere rilevato, richiede solo un orologio con la lancetta dei secondi e una persona che proceda alla conta del numero di atti respiratori. Nell’adulto sano ha un valore compreso fra 14 e 20 atti re- spiratori/minuto. Essa è ben correlata alla saturazione dell’ossigeno nel san- gue, nel senso che, se questa diminuisce, la frequenza re- spiratoria aumenta. Ciò premesso illustriamo come comportarsi in pratica. All’esordio dei sintomi, mentre il paziente dorme, chi deve eseguire la conta appoggia delicatamente la mano sul ventre del soggetto, tra l’estremità inferiore dello sterno e l’ombelico. Registra per 1 minuto esatto quante volte si sol- leva il ventre. Quello è il valore della frequenza respiratoria di quel soggetto in quel momento. Dopo 2-3 minuti è opportuno eseguire una seconda conta sempre per 1 minuto. Se i due valori non si discostano oltre due atti respiratori (es. 16 e 18/min.), si fa la media dei due valori e si considera questa media (17/min. nel caso dell’esempio) la frequenza respiratoria di quel giorno. Se i due valori si discostano oltre il valore di due, bisogna rifare tutta l’operazione da capo dopo 5-10 minuti. Se invece le due conte non si discostano troppo, si registra su un calendario il valore della frequenza respiratoria misu- rata in quella data. Poiché si è detto di eseguire la prima conta all’esordio dei sintomi, è estremamente improbabile che esista già una polmonite interstiziale bilaterale. 15
Quindi quella conta corrisponde, in quel soggetto, a una si- tuazione di scambi gassosi normali negli alveoli polmonari. Si ripetono poi le due conte ogni giorno, sempre mentre il paziente dorme. Se, malauguratamente, si riscontrasse una media delle due conte che, rispetto alle precedenti 24 ore è aumentata di 5-6 atti respiratori o anche più, questo sta a significare che il paziente è andato in ipossia e/o ipercapnia (aumento della anidride carbonica nel sangue). Il paziente va ricoverato o comunque visitato rapidamente. Il quadro radiologico della lastra, eseguita al momento del ricovero, consente la diagnosi di polmonite interstiziale bilaterale. Tuttavia, poiché il quadro radiologico può esse- re molto variabile, non consente una diagnosi differenziale tra infezione da coronavirus o da altri agenti infettanti. In questo senso aiuta molto il tampone naso-faringeo, il cui esito si può conoscere già 5-6 ore dopo l’esecuzione, se non ci sono ostacoli organizzativi. 16
I Tempi dell’insorgenza della malattia Qual è il tempo intercorso fra l’inizio dei sintomi e il ricovero? Il tempo medio che intercorre fra l’inizio dei sintomi e la comparsa di difficoltà respiratoria, che obbliga al ricove- ro, è più spesso di 6/8 giorni (4 gg in Lombardia), ma talora anche di 3 giorni. Poi, in 2-(3) gg, ma anche in poche ore il paziente può talora aggravarsi per il sopraggiungere di una polmonite interstiziale bilaterale, che richiede assistenza in terapia intensiva e cioè: - con una ventilazione assistita non invasiva (CPAP). In Lombardia in poche settimane le attrezzature CPAP sono salite da 200 a 1700; - oppure con una ventilazione invasiva di tipo meccani- co, previa intubazione orotracheale (IOT). In Lombardia la disponibilità di ventilatori meccanici è in rapido progres- sivo aumento e, fino ad ora, non si è quasi mai verificata la indisponibilità di un ventilatore automatico per qualche paziente che ne avesse assolutamente bisogno (Assessore Giulio Gallera, 12 marzo 2020); - oppure infine con un‘ossigenazione del sangue extra- corporea (ECMA) che viene eseguita solo in 15 centri italiani. A questo punto è importante sottolineare la grande diffe- renza fra queste polmoniti interstiziali e le polmoniti che complicano la normale influenza. 17
Pur essendo l’influenza un‘infezione virale, la grande mag- gioranza delle polmoniti che la complicano sono polmoniti batteriche e, in quanto tali, risentono molto favorevolmen- te di una terapia antibiotica. Per contro, la polmonite in- terstiziale bilaterale da coronavirus è primitivamente virale e pertanto gli antibiotici sono inefficaci. Pare altresì, ma la questione è oggetto di studio, che il danno agli alve- oli polmonari sia dovuto più alla reazione immunitaria al virus “esagerata” dell’organismo che non al virus stesso. E questa è, forse, la ragione per la quale farmaci come il Tolicizumab (capaci di ridurre gli effetti di tale reazione immunitaria) possono essere efficaci nei soggetti che, ol- tre alla polmonite interstiziale, hanno una interleuchina 6 (una sostanza che dà una misura dell‘infiammazione in atto) elevata. Il paziente deve quindi essere in grado di guarire con le proprie difese immunitarie ed, eventualmente, con l’aiuto di cocktail di antivirali ancora sperimentali, ma qual- che volta efficaci. L‘aiuto che può ricevere è quello di un‘in- dispensabile ventilazione meccanica fino a quando sarà nuovamente in grado di respirare autonomamente. Natu- ralmente, affinché tutto ciò si verifichi, occorre un ventilato- re meccanico disponibile. Nel caso di numero insufficiente di ventilatori rispetto al nu- mero dei malati che ne avrebbero bisogno, cosa che non si è quasi mai verificato sino ad ora in Lombardia, i rianima- tori, collegialmente, devono decidere a chi dare la priorità. Si tratta di una decisione drammatica, ma in casi estremi necessaria. É una decisione sempre collegiale che va presa, sulla base di una valutazione clinica complessiva, sceglien- do il paziente che ha maggiore probabilità di sopravvivere con quel trattamento di respirazione artificiale. 18
IL PROBLEMA DELLA LETALITÀ Qual è l‘evoluzione probabilistica della sintomatologia nei malati? Anche se i dati sono in continuo aggiornamento, su 100 ammalati da coronavirus: - 80% guariscono spontaneamente nel corso di 12-30 giorni; - 15-17% presentano una sintomatologia seria, con in- teressamento polmonare, curabile in ospedale ma che, in quasi la metà dei casi (cioè 7-10% circa del totale), necessi- ta di terapia intensiva/subintensiva: CPAB, IOT; - 2-3% decede. La letalità, che è il rapporto % fra numero dei decessi e il numero degli infetti, secondo l’OMS, è il 2-3%. Il dato della letalità però varia molto in funzione del nume- ro dei tamponi eseguiti in quell’area geografica. Tanti più tamponi si eseguono, tanto maggiore è il numero dei sog- getti infetti noti con vari gradi di severità, rispetto a quelli ignoti, tanto più diminuisce la % dei soggetti che decedo- no e inversamente. Il reale numero dei soggetti infetti, rispetto a quelli noti, può essere anche 6-10 volte maggiore (Bassetti), ma taluni Autori (Ilaria Capua) ipotizzano persino che, a volte, possa essere anche 100 volte maggiore. In certe aree della Cina, superata l’epidemia, sono stati dosa- ti, a tutti i soggetti di quell’area, gli anticorpi anti-coronavirus 19
20
e si sono potuti identificare in questo modo tutti i soggetti che, effettivamente, erano stati infettati dal virus. Confrontando questo numero con quello dei soggetti che, nella stessa area geografica, erano risultati positivi al tam- pone si è potuto stabilire che, in quella zona, il numero rea- le di coloro che si erano infettati era 27 volte più elevato del numero risultato positivo al tampone naso-faringeo. Nella Corea del Sud, dove il numero di tamponi eseguiti è stato enorme, la letalità è risultata pari allo 0,8% (Prof. Galli). Nel caso della normale influenza stagionale, pur essendoci una grande variabilità, la letalità si assesta, per lo più, sullo 0,1% arrivando eccezionalmente quasi allo 0,8% (Prof. Bas- setti). Cioè, solitamente, muore 1 malato su 1000. Con il coronavirus, secondo l’OMS, la letalità è 20-30 volte superiore: cioè muoiono 20-30 malati su 1000. Si ribadisce tuttavia, ancora una volta, il concetto che i va- lori di letalità variano moltissimo in funzione del numero dei tamponi nasofaringei eseguiti. Al fine di non diffondere un pessimismo ingiustificato, non si dimentichi mai che quando ci si ammala, cioè quando compaiono sintomi, si guarisce mediamente nel (97)-98% dei casi. Se poi non esiste nel soggetto alcuna comorbi- lità (cioè una malattia cronica preesistente), la guarigione avviene addirittura nel 98,8% dei casi (Istituto Superiore di Sanità). Negli ultraottantenni, però, la sopravvivenza in caso di ma- lattia si limita solo all’81-85% dei malati. In Lombardia la letalità per gli over 80 è =19,7%. Di fondamentale importanza è il dato che l’85-90% dei deces- si si sia verificato in soggetti con oltre 70 anni (97% oltre i 60 anni; 99% oltre i 50 anni). Ciò deve indurre gli ultrasettantenni 21
a un autoisolamento rigoroso domiciliare prudenziale. Provvedano i più giovani, sotto i 25 anni, agli approvvigio- namenti indispensabili per i più anziani, come farmaci e ali- menti. Costoro infatti, in caso di malattia, avrebbero una probabilità di morte non superiore a 2 casi su 1000: il dop- pio dell’influenza stagionale. Se questo autoisolamento dei soggetti con oltre 70 anni fosse generalizzato, è molto probabile che, dopo una la- tenza di 10-14 giorni, diminuirebbero significativamente i morti e si ridurrebbero molto i pazienti che devono ricorre- re alle cure intensive con grandissimo vantaggio per l’intera collettività. In tutta Europa, solo in Inghilterra tardivamente, è stato preso in considerazione questo tipo di ragionamento. Il 22 marzo 2020, infatti, il premier Boris Johnson ha comunicato alla Nazione l’obbligo di quarantena, per 12 settimane, di tutti gli over 70. 22
LA LETALITÀ ITALIANA È MAGGIORE DI QUELLA CINESE? Il 12 marzo 2020 il 76% dei decessi si sono verificati in Lombardia, a dimostrazione del fatto che, a livello mon- diale, è soprattutto questa regione ad essere nell’occhio del ciclone. È stato adombrato il sospetto che questo sia dovuto a una modifica del coronavirus presente il Italia rispetto a quello cinese. Giovanni Rezza, Direttore del Dipartimento di Malattie In- fettive dell’Istituto Superiore di Sanità, fa presente a questo proposito che: 1 dalle analisi virologiche eseguite nel nostro Paese il vi- rus, anche se di tipo RNA (Acido Ribo Nucleico), che è il tipo più incline a subire mutazioni anche di modesta entità, fino ad ora non ha subìto modificazioni significative; 2 quando si valuta l’indice di letalità bisogna considerare sempre il numero degli anziani presenti nella popolazione e l’età media di questa popolazione, che in Italia è di 44,3 anni e in Cina è di 37,4 anni; 3 se si analizzano attentamente questi indici di letalità, in Cina e in Italia, quelli italiani non sono significativamente più elevati di quelli cinesi; se poi si esegue una compara- zione dei dati, stratificati per fasce di età, quelli italiani, in talune fasce, sono lievemente più bassi di quelli cinesi. 23
A proposito di letalità, io ritengo debbano essere fatte le seguenti considerazioni: 1 La valutazione della letalità per fasce di età è im- portantissima per rendersi conto dell‘enorme differenza di rischio di morte, in caso d’infezione, fra chi ha meno di 50 anni e chi ha più di 60-70 anni. I soggetti fra 40 e 50 anni hanno un rischio di morte “solo” del 4 per mille; quelli fra i 30 e i 40 solo del 3 per mille, fra i 20 e i 30 solo del 2 per mille, in assenza di comorbilità. Sotto ai 10 anni di età non sono segnalati casi di morte. 2 Spesso sono stati divulgate, in buona fede, infor- mazioni sulla letalità ingiustamente allarmanti per la citta- dinanza. Infatti nei telegiornali a un certo punto si è detto riguardo a Milano: ci sono 20.000 contagiati noti e 2000 morti, dunque la letalità è del 10%. Niente di più falso e al- larmante! La realtà è che i morti erano effettivamente 2000, in quel momento, ma i contagiati reali, anche se non co- nosciuti esattamente, non erano 20.000 ma almeno 10 volte superiori, magari con sintomi lievi. Se ipotizziamo 200.000 contagiati (e forse è un’ipotesi riduttiva) la letalità non è più il 10% ma l’1% (2000 morti su 200.000 contagiati, in gran parte con sintomi lievissimi, in piccola parte con sintomi medi, in piccolissima parte con sintomi gravi o mortali). Non va infine dimenticato che solo l’1,2% dei decessi si è verificato in soggetti senza comorbilità. 24
La conclusione rassicurante di tutto ciò è che chi non ha patologie croniche in atto ha quasi il 99% di probabilità di non morire qualora si infettasse. Fascia d’età Deceduti (in%) Letalità (%) (anni) 0-9 0 (0%) 0% 10-19 0 (0%) 0% 20-29 2 (0%) 0,1% 30-39 20 (0,2%) 0,3% 40-49 89 (0,9%) 0,7% 50-59 369 (3,7%) 2% 60-69 1162 (11,6%) 7,1% 70-79 3456 (34,5%) 19,8% 80-89 3984 (39,7%) 28,1% >=90 393 (9,4%) 26,3% Non noto 5 (0%) 2,2% Totale 10026 (100%) 10,6 Il flusso ISS raccoglie dati individuali di casi con test positivo per SARS-COV-2 diagnosticati dalle Regioni/PPAA. I dati possono differire dai dati forniti dal Ministero della Salute e dalla Protezione Civile che raccolgono dati aggregati. 25
26
FARMACI DI USO DOMICILIARE Se un malato da coronavirus ha sintomi tali da poter- si curare a domicilio, i farmaci sintomatici a cui fare ricorso sono i seguenti. - Antipiretici: è opportuno utilizzarli solo quando la febbre supera i 38,5°C ascellare o inguinale. Al di sotto di questo valore il rialzo termico serve per combattere il virus senza particolari sofferenze o danni per l’organismo che li ospita. Sopra tale soglia, l’antipiretico di prima istanza è il paracetamolo alla dose massima di 3gr/die (es. 1cp e mez- za da 500mg 4 volte al dì o 2cp da 500mg 3 volte al dì. Ma la dose può essere anche più bassa (es. 1cp da 500 mg 3-4 volte al dì). - Mucolitici: se la tosse è secca e stizzosa, seguendo le dosi raccomandate dal bugiardino. - Antitosse: sono da utilizzare nei rari casi nei quali la tosse divenisse veramente estenuante. Altrimenti è meglio non sedare la tosse, che serve a favorire espulsione dei vi- rus e, conseguentemente, a ridurre il rischio polmonite. - Immunomodulanti e Probiotici: non si hanno prove che siano realmente efficaci, comunque chi ci crede li as- suma pure. In medicina anche l’effetto placebo ha la sua importanza. - Vitamina C: un supplemento non serve a nulla se si as- sumono 3 porzioni di frutta e 2 di verdura, come consigliato da molti anni. 27
- Altri farmaci: per tutti (Avigan compreso) devono es- sere ignorati i messaggi trovati sul web pubblicati, talora persino in buona fede, da persone che non hanno alcuna preparazione scientifica e che creano false illusioni o co- munque danno solo informazioni false o distorte. Per ogni farmaco è sempre necessaria una seria sperimen- tazione scientifica che dimostri la sua reale efficacia e gli eventuali effetti collaterali. In questo frangente è possibile che le sperimentazioni scientifiche possano individuare qualche farmaco efficace contro la Covid-19 anche nel corso di poche settimane. Se ciò avverrà, seguirà anche una pubblicazione immediata sull’argomento su una rivista scientifica importante e una comunicazione televisiva da parte di scienziati di fama na- zionale o internazionale. È assolutamente ingenuo o illu- sorio pensare a percorsi diversi da quello appena indicato. 28
IL TAMPONE NASO-FARINGEO A chi dovrebbe essere fatto? 1) Secondo le raccomandazioni dell’OMS, viene fatto solo in presenza concomitante di queste due condizioni: A) quando il soggetto ha una sintomatologia compatibile; B) quando il soggetto, su base anamnestica, è ritenuto a rischio perché: - ha avuto contatti stretti con un soggetto positivo; - proviene da un focolaio epidemico o da una zona ad alto rischio; - ha eseguito la vaccinazione antinfluenzale e quindi è improbabile che i sintomi siano riferibili alla normale in- fluenza stagionale. Perché questi criteri restrittivi? - Se lo si eseguisse con criteri più ampi non si avreb- bero più tamponi per coloro che ne hanno più bisogno; - l’avere eseguito, per un certo tempo, il tampone a molti soggetti senza la presenza di queste due condizioni è stata criticata da autorevoli scienziati quali il Prof. Ricciardi, il quale ritiene che questo comportamento abbia contribu- ito a far nascere precocemente il “caso Italia”. Opinione che però non trova concordi molti altri Autori, fra cui il sottoscritto; - certamente questo test, pur avendo una buona sen- sibilità, ha un discreto numero di “falsi positivi“, cioè la 29
30
specificità – come si dice in termini tecnici – non è molto elevata. E ciò potrebbe creare falsi allarmi e comportare l’i- solamento domiciliare per 14 giorni di persone per le quali tale isolamento non era affatto necessario. Anche per que- sto motivo il primo test positivo dovrebbe essere validato da un secondo test, preferibilmente eseguito presso l’Isti- tuto Superiore di Sanità. Infine è opportuno ricordare che, talvolta, un tampone ese- guito in fase precoce di malattia può risultare negativo, e risultare invece positivo se ripetuto in fase più avanzata di malattia. Anche la sede in cui si esegue la ricerca del virus (secre- zioni naso-faringee o liquido bronco-alveolare) può in- fluenzare l’esito della ricerca. Nello stesso soggetto, cioè, il tampone naso-faringeo può risultare negativo e, contem- poraneamente, essere invece positiva la ricerca del corona- virus nel liquido di lavaggio bronco-alveolare. 2) Il tampone viene poi eseguito, giustamente, su tutti i pazienti ricoverati con insufficienza respiratoria per po- ter decidere se inviarli nell’area Covid-19 positivi oppure nell’area non infetta. 3) Il tampone dovrebbe essere eseguito a tutte le forze dell’ordine, a tutti gli operatori sanitari, agli edicolanti e alle cassiere dei supermercati perché costoro sono molto esposti e operano in prima fila; ma anche per un altro moti- vo importante di cui voglio fare un esempio. Un medico si protegge con una mascherina FFP3. Se si in- fetta e non lo sa, diviene – suo malgrado – una fonte d’in- fezione importante. Infatti, mentre ausculta il cuore del suo paziente, a distanza di 50 cm attraverso la valvola della sua 31
mascherina, butta fuori coronavirus verso il viso del sogget- to giunto per farsi visitare, non per farsi infettare. L’operatore infetto dovrebbe essere messo in quarantena e dovrebbero altresì essere testati tutti coloro che hanno avuto stretti rapporti con lui, sia in famiglia che sul luogo di lavoro. Infine gli operatori sanitari potrebbero infettarsi qualche giorno dopo l‘esecuzione del tampone negativo, essendo soggetti molto più a rischio di altri. Pertanto sarebbe op- portuno, se possibile, ripetere i tamponi agli stessi opera- tori ciclicamente ogni 5-7 giorni. 4) Oltremodo utile è poi l’esecuzione di due tamponi dopo la guarigione dalla malattia. Vanno eseguiti a distanza di 24- 48 ore l’uno dall’altro, a circa 2 settimane dalla guarigione. In questo modo, se i tamponi sono negativi, si è sicuri che i convalescenti non contribuiscano a diffondere l’infezione. 5) Infine, se restano tamponi disponibili e se l’operazione localmente è sostenibile dal punto di vista organizzativo, potrebbero eseguire il tampone naso-faringeo anche a tutti coloro che hanno una sintomatologia medio-lieve compa- tibile, associata a una temperatura ascellare che supera i 37,4. Non c’è alcun dubbio che sia difficilissimo realizzare tutto ciò. La linea di tendenza dovrebbe comunque essere quella appena esposta. 32
PORTATORI SANI O INFETTI ASINTOMATICI Nei casi di infezione più lieve – cioè quando si verifi- ca una buona risposta del nostro apparato immunitario sia innato che adattativo – la sintomatologia è assente (porta- tori sani) o modesta (casi oligosintomatici). I portatori sani sono cioè soggetti nei quali il virus circola nel sangue e può essere presente in liquidi biologici, ma non si localizza specificamente in alcun organo e non dà alcuna sintomatologia. Il portatore sano quindi, anche se sta apparentemente bene, è potenzialmente infettante, ma meno frequentemente di un malato. Da un lato va precisato che le sue capacità di infettare altri soggetti sono minori di quelle di un malato in quanto non tossendo né starnutendo, sparge meno virus a distanza. Dall’altro, tuttavia, i portatori sani sono numerosi e peri- colosi per gli altri poiché, non sapendo di essere infetti, possono contagiare, direttamente o indirettamente (cioè rendendo infetti gli oggetti poi toccati da altre persone), una moltitudine di individui. A questo proposito il virologo Andrea Crisanti di Padova ha comunicato in prima mondiale (13 marzo 2020) – dopo l’esecuzione “a tappeto” di moltissimi tamponi naso-fa- ringei in soggetti sani con frequenti contatti con altri sog- getti potenzialmente infetti come le forze di polizia e gli operatori sanitari – che oltre il 50% (55%) degli esaminati sani era positivo. 33
Facendo un tampone a tutti costoro – cioè attivando la cosiddetta “sorveglianza attiva di massa” – è possibile individuare moltissimi infetti asintomatici che sono una for- midabile fonte di contagio. Isolandoli, come si è fatto a Vò, si può ridurre a un decimo la % dei malati. A Vò la % dei malati è passata infatti, mediante la sorve- glianza attiva di massa, dal 3,2% allo 0,3% e gli infetti asin- tomatici sono passati da 88 a 7. 34
SOGGETTO IN PERIODO D’INCUBAZIONE Il periodo d’incubazione va da 1 a 14 giorni con una media di 5. Secondo dati recentissimi, eccezionalmente, potrebbe pro- trarsi fino a 3 settimane. Questo soggetto, pur essendo infetto, non ha ancora sin- tomi oppure presenta sintomi molto modesti per un certo numero di giorni e conseguentemente si comporta svol- gendo la propria attività come sempre. Tuttavia può, a sua insaputa, infettare gli altri perché “produce, fin da subito, una grande quantità di virus nelle alte vie respiratorie” (Remuzzi). Quindi un soggetto infetto è contagiante già 2-(3) giorni prima della comparsa dei sintomi. Tutto ciò non è successo per la SARS poiché, a diffondere l’infezione, sono solo i malati più gravi e quindi facilmente identificabili e isolabili. 35
36
I SOGGETTI GUARITI I malati per infezione da Covid-19, una volta gua- riti, sono ancora contagiosi? Questo è probabile, dato che si verifica in oltre il 50% dei casi (Prof. Susanna Esposito, 21 marzo 2020). Per saperlo l’ideale sarebbe eseguire, dopo la guarigione clinica, almeno due tamponi naso-faringei a distanza di 24- 48 ore. Se risulteranno entrambi negativi il convalescente potrà essere dichiarato non più contagioso. Tuttavia questa procedura è raramente realizzabile, in questo periodo, per ragioni organizzative. A mio giudizio meglio attendere almeno 4-5 settimane dal primo tampone positivo, eseguito all’inizio della malat- tia, poiché, se pure di rado, i soggetti restano positivi anche un mese dopo il primo tampone positivo. Un esempio in questo senso ci è fornito dalla moglie del- la prima coppia cinese ricoverata all‘Ospedale Spallanzani, ventilata meccanicamente e poi guarita. Il tampone della suddetta coppia cinese si è negativizzato dopo circa un mese dal primo tampone positivo. Se si considera invece il momento della guarigione, l’at- tesa cautelativa per avere un’altissima probabilità di non essere più contagiante è di 2 settimane secondo qualche Autore (Prof. Bruno di Pavia). Io, per sicurezza, preferisco indicare 3 settimane, soprattutto se la persona che si po- trebbe infettare è anziana. 37
Coloro che si sono ammalati potrebbero riammalarsi? Il fenomeno non si può escludere, anche se è pochissimo probabile a medio termine, cioè 18 mesi (secondo il Prof. Mantovani) o 3-4 anni (secondo il Prof. Pregliasco). Comun- que, per ora, nessuno può dirlo con assoluta certezza, trat- tandosi di un virus ancora non conosciuto. I casi noti di rein- fezione sono solo un paio. Esistono patologie, come l‘infezione da virus sinciziale respira- torio o come il 20% dei soggetti che sono stati affetti da epa- tite C, in cui questo fenomeno si può verificare (Prof. Burioni). Infine, in certe patologie, come la Dengue, la reinfezione può addirittura comportare una malattia più grave di quella inerente la prima infezione (Prof. Burioni). Perché certi si ammalano e altri sono solo portatori sani? Tutto dipende da due fattori: - principalmente dall‘efficienza del proprio sistema im- munitario; - in parte anche dall‘entità della carica infettante, cioè dal numero di virus che, ad un certo punto, infettano il pa- ziente. Certamente gli immunodepressi (per es. da farmaci assun- ti per motivi oncologici) e i soggetti con malattie croniche come il diabete hanno un maggior rischio di infettarsi. Gli anziani (per definizione i soggetti con oltre 65 anni) non sembrano avere un rischio di infettarsi significativamente maggiore dei soggetti tra i 40 e i 65 anni. Ma, se si ammalano: - hanno un maggior rischio di andare incontro a una ma- lattia severa; 38
- hanno altresì una letalità più elevata che, negli ultra ot- tantenni, può avvicinarsi al 15 % (Cina) o al 20% (Lombar- dia). L’importanza della comorbilità è pure fondamentale per quanto riguarda la letalità. Da uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità risulta (21 marzo 20) che, tra le vittime del Covid-19, solo l’1,2% non aveva altre patologie. Emerge altresì che il numero medio di patologie osservate nei deceduti è stato di 2,7 e che il 23,5%, ne aveva una, il 26,6% ne aveva due, il 48,6 tre o più. 39
40
COME AVVIENE IL CONTAGIO Le modalità più frequenti sono due: - quella dovuta alle goccioline contaminate emesse nell’aria con starnuti e tosse, o semplicemente parlando; - quella dovuta alle nostre mani che, se contaminate, portano il virus agli occhi, al naso e alla bocca. Ne esistono anche altre più rare, dovute a feci o urine in- fette. Entriamo più in dettaglio: 1 un soggetto infetto (che può essere: 1.1 un portatore sano, 1.2 un soggetto in incubazione, 1.3 un soggetto malato spesso oligosintomatico, 1.4 un soggetto gua- rito ancora contagiante) tossisce, starnutisce, anche semplicemente parla emettendo piccole goccioline contenenti il virus, che arrivano alle congiuntive dell’in- terlocutore o vengono da lui respirate. Questa è la modalità da cui ci si può proteggere più facilmente. 2 un soggetto infetto (che può essere una delle 4 even- tualità già esaminate) tossisce mettendo la mano da- vanti alla bocca, poi vi dà la mano o contamina, con la sua mano infetta, un oggetto che voi toccate in segui- to. Infine voi, con la vostra mano infetta, vi stropicciate gli occhi o vi grattate il naso e vi infettate. 41
Questa è la modalità di gran lunga più difficile da evi- tare. Il virus sopravvive sull’oggetto inanimato non ore – sui gior- nali non scientifici si è scritto di 9 ore – ma giorni (JAMA, Journal of American Medical Association). A questo propo- sito sarò più specifico nei capitoli successivi. La buona notizia è che – detergendo le superfici sugli og- getti con varie soluzioni (antisettiche, alcoliche, a base di ipoclorito, a base di amuchina) il virus non sopravvive che qualche minuto. Come proteggersi da questi due tipi di contagio? 1) Il primo tipo di contagio avviene attraverso il respiro. Dalle goccioline emesse nell‘aria dal soggetto infetto ci si può proteggere in vari modi da applicare congiuntamente: 1.1 Mantenendo una certa distanza Tale distanza è stata codificata nei decreti delle istituzioni ufficiali in 1 metro. Tuttavia, dal punto di vista strettamente tecnico, sarebbe più opportuno stare a 2-2,5 metri. 42
Con questa affermazione non si intende criticare il messag- gio istituzionale. Il politico, che talora è anche legislatore, deve sempre agire con buon senso. Il che significa mediare fra varie istanze spesso contrapposte. In questo caso, da un lato c’è l’istanza strettamente tecnica che indurrebbe al consiglio di stare distanti anche 3 metri (poiché certe per- sone hanno colpi di tosse o starnuti così potenti da consen- tire che le loro goccioline infette giungano veramente a no- tevoli distanze, anche se non a 4,5 metri come è stato scrit- to in una fake news), dall’altro esiste l’esigenza di stabilire una norma non solo teorica, ma realmente praticabile. Ecco perciò che scaturisce una raccomandazione, sotto questo profilo condivisibile, ma che non è la migliore possibile. 1.2 Proteggendo gli occhi Con occhiali a tenuta, lavabili o disinfettabili, come quelli che si usano per fare il bagno in piscina (esistono anche modelli con lenti graduate personalizzabili), oppure quel- li che si utilizzano sopra gli occhiali da vista quando si va a sciare, infine ricorrendo a schermi protettivi trasparenti come quelli usati dai dentisti. Naturalmente tutte queste strutture di protezione devono essere accuratamente lava- te con acqua e sapone o disinfettate con spray antisettici. 43
1.3 Usando opportune mascherine Qui il discorso diviene più complesso e lo affronterò in un capitolo apposito. Schematicamente le mascherine si possono dividere in due gruppi: - le mascherine chirurgiche - le mascherine protettive Queste ultime sono appositamente studiate per consentire, nel caso siano indossate ben aderenti alle gote e al naso, che il soggetto aspiri meno del 95% o del 98% di particelle inquinanti (es. PM 10, PM 2,5) presenti nell’aria o meno del 95% o del 98% di batteri e virus. 2) La seconda modalità di contagio è quella che si verifica attraverso le mani. Essa è la modalità di contagio più fre- quente ed è assai più difficile da evitare rispetto alla pre- cedente. Consiste nel fatto che le nostre mani si possono contagiare dando la mano a una persona che ha la mano infetta, oppure toccando un oggetto già precedentemente infettato e sul quale il virus può sopravvivere – se l’ogget- to infetto non è lavato o disinfettato – anche per giorni. Il numero dei giorni dipende dal tipo di superficie e dal fatto che la superficie sia pulita o sporca. Ne parlerò in modo esauriente più avanti. Dopo che si è infettato le mani il soggetto, spesso inconsa- pevolmente, si stropiccia gli occhi, si gratta il naso, si stru- scia la bocca e si infetta. Il rimedio più efficace per evitare che si realizzi questa mo- dalità di contagio è quella di lavarsi spesso e bene le mani con acqua e sapone. Il sapone è preferibile sia liquido. L’ac- qua corrente meglio se calda. Il tempo di lavatura e di ri- sciacquo deve di almeno 50-60 secondi. Lo strofinamento delle mani insaponate deve avvenire sul dorso, sul palmo 44
e fra le dita. Meglio, infine, utilizzare anche uno spazzolino per le unghie, immerso abitualmente in una soluzione an- tisettica. L’asciugatura da preferire è con carta usa e getta o con flusso d’aria calda. Ogni membro della famiglia deve avere asciugamani personali. 45
PARLIAMO DI MASCHERINE Le mascherine chirurgiche Le mascherine chirurgiche sono così chiamate poiché uti- lizzate abitualmente dal chirurgo mentre opera per evitare che, parlando durante l’intervento chirurgico, emetta sul campo operatorio goccioline della sua saliva contaminate da eventuali batteri. Queste mascherine non servono, se non molto marginal- mente, per la protezione di un individuo sano dalle goc- cioline emesse da un soggetto, infetto da Covid-19, che gli tossisce in viso. Questo è ancor più vero se il soggetto non ha, oltre alla mascherina, anche una protezione oculare. Le mascherine chirurgiche servono invece ad evitare che un soggetto infetto, tossendo o starnutendo, spar- ga a distanza le sue goccioline infette. Stando così le cose, quando i soggetti infetti sono rari, l’OMS e il Ministero della Salute non consiglia a tutta la popolazione di portare questo tipo di mascherina. Inol- tre queste mascherine sono del tutto inutili se un sog- getto cammina, corre o va in biciletta in solitario; non si trova cioè di fronte ad alcun interlocutore. Bisogna poi ricordare che si tratta di mascherine monou- so che dovrebbero sempre essere sostituite ogni volta che vengono tolte anche per poco tempo e, comunque, non dovrebbero essere indossate continuativamente per oltre 4-5 ore. 47
Al momento della rimozione poi, bisogna toglierla come se fosse contaminata e quindi non bisogna mai abbassarla dalla parte della bocca, ma toccando solo gli elastici laterali per evitare di contaminare le mani. Bisogna anche evitare di toglierla quando si parla al telefono. La mascherina, infine, può a volte infondere, nel soggetto che la indossa, un falso senso di sicurezza che induce taluni ad abbassare la guardia, dal punto di vista del rischio di contagio, e a trascurare altri presidi difensivi più importanti come il lavaggio delle mani. Il discorso cambia quando il numero dei soggetti infetti è elevato e questi, come avviene attualmente, possono essere rappresentati da portatori sani, da soggetti in fase di incubazione, da malati oligosintomatici o infine da convalescenti ancora contagianti. In questa eventuali- tà – che è quella attuale – è opportuno che tutti portino la mascherina. In questo modo, dato l’alto numero dei soggetti contagian- ti apparentemente sani, diminuisce la probabilità che que- sti contagino i soggetti che ancora non sono stati infettati. Va inoltre considerato un altro aspetto di importanza pra- tica non trascurabile: come può un professionista o il com- messo di un negozio ragionevolmente pretendere che il suo cliente abbia la mascherina se lui stesso non la indossa? In conclusione, quando i soggetti contagianti sono nu- merosi, è necessario che tutti indossino le mascherine chirurgiche. Al momento attuale, dato che nel recente passato non era- no più prodotte in Italia, le mascherine sono di difficile re- perimento, ma sembra che il problema, almeno per quelle chirurgiche, venga in parte risolto a brevissimo termine. Comunque, ove proseguisse la difficoltà di approvvigiona- mento, piuttosto che non averla, è meglio riutilizzare una 48
mascherina già utilizzata in un giorno precedente, dopo averla “sterilizzata” tramite l’esposizione solare, su ognuno dei due lati, per qualche ora. Le mascherine protettive Le mascherine protettive hanno caratteristiche totalmente diverse da quelle chirurgiche e, in base al grado di prote- zione, sono identificate con sigle diverse. Esistono due classificazioni delle mascherine protettive: una anglosassone e una europea. La classificazione europea utilizza le sigle: FFP1 (“anti- polvere”), FFP2 e FFP3. Queste ultime sono le più protettive e, obbligatoriamente, devono essere dotate di filtro a valvola che facilita la respi- razione e riduce la condensa. Il filtro è capace a trattenere particelle fino a 0,6 μm e pro- tegge teoricamente dai virus dell’influenza aviaria, influen- za A/H1N1, SARS (che è un coronavirus). La valvola ha un funzionamento tale da proteggere solo in entrata, quindi tutte le mascherine con valvola (non solo le FFP3 che la posseggono obbligatoriamente, ma anche le FFP2 e FFP1 con valvola) non devono assolutamente essere utilizzate dai soggetti infetti poiché la valvola “butta fuori” il virus. Poiché non si sa chi siano i soggetti infetti, ritengo molto auspicabile che a tutti gli operatori sanitari vengano fatti tamponi naso-faringei. Tali tamponi, però, dovrebbero es- sere ripetuti ogni 5-8 giorni in modo sistematico e inde- finito, compatibilmente con le possibilità organizzative. I positivi dovrebbero essere messi in quarantena fino a che 2 tamponi, eseguiti a distanza di 24 ore, saranno risultati negativi. 49
Nel caso non si proceda in questo modo si rischia che un operatore sanitario divenga positivo asintomatico (porta- tore sano) e porti una mascherina FFP3 (che ha la valvola) che a lui non serve più per proteggersi perché è divenuto positivo, ma che (attenzione!) butta fuori i suoi virus con aumento del rischio di contagio per chi gli sta di fronte. Il fatto che la protezione con queste mascherine sia teorica è connesso alla frequente difficoltà di ottenere una buo- na aderenza fra la mascherina e la superficie del naso e delle gote. Chi ha la barba, ad esempio, non può usarle perché non è realizzabile una buona aderenza al viso della mascherina. Altrettanto vale per i bambini. Se si appannano gli occhiali, l’aderenza della mascherina non è adeguata. La sigla FFP sta per “FILTERNG FACE PIECE”. La classificazione anglosassone utilizza, invece, le sigle N95 e N99. Le N95 e le N99 sono certificate per filtrare, almeno, rispet- tivamente il 95% o il 99% delle particelle sospese nell’aria incluso l’eventuale coronavirus. Approssimativamente, in termini di efficacia, esse sono simili alle FFP3. In realtà, tuttavia, sia le FFP3 che le N95 presentano una serie di criticità tali da indurre il New Scientist ad affermare che, nella migliore delle ipotesi, “indossare la mascherina può aiutare, ma non garantisce una protezione totale”. Comunque, abitualmente, le mascherine FFP3 sono desti- nate, insieme a una protezione oculare a: - operatori sanitari addestrati quali ad esempio: medici, farmacisti, infermieri volontari o professionali, ecc. - familiari o amici che assistono malati con infezione da coronavirus. 50
Va poi ribadito che non ha alcun senso indossare questi tipi di mascherina, anche nel migliore dei modi, senza prote- zione per gli occhi. Ciò nonostante, tale comportamento è assai frequente. Ad esempio la maggioranza dei farmacisti che svolgono la propria attività in farmacia sono spesso a non più di 1- 1,5 m dal cliente, non infrequentemente ma- lato, e talora infetto da coronavirus; pur indossando guanti e mascherina FFP3, non hanno alcuna protezione oculare. 51
L‘USO DEI GUANTI L’uso di guanti monouso è discusso. Il Prof. Andreoni è contrario e preferisce il solo lavaggio delle mani, probabilmente temendo che l’uso dei guanti disincentivi il frequente e doveroso lavaggio delle mani. Io non sono dello stesso parere. Concordo però assolutamente sul fatto che il baluardo principale di difesa dalla modalità di contagio tramite le proprie mani infette resta il ripetuto e accurato lavag- gio delle stesse, che deve essere effettuato numerose volte al giorno, anche 15-20. Il punto di dissenso è il seguente: tutti sono concordi nel dire di non portare le mani, potenzialmente infette, agli oc- chi, al naso, alla bocca. Ma, a mio giudizio, mettere in pra- tica davvero questo consiglio è difficilissimo per infrequenti movimenti inconsapevoli delle nostre mani. L’uso di guanti monouso, specie fuori casa, quando al su- permercato si spinge il carrello, o quando si maneggiano delle banconote, nella grande maggioranza dei casi ci ren- de consapevoli di movimenti altrimenti compiuti incon- sapevolmente. Con i guanti, cioè, non ci stropicciamo gli occhi e non ci grattiamo il naso senza rendercene conto. Arrivati a casa poi i guanti sporchi dovranno essere tolti, con modalità tali da diminuire al massimo la probabilità di contaminare le proprie mani che, in ogni modo, dovranno essere subito 53
accuratamente lavate. Per i più distratti, inoltre, la manovra di togliersi i guanti può funzionare da promemoria per lavarsi assolutamente subito le mani, non appena giunti a casa. L’ultima manovra che mi sento di consigliare, dopo ave- re acquistato confezioni chiuse di cibo o di qualsiasi al- tro tipo, fossero anche dei toner o dei plichi di carta da stampanti, è quella, più noiosa, costosa e onerosa anche in senso temporale. Tutte queste confezioni possono essere state contaminate dalle mani infette del commesso. Consi- glio pertanto di appoggiare le confezioni su della carta non infetta da coronavirus appoggiata sul pavimento anti- stante la porta di casa. Quindi, dopo essersi lavati le mani e avere indossato un nuovo paio di guanti monouso, con uno spray antisettico si potranno spruzzare le superfici ester- ne delle nostre confezioni. Si lascia l’antisettico ad asciugare per alcuni minuti; intanto in casa ci si toglie il secondo paio di guanti e ci si rilava ac- curatamente le mani. Infine si portano le confezioni acqui- state e disinfettate in casa e le si ripone negli appositi spazi. Sulla base di uno studio scientifico in uscita sul NEJM (New England Journal of Medicine, una delle due riviste di medi- cina più autorevoli al mondo), la durata del virus vivo su una superficie dipende dal tipo di superficie e dal fatto che questa sia pulita o sporca. Sulle superfici di cartone pulito il virus può vivere 1 giorno, sulle superfici di acciaio la vita del virus può arrivare a 2 giorni, su quelle di plastica 3 giorni. Se le superfici sono sporche la vita del virus è più lunga. La pulitura delle superfici, di conseguenza, può essere ef- fettuata con comuni detersivi e non necessariamente con particolari antisettici. 54
Queste informazioni consentono di semplificare le proce- dure molto onerose di disinfezione dei prodotti acquistati, che sono state esposte prima. Infatti tutti i prodotti, che non è necessario mettere in fri- go rapidamente o che non devono essere utilizzati entro 3 giorni, potranno essere lasciati nel sacchetto d’acquisto, in auto o in garage, per 3-4 giorni senza alcuna disinfezione. Solo allora potranno essere traspostati in casa e riposti ne- gli appositi spazi. La disinfezione potrà quindi essere limitata ai prodotti da mettere in frigo o di immediato utilizzo. Anche la suola delle scarpe può portare in casa germi e virus di tutti i tipi che, come si è detto, hanno una vita più prolungata nello sporco. Un’ulteriore misura di igiene quando si entra in casa può essere perciò quella di cambiarsi le scarpe indossando quelle “da casa”. 55
COSA E COME DETERGERE IN CASA Cosa detergere Sanitari, servizi igienici, telefoni cellulari, tablet, tastiere, comodini, maniglie, tavoli, superfici venute a contatto con sangue, feci, urine. Come detergere Per la pulitura/disinfezione utilizzare candeggina (1 parte di candeggina e 99 parti di acqua) o amuchina (2 parti di amuchina e 98 parti di acqua) e risciacquare. Oppure uti- lizzare la soluzione idroalcolica secondo la composizione dell’OMS (833ml di alcol denaturato + 125 ml di acqua di- stillata o bollita fredda + 42 ml di acqua ossigenata al 3%). 57
COME COMPORTARSI CON LO SMALTIMENTI DEI RIFIUTI Se non si è positivi Proseguire con la raccolta differenziata, ma usare per scru- polo due o tre sacchetti (uno dentro nell’altro) chiudendoli bene con lacci sufficientemente validi. Sempre per scrupolo consegnarli per lo smaltimento solo dopo 3 giorni dal confezionamento. Usare fazzoletti di carta se si è raffreddati, buttandoli poi nella indifferenziata. Smaltire nell’indifferenziata anche mascherine e guanti mo- nouso. Se si è positivi Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, i rifiuti dovrebbero essere smaltiti come quelli ospedalieri. A casa seguire le indicazioni seguenti: - non differenziare più i rifiuti di casa tua; - utilizzare 2-3 sacchetti (uno dentro nell’altro) all’interno del contenitore per la raccolta differenziata, possibilmente a pedale; - tutti i rifiuti (carta, umido, metallo, vetro e plastica, ma anche mascherine, fazzoletti, guanti) devono essere gettati nello stesso contenitore utilizzato per l’indifferenziata; - indossando guanti monouso, chiudere bene i sacchetti con validi lacci di chiusura; - una volta chiusi i sacchetti, i guanti monouso vanno 59
pure smaltiti in altri sacchetti preparati per la raccolta diffe- renziata e le mani vanno lavate accuratamente; - gli animali di compagnia non devono potere accedere ai sacchetti dei rifiuti. 60
I MEZZI DI TRASPORTO PUBBLICI Sui mezzi pubblici , spesso affollati, è difficile evitare gli assembramenti e mantenere distanze di sicurezza. Per- tanto chi è costretto ad usarli, suo malgrado, sappia che, mediamente, il rischio di infettarsi aumenta di 6 volte. Per ridurre il rischio, consiglio una protezione con occhiali a tenuta, mascherina, guanti monouso. Ove possibile è op- portuno fare il tragitto rivolgendo il viso verso il finestrino chiuso e dando le spalle ai trasportati. Giunti a destinazione, togliere i guanti e lavarsi accurata- mente le mani. 61
Puoi anche leggere