Coronavirus, così lo smart working sta salvando la produttività delle aziende in Italia - BCG
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Storie Coronavirus, così lo smart working sta salvando la produttività delle aziende in Italia Il «vaccino» al coronavirus per le imprese si chiama smart working. L’emergenza, insieme a mille difficoltà, ha portato con sé anche l’opportunità di aprire il più grande”laboratorio” di lavoro agile in Italia: ecco il racconto degli imprenditori, a partire da quelli della zona rossa Servizio di Francesca Barbieri 12 min Illustrazione di Maria Limongelli/Il Sole 24 Ore Nella zona rossa è la ciambella di salvataggio di di tante piccole aziende per evitare la chiusura e il crollo degli affari. Nelle Regioni colpite dal contagio è lo scudo levato in alto per non perdere produttività. Pur tra mille difficoltà, un primo vaccino al coronavirus per le imprese si chiama smart working. Almeno per quelle dei servizi, che svolgono attività più facilmente gestibili da remoto. L’emergenza contagi ha portato con sé, oltre a tanti effetti negativi, l’opportunità di aprire il più grande”laboratorio” di lavoro agile: una formula che finora ha interessato solo una minima parte dei lavoratori italiani, tra i 345mila e i 570mila a
seconda delle stime, su una platea potenziale di 8.359.000 dipendenti che potrebbero beneficiarne secondo la Fondazione studi dei consulenti del lavoro. Laboratorio smart working in tutta italia Ci sono aziende che hanno iniziato a utilizzarlo, mentre altre che già lo prevedevano sono passate da un giorno a settimana al 100%. Misure temporanee nella maggior parte dei casi che sfruttano la possibilità introdotta dai due Dpcm varati dal Governo il 23 e 25 febbraio di attivare in modo semplificato lo smart working in 6 regioni del Nord fino al 15 marzo 2020. Possibilità estesa - per la durata dell'emergenza - ai datori di lavoro in tutto il territorio nazionale, che possono così applicare lo smart working anche in assenza di accordi individuali. «Le aziende che già avevano adottato il lavoro agile - commenta Maurizio Del Conte, giuslavorista dell’Università Bocconi e ideatore della legge nazionale sullo smart working del 2017 - hanno potuto più efficacemente rimodularlo ed estenderlo in funzione dell'allargamento a una platea più ampia di lavoratori e per periodi più lunghi. Ma anche tante imprese che non lo avevano mai adottato sono riuscite a far fronte all'emergenza con il lavoro agile, recuperando almeno in parte prestazioni di lavoro che altrimenti sarebbero andate completamente perdute. Sono proprio queste nuove esperienze che potranno essere di stimolo ad allargare l’utilizzo del lavoro agile anche quando sarà superata l’emergenza, progettandolo per tempo in funzione delle specificità produttive e delle competenze del personale». (ANSA / Andrea Fasani) Il bilancio di 10 giorni di emergenza: zona rossa E allora vediamo come sono andati questi primi dieci giorni del “cantiere” smart working, partendo dal cuore della zona rossa lodigiana.
A Castiglione d’Adda Lorenzo Dornetti, psicologo e imprenditore, non ci ha pensato un attimo, una volta scattata l’emergenza, ad attivare la modalità smart working per i propri dipendenti. «Dopo una prima reazione di panico - racconta - ho pensato alle consegne da rispettare e ho agito di conseguenza». Dornetti dirige Neurovendita, una piccola società di consulenza nata nel 2012, che si occupa di neuroscienze applicate al lavoro: selezione degli agenti di vendita, formazione, un laboratorio per testare i piani di marketing dei clienti. «Il venerdì dell’emergenza - ricorda Dornetti - ho mandato a casa i dipendenti e richiamato quelli in trasferta. Sono tutti psicologi, con un’età media di 31 anni. Non eravamo assolutamente organizzati per lo smart working, a noi piace molto lavorare fianco a fianco e tornare alla base dopo un viaggio di lavoro». Facendo di necessità di virtù e grazie all’aiuto di partner informatici sono comunque riusciti ad attivare il lavoro da remoto: «Attività piuttosto semplici - spiega Dornetti - come poter lavorare sullo stesso documento e la messa a disposizione di di tools per fare formazione da remoto». Nella prima settimana sono riusciti a fare quasi tutto, tranne le lezioni in aula. «In questa zona c’è molto panico e anche rabbia: poter lavorare ci ha permesso di focalizzare l’attenzione su questioni produttive e di allontanare la paura. I clienti poi hanno apprezzato il nostro sforzo». La seconda settimana si apre all’insegna della continuità, «con progetti da portare avanti e completare - spiega Dornetti -: certo se dovesse esserci un prolungamento dell’isolamento ci sarebbero grossi problemi perché alcune attività richiedono incontri di persona e se l’economia si ferma, tutti ci indeboliremo». Terranova Solution, azienda che produce strumentazione di processo per vari settori (dall’alimentare all’oil&gas) si trova invece a Terranova dei Passerini, altro comune della zona rossa del lodigiano. «Abbiamo 36 dipendenti - spiega il titolare Sergio Valletti - che si occupano di progettazione, disegno e produzione. Dopo l’ordinanza del coronavirus siamo riusciti ad attivare 12 connessioni per smart working, io che vivo a Milano mi sono “accampato” nella casa vicino all’azienda, mentre gli operai sono rimasti a fermi visto che la nostra azienda non è strutturata per il lavoro agile al 100%». Nella voce di Valletti c’è tutta la stanchezza e la preoccupazione di chi da oltre una settimana si trova a coordinare il lavoro a motori quasi spenti. «Lo smart working ci ha aiutato a portare avanti alcune attività già in corso. Non voglio parlare di perdite perché non abbiamo beni deperibili o attività stagionali: se riusciamo a riprendere la produzione, anche con 4 o 5 operai già questa settimana e a pieno regime dalla prossima, riusciremo a ritardare le consegne di due settimane e a tamponare abbastanza bene l’emergenza». Energia e ambiente: Maire Tecnimont, Siram e A2A Dalla zona rossa alla zona gialla il passo è breve. Nel settore dell’energia e
dell’ambiente, i grossi gruppi sono riusciti a fronteggiare l’emergenza coronavirus allargando lo smart working dei propri dipendenti, anche se non per tutti è stato possibile. «Lo smart working? Apprezzato da tutti, anche dai più senior». Parola di Franco Ghiringhelli, Hr, Ict and process excellence vice president di Maire Tecnimont, a capo di un gruppo attivo nel settore ingegneristico, tecnologico ed energetico, che ha oltre 6mila dipendenti in 45 paesi nel mondo, la metà in Italia. «Il lavoro agile - spiega Ghiringhelli - è stato avviato nel 2018 per i 2mila dipendenti della sede di Milano, dando la possibilità di prendere 4 giorni su 5. In condizioni normali lo smart working è in media di un giorno e mezzo, ma dopo il coronavirus abbiamo dato la possibilità a tutti di chiederlo al 100%, e nella prima settimana abbiamo avuto 1.800 persone “smart”, poi scese a 1.600 nel fine settimana». La produttività, per ora, «non ne ha risentito - assicura Ghiringhelli -: gran parte dei dipendenti sono ingegneri abituati a ptogettare a distanza». L’hr director sottolinea però che non basta un decreto per far funzionare lo smart working. «La nostra azienda era già attrezzata e avendo un rapporto di fiducia consolidato con i nostri dipendenti in questa fase di crisi ho riscontrato atteggiamenti encomiabili da parte loro, senza particolari problemi tecnici visto che tutti i nostri sistemi viaggiano su cloud». La preoccupazione ora è sui tempi dell’emergenza: «Se dovesse durare i rischi maggiori li vedo nei rapporti commerciali con l’estero» conclude Ghiringhelli. Siram Veolia - gruppo che fornisce soluzioni per la gestione ottimizzata delle risorse ambientali per enti pubblici e imprese, dall’acqua ai rifiuti speciali - è passata in tempi sprint da un progetta pilota di 50 dipendenti in smart working (su 3mila) a oltre 500 persone coinvolte da lunedì 24 febbraio nelle seguenti sedi: Milano, Roncoferraro, Mestre, Verona, Sala Baganza, Alseno, Modena, Bologna, Torino,
Trieste, Trento, Genova, Falconara Marittima e Pesaro. «Sono stati forniti i Chromebook - fanno sapere dalla società - alle persone che ancorano ne erano sforniti ed è stato esteso lo smart working anche al personale che non aveva completato il percorso di formazione. I lavoratori coinvolti nel progetto hanno interpretato la scelta come un’apertura di fiducia, questo aumenta il coinvolgimento e seppur già alta, abbiamo notato un incremento della produttività, data probabilmente dalla maggior capacità di concentrazione e gestione dei tempi». Il Gruppo A2A, invece, ha lanciato lo smart working dal 2016 raggiungendo a oggi oltre 1.200 dipendenti su 11mila sul territorio italiano. «Durante questa emergenza è stato utilizzato per tutti coloro che già lo praticano - fanno sapere dalla società -. Inoltre, più in generale, compatibilmente con le mansioni previste dai contratti di lavoro, per il personale del Gruppo è stata estesa la possibilità di lavorare in agile/da remoto secondo le modalità organizzativamente compatibili, in coerenza con le ordinanze ad oggi emanate». La situazione è monitorata in modo continuativo al fine di prendere le decisioni più opportune. «Ad oggi non vi sono state particolari criticità nell'attuare le modalità scelte per gestire l'emergenza in atto - sottolinea la società -. Va comunque tenuto conto che molti colleghi, operando sul territorio in servizi pubblici essenziali, non sono coinvolti nell'utilizzo di questa modalità». Società di consulenza, BCG e PwC: smart working per tutti Più semplice la gestione dello smart working per le società di consulenza. Boston Consulting group, ad esempio, ha già da tempo il lavoro agile per il 90% dei circa 600 dipendenti delle sedi di Milano e Roma. «Dopo i primi casi di contagio in Lombardia - dichiara Monia Martini, HR & People Director di BCG Italia, Grecia, Turchia e Israele-, abbiamo chiesto a tutti i nostri dipendenti di lavorare in smart working per salvaguardare il più possibile la loro salute ma anche la continuità delle attività aziendali, a tutela di tutti». Ma con alcune avvertenze. «Abbiamo raccomandato di evitare anche posti affollati, e sostanzialmente spinto per il lavoro da casa. È sufficiente chiedere l’autorizzazione al proprio responsabile, darne comunicazione preventiva e indicarlo nel calendario condiviso e dedicato alla registrazioni interne delle attività in smart working». Difficoltà? «Nessuna, anche se in questa fase di emergenza ci siamo dovuti attivare per renderlo possibile anche per quelle attività che generalmente richiedono una presenza fisica. Abbiamo riscontrato una maggiore produttività, concentrazione su quelle attività che richiedono un focus importante e che sono strettamente legate ad attività creative. Inoltre, in relazione a questa settimana specifica, il supporto al work-life balance è stato fondamentale considerando la chiusura delle scuole».
(ANSA/MOURAD BALTI TOUATI) In PwC tutti i 5mila lavoratori dipendenti in Italia possono usufruire di un contratto di smart working fino al 40% del tempo già da quasi 3 anni. «Ovviamente - spiega l’hr director Luca Ruggi - non tutte le attività si prestano per le loro intrinseche caratteristiche a questo livello di smart working che quindi è modulato in modo personalizzato. Il contratto è valido per tutti i dipendenti dei 23 uffici in tutta Italia». Dopo i primi casi di contagio, i collaboratori residenti nelle zone rosse sono stati invitati a svolgere l’attività lavorativa rigorosamente presso la propria abitazione. I collaboratori delle zone gialle sono stati invitati a utilizzare la tecnologia favorendo gli incontri virtuali e quindi a lavorare in modalità di smart work, riducendo la presenza nelle sedi di PwC anche dei clienti. Per tutti, in generale, è stato incentivato il lavoro da remoto. «Le disposizioni - fanno sapere dalla società - vengono prorogate e modulate di settimana in settimana (anche meno se necessario) in base al quadro complessivo epidemiologico. Le nostre persone hanno dimostrato molta maturità ed equilibrio adattando in velocità i propri comportamenti in modo ordinato, inclusivo e collaborativo, aiutando le istituzioni e senza trascurare i clienti e le attività di business». Le banche: Unicredit, il contagio non ferma l’attività UniCredit «ha ricevuto conferma che un dipendente con sede a Milano, in Piazza Gae Aulenti, è risultato positivo» al coronavirus ha annunciato l'istituto venerdì 28 febbraio, sottolineando che il dipendente, «dopo essere stato in contatto con un caso sospetto, era in quarantena, nell'attesa dei risultati definitivi del test, da venerdì 21 febbraio». La banca, «come misura precauzionale», «ha deciso domenica 23 febbraio di chiudere il piano della torre A di Piazza Gae Aulenti in cui il collega lavorava. Ma l’attività non si è interrotta. Il piano è stato disinfettato in profondità e rimarrà non accessibile fino a nuovo avviso».
Le aree comuni negli edifici principali di UniCredit a Milano e dintorni rimarranno chiuse, ma le Torri UniCredit resteranno aperte. «La salute e la sicurezza dei nostri colleghi e dei nostri clienti è di fondamentale importanza per noi - ha commentato l'a.d. Jean Pierre Mustier -. Abbiamo adottato misure per la salvaguardia dei colleghi e garantiamo ai clienti la piena continuità operativa». Per la settimana che inizia oggi 2 marzo UniCredit manterrà tutte le misure introdotte, compreso lo smart working. Grande distribuzione: Lidl apre allo smart working degli impiegati Nella grande distribuzione si segnala il caso di Lidl Italia che ha varato un piano di smart working, permettendo ad oltre 200 persone degli uffici della sede centrale di Arcole (Verona) di lavorare da remoto. Per favorire questa pratica, sono stati configurati dal reparto It dell’azienda più di 140 laptop nel giro di 3 giorni. «Un’operazione straordinaria - dice Roberto Eretta, ad risorse umane Lidl Italia - che accelera sensibilmente il progetto pilota che l’azienda aveva lanciato a inizio febbraio e che prevedeva il coinvolgimento iniziale di una fascia ristretta di collaboratori». Ict e teclecomunicazioni: i casi di Var Group ed Eolo Nel settore hi-tech, è scattato lo smart working al 100% dal 24 febbraio per tutti i dipendenti di Var Group - società specializzata in soluzioni Ict - nelle 7 sedi interessate (in Lombardia, Veneto, Friuli, Trentino ed Emilia Romagna) recependo tutte le direttive ministeriali. «La totalità dei dipendenti ha lavorato tranquillamente da casa propria - racconta l’ad Francesca Moriani - o comunque fuori dalle sedi dell'ufficio. Abbiamo organizzato conference call con clienti, fornitori e partner senza problemi. Le tecnologie sono un fattore abilitante essenziale che ci ha permesso di continuare a lavorare come sempre. Certo la relazione umana personale è insostituibile, ma con lo smart working non solo si affrontano le emergenze, ma si riducono gli spostamenti e di conseguenza gli impatti ambientali». Eolo, invece, ha la sede principale a Busto Arsizio (Varese) e occupa quasi 500 persone (470) con diverse mansioni, alcune delle quali come il customer service, che per loro natura non possono essere portate avanti in smart working. «Dopo le dichiarazioni del week end del 22 e 23 febbraio, ai dipendenti non coinvolti dalle indicazioni tassative delle istituzioni, abbiamo dato la possibilità di scegliere se lavorare da casa o venire in azienda e questa possibilità è stata scelta da circa una settantina di persone» raccontano dall’operatore di telecomunicazioni nel campo della banda ultra larga wireless. Prima del coronavirus in Eolo era stato attivato un progetto pilota di smart working ancora in test su un ristretto gruppo di persone, con l'intenzione di allargarlo a gran parte delle risorse in futuro. « Crediamo fortemente che la tecnologia possa e debba avere un valore inclusivo e abilitante - sottolineano dalla società - qualsiasi siano le condizioni esterne, ordinarie o, come in questo caso, straordinarie. Lo smart working è una applicazione concreta di questa caratteristica della tecnologia».
Assicurazioni: Axa e Zurich, lavoro agile al 100% Smart working senza limiti fino al 15 marzo in Axa assicurazioni che con 1.800 dipendenti (tra Milano, Torino e Roma) già nel 2016 aveva introdotto il lavoro agile per tutti fino a un massimo di 2 giorni a settimana.«Pur con l'85% dei dipendenti delle sedi di Milano e Torino collegati a distanza - dice Simone Innocenti, direttore human resources gruppo Axa Italia - abbiamo garantito la piena operatività dell'azienda, dando un costante supporto a clienti, agenti e a tutta la nostra rete distributiva. È stata dunque un'opportunità di testare su scala più ampia una modalità di lavoro nella quale crediamo fortemente e su cui abbiamo investito, sia in tecnologia sia in cultura aziendale». Da Zurich Italia fanno sapere che: « Nonostante non siano stati rilevati casi di contagio, tutti i dipendenti e collaboratori delle sedi di Milano, Brescia, Modena, Rimini, Padova, Torino e Genova (4 regioni: Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte, Liguria) stanno lavorando in modalità smart working dal 24 febbraio fino al 6 marzo incluso. Inoltre è stato chiesto ai dipendenti di ripianificare le riunioni in modalità virtuale (conference call o video call) e di sospendere i viaggi e le trasferte da e verso le regioni coinvolte e i viaggi all'estero». Infine, sono state temporaneamente cancellate tutte le attività di formazione e gli eventi che comportino un'aggregazione di persone anche all'esterno degli uffici. «Tutti i nostri dipendenti stanno mantenendo i più alti standard di qualità - commenta Federica Troya, Head of hr and services di Zurich Italia - attraverso strumenti e sistemi all'avanguardia che consentono loro di collaborare a distanza e in modo efficiente. Lo smart working ha contribuito a rinforzare la coesione all'interno dei vari team, aumentando la disponibilità tra colleghi e il senso di responsabilità in generale. Ma quello che ci gratifica maggiormente sono gli attestati ricevuti dai nostri stakeholder, che non percepiscono alcuna interruzione nei nostri servizi, né una diminuzione del livello di qualità». Trasporti: il caso Ferrovie Nord Milano Ha intensificato la possibilità di lavorare in smart working anche Fnm, il principale Gruppo integrato nel trasporto e nella mobilità in Lombardia (Ferrovie Nord, Trenord, Fnm Autoservizi, eccetera), che conta 1.200 dipendenti, di cui 42o impiegati ( ci sono poi operai, autisti di autobus). La holding Fnm Spa 188 dipendenti. «È stata estesa fino al 6 marzo per gli oltre 400 impiegati la chance del lavoro agile - spiegano dalla società - oltre i limiti contrattuali per chi aveva già aderito (c'era il tetto di 1 giorno a settimana) ed è stata allargata anche a chi non aveva aderito. Il primo e principale obiettivo è stato quello di ridurre gli spostamenti dei dipendenti. In secondo luogo c'è stata l'opportunità di verificare sul campo le potenzialità dello smart working».
Confindustria dispositivi medici: oltre il 70% di smart working Sono 25 su 35, infine, i dipendenti di Confindustria dispositivi medici in smart working da lunedì 24 febbraio nella sede di Milano «e siamo pronti ad attivarlo anche a Roma se le circostanze dovessero richiederlo». «In questo momento - spiegano dalla Federazione che rappresenta le imprese fornitrici alle strutture sanitarie italiane di dispositivi medici - con le nostre aziende stiamo assicurando l'approvvigionamento di dispositivi medici agli ospedali di tutta Italia e i carichi di lavoro sono enormi anche per gli uffici dell'associazione che è chiamata ad assolvere la funzione di filo conduttore tra le aziende di settore e di punto di riferimento per le istituzioni coinvolte per un coordinamento costante». Attraverso sistemi informatici di video collegamento, conference call, server condiviso accessibile in sicurezza anche da casa, telefoni e pc aziendali «riusciamo a lavorare a pieno ritmo con le imprese e le istituzioni -sottolinea il presidente Massimiliano Boggetti - a raccogliere dati con il nostro Centro studi circa l’emergenza e la capacità produttiva delle aziende e portare avanti in modo coordinato ed efficiente il carico di attività che questo delicato momento impone al nostro team». PER SAPERNE DI PIÙ
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