Consiglio Nazionale dei Geologi - 12 ottobre 2018
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SICILIA CATANIA Edizione del:12/10/18 Dir. Resp.:Antonello Piraneo Estratto da pag.:1,39 Sezione:TERREMOTI Tiratura: 19.828 Diffusione: 26.824 Lettori: 377.000 Foglio:1/2 Il presente documento e' ad uso esclusivo del committente. 287-116-080 Peso:1-2%,39-28% Servizi di Media Monitoring
SICILIA CATANIA Edizione del:12/10/18 Estratto da pag.:1,39 Sezione:TERREMOTI Foglio:2/2 Il presente documento e' ad uso esclusivo del committente. 287-116-080 Peso:1-2%,39-28% Servizi di Media Monitoring
GAZZETTA DEL SUD Edizione del:12/10/18 Estratto da pag.:21 Foglio:1/1
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12 Ott 2018 Ponte Genova, sono 19 i «campioni nazionali» in grado di ricostruirlo, 26 se prevale l’acciaio Alessandro Arona Sono 19 le imprese di costruzione operanti in Italia in possesso di tutte le qualifiche necessarie per ricostruire il Ponte di Genova, e cioè la OG3 generale “infrastrutture e ponti” e la specialistica OS18-A “produzione e posa in opera di carpenteria metallica”, e con fatturato cumulato negli ultimi cinque anni tali da garantirgli i requisiti, nell’ipotesi che il ponte costi 250 milioni di euro. Nell’elenco troviamo molti dei big nazionali delle costruzioni, come Astaldi, Cmc Ravenna, Cmb Carpi, Pizzarotti, Rizzani de Eccher, oltre a società di costruzione straniere attive in Italia, come i colossi austriaco Strabag e spagnolo Sacyr e imprese spcializzate nella carpenteria metallica ma comunque dotate della qualifica generale OG3, quali Cimolai, o specializzate nell’impiantistica come Saipem, ma sempre dotata di OG3.. Non troviamo invece Salini Impregilo, numero uno tra i gruppi italiani di costruzione ma privo della qualifica specialistica OS18. Se nel progetto del ponte prevarrà (dal punto di vista dei costi) la lavorazione di carpenteria metallica, e cioè la produzione delle componenti in acciaio da montare sul ponte, un’ipotesi non remota (anche se progetti veri e propri non ne esistono ancora) allora bastarà avere la qualifica specialistica OS18-A, aggregando poi un’impresa con OG3 in associazione temporanea o anche come sub-appaltatore, e in questo caso la lista si amplierebbe a 26 imprese., comprendendo anche Fincantieri, Ansaldo Energia e le più piccole Conpat scarl di Roma, Stahlbau Pichler di Bolzano, Walter Tosto di Chieti. In base al Codice appalti per realizzare un’opera da 250 milioni serve un fatturato in lavori, realizzato nei migliori cinque anni dei dieci anni antecedenti l'avvio della procedura di affidamento, per un importo pari a due volte quello posto a base di gara. Questi elenchi di imprese qualificate (e requisiti di fatturato) sono stati elaborati per «Edilizia e Territorio» da Claudio Lucidi e Fabio Rocchi, collaboratori della testata ed esperti nella pubblica amministrazione in materia di lavori pubblici, il primo in ruoli dirigenziali giuridico- programmatori, il secondo come dirigente tecnico. Hanno attinto come fonti dal casellario Anac sulla qualificazione delle imprese e da fonti vari per i bilanci degli ultimi cinque anni. Il commissario per Genova Marco Bucci, nello scegliere l’impresa a cui affidare la ricostruzione del ponte, dovrà partire da un lavoro simile: la mappa delle qualifiche. Quasi sicuramente il ponte avrà una forte componente in acciaio , ritenuta la soluzione tecnica migliore per “fare presto”; ma sempre nell’ottica della semplicità realizzativa i piloni verticali saranno probabilmente in calcestruzzo (in acciaio, dunque, sarebbero gli impalcati orizzontali e gli 1/2
12/10/2018 Ponte Genova, sono 19 i «campioni nazionali» in grado di ricostruirlo, 26 se prevale l’acciaio stralli). Sarà il progetto (che ancora non c'è) a indicare ilpeso relativo delle diverse lavorazioni (la "prevalenza" va calcolata in senso economico relativo, cioè la qualifica che costa più delle altre, anche sotto il 50%). Una possibile scelta potrebbe dunque essere quella di affidarsi a un’impresa che sappia fare bene sia la costruzione generale di ponti (OG3) ma che abbia nell’impresa la produzione (in fabbrica) e il montaggio di prefabbricati in acciaio. Ecco la lista delle imprese con entrambe le qualifiche. Tra i nomi spiccano, per la loro esperienza in ponti in acciaoio di grandi dimensioni, Astaldi, Cimolai, Pizzarotti, Cmc, Rizzani, Sacyr, Strabag. Naturalmente la lista si allungherebbe (con decine di imprese in più) se nel progetto la carpenteria metallica non fosse economicamente prevalente, e in questo caso la capogruppo potrebbe essere un’impresa generale OG3 priva di OS18A, qualifica che potrebbe ottenere associando come mandante o in subappalto un’impresa specializzata in carpenteria. Potrebbe così tornare in ballo Salini Impregilo, o un altro big come Ghella, entrambi privi di OS18A. Se invece nel progetto prevalesse la carpenteria metallica, allora non servirebbe più la OG3 (associabile in Ati o in subappalto) e la lista dei 19 si allungherebbe a 26 imprese. In ogni caso un bel rebus per il commissario. Che sicuramente dovrà partire dal progetto, e poi in base alle quote di lavorazione prevalente regolarsi con gli inviti alla gara. P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved 2/2
12 Ott 2018 Ponte Genova/3. Autostrada tenta l’ultima carta: «consegniamo i progetti al commissario» A.A. Il Cda di Autostrade per l’ITalia tenta l’ultima carte per convincere il governo che se vuole davvero fare presto nella ricostruzione del ponte, deve affidarsi a loro. «Siamo pronti a firmare un contratto che preveda nove mesi per i lavori», con penali in caso di mancato rispetto dei tempi (spiegano fonti della società). Tutto questo, però, solo se si cambierà il testo dell’articolo 1 del decreto legge, mantenendo ad Aspi il ruolo di stazione appaltante, prerogativa ritenuta irrinunciabile data l’attuale condizione di concessionario (ad oggi è ancora così, in attesa dell’esito della procedura di caducazione avviata dal Mit). Questa la nota della società: «il Consiglio di Amministrazione di Autostrade per l'Italia, ritenendo essenziale l'obiettivo di ripristinare nei minori tempi possibili il Viadotto Polcevera e avendo particolare riguardo alla comunità di Genova, ha autorizzato l'invio al Commissario Straordinario del progetto per la ricostruzione del Ponte Morandi elaborato dalla società, in adempimento delle previsioni di Convenzione». «Il progetto prevede le attività di demolizione e ricostruzione del Ponte da realizzarsi in nove mesi decorrenti dalla sua approvazione e dalla disponibilità delle aree. Su tale progetto la società è pronta ad impegnarsi contrattualmente al rispetto dei tempi indicati, fornendo garanzie economiche al riguardo». «La società si dichiara altresì disponibile a sviluppare eventuali ulteriori ipotesi progettuali, laddove richieste dal Commissario». Le ulteriori ipotesi progettuali sono quelle di Renzo PIano, che secondo le stime della società allungherebbe i tempi di realizzazione da 9 a 15 mesi (ben sei mesi in più). «La società - prosegue il comunicato - ritiene che la presentazione di tale soluzione progettuale ed operativa sia doverosa e legittima e la più efficace per ripristinare in tempi certi e rapidi la tratta autostradale Genova Aeroporto-Genova Ovest, auspicando (ovviamente salva la tutela delle sue ragioni) che possa essere positivamente valutata dal Commissario Straordinario e dalle Istituzioni tutte». P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved 1/1
12 Ott 2018 Ponte Genova/4. Ipotesi «decadenza temporanea» della concessiona A10 nel tratto crollato Manuela Perrone Nove mesi per demolire e ricostruire il ponte di Genova. Mentre nelle commissioni Trasporti e Ambiente della Camera sono piovuti gli emendamenti sul decreto emergenze che esclude Autostrade dalla ricostruzione, con il Governo che rincara prevedendo la «decadenza temporanea della concessione» per il tratto della A10 interrotto al traffico, la società rilancia e prova a battere tutti sul tempo. Ieri il Cda di Aspi ha autorizzato l’invio al sindaco-commissario Marco Bucci del progetto operativo elaborato dalla società, «in adempimento delle previsioni di convenzione». I nove mesi indicati nel piano decorrerebbero dalla sua approvazione e dalla disponibilità delle aree. Una mossa tattica, quella di Autostrade che si dice pronta a impegnarsi contrattualmente al rispetto della tempistica indicata, fornendo le dovute garanzie economiche. Ma dal Governo, e in particolare dai Cinque Stelle, il muro è totale. «Non sarà semplice, perché sicuramente la società tenterà la via del ricorso, ma a mio avviso la norma che abbiamo inserito nel decreto reggerà», ha affermato il vicepremier Luigi Di Maio, ricordando che «la procedura di caducazione della concessione è partita e durerà cinque mesi». Nessuna correzione di rotta da parte dell’Esecutivo, dunque, che anzi con un emendamento propone un articolo 1 bis che stabilisce la «decadenza temporanea» della concessione per la parte della A10 impercorribile a causa del crollo del 14 agosto, con la consegna di ogni responsabilità al commissario fino al termine dei lavori. È la risposta alla richiesta di Bucci che chiedeva chiarezza sulla «proprietà» del nuovo viadotto per poter operare. Il Governo non cede neppure sulle deroghe affidate al commissario per la ricostruzione, nonostante l’alert del presidente Anac Raffaele Cantone sul rischio di infiltrazioni della criminalità. Si prevede invece un’altra norma aggiuntiva (articolo 1 ter) dedicata agli sfollati, con lo stanziamento di 72 milioni di euro, quantificati in base al Pris, il programma regionale di interesse strategico. P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved 1/1
12 Ott 2018 Piano invasi/1. Pronta la lista delle 27 opere finanziate con 246 milioni Massimo Frontera Arriva a maturazione il “piano invasi” straordinario previsto dalla legge di Bilancio 2018, e più precisamente dall’articolo 1, comma 523 della legge n.205/2017. La norma prevede di individuare e selezionare gli interventi con livelli di progettazione più avanzata in modo da accelerare i tempi di realizzazione di due distinti piani “ordinari” - dedicati agli invasi e agli acquedotti - previsti dalla stessa legge di Bilancio (al comma 516 e seguenti dell’articolo 1). La ricognizione effettuata dal ministero delle Infrastrutture e delle Politiche agricole ha fatto emergere un numero molto elevato di iniziative, segnalate prevalentemente dalle varie Autorità di bacino e in misura più limitata dai Consorzi di bonifica: 167 interventi per un investimento complessivo di oltre 3 miliardi di euro. Il fabbisogno supera largamente i 250 milioni disponibili, calcolati considerando la disponibilità, indicata sempre nella legge di Bilancio 2018, di 50 milioni di euro per ciascun anno del quinquennio 2018-2022. Le proposte sono state selezionate applicando una griglia di punteggi che ha consentito di assegnare a ciascuna proposta un “indicatore sintetico”. Indicatore che ha determinato la posizione della graduatoria finale che rappresenta appunto la «proposta di piano straordinario» definita da Infrastrutture e Politiche agricole. Le risorse disponibili consentono di assegnare il finanziamento solo alle prime 27 proposte della graduatoria. Tutte gli interventi vengono finanziati al 100%. Si va dalle opere di oltre 30 milioni di euro - proposte da Acqua Campania Spa e dalla regione Molise - fino all’intervento di 253mila euro il cui finanziamento è stato chiesto dal dipartimento Acqua e rifiuti della Regione Sicilia. LE 27 PROPOSTE DEL PIANO INVASI FINANZIATE CON 246 MILIONI Per comporre la graduatoria finale sono state considerate tre distinte liste. La prima si compone dei progetti esecutivi pervenuti dalle Autorità di Bacino distrettuale, dai quali sono stati selezionati 8 interventi per un costo di 83,3 milioni di euro. La seconda lista si compone dei 10 progetti esecutivi, per un costo di 80,2 milioni di euro, segnalati dai consorzi di bonifica attraverso il ministero delle Politiche agricole (e inclusi nel piano dopo una verifica condotta dal Mit). Infine, sono stati ammessi a finanziamento anche 19 progetti definitivi di proposte Mit (per un costo di 320 milioni di euro). Tuttavia, per questa terza lista, le risorse a disposizione hanno consentito di finanziare solo i primi 9 progetti in graduatoria, per un costo di 82,6 milioni di euro. In conclusione, la bozza di decreto, che dovrà essere perfezionato dopo un passaggio in conferenza unificata, prevede il finanziamento di 18 progetti esecutivi (8 Mit e 10 Mipaaft), per un costo complessivo di 163,5 milioni, e di 9 progetti definitivi, per un costo di 82,6 milioni. 1/2
12/10/2018 Piano invasi/1. Pronta la lista delle 27 opere finanziate con 246 milioni Poi ci sono altri 10 progetti definitivi proposti dal Mit - ammessi al finanziamento ma non finanziabili per mancanza di risorse - che valgono complessivamente 82,4 milioni di euro. P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved 2/2
12 Ott 2018 Piano invasi/2. I finanziamenti maggiori ai progetti in Campania, Molise e Sardegna Massimo Frontera Va alla Campania il record del maggiore importo per singolo progetto finanziato nell’ambito della graduatoria del “piano straordinario invasi”. La graduatoria degli interventi si legge nella bozza di decreto predisposto dal ministero delle Infrastrutture e dal ministero delle Politiche Agricole che nei prossimi giorni sarà illustrato dal governo a Regioni, Province e Comuni. È la società Acqua Campania Spa a ottenere il più elevato finanziamento per singolo progetto (di livello definitivo), che riguarda il completamento e l’adeguamento dell’alimentazione idrica dell’area Flegreo-Domitiana. Più precisamente il progetto, finanziato al 100%, supera i 31,5 milioni di euro. Al secondo posto c’è la Regione Molise che ha chiesto e ottenuto 30 milioni per realizzare la vasca di espansione del torrente Cavaliere in località Fossatella. Questo intervento dispone di una progettazione di livello esecutivo ed è pertanto pronto per andare in gara. Al terzo posto tra i progetti di maggiore importo c’è il completamento della galleria di derivazione della diga di Castagnara sul fiume Metrano (con adduzioni dallo sbocco della galleria fino alle «utilizzazioni intersettoriali, impianto di potabilizzazione Laureana di Borrello e centrale idroelettrica». Il progetto (di livello definitivo) è stato proposto dalla regione Calabria e vale 26,5 milioni di euro. Al quarto posto si trovano tre interventi da 2o milioni ciascuno in Veneto, Lombardia e Abruzzo. Si tratta dei seguenti interventi: messa in sicurezza , sviluppo salvaguardia strutturale del sistema irrigui Lessino Euganeo Berico (proposto dall’omonimo consorzio di bonifica veneto); ottimizzazione delle condotte adduttrici dell’impianto irriguo Tavo-Saline (proposto dal Consorzio di bonifica abruzzese Centro); impermeabilizzazione del canale principale Villoresi nei comuni di Somma Lombardo, Vizzola Ticino, Arconate, Busto Garolfo e Parabiago (proposto dal Consorzio lombardo di Bonifica Est Ticino-Villoresi). Tutti e tre questi progetti sono di livello esecutivo. A un’incollatura si trova l’intervento che vale 19,47 milioni in Sardegna, proposto dal consorzio di bonifica della Gallura, e che riguarda il rifacimento e risanamento del canale adduttore alimentato dalla diga sul fiume Liscia a Calamaiu. Tutti gli altri interventi sono ampiamente al di sotto dei 10 milioni di euro di importo. L’ultimo progetto finanziato - per valore - è quello proposto dal dipartimento Acqua e rifiuti della Regione Sicilia per eseguire indagini geognostiche sull’adduttore Olivo, per un valore di 253mila euro. Se poi si guarda alla classifica regionale, l’Emilia Romagna è la regione con il più alto numero di progetti finanziati (4), seguita da sei regioni che hanno ottenuto il finanziamento di tre progetti ciascuna. Su tutte spicca, ancora una volta, la Sardegna, che incassa in tutto 30,7 milioni, seguita dal Veneto con 23,45 milioni. I PROGETTI FINANZIATI (E QUELLI NON FINANZIATI) P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved
11 Ott 2018 Documento di gara elettronico, ecco come bisogna fare dal 18 ottobre (e dove farlo) Laura Savelli Mancano pochi giorni all'appuntamento con un'altra scadenza fissata dal Codice. Dal prossimo 18 ottobre, scatterà infatti l'obbligo di utilizzo esclusivo sia del Dgue in formato elettronico, sia dei mezzi di comunicazione elettronici nell'ambito delle procedure di gara. Il Dgue elettronico Stop dunque innanzi tutto alla compilazione del documento di gara unico europeo secondo i formati tradizionali attualmente in uso. Fino ad oggi, le stazioni appaltanti hanno avuto la possibilità di accettare il modello autodichiarativo dei requisiti dei concorrenti su supporto informatico (ad esempio, pen drive o cd) inserito all'interno della busta contenente i documenti amministrativi, o mediante caricamento sulla piattaforma telematica di negoziazione eventualmente utilizzata per la presentazione delle offerte. Ma, a partire dal 18 ottobre, le regole cambieranno, poiché scatterà l'obbligo di utilizzo del Dgue esclusivamente in formato elettronico, e verrà così data attuazione all'articolo 85, comma 1, del Codice, che aveva in realtà fissato la decorrenza dell'utilizzo esclusivo del formato elettronico del documento di gara unico europeo già dallo scorso 18 aprile, termine poi differito al prossimo giovedì dal comunicato del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 30 marzo 2018. Questa novità comporterà innanzi tutto l'obbligo, per le amministrazioni, di dotarsi di un proprio servizio di gestione del Dgue, o di ricorrere ad altri sistemi di gestione informatica del documento di gara unico europeo. Tali sistemi consentiranno di generare un modello per ogni gara d'appalto, il quale dovrà essere compilato dalla stessa stazione appaltante, analogamente a quanto avveniva con la versione cartacea, nella sola Parte I, riferita ai dati identificativi della procedura. A questo punto, nel bando di gara, dovranno essere fornite tutte le informazioni relative all'indirizzo del sito internet presso il quale è disponibile il servizio per la compilazione del Dgue e alle modalità di trasmissione del modello dal concorrente alla P.a. Di conseguenza, questa innovazione comporterà, per le imprese, l'obbligo di inserimento dei dati relativi al possesso dei requisiti generali e speciali, nonché all'eventuale ricorso all'avvalimento o al subappalto, solo ed esclusivamente attraverso il sistema di gestione del Dgue segnalato dalla stazione appaltante; e quindi, dal 18 ottobre, non sarà più consentito ai concorrenti di produrre in gara copie cartacee del format autodichiarativo, piuttosto che supporti informatici contenenti il file del format compilato. In questo modo, viene dunque portato a regime il meccanismo comunitario previsto dall'articolo 59, paragrafo 1, della Direttiva 2014/24/UE, il quale aveva stabilito in realtà che il Dgue dovesse essere prodotto in formato elettronico sin dall'entrata in vigore dei testi di recepimento della disciplina europea. Sennonché, l'articolo 90, paragrafo 3, della stessa Direttiva ha consentito agli Stati membri, con una disposizione transitoria, di rinviare l'applicazione di tale regola al 18 1/3
12/10/2018 Documento di gara elettronico, ecco come bisogna fare dal 18 ottobre (e dove farlo) aprile 2018: una facoltà di cui il legislatore italiano ha usufruito appunto con la previsione contenuta nell'articolo 85, comma 1, del Codice, poi mitigata dal comunicato del Mit, che ha consentito alle stazioni appaltanti, ancora sprovviste dei necessari servizi di gestione del Dgue, di sopperire alla trasmissione dell'autodichiarazione in formato elettronico con il ricorso ai supporti informatici. Come precisato nelle indicazioni ministeriali, la durata di questo regime transitorio potrà essere estesa solo fino al 18 ottobre, termine scelto dal Mit per la sua coincidenza con la data ultima di messa a sistema del parallelo obbligo di utilizzo esclusivo dei mezzi di comunicazione elettronici nelle procedure di gara: ragion per cui, per le procedure bandite da tale data, eventuali Dgue in formati diversi da quello elettronico saranno considerati come mera documentazione illustrativa a supporto. In realtà, nello stesso comunicato, è stato precisato anche che la versione elettronica del format dovrà essere redatta in conformità alle regole tecniche emanate dall'Agenzia per l'Italia Digitale (AgID) ai sensi dell'articolo 58, comma 10, del Codice, che tuttavia non sono state nel frattempo adottate, facendo difatti parte dell'elenco dei diversi provvedimenti di attuazione del Codice ad oggi non ancora approvati. Ma, a meno che non intervengano ulteriori segnalazioni ministeriali nei prossimi giorni, ciò non dovrebbe impedire alle nuove regole di entrare comunque a regime. I mezzi di comunicazione elettronici Tempo scaduto anche per stazioni appaltanti ed imprese che non si fossero ancora adeguate all'utilizzo dei mezzi di comunicazione elettronici, secondo le regole fissate dall'articolo 52 del Codice. In questo caso, la disposizione che segna il limite temporale del 18 ottobre è l'articolo 40, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016, il quale stabilisce che, a partire da tale data, le comunicazioni e gli scambi di informazioni nell'ambito delle procedure di gara dovranno essere eseguiti utilizzando mezzi di comunicazione elettronici. Anche con riferimento a questa prescrizione, l'articolo 52 del Codice costituisce una trascrizione delle nuove regole comunitarie sulle comunicazioni (articolo 22, Direttiva 2014/24/Ue), che, in quanto tali, sono da considerarsi in vigore sin dal momento in cui è stata recepita la disciplina europea. Sennonché, ancora una volta, l'articolo 90, paragrafo 2, della stessa Direttiva ha stabilito un regime transitorio, consentendo agli Stati membri di rinviare l'applicazione di tali regole sino al 18 ottobre 2018, proprio per consentire un adattamento graduale delle stazioni appaltanti e delle imprese alle nuove previsioni; anche se, in realtà, la deroga non ha riguardato il caso delle gare svolte con sistemi dinamici di acquisizione, aste elettroniche e cataloghi elettronici, o delle procedure condotte da centrali di committenza, ma soprattutto non ha coinvolto la trasmissione dei bandi all'Ufficio della pubblicazioni dell'Unione europea e la messa a disposizione elettronica della documentazione di gara sui siti delle P.a., come difatti è già previsto dagli articoli 72 e 74 del Codice. Pertanto, se per tali ultimi adempimenti è stata collaudata la modalità elettronica da parte dalle stazioni appaltanti, resta ora da comprendere cosa comporterà, dal 18 ottobre, questo obbligo generalizzato di utilizzo dei mezzi di comunicazione elettronici, fissato dall'articolo 52 del Codice, “per tutte le comunicazioni e gli scambi di informazione”. A tal riguardo, può essere certamente d'ausilio il Considerando 52 della Direttiva 2014/24/Ue, il quale ha evidenziato che l'obbligo di comunicazione integralmente elettronica deve riguardare tutte le fasi della procedura, compresa la trasmissione delle richieste di partecipazione alla gara e, in particolare, la presentazione delle offerte. In altri termini, ciò significa che le P.a. non ancora attrezzate dovranno dotarsi di strumenti e dispositivi che consentano appunto di comunicare in via elettronica con le imprese, e che, proprio per questo motivo, siano comunemente disponibili e non limitativi dell'accesso dei concorrenti alle procedure di 2/3
12/10/2018 Documento di gara elettronico, ecco come bisogna fare dal 18 ottobre (e dove farlo) aggiudicazione, oltre che funzionali a garantire l'integrità dei dati e la riservatezza delle offerte e delle domande di partecipazione. Pertanto, le stazioni appaltanti dovranno fornire ai concorrenti tutte le informazioni necessarie sulle specifiche per la presentazione delle offerte e delle domande di partecipazione, compreso il livello di sicurezza richiesto per i mezzi di comunicazione elettronici da utilizzare ed il formato della firma elettronica avanzata, stabilito in base alle regole tecniche adottate in attuazione del d.lgs. n. 82/2005 (Codice dell'amministrazione digitale). Naturalmente, come già prevede l'articolo 52, comma 1, del Codice, su recepimento dell'articolo 22, paragrafo 1, della Direttiva 2014/24/Ue, le stazioni appaltanti potranno derogare, motivando, all'obbligo di comunicazione per via elettronica in determinate ipotesi, come nel caso in cui sia ad esempio richiesto l'uso di attrezzature specializzate per ufficio non generalmente disponibili in una P.a. (stampanti di grande formato), piuttosto che la presentazione di un modello fisico o in scala ridotta non trasmissibile con strumenti elettronici. Ma, eccezion fatta per questi casi e al netto di proroghe dell'ultima ora, dal 18 ottobre non sarà più possibile rimandare l'applicazione delle nuove regole. P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved 3/3
Sismabonus: occhio all'asseverazione del progettista dell’intervento strutturale 12/10/2018 L'asseverazione tardiva degli interventi strutturali ad opera del progettista non può essere "sanata" e non consente, dunque, l’ottenimento dei benefici fiscali previsti dall’articolo 16, comma 1-quater del D.L. n. 63/2013 (c.d. Sismabonus), così come stabilito dal comma 5 dell’articolo 3 del DM 28 febbraio 2017, n. 58. Lo ha chiarito l'Agenzia delle Entrate lo scorso 11 ottobre 2018 in risposta ad una richiesta di interpello ad oggetto "Sisma bonus - Articolo 16 del DL n. 63 del 2013 - Asseverazione tardiva - Interpello articolo 11, comma 1, lettera a), legge 27 luglio 2000, n. 212" che chiedeva se si poteva accedere ai benefici fiscali previsti per il sismabonus nel caso in cui alla SCIA non fosse stata allegata alcuna asseverazione relativa al miglioramento della classe di rischio, in quanto tale intervento, secondo la prassi allora vigente, non era ricompreso fra quelli per cui era possibile fruire del c.d. “Sisma bonus”. Nella sua risposta, l'Agenzia delle Entrate ha dapprima ricordato la normativa che regola le detrazioni fiscali relative all’adozione di misure antisismiche e di come se da detti interventi ne derivi il passaggio a una classe di rischio sismico inferiore, la detrazione spetta nella misura del 70 per cento delle spese sostenute e se si arriva fino a due classi di rischio inferiori, la detrazione è riconosciuta nella misura dell’80 per cento. Considerate le implicazioni di carattere tecnico della fattispecie concernente gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici, l'Agenzia delle Entrate ha preventivamente acquisito il parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici in merito alla loro inclusione nella agevolazione in esame, reso pubblico mediante la risoluzione n. 34/E del 27 aprile 2018. Nella fattispecie prospettata, il contribuente asserisce che in sede di deposito della SCIA presso lo Sportello unico edilizia del Comune non è stata allegata l’asseverazione del progettista in quanto, secondo la prassi allora vigente, l’intervento previsto consistente nella demolizione e ricostruzione con medesimo perimetro e medesima volumetria di un nuovo edificio, non era agevolabile ai fini della fruizione del sismabonus. In riferimento alla qualificazione delle opere edilizie, l'Agenzia delle Entrate ha ricordato che per la fruizione delle agevolazioni in esame è necessario che dal titolo amministrativo di autorizzazione dei lavori risulti che l’opera consiste in un intervento di conservazione del patrimonio edilizio esistente (art. 3, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 380/2001) e non in un intervento di nuova costruzione (art. 3, comma 1, lett. e), del D.P.R. n. 380/2001). Ciò premesso, in riferimento al quesito concernente la presentazione tardiva dell’asseverazione, il D.M. 28 febbraio 2017, n. 58, come modificato dal successivo D.M. del 7 marzo 2017, n. 65, definisce le linee guida per la classificazione del rischio sismico delle costruzioni, nonché le modalità di attestazione, da parte di professionisti abilitati, dell’efficacia degli interventi realizzati. L’articolo 3, comma 2, del D.M. 28 febbraio 2017, n. 58, prevede che: “Il progettista dell’intervento strutturale, ad integrazione di quanto già previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 e dal (...) decreto 14 gennaio 2008, assevera, secondo i contenuti delle allegate linee guida, la classe di rischio dell’edificio precedente l’intervento e quella conseguibile a seguito dell’esecuzione dell’intervento progettato”. Il successivo comma 3 stabilisce che: “il progetto degli interventi per la riduzione del rischio sismico, contenente l’asseverazione di cui al comma 2, è allegato alla segnalazione certificata di inizio attività da presentare allo sportello unico competente di cui all'articolo 5 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, per i successivi adempimenti”. Il comma 4 dispone inoltre che: “il direttore dei lavori e il collaudatore statico, ove nominato per legge, all’atto dell’ultimazione dei lavori strutturali e del collaudo, attestano, per quanto di rispettiva competenza, la conformità degli interventi eseguiti al progetto depositato, come asseverato dal progettista”. Il comma 5 statuisce, espressamente, che: “l’asseverazione di cui al comma 2 e le attestazioni di cui al comma 4 sono depositate presso il
suddetto sportello unico e consegnate in copia al committente, per l’ottenimento dei benefici fiscali di cui all’articolo 16, comma 1-quater, del citato decreto-legge n. 63 del 2013”. In definitiva, la norma richiede, in relazione ai citati interventi, la contestuale allegazione del progetto - come asseverato dal progettista in base al modello contenuto nell’allegato B al D.M. 7 marzo 2017, n. 65 (art. 3, commi 4 e 6) - alla SCIA ed il deposito presso lo sportello unico. Ne consegue che, un’asseverazione tardiva, come nel caso in esame, in quanto non conforme alle citate disposizioni, non consente “l’ottenimento dei benefici fiscali di cui all’articolo 16, comma 1-quater”, come stabilito dal comma 5 dell’articolo 3 del DM 28 febbraio 2017, n. 58. A cura di Redazione LavoriPubblici.it © Riproduzione riservata Documenti Allegati Risposta Agenzia delle Entrate 11 ottobre 2018, n. 31 D.L. n. 63/2013 D.M. 28 febbraio 2017, n. 58 D.M. 7 marzo 2017, n. 65
Colpo di fioretto di Cantone (ANAC) sul decreto Genova 12/10/2018 Nonostante il "cuore" e le migliori intenzioni abbiano inspirato il Governo nella stesura del Decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109 (c.d. Decreto Genova), parecchie sono le criticità emerse sia prima la sua pubblicazione in Gazzetta (G.U n. 226 del 28 settembre 2018) che dopo. Tralasciando la rabbia dei cittadini che (giustamente) vorrebbero un nuovo Ponte già oggi senza attendere neanche un giorno in più o le ultime dichiarazioni del Ministro delle Infrastrutture che a chi contestava i contenuti del decreto e invitava ad una sua riscrittura rispondeva che il decreto è stato scritto "con il cuore", da segnalare l'audizione del Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione Raffaele Cantonesull'esame del decreto- legge n. 109/2018 in Commissioni congiunte VIII Ambiente, territorio e lavori pubblici e IX Trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera dei deputati del 10 ottobre 2018. Un'audizione in cui il Presidente Cantone ha subito sottolineato come già ai tempi della previgente normativa sugli appalti (il vecchio D.Lgs. n. 163/2006 e il suo regolamento di attuazione D.P.R. n. 207/2010) aveva espresso "forti critiche sulle deroghe che erano state via via introdotte, poiché in tal modo si era creato un “diritto speciale” per singole opere pubbliche, con evidente contrasto ai principi di uguaglianza e parità di trattamento". Deroghe che si era solo pensato e sperato di superare con il nuovo impianto normativo di cui al D.Lgs. n. 50/2016 ma che nella pratica sono già state utilizzate nel corso di questi
primi due anni di applicazione del nuovo Codice dei contratti. Cantone sottolinea che "Uno degli effetti più pericolosi di siffatta “abitudine”, ripetutamente segnalato in numerose audizioni, è la creazione del precedente, poiché - una volta concessa una deroga - diventa possibile concederla anche per un’altra opera. L’eccezione, così, si presta a diventare la regola, trasformando una piccola crepa nella diga in una vera e propria falla". In realtà, la storia delle deroghe al Codice dei contratti dovrebbe avere insegnato (e Cantone dovrebbe saperlo) che i problemi non discendono dal ricorso alle deroghe quanto: • alla regola (tutta italiana) di rendere "emergenza" qualsiasi cosa, compresi gli eventi di cui si conosce anche la data con anni di anticipo; • all'assenza di una norma "derogatoria" che possa applicarsi ai soli casi di emergenza senza che ogni volta servano decreti, leggi, ordinanze (nel caso del terremoto del centro Italia si è perso il conto) a regolare un quadro sempre nuovo e troppo spesso di dubbia interpretazione. Cantone, però, pur evidenziando un suo malessere nei confronti del principio delle deroghe, conferma che "Quello che è accaduto a Genova è una tragedia di proporzioni enormi e lo Stato non può certamente stare a guardare, ma deve utilizzare qualunque strumento affinché il Ponte sia ricostruito al più presto ed al meglio. È un dovere verso la Città ma anche verso le vittime", condividendo la scelta di ricorrere a procedure derogatorie e nominare un Commissario straordinario. Qui comincia il vero e proprio attacco al Decreto Genova e, neanche troppo velatamente, a chi l'ha scritto considerati i continui riferimenti del Presidente dell'Anticorruzione ai "chiari intendimenti del Governo", a una "disposizione che credo sia senza precedenti" o a un principio che riporta "pur sapendo essere a voi noto" (rivolgendosi alle Commissioni riunite) e lasciando intendere che "probabilmente" qualcosa è sfuggito nella stesura del decreto. "È convinzione, non solo mia - afferma Cantone - che il modo migliore per far sì che un appalto sia espletato in tempi rapidi, e che soprattutto i lavori vengano eseguiti in modo egualmente spedito ma anche a regola d’arte, è che la stazione appaltante abbia un quadro di regole chiaro e certo. Non ritengo sia necessario ricordare quanto ilcontenzioso incida sui tempi di espletamento delle opere pubbliche, soprattutto quando mettono in campo ingentissime risorse. Quella di cui ci occupiamo, tuttavia, è certamente una delle più grandi commesse dell’ultimo periodo!. Sottolineando la necessità di un quadro di regole certe e "in puro spirito di collaborazione istituzionale" al fine di agevolare l’obiettivo della ricostruzione del Ponte, Cantone ha sollevato "qualche dubbio e perplessità sull’impianto del decreto". L'attenzione del Presidente ANAC si è concentrata su due norme in particolare: Art. 1, comma 5. Per la demolizione, la rimozione, lo smaltimento e il conferimento in discarica dei materiali di risulta, nonché per la progettazione, l’affidamento e la ricostruzione dell’infrastruttura e il ripristino del connesso sistema viario, il Commissario straordinario opera in deroga ad ogni disposizione di legge extrapenale, fatto salvo il rispetto dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea. Per le occupazioni di urgenza e per le espropriazioni delle aree occorrenti per l’esecuzione degli
interventi di cui al primo periodo, il Commissario straordinario, adottato il relativo decreto, provvede alla redazione dello stato di consistenza e del verbale di immissione in possesso dei suoli anche con la sola presenza di due rappresentanti della Regione o degli enti territoriali interessati, prescindendo da ogni altro adempimento. Anche nelle more di tali attività, il Commissario straordinario dispone l’immediata immissione nel possesso delle aree da adibire a cantiere delle imprese chiamate a svolgere le attività di cui al presente comma, con salvezza dei diritti dei terzi da far valere in separata sede e comunque senza che ciò possa ritardare l’immediato rilascio di dette aree da parte dei terzi. Art. 1, comma 7. Il Commissario straordinario affida, ai sensi dell’articolo 32 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, la realizzazione delle attività concernenti il ripristino del sistema viario, nonché quelle propedeutiche e connesse, ad uno o più operatori economici che non abbiano alcuna partecipazione, diretta o indiretta, in società concessionarie di strade a pedaggio, ovvero siano da queste ultime controllate o, comunque, ad esse collegate, anche al fine di evitare un indebito vantaggio competitivo nel sistema delle concessioni autostradali. L’aggiudicatario costituisce, ai fini della realizzazione delle predette attività, una struttura giuridica con patrimonio e contabilità separati. Secondo Raffaele Cantone "Dal combinato disposto dei due commi emerge chiaro l’intendimento del Governo. Il Commissario opera “in deroga ad ogni disposizione di legge extrapenale salvo il rispetto dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea”; affida la realizzazione delle attività concernenti il ripristino del sistema viario ai sensi dell’art. 32 della direttiva n. 24/2014, con esclusione assoluta di quegli operatori che hanno partecipazioni, dirette o indirette, in società concessionarie di strade a pedaggio, ovvero che siano controllati, o comunque collegati, con queste ultime, e ciò “anche al fine di evitare un indebito vantaggio competitivo nel sistema delle concessioni autostradali”. A parte una possibile discrasia fra gli oggetti delle attività di cui ai commi 5 e 7 (l’affidamento del comma 7 riguarda il ripristino del sistema viario e le attività propedeutiche e connesse, mentre quelle su cui operano le deroghe del comma 5 riguardano la demolizione, la rimozione, il conferimento in discarica dei materiali di risulta e la progettazione) l’impostazione del provvedimento è chiara". Secondo Cantone la deroga a tutte le norme dell’ordinamento italiano, ad esclusione di quelle penali, è una disposizione senza precedenti che consente al Commissario di muoversi con assoluta e totale libertà, imponendogli solo i principi inderogabili dell’Unione europea ed ovviamente i principi costituzionali. Deroga che, comunque, non precluderebbe la possibilità, garantita costituzionalmente, di adire la giurisdizione per un qualunque aspetto connesso alle attività da compiersi da parte di chiunque possa averne interesse. Qui pongo il primo dei problemi evidenziati dal Presidente ANAC: "A quali regole dovrà rifarsi il Commissario nelle sue attività che non riguardano, è bene evidenziarlo, solo l’affidamento di un’opera ma molte altre, in primis, ad esempio, il conferimento in discarica dei materiali di risulta? e in cosa consistono, in particolare, “i vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione”?". Dopo aver spiegato il rapporto tra le norme comunitarie e quelle nazionali (con un po' di necessaria e giustificata supponenza considerato che l'argomento avrebbe già dovuto essere chiaro), Cantone rileva come con il decreto si stia "affidando al Commissario una disciplina alquanto complessa, non solo sugli appalti ma anche sui rifiuti. Egli sarà difatti tenuto ad
applicare quelle norme senza alcuna mediazione della normativa nazionale, oggetto dalla summenzionata deroga prevista dal comma 5. Non si rischia in questo modo di moltiplicare il contenzioso proprio perché il quadro normativo si caratterizzerà per estrema incertezza?" Per quanto riguarda il comma 7 relativo ai criteri per l’affidamento della commessa Cantone rileva che "Indirettamente la disposizione conferma (e non potrebbe essere altrimenti) che la direttiva appalti è applicabile nel caso in esame, ma pone non pochi problemi sulla sua interpretazione, che credo sia opportuno sottoporvi. Il richiamo all’art. 32 della direttiva va inteso evidentemente come un rinvio ai criteri ivi stabiliti". "Date per acclarate le ragioni di urgenza - afferma Cantone - la direttiva però prevede che l’affidamento in tal caso possa avvenire soltanto “nella misura strettamente necessaria”. Il che significa che il commissario, con una sua valutazione discrezionale, dovrà verificare quali e quanti appalti possano essere fatti rientrare sotto tale definizione". Dunque: quali saranno le regole applicabili per gli eventuali affidamenti che dovranno a loro volta essere in seguito espletati dall’aggiudicatario della gara? Ulteriori criticità relative al comma 7 riguardano le esclusioni. Ultima stoccata il Presidente ANAC la riserva a quella che definisce "lacuna frutto di disattenzione" relativa alla deroga a tutte le norme extrapenali comporta anche la deroga al Codice antimafia e alla relativa disciplina sulle interdittive. E, un po' come facevano i maestri di scuola rivolgendosi ai genitori degli alunni meno attenti, affida la risoluzione del problema alla sensibilità di Parlamento e Governo non ritenendo necessario (ma in effetti e proprio quello che fa) "sottolineare i rischi insiti in tale omissione, soprattutto perché vi sono molte attività connesse alla ricostruzione (dal movimento terra allo smaltimento dei rifiuti, ad esempio) in cui le imprese mafiose detengono purtroppo un indiscutibile know how". Il processo di conversione il legge del D.L. n. 109/2018 non si avvia con i migliori auspici all'esame del Parlamento. Nel frattempo, nella speranza che le stelle non si trasformino di tanti asteroidi pronti a colpire il Paese, vi auguro#unpensieropositivo. A cura di Ing. Gianluca Oreto © Riproduzione riservata Documenti Allegati D.L.n. 109/2018
Sismabonus, se l’asseverazione del tecnico è tardiva si perde la detrazione di Alessandra Marra La classe di rischio deve essere attestata prima dell’intervento strutturale e dopo l’esecuzione dei lavori 12/10/2018 – Per beneficiare del Sismabonus il professionista che effettua l’asseverazione relativa al miglioramento della classe di rischio deve allegarla alla segnalazione certificata di inizio attività (Scia) al momento della sua presentazione e non in tempi successivi. A chiarirlo l’Agenzia delle Entrate che risponde, nell’interpello 31/2018, ad un contribuente che chiedeva se fosse possibile la presentazione tardiva dell’asseverazione per la demolizione con ricostruzione di un edificio con gravi carenze sismiche.
Sismabonus: quando presentare l’asseverazione L’Agenzia ha ricordato che il MIT ha emanato delle specifiche linee guida per la classificazione del rischio sismico delle costruzioni che definiscono le modalità di attestazioni da parte dei professionisti abilitati. Le linee guida, infatti, stabiliscono che il progettista dell’intervento strutturale deve asseverare, secondo i contenuti delle linee guida, la classe di rischio dell’edificio precedente l’intervento e quella conseguibile a seguito dell’esecuzione dell’intervento progettato. Rispetto all’asseverazione pre-intervento le linee guida stabiliscono che il progetto degli interventi per la riduzione del rischio sismico (contenente l’asseverazione) va allegato alla segnalazione certificata di inizio attività da presentare allo sportello unico competente. In riferimento all’asseverazione post-intervento si legge che “il direttore dei lavori e il collaudatore statico, all’atto dell’ultimazione dei lavori strutturali e del collaudo, attestano, per quanto di rispettiva competenza, la conformità degli interventi eseguiti al progetto depositato, come asseverato dal progettista” e che “l’asseverazione e le attestazioni sono depositate presso il suddetto sportello unico e consegnate in copia al committente, per l’ottenimento dei benefici fiscali”. Sismabonus, per fruirne non è consentita l’asseverazione tardiva Poiché la disciplina richiede la contestuale allegazione del progetto, come asseverato dal progettista, alla Scia e il deposito presso lo sportello unico, l’Agenzia ha spiegato che non è consentita l’asseverazione tardiva. Sul tema, inoltre, le Entrate hanno precisato che rientrano nel perimetro di applicazione dell’agevolazione, purché siano rispettate tutte le condizioni previste dalla relativa normativa, i lavori di demolizione e ricostruzione di edifici adibiti ad abitazioni private o ad attività produttive, sempreché concretizzino un intervento di ristrutturazione edilizia e non di nuova costruzione e che il progettista deve asseverare la classe di rischio dell’edificio prima dei lavori e quella conseguibile dopo l’esecuzione dell’intervento. © Riproduzione riservata Norme correlate Nota 11/10/2018 n.31 Agenzia delle Entrate - Sisma bonus – Articolo 16 del DL n. 63 del 2013 – Asseverazione tardiva - Interpello articolo 11, comma 1, lettera a), legge 27 luglio 2000, n. 212
Bando Periferie, primi segnali di distensione tra Governo e Comuni di Paola Mammarella Promesse ‘soluzioni idonee’ e il rimborso delle spese sostenute dagli Enti. Anci: ‘primo passo, ora i fondi’ 12/10/2018 – La Legge di Bilancio per il 2019 ripristinerà le risorse per la riqualificazione delle periferie. Il Senato ha approvato la mozione della maggioranza sull’argomento durante una seduta movimentata dalle proteste dei sindaci che, dopo aver gridato “vergogna” sono stati espulsi dall’Aula. Periferie, la mozione approvata Nella legge di bilancio per il 2019 ci saranno “specifiche misure volte a garantire, compatibilmente con una più efficace allocazione delle risorse a disposizione,
soluzioni idonee alle istanze degli enti locali interessati, aggiudicatari degli interventi finanziati a valere sul fondo periferie”. Il Governo si è inoltre impegnato a inserire nel disegno di legge di Bilancio 2019 “misure al fine di provvedere al rimborso delle spese per gli interventi, già sostenute dagli enti territoriali che hanno sottoscritto le convenzioni”. Durante la discussione in Aula, il senatore PD Andrea Ferrazzi ha criticato aspramente la proposta, giunta nei giorni scorsi dalla sottosegretaria Laura Castelli, di far utilizzare ai Comuni gli avanzi di amministrazione. Questo perché, in base alle sentenze 267/2007 e 101/2008 della Corte Costituzionale, gli avanzi sono già nella disponibilità dell’Ente e restano all’Ente. Ma non solo visto che, ha osservato Ferrazzi, solo 15 Comuni sarebbero in grado di far fronte ai finanziamenti annullati in questo modo. Anci: ‘ora i fondi’ Sembra che ci siano tutte le premesse per sanare la rottura tra Governo ed Enti locali cui erano seguite rassicurazioni da parte dell’Esecutivo sulla volontà di trovare un accordo al più presto. Il presidente dell’Associazione nazionale comuni italiani (Anci) e sindaco di Bari, Antonio Decaro, ha accolto con favore la notizia. “È un primo passo, un riconoscimento che aspettavamo alla battaglia che come associazione dei Comuni abbiamo condotto. Non ci sfugge che non siamo ancora davanti a una norma o una circolare interpretativa e che i lavori continuano a essere bloccati. Tuttavia la presa di posizione politica dei partiti che sostengono il Governo c’è e ci aspettiamo che ad essa, ora, segua lo sblocco dei finanziamenti”. Periferie, perché è scoppiata la crisi tra Governo e Comuni Ricordiamo che il problema è nato dal decreto Milleproroghe, che ha bloccato i fondi destinati ai progetti vincitori del Bando Periferie, spostando al 2020 l’efficacia di 96 delle 120 convenzioni firmate dai sindaci e dal Governo Gentiloni.
Alla base della decisione di sottrarre le risorse ai 96 progetti già approvati per riassegnarle, c'è la sentenza 74/2018 con la quale la Corte Costituzionale ha giudicato illegittimo l’articolo 1, comma 140 della Legge di Bilancio che ha istituito il Fondo Investimenti senza prevedere un confronto con le Regioni. Come osservato più volte da esponenti dell’opposizione e come ricordato anche dal senatore Ferrazzi durante il suo intervento in Aula, per risolvere la situazione sarebbe bastato anche un accordo postumo in Conferenza Unificata, ma la questione non è mai stata messa all’ordine del giorno e le risorse sono rimaste di fatto bloccate. Nonostante le richieste di non bloccare le risorse impegnate col Bando Periferie, la richiesta di spiegazioni formali avanzata da Anci e le rassicurazioni del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, di intervenire con il primo decreto utile, a fine settembre Governo e Comuni a settembre sono giunti ad un punto di rottura. L'Anci ha contestato all'Esecutivo di non essersi attivato per risolvere la situazione. Con la mozione discussa e approvata in Senato riparte il dialogo. Il Governo ha manifestato la volontà di risolvere il blocco e ora l'Anci attende che le risorse siano effettivamente liberate. © Riproduzione riservata
Niente autorizzazioni a chi non paga il professionista, anche se è una P.A. di Rossella Calabrese In Basilicata la regola varrà per privati, imprese e pubbliche amministrazioni; nel Lazio per la Regione e le controllate 12/10/2018 - Presto anche in Basilicata, per ottenere qualsiasi autorizzazione che abbia richiesto una prestazione professionale, sarà necessario dimostrare di aver pagato il professionista. L’obbligo varrà non solo per i committenti privati ma anche per le pubbliche amministrazioni. Lo prevede la proposta di legge ‘Norme in materia di tutela delle prestazioni professionali e di contrasto all’evasione fiscale’ presentata dai componenti l’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale (il presidente Vito Santarsiero, i vice presidenti Antonio e Michele Napoli, i consiglieri segretari Achille Spada e Gianni Rosa). Il testo si propone di tutelare il lavoro svolto dai professionisti e di contrastare l’evasione fiscale e riguarda le prestazioni professionali rese sulla base di istanze presentate alla pubblica amministrazione per conto dei privati cittadini o delle imprese o rese su incarico affidato da una pubblica amministrazione,
da un ente pubblico o da una società a prevalente partecipazione pubblica. La Basilicata segue l’esempio della Calabria, prima Regione ad aver istituito questo obbligo, ma fa un passo avanti: oltre che alle prestazioni professionali fornite a privati cittadini e imprese, la Basilicata applica l’obbligo anche alle prestazioni professionali rese su incarico affidato dalle P.A. Il disegno di legge della Basilicata Il testo prevede che, al momento dell’istanza - che sia autorizzativa o per prestazioni professionali previste dalle norme e dai regolamenti regionali, provinciali e comunali - il soggetto che la presenta deve corredarla, oltre che da tutti gli elaborati previsti dalla normativa, dalla lettera di affidamento di incarico al professionista sottoscritta dal committente. Al momento del rilascio dell’atto autorizzativo o della ricezione di istanze ad intervento diretto, l’amministrazione acquisisce l’autodichiarazione del professionista che ha firmato la prestazione professionale, attestante l’avvenuto pagamento delle spettanze professionali, con l’indicazione degli estremi del relativo documento fiscale. La mancata presentazione della suddetta autodichiarazione costituisce motivo ostativo per il completamento dell’iter amministrativo fino all’avvenuta integrazione. La documentazione è richiesta dagli uffici interessati dall’iter attivato. Per prestazioni professionali svolte su incarico della pubblica amministrazione, di enti pubblici o di società a prevalente partecipazione pubblica, la chiusura delle procedure tecnico-amministrative è subordinata all’approvazione degli atti relativi al pagamento delle spettanze del professionista o dei professionisti incaricati. Presidente Santarsiero: ‘porterò la proposta in Conferenza delle Regioni’ “Si tratta - ha detto il presidente della Regione Basilicata, Vito Santarsiero - di una proposta di legge a tutela del lavoro svolto dai professionisti e di contrasto alla evasione fiscale formalmente sollecitata dalla Fondazione Inarcassa, dagli ordini professionali, oltre che direttamente da professionisti. Si rafforzano i percorsi di trasparenza e rispetto delle prestazioni dei professionisti e siamo altresì certi che tali norme aiuteranno anche a far salire la qualità delle prestazioni stesse”. Il testo è stato inviato alla prima Commissione Consiliare per l’avvio della procedura di esame. “L’augurio - ha concluso - è di chiudere rapidamente l’iter di approvazione”. Santarsiero ha annunciato che si farà carico “di portare la proposta sul tavolo della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee regionali per una discussione congiunta”.
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