Consiglio Nazionale dei Geologi - 12 giugno 2018 - Consiglio Nazionale dei ...

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Consiglio Nazionale dei Geologi - 12 giugno 2018 - Consiglio Nazionale dei ...
Consiglio Nazionale dei Geologi

           12 giugno 2018
Consiglio Nazionale dei Geologi - 12 giugno 2018 - Consiglio Nazionale dei ...
Il Consiglio Nazionale dei Geologi organizza il
Convegno su: “Geotermia a Bassa Entalpia”
Il 28 giugno 2018 a Roma avrà luogo il Convegno Nazionale
sulla: "Geotermia a Bassa Entalpia"
Redazione 11 giugno 2018

Il Consiglio Nazionale dei Geologi, in collaborazione con l’Ordine dei Geologi del Lazio, organizza il convegno
nazionale: “Geotermia a Bassa Entalpia“.

L’obiettivo dell’evento è di illustrare, con autorevoli relatori, cosa è la geotermia a bassa entalpia, che a
differenza di quella ad alta temperatura non serve per produrre elettricità ma per riscaldare e raffrescare
con altissima efficienza strutture di qualsiasi dimensione e tipologia d’uso.
Il convegno è rivolto ai professionisti, agli amministratori pubblici, ai decisori politici, al mondo delle
imprese.
Verrà sottolineato come la professione del geologo ha un ruolo fondamentale nella progettazione e
realizzazione di questo tipo di impianti, senza il quale il lavoro di ingegneri, periti e geometri rischia di essere
viziato da errori non correggibili in corso d’opera.

Scarica il programma e scheda di iscrizione qui sotto.

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Quotidiano   Data     12-06-2018
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12/6/2018                                            Terremoto/1. Su 1.253 opere pubbliche finanziate, solo una è stata ricostruita

            12 Giu 2018

            Terremoto/1. Su 1.253 opere pubbliche
            finanziate, solo una è stata ricostruita
            Massimo Frontera

            La prima opera pubblica ricostruita dopo il sisma del 2016-2017 nel Centro Italia resta quella
            inaugurata lo scorso 10 maggio nel comune maceratese di Bolognola: un edificio di due piani,
            con gli uffici municipali al piano terra e due appartamenti al piano superiore, per altrettante
            famiglie rimaste senza casa. Almeno altre due nuove scuole saranno completate entro l'estate
            per accogliere gli studenti del prossimo anno scolastico. Sono questi i primi lavori ad arrivare al
            traguardo di una lista che conta 1.253 opere pubbliche, finora selezionate e finanziate tra
            Abruzzo, Marche, Lazio e Umbria con quasi 1,7 miliardi di euro.

            Sul fronte della ricostruzione privata, ci sono circa mille cantieri di edilizia abitativa finora
            aperti, per 146 milioni di contributi già assegnati. Più esattamente, ad oggi, gli uffici speciali alla
            ricostruzione stanno esaminando 3.427 domande, e altre 1.604 domande sono in compilazione
            sull'apposita piattaforma (Mude), per poi essere inoltrate agli uffici speciali.
            Per quanto riguarda le imprese, finora sono stati concessi contributi alla delocalizzazione di
            1.442 attività, di cui 459 nella forma di delocalizzazione temporanea. Questi i principali numeri
            che la commissaria di governo alla ricostruzione, Paola De Micheli (in scadenza il 12 settembre
            prossimo), ha fornito al premier Giuseppe Conte che ieri si è recato ad Amatrice e Accumoli.

            Per la ricostruzione pubblica non mancano certo i soldi. Con l'ultima ordinanza di maggio, la
            commissaria De Micheli ha praticamente esaurito il fondo alla ricostruzione, mettendo a
            disposizione altri 897 milioni di euro, di cui 500 milioni sull'annualità 2018 e il resto per l'anno
            successivo. Sono state finanziate, tra le altre cose, scuole per 218,5 milioni, chiese ed edifici di
            culto per 39 milioni, beni culturali per 170 milioni di euro, oltre a due programmi di edilizia
            abitativa rispettivamente di 68,8 e 128 milioni. Si è lavorato anche sulla prevenzione,
            completando finora 137 dei 138 studi di microzonazione sismica commissionati nei i comuni del
            cratere, indispensabili per conoscere il comportamento del suolo alle scosse e decidere cosa e
            come costruire.

            Sempre sul fronte della prevenzione, la commissaria di governo ha già stilato un programma da
            275 milioni per realizzare opere contro il dissesto idrogeologico, programma da approvare con
            un'apposita ordinanza non ancora pubblicata.
            Per il futuro, lo stesso premier Conte ha ricordato che al Senato si sta discutendo la conversione
            in legge del decreto che contiene misure rivolte alla popolazione del Centro Italia. Potrebbe
            essere proprio quello il "treno" su cui far salire norme a carattere derogatorio per velocizzare
            soprattutto la ricostruzione privata. Si tratta delle norme già individuate dalla struttura
            commissariale e condivise con le forze politiche in Parlamento, le imprese e i sindacati. Sarà
            interessante capire se il decreto in conversione sarà l'occasione con cui il nuovo esecutivo Lega-
            M5S vorrà intervenire per velocizzare anche sulle norme della ricostruzione pubblica.
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12/6/2018                                      Terremoto/2. Il premier Conte: da oggi si lavora sul decreto. Emendamenti entro giovedì

            12 Giu 2018

            Terremoto/2. Il premier Conte: da oggi si
            lavora sul decreto. Emendamenti entro
            giovedì
            Massimo Frontera

            «Da domani (oggi per chi legge, ndr) saremo al lavoro sul decreto terremoto in discussione, nei
            prossimi giorni, in Parlamento, è il primo passaggio fondamentale». È lo stesso presidente del
            Consiglio Giuseppe Conte a ricordare che al Senato si sta discutendo la conversione in legge del
            decreto 55/2018 che sposta alcuni termini e scadenze a beneficio delle popolazioni del Centro
            Italia. A pochissimi giorni dall'investitura a premier, Conte ha scelto di andare ad Amatrice e
            Accumoli, due comuni simbolo del sisma del 2016-2017.

            Il richiamo a un decreto - peraltro varato dal precedente governo - non è casuale. È il segnale
            che la norma può rappresentare il veicolo dove il nuovo esecutivo può decidere di introdurre
            misure originali che vanno nel senso di accelerare la ricostruzione. Come è noto, il decreto legge
            ha disposto solo lo slittamento di scadenze fiscali e tributarie, che cadevano il 30 maggio scorso.
            Ma nulla ha previsto su altre misure a cui aveva lavorato la commissaria di governo, Paola De
            Micheli (Pd), per accelerare la ricostruzione privata (si veda articolo a questo link). I lavori del
            decreto legge terremoto riprenderanno domani presso la commissione speciale in Senato, con la
            riunione dell'ufficio di presidenza convocato per le 10,30 di mercoledì 13, che come programma
            prevede delle audizioni informali. La mattina del giorno successivo, giovedì 14, ci sarà la
            discussione in commissione, con il termine per la presentazione degli emendamenti già fissato
            alle ore 14:00.

            Nell'ultima riunione, il 6 giugno scorso, il senatore Vasco Errani (Misto-Leu), già commissario
            alla ricostruzione, ha chiesto al governo di chiarire le sue intenzioni sul fatto di affrontare in
            questa occasione la discussione sulle altre misure per la ricostruzione del Centro Italia oppure di
            rimandarle a un'altra occasione o un altro veicolo normativo. Cosa che il ministro per i rapporti
            con il Parlamento, Riccardo Fraccaro (M5S), ha promesso di chiarire appunto nella «successiva
            seduta della commissione». Da parte sua, il relatore del provvedimento - Stefano Patuanelli
            (M5S), ha annunciato che sui temi extra-decreto per il Centro Italia «potrà essere avviato un
            dibattito in seno alla Commissione».

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12/6/2018                                   Governo Conte, decreto legge in vista con semplificazioni per il Codice appalti

            12 Giu 2018

            Governo Conte, decreto legge in vista con
            semplificazioni per il Codice appalti
            Marco Mobili e Gianni Trovati

            Il primo decreto legge del governo Conte sarà concentrato su misure «a costo zero»,
            rimandando almeno all’autunno le misure più pesanti che dovrebbero preparare il terreno per
            riforma fiscale e reddito di cittadinanza. In prima fila, al momento, c’è un pacchetto di
            semplificazioni per gli appalti, accanto alle prime mosse per la riforma dei centri per l’impiego.
            Per definire il quadro, oggi il premier Giuseppe Conte incontrerà il titolare dell’Economia
            Giovanni Tria con i due leader di maggioranza Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Al tavolo
            dovrebbe partecipare anche il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli.
            Gli investimenti pubblici, infatti, dovrebbero essere insieme alle tasse i temi centrali della prima
            fase. Il capitolo fiscale potrebbe partire dal rinvio dell’e-fattura per i distributori che non sono
            ancora pronti a gestirla, concedendo quindi i tempi supplementari fino al 31 dicembre alle
            attuali schede carburanti. In quest’ambito è poi possibile qualche intervento sugli Isa, eredi degli
            «studi di settore» finiti nel mirino del governo, e sull’addio al redditometro (già praticamente
            fermo ai box): ma per la pace fiscale bisognerà con ogni probabilità aspettare l’autunno, quando
            sarà scaduta anche l’ultima rata della prima rottamazione, in scadenza al 1° ottobre. Partire
            prima con il «saldo e stralcio» e i super-sconti previsti dalla proposta del Carroccio, infatti,
            rischierebbe di interrompere gli incassi dell’operazione in corso. Anche per la dual tax, poi, la
            premessa indispensabile è la nuova analisi puntuale di deduzioni e detrazioni annunciata da
            Tria.
            Il rilancio degli investimenti non si basa invece su nuove risorse, ma su un’opera di rimozione
            degli ostacoli normativi. Su due livelli. I tecnici lavorano a una prima semplificazione del
            Codice appalti, mentre è pronta la norma per distribuire fra le regioni un miliardo in due anni
            per la spesa in conto capitale (cifra messa a disposizione dall’ultima manovra). Tra le urgenze c’è
            poi il ritocco del pareggio di bilancio che libererebbe i “risparmi” («avanzi», nel linguaggio
            tecnico) degli enti locali per adeguarsi alle sentenze della Corte costituzionale.
            Al momento, insomma, si dovrebbe rimanere lontani dai pilastri del contratto di governo,
            perché dual tax, reddito di cittadinanza e riforma delle pensioni hanno bisogno di un lungo
            lavoro preparatorio. Sul punto, si fa strada l’ipotesi di aprire due fondi, uno per il reddito di
            cittadinanza e uno per la riforma fiscale, che dovranno però trovare le fonti di finanziamento.
            I margini dipenderanno dalle prospettive di finanza pubblica indicate nel Def, che attende ora le
            risoluzioni al voto dell’Aula il 19 giugno. Anche questo tema è nell’agenda del vertice di oggi, e
            quella che si prospetta da parte della maggioranza è una risoluzione leggera per ribadire il «no»
            agli aumenti Iva senza addentrarsi sulle coperture. Anche perché nel frattempo emergono
            segnali di rallentamento dell’economia che a settembre potrebbero imporre di rivedere al
            ribasso le stime di crescita: una parabola del genere complicherebbe i conti, ma offrirebbe
            argomenti utili per spingere misure anticicliche sul piano fiscale.
12/6/2018                                       Fondo coesione: arrivano 5,4 miliardi per le infrastrutture, in Gazzetta la delibera Cipe

            12 Giu 2018

            Fondo coesione: arrivano 5,4 miliardi per le
            infrastrutture, in Gazzetta la delibera Cipe
            Alessandro Arona

            Arrivano 5,4 miliardi di euro per le infrastrutture di trasporto, l'80% al Sud. Risorse
            immediatamente impegnabili, sulle quali cioè Anas e Rete ferroviaria italiana (i principali
            beneficiari, con due miliardi circa ciascuno) , ma anche i Comuni e le Regioni, potranno subito
            pubblicare i bandi di gara per far partire i lavori.
            È stata infatti pubblicata in Gazzetta Ufficiale, la numero 132 datata 9 giugno, la delibera Cipe
            numero 98/2017 (scarica il testo) approvata il 22 dicembre scorso dal governo Gentiloni. Le
            risorse sono del Fondo Sviluppo e coesione (Fsc), il serbatoio nazionale di risorse per le aree
            svantaggiate (l'80% al Sud) che affianca i fondi strutturali europei; e la delibera è quella di
            approvazione dell'«Addendum» al Piano operativo Infrastrutture, la cui prima versione per 11,5
            miliardi fu approvata dal Cipe nel dicembre 2016.

            La delibera 98/2017 è stata approvata dalla Corte dei Conti solo il 23 maggio, e va appunto ora in
            Gazzetta. I fondi sono immediatamente impegnabili, come si diceva, dunque non serve nel
            caso di Anas e Rfi la predisposizione di "atti integrativi" ai vigenti contratti di programma.

            La delibera contiene il dettagliato elenco di opere a cui le risorse sono destinate, concordate
            dall'allora ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio con le Regioni, e con Anas e Rfi.
            Alle strade vanno complessivamente 1.976 milioni di euro, di cui 1.717 per nuovi interventi o
            completamenti e 259 milioni per messa in sicurezza di strade esistenti. Alle ferrovie 2.026
            milioni, quasi tutti al Sud. Poi 665,78 milioni per interventi per metropolitane, tranvie e reti
            metropolitane su ferro, 228 milioni ai porti, circa 60 milioni alla mobilità ciclabile, 455 milioni
            per l'acquisto di mezzi innovativi per il trasporto pubblico locale.

            Pur deciso dal precedente governo e dal precendente ministro Graziano Delrio, questo piano da
            5,4 miliardi contiene indirizzi strategici a bene vedere non lontani dall'impostazione dei
            cinquestelle su trasporti e mobilità.
            Nell'Addendum si punta infatti al potenziamento della rete ferroviaria per il trasporto merci e
            passeggeri, con il progetto dell'"alta capacità" di rete che punta a connettere tutti principali
            centri urbani alla rete Av principale con ammodernamenti meno costosi della Tav To-Mi-Na, e
            linee a 200-250 km/h; per la rete stradale ci sono soprattutto manutenzioni straordinarie e
            completamenti; molti fondi vanno a metropolitane e rinnovo ecologico dei mezzi Tpl; e infine la
            spinta alla mobilità ciclabile, dentro e fuori le città.

            Per la rete stradale (1.717 milioni) ci scono decine di piccoli interventi tra cui spiccano un lotto
            della Telesina per 133 milioni, il retroporto di Salerno (60), la Fortorina in Campania (50), il
            completamento del corridoio Potenza-A3-Lagonegrese (153 milioni, in gran parte messa in
            sicurezza, manutenzioni, completamento di itinerari), l'itinerario Palermo Agrigento e Licodia
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12/6/2018                                       Fondo coesione: arrivano 5,4 miliardi per le infrastrutture, in Gazzetta la delibera Cipe

            Eubea in Sicilia (177), il completamento della Sassari-Olbia e dell'Iglesiente in Sardegna (225), un
            tratto della Palermo-Agrigento-Ss 189 (187 mln)

            Alle strade statali anche una lista di interventi di messa in sicurezza dal rischio idrogeologico,
            per 259 milioni; molti si riferiscono alla rete stradale "da riclassificare", cioè che sta tornando
            all'Anas dopo specifiche intese con le Regioni, soprattutto del Nord.

            Alle ferrovie 15 interventi per 2.011 milioni, tra i quali spiccano i fondi per proseguire i progetti
            della Napoli-Bari (215 milioni per il terzo lotto Frasso Telesino-Vitulano e 501 milioni per la
            Orsara-Bovino) e della Catania-Palermo (866 milioni di euro), e 100 milioni per la variante di
            Rosarno sulla Tirrenica Sud. Ma ci sono anche 10 milioni per la nuova linea Ferrandina-Matera.
            20 milioni per la nuova stazione Foggia-Cervaro sulla Napoli-Bari, 90 milioni per la
            Caltagirone-Gela.

            Per il trasporto metropolitano 655 milioni, e qui spiccano il completamento della Linea 6 di
            Napoli, 210 milioni per la tratta Mostra - Arsenale - deposito officina Arsenale- 1° fase; 100
            milioni per la tratta Arechi - Pontecagnano-Aeroporto del metrò di Salerno, e poi 115 mln per la
            Circumetnea (Tratta Misterbianco - Belpasso), 49 milioni per la metrotranvia di Cagliari.

            Ai porti 228 milioni (spicca Bari con 90 milioni), e infine 455 milioni alle Regioni per l'acquito
            di nuovi mezzi del traporto pubblico locale «con tecnologie innovative»: spiccano le risorse
            per Lazio (54,7 milioni), Campania (69), Puglia (86,6), Calabria (51,3), Sardegna (150 milioni).

            Infine ci sono circa 60 milioni per ciclovie e mobilità ciclabile urbana, la maggior parte
            assegnate alle Regioni per specifici itinerari ciclabili da sviluppare.

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Codice dei contratti: Per la Commissione UE non
è conforme alla Direttiva 2011/7/UE
12/06/2018

Il 7 giugno la Commissione europea ha inviato all’Italia un parere motivato sulla non
conformità del Codice dei contratti di cui al D.Lgs. n. 50/2016 alla direttiva 2011/7/UEsui
ritardi di pagamento. Nel mese di aprile 2017 l'Italia con il D.lgs. n. 56/2017 (cosiddetto
“decreto correttivo”) ha apportato un innumerevole numero di modifiche al Codice dei
contratti e con una delle stesse, in particolare con l’inserimento dell’articolo 113-
bis rubricato “Termini per l’emissione dei certificati di pagamento relativi agli acconti”, ha
esteso sistematicamente a 45 giorni, decorrenti dall’adozione di ogni stato di avanzamento
dei lavori, i tempi per la predisposizione dei certificati di pagamento. Le autorità italiane
sostengono che tale ulteriore periodo sia necessario ai fini delle verifiche, anche qualora
siano già state svolte nel corso delle diverse fasi di realizzazione delle opere pubbliche. A
parere della Commissione europea tale disposizione si configura come una violazione
della direttiva sui ritardi di pagamento. La direttiva dispone, infatti, che le autorità
pubbliche debbano eseguire i pagamenti non oltre 30 o 60 giorni dalla data di ricevimento
della fattura o, se del caso, al termine della procedura di verifica della corretta prestazione
dei servizi.

Ricordiamo che:

   •   la Commissione nel mese di luglio 2017 aveva deciso di inviare una lettera di
       costituzione in mora all'Italia per quanto riguarda l’articolo 113-bis del Codice dei
       contratti che estendeva sistematicamente i tempi di elaborazione del pagamento delle
       fatture relative a lavori pubblici di 45 giorni. Questa disposizione sembra violare
       la direttiva 2011/7/UE sui ritardi di pagamento che impone alle autorità pubbliche di
       pagare i beni e i servizi entro 30 giorni, o eccezionalmente, entro 60 giorni;
   •   successivamente all’introduzione dell’art. 113-bis in cui era previsto il termine di 45
       giorni, l’Italia , appunto per rispondere alla lettera di costituzione in mora della
       Commissione, con l’articolo 1, comma 586 della legge 29 dicembre 2017, n.
       205 (Legge di Bilancio 2018) ha modificato l’originario termine di 45 giorni a 30
       giorni.

Ovviamente la soluzione adottata con la modifica introdotta dalla Legge di Bilancio non
dovrebbe essere del tutto esaustiva per la Commissione europea per il semplice fatto
che l’emissione del certificato di pagamento è uno degli ultimi atti nel procedimento di
registrazione nei documenti contabili dei lavori eseguiti.

L'Italia dispone ora di due mesi per rispondere alle argomentazioni formulate dalla
Commissione; in caso contrario, la Commissione potrà decidere di deferire l'Italia alla
Corte di giustizia dell'UE.

A nostro avviso, leggendo attentamente la direttiva europea è corretto ipotizzare che la
maturazione del credito da parte dell’impresa si verifica a quella data in cui vengono
registrati nel libretto delle misure e nel registro di contabilità i lavori eseguiti con
contestuale raggiungimento della rata di acconto prevista nel contratto sottoscritto. Da
quella data scatta il termine di 30 giorni previsto dall’articolo 4, comma 3, lettera a)
della Direttiva 2011/7/UE. Il punto non è, quindi quello relativo ai giorni necessari
all’emissione del certificato di pagamento fissato adesso in 30 giorni ma quello relativo ai
giorni intercorrenti tra la data di maturazione del credito e la data di effettivo pagamento che
è, quasi sempre, superiore, ed anche di molto ai 30 giorni.

Riepilogando e riassumendo, la situazione del possibile deferimento dell’Italia alla Corte di
giustizia dell'UE è la seguente:
1. nel pacchetto d’infrazioni comunicate il 15 febbraio 2017 l’Italia viene esortata a
      conformarsi alla direttiva sui ritardi di pagamento per proteggere le PMI nelle loro
      relazioni commerciali (leggi articolo[P1] );
   2. Il 13 luglio 2017 la Commissione europea invia una lettera di costituzione in mora
      all'Italia per quanto riguarda l’articolo 113-bis del Codice dei contratti che estendeva
      sistematicamente i tempi di elaborazione del pagamento delle fatture relative a lavori
      pubblici di 45 giorni;
   3. Il 7 dicembre 2017 la Commissione europea decide di deferire l'Italia alla Corte di
      giustizia dell'UE a causa del sistematico ritardo con cui le amministrazioni pubbliche
      italiane effettuano i pagamenti nelle transazioni commerciali, in violazione delle
      norme dell'UE in materia di pagamenti (direttiva sui ritardi di pagamento, direttiva
      2011/7/UE);
   4. Il 7 giugno 2018 la Commissione europea ha inviato all’Italia un parere motivato in
      quanto il Codice dei contratti di cui al D.Lgs. n. 50/2016 non è conforme
      alla direttiva 2011/7/UE sui ritardi di pagamento.

                                                                A cura di arch. Paolo Oreto

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Documenti Allegati
Memo UE 7 giugno 2018
Deferimenento UE 7 dicembre 2017
Memo UE 13 luglio 2017
Direttiva 2011/7/UE
Abusi edilizi e Ordine di demolizione: il tempo
non sana l'abuso
12/06/2018

L'abusi edilizio è un illecito di natura permanente e per questo motivo il decorso del tempo
e l’inerzia dell’amministrazione non legittimano in alcun modo l’edificazione avvenuta
senza titolo.

Seguendo una giurisprudenza ormai consolidata sul tema, è questo il chiarimento arrivato
dalla Sesta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 3351 del 4 giugno 2018,
intervenuta sul ricorso presentato da una pubblica amministrazione contro una sentenza di
primo grado che aveva accolto un ricorso presentato per l'annullamento di un'ordinanza di
demolizione di un’opera abusiva (una baracca in lamiera, adibita a rimessa attrezzi e
ricovero animali, asseritamente realizzata agli inizi degli anni Settanta, su un’area soggetta a
vincolo di inedificabilità.

La sentenza di primo grado
I giudici del TAR, accogliendo il ricorso, avevano rilevato preliminarmente che l’opera
oggetto della ingiunzione di demolizione, per caratteristiche e dimensioni, ancorché
modeste, doveva ritenersi sottoposta a permesso di costruire (e a concessione edilizia per
quanto riguarda il regime precedente alla entrata in vigore del d.P.R. n. 380 del 2001), in
quanto non precaria e in grado di arrecare comunque una trasformazione del territorio. Ciò
premesso il TAR, ai fini dell’accoglimento del ricorso ha richiamato alcuni propri
precedenti, pronunciati su controversie simili.

Si legge nella sentenza di primo grado che si ritiene leso il legittimo affidamento ingenerato
nel privato e si fa riferimento alla convinzione, nel successivo detentore, in ordine alla
legittimità del proprio operato, per effetto della consapevole, prolungata inerzia mantenuta
dal Comune nell’esercizio del potere repressivo.

La decisione del Consiglio di Stato
I giudici di Palazzo Spada, riprendendo una giurisprudenza consolidata sull'argomento (vai
allo Speciale Abusi Edilizi), hanno accolto la tesi dell'amministrazione ricorrente rilevando
alcuni punti chiave sull'argomento:

   •   l'ordinanza di demolizione di un manufatto abusivo non richiede una particolare
       motivazione in ordine alla sussistenza di uno specifico interesse pubblico al ripristino
       della legittimità violata, e ciò nonostante sia decorso un considerevole lasso di tempo
       dalla commissione dell'abuso;
   •   deve infatti escludersi la configurabilità di un legittimo affidamento in capo al
       responsabile dell'abuso o al suo avente causa nonostante il decorso del tempo dal
       commesso abuso;
   •   l'ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è
       atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse
       pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e
       sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed
       attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di alcun
       affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il
       tempo non può giammai legittimare.

Una giurisprudenza ormai costante ha riconosciuto all’illecito edilizio natura di illecito
permanente in quanto un immobile interessato da un intervento illegittimo conserva nel
tempo la sua natura abusiva tale per cui l’interesse pubblico al ripristino della legalità
violata è “in re ipsa”, quindi l’interesse del privato deve intendersi necessariamente
recessivo rispetto all'interesse pubblico all'osservanza della normativa urbanistico - edilizia
e al corretto governo del territorio.

Ciò posto, alla luce della sentenza dell’Adunanza plenaria n. 9 del 2017 emerge che “la
mera inerzia da parte dell’amministrazione nell’esercizio di un potere/dovere finalizzato
alla tutela di rilevanti finalità di interesse pubblico non è idonea a far divenire legittimo ciò
che (l’edificazione sine titulo) è sin dall’origine illegittimo". Tale inerzia non può
certamente radicare un affidamento di carattere legittimo in capo al proprietario dell’abuso,
giammai destinatario di un atto amministrativo favorevole idoneo a ingenerare
un’aspettativa giuridicamente qualificata.

Non è in alcun modo concepibile l’idea stessa di connettere al decorso del tempo e
all’inerzia dell’amministrazione la sostanziale perdita del potere di contrastare l’abusivismo
edilizio, ovvero di legittimare in qualche misura l’edificazione avvenuta senza titolo, non
emergendo oltretutto alcuna possibile giustificazione normativa a una siffatta – e
inammissibile – forma di sanatoria automatica.

Con tali motivazioni l'appello è stato accolto e la sentenza di primo grado annullata.

                                                      A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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Documenti Allegati
Sentenza CdS

Link Correlati
Speciale Abusi Edilizi
Massimo ribasso, taglio delle ali e fattore di
correzione: il Consiglio di Stato rimette la
questione all'Adunanza Plenaria
12/06/2018

Con ordinanza n. 3472 dell'8 giugno 2018 il Consiglio di Stato ha rimesso all'Adunanza
Plenaria la questione relativa alla corretta interpretazione dell’art. 97, comma 2, lett. b),
secondo alinea del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (c.d. Codice dei contratti), nella parte in cui
si richiamano i “concorrenti ammessi” per il computo del "fattore di correzione", per
stabilire se vi rientrano anche i concorrenti le cui offerte sono state escluse dal punto di vista
aritmetico per il calcolo del taglio delle ali.
L'ordinanza del Consiglio di Stato arriva dopo che in primo grado il TAR aveva respinto il
ricorso presentato per l'annullamento di una gara in cui si eccepiva un errato utilizzo del
metodo sorteggiato dal seggio di gara quale criterio per il calcolo della soglia di anomalia.

La tesi del Consiglio di Stato
Sull'argomento, la Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha ricordato che secondo una
prima tesi, alla quale aderisce, dalla lettura dell’art. 97, comma 2, lett. b) del Codice dei
contratti, si evidenzia la necessità di procedere al c.d. “taglio delle ali” per la
determinazione della media aritmetica dei ribassi, senza precisare alcunché quanto al
calcolo della somma dei ribassi offerti, necessario ai fini del calcolo del fattore di
correzione. Se il legislatore avesse voluto escludere le offerte che residuano dopo il taglio
delle ali, oltre che nel calcolo della media, anche nella determinazione del fattore di
correzione della media stessa, lo avrebbe esplicitato, anziché fare genericamente riferimento
ai “ribassi offerti dai concorrenti ammessi”.
Pertanto, l’operazione di somma dei ribassi è diversa dalla media aritmetica prevista dalla
prima parte dell’art. 97, comma 2, lett. b).
Secondo un’altra tesi, condivisa da una parte della giurisprudenza amministrativa sia di
appello che di primo grado, per il calcolo della media aritmetica non vanno considerate le
offerte previamente escluse in virtù del taglio delle ali, non ritenendosi che il legislatore
abbia inteso applicare il calcolo della media limitatamente ai ribassi ammessi dopo il taglio
delle ali per poi successivamente calcolare, all’opposto, la somma dei ribassi prendendo in
considerazione tutti i ribassi originali, seppur già esclusi.
L'argomento è già stato trattato dall'Adunanza Plenaria che ha chiarito che, avuto riguardo
al criterio di calcolo delle offerte da accantonare nel c.d. taglio delle ali, quando il criterio di
aggiudicazione è quello del prezzo più basso, devono applicarsi i seguenti principi di diritto:
a) il comma 1 dell’art. 86, d.lgs. n. 163 del 2006 deve essere interpretato nel senso che, nel
determinare il dieci per cento delle offerte con maggiore e con minore ribasso (da escludere
ai fini dell’individuazione di quelle utilizzate per il computo delle medie di gara), la
stazione appaltante deve considerare come "unica offerta" tutte le offerte caratterizzate dal
medesimo valore, e ciò sia se le offerte uguali si collochino "al margine delle ali", sia se si
collochino "all’interno" di esse;
b) il secondo periodo del comma 1, d.P.R. n. 207 del 2010 (secondo cui “qualora
nell'effettuare il calcolo del dieci per cento di cui all'art. 86, comma 1, del codice siano
presenti una o più offerte di eguale valore rispetto alle offerte da accantonare, dette offerte
sono altresì da accantonare ai fini del successivo calcolo della soglia di anomalia”) deve a
propria volta essere interpretato nel senso che l’operazione di accantonamento deve essere
effettuata considerando le offerte di eguale valore come ‘unica offerta’ sia nel caso in cui
esse si collochino ‘al margine delle ali’, sia se si collochino ‘all’interno’ di esse.
Tale pronuncia conferma l’importanza di massima della questione del corretto criterio di
calcolo delle soglie di anomalia, a valle delle incertezze (e delle conseguenti divergenti
pronunce giurisprudenziali, specie di primo grado) derivanti dalla infelice formulazione
lessicale delle relative norme, essenziale per garantire la correttezza degli appalti pubblici e
la sostenibilità delle relative offerte.
Perciò la remissione della questione all'Adunanza Plenaria.
                                                         A cura di Redazione LavoriPubblici.it
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Documenti Allegati
Ordinanza
Infrastrutture, investimenti per 5,4
miliardi di euro per strade, ferrovie e
porti
di Rossella Calabrese
Pubblicato l’Addendum al Piano Operativo infrastrutture approvato dal Cipe nel
dicembre 2017

12/06/2018 - È stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Delibera 98/2017 del
CIPE che approva l’Addendum Piano Operativo infrastrutture, con una dotazione
finanziaria di 5.430,99 milioni di euro, a valere sul Fondo sviluppo e coesione
2014-2020.

L’Addendum, previsto dall’articolo 1, comma 703, lettera c) della Legge di
Stabilità 2015 (Legge 190/2014), ha come obiettivo strategico quello di dare
continuità e rafforzare la strategia nazionale in materia di infrastrutture per il
trasporto e la logistica come delineata nel Piano operativo Infrastrutture FSC
2014-2020.
Il documento è una integrazione al Piano Operativo del Ministero delle
infrastrutture e trasporti approvato dal CIPE nel 2016, predisposta nel 2017 al
termine dell’assegnazione delle risorse residue del Fondo sviluppo e coesione
2014-2020 ai vari strumenti previsti (Piani Operativi, Patti per lo sviluppo, Piani
Stralcio).

Infrastrutture, dove vanno le risorse dell’Addendum
L’Addendum ripropone l’articolazione nei 6 Assi già definiti nel Piano ed
assegnando a ciascun Asse le seguenti risorse:
a) interventi stradali con risorse finanziarie a disposizione pari a 1.717,20
milioni di euro;
b) interventi nel settore ferroviario con risorse finanziarie a disposizione pari
a 2.026,50 milioni di euro;
c) interventi per il trasporto urbano e metropolitano con risorse finanziarie a
disposizione pari a 665,78 milioni di euro;
d) messa in sicurezza del patrimonio infrastrutturale esistente con risorse
finanziarie a disposizione pari a 259,08 milioni di euro;
e) altri interventi con risorse finanziarie a disposizione pari a 306,98 milioni di
euro;
f) rinnovo materiale del trasporto pubblico locale ferroviario e su gomma - Piano
Sicurezza ferroviaria con risorse finanziarie a disposizione pari a 455,45 milioni di
euro.

Secondo quanto previsto dalla lettera l) del comma 703, le risorse sono così
ripartite:
- 86,56 milioni di euro per l’anno 2016
- 0,5 milioni di euro per l’anno 2017
- 19,78 milioni di euro per l’anno 2018
- 1,35 milioni di euro per l’anno 2019
- 30 milioni di euro per l’anno 2020
- 120 milioni di euro per l’anno 2021
- 400 milioni di euro per l’anno 2022
- 1.000 milioni di euro per l’anno 2023
- 1.600 milioni di euro per l’anno 2024
- 2.172,8 milioni di euro per l’anno 2025

Nella definizione degli interventi si è tenuto conto delle percentuali fissate per
l’allocazione dei finanziamenti del Fondo Sviluppo e Coesione (80% al
Mezzogiorno e 20% Centro-nord).

L’Addendum propone investimenti per interventi sul sistema ferroviario, tra cui:
- il completamento dell’AVR sulla direttrice Napoli-Bari;
- la velocizzazione della direttrice Adriatica;
- la velocizzazione della Tirrenica sud;
- il nuovo collegamento Catania-Palermo nell’ambito della Direttrice Napoli-
Palermo.

Per quanto riguarda le città metropolitane, l’attenzione è rivolta verso quegli
interventi di potenziamento dei sistemi di trasporto rapido di massa delle
principali aree urbane del Mezzogiorno:
- per Napoli, il completamento della linea 1, l’estensione della linea 6, il
miglioramento dei sistemi tecnologici delle linee esistenti;
- per Cagliari il potenziamento della rete tranviaria;
- per Messina il rinnovo e upgrading infrastrutturale della rete tranviaria;
- per Catania l’estensione della Circumetnea.

Inoltre, a completamento dello scenario di potenziamento dei sistemi, viene
previsto il rinnovo del materiale rotabile per il tpl utilizzando tecnologie
innovative per le Regioni Calabria, Basilicata, Campania, Sardegna, Sicilia,
Molise e Puglia.

Per quanto riguarda il sistema portuale, sono stati individuati alcuni interventi per
i quali sussiste la necessità di finanziamenti residui, tra i quali:
- la camionale di Bari, opera attesa da anni che si rivelerebbe essenziale anche
per il miglioramento della qualità della circolazione in tutte le aree oggi coinvolte
dal transito dei mezzi pesanti diretti verso il porto;
- il miglioramento dell’accessibilità marittima e la valorizzazione del
patrimonio infrastrutturale esistente, con riferimento particolare alle
interconnessioni con le ZES (zone economiche speciali), per alcuni dei porti
principali del Mezzogiorno;
- la valorizzazione dei porti che garantiscono la continuità territoriale con le isole
campane.

Per quanto riguarda il sistema nazionale delle strade, si è scelto di finanziare:
- il completamento della ‘Fortorina’ in Campania, oltre che il completamento
della viabilità del retroporto di Salerno;
- il completamento del corridoio Potenza-A3-Lagonegrese in Basilicata;
- alcuni stralci funzionali della Jonica in Calabria;
- l’itinerario Palermo Agrigento e Licodia-Eubea in Sicilia;
- il completamento della Sassari-Olbia e dell’Iglesiente in Sardegna.

Per il Centro-nord, la disponibilità di risorse più contenuta è stata indirizzata su
interventi di rilevante impatto strategico, sia per quanto concerne le infrastrutture
finalizzate alla sicurezza sia per quelle destinate alla valorizzazione dei territori,
sotto il profilo dell’accessibilità e della attrattività turistica.

Anas e Rete Ferroviaria Italiana (a cui vanno circa 4 miliardi di euro),
i Comuni e le Regioni potranno pubblicare immediatamente i bandi di
gararelativi ai lavori finanziati.

Infrastrutture, Addendum coerente con la programmazione già
definita
L’impostazione dell’Addendum è coerente con:
- il nuovo quadro normativo di riferimento, in particolare il nuovo Codice degli
Appalti che prevede l’emanazione di un Piano Nazionale dei Trasporti e della
Logistica (PNTL) e di un Documento Pluriennale di Pianificazione (DPP) degli
interventi considerati di rilevante interesse nazionale;
- gli atti di pianificazione strategica e di programmazione già emanati dal
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (Allegati Infrastrutture 2016 e
2017 ‘Connettere l’Italia’ e ‘Connettere l’Italia: fabbisogni e progetti di
infrastrutture’);
- il Programma Operativo Nazionale ‘Infrastrutture e Reti’ 2014-2020 e le
previsioni contenute nei ‘Patti per il Sud’ sottoscritti dal Governo con i Presidenti
di Regione e Sindaci delle Città capoluogo del Mezzogiorno;
- l’esigenza di rafforzare la programmazione dei fondi comunitari con risorse
aggiuntive e di integrarla con azioni complementari per il perseguimento degli
obiettivi unitari di sviluppo e coesione.
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Norme correlate
Delibera/zione 22/12/2017 n.98
Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica CIPE - Fondo sviluppo e coesione 2014-2020 Addendum
piano operativo infrastrutture (articolo 1, comma 703, lettera c) della legge n. 190/2014)

Legge dello Stato 23/12/2014 n.190
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di Stabilità 2015)
Livelli di progettazione, il CSLLPP
chiede di indicare le coperture
finanziarie delle opere
di Valentina Ieva
Secondo il parere al decreto, il progetto deve contenere l’elenco delle autorizzazioni,
licenze, nulla osta, intese

Ph caifas © 123RF.com

12/06/2018 - È arrivato il via libera del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici
(CSLLPP) alla bozza di decreto ministeriale “Definizione dei contenuti della
progettazione nei tre livelli progettuali” sul quale ha espresso parere "positivo con
modifiche e integrazioni".
Decreto concepito con l’intento di dare concreta attuazione ad una delle principali
finalità del Codice dei contratti pubblici, quella di “favorire la qualità della
progettazione”, definendo i contenuti della progettazione nei tre livelli: progetto
di fattibilità tecnica ed economica, progetto definitivo e progetto esecutivo.
Decreto sui livelli di progettazione: i contenuti
I tre livelli progettuali costituiscono una suddivisione di contenuti da sviluppare
progressivamente nell’ambito di un processo unitario senza soluzione di
continuità.

La bozza di decreto si compone di 39 articoli suddivisi in 5 Capi:
Capo I (artt. 1-5) che riporta le disposizioni generali;
Capo II (artt. 6-14) nel quale vengono disciplinati il progetto di fattibilità tecnica
ed economica;
Capo III (artt. 15-24) che entra nel dettaglio del progetto definitivo;
Capo IV (artt. 25-36) che specifica i contenuti del progetto esecutivo;
Capo V (artt. 38-39) nel quale viene indicata l'entrata in vigore del decreto e le
conseguenti abrogazioni (le disposizioni di cui alla parte II, titolo II, capo I,
nonché gli allegati o le parti di allegati ivi richiamate del decreto del Presidente
della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207).

Il progetto di fattibilità tecnica ed economica può essere redatto in un’unica fase
o in due fasi successive. In quest’ultimo caso, nella prima fase il progettista redige
il documento di fattibilità delle alternative progettuali (DOCFAP), che inlude le
possibili soluzioni progettuali alternative. E’ necessario prendere in
considerazione la possibile localizzazione dell’intervento, le alternative di
tracciato, il riutilizzo di aree dismesse, le diverse soluzioni tecnologiche,
impiantistiche e organizzative disponibili, l’impatto sul contesto territoriale,
ambientale e paesaggistico e le diverse modalità tecniche di intervento. Nella
seconda fase devono essere sviluppati i contenuti del DOCFAP, scegliendo solo
una delle alternative progettuali.

Nei casi di affidamento dei lavori sulla base del progetto di fattibilità tecnica ed
economica, il progetto deve contenere anche uno schema di contratto con i tempi
per la redazione del progetto definitivo e di quello esecutivo.

Nei concorsi di progettazione relativi al settore dei lavori pubblici, le
Amministrazioni sono tenute a mettere a disposizione dei concorrenti gli studi
specialistici, l’inquadramento territoriale dell’area di intervento e il piano
particellare di esproprio.

Il progetto di fattibilità tecnica ed economica deve, inoltre, essere accompagnato
da una relazione generale, da cui si evincano le motivazioni delle scelte operate
dal progettista, e da una relazione tecnica, con indagine e studi specifici, come i
livelli prestazionali dell’intervento, la presenza di eventuali interferenze e il
contesto urbanistico.

Il progetto definitivo individua i lavori da realizzare nel rispetto di tutti i vincoli
esistenti e deve contenere tutti gli elementi necessari per il rilascio delle
autorizzazioni richieste. Deve conformarsi alle scelte del progetto di fattibilità
tecnica ed economica, salvo eventuali modifiche da motivare nei dettagli, e
indicare precisamente la localizzazione del cantiere. In caso di lavori su opere
esistenti, nel progetto definitivo deve essere indicato lo stato dell’opera e, se
necessario, il piano di riutilizzo delle terre e rocce da scavo.

Per gli interventi complessi il progetto comprende anche il piano di manutenzione.
In caso di affidamento dei lavori sulla base del progetto definitivo, i concorrenti
devono indicare i tempi della progettazione esecutiva e i dettagli costruttivi relativi
al progetto architettonico e strutturale, una relazione generale e relazioni tecniche
e specialistiche ad un livello di definizione tale da non comportare differenze di
costi in fase di progettazione esecutiva.

Il progetto esecutivo deve essere sviluppato ad un livello di definizione tale che
ogni elemento sia identificato in forma, tipologia, qualità, dimensione e prezzo e
corredato da un piano di manutenzione dell’opera e delle sue parti in relazione al
ciclo di vita dell’opera stessa.

Il progetto esecutivo ha il compito di definire compiutamente ogni particolare
architettonico, strutturale ed impiantistico dell’intervento da realizzare. La bozza
di decreto esclude da questa fase solo i piani operativi di cantiere, i piani di
approvvigionamento e i calcoli e i grafici relativi alle opere provvisionali.

Decreto sui livelli di progettazione: le modifiche richieste dal
CSLLPP
Le modifiche più interessanti richieste dal CSLLPP:

Tra gli elaborati del progetto di fattibilità tecnica ed economica di cui all’art. 8, c.
7, il CSLLPP propone di inserire, alla lettera o), l’“elenco delle autorizzazioni,
concessioni, licenze, pareri, intese, nulla osta e atti di assenso comunque
denominati, necessari alla realizzazione ed esercizio dell’intervento” che,
secondo quanto richiesto dal MATTM, è stato stralciato dallo Studio di fattibilità
ambientale e paesaggistica di cui all’art. 11, c. 2. Tale elenco risulta di estrema
importanza ai fini della concreta fattibilità dell’opera o dell’intervento, e andrebbe
aggiornato e richiesto anche a livello di progetto definitivo, come previsto all’art.
16, comma 2, lett. u).

Si propone, inoltre, di inserire specificazioni relative alle effettive coperture dei
finanziamenti delle opere, con i riferimenti ai pertinenti capitoli del bilancio di
previsione, annuale e pluriennale, al fine di garantirne la concreta fattibilità
economico-finanziaria.

Si propongono le seguenti integrazioni:
- al comma 4 dell’art. 8 (elaborati del progetto di fattibilità): “l’elenco delle
coperture finanziarie sia in termini legislativi che amministrativi, comprendente i
riferimenti ai pertinenti capitoli del bilancio di previsione, annuale e pluriennale”.
- al comma 7, lettera n) del suddetto art. 8: “quadro documentato delle forme e
fonti di finanziamento per la copertura della spesa, con specificazione delle
relative disponibilità di risorse attraverso il rinvio ai provvedimenti amministrativi
che garantiscono tali coperture”.
Non è condivisa l’eliminazione completa del comma 5 dell’articolo 16, in
quanto, nel D.M. in argomento, deve essere richiesta la redazione del progetto di
monitoraggio ambientale (PMA) per le opere non soggette a valutazione
d’impatto ambientale per le quali risulti comunque necessario. Si tratta infatti di
un documento di grande rilevanza per tutti quegli interventi che, pur non essendo
per la loro tipologia soggetti alla valutazione d’impatto ambientale, sono collocati
in contesti territoriali e ambientali che richiedono comunque un controllo ed un
monitoraggio in fase di realizzazione e di gestione dell’opera.

Per quanto riguarda invece le opere soggette a VIA per le quali il progetto di
monitoraggio ambientale (PMA), ai sensi del D. Lgs.152/2006, viene redatto
nell’ambito dello Studio di impatto ambientale, al progetto definitivo deve essere
allegata copia di tale documento.

All’art. 19 si evidenzia l’opportunità di ripristinare la rubrica completa “Studio di
impatto ambientale e studio definitivo ambientale e paesaggistico”, in quanto il
testo dell’articolo tratta di entrambi gli Studi.

Il CSLLPP propone, infine, di ripristinare il testo sull’entrata in vigore del
DM: “Il presente decreto entra in vigore 180 giorni dopo la pubblicazione in
Gazzetta Ufficiale”.
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Norme correlate
Bozza non ancora in vigore 17/05/2018
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Schema di Decreto Ministeriale recante “Definizione dei contenuti della
progettazione nei tre livelli progettuali” ai sensi dell’articolo 23, comma 3 del Decreto Legislativo 18 aprile 2016, n. 50

Decreto Legislativo 18/04/2016 n.50
Codice dei Contratti Pubblici (Nuovo Codice Appalti)
Clima: studio ENEA - CNR, aumento tornado
violenti nel Mediterraneo per il riscaldamento
globale
ENEA - CNR 12/06/2018

Sempre più probabile il verificarsi di trombe marine e tornado intensi nei mari italiani a causa
dell’innalzamento della temperatura superficiale dell’acqua dovuta al riscaldamento globale. È
quanto emerge da una ricerca ENEA - CNR pubblicata su Scientific Report di Nature, una delle più
antiche e autorevoli riviste scientifiche al mondo.

Lo studio è stato condotto su un tornado che si è abbattuto su Taranto nel novembre del 2012,
quando la temperatura in superficie del mar Ionio era superiore di 1 C° rispetto alla media del periodo.

I dati sono stati raccolti dal CNR, mentre ENEA si è occupata di analizzarli e localizzarli su una mappa,
evidenziando il ruolo dell’orografia nel sviluppo del violento fenomeno meteorologico.

Per la notizia completa vai su ww.enea.it
Retribuzioni tracciabili dal 1° luglio 2018: il
vademecum. Coinvolti tutti i contratti di
collaborazione
Matteo Peppucci - INGENIO 11/06/2018

L'obbligo di pagare le retribuzioni con accredito su conto o pagamento elettronico scatta il 1° luglio
2018 e riguarda tutti i rapporti di lavoro dipendente e assimilati, comprese le collaborazioni coordinate
e continuative e i soci delle cooperative ma non i non i lavoratori a partita Iva

Dal prossimo 1° luglio 2018, datori di lavoro e committenti saranno obbligati a procedere al
pagamento delle retribuzioni, compresi gli acconti, esclusivamente attraverso una banca o un
ufficio postale, con una delle modalità appositamente individuate dal legislatore. Ricadono
nell'obbligo, introdotto dalla Legge di Bilancio 2018, tutte le tipologie di contratti di lavoro
subordinato, le collaborazioni coordinate e continuative ed i rapporti di lavoro con i soci di
cooperative. Sono esclusi, invece, i rapporti di lavoro domestico e quelli con la Pubblica
Amministrazione, così come non vi rientrano i lavoratori auotonomi.

La Fonduzione Consulenti del Lavoro, sul tema, ha realizzato un interessante vademecum riepilogativo
delle novità e delle modalità operative che i datori di lavoro dovranno seguire per adempiere al nuovo
obbligo sulla tracciabilità delle retribuzioni.

Le sanzioni sono davvero pesanti: nel caso di utilizzo di mezzi diversi da quali espressamente
previsti per il pagamento, è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 5.000
euro; sul piano probatorio, la firma apposta sulla busta paga non costituisce prova dell'avvenuto
pagamento della retribuzione.

Ambito di applicazione

L’ambito di applicazione è definito dal comma 912 della legge 205/2017, che lo individua in riferimento
a:

   •   rapporti di lavoro subordinato;
   •   collaborazioni coordinate e continuative (quindi anche i lavoratori autonomi NON a
       partita Iva);
   •   contratti di lavoro instaurati dalle cooperative con i propri soci ai sensi della legge
       142/2001.

Quanto ai "contratti di collaborazione coordinata e continuativa", il riferimento non può che essere
circoscritto ai contratti d’opera ex art. 2222 c.c. che presentino gli ulteriori elementi previsti
dall’articolo 409 c.p.c., come modificato dall'art. 15 della legge 81/2017. Ricordiamo che sono tali
quelli che "[…] si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata,
prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato. La collaborazione si intende
coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle
parti, il collaboratore organizza autonomamente l'attività lavorativa".

Retribuzione e modalità di pagamento

L'obbligo riguarda i soggetti individuati che "corrispondono ai lavoratori la retribuzione […]". I
datori di lavoro o i committenti dovranno corrispondere ai lavoratori la retribuzione esclusivamente
attraverso una banca o un ufficio postale, con una delle seguenti modalità:

   •   bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;
   •   strumenti di pagamento elettronico;
   •   pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia
       aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
   •   emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato
       impedimento, ad un suo delegato.

L'obbligo riguarda esclusivamente la corresponsione della remunerazione relativa all’attività
svolta dal lavoratore, sia esso subordinato o autonomo, rientrante nel campo di applicazione
della norma. Sono escluse invece le altre somme di denaro che possono essere versate al
lavoratore come gli anticipi di cassa per fondo spese e rimborsi spese.

L'onere della prova ribaltato

La misura che introduce l'obbligo di stipendio tracciabile stabilisce anche che la busta paga non è
più prova di avvenuto pagamento, per cui la firma del lavoratore sul cedolino di pagamento non
ha più valore probatorio. In parole semplici, è il versamento stesso che costituisce prova
dell'avvenuta operazione.

All'interno del documento è presente un esempio di lettera con le indicazioni sulle modalità di
pagamento da inviare al cliente.

IL VADEMECUM INTEGRALE E' DISPONIBILE IN FORMATO PDF
Immobili vincolati: la Direzione dei Lavori
spetta all'architetto e non all'ingegnere
Matteo Peppucci - INGENIO 12/06/2018

Tar Campania: è giusto che il comune riservi la direzione dei lavori su un immobile sottoposto a tutela
culturale e ambientale ad un professionista in possesso della qualifica di architetto

La riserva di competenza degli architetti sussiste per ogni tipologia di intervento su immobili
gravati da vincolo storico-artistico, ad eccezione delle attività propriamente tecniche di edilizia civile
per le qualil'art.52 del R.D. n. 2537/1925 prevede la competenza anche degli ingegneri. La
competenza degli architetti si estende inoltre anche agli interventi realizzati su immobili non
assoggettati a vincolo quando presentino "rilevante interesse artistico".

I 'paletti' sono stati ricordati dal Tar Campania nella sentenza 3718/2018 dello scorso 5 giugno, che ha
legittimato la decisione di un comune di riservare la direzione dei lavori su un immobile sottoposto
a tutela culturale e ambientale (e per i quali la Soprintendenza aveva espresso parere con precise
prescrizioni) ad un professionista in possesso della qualifica di architetto.

Secondo quanto disposto dal sopracitato art.52, infatti, "le opere di edilizia civile che presentano
rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla L. 20 giugno
1909, n. 364, per l'antichità e le belle arti, sono di spettanza della professione di architetto;
ma la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall'architetto quanto dall'ingegnere".

Il Tar aggiunge anche che non è condivisibile la tesi di parte ricorrente che riconduce l'intervento
a meri lavori a carattere edile di completamento e di natura impiantistica; invero, la deduzione
collide con le risultanze di causa e, segnatamente, con il descritto parere della Soprintendenza che,
come si è visto, ha ritenuto imprescindibile la qualificazione della impresa incaricata per la categoria
OG2 che, come noto, attiene più in generale al restauro e manutenzione dei beni immobili
sottoposti a tutela ai sensi delle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali (quindi ad un
complesso di interventi più ampio rispetto alla mera attività di impiantistica e di completamento edile
prospettato dalla parte istante).

Infine, è interessante richiamare il passaggio in cui si sottolinea che, con sentenza n. 21/2014
(richiamata nella pronuncia del T.A.R. Veneto n. 743/2014, a sua volta citata nel provvedimento
impugnato) il Consiglio di Stato, richiamando anche giurisprudenza comunitaria, ha chiarito come non
sia esatto affermare che l'ordinamento comunitario riconosca a tutti gli ingegneri di Paesi
dell'U.E. diversi dall'Italia (con esclusione dei soli ingegneri italiani) l'indiscriminato esercizio delle
attività tipiche della professione di architetto (tra cui le attività relative ad immobili di interesse
storico-artistico); al contrario, giusta la normativa comunitaria, si è ritenuto che l'esercizio di tali
attività - in regime di mutuo riconoscimento – è consentito ai soli professionisti che (al di là
del nomen iuris del titolo posseduto) possano vantare un percorso formativo adeguatamente
finalizzato all’esercizio delle attività tipiche della professione di architetto. In altri termini, è
sempre vigente ed applicabile, non contrastando con il diritto comunitario, la su citata normativa
nazionale secondo cui la progettazione e la direzione lavori su beni di interesse storico e/o
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