Come vendere anche il fischio del treno - Life Learning

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Come vendere anche il fischio del treno - Life Learning
Renato Tonon

Come vendere anche il fischio del treno
Come vendere anche il fischio del treno - Life Learning
Mi diverto di più ed ho un maggior successo finanziario quando
smetto di cercare di ottenere quel che voglio io e comincio ad aiutare gli
altri ad ottenere quello che vogliono loro
                                         Spencer Johnson e Larry Wilson.
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Indice

Parte I      Il successo
Parte II     La creatività
Parte III    Che cos’è la vendita
Parte IV     Il cliente
Parte V      Il venditore
Parte VI     Preparare la partita
Parte VII    La trattativa
Parte VIII   Le fasi della trattativa
Parte IX     L’obiezione
Parte X      Programmazione e pianificazione
Parte XI     Il controllo dell’attività
Parte XII    L’uomo di Neanderthal
Parte XIII   La comunicazione - Il significato delle parole
Parte XIV    L’errore più grave
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                                 Presentazione

  In un mondo spesso immerso nell’ansia e nella nevrosi dovuta a meccani-
smi comunicativi ed espressivi codificati e sclerotizzati, c’è da chiedersi se il
solo fatto di affrontare la vendita in armonia con se stessi ed il cliente non sia
già l’inizio di un autentico successo per il venditore.
  Vendere diventa farsi carico dei bisogni del cliente, mettersi in ascolto dei
problemi essenziali degli altri per sapere efficacemente come risolverli.
   Non c’è più spazio per le tecniche tradizionali di vendita, proprie di una
concezione legata alla figura dell’imbonitore o, a quella più vicina al nostro
immaginario, del cosiddetto venditore di fumo. Il venditore efficace deve sa-
per far emergere dal reale il diversamente nuovo quindi la vendita più affasci-
nante e stimolante trae la sua origine dalla nostra creatività, dalla capacità
d’immaginare situazioni e soluzioni sempre nuove, diverse ed efficaci, susci-
tando interesse, producendo e prospettando soluzioni sempre concrete e po-
sitive.
   Il cliente, all’interno di quest’ottica, è considerato una persona con una
propria verità e modo d’essere, diverso dal venditore solo dal ruolo: quello
compra, questo vende, ma non dagli obiettivi che sono di assolvere le sue e-
sigenze.
   Prepararsi per raggiungere i nostri obiettivi, ovvero prepararsi al successo,
è un fatto culturale che aumenta la nostra libertà ed in particolare la nostra
libertà di scelta.
  Ho scritto questo pamphlet per i miei clienti e per i loro amici e clienti. Un
gadget di idee ed esperienze vissute, mi auguro utile come lo sono state, per
migliaia di aziende e donne/uomini di vendita, le opere precedenti del “Con te
sul campo a vendere” o del “Prisma della comunicazione” o del “Marketing in
e out” presenti in tutte le librerie.
   Dopo la lettura di queste pagine mi auguro che il nostro sguardo sul mondo
economico sia modificato. Se lo avevamo perduto riacquisteremo un certo
senso umano, o per lo meno, una maggiore coscienza della non assolutezza
e irraggiungibilità dei meccanismi che regolano gli scambi economici.
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                                   - Parte I -

                                 Il successo

  “Avere o essere di successo” è un libro di Erich From. Essere per avere o
avere per essere? E’ la domanda che si pone.
Parafrasandolo potremo chiederci: “Desiderare il successo o voler essere di
successo?”.
  L’idea è che “desiderare” appartenga più alla sfera delle aspirazioni e che
non determinando necessariamente un’ azione possa racchiudere in se il
seme della frustrazione, della nevrosi, della delusione, dell’infelicità per un
qualcosa che desideravamo essere e che non saremo mai.
   L’altra idea è che “volere” ci obblighi ad agire e quindi a definire la nostra
azione in un “quanto in quanto tempo”, quindi in un qualche cosa che si rea-
lizza e per questo foriero di un risultato positivo, ricco di stimoli.
   Ognuno di noi ha in mente il suo concetto di successo ed anche per il Ven-
ditore esso varia da persona a persona. Certo è che non esiste successo nel-
la vendita se non si vende e che non si vende se non ci si sforza di farlo an-
dando a visitare clienti.
   Semplice, ma non semplicistico! Infatti, ad esempio tutti vogliono essere
ricchi però quanti nella vita lo vogliono a tal punto da diventarlo veramente?
Ed ancora, quanti sarebbero disposti ad agire per diventare ricchi, ma non lo
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fanno semplicemente perché non hanno chiara l’immagine, dentro di se, sul
cosa significa veramente essere ricchi?
  Il successo è sempre collegato al fattore economico o può esserci succes-
so anche in assenza di una ricchezza finanziaria?
   Ho conosciuto una maestra in pensione che dal punto di vista economico
non si poteva certo definire ricca. Un giorno mi disse: “Il mondo soffre ed io,
nei limiti del mio possibile, devolvo a chi soffre tutto ciò che eccede le mie
primarie necessità. Quando, addirittura, posso dare di più ecco che in quel
momento mi sento ricca e la soddisfazione che ne traggo può essere para-
gonata (misurata) all’interesse che chiede il peggiore degli strozzini tanto es-
sa è grande”
   Maslow, nell’analisi delle esigenze umane, immagina il successo come
l’ultimo gradino che, in una scala di valori, conduce all’autorealizzazione.
  Per noi “poveri mortali” probabilmente non è dato di poter raggiungere tale
stato.
   Verosimilmente per il venditore c’è da chiedersi se il solo fatto di affrontare
la vendita in armonia con se stesso ed il cliente non sia già l’inizio di un au-
tentico successo considerato che il suo mondo è spesso immerso nell’ansia e
nella nevrosi.
  Ritorniamo perciò alla domanda: “desiderare il successo o voler essere di
successo?”
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                                   - Parte II -

                                 La creatività

                  “L’immaginazione è più importante del sapere”
                                (Albert Einstein)

  L’immaginazione è l’elemento chiave della creatività, la creatività la chiave
dell’innovazione e l’innovazione la chiave del successo.
  Nel mondo produttivo vince chi è più creativo ed innovativo ovvero chi sa
proporre prima degli altri, soluzioni diverse, nuove e migliori rispetto alla con-
correnza che è il vero nemico da battere.
  Ciò vale anche nella vendita e per il venditore!
  Immaginare, per un cliente, un nuovo modo di comunicare, un nuovo ap-
proccio o soltanto un nuovo modo di soddisfare le sue esigenze vuol dire
creare una nuova vendita; una vendita magari più efficace, in grado di farci
meglio accettare e distinguere nel mercato!
  La vendita più affascinante e stimolante trae la sua origine dalla nostra
creatività, dalla capacità d’immaginare situazioni e soluzioni sempre nuove,
diverse (suscitare interesse) ed efficaci (dare risposte concrete e positive).

   Clarence Birdseye, durante un viaggio in Canada, osservò che alcuni pesci
si erano congelati naturalmente per poi scongelarsi. Prese in prestito l’idea
dalla natura e nacque in questo modo l’industria degli alimenti surgelati.
  Un giorno un acuto osservatore notò che dovunque c’erano le penne (per
scrivere) occorreva anche l’inchiostro, perché allora non cercare di unire le
due cose in un unico oggetto? Nacque così la stilografica.
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  Per molto tempo il venditore fu considerato una persona che aveva la ca-
pacità di stordire i suoi clienti con un fiume di parole e molti pensarono che la
vendita fosse basata sulla tecnica dell’ “asfissia” da oratoria.
  Oggi si è capito che la principale caratteristica di un ottimo venditore è in-
vece quella del “saper ascoltare” il suo cliente.
   Concetto opposto! Il silenzio qualificato in sostituzione del rumore parolaio;
l’osservazione ha prodotto creativamente una nuova tecnologia di comunica-
zione: il silenzio! Ti ascolto per capire e comprenderti e comprendendoti po-
terti meglio aiutare.
   Il vocabolario, uno dei tanti, definisce la creatività come la capacità di crea-
re, fertilità d’immaginazione, originalità inventiva. Mi piace aggiungere che la
creatività è soprattutto la capacità psicologica di uscire dagli schemi,
l’abitudine alla curiosità e al chiedersi costantemente: perché? Perché ciò av-
viene o deve essere proprio così?
  A quarant’anni la nostra capacità creativa è circa il 5% della creatività che
avevamo a tre, quattro anni.
  Sono soprattutto l’abitudine, l’atteggiamento mentale passivo e la pigrizia
che caratterizzano la nostra vita i veri responsabili di tale deterioramento.
Perché quindi non impiegare il tempo in modo più proficuo e creativo? Perché
non cominciare, ad esempio, col crearci nuovi stimoli e nuove immagini di ciò
che ci circonda?
   Scoprire nuove idee, modificare, anche di poco, le nostre abitudini, imma-
ginare un modo nuovo di dire anche le cose più semplici o l’imporci di ascol-
tare in modo diverso il nostro interlocutore sono sicuramente un buon inizio
per rafforzare la nostra creatività ed uscire dall’inedia mentale.
   Tutte le nuove idee, le nuove realizzazioni prendono spunto da cose già e-
sistenti. Solo a Dio è dato di creare veramente e a noi non resta che tentare
di avvicinarci a Lui allo stesso modo di un figlio che imita il padre.
  Tuttavia quando l’innovazione nasce per caso si dirà che siamo stati fortu-
nati, ma se essa è frutto di una nostra ricerca o del nostro proposito si dirà
che siamo creativi.
   Il creare di proposito è un lavoro che consiste nel comprendere ed utilizza-
re i processi che ci permettono di farlo e che si possono argomentare
all’interno di fasi che, se rispettate, possono portarci agevolmente ad un sod-
disfacente risultato finale.
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Le fasi del processo creativo:
Intuizione        nasce da un nostro problema, da una nostra esigenza, da un desiderio
                  di fare meglio ciò che stiamo facendo.
                  Rendere meno faticoso un lavoro o renderlo più conveniente può es-
                  sere un esempio.
                  L’intuizione del problema e della possibilità di risolverlo è la condizione
                  per avviare il processo creativo.
Immaginazione     immaginare una quantità elevata di possibili soluzioni (anche quelle
                  più bizzarre) e trascriverle in un foglio per non dimenticarle.
Simulazione       trasferiamo le soluzioni immaginate alla realtà simulando a tavolino gli
                  effetti che si possono ottenere per capire se esse siano applicabili e
                  con quali margini di successo.
                  Parliamone anche con altri, sentiamo e valutiamo le loro opinioni in
                  merito.
Applicazione      trovata l’idea o le idee nuove, migliori, tracciata la nuova strada, utiliz-
                  ziamo il “prototipo” sul campo, sul mercato. Dapprima con cautela e
                  con l’ accortezza di avere sempre aperta la strada per tornare indietro
                  in caso di insuccesso.

Le nuove idee

   Le nuove idee possono nascere da nuove informazioni anche se queste
non sono indispensabili. Molte nuove idee o nuove realizzazioni prendono
spunto da cose già esistenti e si può benissimo partire da informazioni, noti-
zie o vecchi dati per arrivare, riordinandoli, a nuove visioni e altre valide solu-
zioni. Molte innovazioni scientifiche, ad esempio, sono il frutto di un semplice
riordino di concetti, informazioni, o formule già esistenti.
   La stessa comunicazione e fatta di parole e frasi di uso comune che, per il
semplice fatto di essere esposte in ordine o modo diverso producono effetti di
straordinaria diversità esempio il dire: “Posso fumare intanto che lavoro?” è
diverso rispetto al dire: “Intanto che fumo posso lavorare?”
    Solo a Dio è dato di creare veramente e a noi non resta che tentare di av-
vicinarci a Lui allo stesso modo di un figlio che imita il padre. Tuttavia quando
l’innovazione nasce per caso si dirà che siamo stati fortunati, ma se essa è
frutto di una nostra ricerca o del nostro proposito si dirà che siamo creativi.
  In molti si sono cimentati a ricercare e definire se ci siano e quali siano le
caratteristiche della personalità distintiva delle persone creative ma non sia-
mo andati oltre il ragionevole buon senso.
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                                  - Parte III -

                           Che cos’è la vendita

  Ciascuno di noi vive vendendo qualcosa, da questo deriva che la “vendita”
è un modo di vivere!

  “La vendita è negoziare, ovvero condurre una trattativa col cliente a-
 vendo per obiettivo la nostra utilità nell’offrirgli una soluzione alle sue
esigenze e/o problemi nell’ambito di un giusto rapporto qualità / prezzo”

   Negoziare vuol dire che entrambe le parti in causa, cliente e venditore,
possono raggiungere contemporaneamente i propri, diversi obiettivi. Non c’è
infatti contrapposizione tra chi compra e chi vende perché l’obiettivo del clien-
te non è quello di guadagnare soldi dal venditore, ma, tramite il venditore ed il
prodotto/servizio che lui vende, risolvere le proprie esigenze. Viceversa
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l’obiettivo di chi vende non è comprare, ma dare al compratore soluzioni utili
e tramite queste guadagnare denaro.
  Condurre una trattativa è quindi affrontare col cliente un percorso, compo-
sto di una serie di tappe obbligate, attraverso le quali poter fornire a lui rispo-
ste adeguate a tutte le domande che ci pone siano esse esplicitate oppure
no.
  Certamente la capacità di vendere è di gran lunga più importante della ca-
pacità di produrre!
    La vendita è: comunicazione, creatività, fatto statistico, sforzo quantitativo,
programmazione, pianificazione, preparazione, imprenditorialità, ascolto, a-
zione, ricerca, tecnica, tenacia, interesse verso gli altri, rispetto delle persone,
adattamento, offrire soluzioni, motivazione, immaginazione, attesa, essere se
stessi, essere la parte migliore di noi stessi, verità, informazione, conoscenza
di se stessi, forza interiore, solitudine, paura, vittoria sulle emozioni, raggiun-
gimento degli obiettivi, massimizzazione del risultato, vivacità intellettuale, e-
cletticità, far emergere le esigenze, la capacità di fare domande e dare delle
risposte positive, capire gli altri e le loro esigenze, uscire dagli schemi, parla-
re per immagini, semplificazione, chiarezza, fiducia in se stessi e negli al-
tri,positività, umiltà, precisione, saper tranquillizzare, riflessione, entusiasmo,
negoziare, ….

…. e se la vendita è tutto ciò e anche di più, è forse importante chiederci se
non sia il caso di essere preparati a farlo non lasciando spazio
all’improvvisazione?

                         “Non agire senza prepararti”

La capacità di vendere si realizza attraverso:

   - L’informazione
   - La comunicazione
   - La capacità di concretizzare, realizzazione
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Vendere è come radersi: se non lo fai tutti i giorni diventi un barbone
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                                 - Parte IV -

                                  Il cliente

  Definizione di “chi è il cliente” (tratto da un brainstorming di un gruppo di
venditori ad un corso di marketing):
   “microcosmo, risorsa, opportunità, crescita, investimento, fonte di guada-
gno, miraggio, rompi balle, la persona più importante, la nostra pubblicità,
qualcuno da soddisfare, pater, un tesoro da scoprire, un rappresentante del
mercato, un maestro, una tela su cui dipingere, un “termine di confronto”,
strumento di crescita, un mare di idee, merce pregiata, amico-nemico, gioia e
dolore, esaltazione ed impegno, generatore delle idee del venditore, ….”
  Il cliente è la componente essenziale del successo, della tranquillità pro-
  fessionale ed economica del venditore.
  Il cliente è una persona! Come tale è un mondo che deve essere scoperto,
  compreso, aiutato. Certamente non è un limone da spremere!
  Il cliente rappresenta, per chi vende, la monetizzazione del suo lavoro ed il
  positivo risultato della sua preparazione, del suo sforzo e della sua capaci-
  tà di concretizzarlo (mettere in pratica).
  Come il venditore anche il cliente opera in un contesto socio-economico
  sempre più complesso, difficile, competitivo.
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   Come il venditore anche il cliente vive le ansie, i timori, le paure, i problemi,
le gioie e le soddisfazioni, i successi e gli insuccessi interpretando queste e-
sperienze con logiche che variano secondo la cultura familiare, scolastica, di
esperienze vissute e manifestando tutto ciò secondo il proprio carattere.
   “Il cliente”, questo oggetto dei desideri del venditore, “bestia nera” della sua
vita professionale, com’è? Come si presenta? Come si comporta? Come si
esprime? Come vive?
  Se definiamo il cliente una persona: precisa o meticolosa, tranquilla o ner-
vosa, gentile, affabile o semplicemente bonacciona, concreta o distratta, ira-
scibile o arrogante, critica o petulante vuol dire che stiamo cogliendo in lui i
segnali di un suo modo di ragionare e di decidere.

    Il cliente è quindi una persona come il venditore! Reso diverso dal
  venditore dal ruolo: lui compra, noi vendiamo, ma non dagli obiettivi
  che, come quelli del venditore, sono di assolvere alle sue esigenze.
                                                                        (Renato Tonon)

   Come il venditore anche il cliente ha paura! La paura che portiamo dentro
di noi dai tempi dell’ “Uomo di Neandertal” e che oggi si manifesta in lui attra-
verso il timore di farsi convincere, di essere gestito contro la sua volontà, di
subire l’iniziativa altrui, il timore di essere raggirato, la paura di dire di sì! Co-
munque e sempre paura! Ecco perché comprendere, aiutare, rispettare il cli-
ente diventa allo stesso tempo sfida e missione del venditore.
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                                    - Parte V -

                                  Il venditore

                      “Semina abitudini, mieterai un destino”
                                (proverbio cinese)

  Il venditore è un professionista dotato di importanti e peculiari caratteristi-
che come, ad esempio, l’onesta, la costanza, la ricchezza di iniziativa,
l’ambizione e la capacità di produrre uno sforzo quantitativo. Il venditore vero
è leale, sincero, entusiasta, perspicace, flessibile, capace di analisi e di im-
maginare prontamente cose nuove e positive.
   Sa assumersi le responsabilità, è capace di non reagire in modo eccessivo
quando riceve critiche o elogi, è una persona equilibrata; apprezza e com-
prende il cliente, ma, allo stesso modo, sa anche stimare se stesso.
   Il venditore parla la lingua del colto e quella dell’ignorante. Adegua la sua
comunicazione alla situazione che ha di fronte. Rispetta e si fa rispettare!
   Guida, motiva, sostiene il cliente nelle sue scelte, affiancandosi a lui con
pazienza e con l’ atteggiamento di chi, aiutando qualcuno, sa di poter da lui
apprendere qualcosa.
   La solitudine, l’ansia di ricercare nuovi ordini e nuovi clienti, la necessità di
confermare quotidianamente un risultato positivo sono caratteristiche che ac-
comunano tutti i venditori. Sono le inseparabili, scomode compagne di viag-
gio che lo accompagnano. Compagne di cui egli farebbe volentieri a meno,
ma che sono le stesse che poi lo aiutano a trovare quella necessaria tensione
per poter proseguire il suo cammino. Il venditore lo sa!

  Il venditore parla la lingua del colto e quella dell’ignorante. Adegua la sua
comunicazione alla situazione che ha di fronte. Rispetta e si fa rispettare!!
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   Guida, motiva, sostiene il cliente nelle sue scelte, affiancandosi a lui con
pazienza e con l’ atteggiamento di chi, aiutando qualcuno, sa di poter da lui
apprendere qualcosa.
   La solitudine, l’ansia di ricerca (ordini e nuovi clienti), la necessità di con-
fermare quotidianamente un risultato positivo sono caratteristiche che acco-
munano i venditori.
   Sono le inseparabili, scomode compagne di viaggio che accompagnano il
venditore. Compagne di cui egli farebbe volentieri a meno, ma che sono le
stesse che poi lo aiutano a trovare quella necessaria tensione per poter pro-
seguire il suo cammino.
   Il venditore lo sa!

Le 10 aree che caratterizzano il successo nell’attività di vendita

   L’obiettivo
   La forza interiore
   La creatività
   La programmazione (la strada per conseguire l’obiettivo)
   Conoscere la trattativa
   Definire e conoscere le esigenze del cliente
   Conoscere i prodotti
   Conoscere la concorrenza
   Produrre uno sforzo quantitativo adeguato
   Controllo ed autocontrollo

L’obiettivo:
“Createvi un obiettivo e chiedetevi cose grandi”.
Quanto voglio realizzare ed in quanto tempo! E’ per me realizzabile? È per
me motivante?

La forza interiore:
“La potenza che è in noi”!
A che serve dire: “Io sono così” se poi è alla forza della propria personalità
che è affidato il compito di guidare il cliente? Le quattro facce che determina-
no la nostra forza interiore:
a) l’atteggiamento
b) la fiducia nelle proprie possibilità
c) la spinta motivazionale
d) l’accettazione del cambiamento

La creatività
Ovvero, come si è detto, la capacità di creare, la fertilità di nuove immagini,
l’originalità inventiva, ma anche, aggiungo, la capacità di uscire dagli schemi,
l’abitudine a chiedersi: perché?
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La programmazione
Progettare in modo preciso la realizzazione dei propri obiettivi

La trattativa (amor platonico o amor carnale?)
Smettere di cercare di ottenere quello che voglio io e cominciare ad aiutare
gli altri ad ottenere quello che voglio io e cominciare ad aiutare gli altri ad ot-
tenere ciò che vogliono loro.

Conoscere le esigenze del cliente
Per aiutare la gente a raggiungere la soddisfazione che desidera sia per ciò
che ha comprato e sia per se stessa.

Conoscere i prodotti
Come possiamo dare soluzioni se non conosciamo le soluzioni? La creatività
si sviluppa con la conoscenza. La conoscenza si sviluppa con la motivazione
a conoscere. La motivazione sviluppa, genera entusiasmo. L’entusiasmo è il
“carburante della vendita”. È importante conoscere i prodotti quel tanto che
basta ad avere di essi un immagine chiara, nitida e motivante per il venditore.

Produrre uno sforzo quantitativo adeguato
“Presentatemi una persona di comune abilità, ma capace di recitare il suo
“fervorino” a cinque persone al giorno ed io vi mostrerò una persona di suc-
cesso” (Talbot)

Controllo ed autocontrollo

Innestare nella propria attività di vendita elementi oggettivi (raccolta dati) che
ci consentano di poter elaborare poi una seria analisi di quali sono le cose
positive e quelle meno (successi ed insuccessi) in modo da poter produrre
successive azioni migliorative.

Le capacità caratteristiche per cui un’attività di vendita diventa di suc-
cesso
1. capacità di avere informazioni
2. capacità di programmazione
3. capacità di comunicare (trattare e risolvere le obiezioni)
4. capacità di concretizzare (realizzazione)
5. capacità di controllo delle azioni svolte
6. capacità di elaborare nuove azioni migliorative
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                                   - Parte VI -

                            Preparare la partita

         “Ciascuno di noi vive vendendo qualcosa” (Stevenson).
            “La vendita perciò è un modo di vivere” (Tonon)

   La partita è quella che si gioca tra cliente e venditore. Teoricamente il solo
fatto che un prodotto soddisfi il cliente è di per se una garanzia di successo
nella vendita. Nella realtà tutto si complica causa la concorrenza che, per il
solo fatto di esistere, minaccia costantemente la nostra esistenza professio-
nale.

   Il nemico da battere è la concorrenza, la terra di conquista la mente del cli-
ente (“Positioning” Al Ries – Jack Trout) ed è per questo motivo che la vendi-
ta diventa una partita importante che si gioca tra professionisti e che deve
perciò essere dettagliatamente e meticolosamente preparata.
   Prepararsi per raggiungere i nostri obiettivi, ovvero prepararsi al successo,
è un fatto culturale che aumenta la nostra libertà ed in particolare la nostra
libertà di scelta. Albertazzi poteva proporci anche dieci, venti diverse inter-
pretazioni di Amleto e questo si era reso possibile solo dopo tanti anni di pre-
parazione e di recite. Non è in grado di fare altrettanto invece quel suo colle-
ga d’infanzia che, ritenendo le prove in teatro un elemento disgregante della
spontaneità, si trova oggi ad imbullonare viti alla Fiat.
   Preparare la partita, prepararla accuratamente, con entusiasmo è ciò che
ci valorizza e che ci renderà in trattativa diversi e migliori degli altri. Ma come
preparare la trattativa?
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   Noi agiamo in funzione delle immagini che ci siamo creati. Se solo pen-
siamo che una persona abbia le mani sporche saremo riluttanti nello stringer-
gliele; se pensiamo che una persona è altezzosa il nostro approccio con lei
sarà distaccato.
   Quando si credeva che la terra fosse piatta tutta la vita si svolgeva di con-
seguenza e molte delle cose che oggi vengono fatte non si facevano.
   Piccoli esempi per capire come, quasi sempre, la nostra vita sia regolata
più dalle immagini che dalla realtà oggettiva: “Sono le nostre immagini che
generano la nostra realtà e viceversa”
   Partendo da questo presupposto, scientificamente dimostrato, Maltz (“Psi-
cocibernetica” 1965) dice:

   “Se raffiguriamo noi stessi come individui che agiscono in una data
maniera è come se questo fosse il nostro reale comportamento:
l’esercizio mentale ci aiuta a raggiungere la perfezione!”.

   In altre parole, immaginiamo noi stessi in varie situazioni commerciali di
trattativa. Cerchiamo di risolverle mentalmente una ad una fino a conoscere
perfettamente come comportarci quando tali situazioni si presentano nella vi-
ta reale. All’interno di questo immaginario ci sarà la realtà.

   Qualunque sia la situazione possiamo prepararci ad affrontarla in an-
ticipo “sognando”, immaginando di giocare la “nostra partita di vendi-
ta” in tutte le sue varianti.

   Più partite con relative varianti saremo in grado di immaginare e risolvere
maggiori saranno le possibilità d’incontrale e risolverle con successo nella vi-
ta reale.
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                                  - Parte VII -

                                 La trattativa

   La trattativa è come una partita a scacchi: “il nero muove e vince in quattro
mosse”. Nella trattativa noi dobbiamo vedere la “chiusura” (realizzazione del
contratto o ordine) dopo la definizione delle esigenze del cliente e dobbiamo
essere in grado a quel punto di dire a noi stessi: “Ancora quattro mosse e
chiudo!”
   La trattativa col cliente si può sostanzialmente dividere in “due parti”: la
prevendita e la vendita.
a) La prevendita riguarda tutta quella parte di trattativa che, pur essendo par-
te integrante della stessa, si svolge senza una precisa assunzione di respon-
sabilità imprenditoriale. Più precisamente è quella parte che può essere age-
volmente svolta anche da un bravo impiegato amministrativo che abbia impa-
rato a memoria il “fervorino” da recitare.
   La fase di prevendita è come “l’amor platonico” perché come nell’amore
platonico, il mio interlocutore non è ancora del tutto coinvolto nell’atto mate-
riale di acquistare.
b) La vendita riguarda invece quella parte di trattativa che esprime necessa-
riamente l’attività imprenditoriale del venditore e la esprime attraverso azioni
concrete atte a materializzare concretamente il risultato: “l’amor carnale”!
   Le “due parti” a loro volta si frazionano in un certo numero di “fasi” che ser-
vono ad identificare il percorso che compiremo assieme al nostro potenziale
cliente per raggiungere la meta: “aiutarlo a comprare nel migliore dei modi
affinché lui possa realmente soddisfare le sue esigenze”.

   La trattativa per fasi è importante! I vantaggi che essa crea al venditore si
traducono concretamente in nuove abitudini comunicative, in una maggiore
spinta creativa, ma, soprattutto, rende possibile il controllo delle sue azioni,
favorendo la sua autoanalisi e la sua conseguente crescita professionale.
2

                 Un’altra visione della vendita – trattativa

                  “Noi diventiamo quello che pensiamo”

  “Mi diverto di più ed ho un maggior successo finanziario quando smetto di
cercare di ottenere quel che voglio io e comincio ad aiutare gli altri ad ottene-
re quello che loro vogliono”.

   Nella vendita, l’obiettivo è molto importante, ma la chiave del successo
passa attraverso un qualcosa di infinitamente più importante: Il fine, ovvero
ciò che da il significato alla vita del venditore:

  Aiutare la gente a raggiungere la soddisfazione che desidera
sia per ciò che ha comprato sia per il motivo per cui l’ ha fatto.
2

                                 - Parte VIII-

                         Le fasi della trattativa

            Vendere agli altri dopo aver venduto a sé stessi

Prevendita e vendita

Prevendita (amor platonico)

  Presentazione
  Descrizione degli elementi di tranquillità e sicurezza che lui (cliente) ha
  nell’operare con noi (esse variano da azienda ad azienda e dal settore di
  cui ci si occupa)
  Definizione delle esigenze del cliente
  Riformulazione ed accettazione delle esigenze del cliente
  La proposta e la sua motivata e motivante descrizione (spiegazione)
  Accettazione positiva della proposta da parte del cliente

Vendita (amor carnale)

  Richiesta dell’ordine
  Pressing (pressione qualificata di aiuto al cliente per indurlo all’acquisto)
  Appuntamento preciso a breve per un possibile ripasso (ci voglio pensare,
  rivediamoci)
  Scendere sul piano umano
2

   Contratto o ordine di prova
   Referenze

Descrizione delle fasi

Presentazione
  - Chi sono io (bigliettino da visita)
  - Chi è l’azienda che rappresento (nome dell’azienda e di dove è)
  - Oggetto dell’incontro

Vendita tranquillità
  - Descrivere al cliente, ancor prima che ce lo chieda, quali garanzie, sicu-
    rezze lui abbia nell’ operare con noi e la nostra azienda (inizio a vende-
    re la mia professione).

Definizione delle esigenze del cliente
    Ogni tipologia merceologica o di servizi porta a definire esigenze particola-
ri del cliente che in questo libro, per semplicità, non possiamo descrivere.

   - Cosa fa il cliente di preciso?
   - Quali esigenze ha nello svolgimento della sua attività?
   - Quali migliori caratteristiche pensa che debbano avere i prodotti che uti-
     lizza o di cui abbisogna?
   - È soddisfatto di ciò che sta facendo o utilizzando attualmente? È soddi-
     sfatto dei prodotti (o dei servizi) che usa (che utilizza) oppure c’è qual-
     cosa che gli piacerebbe ancora avere di migliore?
   - Altre considerazioni ………

Riformulazione ed accettazione delle esigenze del cliente
   Questa fase è importante per eliminare o ridurre i difetti di comunicazione e
di interpretazione circa le necessità o le esigenze espresse precedentemente
dal cliente.
   La riformulazione è una tecnica importante della comunicazione ed il fatto
che il cliente ci confermi dicendo: “Si, lei ha capito bene …” è indispensabile
per produrre una soluzione (proposta) corretta, valida, utile, motivante.

La proposta (fasi)
- Analisi e studio delle esigenze del cliente.
- Loro elaborazione
- Stesura della proposta
- Presentazione e descrizione al cliente della proposta che abbiamo studiato
  apposta per lui. Facciamolo in modo motivante, evidenziando i vantaggi
  che ne ricaverà da subito e nel medio e lungo periodo: “Le piace …. ?”
2

Accettazione positiva della proposta da parte del cliente
   Accettazione positiva intesa come: “Si, intravedo il vantaggio, mi piace, mi
stimola e mi invoglia all’acquisto”
   Prolunghiamo, attraverso domande, il positivo del Cliente (G. Kaeser) af-
finché sia il cliente stesso ad entrare nel circolo virtuoso dell’automotivazione.

Richiesta dell’ordine o del contratto
“Bene signor cliente, qual’ è la ragione sociale a cui devo intestare la fattu-
ra?” o “Preferisce che Le invii la confezione grande o media?”
    Ecco due dei cento modi con cui possiamo dire a chi mi sta di fronte: “Vo-
glio che Lei diventi mio cliente, firmi qui!”

Il cliente, a questo punto può dire si, no, oppure argomentare con qualche o-
biezione!

Risposta: si    contratto, avvio del nuovo rapporto
Risposta: no    come mai? Perché? Cosa non La soddisfa?

Azione:         Riformulo la trattativa in tutti i suoi punti chiedendo ogni
                volta conferma al cliente se è d’accordo.

Risposta con un’obiezione:
               il venditore risponderà (esempio):
               “Comprendo caro cliente. Prima però di darLe una rispo-
               sta concreta, mi permetta di chiederLe: oltre a questo (ri-
               formulare l’obiezione) c’è dell’altro?”

dopo e solo dopo

Soluzione delle obiezioni (vedi capitolo successivo): Risponderò all’obiezione -
se essa è seria – e chiuderò la risposta con un invito a firmare l’ordine

altrimenti passo all’azione successiva il:

Pressing
Deve essere un modo “qualificato” di premere sul cliente al fine di rompere le
sue ultime resistenze, facendolo uscire dall’incertezza ed aiutandolo a com-
prare, condividendo con lui la responsabilità della scelta, che è quella di
compiere un azione positiva verso sé stesso.

Call back (ritorno, appuntamento preciso a breve)
Il cliente, nonostante la nostra assunzione di responsabilità e la nostra insi-
stenza qualificata, non riesce ancora a prendere una decisione, ci vuole pen-
sare. Aiutiamolo concedendogli di rivederci fra due o tre giorni, non di più.
2

Fissiamo con lui un nuovo appuntamento. Obiettivo dare una risposta positiva
al nostro attuale incontro, conclusione della trattativa.

Scendere sul piano umano
No, il cliente non decide, addirittura ha difficoltà a fissare un nuovo appunta-
mento conclusivo.
Vorrebbe chiudere la trattativa oggi, ma …. Non ce la fa! È più forte di lui.
Tutto sarebbe più semplice se solo ci conoscesse meglio, se solo avesse la
possibilità di una prova per lui poco impegnativa. In questo caso le azioni so-
no:
a) abbandonare tutto, carte e proposta compresa che abbiamo sul tavolo.
b) Sgombrare il campo da qualsiasi cosa che possa ricordare l’affare.
c) Da quel momento non siamo più il venditore, ma il “fraterno amico” al qua-
   le il cliente possa confessare “il perché non riesce ad acquistare”.
  La nostra voce si fa più morbida, conciliante. Apparentemente per il cliente
non esiste più la vendita ed il venditore, ma solo l’amico a cui confidare il per-
ché di …..

Contratto di prova
   Si, era quello di cui il cliente aveva bisogno: provare. Avere, con il minimo
di spesa, la possibilità di conoscere operativamente e valutare quanto siamo
bravi e seri.
   Molti venditori ritengono che la trattativa e la vendita conseguente si con-
cluda con la firma del contratto e con l’acquisizione dell’ordine. Niente di più
sbagliato!
Infatti pensare di concludere la propria attività di vendita col solo ordine vuol
dire accontentarsi e perdere una grande opportunità: la referenza attiva del
cliente per altri potenziali clienti.

La referenza
Il cliente ha comprato. È contento, molto contento di averlo fatto e non vede
l’ora di dirlo ad altri, di rendere partecipi altri oppure semplicemente vuole
confermare la sua scelta parlandone con amici e/o colleghi. Aiutiamolo chie-
dendogli:

“Signor Cliente … La vedo soddisfatta per la scelta compiuta, è così? (atten-
dere risposta di questa ulteriore conferma e rafforzamento della scelta fatta).
“Ora, mi sto chiedendo, se tra le persone che, come Lei, può avvantaggiarsi
della stessa opportunità (servizio, consulenza, prodotto)?”
2

                                     - Parte IX -

                                   L’obiezione

   L’obiezione rappresenta la fase critica della trattativa: un opportunità oppu-
re un potenziale punto di rottura della stessa.
   Scoprire la verità è una questione che deve essere risolta da professionisti
capaci di controllare le emozioni (loro e del cliente) e di procedere nel dialogo
esplorando le varie risposte che l’obiezione nasconde.
   La domanda (teorica) che dovremmo fare al cliente che obietta è: “E’ pro-
prio vero quanto mi dici?”. Nella pratica, però, non possiamo essere così di-
retti e questo rende il superamento dell’ obiezione cosa particolarmente im-
pegnativa perché una risposta affrettata, non coerente con la personalità
dell’interlocutore sortirebbe effetti disastrosi. L’obiezione quindi deve preven-
tivamente essere:
-      Verificata.
-      Analizzata per capire cosa vuole comunicarci il cliente e perché lo fa
   proprio in quel momento.
-      Risolta ed in un modo motivante.

L’obiezione può classificarsi di tre tipi:

-   L’obiezione “montagna” ovvero quelle che se non preventivamente ri-
  solte non consentono il proseguo della trattativa, es.: “Non ho soldi” – “So-
  no a posto di tutto” – “Non mi interessa”, ecc.
-     l’obiezione di chiarimento che introduce normalmente alla positiva
  conclusione del contratto o ordine, es.: “quali sono i tempi di consegna?” –
  “Qual è il quantitativo minimo acquistabile?” –“ Si può pagare anche con ri-
  cevuta bancaria, o …?”, ecc.
2

-       L’obiezione di rinvio ovvero quella che il cliente usa per rimandare, rin-
     viare le sue decisioni. Questo tipo di obiezione costituisce, per il cliente,
     l’ultima sua difesa, l’ultima resistenza all’acquisto, es.: “Non ora ci voglio
     pensare, riflettere” - … Bene ho capito tutto, ci rivediamo più avanti” – ecc..

    L’aneddoto di William Power ex direttore organizzativo della Chevrolet.
                                                                        William Power

   Volevo comprare una casa a Detroit e mi rivolsi ad un mediatore. Era uno
degli uomini più abili che avessi mai incontrato.
   Mi ascoltò pazientemente e ben presto scoprì che per tutta la mia vita ave-
vo desiderato avere un albero tutto mio.
   Mi condusse a dodici miglia da Detroit e, mostrandomi una casa con un
giardino disse: “Guardi che magnifiche piante! Sono diciotto!”
   Ammirai gli alberi e chiesi il prezzo della casa. Mi parve elevato e chiesi
che venisse ribassato. Non cedette un centesimo. “Ma lei vuole scherzare,
insistevo. Posso comprare una casa come questa ad un prezzo molto mino-
re” “Ma non con alberi come questi …” ribatteva lui “li guardi bene. Uno, due,
tre, quattro, …”
   Ogni volta che discutevo il prezzo lui contava gli alberi.
   Finì col vendermi gli alberi per la cifra richiestami e mi diede la casa gratis!

   Superare un obiezione non è sempre un fatto di tecnica, molto spesso è
una questione di sensibilità che, attraverso l’atteggiamento e la serenità del
porsi, ci consente, sdrammatizzando, di superare agevolmente l’ostacolo.
   Paradossalmente anche l’insensibilità, il non cogliere ciò che il cliente vuo-
le comunicarci, diventa efficace. È la diversità del venditore che, puntando
dritto al suo obiettivo, non vede e non sente ciò che accade attorno a lui.
   L’obiezione è il sale della trattativa e del lavoro del venditore. Non te-
miamola! Superata brillantemente diventerà l’indelebile biglietto da visita della
capacità del venditore il quale, così, sarà sempre ricordato positivamente dal
cliente.
   “E’ passato il signor Rossi: che grinta! A momenti litigavamo, ma poi sono
rimasto contento perché mi ha aiutato a risolvere parecchi problemi”.
2

                                   - Parte X -

                   Programmazione e pianificazione

  Molte attività di vendita finiscono nella disperazione e nella disperazione
non tanto per la scarsa capacità di negoziare, quanto per la totale assenza di
un’azione programmata e pianificata delle visite.
  Avere chiara l’idea di “…. A chi venderò”, dove andrò a vendere, quando
andrò e come argomenterò la mia vendita vuol dire avere una buona pro-
grammazione.

   La programmazione è una delle fasi che caratterizzano l’attività imprendi-
toriale del venditore. Consiste nel progettare, in modo preciso, la realizzazio-
ne dei propri obiettivi, tracciare la strada che, una volta percorsa, assieme al-
la trattativa, ci fa conseguire la meta!
   La pianificazione è il sistema con cui s’intende realizzare il programma,
rendendolo operativo e tenendo presente le priorità, i costi e quant’altro pos-
sa ostacolare l’esito della programmazione.

   Una buona programmazione ed un’ adeguata pianificazione devono preve-
dere e ne dovremo tenere conto in agenda, il tempo per la propria formazione
(crescita culturale), il tempo per l’azione: tempi morti, trasferimenti, tempi di
trattativa, di analisi e d’autoanalisi.
   Frequentemente la programmazione e la pianificazione viene considerata
dallo stesso venditore un sistema restrittivo e limitativo dell’autonomia della
sua attività.
In realtà si nota come invece il venditore che più ha successo sia proprio
quello che ha una programmazione meticolosa ed una pianificazione “accani-
ta”.
2

Come si attua la programmazione settimanale
a) Predisporre la lista generale del proprio mercato potenziale.
b) Predisporre una sub-lista di potenziali clienti da visitare durante la settima-
   na.
Una volta che abbiamo evidenziato il mercato
c) Fissare l’obiettivo settimanale di fatturato di numero ordini.
d) Fissare la quantità di visite necessarie per ottenere una quantità di trattati-
   ve tale che ci consenta il numero di ordini programmato.
e) Fissare la quantità di visite giornaliere
f) Decidere la zona di operatività giornaliera nel caso la zona sia estesa.
g) Fissare gli appuntamenti, se possibile segnandoli in modo preciso
   sull’agenda, avendo cura di prevedere anche i tempi morti di trasferimento
   e il tempo di svolgimento della trattativa.
Vantaggi della programmazione
1. Aiuta il venditore a rendere più nitida l’immagine del suo mercato potenziale e di riferi-
   mento.
2. Da al venditore la possibilità di evidenziare la sua attività imprenditoriale costringendolo
   alla scelta.
3. Riduce i costi operativi e li tiene sotto controllo.
4. Rende più efficace l’azione di vendita in quanto non lascia spazio all’improvvisazione.
5. Favorisce il successivo controllo e l’autocontrollo dell’attività perché rende disponibili
   da subito i dati statistici delle azioni svolte.
6. Rende possibili, in tempi reali, le azioni correttive di miglioramento e di supporto.
7. E’ una componente essenziale per garantire il raggiungimento degli obiettivi.

Svantaggi di una non programmazione

a) Non avere la lista clienti vuol dire non sapere dove andare o andare a caso (improvvi-
   sazione), ma soprattutto non avere una fotografia nitida del proprio mercato.
b) Non stabilire l’obiettivo settimanale vuol dire non avere concretamente il senso preciso
   dello sforzo necessario per ottenerlo
c) Non fissare gli appuntamenti o predisporre l’iter delle visite dirette vuol dire decidere a
   priori di girare a vuoto e perdere tempo.

La programmazione comporta un avvitamento negativo: non ho deciso dove
andare e cosa fare quindi girovago quindi spezzo costantemente il ritmo di
lavoro quindi i costi aumentano, i risultati si frammentano quindi subentra la
demotivazione quindi i primi dubbi sull’attività che si svolge quindi scade
l’immagine personale quindi scemano gli obiettivi che si fanno, di giorno in
giorno, più lontani quindi svanisce l’entusiasmo, scade l’efficacia della tratta-
tiva, i successi si riducono quindi …….
3

                                    - Parte XI -

                           Il controllo dell’attività

   Vendere è faticoso! La vendita è, fra le tante attività imprenditoriali, una tra
le più impegnative.
   Tutelare tale fatica diventa un dovere, non solo morale, ma soprattutto e-
conomico. È un imperativo!
   Bisogna che l’attività del venditore sia controllata e razionalizzata attraver-
so parametri di verifica che la rendano meno aleatoria e fortunosa, più pro-
grammata e definibile nel raggiungimento dei suoi obiettivi.

Tali parametri sono:
A)La rilevazione settimanale della quantità delle visite ai clienti (divisi tra nuo-
   vi e già clienti).
B)La rilevazione settimanale della quantità di trattative effettuate (divise tra
   clienti nuovi e già clienti).
C) La quantità settimanale degli ordini effettuati e/o contratti stipulati (divisi tra
   nuovi e vecchi).
D) La quantità settimanale di ripassi.

  L’elaborazione di questi dati comporta l’analisi successiva dei punti di forza
e di debolezza del venditore.
3

  Esempio: tante visite e poche trattative indicano probabilmente una scarsa
capacità di coinvolgere ed incuriosire il cliente, oppure tante trattative e pochi
contratti sono il segnale che la trattativa scricchiola in qualche sua fase.
  La raccolta di questi dati è quindi importantissima perché da essi possiamo
estrapolare le indicazioni per le nostre azioni successive, la determinazione
del fatturato e delle relative azioni di miglioramento.
  Lo strumento per farlo è l’agenda. Il suo costante e corretto uso si estrinse-
ca con lo trascrivere quotidianamente l’attività svolta e con la capacità, sem-
pre quotidiana, di rilevare i dati succitati che saranno poi elaborati e sviluppati
sotto forma di informazioni da utilizzare per la propria crescita professionale.
Chiediamoci:

-   Sono soddisfatto della mia attività di vendita? Perché?
-   Quali sono i miei punti di forza e quali di debolezza?
-   Cosa faccio bene, cosa mi riesce di più e cosa meno?
-   Lo sforzo quantitativo di visite è adeguato? E la mia capacità di trattare?
-   Sono programmato, la mia attività è programmata?
-   La mia preparazione tecnica, la mia conoscenza del prodotto e della con-
    correnza è ineccepibile oppure posso ancora migliorare?

E così via!

              La vendita è soprattutto un dato statistico!
3

                                   - Parte XII -

             L’uomo di Neanderthal e la comunicazione

                      “Comunque noi comunichiamo”

   Nella odierna tecnologia dell’informazione creatività e comunicazione sono
fattori sempre più decisivi e sinergici.
   La costruzione del futuro è infatti, in ogni suo aspetto, definita dal cambia-
mento dell’immaginario collettivo che è associato sempre più a fattori culturali
fortemente emotivi tanto che si parla di nuovi paradigmi che, per la loro di-
mensione innovativa, pervadono non solo la scienza e l’ economia, ma anche
gli stili di vita e di sviluppo. Per cui non si acquista un qualcosa solo perché ci
è utile, ma anche per come ci fa sentire, per come ci fa apparire o per come
può migliorare la nostra quotidianità quindi il nostro modo di vivere.
   La domanda di partenza è quindi: in che modo il nostro prodotto ha in-
fluenzato lo stile di vita delle persone ed il modello di sviluppo delle società?

   Comunicare vuol dire: rendere e rendersi partecipi, trasmettere agli altri,
mettere in comune.
   A questo concetto si affianca quello di comunicazione che vuol dire invece:
reciproca comprensione e partecipazione tra persone, trasmettere informa-
zioni.
   Noi comunichiamo con suoni, gesti, immagini, scritti, con la nostra presen-
za e la nostra assenza.
   Le condizioni per comunicare sono quelle di: essere motivati a farlo, avere
chiaro cosa si vuole dire, conoscere il significato delle parole, conoscere e
3

percepire il senso delle frasi, astenersi da arrivare a conclusioni affrettate e,
soprattutto saper ascoltare.
   La comunicazione passa quindi attraverso una serie di stadi obbligati:
il nostro pensiero, la traduzione in “segni” di quanto abbiamo pensato e la lo-
ro manifestazione a colui che ci ascolta, accettazione dei “segni” da parte
dell’interlocutore, loro comprensione e memorizzazione.
   Esempi e commenti tratti da un saggio “Parlare per immagini” del prof.
Francesco Posocco (matematico e venditore – 2009):

1. “Consideriamo uno spazio di Minkovski in cui prendiamo come riferimento
un sistema cartesiano ortogonale che abbia, oltre ai normali tre assi spaziali
della geometria euclidea, un quarto asse su cui sia fissata come unità di mi-
sura la quantità – ict …”
   Certamente chi comincia un discorso simile ha le idee chiare e si esprime
in modo corretto, affermerebbe un matematico; ma certo non è così che si
potrebbe cominciare a spiegare la “relatività ristretta” ad un bambino di dieci
anni.

2. “Buon giorno signor Campo dall’Orto (contadino della bassa trevigiana)
sono Giorgio Rossi della Pinco spa, società leader nel campo delle gestioni
assicurativo - previdenziali. Sono stato incaricato dalla mia Società di entrare
in contatto con lei per proporLe una operazione previdenziale al fine di otti-
mizzare, grazie ad una gestione altamente professionale e qualificata, il risul-
tato economico della sua previdenza”.

Analisi del 2° esempio:
   Esordio sintetico, grammaticalmente esatto, che farà sbarrare tanto d’occhi
al povero contadino, ma non gli farà certo firmare il contratto assicurativo.
   Quanto meglio sarebbe stato utilizzare un’immagine, no! Vediamo perché.

1. L’analisi spiega, ma è la sintesi che motiva.
2. Con un esempio scelto “ad hoc”, ovviamente, posiamo entrare più facil-
   mente nel “noto” del cliente.
3. Ricordiamoci che la memoria è per l’83% visiva e solo l’11% auditiva.
4. Un’immagine, un esempio portato al momento giusto non ci fa correre il
   rischio di fare discorsi troppo prolissi , frasi troppo contorte che distolgono
   l’attenzione invece che attirarla.
5. Ricordiamoci che quasi sempre il nostro interlocutore è a zero come pre-
   parazione specifica. È quindi più facilmente portato a capire un discorso
   analogico (quello per “ immagini”, appunto) che uno strettamente logico.
   C’è da aggiungere poi che la comunicazione sarà ulteriormente soddisfa-
   cente e quindi efficace se, anche, riusciamo a tenere a bada l’Uomo di
   Neandertal, quello che c’è in noi stessi, nel venditore e nel suo cliente.
3

  L’Uomo di Neanderthal ha paura del buio: niente di meglio di un esempio
azzeccato per far luce.
L’Uomo di Neanderthal è pigro e odia le novità: riferiamoci al suo noto, alle
cose che già conosce.
L’Uomo di Neanderthal diffida di chi non conosce: comportiamoci come lui,
facendogli capire che siamo forti, ma affrontandolo in un campo a lui conge-
niale.
L’Uomo di Neanderthal capisce solo il linguaggio dei “gesti”. Solo in un se-
condo tempo potremo far leva sulla parte razionale dell’ ”Homo sapiens”.

   Al cliente dobbiamo comunicare tranquillità, sicurezza e che nulla lui deve
temere da noi! La comunicazione serve a tutto ciò, serve a chiarire che “noi
siamo ok e lui è ok” (Thomas Harrys).
   Ecco il motivo per cui la comunicazione deve essere preparata, impostata
in modo che, quando parliamo, tutto sia detto in modo chiaro, coinvolgente,
esaustivo. Questo è il senso del comunicare!

Le cinque tipologie fondamentali e i cinque diritti di base delle persone

   Alexander Lowen è il principale ideatore contemporaneo di una descrizione
tipologica degli individui i quali, dopo una serie infinita di ricerche, vengono
inseriti secondo le loro caratteristiche in cinque grandi famiglie di archetipi.
Lowen sostiene che l’uomo è un’unità funzionale mente/corpo in altre parole
noi non solo abbiamo un corpo, ma siamo il nostro corpo.

  Il corpo quindi rileva lo stato emotivo delle persone e ci aiuta, osser-
vandolo, a predirne il comportamento; collocare perciò le persone in
una delle tipologie sotto citate ci permette di definire per ognuna di es-
se le modalità di contatto più efficaci, nelle diverse situazioni.

Le cinque tipologie fondamentali

1) Il rigido:            Razionali – vogliono essere ascoltati
2) Lo schizoide:         Esistere, rapporto distaccato col bambino, intuito, sintonia
3) Lo psicopatico:       Bisogno di sostegno – Faccio meglio io, presuntosi
4) Il masochista:        Diffidenti – libertà più indipendenza – non far questo, quello
5) L’orale:              Sicurezza, certezza - bisogno di amore e nutrimento
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                                 - Parte XIII -

                            La comunicazione

     La parola è magica. Usiamo quindi solo le parole che servono!

Comunicare: vuol dire rendere partecipi, trasmettere agli altri, mettere in co-
mune, condividere, diffondere
Comunicazione: è reciproca comprensione e partecipazione tra persone, tra-
smettere informazioni

Come si comunica

               L’assunto è “comunque noi comunichiamo”

  Lo facciamo attraverso: suoni, gesti ed espressioni immagini scritti, con la
nostra presenza e/o assenza. Per comunicare è indispensabile il verificarsi di
alcune condizioni, esse sono:
3

1. Essere motivati a farlo.
2. Aver chiaro cosa si vuole comunicare, cosa mi riprometto di ottenere, cosa
   voglio trasferire all’altro.
3. Conoscere gli strumenti necessari per comunicare.
   § il significato delle parole
   § il senso delle frasi e i loro effetti sulle persone
   § l’efficacia delle stesse
4. Avere la certezza che chi ci ascolta comprenda.
   § usare frasi semplici
   § essere poco prolissi, quindi sintetici ed efficaci
   § ripetere quanto si è detto (la regola e’ almeno cinque volte e in cinque
      modi diversi)
   § farsi ripetere dall’interlocutore quanto ha capito
5. Avere tutte le informazioni necessarie
6. Essere sicuri di udire bene.
7. Saper ascoltare fino in fondo (la comunicazione passa attraverso la com-
   prensione).
8. Avere la certezza di comprendere gli altri

    I metodi per sviluppare la capacità di ascolto comprendono
  Imporsi di ascoltare.
  Concentrare tutta l’attenzione sul tema della conversazione.
  Immedesimarsi in chi ci parla o ci sta parlando.
  Porre domande.
  Fare esempi o fornire dimostrazioni oggettive di ciò che si è detto.
  Riformulare, parafrasando, i concetti appena uditi.
  Non porre tempi molto stretti alla conversazione.
  Possibilmente non interrompere chi sta parlando.
  Osservare il cosi detto “linguaggio del corpo”.

 Se siamo compresi e comprendiamo gli inconvenienti saranno larga-
                          mente evitati

Regole per ascoltare meglio “comunicare ascoltando”:
•       Partecipare alla conversazione convinti che il proprio ruolo è quello,
  innanzi tutto, di ascoltare.
•       Imporsi responsabilmente di comprendere ciò che viene detto.
•       Concentrarsi sul contenuto complessivo del messaggio.
•       Prendere appunti e comunque adottare la tecnica di controllare
  sempre la propria comprensione ripetendo all’interlocutore quello che ci
  sembra di aver compreso.
•       Individuare le finalità ultime dell’interlocutore.
•       Rendersi conto dei suoi modelli linguistici.
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