COME "FA VEDERE" LA STORIA IL MUSEO STORICO DI AMSTERDAM
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Clio ’92. Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della storia COME “FA VEDERE” LA STORIA IL MUSEO STORICO DI AMSTERDAM di Adriana Bortolotti Denominazione: Amsterdams historisch museum Periodo di riferimento: 1350-2000 Allestimento: cronologico per temi Sito internet: www.ahm.nl Mail: info@ahm.amsterdam.nl Un paio di scarpe attraversano la Amsterdam tardomedioevale: questo il filo conduttore di una delle due sezioni nel Museo storico di Amsterdam dedicate al periodo 1350-1550, esempio dell’approccio metodologico adottato nella narrazione storica in tutta l’esposizione: dal particolare al generale, dall’individuo alla collettività e al territorio, dal segno storico disponibile all’esperienzialità del visitatore alle cognizioni astratte. Nell’ambiente dedicato al tardo Medioevo situato all’inizio del percorso museale, piccole vetrine ospitano testimonianze materiali di vita quotidiana rinvenute nella città, mappe del territorio e immagini di luoghi e oggetti realizzate oggi, raggruppate per temi (alimentazione, lavoro, struttura urbana, …), davanti alle quali, in primo piano, si susseguono di vetrina in vetrina calzature di uomo, donna e bambino, integre o pressoché distrutte, di corda o di cuoio, appartenute e semplici artigiani o a nobili dame. Su un pannello esplicativo bilingue (in olandese e inglese, come ogni altro testo a supporto dell’esposizione nel Museo) la chiave di lettura: quale città hanno attraversato queste scarpe? La curiosità del visitatore per le calzature antiche (modello, materiali, dimensioni) è indirizzata ad ampliare il suo spazio di ricerca nel contesto di riferimento (le persone con il loro vissuto, la vita quotidiana, la struttura urbana, gli eventi) al fine di ottenere soddisfazione. Un segno tangibile altamente evocativo, anche se non maneggiabile dal visitatore, diviene la via di accesso a informazioni storiche complesse non traducibili materialmente, se non in parte, negli spazi espositivi museali e dunque ‘lontane’ all’esperienza e ai processi cognitivi del visitatore. Al primo piano un altro esempio: la sezione dedicata ai bambini di Amsterdam per il periodo 1815- 2000. Qui è la vita di singoli individui a farsi chiave di accesso alle informazioni più generali di contesto cronologico e tematico, altrimenti estranee e astratte per il visitatore, la cui esperienzialità ha modo di attuarsi non focalizzandosi su un oggetto evocativo che suscita curiosità, ma entrando nel vissuto di alcune persone, delineato attraverso connotati fisici, biografie e beni materiali. Ogni vetrina rimanda a un argomento che i curatori hanno considerato significativo per un determinato arco temporale: la mortalità infantile, le condizioni di vita degli orfani e il lavoro minorile per l’Ottocento, l’assistenza sanitaria, le soluzioni abitative e la convivenza con altri bambini immigrati per il Novecento. Precedono le vetrine riproduzioni in grande formato di fotografie che introducono l’argomento, accompagnate da un pannello nel quale un breve testo discorsivo presenta la biografia di un Pagina 1 di 5 Clio ’92 Adriana Bortolotti, Come “fa vedere” la storia il Museo Storico di Amsterdam edito da www.clio92.it/didattica dei beni culturali
Clio ’92. Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della storia bambino le cui vicende personali o familiari sono legate al tema, mentre una fotografia ne mostra il volto; la vetrina ospita testimonianze materiali appartenute al piccolo protagonista o che ipoteticamente può aver visto e utilizzato o anche, per il Novecento, testi tratti da lettere e diari unitamente a svariate altre testimonianze relative al tema e al periodo (oggetti d’uso quotidiano, fotografie di luoghi, modellini, …), un insieme che costruisce il racconto dell’esperienza di vita dei bambini e contemporaneamente delinea il contesto tematico e cronologico. I protagonisti sono sempre fanciulli qualunque e non persone note, una scelta diretta probabilmente a facilitare l’identificazione del pubblico con loro, evitando i timori o il distacco che può essere indotto da volti e nomi celebri, individui dall’esistenza ‘troppo speciale’ per essere eletti con spontaneità e facilità proiezioni dei visitatori nel passato. Un esempio. Il lavoro minorile viene presentato attraverso le vicende di due fratelli, collaboratori del padre artigiano: volti, nomi, date e luoghi di nascita, indicazioni sul quartiere di residenza e di lavoro connotano i due bambini e i loro familiari precisamente nel pannello esplicativo, così che il visitatore possa comporre i loro ritratti ed entrare empaticamente e con cognizione nella loro vita; nella vetrina si vedono gli strumenti pertinenti all’attività paterna, giochi in legno che l’uomo potrebbe aver realizzato per i figli, dati e immagini sul lavoro minorile, documenti familiari, testimonianze materiali della vita quotidiana dei ceti artigiani, elementi tutti atti a indirizzare il cammino esperienziale del visitatore, a un tempo emotivo e cognitivo, verso le informazioni e le abilità fruitive che i curatori hanno individuato nel progettare la vetrina. Il Museo presenta realizzazioni interessanti sotto il profilo museografico. Al centro dell’ambiente dedicato al tardo medioevo al piano terra, alcune strutture espositive a forma di colonne, simili per materiali e stile alle vetrine, mostrano, in nicchie ricavate ad altezza visiva, materiali particolarmente rari relativi al periodo. La sezione sull’infanzia è costituita da una serie di vetrine di grandi dimensioni, identiche tra loro, alternate a riproduzioni fotografiche di grande formato montate su pannelli con funzione strutturale di connessione/divisione. Si tratta di esempi della metodologia adottata nell’intero Museo: gli allestimenti variano più o meno sensibilmente per forme, dimensioni, materiali, strutture e disposizione da una sezione all’altra, in relazione ai temi ai quali si riferiscono oltre che, a volte, in una stessa sezione in base alla tipologia e alle dimensioni delle testimonianze che ospitano. Un argomento viene sviluppato dal punto di vista espositivo in strutture simili all’interno di un allestimento dedicato ed omogeneo, chiaramente distinto da quelli precedenti e seguenti, scandito internamente in base alle articolazioni del tema affrontato, studiato nei suoi caratteri (forme, disposizione, ecc.) per renderlo strategia comunicativa, ossia per comunicare efficacemente e correttamente i messaggi emotivi e cognitivi individuati dai curatori relativamente al tema. L’efficacia di questa impostazione allestitiva per l’apprendimento del visitatore si può ipotizzare elevata: lo svolgimento dell’esposizione sotto il profilo museografico segue ed è in funzione dello svolgimento concettuale del racconto storico, anche nelle sue articolazioni, così che per il visitatore la memorizzazione delle ‘viste’ va di pari passo con la memorizzazione delle informazioni, in un richiamo costante percezione visiva-introiezione cognitiva che attiva, facilita e indirizza l’acquisizione dei ‘messaggi formativi’ da parte del visitatore; in seguito, nei momenti di rielaborazione successivi alla visita del Museo, grazie allo stretto collegamento vista-cognizioni, il ricordo visivo coadiuva, fungendo da sostegno mnemonico, la stabilizzazione delle informazioni tra le competenze del visitatore. Nella diversità allestitiva ricorre quale scelta metodologica per l’arco cronologico 1875-2000 l’utilizzo di riproduzioni di immagini in grande formato, che affiancano le strutture espositive o compaiono al loro interno. Per le dimensioni delle riproduzioni e per la priorità che usualmente viene assegnata dal nostro cervello alla percezione visiva rispetto ad altri ‘segnali’ in ingresso, le immagini attirano immediatamente l’attenzione del visitatore e, opportunamente selezionate dai curatori, gli consentono di cogliere, prima di leggere alcunché o di osservare le testimonianze Pagina 2 di 5 Clio ’92 Adriana Bortolotti, Come “fa vedere” la storia il Museo Storico di Amsterdam edito da www.clio92.it/didattica dei beni culturali
Clio ’92. Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della storia esposte, il tema della sezione o di una delle sue articolazioni. Esse avviano una comunicazione esposizione-visitatore di tipo sensoriale, nella quale l’occhio apre l’accesso alla mente per le informazioni storiche, sia al momento dell’acquisizione durante la visita, sia successivamente nella fase di rielaborazione e memorizzazione. Alla varietà degli allestimenti si unisce nel Museo la varietà tipologica delle testimonianze esposte - plastici, abiti, mobili, libri, quadri, fotografie, trofei sportivi, arredi domestici, mezzi di trasporto, gioielli, manifesti, radio ecc. – esito di un’attenta ricerca nel territorio e nella collettività da parte dei moderni curatori, ma anche frutto di donazioni fatte nel tempo da privati cittadini al Museo, espressioni − come fanno intendere le indicazioni in proposito lungo il percorso − di una consapevolezza culturale diffusa dai risvolti nazionalistici, diretta alla salvaguardia del patrimonio storico comune inteso come insieme di testimonianze e di conoscenze. È ipotizzabile in alcuni casi anche il ricorso a riproduzioni anziché a materiali originali, soprattutto per il periodo più antico, ma non certo: uno dei limiti del Museo è infatti quello di non indicare esplicitamente se il visitatore ha di fronte un segno del passato che ne porta ‘addosso’ le tracce o un simulacro fedele, un’indicazione che, a chi proviene da un’ottica museologica quasi ‘feticistica’ come quella italiana, sembra imprescindibile. La scelta di mescolare originali e riproduzioni rendendoli indistinguibili può avere ricadute diverse e opposte sull’incontro visitatore- testimonianze, da verificare. Dialogare con una testimonianza originale, se il visitatore ne è consapevole, produce correnti emotive certo più intense ed efficaci dal punto di vista formativo rispetto a quelle attivabili dall’incontro con una riproduzione. Non specificare se i materiali siano o meno originali li colloca sullo stesso piano agli occhi del pubblico, evitando differenze gerarchizzanti, ma se così si possono stimolare un’attenzione e un rapporto emotivo sempre elevati, si può anche però generare di converso uno sguardo costantemente indifferente. Il ricorso ad una vasta gamma di materiali si collega alla scelta dei curatori di non presentare le vicende cittadine dal punto di vista dell’ «histoire évènementielle», ma di raccontare aspetti di una «storia sociale»: l’attenzione della narrazione ostensiva si rivolge alle storie familiari e individuali, al mondo produttivo, alla vita quotidiana e alle innovazioni tecniche che l’hanno modificata, al quadro sociale, alla religiosità, alla cultura così come ai cambiamenti istituzionali e politici, ai personaggi celebri e agli eventi militari. Non esiste alcuna distinzione né gerarchia tra storia generale e storie particolari, esse si combinano in una narrazione sfaccettata delle vicende della collettività e del territorio, nella quale spesso la prospettiva dell’ «histoire évènementielle» risulta rovesciata, con gli elementi che ne sono il cardine in secondo piano, a fare da sfondo alle tendenze lente di lungo periodo o alle storie della «gente comune». In coerenza con quest’ottica, il percorso del Museo di Amsterdam è tematico, nel rispetto della sequenza cronologica, ma con sovrapposizioni generate da ritorni e anticipazioni: i temi vengono presentati nel momento storico in cui acquistano rilevanza (ad esempio lo sport è collocato nella sezione dedicata alla prima metà del Novecento) ma con uno sguardo che tocca il prima e il dopo e in particolare quelli di ampia portata sono esplorati in un’ottica di lungo periodo (lo sviluppo urbanistico, argomento al quale da sempre le istituzioni e la popolazione hanno riservato una notevole attenzione che si è tradotta in autocontrollo e documentazione, è presentato nella sezione della città moderna e copre un arco temporale che va dall’inizio dell’Ottocento alla contemporaneità). Ne deriva una lettura più facile del percorso espositivo da parte del visitatore, che procede per temi nei quali trova frequentemente collegamenti con la sua dimensione quotidiana odierna e che può fruire della narrazione anche senza disporre di conoscenze storiche approfondite per i vari periodi, ad esempio relative alla sequenza degli avvenimenti militari e dei mutamenti istituzionali a livello nazionale ed europeo. Tuttavia ne deriva anche il rischio di un disorientamento, dovuto alla difficoltà di collocare in un circostanziato quadro storico i temi presentati e quindi di capirne risvolti, collegamenti, legami di causa-effetto ecc. Pagina 3 di 5 Clio ’92 Adriana Bortolotti, Come “fa vedere” la storia il Museo Storico di Amsterdam edito da www.clio92.it/didattica dei beni culturali
Clio ’92. Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della storia La combinazione di allestimenti vari e di testimonianze diversificate evita nel Museo storico di Amsterdam la ripetitività usualmente prodotta nei musei dalla sequenzialità modulare degli allestimenti, dalla narrazione secondo punti di vista tradizionali di aspetti diffusamente anche se spesso superficialmente conosciuti del quadro storico (personaggi celebri, eventi-rottura), dall’esposizione di serie di testimonianze (plurimi esempi di lanterne romane, dei modelli di un’arma, …) e dalla presentazione di una ristretta gamma tipologica di materiali (dipinti, documenti, armi, tessili, arredi), una ripetitività che ha effetti negativi sul visitatore, assopendo la sua attenzione e quindi la ricettività. L’impostazione variegata, invece, può stimolare continuamente l’attenzione del pubblico, evitando che intuisca a priori come proseguirà il racconto storico e che si generino ‘blocchi percettivi’ dovuti alla rispondenza dei materiali, degli argomenti trattati e degli allestimenti con modelli noti e prevedibili, che si potrebbero sì definire attesi, ma con timore. Agiscono in questa direzione nel Museo storico di Amsterdam anche i supporti all’esposizione. Spazio ridotto viene lasciato ai testi, sia in veste di didascalie che di pannelli esplicativi: il linguaggio scelto per la comunicazione museale a supporto è prevalentemente quello visivo, attraverso immagini fotografiche, filmati e presentazioni multimediali che accompagnano i testi ma più di frequente li sostituiscono. Un particolare nella presentazione dei filmati rivela l’attenzione dedicata al visitatore da parte dei curatori dell’esposizione: una breve didascalia dichiara titolo, autore, tema e durata, così da facilitare l’approccio del pubblico al prodotto video, in particolare col proporre un chiaro patto temporale: quanti visitatori infatti abbandonano un filmato anche interessante perché ne temono il prolungarsi, inconsapevoli del fatto che alcuni minuti ulteriori consentirebbero loro di vederne la fine! Nelle strutture espositive, accanto alle testimonianze, le didascalie sono poche, dedicate a pezzi particolarmente significativi, ma più spesso all’insieme. Non contengono note sulla proprietà o sulla provenienza, ma, in tono discorsivo, collocandosi quasi sempre per lunghezza a metà strada tra le tradizionali didascalie e i brevi pannelli esplicativi, propongono al visitatore informazioni sull’argomento al quale i materiali afferiscono. Anziché fornire note tecniche relative a ogni singola testimonianza (dimensioni, materiali, autore, datazione, ecc.), le didascalie offrono al visitatore quello di cui ha effettivamente bisogno: gli indicano la strada per accedere ai significati dei quali i materiali sono portatori e a quelli in particolare ai quali i curatori si sono riferiti nell’impostare l’insieme di una struttura espositiva o nel selezionare un singolo bene, mettendogli contemporaneamente in mano la chiave per decodificare l’interpretazione storica e museologica sottesa all’esposizione e per assumere nei suoi confronti una posizione critica. Spesso inoltre le indicazioni testuali, didascalie e pannelli, sono abbinate a immagini che coadiuvano la percezione e la stabilizzazione delle informazioni: nel caso delle biografie dei bambini di Amsterdam i ritratti danno volto e corpo, quindi spessore umano e tangibilità, ai personaggi storici e alle informazioni su di loro e sul contesto di appartenenza più di quanto una lunga descrizione potrebbe fare. La mancanza della sequenza fissa testimonianza-didascalia e l’impostazione data ai contenuti dei testi esplicativi rappresentano un ulteriore contributo alla rottura della ripetitività nell’esposizione e alla stimolazione dell’attenzione del pubblico: il visitatore viene liberato dall’obbligo di utilizzare un testo per leggere ogni pezzo esposto, un obbligo che sfinisce l’attenzione e induce rifiuti percettivi, ma viene indirizzato a cogliere l’ambito al quale i materiali afferiscono ed è sollecitato ad ‘esplorarli’, ad avviare libere associazioni mentali che, prescindendo da alcuni dati meramente tecnici inerenti le testimonianze, vadano alla scoperta dei loro messaggi, ricevendo nel contempo un sostegno sensoriale di tipo visivo alla percezione e alla stabilizzazione delle informazioni. Deriva dall’insieme degli orientamenti metodologici sia museografici che museologici la scelta operata dai curatori del Museo di Amsterdam di costruire il percorso ostensivo e quindi il racconto storico attraverso vetrine-ambiente, strutture che propongono le testimonianze all’interno di ricostruzioni di contesto anziché semplicemente mostrare materiali legati fra loro da un filo Pagina 4 di 5 Clio ’92 Adriana Bortolotti, Come “fa vedere” la storia il Museo Storico di Amsterdam edito da www.clio92.it/didattica dei beni culturali
Clio ’92. Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della storia conduttore che rischia di restare implicito, come accade in molti musei-ostensori, dove le testimonianze sono sì rese visibili, ma risultano spesso non agevolmente leggibili. Attraverso la giustapposizione di beni tipologicamente diversi e talvolta anche con la riproposizione di ambienti tramite fotografie o arredi, nelle vetrine-ambiente vengono fornite tutte le informazioni possibili riguardo il tema affrontato, mentre all’esterno ulteriori materiali completano la presentazione, così da consentire al visitatore, con l’ausilio di brevi testi a supporto, di procedere per associazioni percettive a costruire un insieme cognitivo compiuto. Il pubblico non si trova di fronte diorami, come nei musei naturalistici, in quanto le vetrine-ambiente non perdono la loro oggettività di strutture espositive né ospitano scenografie, incontra invece un insieme di testimonianze correlate in modo esplicito che propongono una lettura storica la cui comprensione non necessità di lunghe spiegazioni scritte, ma procede principalmente, come si è detto, per associazioni percettive. Quest’impostazione richiede naturalmente un’elaborazione e un’attività di ricerca impegnative da parte dei curatori, chiamati a costruire un racconto il più possibile articolato e a individuare numerose e diversificate testimonianze, ma soprattutto obbligati ad essere attenti alla correttezza di estese possibilità di lettura. Sul visitatore si può ipotizzare che abbia ricadute positive, in quanto è una soluzione facilitante la ricezione delle informazioni per la varietà e intensità degli stimoli e la chiarezza delle connessioni cognitive ed offre inoltre la sensazione di un cammino d’apprendimento autogestito e quindi di elevata soddisfazione. Bisognerebbe però verificare se la facilità con la quale il racconto storico proposto può essere percepito non renda il visitatore sicuro di essere entrato in possesso di una verità assoluta, privandolo di dubbi e interrogativi che costituiscono l’anticamera di successivi approfondimenti e della criticità rivolta a se stesso e all’interpretazione proposta dai curatori, dubbi che, nei percorsi dei musei-ostensorio, derivano anche dalla consapevolezza delle difficoltà d’indagine incontrate. Pagina 5 di 5 Clio ’92 Adriana Bortolotti, Come “fa vedere” la storia il Museo Storico di Amsterdam edito da www.clio92.it/didattica dei beni culturali
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