Brevevita Letters e Altre Persone al Centro Pacetti
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Brevevita Letters e Altre Persone al Centro Pacetti BREVEVITA LETTERS E ALTRE PERSONE Il Brevevita esiste dal 31 marzo 2007, dapprima sottoforma di locale-cult in cui si raggruppavano appassionati di musica, e poi come firma autrice di racconti dal taglio fortemente popolare. E’ proprio alla luce di questi racconti, spesso incentrati sul vivere quotidiano, che l’Associazione Culturale Blow Up di Grottammare ha pensato a una serata con le Brevevita Letters. Blow Up comincia spesso il nuovo anno con un grande evento musicale e dopo le felici collaborazioni con Sandro Bocci e gli ITERATION stavolta proviamo una nuova strada grazie alla collaborazione e al sostegno del Comune di Monteprandone. Inizialmente s’era pensato a una semplice intervista, dopodiché, in collaborazione con i Kobayashi (band di Carrara) e con Fabio Angeli degli Esterina (band di Massarosa LU) è venuta fuori l’idea di sonorizzare 8 racconti. Dopo un lavoro durato alcuni mesi, giovedì 9 gennaio 2020 alle ore 21,30 le Brevevita Letters verranno proposte dal vivo all’auditorium Pacetti di Monteprandone AP. Ingresso gratuito con tessera dell’associazione culturale Blow Up (10 euro).
VIDEOPROMO 2 Lo spettacolo del 9 gennaio è tratto da un volumetto che verrà venduto al Pacetti, durante e dopo la serata: “8 TRACCE”. 8 raccontini brevissimi incentrati sull’esperienza londinese del Brevevita, arricchiti da una sonorizzazione pop, ma leggermente deviante, quanto basta per sfamare anche il più avido consumatore di musica di qualità.”8 tracce venute fuori dall’impatto piuttosto rumoroso tra un essere umano adulto e una megalopoli. Migliaia di milioni di input generano grandi emozioni e confusioni, ma anche nuovi sentieri che conducono ad anomali e sconosciuti livelli di bellezza. Tutto è positivo, tutto è negativo, dipende da posizioni dell’obiettivo spesso millimetriche. La risaputa struttura tentacolare delle personalità navigate potrebbe non spazzare via quanto creato in epoche elementari, e poi modellato dall’adolescenza. Le complessità dei volti rappresentano di certo una ricchezza, ma anche possono sovente fungere da strumenti utilizzati nelle introspezioni malinconiche. La verità è che tutto potrebbe convergere verso una crescita bellissima e stragrande, che non sempre avviene. In questo volume sono contenute 8 tracce appena abbozzate, quasi sussurrate, che verranno incluse nel romanzo «Un uomo», attualmente in fase di lavorazione.”Le musiche sono state composte apposta per l’occasione dai Kobayashi e da Fabio Angeli degli Esterina. Ciò che sta venendo fuori a livello sonoro sembra interessante. Concerto 9 gennaio: BREVEVITA LETTERS E ALTRE PERSONE – Otto racconti sonorizzati – con Natalino Capriotti, Kobayashi e Fabio Angeli – giovedì 9 gennaio – Centro Pacetti, Monteprandone
CINELOCOMOZIONI RIPRENDE L’11 GENNAIO CON I VIAGGI “LENTI” DI MAURIZIO SILVESTRI E PAOLO MERLINI Brevevita Letters e Altre Persone al Centro Pacetti Centobuchi di Monteprandone – Il Brevevita esiste dal 31 marzo 2007, dapprima sotto forma di locale-cult in cui si raggruppavano appassionati di musica, e poi come firma autrice di racconti dal taglio fortemente popolare. E’ proprio alla luce di questi racconti, spesso incentrati sul vivere quotidiano, che l’Associazione Culturale Blow Up ha pensato a una serata con le Brevevita Letters. Inizialmente s’era pensato a una semplice intervista, dopodiché, in collaborazione con i Kobayashi (band di Carrara)
e con Fabio Angeli degli Esterina (band di Massarosa LU) è venuta fuori l’idea di sonorizzare 8 racconti. Dopo un lavoro durato alcuni mesi, giovedì 9 gennaio 2020 alle ore 21,30 le Brevevita Letters verranno proposte dal vivo all’Auditoriu m del Centro Pacetti di Monteprandone (AP). Ingresso gratuito con tessera dell’associazione culturale Blow Up. Le tessere potranno essere fatte all’entrata del locale. L’evento è patrocinato dal Comune di Monteprandone.
Tre appuntamenti a Centobuchi con “3 Passi Avanti all’Hendrix” MONTEPRANDONE (AP) – Il Brevevita, in collaborazione con Pink Rabbits e con il supporto dell’Hendrix Bar, presenta “3 Passi Avanti all’Hendrix”, tre feste a ingresso libero presso il Parco della Conoscenza di Centobuchi. Due sabati musicali nello stile del Brevevita e un giovedì letterario. Accanto agli eventi, il contorno di cibo, vini e birre e l’angolo mercatino con libri, fumetti, dischi. Questi gli appuntamenti nel dettaglio: – sabato 26 settembre: concerto degli SKY OF BIRDS; – giovedì 1 ottobre: party post-musicale-letterario con GIUSEPPE CULICCHIA; – sabato 17 ottobre: concerto dei COMPLICATED. Gli appuntamenti di “3 Passi Avanti all’Hendrix” saranno una bella occasione per una rimpatriata degli amici di Brevevita. Tutte le info qui.
#romanzobreve n.6: “Accozzaglia – puntata 3” di Brevevita Gruppo Letterario “Accozzaglia” terza e ultima puntata – il discorso diventa globale CONDANNA A MORTE DEL RIBELLE Sono ormai fuori e mi aggiro come un fantasma attorno alla pista: “Mi gira la testa dove sono le cecoslovacche, datemi le ceche, Portaluppi tieni gigi er zozzo lontano dalle mie ceche . . . Maledetto Bertoli, me la paghi . . . ” , queste sono le frasi indistinte che pronuncio sottovoce tra me . . . Mi aspetto una qualche reazione di Bertoli da un momento all’altro . . . mmmm..
mmmm….. Tutto lascia presagire l’arrivo della peggiore delle situazioni, e difatti, quel bifolco impettito di Bertoli lo sapete che fa? In tutta tranquillità, nel bel mezzo di un intrattenimento musicale non dichiarato alla siae, e con tutte le infinità burocratiche sempre in agguato, tra la tettoia, e la SAB, e mille altri uffici, lo sapete che fa ? Chiama i carabinieri. Chiama i carabinieri per farli arrivare nel suo locale ! Grande mossa ! Come scannare un maiale e chiamare il wwf . . . Non ci posso credere eppure sta accadendo live. Qui. Ora. Oh dio. All’arrivo del maresciallo barese LOCALVO, al chiosco-bar Gabriella, l’ACCOZZAGLIA è totale.
Dunque, sul luogo del delitto abbiamo: 1) Intrattenimento agrario. 2) Arte al botulino, provoca difficoltà nel deglutire. 3) Compilations musicali di qualunquismo circolare, come la tortura della goccia, t’uccide a ogni giro di più. 4) Sguardi impotenti. 5) Mangiacalcio e mangiafiga attoniti. 6) Acchiappagalline rincorrono diciottenni cicce. Dio non è presente. Dio si rifiuta di quantificare lo spettacolo. Sullo sfondo dispute plebee, insulse e improduttive. Laggiù, dove la verde erba del vicino ricopre il più debole, seppellendolo sotto una coltre d’invidia e frustrazione; giù, dietro ed ancora più in basso, negli abissi dell’uomo medio, arroccato perennemente in un fosco “io devo umiliarti elevato alla potenza !! Per sentirmi meglio io!” Io ! Questa non è una normale e classica convivenza nordeuropea. Questa non è una comunità. Questa è una guerra.
Odio ho bisogno di te per sentirmi qualcuno. Delicati equilibri estetici portano allora alla mente una serie di puntini numerati (come il CHE COSA APPARIRA’ della settimana enigmistica), unendo i quali appare il volto ormai mostruoso di un’arrogante nobildonna di terza età, aristocratica per autoproclamazione, ex-cafona arricchita, e decaduta ora nella pratica bestiale del cannibalismo, e nella cattiveria; una troia tenace, attaccata ai soldi, che anziché dare spazio ai suoi figli, si ostina a celebrarsi e a definirsi bella, seppur così visibilmente logora, e bisunta . . Italia è un nome di donna. La legge non è uguale per tutti. E’ una storia che va avanti da 150 anni. La scena davanti ai miei occhi ricorda una nazione intera. Un brano delirante tratto da sanremo 83 viene fatto interrompere, e per un attimo ci si sente in un’altra parte del mondo, più quieta. Il silenzio è già di per sé cultura, rispetto all’educazione devastante a cui siamo stati sottoposti; tregua divina ed attesissima, che inghiotte dolcemente lo standard di persone che abbiamo incontrato nella vita.
L’ultima cosa che distinguo è Bertoli, quel maledetto, che chiama Localvo a sé, puntando l’indice verso il sottoscritto. Io sono il mostro di turno, il colpevole. Tutta quella bruttezza . . devo pagare io per tutti . . io sono il designato a salire al crocefisso . . Mamma mia, non si capisce più niente . . Tutto è sfocato . . Tutto è una tortura involontaria , lentissima, in un’adolescenza che ancora non finisce. Il bisogno di feedback che lamentiamo in continuazione è qualcosa di davvero patetico. Il far pesare le cose . . . Il reclamare attenzioni aggredendo gli altri, sottoponendoli a pressioncine psicologiche più che idiote, che potrebbero degnamente competere con la pochezza inalata in sala s’attesa, tra pettegole glamour dell’Hair Stylist “stocazzo”; lamentele goffe e antiestetiche che secondo noi serviranno a ribadire il nostro status nella società, la nostra importanza nel gruppo
amicale, l’insensata rigidità delle nostre sicurezze. Scopo del gioco è il riuscire ad accettarci anche oggi, il raccattare brandelli d’autostima, per non odiare troppo la nostra vigliaccheria ed il nostro operato. Abbiamo bisogno di molte conferme, durante il giorno, a tutte le ore, noi deficienti. Dobbiamo essere certi del fatto che non sia inutile la nostra presenza sulla Terra, che non trascorreremo una giornata senza palesare contratti e produzioni, che se lavoriamo sodo ce la possiamo fare, che abbiamo rovesciato il nostro disprezzo e la nostra indifferenza sulle persone universalmente riconosciute come ; e allora via, si esce a fare shopping giù in piazza, dove tutti dicono tutto, e dove becco al volo (e condivido) una bella , una , una comoda del povero gino, puffetto birichino. E se davvero non riusciremo ad esser certi NOI di tutto questo, dovremo fare in modo che perlomeno – agli occhi degli altri – tutto appaia credibile. Attivarsi affinché il ns comportamento venga letto come una regolare espressione del “normale”, ovvero di norme comuni non scritte. Mode. Opinionisti da assecondare. Stronzate agglomeranti. Tutto ciò ci fa sentire comodi ed al sicuro. Bene al caldo, sotto una veste di ovatta pucciolosa. Siamo finalmente parte di qualcosa. Qualcuno ha pensato per noi. Qualcuno ha prodotto etichette e credenze, per rivendercele a un ottimo prezzo. Basta dire sì, è facile,
entra in questo doratissimo tunnel dell’impersonale, non sforzarti amore mio, non pensare a niente ! A un certo punto della vita l’analista va integrato con un sistema di quadrature reciproche e precarie, come ad esempio lo spompinarsi a vicenda, per recuperare una serie di cose: insufficienze mentali, carenza di visioni, lacune derivanti dal troppo affetto ricevuto e dalla esagerata importanza che ci viene data. Dovremmo riuscire a guardare alla morte con un occhio un po’ più complice. Il demonio è sotto la pelle. Il demonio è dato dal paziente lavoro di cesello sul carattere, dallo scorrere e brulicare continuo di lava rovente, dal non dire le cose che pensiamo veramente. La più grande paura dell’essere umano è la solitudine. E diamine però!! Occorre più coraggio! E’ così poco interessante non transigere . . . E’ così poco interessante obbedire . . . Ostinarsi a non guardare l’altro lato delle cose . .
Il bisogno di vedersi srotolare il classico tappeto roscio al nostro arrivo . . . CHE PALLE !! Il bisogno di dover delineare il bene e il male. Una mania di grandezza deriva sempre da un miserabile complesso d’inferiorità. Una mania deriva punto. Viene da qualcosa. E’ insoddisfazione per le attività svolte nella vita e deriva. Ma Porca Puttana . . I nostri guai ce li abbiamo tutti a portata di mano. Dentro. E’ sufficiente ammettere di averli. Tutti presentano a sé stessi i propri ragionevoli motivi. La sfumatura è d’obbligo. Bisognerebbe sempre mettere in discussione le certezze. E’ impossibile capire tutto, e tutto è un’ACCOZZAGLIA !!! Un cumulo indistinto di cose che accadono. Continuamente. Un grattacielo di cose e persone dal quale non è possibile
estrarre dei teoremi definitivi. Basta. Dobbiamo rinascere, dobbiamo rilassarci. Abbiamo ancora tempo, prego maresciallo, sono a sua disposizione, la seguo volentieri. E’ certo che nel suo studio intasato di tarme che divorano il legno, sarò di fronte a un circo meno infame. La prego maresciallo, ora mi porti via con Lei… FINE DELLA RIVOLTA E ALBA DI UN NUOVO GIORNO Stamattina invece mi sono svegliato felice nel mio letto. Non saprei dire che cavolo è successo ieri sera. Quel che è certo è che stamane, al mio risveglio, ricordavo distintamente Heriberto Ruzzica, 65enne allenatore di serie A, italo-ispanico trapiantato a roma, da sempre cliente fisso del chiosco bar Gabriella, seduto in prima fila, proprio due tavoli davanti a noi, che ha risposto: “VEDI D’ANNATTENE!” allo sventurato camerunense che tentava di trascinarlo in pista.
Dietro di lui Vito Riga, ineguagliabile bomber delle serie cadette, rinomato per la sua pigrizia e mutismo, che qualcuno scambia per eleganza. Talmente buono e innocuo, fuori dal campo, da non riuscire a contrastare il demone di Silvi Marina. Veder ballare Vito Riga è come assistere tua madre mentre vomita sangue: orrore allo stato puro. Tutti quegli incubi devono essere arrivati causa questo. Come avrete capito il chiosco bar Gabriella è un posto enormemente felice, ed è frequentato da calciatori in vacanza. Bertoli gongola felice in pausa pranzo, ieri sera ha piazzato incasso record ed oggi infila un menù veloce riempipista, antipasto di mare e pasta alle vongole, da non morire mai. Come le foto di maradona a napoli, qui al chiosco-bar Gabriella il mezzobusto in pietra lavica di Sor Ruzzica domina la scena, prepotente e vasto. Eccoci qua . . . Oggi è di nuovo una bella giornata.
Saluto con un inchino la moglie di Robbersen, ex-rincalzo di lusso del Real, danese, un’ala destra classica, ora dispersa nei meandri della serie C . . . una versione di Butragueno meno goleador e più incontrista, un macmanaman col freno a mano tirato. Cara Signora, sussurro tra i denti, se Suo marito sapesse, palla al piede, evocare una stilla del Suo carisma e delle Sue geometrie, a quest’ora sareste entrambi in nazionale. Nazionale, la parolina magica. Sempiterni irrealizzabili sogni e allucinazioni continuano a fare capolino, nonostante tutto. Da questa parte del pianeta siamo ancora ottimisti. Chiosco bar Gabriella, ombrellone numero 24A: la fine della corsa è giusto un metro davanti a noi, ma questo non ci impedisce di godercela. Eutanasia Agonistica ci avvolge lieve, anno dopo anno, tra le sue larghe onde. Questo è il luogo dove molti calciatori, dolcemente, cessano di esistere. Qui si adageranno presto, come cristi di ritorno da polverose ed indomite crociate, e qui metteranno le radici. Sopra queste sedie-sdraio non punizioni a fogli a morta, ma aneddoti speciali. Il lettino a strisce verticali arancione e verde scuro sarà la nuova casacca da indossare. Dribbling
secco e tuffi a volo d’angelo verranno esposti nel campo di calcetto a porte piccole, due contro due, a mezzogiorno meno un quarto, bagnini contro resto del mondo. Il solarium a bordovasca ci consacra a san paolorossi imbalsamati nella teca. Noi vivremo qui per sempre, e qui le nostre adolescenze si dilatano. La vita continua ad essere bella, e lentamente, al termine di ogni campionato, si scoprono i piaceri del dopocarriera: mojito la sera e modelle ceke in pausa pranzo, sughi co le cozze, fritti ar bacio, faleri non identificati. Questo luogo ha sempre rappresentato pregi e difetti dell’umana condizione. Limiti delle persone. Curiose proiezioni algebriche dell’amicizia. Tarallucci e vino fino a che è possibile, opinioni condivise fino a che fa comodo. Altruismo ipnotico, quell’altruismo utile a sentirti bene tu. Individualismo grave, scaricare qualcuno quando sta in difficoltà, salire sul carro dei vincenti, sempre, e poi – non ultimo – improvvisamente dietro l’angolo, l’amore. Gesti di grande e sorprendente amore. Tutto questo mentre il mister, sotto l’ombrellone, medita in silenzio, soppesando schemi da attuare nel campionato successivo.
Questo luogo, amici miei, ha sempre rappresentato un’accozzaglia. Piacere io sono Edoardo Morbidelli, professione esterno destro difensivo, gioco in C1, insieme a Vito Riga, mitico centravanti calvo, implacabile, secco come uno scheletro e brutto come la morte. Dopopranzo mi metto i pantaloncini e vado al mare. Alle tre e mezza in punto ordino un mojito. La storia ricomincia. —————————————————— FINE —————————————————— #romanzobreve n.5: “Accozzaglia – puntata 2” di Brevevita Gruppo Letterario
“Accozzaglia” puntata 2 SECONDA PARTE DELL’ACCOZZAGLIA Durante l’Accozzaglia, Bertoli si piazza di sotto col banchetto e fa i mojiti. In quella postazione, si raggiunge più volte il cosiddetto “Magic Moment”. Come per i venditori di folletto, questo è per Bertoli il tripudio irripetibile della vendita effettuata, l’orgasmo. Le ordinazioni al banco hanno lo stesso dolce sapore della firma della massaia sul prestampato aziendale. Il pestato di lime e zucchero di canna è piacevole come il post-vendita effettuato in solo, sopra una triste donna divorziata di 39 anni. Il cazzone appare visibilmente felice, specialmente quando il presunto camerunense (in realtà un ariano bianco nativo di Silvi Marina) preleva di forza le ragazze dai tavoli e le costringe a ballare. Come avrete capito, i clienti dello chiosco-bar Gabriella sono sottoposti a fastidiose, esecrabili torture. C’è gente che fa finta di parlare al cellulare per non essere prelevata. Noi, clienti fissi e storici, pensiamo sia giunta l’ora di ribellarsi. SVILUPPO DELLA FASE CONCETTUALE DELLA RIBELLIONE: Bertoli incassa quindi le nostre battute al vetriolo: “se le dai a me, 30 mila lire, zompo più in alto di questo scemo” “Bertoli, per dio!! è meglio l’organetto!”
“e dunque questo sarebbe il tuo artista? Questo picchia sui tamburi a casaccio!” Bertoli sopporta e fa i mojiti. Con un paio di guanti di plastica da chirurgo che anziché a un intrattenimento esotico ti fanno pensare a un’operazione ai legamenti. La bionda cameriera in carne, molto sorridente in verità (e a una certa anche intrigante), continua a recapitare mojiti al nostro tavolo, ma in essi vi alberga sempre troppa menta, come al solito, piantagioni intere di erba e rami. Non parlo di sapore, Cristo, mica sono così schizzinoso; parlo del fatto che da questi bicchieri è impossibile bere. Nel mio tumbler c’è praticamente un albero, non rametti di menta o foglioline, parlo di alberi, rami, scoiattoli. Se portassi a casa questa coppa, babbo la riporrebbe nello scantinato per l’inverno, atta ad integrare la riserva di legna da ardere. Le conseguenze dei drink sono rovinose: io mi sto a il mio mojito di fretta, preoccupato dell’imminente irruzione dello scoiattolo piergiorgio, è alquanto angosciante. I miei compagni di tavolo vengono colpiti da sintomi diversi. Sergio Portaluppi, un benzinaio puttaniere, fallito come mediano di spinta negli anni 80, a causa dello sfregamento dei rami sulla pelle, è vittima di un’irritazione fulminante, non solo cutanea, con conseguente prurito schema “ortica modalità on” e paranoia. Questo il suo commento a caldo: “‘nvec di mbriacà pizzica!! peggio delle zecche ‘sti mojiti oh !” Attilio Lombardozzi, secondo portiere al torneo del galoppatoio del 1849
(prima della guerra di secessione americana), di solito pulisce e raschia i bicchieri tipo turbina, mangia anche il ghiaccio, tritura le cannucce prima di infilarle nel posacenere e dargli fuoco, e figuriamoci la menta!! ma oggi, a causa dell’affollamento di legno nel boccale, è costretto a desistere in almeno due rami, diametro stecca da biliardo juniores circa. Infine, il fogliame costringe 2 ragazze cecoslovacche a mettersi il collirio (esse siedono al tavolo con noi), perché ogni volta che provano a bere gli arriva qualcosa negli occhi. (aperta parentesi) abbiate pazienza, so che la cecoslovacchia non esiste più dal 1 gennaio 1993, ma qui al chiosco/bar Gabriella amiamo continuare ad usare questa parola, in quanto include al suo interno significati per noi romantici, gli stessi che le nostre mamme infliggono a pellicole come via col vento, uccelli di rovo e dynasty. (chiusa parentesi) A coronamento della schifezza giunge nel locale la mia ex, che con il suo nuovo fidanzato avvocato si produce in effusioni amorose subliminali, piccoli sguardi d’intesa senza tenersi neanche mano nella mano, per non farmi troppo male. Brutta troia del cazzo, preferirei netto che mi pomiciasse di fronte. mmmhhh . . . Bertoli ti uccido . . . Grrr, e la serata gli stava andando anche bene, a sto minchione.
Questo significava che in futuro , con tutta probabilità, avremmo dovuto subirne delle altre. FASE PRATICA DELLA RIBELLIONE Tra una scoreggia del camerunense e una soffiata di naso di giggi er zozzone, rassegnato a subire bruttezza e umiliazioni, mi alzo dal tavolo e mi dirigo verso il banchetto incriminato, dove Bertoli spadroneggia a tal punto che potrebbe fare i mojiti palleggiando di tacco. Sono in fase di “Bestemmia Sottovoce” già da 25 minuti. Il mio “fare e borbottare”, e soprattutto il mio alzarmi dalla sedia in quel modo, è giudicato subito dai miei amici come “molto allarmante”. “Edoà, dove vai?”, mi fa Portaluppi. “torno subito. tu vatti a sciacquà la faccia. si roscio ripiati. c’ho paura che ‘ste due si vanno via. E se si vanno via ‘sse due stasera mi sparo” “è vabbè però ritorna tu! così gli dici qualche cazzata in inglese” “sempre io ci devo pensare? pensaci tu, na vota, Portalù! inventati qualcosa tu! mo ritorno co n’altri 5 mojiti” “vabè, allora mo ci pensa Lombardozzi, và !” Portaluppi dà una pesante pacca sulla schiena a Lombardozzi che – con lo sguardo fisso verso il camerunense – non fa una piega. “hhmm ckrcrkicrkick -fff- hmm” (rumore da tritamento di cannucce) “mmazza, quesso ‘cciacca sempre, oh – na bestia!” Arrivo al banco e faccio per lanciare l’ordinazione, ma non prima di aver
punzecchiato l’enorme minchione: “Bertoli, noi del tavolo avevamo chiesto qualcosa da bere, non una giungla stilizzata! Da quei bicchieri poteva uscire fuori Tarzan, o un orango-tango! Quante volte devo dirti di non esagerare con la menta, coccia quadra!” “neanche ti rispondo, guardati fai sempre più schifo edoà, sei completamente ubriaco, vergognati! Tu tiri fuori sempre il peggio dalle persone!” “Per cortesia ora ci fai cinque mojiti senza menta!” La risposta di Bertoli, di notevole sagacia, è stata: “te li devo fà??” “no, me li devi , così poi ti metto una cannuccia nell’orecchia e mi nutro dei tuoi pensieri . . . sì avoja, mmmhh!! , cuscì m mor d fam . . certo che me li devi fare, brutto andicappato!” “ma senza menta che mojito ti viene . . . che ti ci metto allora?” Sapevo di questa sua obiezione da capobarista nel villaggio zulù, e difatti m’ero preparato apposta una monumentale controreplica riguardante le madri: “e allora mettici la fregna di mammeta !!” BOOOOM !! La rivolta è completa, adesso. A Bertoli gli viene la faccia tipo bambino schifato, quando gli dai una sculacciata e secondo lui non se la meritava proprio. Lui…. che già si produce in mille sforzi, dal suo punto di vista da considerarsi anche ,
per ravvivare quelli come me, per tenerli lontani dalla droga e dalla delinquenza. Per togliermi dalla testa il . Per accendere entusiasmi in serate altrimenti desolate. Questa sarebbe la ricompensa che gli porgo . . Quale onta !! Seguono 7-8 minuti di alta filosofia. In cui bevo e penso. A mia madre. Al mio primo giorno di scuola. Alle conseguenze di ciò che ho appena detto . . . —————————————————— continua . . . ——————————————————
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